Non pensare puo' essere bellissimo, per alcuni anzi è l' unica "salvezza".
Ma per noi mi sa che è tardi per ricorrere a quell' alternativa taoista, ormai la secrezione cerebrale la espelliamo d' istinto di fronte al minimo intoppo.
Allora meglio ogni tanto ricordare a se stessi le delizie di un pensiero ben costruito. SL dà parecchie indicazioni spassose.
In genere si parte osservando un fatto.
Non un fatto qualsiasi, un fatto "rilevante". Questo è un punto problematico su cui popper si scorna con Bacone, per noi è meglio procedere lasciando che i due se la vedano tra loro.
Amalia Miller, per esempio, ha osservato che se una donna (USA, ma anche Europa) posticipa di un anno la nascita del primo figlio, guadagnerà nell' arco della sua vita lavorativa il 10% in più.
Questo è un semplice fatto. Poi comincia la parte creativa, la parte in cui si formula una teoria. Ecco quella della Miller: la maternità costa (un casino).
A questo punto, a qualsiasi latitudine vi troviate, salta sempre su un tale che finirà con il pronunciare l' obiezione stantia: "ma la correlazione non equivale ad un rapporto di causalità!!".
L' obiezione non è molto costruttiva visto che il "pensatore" (economista?) di mestiere fa proprio quello che distingue la cause dalle correlazioni.
L' obiezione standard, oltre ad essere stantia, ci fa perdere il bello del pensare, ovvero la parte creativa. Gli stessi dubbi possono e debbono essere sollevati ma in modo creativo, ovvero con una teoria alternativa.
Di solito la teoria alternativa è una teoria in cui una terza variabile influenza entrambe le variabili sotto osservazione. Per esempio: una madre 24enne sceglie di fare un figlio subito e non a 25 anni perchè ha già capito che la sua carriera non sarà brillante.
Questa sì che è un' "obiezione" come dio comanda. In quanto tale ad essa si puo' rispondere. E Amalia lo fa, infatti non confronta madri 24enni con madri 25enni prese a caso, confronta le prime con madri 25enni che hanno abortito naturalmente (capriccio del destino) a 24 anni. Il differenziale del 10% è confermato.
Amalia non è soddisfatta, ora mette a confronto madri 25enni con madri 24enni che all' epoca usavano mezzi anti-concezionali. Il 10% è confermato. Caspità, ma questa è causalità!
Per fortuna l' obiettore non demorde: chi rimane incinta nonostante l' uso di anticoncezionali è probabilmente una persona trascurata e cio' si riflette sul suo stipendio. Anche questa è un' obiezione creativa, ovvero un' obiezione che: 1) dà piacere ideare (è creativa) e 2) è onesta, ovvero comporta oneri: deve essere confermata dai dati o confutata. Ma da quali dati? Bisogna "inventarsi" un esperimento in merito, non è facile.
Infatti Amalia accetta la sfida e si getta alla ricerca di un gruppo di donne che ha cominciato a cercare la maternità a 23 anni: alcune ci sono riuscite a 24, altre ci sono riusicte a 25. Il 10% è confermato.
La garanzia di aver trovato un nesso causale non esistono, ma questo è il modo corretto di procedere. E' anche il modo più "bello" poichè implica un momento creativo sia nella teorizzazione, sia nella confutazione, sia nell' ideazione degli esperimenti significativi. Landsburg dice che "ricordare ad un economista che la correlazione non è una causalità è come ricordare ad un chimico di lavare le provette". Io aggiungo che dimenticarsene priverebbe il pensatore della parte più divertente e fantasiosa della sua impresa.
Ecco un altro fatto: chi ha una figlia femmina ha anche maggiori probabilità di divoziare.
Questo accade praticamente ovunque nel mondo. Si va da un differenziale del 5% (USA) ad uno del 25% (Vietnam).
