lunedì 27 agosto 2018
Difesa di Langone su UCCR
Lasciatemi spezzare una lancia a favore del Langone, uno scrittore (prima che un cattolico) che ammiro e che, mi sia consentito, metto su un piano ben diverso da quello che spetta al polemista Sgarbi. Attendersi da lui una teologia sistematica è di un’ ingenuità che fa sorridere: la sua vicinanza al cattolicesimo viene innanzitutto dall’amore per il bello, in questo senso, con le dovute cautele, lo accosterei piuttosto a un Chateaubriand dei nostri tempi, non certo ad un Tommaso da leggere e criticare senza filtri (qui il filtro è doveroso e se uno non ce lo mette l'ingenuità è tale da trasformarsi in colpa). Il suo estetismo lo rende, questo sì, esuberante e poco propenso ad assumere i panni della pecorella in sequela che marcia ben ordinata in fila con le altre. Siccome sa dire (scrivere) le cose in modo molto espressivo la tentazione di dirle anziché tacere in lui è più forte che in gente prosaica come noi. Se queste sono le premesse è chiaro che una figura sciatta come Francesco lo respinga. Ma veniamo ai tre punti proposti dall’articolo, il tema cannabis mi sembra marginale, ad ogni modo lo collego facilmente al personaggio: per chi sceglie il cattolicesimo perché particolarmente compatibile con i piaceri della vita “esagerare” in questo senso è cio’ che ci si aspetta. In tema di pena di morte io stesso ho trovato l’intervento papale grossolano nella forma e nella sostanza, qualcosa che difficilmente sarebbe mai venuto fuori da GPII, altro che “alla luce del Vangelo”: smarcarsi da un’ iniziativa tanto avventata, almeno in privato, è più che ragionevole. Sulla questione della “negra” non mi pronuncio perché mi giunge nuova ma teniamo conto che il Langone è maestro del paradosso e della forzatura, in questo senso non bisogna accostarlo come educatore ma come artista animato dalla fede, oltre a questo mi sembrerebbe davvero strano che arrivi a “giustificare” un assassino, sono più propenso a pensare che porti delle ragioni, magari provocatorie, a suo discarico.