Quanto giova rinvenire un cantuccio dove comprimere, stoccare, mummificare e dimenticarsi il peggio di se stessi!
Un cantuccio dove interrare le più venefiche scorie della nostra radiante personalità.
Come circoleremmo alleggeriti da un simile sgravio.
Se ne accorge persino chi è investito unicamente dall' umile compito di "tirare a campà" limitandosi ad eludere le ordinarie tagliole della vita quotidiana.
Figuriamoci un giovane di belle speranze.
Figuriamoci un giovane di belle speranze in epoca vittoriana.
Fifuriamci un giovane assassino di belle speranze in epoca vittoriana.
Figuriamoci Dorian Gray.
Proprio ieri mi sono tardivamente imbattuto nelle incantevoli capriole di questo spiritualizzatore dei sensi.
E' arcinoto: Dorian aveva trovato come ricettacolo di tutte le proprie nefandezze nientemeno che un oggetto estetico (un quadro. C' è chi si purga nel forum e c' è chi...).
Oscar Wilde, il padre cartaceo di Dorian, come molti scintillanti conversatori, non era un grande scrittore; la sua pagina è troppo ricca, troppo densa, al punto che "respira" affannosamente (mi viene il caso gemello di Chesterton).
Ciò non impedisce ai suoi minuscoli pori di trasudare abbondantemente. In questo caso trasudano morbosità e edonismo anti-puritano. Anche per questo, dagli e ridagli, il deflagrante finale mi è apparso del tutto naturale se non telefonato...
Eppure lo respingo.
Ma possibile che chi è riuscito a piegare l' opera d' arte servendosene ai propri fini personali (Dorian) debba poi precipitare nel baratro con un simile tonfo? Debba meritare come colonna sonora del proprio fallimento il preludio del Tannhauser?
Trovo arbitrario impartire punizioni apocalittiche a chi si macchia di mancanze tali da meritare niente più che un' infamante gattabuia con indultino allegato.
E invece il povero Basil, che si fa soggiogare dall' arte, che si fa rintronare dal capolavoro, che si fa sterilizzare da una contemplazione reiterata, che incappa in un reato di idolatria condannato sdegnosamente sotto tutti i cieli...Il povero Basil viene invece tenuto colpevolmente sullo sfondo.
Liquidato nell' acido come un mafiosetto di mezza tacca.
Senza che possa ascendere nemmeno al ruolo di deuteragonista.
Senza che possa nemmeno cantare una romanza tutta sua.
Senza che possa essere trionfalmente inghiottito da un tenebroso abisso a lui solo riservato.
Eppure è proprio lui ad esperire sul serio l' arte che, come lo stesso Wilde riconosce, paralizza l' agire con la sua "magnifica sterilità".
Non ci sto. La mia esperienza è differente. Trovo tutto ciò diseducativo come minimo.
A proposito - se davvero la morale della parabola fosse difettosa - questo potrebbe consolare il povero Wilde, così abbattuto dal constatare e confessare che il più famoso racconto uscitogli dalla penna, nonostante i suoi sforzi, contenesse pur sempre una morale
Ma qui, caro Matteo, oltre alla "morte" del protagonista, c' è la grandezza della cerimonia con tanto di gran cassa e strascicatissima marcia funebre ad accompagnamento delle esequie.
E tanto phatos bisogna meritarselo (anche nell' ottocento)! Per esempio producendo o impersonificando un male in grado di secernere realmente succhi ad alta tossicità.
Chi merita questa pubblica e sfarzosa morte? Chi puo' permettersi di abbinare il proprio trapasso ad una scarica di ceffoni-memento assestata agli imberbi?
Qui, dietro il mascherone delle belle metafore, in ballo ci sono i mille modi aberranti di relazionarsi con l' arte (in questa sede direi con i libri).
E tra queste storture si tratta di eleggere la più contorta. Vasto programma per un semplice decodificatore di righi neri.
Di seguito chiarsco meglio la mia posizione riesumando un post che avevo cassato mettendolo in naftalina.
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Non è poi così facile condividere la propria casa con un altro essere umano.
Dovresti vedere, caro Matteo, quante richieste è pronto ad avanzare costui e quante spossanti discussioni sia necessario intavolare affinchè si indirizzi anche solo una parvenza di risoluzione.
Pure la bestia ti chiede molto, con tutti quei guaiti-miagolii-grufolii che ti spezzano il cuore se non corri ad imolarti.
Quello che veramente non mi aspettavo è la lunga teoria di guai che puo' implicare la convivenza con dei libri. Peggio ancora con il capolavoro.
Dopo aver sposato (letto) un capolavoro è dura scrollarselo di dosso.
Ti occupa e ti possiede con una tigna forsennata. E' come avere una insistente tempesta elettromagnetica nel cervello.
Così ti tocca girare e sbrigare le tue faccende con questo grande handicap che nessuno vede e nessuno ti accredita.
Privato della qualifica di martire, che centuplica le forze, da te ci si attende la piena forma, ogni piccola defaillance diffonde delusione & scandalo, pregiudicando interessi e cointeressenze.
Vorresti sempre appartarti per lasciarti investire dal benefico influsso che le trovate geniali del "capolavoro" ancora emanano a distanza di mesi.
Ma le bollette scadono e non tollerano dilazione, devi darti una mossa e liberarti dalle tue ubbie.
La bellezza è dunque un demone seduttivo pronto a ferirti sviando e conducendo alla rovina i tuoi preziosi affari ordinari, inceppando il tuo fluente e concentrato trading on line?
Dal mio ancora fresco contatto con la filosofia esposta ne "Il Ritratto di Dorian Gray" traggo tre possibili turpi modi di relazionarsi con l' arte (con i libri):
1-Basil: l' arte (il libro) è un Cristo che ci chiama chiedendoci di tutto lasciare. Per noi Pescatori di parole stampate comincia un' esperienza estetica ed ascetica totalizzante che implica il nostro ritiro dal mondo.
2-Dorian: l' arte (il libro) è un elmo di ferro in grado di proteggerci dalle bassezze e dalla grettezza della realtà che, così bardati, potremo sorvolare a debita distanza.
3-Harry: l' arte (il libro), con il breve godimento che offre, ci disincanta verso la vita reale mostrandoci il luogo che ci compete, ovvero la poltroncina dello spettatore da cui espettorare i nostri giudizi arguti quanto amarognoli.
L' ultima cristiana osservazione consisterebbe nel ritenere le ragioni di cui sopra esposte secondo la gravità del peccato.
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Da quanto detto vedi bene come, cedendo a questa ottica, sia Basil a guadagnarsi la fiamma più torrida dell' inferno, come sia lui a meritare il Tannhauser come colonna sonora alla sua caduta.
Per Dorian vedo bene una Bolgia parecchio più tiepida, quando non il Purgatorio.
Ma la novella di Wilde non sembra rispettare questa graduatoria cosicchè mi sono permesso di esprimere lo spiacevole fatto ricusandone il finale.
Sarà che la nostra sensibilità contemporanea ci fa sentire più minaccioso il richiamo del tetro "sottosuolo" rispetto a quello dell' eudemonismo sfrenato...