La responsabilità sociale dell’impresa (RSI)
Sembra quasi che l’alternativa alla RSI sia l’irresponsabilità sociale dell’impresa.
Sembra quasi che chi dissente appoggi l’amoralità dei soggetti economici.
No: la posizione alternativa si chiama “etica degli affari” (EA).
L’ EA sostiene che l’impresa giusta sia tenuta a rispettare le regole di mercato (ed eventualmente a non trarre profitto dalle imperfezioni di mercato).
La RSI lega invece l’impresa alla “società in generale”.
Per l’ EA assumere al minor stipendio possibile o vendere al maggior prezzo possibile non è un misfatto dal punto di vista etico, per RSI sì.
Per l’ EA fare bene il proprio lavoro è cio’ che conta. I fautori di RSI vogliono ben altro dall’impresa.
Chi appartiene al movimento della RSI riconosce che l’impresa produca beni e servizi utili, che dia lavoro, che crei opportunità di investimento, che paghi le tasse, che segue le regole di mercato… detto questo si chiede: “sì, ma cosa fa per la società?”.
Chi si pone una domanda del genere non ha capito bene cosa sia il capitalismo.
Lo scopo dell’impresa non è quello di fornire posti di lavoro ma merci che la società richiede.
E’ il lavoro ad essere funzionale alle merci, non viceversa. Invertire i termini produce alienazione.
L’impresa contribuisce al miglioramento della società perseguendo il suo profitto.
Quando comincia il contributo di Bill Gates alla società in cui vive?
Nel 1994 quando fonda la “Bill & Melinda Gates Foundation” o nel 1975 quando fonda Microsoft?
Mettere la potenza di un PC in ogni casa e ufficio è stato il suo primo – e maggiore – contributo al miglioramento della società in cui vive, questo deve ammetterlo anche chi non è un fan di Microsoft.
Inoltre, i fautori della RSI rischiano di alzare una cortina fumogena.
Se una società falsifica i bilanci cosa mi frega se poi tratta i suoi dipendenti come principini?
Chiedendo all’impresa di perseguire obbiettivi che non sono i suoi, finisce per mischiarli con quelli suoi propri. Finisce per giustificare di fatto forme di compensazione etica improprie.
No: c’è solo un dovere, essere dei concorrenti leali.
Come se non bastasse, il concetto di RSI produce un grande spreco di risorse in termini di attenzione dei manager, del pubblico e dei media.
I manager, anziché focalizzarsi sui profitti onesti, spendono un mucchio di risorse in conferenze, tavole rotonde e cene di lavoro. Il tutto per studiare e pubblicizzare le attività “sociali” dell’impresa.
i giornali, anziché riferire e commentare i successi e i fallimenti commerciali, si concentrano senza costrutto sulle loro attività sociali promosse dal CEO di turno, oppure sulle proteste degli attivisti.
Cosa succederebbe se tutte queste risorse fossero reindirizzate per rendere più efficace il terreno di gioco su cui le imprese si sfidano in concorrenza leale.