Teoria 1: avere delle figlie è causa di divorzio. le figlie sono meno desiderate dei maschi. E' la teoria degli economisti Dahl/Moretti.
Ma per formularla hanno sudato sette camicie dovendo respingere tutta una serie di alternative al fine di dimostrare un nesso di causalità.
OBIEZIONE 1: le persone di successo di solito non hanno figlie femmine e, visti i mezzi ingenti di cui dispongono, riescono spesso ad ammorbidire i conflitti di coppia.
RISPOSTA: la prima parte della considerazione puo' essere giudicata un fatto (le ricerche sono state condotte in modo abbastanza vasto: dai Presidenti degli Stati Uniti alla lista del Who's who... rinvio al biologo Robin Barker e al suo Sperm Wars), ma la seconda fa acqua da tutte le parti.
OBIEZIONE 2: quando la mamma è stressata aumentano le probabilità che partorirà una femmina. Ma la presenza di stress prelude anche al divorzio.
RISPOSTA: la prima parte dell' affermazione è un fatto. Ma con quattro conti che mettano assieme le probabilità ricavate dai numeri delle statistiche, si vede come questa teoria non è in grado di spiegare i differenziali osservati.
Per Dahl e Moretti è ora di passare al contrattacco. Basta limitarsi a respingere le obiezioni! Che abbelliscano la loro teoria con spiegazioni ragionevoli e creative tali da poter essere anche sostanziate dai fatti prodotti dal noiosissimo lavoro statistico. E allora:
PROVA1: le divorziate con figlie femmine difficilmente si risposano. Questo ci dice qualcosa a proposito delle preferenze del potenziale patrigno. E giù numeri.
OBIEZIONE MIA: forse le madri temono la presenza di un adulto vicino alle loro bambine, magari già un po' cresciutelle.
PROVA2: i genitori di una figlia hanno più probabilità di avere un secondo figlio. Questo fa luce su alcuni desideri della coppia. E giù numeri.
PROVA 3: il mercato delle adozioni parla chiaro. E giù numeri.
Qualcuno ha avanzato altre prove di tipo evolutivo: il divorzio colpisce l' autostima dei figli; i ragazzi con poca autostima diventano introversi, le ragazze diventano "facili". Bella questa! visto che è divertente oltre che responsabilizzante?
Altri puntano sulla parte economica: i maschi hanno più bisogno delle femmine di ereditare grandi patrimoni, questo perchè le femminucce ammirano la ricchezza del futuro partner più di quanto non facciano i maschietti e poi un maschio ha più probabilità di intraprendere.
Non ci sono prove inconfutabili, ma cosa c' importa? Il bello è "pensare" e aggiungere. E' talmente bello che ci compensa della noia necessaria relativa al lavoro che deve seguire: sostanziare con i fatti delle statistiche, della soria e dell' esperienza personale, perchè no?
Ma alcuni sono restii ad accettare una simile spericolatezza inventiva, temono ripercussioni problematiche sui valori e sulla società: non tutte le conclusioni sono innocenti.
Mi chiedo io, ma che c' entrano i valori con i fatti? I valori e i fatti viaggiano distiniti.
I miei valori son là, son parcheggiati altrove ed in luogo sicuro, mai nessuna teoria sui fatti potrà mai modificarli, sono in cassaforte.
Io non sarò razzista per quanto i fatti potranno un giorno dire che talune etnie soffrono di tare genetiche, cosa possibile.
Non sono sessista per quanto un giorno alcune teorie faranno risalire a fatti genetici la superiorità di un sesso su un altro in un certo campo, cosa probabile.
Così corazzato, posso buttarmi a capofitto e fare anche le ipotesi più azzardate, i miei valori stanno al sicuro in un' altra dimensione.
Ma è proprio questo che imbarazza molti scienziati (ideologizzati): per loro non esiste un' "altra dimensione", per il loro monismo questi fatti sono tutto. E' un piacere vedeli tirare il freno invidiando chi non è tenuto a farlo grazie al fatto di possedere un' anima.
