Sesto passo: Dio è buono (e ci offre il Paradiso)
Presto il mondo finirà, questa è opinione comune nel mondo razionalista. Per i credenti cristiani, in questa fase, il Figlio tornerà per giudicare i vivi e i morti.
Fare il bene è un dovere/piacere in sé ma è giusto che i meritevoli siano ricompensati.
Il piano della salvezza contempla un fattore utilitarista (un premio per chi fa bene), inutile negarlo. Il Cristiano non è uno Stoico.
La salvezza è resa possibile da un intervento divino – Grazia – ma anche da uno sforzo del “salvato” che si fa incontro a questo aiuto provvidenziale.
La vita è un test in vista di un giudizio, chi lo supera sarà premiato: Dio non giudica la comunità, la famiglia, Dio giudica noi. Ci giudica a quattr’occhi, a testimonianza della nostra libertà personale.
Il cristianesimo ha un’ innegabile vena individualista, anche se la cosa non si puo’ dire apertamente.
Il Paradiso – un posto dove saremo sempre felici – è il nostro premio.
Non si tratta di un premio così misterioso: noi sperimentiamola felicità già su questa terra.
L’utilitarismo del cristianesimo non è disumano: capita spesso che i genitori offrano compensi e dispensino punizioni in ambito educativo. Tuttavia, sarebbe sbagliato puntare esclusivamente su quello.
E infatti il Paradiso puo’ essere visto come qualcosa di diverso da una mera ricompensa.
Solo coloro a cui “piace” fare del bene saranno ricompensati.
In altri termini, ricorrendo ad un esempio: in Paradiso la nostra sete di conoscenza sarà appagata, cosicché quanto più abbiamo sviluppato una legittima sete di conoscenza, tanto più saremo appagati e felici.
In questo senso, non penso che in Paradiso tutti saranno appagati alla stessa maniera, probabilmente anche lì ci saranno dei “gironi” in cui verrà stabilita una gradualità.
Gli incorreggibili andranno invece all’inferno. Certo, Dio potrebbe mutare il loro carattere ma cio’ significherebbe interferire con la loro libertà. L’ esistenza dell’ Inferno discende da un rispettoradicale di Dio verso l’autonomia dell’uomo. L’inferno, presumibilmente, non è vuoto per il semplice fatto che l’uomo non è un pupazzo.
Alcune persone non hanno avuto tempo di formare un loro carattere, magari perché sono morti giovani. Che trattamento riservare a costoro?
Potrebbero rinascere e vivere un’altra vita, una specie di reincarnazione, anche se pensarci in un corpo diverso dal nostro è leggermente disturbante.
Oppure potrebbero essere giudicati benevolmente, anche in virtù del fatto che la loro vita terrena è stata sacrificata per altri fini (vedi il primo passo alla sezione del male naturale). Qui a risentirne è la giustizia: perché alcuni sottostanno ad una prova mentre altri sono salvati da una mera benevolenza?
Un’alternativa è sottoporre costoro ad una prova supplettiva nell’al di là.
Ma è disturbante anche pensare che la vita non sia una prova necessaria, che si puo’ ricorrere ad alternative.
C’è l’ipotesi che Dio giudichi con cio’ che ha in mano. A volte però ha in mano poco più di niente, pensiamo solo al bambino abortito.
Probabilmente è vera l’ipotesi che media tra le precedenti: Dio giudica con quello che ha in mano integrandolo con delle prove supplementari (Purgatorio?) che, sebbene imperfette, migliorano comunque il suo giudizio, il tutto in un’attitudine di misericordia. Io non scarterei nemmeno forme di reincarnazione.
La dottrina cristiana della vita ultraterrena ricalca in effetti queste considerazioni.
Nel Credo si dice che Dio giudicherà i vivi e i morti in vista del Paradiso e dell’Inferno. Per il cristianesimo i giusti saranno premiati e i cattivi puniti. Il tutto in linea con il nostro istinto e la nostra ragione in materia di giustizia.
Non è necessario pensare all’inferno come ad unluogo di punizione tradizionale: basta pensarlo come un luogo in cui il desiderio di fare del male è frustrato. In questo senso il malvagio viene vessato e reso infelice.
E qual è la sorte dei non-cristiani: extra ecclesiam nulla salus?
