martedì 2 agosto 2016

Scienza e religione sono in conflitto

Innanzitutto, la gente pensa che lo siano?
In genere sì, ma per le ragioni sbagliate. Per esempio, molti ritengono che scienza e religione confliggano sul tema dell’aborto (?!), oppure su quello dei miracoli, oppure ancora su quello dell’evoluzione.
Ma questi presunti conflitti sono stati e possono essere facilmente delucidati con buona pace di tutti, cosicché siamo autorizzati a pensare che non esista una credenza di conflitto genuino ma solo una sensazione irrazionale di conflitto.
In secondo luogo è naturale chiedersi se nella storia sia mai esistito un conflitto. Secondo gli studiosi più accreditati in materia (faccio i nomi di John Hedley Brooke, David Lindberg e Ronald Numbers) sembra che le relazioni tra scienza e religione sino state molto complesse ma per lo più positive, anche se non sono mancate le scintille.
Keplero guardava al suo lavoro come ad una “preghiera”, Robert Boyle considerava lo scienziato come un “prete della natura”. Molti scienziati furono animati da uno spirito religioso, compreso Isaac Newton, il quale si augurava che i suoi Principia Mathematica corroborassero la fede. Bacone inquadrava la scienza come un modo per realizzare il comando divino del dominio dell’uomo sulla natura e il progresso come un mezzo per realizzare la carità.
Vedere la teologia come una scienza (nel senso di pensiero rigoroso) favorisce il reciproco rispetto e la fruttuosa collaborazione.
Certo, ci fu anche Galileo, ma la Chiesa qui ebbe un comportamento anomalo, dopodiché andrebbe sempre ricordato che le prove addotte da Galileo a sostegno della sua teoria erano estremamente fragili proprio da un punto di vista scientifico, in questo senso i problemi stavano altrove, e qui si introduce la questione più vasta della libertà di pensiero.
E Darwin? Vantava sostenitori tra gli uomini di fede e detrattori tra gli scienziati.
Altri esempi di “conflitto” – quelli classici sostenuti nel loro famoso libro da Draper e White - appaiono agli storici contemporanei come discreditati o quanto meno complicati: l’assassinio di Ipazia, la terra piatta, il bando delle dissezioni, la scomunica delle comete, il processo a Giordano Bruno.
E da un punto di vista teorico? C’è lo spazio per un conflitto tra scienza e fede?
Si cerca di evitarlo il conflitto rimarcando i diversi ambiti di competenza, nonché la compatibilità e la sinergia in fase di raccordo delle due visioni. Gli “armonizzatori” sostengono che l’uomo razionale pienamente realizzato trova nella religione il suo naturale completamento. Il filosofo Ray Monk ci ricorda che molti problemi non hanno una risposta scientifica, e si tratta per lo più delle cose che contano di più nelle nostre vite: speranza, amore, verità, bellezza, bontà…
Prendiamo per esempio la questione del libero arbitrio dell’uomo: negarlo completamente ci sembra assurdo, eppure chi parte dall’assunto che “la scienza e solo la scienza spiega tutto” giunge a questa strana conclusione deterministica. Per tenere una posizione più ragionevole non dobbiamo certo rinunciare alla scienza, né tantomeno entrare in conflitto con essa, basta rinunciare al dogma “la scienza e solo la scienza spiega tutto”, che, si badi bene, non ha nulla di scientifico, è un mero assunto filosofico (in particolare di una filosofia  che chiamiamo “scientista”). Riconoscere il libero arbitrio, tra l’altro, ci conforta nelle nostre imprese, tra cui anche quella scientifica, e costituisce una solida base per il riconoscimento delle libertà civili, tra cui la libertà di sperimentare che è fondamentale per lo sviluppo scientifico.