Ma per noi mi sa che è tardi per ricorrere a quell' alternativa taoista, ormai la secrezione cerebrale la espelliamo d' istinto di fronte al minimo intoppo.
Allora meglio ogni tanto ricordare a se stessi le delizie di un pensiero ben costruito. SL dà parecchie indicazioni spassose.
In genere si parte osservando un fatto.
Non un fatto qualsiasi, un fatto "rilevante". Questo è un punto problematico su cui popper si scorna con Bacone, per noi è meglio procedere lasciando che i due se la vedano tra loro.
Amalia Miller, per esempio, ha osservato che se una donna (USA, ma anche Europa) posticipa di un anno la nascita del primo figlio, guadagnerà nell' arco della sua vita lavorativa il 10% in più.
Questo è un semplice fatto. Poi comincia la parte creativa, la parte in cui si formula una teoria. Ecco quella della Miller: la maternità costa (un casino).
A questo punto, a qualsiasi latitudine vi troviate, salta sempre su un tale che finirà con il pronunciare l' obiezione stantia: "ma la correlazione non equivale ad un rapporto di causalità!!".
L' obiezione non è molto costruttiva visto che il "pensatore" (economista?) di mestiere fa proprio quello che distingue la cause dalle correlazioni.
L' obiezione standard, oltre ad essere stantia, ci fa perdere il bello del pensare, ovvero la parte creativa. Gli stessi dubbi possono e debbono essere sollevati ma in modo creativo, ovvero con una teoria alternativa.
Di solito la teoria alternativa è una teoria in cui una terza variabile influenza entrambe le variabili sotto osservazione. Per esempio: una madre 24enne sceglie di fare un figlio subito e non a 25 anni perchè ha già capito che la sua carriera non sarà brillante.
Questa sì che è un' "obiezione" come dio comanda. In quanto tale ad essa si puo' rispondere. E Amalia lo fa, infatti non confronta madri 24enni con madri 25enni prese a caso, confronta le prime con madri 25enni che hanno abortito naturalmente (capriccio del destino) a 24 anni. Il differenziale del 10% è confermato.
Amalia non è soddisfatta, ora mette a confronto madri 25enni con madri 24enni che all' epoca usavano mezzi anti-concezionali. Il 10% è confermato. Caspità, ma questa è causalità!
Per fortuna l' obiettore non demorde: chi rimane incinta nonostante l' uso di anticoncezionali è probabilmente una persona trascurata e cio' si riflette sul suo stipendio. Anche questa è un' obiezione creativa, ovvero un' obiezione che: 1) dà piacere ideare (è creativa) e 2) è onesta, ovvero comporta oneri: deve essere confermata dai dati o confutata. Ma da quali dati? Bisogna "inventarsi" un esperimento in merito, non è facile.
Infatti Amalia accetta la sfida e si getta alla ricerca di un gruppo di donne che ha cominciato a cercare la maternità a 23 anni: alcune ci sono riuscite a 24, altre ci sono riusicte a 25. Il 10% è confermato.
La garanzia di aver trovato un nesso causale non esistono, ma questo è il modo corretto di procedere. E' anche il modo più "bello" poichè implica un momento creativo sia nella teorizzazione, sia nella confutazione, sia nell' ideazione degli esperimenti significativi. Landsburg dice che "ricordare ad un economista che la correlazione non è una causalità è come ricordare ad un chimico di lavare le provette". Io aggiungo che dimenticarsene priverebbe il pensatore della parte più divertente e fantasiosa della sua impresa.
Ecco un altro fatto: chi ha una figlia femmina ha anche maggiori probabilità di divoziare.
Questo accade praticamente ovunque nel mondo. Si va da un differenziale del 5% (USA) ad uno del 25% (Vietnam).
Teoria 1: avere delle figlie è causa di divorzio. le figlie sono meno desiderate dei maschi. E' la teoria degli economisti Dahl/Moretti.
