Ormai dobbiamo prendere contezza del fatto che, in questa fase storica, una società libera come puo' essere quella statunitense, accresce al suo interno le diseguaglianze.
La cosa puo' essere spiacevole.
Senz' altro è un prezzo alto ma per cosa lo si paga? Non si capisce il motivo ma qualcuno ama trascurare questa domanda preferendo emanare subito le sentenze.
Il fenomeno sembra essere originato dalla rivoluzione telematica e dalla recente globalizzazione.
La globalizzazione, con la mobilità dei fattori che induce, sposta altrove molte attività a basso contenuto tecnologico lasciando spiazzate intere categorie di lavoratori. Questi ultimi devono ricorrere ad una riqualificazione non sempre facile. Se la cavano meglio i lavoratori con alte skills più facilmente riconvertibili.
Ma negli ultimi anni lo spiacevole fenomeno ha interessato un numero crescente di categorie professionali e soprattutto non si è contenuto a quelle categorie a "bassa specializzazione".
Due interi paragrafi per dire una banalità: il legame assodato tra diseguaglianza, tecnologia e istruzione.
Negli anni passati la crescita tecnologica è stata accompagnata da una crescita dell' istruzione di massa, cio' ha consentito anche una maggiore compattezza in termini di redditi.
Più recentemente l' innovazione tecnica ha assunto una velocità rapsodica. I livelli di formazione erano già schiacciati verso l' alto rispetto all' offerta universitaria, le due variabili hanno cessato di viaggiare insieme.
Ma l' elemento nuovo è ancora un altro: mentre prima l' individuo che iniziava un percorso doveva semplicemente decidere il proprio LIVELLO di formazione, ora è posto di fronte ad una gamma di opzioni più complessa. Deve decidere COME formarsi. La scelta formativa è diventata una vera scelta imprenditoriale legata all' intuito speculativo. Si rischia di arrivare al doppio Master senza che ci si possa giovare in alcun modo dello sforzo compiuto. Più ancora che la scelta di affinare la propria preparazione, ha peso la direzione che si intende intraprendere, l' istituto a cui si dà fiducia, la classe dove ci si forma, i professori frequentati, i luoghi dello stage e così via.
Fintanto chè i modi di formazione del capitale umano erano scoperti, anche un benevolo Pianificatore centrale poteva agevolarli mediante incentivi e propaganda.
Ma ora il percorso formativo richiede vere scelte imprenditoriali e su questo terreno,lo sappiamo benissimo, il Pianificatore statale è goffo e fallisce puntualmente. Pochi intuiscono, pochi ce la fanno, pochi prendono il largo, pochi si staccano. E la diseguaglianza cresce.
Ecco un articolo che tesse questo stesso filo ed ecco invece un lavoro tecnico da cui presto uscirà un libro (Claudia Goldin/Lawrence F. Katz: "The Race Between Education and Technology").
La cosa puo' essere spiacevole.
Senz' altro è un prezzo alto ma per cosa lo si paga? Non si capisce il motivo ma qualcuno ama trascurare questa domanda preferendo emanare subito le sentenze.
Il fenomeno sembra essere originato dalla rivoluzione telematica e dalla recente globalizzazione.
La globalizzazione, con la mobilità dei fattori che induce, sposta altrove molte attività a basso contenuto tecnologico lasciando spiazzate intere categorie di lavoratori. Questi ultimi devono ricorrere ad una riqualificazione non sempre facile. Se la cavano meglio i lavoratori con alte skills più facilmente riconvertibili.
Ma negli ultimi anni lo spiacevole fenomeno ha interessato un numero crescente di categorie professionali e soprattutto non si è contenuto a quelle categorie a "bassa specializzazione".
Due interi paragrafi per dire una banalità: il legame assodato tra diseguaglianza, tecnologia e istruzione.
Negli anni passati la crescita tecnologica è stata accompagnata da una crescita dell' istruzione di massa, cio' ha consentito anche una maggiore compattezza in termini di redditi.
Più recentemente l' innovazione tecnica ha assunto una velocità rapsodica. I livelli di formazione erano già schiacciati verso l' alto rispetto all' offerta universitaria, le due variabili hanno cessato di viaggiare insieme.
Ma l' elemento nuovo è ancora un altro: mentre prima l' individuo che iniziava un percorso doveva semplicemente decidere il proprio LIVELLO di formazione, ora è posto di fronte ad una gamma di opzioni più complessa. Deve decidere COME formarsi. La scelta formativa è diventata una vera scelta imprenditoriale legata all' intuito speculativo. Si rischia di arrivare al doppio Master senza che ci si possa giovare in alcun modo dello sforzo compiuto. Più ancora che la scelta di affinare la propria preparazione, ha peso la direzione che si intende intraprendere, l' istituto a cui si dà fiducia, la classe dove ci si forma, i professori frequentati, i luoghi dello stage e così via.
Fintanto chè i modi di formazione del capitale umano erano scoperti, anche un benevolo Pianificatore centrale poteva agevolarli mediante incentivi e propaganda.
Ma ora il percorso formativo richiede vere scelte imprenditoriali e su questo terreno,lo sappiamo benissimo, il Pianificatore statale è goffo e fallisce puntualmente. Pochi intuiscono, pochi ce la fanno, pochi prendono il largo, pochi si staccano. E la diseguaglianza cresce.
Ecco un articolo che tesse questo stesso filo ed ecco invece un lavoro tecnico da cui presto uscirà un libro (Claudia Goldin/Lawrence F. Katz: "The Race Between Education and Technology").