Ad una mentalità di base empirica si aggiungeva la convenzione che la matematica avesse fondamenti linguistici e che la scienza andasse analizzata è giustificata con gli strumenti della logica formale.
I neopositivisti misero al centro della loro analisi il linguaggio ma non il linguaggio ordinario bensì quello ideale. Per loro L'unica cosa che contava era la sintassi del linguaggio di primo ordine.
Per tracciare una chiara distinzione tra scienza e metafisica bisognava Innanzitutto classificare gli enunciati in base al loro rapporto con l'esperienza. Quando un enunciato Non può essere verificato allora è metafisico. La verificabilità e quindi il criterio di demarcazione tra scienza e metafisica.
Il significato di una frase deriva dalle tavole di verità e quindi in ultima analisi dalla sua verificabilità. La metafisica è costituita per lo più da enunciati insignificanti non da enunciati falsi. Anche il ruolo della filosofia in generale veniva limitato ad analisi del linguaggio.
La scienza è caratterizzata dai processi di verifica. Come si giunge quindi a formulare un ipotesi è del tutto irrilevante. Anche i metodi induttivi di Bacone e John Stuart Mill non avevano alcuna efficacia secondo i neopositivisti perlomeno se il loro obiettivo era la guida alla scoperta.
Con il modello nomologico deduttivo hempel schematizza il percorso della scienza. La premessa maggiore è una legge scientifica la premessa minore una serie di condizioni osservabili e la conclusione le condizioni predette.
Se un' ipotesi è accettabile solo dopo la verifica risulta estremamente improbabile Anzi impossibile che essa venga in seguito trovata erronea. Ecco perché i neopositivisti tendevano a considerare la storia della scienza come un ininterrotto progresso.