Ma per formularla hanno sudato sette camicie dovendo respingere tutta una serie di alternative al fine di dimostrare un nesso di causalità.
OBIEZIONE 1: le persone di successo di solito non hanno figlie femmine e, visti i mezzi ingenti di cui dispongono, riescono spesso ad ammorbidire i conflitti di coppia.
RISPOSTA: la prima parte della considerazione puo' essere giudicata un fatto (le ricerche sono state condotte in modo abbastanza vasto: dai Presidenti degli Stati Uniti alla lista del Who's who... rinvio al biologo Robin Barker e al suo Sperm Wars), ma la seconda fa acqua da tutte le parti.
OBIEZIONE 2: quando la mamma è stressata aumentano le probabilità che partorirà una femmina. Ma la presenza di stress prelude anche al divorzio.
RISPOSTA: la prima parte dell' affermazione è un fatto. Ma con quattro conti che mettano assieme le probabilità ricavate dai numeri delle statistiche, si vede come questa teoria non è in grado di spiegare i differenziali osservati.
Per Dahl e Moretti è ora di passare al contrattacco. Basta limitarsi a respingere le obiezioni! Che abbelliscano la loro teoria con spiegazioni ragionevoli e creative tali da poter essere anche sostanziate dai fatti prodotti dal noiosissimo lavoro statistico. E allora:
PROVA1: le divorziate con figlie femmine difficilmente si risposano. Questo ci dice qualcosa a proposito delle preferenze del potenziale patrigno. E giù numeri.
OBIEZIONE MIA: forse le madri temono la presenza di un adulto vicino alle loro bambine, magari già un po' cresciutelle.
PROVA2: i genitori di una figlia hanno più probabilità di avere un secondo figlio. Questo fa luce su alcuni desideri della coppia. E giù numeri.
PROVA 3: il mercato delle adozioni parla chiaro. E giù numeri.
Qualcuno ha avanzato altre prove di tipo evolutivo: il divorzio colpisce l' autostima dei figli; i ragazzi con poca autostima diventano introversi, le ragazze diventano "facili". Bella questa! visto che è divertente oltre che responsabilizzante?
Altri puntano sulla parte economica: i maschi hanno più bisogno delle femmine di ereditare grandi patrimoni, questo perchè le femminucce ammirano la ricchezza del futuro partner più di quanto non facciano i maschietti e poi un maschio ha più probabilità di intraprendere.
Non ci sono prove inconfutabili, ma cosa c' importa? Il bello è "pensare" e aggiungere. E' talmente bello che ci compensa della noia necessaria relativa al lavoro che deve seguire: sostanziare con i fatti delle statistiche, della soria e dell' esperienza personale, perchè no?
Ma alcuni sono restii ad accettare una simile spericolatezza inventiva, temono ripercussioni problematiche sui valori e sulla società: non tutte le conclusioni sono innocenti.
Mi chiedo io, ma che c' entrano i valori con i fatti? I valori e i fatti viaggiano distiniti.
I miei valori son là, son parcheggiati altrove ed in luogo sicuro, mai nessuna teoria sui fatti potrà mai modificarli, sono in cassaforte.
Io non sarò razzista per quanto i fatti potranno un giorno dire che talune etnie soffrono di tare genetiche, cosa possibile.
Non sono sessista per quanto un giorno alcune teorie faranno risalire a fatti genetici la superiorità di un sesso su un altro in un certo campo, cosa probabile.
Così corazzato, posso buttarmi a capofitto e fare anche le ipotesi più azzardate, i miei valori stanno al sicuro in un' altra dimensione.
Ma è proprio questo che imbarazza molti scienziati (ideologizzati): per loro non esiste un' "altra dimensione", per il loro monismo questi fatti sono tutto. E' un piacere vedeli tirare il freno invidiando chi non è tenuto a farlo grazie al fatto di possedere un' anima.