venerdì 8 agosto 2008

China and Wal-Mart: Champions of equality

Le diseguaglianza nei paesi occidentali va espandendosi, questo non sempre giova alla buona reputazione del capitalismo.

Meglio fare qualche precisazione concentrandosi sugli USA, Paese che spesso anticipa le nostre sorti.

Innanzitutto le diseguaglianze sembrano avere una spiegazione. La migliore, secondo me è questa. Quando la spiegazione soddisfa si tollera meglio anche lo spiacevole effetto collaterale.

Qualcuno poi, magari concentrandosi sui consumi, nega addirittura che il fenomeno sia di un qualche interesse.

Altri, anche da sinistra, richiedono nuovi modi per misurare le "diseguaglianze", magari che tengano conto della mobilità sociale.

In un recente lavoro Christian Broda e John Romalis ridimensionano ulteriormente il fenomeno facendo notare come il paniere dei "poveri" sia oggetto di inflazioni meno pesante rispetto a quello dei "ricchi". Il merito? Wal-mart, Ikea, Ryan Air, Cina e roba del genere.

Forme di welfare: microcredito ed evasione fiscale

Questo articolo sembra fare il punto in maniera credibile sulla pratica del microcredito.

Per alcuni, per esempio gli assegnatari del Nobel a Yanus, l' idea appariva forse come epocale e particolarmente innovativa.

Anche per questo alcune precisazioni meritano di essere espresse.

Innanzitutto, non ci si aspetti che il microcredito risolva o allievi in modo significativo il problema della povertà. In genere è una boccata d' ossigeno, ma poche persone escono dalla loro condizione percorrendo quella via.

Il microcredito è sempre esistito, lo si sappia. Coloro che prendono i soldi dalle banche del microcredito, li prendevano senza molte difficoltà anche ieri. Ogni villaggio ha infatti sempre avuto il suo "prestatore" che agiva al di fuori del circuito bancario. Solo che le banche di oggi chiedono tassi intorno al 50-100%, il "prestatore" tradizionale era invece più esoso, nonchè scrupoloso nel riscuotere. E' un miglioramento, certo, non una soluzione rivoluzionaria.

Il microcredito generalmente non aiuta lo start-up di nuove aziende. I denari ottenuti così vengono consumati in seno alla famiglia o risparmiati con l' acquisto di una mucca o di una capra (non si creda che la mucca sia un investimento! E' un risparmio: nessun povero risparmia in contanti, verrebbero subito parenti ed amici a chiedere favori non rifiutabili; la mucca invece non puo' essere fatta a pezzi). Al massimo si investe in beni da usare promiscuamente sia nell' azienda che in famiglia (per esempio il cellulare).

Non si creda nemmeno che il microcredito sia esente dall' incorporazione in titoli collaterali. Visto che siamo nel mezzo di una crisi subprime, ovvero di titoli minati da mutui concessi ai meno abbienti, la cosa non puo' che preoccupare.

Conclusione: quasi sempre il microcredito si risolve in una specie di elemosina con un lato positivo: consente al povero di mantenere un' attività che lo impegna durante la giornata e, quindi, una propria dignità personale. E' un' assistenza anche psicologica. Dall' altro canto cancrenizza le cose come stanno mantenendo in vita una miriade di imprese non produttive.

In un certo senso il microcredito ha effetti simili all' evasione fiscale tollerata a lungo specie nel sud Italia. Mancando di un vero welfare, si sorvola sull'evasione diffusa dei piccoli: costoro possono stare a galla conducendo la loro aziendina senza costituire un problema sociale: sbarcano il lunario e sono alle prese con un' attività che li impegna fattivamente e dà loro qualche soddisfazione illusoria. I pregi e i difetti sono i medesimi del microcredito: si campa ma ci si immobilizza con una produttività deprimente.

La struttura polverizzata del nostro sistema produttivo forse è dovuta anche a questo: 1) evasione fiscale tollerata che consente al micro imprenditore di portare avanti la sua impresa improduttiva (in fondo è meglio comandare che essere comandati) 2 e regolamentazione del lavoro dipendente oppressiva.

Pentirsi in compagnia

La creazione di una moneta unica in Europa mi lasciò molto scettico, anche e soprattutto per motivazioni ideologiche: non vedo mai con piacere alcuna forma di potere concentrato per legge.

Oggi, alla prova dei fatti, devo fare marcia indietro, la gestione dell' euro presenta un bilancio positivo.

La BCE è gestita con un rigore che supera quello della FED, speriamo che il piano non sia di accumulare credibilità per poi dilapidarla dando la stura a politiche trasgressive. Ma ormai di tempo ne è passato parecchio e e questi dubi sono fugati.

Se tento di spiegare un simile successo mi viene in mente solo un motivo: la manovra di centralizzazione è avvenuta in tempi in cui trionfava l' idea liberista, soptrattutto in ambito monetario, un settore dove molte popolazioni avevano sperimentato sulla propria pelle il tossico dell' inflazione.

Pregna di cultura liberale, la nuova generazione di tecnici si è messa al lavoro imboccando le vie giuste.

Pensando a questo mi corre un brivido sulla schiena: casa succederà quando il pendolo dell' ideologia rivoluzionerà il suo moto? In parte l' ha già cambiato, ma la BCE tiene duro evitando di farsi sedurre dalla generosità fuori luogo della politica.

Questo pensierino lo dedico anche a Davide, il quale teme un' italianizzazione dell' Europa.

Ho paura che simili timori saranno giustificati quando la UE diventerà un' unione eminentemente politica. Oggi, grazie anche agli ingressi massicci, si è mantenuta di stampo economico e i benefici prodotti non sono pochi.

Ecco gli argomenti di un altro pentito ben più illustre.

Qualcuno ha detto: "senza l' euro chissà dove sarebbe finita la nostra liretta". Bè, nel paper si tenta una risposta: se l' euro fosse stato introdotto in competizione con le monete nazionali, il pessimismo sulla liretta solitaria avrebbe indotto dubbi autentici e non retorici.

giovedì 7 agosto 2008

Esploratori in pentola

L' esploratore di contrabbassi ama frugare tra le viscere di questo animale con il manico. L' estenuato ritocco dell' impellente ricerca non salva dal dedalo delle contorsioni. Si gira intorno senza requie, senza sigillo.

Lo strumento più riverberante che esista, seduce con malizia la sua preda: invita alla carezza, al sollecito, allo stimolo. Offre senza parsimonia le generose curve sagomate da una puntigliosa liuteria. Mette a portata di pizzico i suoi robusti tendini. Restituisce un calibrato attrito alla zigrinatura del budello in contropelo...

E intanto produce la pastosa onda con cui, ad imitazione delle spire pitonesche, avvolgerà nella letale stretta il suo operoso amante, che in segreto agognava a quella fine.



... ecco un altro modo tormentato di "toccare" il mondo, è Anselm Kiefer

La battaglia sulla beneficenza

La Sinistra puo' vantare una solida tradizione di pensiero contro le pratiche caritative.

... una società giusta è una società che non ha bisogno di carità...
Ralph Nader

... la virtù più sopravvalutata è quella esercitata dal donatore. Il "dare" rinforza il nostro ego e il nostro senso di superiorità... quasi sempre "dare" è un piacere egoistico... guardate la nostra società, a dare con apparente magnanimità sono proprio coloro che hanno dimostrato maggiore grettezza...
John Steinbeck


... la retorica della generosità è sempre convissuta con quella della repressione... non è che la filantropia e l' invito a prendersi cura dell' altro siano insufficienti a governare il problema sociale, è che sono funzionali alla sottomissione dei più deboli..."
David Wagner

... sollecitare lo sforzo volontario e la donazione è funzionale alla distruzione dei "diritti"...
Janet Poppendieck

I legami con la tradizione marxista sono evidenti.

Ma anche la destra ha visto di cattivo occhio la carità.

Basti pensare ai darwinisti sociali che si rifanno a Herbert Spencer: una diffusa beneficenza impedirebbe alla selezione naturale di svolgere a dovere il suo compito.

Ricordo anche un bel libro di Sergio Ricossa: Contro la Beneficenza.

Sempre a destra, c'è chi, pur assumendo l' aiuto ai bisognosi, vorrebbe assegnarlo ad organizzazioni profit anzichè alla carica dei volontari. Parlo di Brian Miklethwait (Against Charity). Il motivo naturalmente sarebbe quello dell' efficienza.

Arthur Brooks fa giustizia di queste posizioni: prosperità e generosità vanno a braccetto, l' una rinforza l' altra.



Teorie che spieghino questo legame sono già bell' e pronte.

Robert Putnam ci parla del capitale sociale, una ricchezza che il dono contribuisce a costruire.

George Gilder constata come il capitalismo si fondi sulla fiducia, una qualità decisiva anche per l' atto caritatevole. La comune fondazione lega le due pratiche.

Thorstein Veblen nota come la carità sia raccomandata da un ethos che predica anche l' industriosità.

Victor Frankl vede nell' atto di generosità un atto significativo. Chi lo compie ritrova un senso e un' energia che si riflette anche nei suoi affari personali.

Insomma, capitalismo e generosità si fondano e producono fiducia. Avendo in comune questa risorsa non possono che farsi reciproca e proficua compagnia.

Certo, l' elemosina puo' danneggiare il ricevente se ripetuta ed acritica. Ma è sul donatore che dobbiamo concentrarci per isolare la carica positiva e arricchente di queste pratiche. Perchè si manifestino appieno l' atto della donazione deve essere volontario.

Arthur Brooks si occupa degli "hard data" (capitolo 7) e conferma le ipotesi pro-charity.

mercoledì 6 agosto 2008

Vite parallele e benedizioni verticali

Mentre in galleria sculetta la Gagarella...



... in Corso Sempione, appena dopo l' Arena, hanno finalmente fatto fuori quella "bestiassa" del Nin Barbisa



Qualcosa, qualcosa di "piscinino e sberlucicante", benedice tutti da dietro una coltre di guglie e polveri sottili.