Il raccordo tra scienza e fede oggi è più facile poiché ci si è accorti che i due pensieri non sono così distinti come si pensava. I neopositivisti credevano che le teorie scientifiche fossero verificabili, oggi grazie a Popper sappiamo che non è così. Popper credeva che una teoria scientifica è sempre falsificabile, oggi grazie a Kuhn e Lakatos sappiamo che non è così. Gli empiristi credevano che la realtà sperimentale fosse un banco di prova univoco, oggi grazie a Quine sappiamo che per ogni esito sperimentale esistono infinite teorie congruenti. Si credeva che solo la teoria scientifica fosse impermeabile agli errori logici, ma Russell fece notare come l’impresa scientifica si fondasse invece su una logica fallace come quella induttiva (dopodiché tentò un rappezzo saltato letteralmente in aria per opera di Godel). Carnap pensava che solo la scienza fosse genuina conoscenza in quanto “credenza vera e giustificata”, ma Gettier dimostrò che la conoscenza non equivale affatto ad una “credenza vera e giustificata”. Monod e i suoi accoliti pensavano che la scienza è scienza se esclude dal suo resoconto il soggetto, la fisica subatomica ci dice che il solo postulare la presenza di un osservatore influenza il comportamento della materia. Kant e Hume pensavano che la spiegazione scientifica non ricorresse mai ad entità metafisiche non osservabili sperimentalmente, ma a partire da John Dalton quasi tutte le teorie scientifiche prevedono l’esistenza inverificabile di entità astratte (dal quark, all’anti-materia, al bosone di Higgs eccetera). Via via i tentativi di “demarcare” in modo rigoroso non hanno tenuto botta cosicché oggi pensiero religioso e pensiero scientifico sfumano l’uno nell’altro senza quella soluzione di continuità che i “separatisti” alla Gould, magari con l’intenzione di difendere l’incolumità del primo, postulavano.
Lo scientista (da non confondere con lo scienziato) ci dice che ogni credenza fondata deve partire dai cinque sensi. Ma già Cartesio dubitava: per l’uomo il fatto di avere dei pensieri costituisce un’evidenza di per sé ancor più solida dei cinque sensi. perché mai dovrei sacrificare questo chiaro portato della ragione? Lo stesso puo’ dirsi per il nostro libero arbitrio, oppure dell’esistenza di cause. Insomma, il materialismo (chiaramente incompatibile con la fede) non è la filosofia della scienza ma solo una delle tante filosofie possibili. E’ un po’ difficile sostenere che chi postula l’esistenza dei pensieri non sia un uomo ragionevole e quindi poco adatto all’impresa scientifica!
La simbiosi tra i due pensieri impone al religioso di imparare dallo scienziato: il cristianesimo, per esempio, si occupa sia delle anime che dei corpi, trascurare questi ultimi ci fa cadere nell’eresia manichea. E’ giusto quindi che ogni scoperta scientifica importante muti in qualche modo la nostra fede, la sua intensità e il modo di concepirla. Ma anche lo scienziato deve guardare alla religione, e non solo per i motivi detti più sopra. Per esempio, negare a priori l’esistenza della mente (anima) o della libertà (indeterminazione) costituisce una negazione dell’evidenza più plateale: è immaginabile un comportamento più anti-scienfico della negazione delle evidenze? Offro poi un esempio più specifico: recentemente il concetto di “pensiero simbolico” ha guadagnato l’attenzione degli antropologi candidandosi a marca specifica dell’umano: siamo una “specie simbolica” sostiene il neuro-antropologo Terrence Deacon! Difficile non vedere anche qui un punto di contatto tra scienza e religione.
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Oggi possiamo concludere che anche dal punto di vista teorico religione e scienza possono convivere grazie alla loro base comune: sono entrambi pensieri probabilistici e come tali condividono una radice soggettiva. La demarcazione è una questione di “gradi”, l’uomo ragionevole opta via via per i “gradi” più affidabili ma su molte questioni, purtroppo quelle più importanti, non esistono gradi molto affidabili, cosicché cio’ che chiamiamo “religione” puo’ diventare la scelta più razionale a tutti gli effetti.