L'INCERTEZZA DEL DIRITTO IN ABRUZZO.
... eppure, a memoria dei più vecchi, non era stato sempre così. Un tempo c’erano dalle nostre parti tre o quattro proprietari, compreso il vescovo, i quali possedevano tutto e regolavano tutto, direttamente, in base a due o tre leggi semplicissime, conosciute da tutti. Non si stava bene, si stava anzi assai male, ma tutto era semplice. Le complicazioni e gli inganni cominciarono, a detta dei vecchi, quando vennero i Piemontesi: ogni giorno fecero una nuova legge, ogni giorno crearono un nuovo ufficio; e affinché ognuno potesse raccapezzarvisi furono necessari gli avvocati. A parole, la legge si separò dai proprietari e divenne uguale per tutti, ma per applicarla, per eluderla, per trasformarla in sopruso, crebbe l’importanza degli avvocati e il loro numero. Quando io ero ragazzo si trovavano al paese due soli avvocati che facevano anche da notai; adesso ve ne sono otto e quattro notai, senza contare gli imbroglioni minori delle cause di conciliazione. Tanti avvocati, per vivere, sono costretti a inventare ogni settimana nuovi intrighi, a provocare liti, a trarre in lungo i più piccoli processi. Le divergenze che in altri tempi si componevano alla buona, adesso, a causa degli avvocati, durano anni, costano fior di quattrini e lasciano strascichi di odii, rancori. Per causa degli avvocati i rapporti tra le famiglie sono diventati sempre più infidi. Gli avvocati si intromettono dappertutto. E come liberarsene? L’ambizione d’ogni cafone è di aver un avvocato come compare: così, il giorno della santa cresima, in chiesa, attorno ad ogni avvocato, si vedono diecine di figli di cafoni, attorniati dalle loro madri, rimpannucciate a festa.
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