Un uomo generoso

John esce da Messa come tutte le Domeniche, non ne perde una ormai da anni. Esce da lì con tutta la sua famiglia. Ha cinque figli e oggi, come d' abitudine, anche i due sposati raggiungono il padre e la madre per pranzare con le loro consorti tutti insieme nel giorno della festa. Si fanno quattro chiacchere sul sagrato, sempre le stesse. Nel mirino ci sta stanno, come al solito, il governo e i politici, la lamentela sulle tasse è un "must".
***
Ecco in queste poche righe il ritrattino sociologico di un uomo generoso. Di un uomo propenso a donare tempo e denaro agli altri.

Sono le conclusioni a cui giunge Arthur Brooks, forse lo studioso che più sa trattare i numeri relativi al volontariato, alla filantropia e alle donazioni private.

Sto leggendo il suo libro, vedi sul "comodino" del blog. Certo, lui si occupa degli USA. Ma consideriamo che gli USA sono il paese di gran lunga più generoso dell' Occidente, e faccio tutte le proporzioni del caso.

Secondo la sua indagine, tre sono i fattori che meglio predicono la generosità di una persona:

- lo spirito religioso;

- la vocazione famigliare;

- l' atteggiamento scettico verso ogni redistribuzione governativa.

martedì 5 agosto 2008

Perchè i managers non si uccidono tra loro?

Interessante domanda posta da Robin Hanson.

Un killer costa poco (intorno ai 7.000 dollari) e i guadagni possono essere immensi.

Tra i leader politici e i capi della criminalità organizzata la pratica dell' omicidio è molto più diffusa.

Possibili risposte:

Diversamente che in politica non esistono moventi ideologici. Il movente ideologico è il più adatto ad istillare odio. Inoltre è molto più semplice da celare.

I managers non sono criminali abituali, non sanno muoversi a loro agio in quell' ambito. Inoltre hanno molto da perdere rispetto ad un boss della mafia che è già implicato in azioni penali.

Anche il politico puo' avere relazioni nei servizi segreti. Tutte entrature che rendono per lui il crimine meno costoso.

L' attitudine allo scambio puo' rendere più appetibili delle vie alternative all' omicidio.

La risposta ideologicamente più intrigante potrebbe essere un altra: la lunga esposizione al mercato, attraverso vie che adesso non interessa indagare, rinforza il nostro senso etico. Cio' spiegherebbe perchè i managers, tra i personaggi di potere, sembrano i più pacifici.

Negli USA calano le diseguaglianze...

... in termini di felicità. Ancora Justin Wolfers. Ma quando scrive il libro definitivo sul tema?

Una musica che respira

1500. E' nato un bambino, scende su di lui uno spirito guerriero ansioso di pace. Ecco che respira, respira proprio come un imperatore. Il fiato di Carlo V comincia a mischiarsi con l' aria dell' Europa.

Ed ecco la musica che respirava con lui.



1558. Abdicando per la seconda volta un vecchio muore circondato dai suoi gemiti e abbandonato da forze indomabili solo qualche anno prima. Fortuna desperata: nasci, pati, mori.

Ed ecco la musica che custodisce il debole fiato con cui nel giorno fissato risponderà al suo Giudice.



Grazie Miri per quelle dritte sull' Alia Vox

lunedì 4 agosto 2008

Qualcosa brulica

L' introversione dei due chittarristi è ulteriormente accentuata da una produzione algida e distante.

Peccato, si tratta di due teste sempre ispirate, pronte ad aprire la pancia dello strumento per farci guardare dentro.

Ma tutta questa nebbia finisce per depotenziare il loro talento vivido.

Il colpevole: Fredi Bosshard. Fa di tutto per imbalsamare il vitale colloquio improvvisato dal tedesco con lo svizzero. Per fortuna la missione che si è dato è impossibile, l' ascolto resta formativo.

Di ritorno dal Giappone (e si sente), Hans e Waadi fecero tappa a Zurigo lasciando come ricordino alcune piccole invenzioni subito catturate da un Ferdi sempre bene appostato.



Ecco il maestro Peter Callesen. La precarietà dei suoi ritagli sta bene anche qui.

Di fronte alla realtà intollerabile del caso

Quando le teorie della conoscenza attribuiscono al caso un ruolo rilevante, suscitano reazioni disparate che ora vorrei considerare.

Faccio qualche esempio.

La teoria quantistica sembra rassicurare Davide poichè l' indeterminazione che la caratterizza conferma i limiti alla conoscenza umana e cio' è coerente con alcuni postulati della Religione.

D' altro canto Einstein disse che "Dio non gioca a dadi". Evidentemente vedeva il caso come un disturbo, un elemento di disordine incompatibile con le armonie celesti.

C' è poi la teoria evoluzionista. Molti la sfoderano come uno spadone contro ogni pensiero della divinità: se il caso è tanto importante si perde di vista quella mano divina che guiderebbe gli eventi asservendoli ad un progetto.

Ma per altri il caso è solo il nome di Dio quando viaggia in incognito.

Potrei andare avanti ma non mi interessa granchè schierarmi su questi fronti. Ognuno di essi ha valide argomentazioni per sostenere le sue tesi.

Ci sono però questioni in cui scandagliare le reazioni alla presenza del caso diventa altamente istruttivo. Porto le irritanti tesi di TBC come esempio.

TBC è un libro a cui si è reagito in modo percussivo e spesso isterico. Sulle sabbie mobili dell' isteria non si possono fondare saldi edifici, anche per questo di quelle critiche non è rimasto molto.

Ma ora non è questo che ci interessa, vediamo piuttosto i motivi della reazione inconsulta.

La tesi ridotta all' osso di TBC è la seguente: l' IQ influenza in modo pesante il destino di una persona nella società libera. In più l' IQ delle persone varia anche di molto ed è difficilmente malleabile.

Il caso, attraverso la lotteria di quel particolare talento che è l' intelligenza, diverrebbe centrale frustrando l' opera dei "manipolatori sociali", ovvero di coloro che concepiscono la società come un artefatto da costruire nei minimi particolari.

Un intellettuale come Murray para bene il colpo con considerazioni di questo tipo: cio' che conta per una persona non è la sua intelligenza quanto il fatto di essere indispensabile e unica per qualcuno. In una società libera ciascuno troverà il suo posto.

Un ragionamento del genere implica una buona dose di "accettazione". Non tutti hanno il temperamento idoneo all' accoglienza del reale. Aver assimilato un concetto (religioso) come quello di Provvidenza potrebbe aiutare.

Ma la stessa consolazione non è certo disponibile per l' intellettuale "architetto" che mette sempre al centro l' elemento manipolabile dalle policy. Il suo scatto isterico è garantito: non accetta più nemmeno il concetto di Natura, figuriamoci quello di Provvidenza.

sabato 2 agosto 2008

Da Sant' Arcangelo a Gerusalemme

Tutti noi riconosciamo vere le forsennate profezie del Bardo William Blake.

Siamo tenuti a farlo a causa del dominio esercitato su di noi dal visionario grido che le trasporta ovunque da secoli.

Una sera estiva di ventisei anni fa si liberarono dal mutismo apparente della pagina che le ospitava.

Ad urlarle in Piazza a Sant' Arcangelo fu l' appassionato quanto temerario strumento di Mike Westbrook.

Neanche allora nessuno osò obbiettare al delirio.

Ce lo impedì il cuore in gola... molto meglio accettare le ali che nel frattempo ci spuntarono e volare con quelle verso le Porte di Gerusalemme...



Teorie vere se pensate, false se pronunciate

Ci sono profezie che si auto-avverano, ma ci sono anche teorie che si auto-confutano.

Capita nelle scienze umane.

Ricordo che qualche tempo fa, per divulgare in maniera un po' cervellotica il concetto di indeterminazione dei corpi nell' ambito delle teorie della fisica, veniva usata una singolare formula retorica, si ipotizzava che il comportamento dei corpuscoli mutasse quando osservato.

Qualcosa del genere accade, ma questa volta in modo letterale, a molte leggi che governano le scienze umane. A neutralizzarle non è tanto l' osservazione quanto la divulgazione.

Taleb dà un' illustrazione semplificata ma vivida di queste anomalie: se sul mercato azionario si nota una regolarità per cui il prezzo delle azioni sale il Lunedi, nel momento stesso in cui la legge viene derivata, cessa anche di esistere poichè gli operatori razionali cominceranno a comprare il Venerdì.

L' economista Robert Lucas ha ricevuto il suo Nobel per aver espresso in modo rigoroso questo concetto: le persone ragionevoli si adattano alle "leggi" individuate dalla statistica contribuendo così a confutarle. Naturalmente questo non vale per tutte le "causalità statistiche", alcune trovano un loro saldo equilibrio anche dopo l' adattamento nei comportamenti. Ad altre invece dobbiamo rinunciare e lasciare che indaghino le varie "teorie dei giochi".

Vogliamo chiamare tutto cio' "critica di Lucas" e aggiungerla agli allarmi che ci devono suonare in testa non appena leggiamo una regressione?

venerdì 1 agosto 2008

Cos' è la burocrazia?

Io l' ho imparato qui...



... mia mamma qui...

L' IQ conta?

Ho voluto dare un' occhiata ravvicinata al libro The Bell Curve.

L' ho fatto anche perchè notavo come le opinioni più significative sulla realtà sociologica americana, venivano introdotte in reazione alle tesi di quello scritto. E questo ancora oggi, a quindici e rotti anni di distanza.

Volete un esempio? Ecco David Brooks che sul NYT dell' altro giorno presenta due recenti lavori accademici che scattano, secondo lui, la foto più nitida della realtà americana contemporanea. Conclude indicando in Obama l' uomo giusto per tenerne conto. Ebbene, entrambi gli studi presentano se stessi come una contromossa da leggersi nell' orizzonte tratteggiato da TBC.

L' Introduzione di TBC è meramente descrittiva, presenta il dibattito intorno al concetto di "intelligenza" così come si è svolto nell' agone delle scienze psicologiche. Dichiara senza infingimenti di assumere le posizioni "mainstream" trascurando quelle radicali. Quindi: esiste una sola intelligenza (abilità logica e linguistica) misurabile in modo significativo dall' IQ e, in buona parte, ereditabile.

Cio' non toglie che il valore di una persona dipenda anche da altro; i "talenti" sono molteplici, sebbene ci sia qualcosa di specifico che possiamo chiamare "abilità cognitiva".

