A me è successo ieri al Chiostro di Voltorre. Ma si trattava di Gabriele Mirabassi, il migliore sotto il cielo italico - probabilmente. Accompagnava (accompagnava!?) Gianmaria Testa.
Eravamo in cento, giovani, forti e tanto desiderosi di bisbigliare e tossicchiare.
Ma abbiamo dovuto e voluto ammutolirci perchè i gruppi più fantasiosi venivano soffiati nell' ebano in "pianissimo"; le parole più scelte, mormorate a fior di labbra.
Ho sempre sognato un concerto pop (pop!?) con quelle dinamiche che fanno superare alla musica il primo test fondamentale: essere inascoltabile in auto.
1) Il tuo amore, amor, è una castagna
2) che brucia sulle labbra
3) e sulle mani,
4) e riscalda una domenica...
5) e ti...
6) ...
7) ...
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n) S-F-A-M-A
1) Ma cosa dice? Vuol fare l' originale e stona... però, viene in mente la moglie/capra di Saba. Qui c' è sotto qualcosa, m' incuriosisce. Ascoltiamo ancora...
2) immagine un po' forzata, però le labbra ci stanno sempre bene in una canzone d' amore... è giusto che la facciano da protagoniste...
3) Le mani? le mani, è vero, quelle dannate caldarroste odiano le mani: attaccano sempre le nostre povere mani che non imparano mai ed ogni inverno si fanno sorprendere...
4) Ma è ovvio, la domenica! Succede sempre alla domenica sera, quando si entra laddove il freddo e veramente freddo: la festa è finità, si preannuncia una settimana dura e la nostra solitudine ci tenta verso la rinuncia. Il calore che ho perduto tento di rimpiazzarlo con una castagna presa all' angolo. La compro sempre là, dove i prezzi si arrampicano ogni anno senza sconfiggere mai la mia voglia di sopravvivere...
6) E ti?
7) E ti cosa?
8) E ti cosa, e mi cosa?... e dai, dillo...
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n) S-F-A-M-A...!?
Sì, sì, sfama, hai detto bene, hai scelto bene la tua parola mio caro menestrello, l' hai isolata magnificamente, hai scolpito come un artista quel sasso informe che ho nel petto. Forse l' abbiamo detta assieme, nessuno mi ha sentito ma io l' ho sussurrata con la testa perchè riuscirei a stonare solo muovendo le labbra, e questa è una parola che non va deturpata. Mi avevi quasi abbandonato, caro cantautore, mi avevi lasciato solo con un clarinetto che piagnucolava glissando la sua nota tenue mantenuta da 30 secondi, ma io ti aspettavo, quello stesso clarinetto mi aveva promesso che saresti tornato, che il verso non era concluso, sapevo che dovevi dirmi una parola segreta con voce ancora più tenue e increspata da piccoli catarri incurabili; dilla ancora quella parola, dilla pure abbassandoti fino al sussurro, te lo costruiamo noi 100 il silenzio adatto per dirla e farla ascoltare a tutti, tanto i pipistrelli di Gavirate volano senza frullio e la loro membrana sfreccia muta contro l' aria claustrale. Sfama, sfama, hai ragione, il pane dei poveri e tutto il resto. S-f-a-m-a è la forma giusta da dare al fonema cruciale, te lo dice un affamato: sfama, sfama; sfama e disseta, te lo dice un assetato. Una castagna non si nega, l' acqua non si nega, neanche ad un bandito di Orgosolo in fuga la si potrebbe negare, il calore di una caldarrosta non si nega, neanche a chi dopo la messa non ascoltata è sballottato per la città dalla tramontata.
E così ieri sera ci siamo sfamati in cento con quella castagna.
Intanto, sopra di noi, tra le volte del chiostro, un' alluvione di pipistrelli si sfamava grazie ad un' alluvione di moscerini; che bella vita quella degli aerei mammiferi, a loro bastava volare forte sparando ultrasuoni di tanto in tanto e mantenere le mascelline dischiuse verso l' abbondanza; a noi, per prendere contezza della loro felice sorte, bastava guardare il triangolino giallo del riflettore sui riccioli che il Gianmaria sconvolge ogni volta che arranca dietro ad un pezzo troppo tecnico scritto dall' amico. Oppure ci bastava infilare gli occhi nel flash quando fissa il viso paonazzo del Mira che adesso ci sta dando proprio dentro e soffia a guancia rotonda.
versione-studio... vuoi mettere la versione-claustrale danzata dai pipistrelli