Molti grandi maestri – inclusi Agostino e Tommaso – hanno pensato che una salvezza sia possibile anche al di fuori della Chiesa, e questa impostazione è stata confermata nel Vaticano II.
Ma come è possibile un simile evento? Il punto è problematico e merita un approfondimento a parte (*).
Altro problema: chi è già morto deve aspettare la fine del mondo per un giudizio definitivo?
E’ un po’ difficile pensare che costoro siano già in paradiso visto che la resurrezione cristiana contempla anche una resurrezione dei corpi. Io preferisco pensarli come addormentati e in attesa.
E i bambini (battezzati e non)? Ci sono varie dottrine relative al Limbo. Forse è meglio sospendere il giudizio o stare alle ipotesi che si sono formulate per le persone dal carattere non formato.
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(*) Extra ecclesiam nulla salus? Il concetto di “fede implicita”
Non ci si salva fuori dalla Chiesa?
E gli antichi? Tutti dannati? E i bambini che nascono a Bali? Tutti dannati?
I teologi dicono che la fede nella Chiesa puo’ essereesplicita o implicita. Entrambe salvano. La seconda è disponibile per chi ignora senza colpa il messaggio evangelico.
Partiamo da un assunto: la nostra radicale libertà costringe Dio a metterci alla prova per poterci giudicare.
Non puo’ farlo a priori poiché la sua onniscienza trova un limite nella nostra libertà. E’ chiaro che il suo giudizio finale dipenderà dall’ esito della prova, e l’ esito, a sua volta, sarà apprezzato in relazione alla difficoltà relativa implicita nella prova stessa.
Ma veniamo al dunque e cerchiamo aiuto in un’analogia.
Un primo gruppo di persone si trova in un bosco ed è richiesto di trovare la via per la casa. In questo modo sarà possibile giudicare il loro senso dell’orientamento.
Un secondo gruppo di persone viene posto nelle medesime condizioni ma viene anche dotato dibussola.
Il giudizio dipenderà dall’esito ma anche dalle diverse condizioni in cui opera chi appartiene al primo gruppo rispetto a chi appartiene al secondo gruppo. Esiti differenti possono dar luogo a un giudizio analogo, e questo in virtù dei differenti punti di partenza differenti. E’ chiaro infatti che gli appartenenti al primo gruppo saranno mediamente molto più approssimativi nello svolgere il loro compito. Questa approssimazione verrà neutralizzata nel giudizio finale.
Nota che tutto cio’ è compatibile con la fede nella bussola. Ovvero, noi possiamo credere infallibile quella bussola e pensare al contempo che anche membri del primo gruppo si siano salvati portando a termine con successo la loro prova, e magari nella stessa quantità del secondo gruppo. Ai membri del secondo gruppo infatti è richiesto di più in termini assoluti. Inoltre, possono pur sempre rifiutare la bussola oppure non imparare a maneggiarla nel giusto modo. D’ altro canto, sappiamo bene che non seguire le indicazioni della bussola ci metterà fuori strada, ed è questa la sorte in cui cade l’ infedele (alla bussola).
Resta un problema: perché ad un certo punto si è deciso di donare agli uomini una bussola?
Evidentemente, questo dono è un atto d’ amore da parte di Dio, ma attenzione: perché mai dovrebbe essere un atto d’ amore se chi è senza bussola si salva nelle stesse percentuali? Qualora le percentuali fossero diverse saremmo di fronte ad un ingiustizia: gli uomini post-rivelazione avrebbero un trattamento di favore.
Si noti che l’enigma puo’ essere tradotto in questi termini: “perché tanta varietà nel mondo?”,“perché tanta diversità?” “perché ogni uomo richiede un contesto ad hoc per essere giudicato?” Perché Dio dà ad alcuni la bussola e ad altri no e poi giudica secondo due metri diversi? Non avrebbe potuto darla a tutti e giudicare secondo un unico metro? Possibile risposta: no perché nella nostra libertà siamo tutti diversi, al punto da richiedere prove sempre diverse.
Se siamo tutti diversi occorre una molteplicità cangiante di contesti: un mondo con la bussola, un mondo senza bussola, un mondo ricco, un mondo povero… Nemmeno l’aggiustamento del giudizio compensa la nostra diversità! Noi siamo unici e il mondo cambia per fornire banchi di prova sempre differenti.