Non si entra nel merito del dibattito, ci si limita a descriverlo. Agli autori interessa altro, interessa dimostrare quanto la distribuzione dell' IQ nella popolazione incida sull' evoluzione sociologica delle società di mercato. Loro ritengono che incida parecchio, una nuova "elite cognitiva" si sta isolando.

L' IQ conta a scuola. Il sistema universitario americano è cambiato nel corso del secolo, ora premia in modo crescente la fascia di studenti con IQ elevati. Basta vedere chi fa il suo ingresso nelle Università. Prima la provenienza famigliare era decisiva, così come lo erano le condizioni socio-economiche di partenza.

L' IQ conta sul lavoro. Volendo indovinare il lavoro di Pincopalla, meglio informarsi sul suo IQ da ragazzo che sul numero di anni trascorsi tra i banchi.

L' IQ conta sul mercato. L' intelligenza è strettamente legata alla produttività, anche dopo anni di lavoro la conclusione resta valida. L' IQ predice l' efficienza del lavoratore in modo più accurato di quanto non faccia un colloquio di lavoro. E' molto costoso il provvedimento con cui la Suprema Corte ne ha impedito l' utilizzo.

IQ ed educazione. Studiare un anno in più non incide molto sulle sorti di un basso-IQ, il suo destino nella società mercatista, come direbbe Tremonti, sembra segnato. L' ironia è che parificando le condizioni ambientali, si esaltano ulteriormente le differenze genetiche.

IQ e isolamento. I più intelligenti tendono a sposarsi tra loro. Avendo redditi elevati possono permettersi anche un isolamento fisico.

IQ e povertà. Se nasci in una famiglia povera (ultimo ventile), rischi di restare povero, rischi 8 volte di più rispetto a chi nasce nei ventili superiori. Ma se il tuo IQ è nell' ultimo ventile, il rischio sale al 15%. Anche qui "IQ is the best predictor".

IQ e abbandoni scolastici. Le condizioni socio-economiche incidono sugli abbandoni scolastici ma, in modo significativo, solo se l' IQ dell' interessato è basso.

IQ e disoccupazione. Legame stretto. Anche i lazzaroni non sono quasi mai intelligentoni.

IQ e famiglia. La famiglia tradizionale tiene bene, ma solo tra i più "smart". Costoro tendono a prediligere il matrimonio e il loro tasso di divorzi è ben sotto la media, specie se comparati con i low-IQ. Anche la presenza di prole illegittima è strettamente correlata con le abilità cognitive.

IQ e welfare. Se ricorri all' assistenza pubblica (ragazze madri, sanità...) probabilmente il tuo IQ è sotto la media. Ci puoi scommettere razionalmente una buona cifra.

IQ e genitorialità. Una buona madre probabilmente ha un buon IQ.

IQ e crimine. L' intelligenza media dei criminali è ben al di sotto di quella comune.

IQ e civismo. C' è un solido legame tra partecipazione politica e livello d' istruzione. Ma poi, se vai a grattare, a parità d' istruzione quello che fa la differenza è l' IQ.

IQ ed etnie. Ci sono chiare differenze, inutile girarci intorno. Gli asiatici sopravanzano i bianchi che sopravanzano i neri. In più, facendo la tara con l' IQ, molte diseguagliaze sociali si attenuano.

IQ e demografia. Purtroppo le dinamiche demografiche stanno abbassando l' IQ medio della popolazione. Le donne con istruzione più alta hanno un tasso di natalità basso. La natura dell' immigrazione completa il quadretto.

IQ e problemi sociali. Praticamente tutti i problemi che affliggono le società moderne vedono implicati soggetti a basso IQ.

Politiche: alzare l' IQ. Molto è stato provato: nutrizione, scuola, prescuola, ambiente familiare. Insistere è un dovere, per ora i risultati sono scarsini.

Politiche: pari opportunità nell' educazione. Si sono riprodotti i ghetti anche a scuola e nei college. Inoltre, lo svantaggiato nero finisce per fare concorrenza allo svantaggiato bianco. Meglio aiutare gli svantaggiati che puntare tutto sulle etnie.

Politiche: pari opportunità sul lavoro. Hanno funzionato? Boh, certo che la società le paga care.

Politiche: scuola. La scuola americana ha subito un involuzione. A pagare sono stati soprattutto i "gifted".

Politiche auspicate. Anche se siamo differenti, in una società libera ciascuno trova il suo posto. Aiuto integrativo: semplificare le regole, redistribuire la ricchezza in modo efficiente, selezionare l' immigrazione, incentivare la maternità delle donne istruite, non premiare la maternità delle underclass...

Tutto qui. Le contestazioni sono state assordanti e quasi sempre di scarso momento.

Tra una contestazione e l' altra, la lezione sembra essere stata appresa anche a sinistra: forse una politica delle pari-opportunità non consiste nell' ennesimo corso formativo per il trentenne perennemente disoccupato. Bisogna agire prima, molto prima.

giovedì 31 luglio 2008

Dandy nell' alto dei cieli

E' davvero un bell' uomo il Gesù di Messiaen. Quasi un dandy.

Ha classe, soffre senza scomporsi, risorge con nonchalance e "ascende" al cielo agile come un leopardo che ascende sull' acacia. Il suo misticismo non è prolisso, odia apparire patetico.

Nella persona è curato ed elegante.

Capiamo ancora più a fondo la catechesi del mitico Cardinal Biffi, quando, dopo aver inferito dalle scritture come Gesù amasse le feste e la compagnia di persone altolocate, ci invitava a notare che la tunica del Figlio di Dio (e del piccolo imprenditore Giuseppe) veniva giocata ai dadi dai suoi carnefici in quanto priva di cuciture e non divisibile: caratteristica tipica dei capi di fattura superiore destinati all' elite.

Uno smacco per gli Dei cafoni di quel "trombone" pagano di Wagner.

Diventare ricchi in modo sc-sc-sc-sciiientifico!

Meglio diventare ricchi, e non pensarci più. Meglio diventare ricchi al più presto, per poi pensare ad altro.

Dopo qualche post piuttosto astratto, mi sembrava proprio il caso di affrontare l' argomento, tanto più che posso saccheggiare la saggezza del libanese Nassim Taleb.

Fortuna che Taleb non strilla in copertina il messaggio cruciale del suo libro (come diventare ricchi), altrimenti non l' avrei comprato. Si sarebbe mimetizzato nel nugolo dei mediocri concorrenti che, come mosconi, roteano sulla medesima zuccherosa caramella.

Fortuna che nulla trapela nemmeno dall' indice - Taleb, diversamente da me, odia i libri ricostruiti nel sommario - altrimenti avrei snobbato molta roba interessante che lui appronta come contorno.

Fortuna che Taleb ammanta il suo messaggio con mille riferimenti all' epistemologia, alla filosofia, all' economia e alla statistica; altrimenti non mi avrebbe mica sedotto tanto facilmente, non sono un materialista io.

Un' istruzione del genere è roba seria, merita di essere riportata almeno in due post, il primo lo dedico quindi a qualche concisa precisazione, di quelle che non si possono omettere pena l' oscurità.

Innanzitutto nulla dirò su come diventare "ricchissimi". Molto semplicemente, non lo so. Quelli sono casi dove la Fortuna conta troppo, scordatevi le "metodologie".

Vi arricchirò in modo "decente", diciamo che la gente a Park Avenue vi guarderà con un po' di puzza sotto il naso, magari nemmeno tutti vi saluteranno. Ma intanto abiterete proprio lì.

Per dedicarsi all' accumulo vi chiedo un paio di ore lavorative al giorno per alcuni anni. Vi secca?

Sarebbe auspicabile provare un certo interesse per l' attività. Cio' significa che nell' ampio tempo libero, la meditazione speculativa intorno alla portata filosofica di quello che state facendo, occupi in modo piacevole e arricchente, uno spazio importante nella vostra spaziosa mente. Spero che la vostra mente esista e giri a dovere, perchè i pensieri con cui giocare, quelli ci sono di sicuro.

Agiremo sui mercati finanziari, occorre quindi qualche pre-requisito materiale: un computer, un collegamento internet, un capitale iniziale di 100-200 mila euro, una sospensiva dal vostro vecchio lavoro, l' accesso al trading on line (oggi molte banche ve lo offrono a costo zero), una conoscenza minima (ma proprio minima) dei mercati e l' abbonamento ad un settimanale (non quotidiano!) finanziario - si consiglia l' Economist.

Sento già balbettare: ma il piano è sc-sc-sc-scientifico? Direi di sì.

O perlomeno, per crederci bisogna sapere cosa sia la scienza.

Se la scienza è per voi come per Popper quella disciplina che formula teorie rigorose e ripetutamente verificate che quasi tutti credono vere ma che poi, alla lunga, si rivelano sbagliate, allora il metodo è scientifico.

Oltre a sapere cosa sia la scienza, bisogna anche sapere che per arricchirsi sui mercati finanziari l' economia non serve a niente, conta solo la psicologia.

Fortunantamente molte leggi psicologiche sono ferree. Soprattutto quando trattano le distorsioni dai comportamenti razionali. Maneggiando il rischio facciamo molti errori che non si auto-correggono neanche con le martellate. Nessuno è indenne da questa maledizione che sembra risalire alla cacciata dall' eden.

Ricapitoliamo: occorre sapere cosa sia la scienza ed avere alcune nozioni di psicologia. Non per niente i numi tutelari di Taleb sono Popper e Kahnamen. Il primo è una celebrità, per il secondo dare un occhiata al comodino.

Secondo Taleb la scienza individua delle regolarità continuamente confermate e che tutti, per motivi psicologici, tendono a considerare come verità.

Poi, capita un evento raro che le smentisce. E' questa la regolarità più impressionante che ci garantisce di avere a che fare con pratiche scientifiche.
Popper docet.

Anche i mercati finanziari funzionano così. Le teorie "scientifiche" sono destinate a cadere (ce lo dice l' epistemologia popperiana), quindi, per arricchirsi, basta scommetterci contro.

Ma le teorie ben fondate cadono raramente, quindi, "il cacciatore di crisi" è destinato a perdere di frequente piccole somme. Ma quando vince, vince parecchio. Ve la sentite di perdere frequentemente? Ci vuole una tempra d' acciaio, parola di Kahnamen: perdere una somma è molto più doloroso di quanto sia gioioso vincere quella stessa somma.

Qualcuno obbietta: "se K. ha ragione preferisco vincere poco e di frequente che non vincere molto e di rado"

Ma non c' è simmetria!! E' proprio K. che ce lo garantisce. Ecco il messaggio centrale di Taleb: non c' è simmetria poichè, a causa del bias cognitivo, noi scambiamo la legge "scientifica" per una legge vera, per una legge causale. Questo eccesso di fiducia è irrazionale e quando si cade, si cade rovinosamente. Chi scommette con metodo contro la scelta probabilisticamente più "ragionevole" si arricchisce sistematicamente, proprio perchè la gente riconosce quella scelta come la migliore ma sbaglia nel pesarla per eccesso di fiducia.

Sui mercati non ci sono vere leggi scientifiche ma, nel tempo, si sviluppano regolarità statistiche che assomigliano molto alle prime e producono i medesimi illusionismi.

Taleb sconcertava i suoi colleghi: per la settimana entrante predisponeva il suo portafoglio come chi attendesse un "orso". Richiesto di un parere razionale però pronosticava "toro". La spiegazione è molto semplice e comprensibile per chi combina epistemologia e psicologia: organizzava il suo portafoglio in cerca degli "eventi rari", dei "cigni neri", al fine di sfruttare le asimmetrie che ho descritto.

Taleb, durante la sua carriera di trader, ha avuto buone idee ma la migliore è stata quella di tradirle sistematicamente prendendo esempio dall' evoluzione delle discipline scientifiche. Cio' lo ha reso passabilmente ricco. Un ricco circondato dai cadaveri di trader una volta "ricchissimi" che però hanno avuto l' esiziale difetto di non tradire le intuizioni a cui tanto dovevano.

Taleb non rinnega che i mercati possano avere delle "tendenze" pronosticabili dagli economisti. Ma un trader non è un investitore, non è interessato alle tendenze di lungo periodo, bensì al "rumore", ovvero alla casualità di breve periodo.

Qualche dritta pratica. Il "metodo Taleb" si esercita sul mercato delle opzioni. Se un titolo oggi vale 30 e tra una settimana tutte le previsioni razionali lo pronosticano a 40, comprate l' opzione che vi consentirà di venderlo tra una settimana a 38.5. Tra una settimana, con tutta probabilità, il titolo quoterà 40 e a quel prezzo dovrete comprarlo per rivenderlo a 38.5. Perderete, ma è normale.

Perderete a lungo proprio perchè le previsioni razionali sono razionali, proprio perchè la scienza è scienza.

ma prima o poi arriverà il Cigno Nero, grazie alle asimmetrie vi rifarete con gli interessi alle spese di chi ha scambiato la scienza per la Bocca della Verità.

mercoledì 30 luglio 2008

Voci da rieducare (1)

Viaggetto tra i succhi gastrici di Phil Minton.



Ingoiato tutto? Bravi, vi siete meritati un sorbetto.

Allarmi riformulati

Allarmi!

STATEMENT 1 The United States has lower life expectancy and higher infant mortality than Canada, which has national health insurance.

STATEMENT 2 Some 47 million Americans do not have health insurance.

STATEMENT 3 Health costs are eating up an ever increasing share of American incomes.

La riformulazione di Mankiw.

... appuntino annotato tanto per non far cadere nel vuoto uno scambio con la maliarda...

martedì 29 luglio 2008

Nevrile creatura

La musica francese la riconosci dal nasino all' insù.

Se di buon umore spande frivolezze crudeli, è un suo diritto naturale. Pure adombrata e scontrosa si fa perdonare per il ciprigno delizioso.

Mantiene i suoi vezzi anche quando è scritta in campo di concentramento.

Ecco la nevrile creatura portata a spasso da uno dei cavalieri che più le sanno tenere testa, Olivier Messiaen.

Il capitalismo del "Buon Samaritano"

Con Enron falliva il capitalismo cattivo, quello avido. E a molti è piaciuto emettere in modo stentoreo una denuncia di cui sento ancora l' eco.

Come mai la stessa lamentazione non è seguita alle crisi di Fannie Mae e Freddie MacFanny?

Forse perchè con quelle banche a fallire era il capitalismo "buono".

Sul baratro si sono trovate quelle banche "con un cuore" per cui non ha senso "prestare i soldi a chi già ce li ha", quegli istituti per cui "è giusto dare un' opportunità anche a chi non puo' offrire garanzie".

Il capitalismo buono quindi, sempre attento alla sua missione sociale. Non solo, la sua missione era anche osservata con benevolenza e sostenuta dalla politica che concedeva prestiti agevolati ai buoni samaritani; che dimostrava in mille modi come, in caso di bisogno, sarebbe intervenuta prontamente.

Ma è ancora mercato questo? Non lo è nemmeno secondo Lawrence Summers, il quale parla di "fallimento sociale" piuttosto che di "fallimento di mercato":

"... how about chartering private companies as government sponsored enterprises with the mission of promoting home ownership affordability? Give them boards with some private representatives and some public representatives. Make clear that government stands behind their capital market innovations so they can borrow more cheaply and pass the savings on. Exempt them from the state local taxes that others pay. Give them specific objectives on affordability that they must meet. Rely on a special government regulator to assure that they balance their social responsibility with their drive to profit. Harness the profit motive to meet a social objective... But market discipline was nearly nonexistent given the general perception -- now validated -- that their debt was government backed. Little wonder with gains privatized and losses socialized that the enterprises have gambled their way into financial catastrophe..."

lunedì 28 luglio 2008

Riforma sanitario/probabilistica

Poverini i numeri delle statistiche, non è colpa loro. E' il nostro cervello che non sembra molto adatto a manovrarli.

In questo post elencavo alcune radici sollevate dove si inciampa più frequentemente cadendo a pelle d' orso.

Opera ben più sistematica è quella di Deborah Bennett che nel suo Randomness elenca 40 casi di problemi stocastici, anche semplici, affrontando i quali il nostro cervello, forse per motivi legati all' evoluzione, va in panne. E non si parla del cervello della nonnina ma di quello di fior di laureati, magari proprio nelle materie in oggetto.

Ecco un caso molto verosimile sottoposto a folle di medici:

Ipotizziamo che il test diagnostico della malattia X dia un 5% di "falsi positivi";

ipotizziamo ancora che nella popolazione una persona su mille soffra di quella malattia;

ora, dopo aver preso un individuo a caso, lo sottoponiamo al test e scopriamo che risulta positivo. Quante probabilità ci sono che sia effettivamente malato?

La grandissima parte dei medici ha risposto con sicumera: 95%. Invece la risposta corretta è 2%.

E' una distorsione colossale (95 contro 2) e continuamente confermata nei test. Folla dopo folla.

Vi imbottiranno di medicinali (con tutto il corredo di effetti collaterali) quando, nonstante il test, esisterà una percentuale piccolissima che voi siate malati.

Bias di questo genere giustificano persino una riforma sanitaria. Ed infatti Robin Hanson imposta la sua puntando tutto sulla gratuità delle diagnosi e l' onerosità delle cure. Lui, oltre alle distorsioni cognitive di cui sopra, ci mette pure la distorsione da "effetto placebo", il che non guasta.

sabato 26 luglio 2008

Beati i rincoglioniti

Caro Marineo, il tuo libro è talmente esaustivo da ridurmi al silenzio, una condizione per me scomoda ma anche un omaggio dovuto.

Ti ringrazio quindi quando, inquadrando la Marge di Fargo, sei riuscito a ridonarmi la parola.

Come potevo tacere? Con Fargo ti chiedo la perfezione, è forse il miglior film che abbia visto nell' ultimo quarto di secolo. Mi sarei inquietato senza nulla su cui dissentire.

... e quindi per te Marge, caro Marineo, la goffa e gravida detective che risolve il caso, è un personaggio lacunoso che sbroglia la matassa senza coglierne il senso? Un animo irrigidito in una freddezza innata incapace di recare qualsiasi affetto? Il malaugurato strumento con cui tutto puo' essere ricondotto a quello che poi è il bersagio mirato da tutti: la sedativa "everyday-life" del Minnesota? Secondo te è solo questo?



Secondo me è qualcosa di più: è uno scacco dichiarato allo... Allo spettatore onnisciente e al suo portavoce. A noi, caro Franco Marineo. A quello strano tipo che spazientisce gli addetti del multisala perchè, ancora dopo la fine dei chilometrici titoli di coda, non sgombera e staziona tra cartacce e residui di pop corn smangiucchiato alla ricerca di un bandolo da dare alla matassa, forse crede di trovarlo scoprendo i nomi degli "addetti ai cavi".

Ed ora, alcune note di colore.
***
In attesa di Godot, Vladimiro ed Estragone straparlano.

Noi, in platea, soppesiamo le ripercussioni esistenziali di quell' inane vaniloquio. Noi -"spettatori onnoscienti"- valutiamo le mille sfaccettatura con cui Beckett ha cesellato il suo mondo intorpidito e le sue agonie disertate ormai anche dai dolori.

Persino lo strazio se n' è andato altrove, dove ancora si puo' piangere; oppure si è trasfigurato rendendosi irriconoscibile, e ora si muove in incognito da qualche parte sulla scena...

Poi, all' improvviso, ecco che si presenta in scena Godot, rassicura i suoi compagni con baci e abbracci cordiali profondendosi in scuse per il ritardo; dopo qualche parola di circostanza, tutti se ne dipartono fiduciosi per realizzare con lui i progetti in cantiere che, formulati un attimo prima, avevano liberato il nostro sentimento patetico.

Rimaniamo noi, ragionevoli analisti da platea. Scopriamo con lentezza che ad essere inane era la nostra speculazione sul "negativo" beckettiano.


Il destino è pieno di "onde anomale". Bess è un adorabile suonata, basterebbero due scene per capirlo.

Il suo esperto fidanzato addirittura si diverte preoccupato, è sorpreso nel vedere con quanto minaccioso zelo venga amato.

Lei si dibatte tra i suoi due amori e quando non è al servizio incondizionato del fidanzato, si reca dall' altro, in Chiesa. Lì discute e litiga con quel Dio barbuto e bellissimo: a lui chiede prove più dure, invasa da serotonina e altri ormoni esplosivi, sente che in campo amoroso puo' donare con ben maggiore generosità.

Il film di Von Triers è già a 3/4 del suo svolgimento. Noi - spettatori onniscienti - abbiamo già afferrato l' andazzo. Nel "dibattito a seguire" si distuterà con fervore del potere alienante delle religioni, di come il pregiudizio e il dogma possano minare dall' interno il reticolo delle società ordinate. Di come possano corrodere un cervello indifeso e dallo sviluppo bloccato. Non c' è neanche bisogno di prepararsi, la frase giusta verrà fuori spontaneamente al momento giusto.

Ora il film raggiunge il culmine della denuncia: Bessie è pronta per il suo sacrificio più grande: il fidanzato, vittima di un incidente, è in coma e lei, per "salvarlo", si imolerà prostituendosi ripetutamente fino a farsi violentare e morire. I nessi occulti agli onniscienti della platea sembrani invece lampanti all' innamorata di tutto.

Bessie si concede agli stupratori che ne fanno scempio, entra in un gioioso coma... e, proprio in quell' istante, ne esce il fidanzato... in poche ore è già in piedi e sta benone. Il sangue di Bessie, attraverso vie arcane, l' ha salvato, dal cielo parte uno scampanio miracoloso emesso da campane altrettanto misteriose la cui presenza era stata profetizzata dalla martire.

In sala c' è delusione, i cervelli "corrosi" e "bloccati" erano quelli di noi analisti tutti presi a condannare senza appello il "dogma" e il "pregiudizio", ma nessuno vuole ammetterlo. Eppure i "fatti", i "fatti artistici" hanno dato ragione a quell' Idiota di Bessie.


Johannes è lo scemo di famiglia. Lo è diventato poco a poco, prima non era così. Un tempo studiava teologia e prometteva, ma poi sono cominciate le fissazioni e le turbe mistiche, naturalmente si crede il Messia. Vaga per i campi ma anzichè zappare recita la Bibbia con occhio vitreo. Noi, dalla poltroncina, lo seguiamo godendoci le carrellate e il gioco del vento sul grano danese.

Ormai non è più buono a nulla, puo' tenere giusto compagnia ai nipotini perchè li diverte con le sue storie sconclusionate e reca qualche ora di sollievo alla cognata Ingrid, angelo del focolare, che invece li accudisce tutto il giorno e interviene quando subentrano i problemi sono seri, i problemi per cui Johannes ha perso ogni idoneità.

Noi "spettatori onniscienti" siamo deliziati dal quadretto con cui Dreyer tratteggia la vita di queste famiglie allargate. Tensioni, liti, riappacificazioni, scontri di personalità, la crisi religiosa del pastore Mort, il patriarca e, sempre sullo sfondo, il chiasso ottuso dei bimbi. Ci diffondiamo mentalmente sull' ambiguo ruolo sociale delle religioni, sulla forza che occorre per coltivare ancora oggi una religiosità all' apparenza continuamente smentita dalle vicenda mondana.

Ogni famiglia ha un suo epicentro. In qusto caso il coagulo è la premurosa serenità di Ingrid, moglie del freatello di Johannes: ha una parola per tutti, un gesto efficace e carezzevole per tutti e, cavoli, quanto produce: prole, mestieri, opere, affetto...

Le tensioni tra i famigliari si scatenano proprio mentre Ingrid partorisce un bambino morto appena prima che anche lei spiri.

La tragedia e il silenzio piombano su quel focolare. Le ombre espressioniste di Dreyer rendono palpabile quel sentirsi "alla fine della candela".

Poi accade che alla veglia funebre i bimbi conducono nella stanza Johannes invitandolo a rispettare le deliranti promesse che, mentre noi eravamo impegnati a seguire le trame degli adulti, lui, evidentemente, condannato alla scarsa attenzione dovuta ai piccoli, aveva fatto loro.

E allora, il corvino Johannes prende per mano i biondissimi bambini e, prima di essere scacciato, avanza verso il talamo e pronuncia una parola (ordet): Ingrid riapre gli occhi mentre il film li chiude facendo prevalere definitivamente quello splendido nero che per tutto il tempo aveva lottato con uno splendido bianco.

Noi spettatori siamo un po' delusi e scandalizzati per questa vittoria della "religiosità demente", che ci piomba tra capo e collo proprio in un film che ovunque porta i segni della riflessione martoriata e matura.
***
Ecco, caro Marineo, chi sono i fratellini e le sorelline di Marge.

Sono d' accordo con te, il Mondo dei Coen, Fargo, è cattivo e sterile: il suo orizzonte è claustrofobico, tutto, a cominciare dai sentimenti, appare bloccato nel ghiaccio, ogni pensiero è di circostanza: slitta sulla superficie e se ne va senza produrre senso; le parole sono scatole vuote, il virus della convenzione è allo stato di pandemia, anche i cattivi sono stupidi e instabili come in nessun altro film, tutto è colto nella distillata imperfezione di un gesto sempre orfano della riflessione.

Un Paese simile, Fargo, è un paese improduttivo: eppure ha prodotto Marge, il demiurgo, colei che risolve.

Ma Marge non è un miracolo in sè perchè porta tutte le stimmate del suo Paese, basta una scena per capire che viene da lì. E' miracoloso cio' che fa, è miracoloso che un mondo del genere, condanato senza appello dallo spettatore onnisciente all' apocalisse, si salvi con le sue forze, con la forza della sua irritante banalità.

Un tempo il pericolo che ci minacciava era la povertà. Il Salvatore è venuto a dirci "beati i poveri". Oggi, nell' era della ricchezza e del consumismo, siamo insidiati dalla banalità. E' come se un nuovo sconcertante Salvatore venisse a dirci, spiazzando i cogitabondi, "beati i rincoglioniti".

Intando Marge decifra, decifra e, al momento opportuno, spara.

Spara con la perizia del poliziotto che va riluttante al poligono una volta ogni due anni. E se riesce ad ottenere le firme senza andarci, tanto meglio.

Spara colpendo il suo bersaglio: l' ottuso e devastante killer. Quello che aveva fatto fuori l' ostaggio perchè uggiolava imbavagliato proprio mentre la protagonista della sua telenovela preferita stava rivelando di essere incinta ad un fidanzato mascelluto che trasecolava.

Marge lo colpisce quando ormai gli manca da triturare nella macinatrice del legno solo una gamba (con scarpa da tennis). Ma non è la gamba dell' ostaggio, sciocchini. Parlo della gamba del suo complice chiacchierone che aveva esagerato nel rimproverargli certe leggerezze.

Al loffio botto della minuscola pistola di Marge, parte un minuscolo proiettile dalla traettoria molto arcuata che produce una minuscola ferita da cui fuoriesce una minuscola goccia di sangue. Quella goccia cade e si perde su una neve che la macinatrice aveva già arrossato per cento metri con gli schizzi splatter della sua orribile macellazione.

Ma è una micro ferita che, non si sa come, mette fuori combattimente il corpulento demente che adesso piange come il bambino quando si sbuccia il ginocchio. La minuscola (anche da incinta) Marge, non si sa come, lo carica di peso nel posto dei cani sulla sua quattro per quattro e si avvia, nel bianco, alla centrale.

Lui, una vita passata a violentare perchè... perchè non sa fare altro, guarda fisso il vuoto con le palpebre disegnate da Piero della Francesca, guarda esattamente come guarda le telenovela. Probabilmente non ascolta, anche perchè Marge, venendo da Fargo, dirà parole che non chiedono di essere ascoltate.

Partono. Marge scuote la testa, sospira "... peccato, così un bel ragazzo... e così giovane poi...". Ma lo sappiamo, Marge viene da Fargo, e per casi come questi ha a disposizione solo la retorica della ramanzina inferta al ragazzo che ruba una fetta della Apple Pie.

In quel bianco sterminato solo la chitarra slide della colonna sonora, un po' rycooderiana, mostra quella coscienza olistica per cui Marineo prova tanta nostalgia. Ma Marineo, e con lui tutti gli spettatori onniscienti, si deve rassegnare, a far quadrare i conti e a garantire l' evoluzione della specie non è stata la chitarra ma una "fargiana" doc come Marge. Una "fargiana" doc che si dispiace perchè "un ragazzo così giovane..." ha fatto quello che ha fatto, ma in fondo già pregusta la festa del boscaiolo che si terrà nel fine settimana, quella dove anche suo marito esporrà i suoi quadri per la pesca di beneficienza.

PS. ho scritto questo post anche perchè dopo ferragosto, finalmente, uscirà il DVD di Fargo. L' attesa decennale meritava un piccolo brindisi parolaio.

venerdì 25 luglio 2008

Ordini Spontanei: 10000 cervellini sincronizzati

Tema: Il Surrealismo.

Svolgimento: il Surrealismo è una corrente artistica... inventata dagli uccelli...

Meglio dei fuochi a Ferragosto.

Piacerà alle Signore

Non morde l' ultimo di Michel Godard.

Il meticciato spremuto dalle razze musicali incrociate, appare alla fin fine piuttosto scialbo.

Alcuni pezzi sembrano promettenti, senonchè i molti strumenti messi in campo finiscono quasi sempre per arrestarsi ad ascoltare il solista di turno anzichè subissarlo nel ricco commentario tipico del barocco omaggiato.

Altri, meno esangui e resi più acidi dalla timbrica screziata, sono rovinati dall' ostinato troppo ostinato che finisce per sabotare il tentativo di filare con nuovi tessuti il reticolo uniforme del barocco. Il tema è suonato da troppi strumenti e tutti lo propongono allo stesso modo. L' improvvisazione collettiva tiene, c' è la buona idea di rimpiazzare l' effetto polifonico con l' eco "dub". Peccato per quella insistenza egocentrica e quel solipsismo di matrice "jazz" tanto poco propenso ad intrecciare la propria speculazione con quella del vicino.

Si chiude con un sinuoso easy listening. Si abbassano le pretese e tutti si rilassano orgogliosi si fare quello che devono fare accompagnati da un sottofondo elegante.

Le più contente saranno le Signore.

Noi, che, tra gli sputacchi, amiamo veder scorrere la saliva negli ottoni, continueremo a sgranchirci le orecchie con le doppiette del vecchio tuba-tuba-tu (Godard/Bargeron). Per esempio con questo Choro Locho scritto per loro da Luciano Biondini.



Gratificati dai "rumori"

Perchè la cultura è "di sinistra"? Perchè gli intellettuali hanno spesso una mentalità cripto-socialista?

Nel corso delle mie indagini avevo messo alcune spiegazioni plausibili.

  1. Hayek: perchè l’ organizzazione socialista richiede una pianificazione. Cio' significa lavoro per l' i.
  2. Nozick: perchè nelle società libere gli i. sperimentano più di altri il regresso sociale passando dal mondo della scuola, dove primeggiano, a quello lavorativo, dove arrancano.
  3. Gramsci: l' egemonia richiede investimenti in cultura. Ovvero, centralità degli i.
  4. Buchanan: le scuole e le università spesso sono statali.
  5. Boudon: l’ intellettuale è più soggetto alla presunzione (“so ciò che è meglio per te”). E' quindi adatto ad istruire un comando centralizzato.
  6. Baumol: c’ è discrepanza tra il valore apparente del servizio intellettuale e il valore di mercato. Meglio far fuori il mercato e salvare il "lavoro intellettuale".
  7. Taleb: la tradizione non fa notizia quanto la rivoluzione e l’ i. ha così poche occasioni per appagare la propria vanità.
  8. Ricolfi: per aggirare la semplice smentita dei fatti occorre davvero una nutrita batteria di teste d' uovo.
  9. Lipset: viviamo in società liberali e il mestiere dell' intellettuale consiste sostanzialmente nella critica.
  10. Robin Hanson: intelligenza e self deception sono correlate: le persone più intelligenti sono anche le più soggette a overconfidence bias e questo spiega la sicumera con cui ci si avventura in discipline che non si conoscono a fondo. Del resto il classico “intellettuale di sinistra” speso è un letterato che parla di economia o un sociologo che parla di storia, eccetera.
  11. Robin Hanson II: guardiamo al political bias per professione, i conservatori sembrano concentrarsi dove le cose possono anche andare male, il che succede però a pochisoldier, police, doctor, religious worker, insurance broker . I progressisti dove le cose possono anche andare molto bene, ma succede a pochi (professor, journalist, artist, musician, author)
  12. Boudon 2: l' intellettuale militante e quello narciso trovano confacente la via illiberale.
  13. Kahan: una questione di mero interesse monetario.
  14. Caplan: si presume un "transfer learning" che non esiste. Chi sa di A pensa di sapere anche in B.
  15. Rojas: self selection bias (es. i conservatori vogliono guadagnare di più).
  16. Tierney: perché investire tempo e denaro per ficcarsi in un ambiente ostile? (variante: i liberal attribuiscono più prestigio al lavoro intellettuale).
  17. Jeffrey Friedman: non pensano da economisti e fraintendono il concetto di egoismo.
  18. Robin Hanson 2: l' intellettuale è nomade (il suo bene + prezioso è facilmente trasportabile) e la sua psicologia tipicamente forage, quindi progressista e poco ancorata a proprietà e tradizione.
  19. Robin Hanson 3. Guarda a come si correlano "mestieri" e "ideologia", scoprirai che chi fa mestieri dove il livellamento è elevato tende a destra mentre che fa un mestiere in cui il successo arride a pochi tende a sinistra. Ma quest' ultimo è proprio il campo in cui opera l' intellettuale: poche superstar e molti scribacchini. 
  20.  Amy H. Sturgis: la patria degli intellettuali è l' università, un' istituzione che ha conosciuto 2 stagioni. La prima - università d' élite - era frequentata dai figli della borghesia che vincevano il loro complesso nei confronti del ceto aristocratico ostentando disprezzo per i commerci. La seconda - università di massa - dove l' ideologia la faceva da padrona.
  21. Thomas Mann: l' artista è fondamentalmente un inetto nella vita comune; si occupa dell' inutile e, forse perché frustrasto, odia istericamente l' utile da Christian Buddenbrooks a Castorp, la galleria dei personaggi messi in scena dal grande scrittore è vasta).
  22. Roger Scruton: le università sono istituzioni in cui si tramanda il sapere ma anche, e forse soprattutto, palestre dove far mostra dei propri muscoli, o meglio, la propria capacità teorizzatrice. Per questo l' intellettuale muscoloso/vanitoso non puo' accettare il liberalismo fondato su in insipido senso comune ma deve rimpiazzarlo con teorie più cervellotiche. Questa visione è avvalorata dal fatto che le professioni più liberali sono quelle in cui l' abilità retorica raggiunge i suoi apici: psychiatrist, lawyer, teacher. Esempio tipico, poi, è il 1968: poiché era impossibile negare le maggiori libertà del capitalismo rispetto a quelle del socialismo sovietico, si cominciò a sostenere che si trattava solo di libertà illusorie; ecco allora che la scuola di Francoforte - particolarmente cervellotica - conobbe il suo momento d' oro.
  23. Bas Van der Vossen: la militanza produce distorsioni cognitive e molti intellettuali sono militanti. Basta "iniziare" perché il processo si auto-alimenti sfociando in un' escalation. Spesso l' "inizio" fatale è meramente emotivo e a poco a vedere con una riflessione intellettuale che segue e razionalizza.
  24. Virginia Postrel (ispirata da Hayek: il socialismo utopico è glamour, ha maggiore presa sul pubblico rispetto al prosaico realismo della società liberale.
  25. E' vero che gli intellettuali in generale pendono a sinistra ma se restringiamo la cerchia agli intellettuali specifici che si occupano di politica, questo non è più vero.
  26. Arnold Kling. Perché indugia sulla dicotomia oppresso/oppressore, oppure su quella civiltà/barbarie piuttosto che su quella che oppone libertà a coercizione.
  27. Jonah Goldberg. L'intellettuale di sinistra domina nelle università, un posto dove, diversamente che nel business (dove domina l'uomo di destra), si entra per cooptazione, ovvero richiamati dai propri simili. Il diverso troverà inevitabilmente un clima ostile. Noi sappiamo da Jonathan Haidt che i valori morali e ideologici sono molto più che opinioni, solo stili di vita e da essi dipende la ns felicità.

E' chiaro, l' intellettuale di destra snobba le novità in favore delle tradizioni, sa che le scienze umane, diversamente da quelle "dure", non si prestano a solida sperimentazione.

Nonostante cio' la storia è abbastanza potente da creare, nel medio-lungo termine, un numero sufficiente di combinazioni scremando le più fruttuose e accantonando le malsane.

Giocare con la storia al gioco del "sopravvissuto" è la sola cosa sensata per lui, la sua mentalità è evoluzionista: attendibile è solo chi ha dimostrato di sopravvivere. Di solito ricorda a tutti come in epoca rinascimentale il premio assicurazione vita di un cinquantenne eguagliava quello di un ventenne: l' esperienza è tutto.

Questo atteggiamento lo fa apparire saggio ma lo rende poco mondano. Per esempio, lo mette in difficoltà nei dibattiti giornalistici.

A chi gli chiede di commentare i recenti ribassi del mercato, dovrebbe rispondere che la cosa è del tutto irrilevante (ci risentiamo tra una decina d' anni). Capite quanto sia poco giornalistico?

Si verificano in sequenza tre gravi "incidenti sul lavoro" e il ciarliero giornalista gli mette il microfono davanti alla bocca, che ne pensa il nostro amico? Pensa che quell' evento non costituisca un "segnale" ma solo un "rumore di disturbo" fatto per attrarre gli sciocchi che si attardano in analisi infondate anzichè in condoglianze.

Forse anche il suo blog è noiosissimo.



Ma uno così chi volete che lo inviti da Costanzo Show o, più in generale, a qualsiasi show!?

Le novità e la Rivoluzione sono molto più sexy.

APPENDICE

The Tyranny of Clichés: How Liberals Cheat in the War of Ideas di Jonah Goldberg - le pseudoscienze
    • Quanta ideologia si traveste da scienza? Tanta...
    • "Sono fatti così". Sto parlando dei neri, delle donne, degli omosessuali o dei conservatori? A seconda posso essere un razzista, un sessista, un curioso o uno scienziato sociale...
    • Diffida di quelli a cui "interessano i fatti". Il mito dei fatti è decisamente ambiguo.
    • Due tipi di "scienza": quella in "cattiva fede" e quella in "buona fede selettiva"...
    • Come si capisce se possiedi una mente pro science? Semplice, basta qualche domandina sull'evoluzione, su cosa ne pensi del cambiamento climatico o delle cellule embrionali. Perchè nn chiedere nulla sull'ereditarietà dell'intelligenza? O sul dolore fetale? O sulla distribuzione delle abilità cognitive tra i sessi? O sul geoegineering? O sull'energia nucleare? O sugli OGM?...
    • La vicenda di Larry Summers. Ottimo esempio di come il dibattito debba essere soffocato in fretta e furia...
    • E la scienza di Obama? Doveva essere il suo fiore all'occhiello quando poi si affrontò la questione delle trivellazioni petrolifere: balle e censure fioccarono da tutte le parti...
    • In realtà la scienza è vista sia dalla destra che dalla sinistra come un mezzo x avvalorare le proprie posizioni..
    • L'accusa di essere anti scienza accampando motivazioni etiche mescola i piani: nessuno vuole bloccare i piromani xchè crede che il fuoco nn bruci...
    • I vecchi misuratori dei crani sono stati rimpiazzati dagli scanner cerebrali ma le inferenze infondate sono sempre lì...
    • Psicologia sociale: si fa un esperimento, per altro con campione ridotto, si isola una correlazione significativa e si formula un'ipotesi tra le tante possibili che viene poi ripresa dai giornali...
    • Ipotesi ricorrente: quelli di destra sono più stupidi. Ipotesi alternativa: quelli di destra sono meno deferenti rispetto all'autorotà accademica, quelli di sinistra sono + proni ad assecondare i loro inquisitori. Oppure a ds ci si chiede nel corso dell'esperimento "dove cazzo vogliono arrivare con tutte ste domande sceme"…
    • Chi conduce qs esperimenti? Di solito un ricercatore di psicologia sociale, ovvero di una facoltá in cui il 96% dei prof. vota a sinistra da sempre...
    • L'uomo di destra UD è spesso accusato di credere di avere "Dio dalla sua parte". Ma l'US nn è molto diverso quando sostituisce le scienze sociali a Dio...
    • Scientismo: l'assunto che la scienza possa essere applicata a qualsiasi ambito della vita e che la fede sia sempre un'intrusa. Un atteggiamento che rivela una grande nostalgia di Dio...
    • L'esempio più noto di scientismo: il marxismo. L'intellettuale come prete con il dio della scienza dalla sua parte...
    • Theodore Adorno: essere di destra denota una tara mentale...
    • Nei test adorniani per "misurare" il fascismo di una xsona la fede e il rispetto delle tradizioni erano considerate tra le cause di fascismo. Adorno vedeva un nesso tra la famiglia tedesca e il nazismo...
    • Adorno influenzó l'accademia americana, ben presto l'inclinazione politica venne fatta risalire alla struttura psicologica. Ben presto il conservatore assurse al rango di tarato...
    • Alle elezioni presidenziali nn manca mai l'appello degli psicologi: XY (ovvero il candidato americano) nn è psicologicamente adatto...
    • Non opporsi alle diseguaglianze e rintracciare del buono nel passato vengono considerati difetti mentali. Hitler, Mussolini e Reagan vengono assimilati nello stesso minestrone. Stalin e Castro? Conservatori anche loro per far quadrare i conti...
    • La psicologia influenza senz'altro l'ideologia ma le causalità grossolane della pseudoscienza al servizio della politica vanno denunciate: il mercato è la più potente forma di cambiamento e chi lo invoca? La destra, guarda caso...
    • Sospetto: come mai la stragrande maggioranza delle ricerche si focalizza sul Conservatore di Destra? Assunzione implicita: uomo di sinistra = uomo normale...
    • Per Kanazawa US è un tipo genetico nuovo: si preoccupa degli altri, anche se nn sono parenti. Questo tipo genetico prevale x la sua intelligenza...
    • Kanazawa: US, grazie alla sua intelligenza superiore, controlla ormai tutte le istituzioni, eccezion fatta x il business. È un'eccezione nn da poco. Ma soprattutto riguarda un'area che nn consente barriere ideologiche...
    • E i cristiani? per K. dovrebbero essere degli US eppure vengono esclusi e nn occupano un bel niente. Una confrrma che l'ideologia pesa più dell'intelligenza...
    • E i neri? Anche loro sono sottorappresentati nelle istituzioni. Forse perchè sono ottusi?...
    • Andiamo a vedere l'orientamento politico di chi popola le Università. Ebbene, possiamo fidarci di cosa ci raccontano certe ricerche? Meglio andarci coi piedi di piombo...
    • Simpatizzarr x le nuove idee nn è un merito a prescindrre. Quando si rivelano sbagiate? aUn bilancio al netto degli erreori è difficile da fare. E poi lo scetticismo nn è forse indice di mentalità scientifica?...
    • US teme le speculazioni sulle differenze genetiche tra razze e sessi, ma quando si tratta di ideologia si lancia alla grande...
    • Ma xchè tutto qs? Semplice: meglio delegittimare l'avversario che rispondergli...
    • Naturalmente il classico US pro science di scienza ci capisce ben poco ma è pronto a fidarsi dell'esperto di turno, che nel 90% dei casi è un US anche lui, ma qs nn conta: la scienza è scienza!
    • Lo stato dell'arte negli studi che collegano personalità e ideologia, quelli seri. L' uomo di sinistra US non è più intelligente dell'uomo di destra UD, cominciamo con lo sfatare questo mito, è cruciale distinguere gli ambiti in due sfere: economica (E) e sociale (S). USS sembra leggermente più intelligente di UDS mentre UDE sembra più intelligente di USE. D'altro canto, se consideriamo il meglio, USS sembrerebbe più curioso, il che lo indirizza verso gli studi accademici mentre UDE è più attratto dal business. Senonché nel mondo accademico, diversamente che nel mondo del business, esistono accessi per cooptazione, ovvero su base ideologica, cosicché UD trova un clima ostile se non addirittura ostracismo, il che, in presenza di preferenze già orientate altarove, induce facilmente alla rinuncia
    continua
  1. Liberty, Commerce, and Literature  William H. Patterson Jr., Sarah Skwire, Amy H. Sturgis, Frederick Turner - letteratura e liberalismo
    • La letteratura sembra snobbare i valori del mercato. C'è un motivo? Si puo' fare qualcosa?
    • Forse sì. Forse ci sono motivi per essere ottimisti, specie se guardiamo alla letteratura di genere e a quella commerciale di qualità.
    • Principio "deduction by reductio": si estrapola ad ad hoc in preda al confirmation bias. Es. non basiamoci solo sul mercante di venezia x giudicare il rapporto tra scrittori e denaro, sarebbe come basarsi solo sul Macbeth per giudicare il pensiero di Shakespeare sul matrimonio
    • Idem x Dickens, spesso è usato in modo strumentale. E' vero, Dickens enfatizzò le brutture della Rivoluzione industriale  e dell'avidità, come per esempio nel Canto di Natale ma le brutture stavano sia nei commerci che nei governi, e alla fine lo scrittore vide una salvezza nella relazione tra i singoli, nella beneficenza privata. Esempi di una possibile apertura di Dickens al mondo dell'individualismo: La commedia degli errori, dove i commercianti onesti abbondano e Casa desolata dove tutti i guai derivano da una mancata valorizzazione del capitale umano e dall'insipienza finanziaria.
    • Morale: sample bias dietro le conclusioni che sottolineano l'incompatibilità tra letteratura e denaro
    • Detective fiction e romantic fiction. Si tratta di generi dove la ragione ha un ruolo importante e quindi anche l'interazione razionale tra soggetti, questo giustifica le logiche di mercato, o per lo meno pone le premesse per comprenderle. Cercare il colpevole e cercare marito sono problemi che richiedono grande razionalità
    • C'è molta inerzia intellettuale: un'analisi del Mercante di Venezia. E' davvero così anti-market?
    • Osservazione generale: la letteratura migliore non è mai didattica, non troveremo mai un manuale di economia perfetto. Ma proprio per questo le cose sono più complesse di come vorrebbe ridurle certa critica ideologica.


    • Vogliamo coltivare la speranza di un legame? Forse ci inganna la prospettiva storica, siamo troppo legati a quel che succede oggi: alziamo lo sguardo e scorgeremo un movimento dialettico che spiega le relazioni tra economia e letteratura: Libertà e letteratura, sono due  prodotti dell' illuminismo. L' illuminismo settecentesco con le sue filosofie individualiste é all' origine sia dell' economia moderna che del "romanzo"

    • Già l' età barocca fondeva arte e commerci: Goldoni, Bach... fino a Defoe
    • La storia conserva un movimento dialettico a pendolo: x ogni Goethe c' è un Dickens
    • Oggi siamo in pieno riflusso: governo mondiale e welfare dominano la scena, così come l'interpretazione dei testi si orienta di conseguenza. Attendiamo allora un rovesciamento dialettico invocando un ritorno ai valori illuministici

    • La critica professionale nasce tra gente borghese che tentava di elevarsi nelle università e sentiva impellente il  dovere di disprezzare denaro e commerci x non sfigurare in nobiltà
    • Università d' élite: contro la ricchezza x senso di nobiltà; Università di massa: contro la ricchezza x ideologia sinistrorsa
    • Le 4 interpretazioni del "Mercante". Impazza il cherry-picking e allora ce n'è anche una criptocapitalista: l' happy end è possibile solo grazie al contesto capitalistico di Venezia
    • Ricordiamoci che un reietto come Shylock puo' costruire la sua potenza (una potenza che non usa mai la forza) solo in un contesto capitalistico a grande mobilità sociale come quello di Venezia che neutralizza ogni forma di antisemitismo. E' forse questa una brutta cosa?
    • Non è un caso che Dante ponga sia gli usurai che gli omosessuali all'inferno: senza mercato il sessismo costa poco.
    • Cosa occorre per mutare il paradigma? Una nuova generazione di critici libertari: la letteratura in sé non mostra bias così forti

    • Strano: sono + indulgenti col mercato gli scrittori che vendono bene sul mercato (scrittori di genere). Salvo il fatto che all' inizio tutti faticano.
    • La fantascienza allena al pensiero "what if", che è il tipico pensiero dell' economia.
    • Fattore positivo: il "genere di qualità" attira soprattutto i giovani/adulti, c'è dunque di che sperare.
    • Quel libertario di Harry Potter

    • Atto d'accusa: i liberali hanno lasciato campo libero nelle mani della critica marxisti e post-moderni. Dov'erano? Forse in borsa?
    continua
  2. Letteratura e libertà: Borges, Paz e Vargas Llosa a cura di  Martín Krause, Héctor Ñaupari, Carlos Sabino, Ángel Soto - L'intellettuale sudamericano secondo Montaner
    • In Sudamerica l'appartenenza politica dei prof. dipende molto dalla facoltà dove insegnano: le umanistiche stanno più a sinistra, le tecniche + a destra...
    • Destra e sinistra oggi hanno senso solo in relazione al ruolo che si intende dare allo stato...
    • Perchè gli intelettuali stanno a sinistra abbracciando la causa populista? Perchè sul mercato nn vendono bene i loro servizi. Ecco spiegata la differenziazione della facoltà: quelle che sfornano chi dipenderà dallo stipendificio di stato, dai sussidi o da qualche mecenate si orienterá in senso populista, i professionisti che potranno sopravvivere senza protezioni si sintonizzeranno sui valori liberali...
    • Agli intellettuali piace xcepirsi come solidali, in realtà difendono i loro interessi quanto gli altri gruppi...
    • La piramide di Maslow (gerarchia dei bisogni): primum vivere. Gli scrittori rientrano nel ramo del divertimento, come i saltimbanchi. Conseguenza: in tempi di crisi la gente taglia il divertimento...
    • Laddove gli i. sono protetti nn lo sono senza mercede: firmare appelli, ripetere slogan ed esprimere opinioni di un certo segno (ovvero nel senso di un accrescimento del ruolo statale) diventa gentile (democrazie) se nn doveroso (dittature). Ecco allora costruita una perfetta gabbia senza sbarre: se non vuoi uscire dal giro devi starci dentro. E fuori dal "giro" c'è ben poco per te...
    • Meglio dipendere dal commissario di partito o dal pubblico? Un vero intrattenitore nn deve avere dubbi optando x i gusti che ha scelto di servire, anche se a volte sono di basso livello...
    continia
  3. The needless complexity of academic writing di Francois Schnell
    • negli usa esiste un onlus: center for plain langueage
    • esiste anche una legge: plain writing act
    • proposta: che i ricercatori presentino i loro lavori su twitter con l'uso di emoji
    • ig nobel: se scrivi semplice sei più intelligente.
    • gli intellettuali di solito non pensano al pubblico ma parlano a tra loro
    • se vivono in un mondo sussidiato come la scuola questo è ancora più vero
    • gli intellettuali vogliono escludere gli outsider
    • gli intellettuali vogliono mostrare i muscoli
    • gli intellettuali vogliono tenere in allenamento il loro cervello rimanendo immersi nella complessità, anche quando è inutile farlo
    • gli intellettuali vogliono tener nascosta la pochezza delle loro idee
    continua
  4. Intellettuale: eterno nemico del corrotto: les forcenés de la lutte anticorruption, les croisés de la transparence, les hystériques de l’argent sale.... hommes de lettres, réfugiés à l’extérieur du « système », ils révèlent des non-dits qu’ils prennent pour des secrets... Ils travestissent leur ressentiment en exigence de justice ou de vérité.... il n’est guère un polémiste, penseur, sociologue ou éditorialiste qui n’ait fustigé la corruption de son temps? Jalousie, aigreur, vengeance à l’encontre d’une société où ils se sentent mal à l’aise ?... L’intellectuel isolé dans ses papiers, confiné dans ses colloques, prisonnier de conversations abstraites, finit par forger dans son inconscient un homme imaginaire, un homme bon, juste et désintéressé, à l’aune duquel il juge les autres. Peu importe s’il ne lui trouve aucune incarnation dans le monde tel qu’il est : il la renvoie à un monde futur (la Cité idéale de Platon) ou à un monde passé (le modèle antique de Rousseau).... Des historiens du Moyen Age, des spécialistes de littérature anglaise, des chercheurs en biologie moléculaire, des journalistes politiques, des philosophes patentés ou des penseurs autoproclamés s’élancent avec la même conviction dans le grand combat contre la corruption. Ils ont le tort de croire que leur intelligence, indéniable dans les domaines qui sont les leurs, place d’emblée leurs considérations politiques au-dessus d’une conversation de comptoir.... (gaspard koenig)

giovedì 24 luglio 2008

Casi di emotional-bias indotto

Ottimo metodo per distorcere la produzione di normativa in materia di immigrazione.

Potrà mai legiferare in maniera sensata chi resta, anche per puro caso, esposto alla struggente nostalgia del villaggio che trasuda il canto allegato qua sotto?

La distorsione da pelle d' oca se lo inghiotte in un' amen. Altro che spin doctor, campagne stampa e monopolio dell' informazione.


Ambizioni sbagliate e Modestie sbagliate degli Storici

Gli storici, forse desiderosi di respingere l' assalto dell' acaro della polvere, ci ripetono che "... la Storia è maestra di vita...".

Poi, presi da uno scrupolo prudenziale, avvisano che "... la Storia non si fa con i "se" e con i "ma"..."

Questa doppietta sconcerta una qualsiasi "mente scientifica" secondo la quale noi impariamo solo grazie ai "se" e ai "ma".

Nei primi capitoli del suo libro, Taleb dice un po' meglio cose del genere.

mercoledì 23 luglio 2008

Sfamati dai clarinetti

Ascoltare un clarinetto ramingo per un' ora e cinquanta minuti senza annoiarsi.

A me è successo ieri al Chiostro di Voltorre. Ma si trattava di Gabriele Mirabassi, il migliore sotto il cielo italico - probabilmente. Accompagnava (accompagnava!?) Gianmaria Testa.

Eravamo in cento, giovani, forti e tanto desiderosi di bisbigliare e tossicchiare.

Ma abbiamo dovuto e voluto ammutolirci perchè i gruppi più fantasiosi venivano soffiati nell' ebano in "pianissimo"; le parole più scelte, mormorate a fior di labbra.

Ho sempre sognato un concerto pop (pop!?) con quelle dinamiche che fanno superare alla musica il primo test fondamentale: essere inascoltabile in auto.




1) Il tuo amore, amor, è una castagna

2) che brucia sulle labbra

3) e sulle mani,

4) e riscalda una domenica...

5) e ti...

6) ...

7) ...
.
.
.
n) S-F-A-M-A





1) Ma cosa dice? Vuol fare l' originale e stona... però, viene in mente la moglie/capra di Saba. Qui c' è sotto qualcosa, m' incuriosisce. Ascoltiamo ancora...

2) immagine un po' forzata, però le labbra ci stanno sempre bene in una canzone d' amore... è giusto che la facciano da protagoniste...

3) Le mani? le mani, è vero, quelle dannate caldarroste odiano le mani: attaccano sempre le nostre povere mani che non imparano mai ed ogni inverno si fanno sorprendere...

4) Ma è ovvio, la domenica! Succede sempre alla domenica sera, quando si entra laddove il freddo e veramente freddo: la festa è finità, si preannuncia una settimana dura e la nostra solitudine ci tenta verso la rinuncia. Il calore che ho perduto tento di rimpiazzarlo con una castagna presa all' angolo. La compro sempre là, dove i prezzi si arrampicano ogni anno senza sconfiggere mai la mia voglia di sopravvivere...

6) E ti?

7) E ti cosa?

8) E ti cosa, e mi cosa?... e dai, dillo...
.
.
.
.
.
n) S-F-A-M-A...!?

Sì, sì, sfama, hai detto bene, hai scelto bene la tua parola mio caro menestrello, l' hai isolata magnificamente, hai scolpito come un artista quel sasso informe che ho nel petto. Forse l' abbiamo detta assieme, nessuno mi ha sentito ma io l' ho sussurrata con la testa perchè riuscirei a stonare solo muovendo le labbra, e questa è una parola che non va deturpata. Mi avevi quasi abbandonato, caro cantautore, mi avevi lasciato solo con un clarinetto che piagnucolava glissando la sua nota tenue mantenuta da 30 secondi, ma io ti aspettavo, quello stesso clarinetto mi aveva promesso che saresti tornato, che il verso non era concluso, sapevo che dovevi dirmi una parola segreta con voce ancora più tenue e increspata da piccoli catarri incurabili; dilla ancora quella parola, dilla pure abbassandoti fino al sussurro, te lo costruiamo noi 100 il silenzio adatto per dirla e farla ascoltare a tutti, tanto i pipistrelli di Gavirate volano senza frullio e la loro membrana sfreccia muta contro l' aria claustrale. Sfama, sfama, hai ragione, il pane dei poveri e tutto il resto. S-f-a-m-a è la forma giusta da dare al fonema cruciale, te lo dice un affamato: sfama, sfama; sfama e disseta, te lo dice un assetato. Una castagna non si nega, l' acqua non si nega, neanche ad un bandito di Orgosolo in fuga la si potrebbe negare, il calore di una caldarrosta non si nega, neanche a chi dopo la messa non ascoltata è sballottato per la città dalla tramontata.


E così ieri sera ci siamo sfamati in cento con quella castagna.

Intanto, sopra di noi, tra le volte del chiostro, un' alluvione di pipistrelli si sfamava grazie ad un' alluvione di moscerini; che bella vita quella degli aerei mammiferi, a loro bastava volare forte sparando ultrasuoni di tanto in tanto e mantenere le mascelline dischiuse verso l' abbondanza; a noi, per prendere contezza della loro felice sorte, bastava guardare il triangolino giallo del riflettore sui riccioli che il Gianmaria sconvolge ogni volta che arranca dietro ad un pezzo troppo tecnico scritto dall' amico. Oppure ci bastava infilare gli occhi nel flash quando fissa il viso paonazzo del Mira che adesso ci sta dando proprio dentro e soffia a guancia rotonda.





versione-studio... vuoi mettere la versione-claustrale danzata dai pipistrelli

martedì 22 luglio 2008

Bombe intelligenti

E' sorprendente come alcuni libri le cui tesi sono state chiaramente smentite dalla storia e dai fatti, continuino ad avere un grande successo in libreria.

Un curricum del genere lo puo' vantare il best seller di Paul Ehrlich: The Population Bomb.

Come le madri si affezionano ai figli più attardati, così anche gli studiosi tralasciano quasi sempre le loro migliori intuizioni per dedicarsi anima e corpo a quelle idee che rischiano di rovinalre loro la reputazione.

Oggi Ehrlich torna alla ribalta con un nuovo libro. A prima vista sembrava aver imparato la lezione spostando il tiro e puntando sui canonici pericoli ambientali, ma poi quando meno te lo aspetti, nel momento delle ricette, manco fosse un Sartori qualunque, ecco la sua priorità: contro il degrado ambientale, fate meno figli.

Gli risponde Edward Glaeser (qui in due righe, altrove con parecchi libri):

"... it is true, as they point out, that there are environmental costs of having more people — all of us use natural resources and energy and bear some responsibility for greenhouse gas emissions. But there are also benefits, especially to the people being born. Each new person has a brain that might come up with new technologies that could reduce humanity's environmental impact. As an urban economist, my life's research has focused on the many ways in which we are all enriched by the people around us. Are there many parents who think that the world would have been better off if they had decided to have one less child?

The Ehrlichs are right that we face real environmental threats, but there are better and worse ways of facing those threats. Today, we need sophisticated policies that weigh costs and benefits, not more warnings..."


Glaeser chiude osservando icasticamente quale sia il maggior successo delle campagne che vedono impegnato l' ambientalismo internazionale: averci fatto capire che l' ambiente è troppo importante per essere lasciato agli ambientalisti.