Il reddito di cittadinanza è una trovata neoliberista per risparmiare sui burocrati sostituendoli con una macchina che stampi assegni di importo fisso per ogni codice fiscale di cittadino maggiorenne. Chi lavora restituirà l'assegno attraverso una tassazione progressiva studiata per non disincentivare troppo l'ingresso nel mondo del lavoro.
In questo modo niente più sanità pubblica (azzeramento spesa sanitaria), niente più scuole pubbliche (azzeramento spesa scolastica), niente più pensioni pubbliche nè assistenza (azzeramento costi INPS). Il reddito di cittadinanza sarà disponibile per acquistare questi servizi sul mercato. Naturalmente questa è una formula radicale per meglio capire di cosa parliamo.
Per i liberali il reddito di cittadinanza ha un altro vantaggio: combatte il paternalismo. Con in mano il proprio assegno ognuno si organizza la vita come crede.
Un sistema del genere non massimizza certo l'occupazione ma i neoliberisti rispondono che il lavoro non è un valore assoluto. Una buona risposta, ma restano comunque almeno tre obiezioni.
Innanzitutto quella di ordine morale: perché io dovrei lavorare per mantenere chi non lavora pur potendolo fare? Sì perché qualcuno che si farà bastare le briciole ci sarà sempre. Come minimo un sentimento avverso di questo tipo procura una stimmate indelebile che non favorisce la convivenza. Pensiamo solo se le risorse destinate al reddito di cittadinanza si concentrino In meridione, oppure nelle mani degli extracomunitari. È difficile che la cosa passi inosservata e senza conseguenze sulla coesione nazionale.
Ci sono poi altri due inconvenienti attinenti alla natura umana: noi abbiamo bisogno di stress lavorativo, non possiamo farne a meno. Se ci manca il giusto stress ci spariamo un colpo in testa. Detta così la cosa è un po' paradossale, diciamo allora meglio che abbiamo bisogno di "gareggiare".
Una società ben organizzata si regge sul fatto che sfrutta in positivo gli effetti collaterali di questa necessità. In genere il mondo del lavoro è il mondo che offre più competizione e gli effetti collaterali positivi ne sono il frutto evidente poiché lavorare significa in definitiva servire il prossimo. Ora, chi non lavorerà avrà comunque bisogno di gareggiare, lo farà per esempio giocando a poker con gli altri fanagottoni, ovvero intraprendendo attività altrettanto stressanti rispetto al lavoro ma sterili per la comunità. E di solito quando non si producono effetti collaterali positivi se ne producono di negativi, basta dare un'occhiata ai mantenuti a vita delle banlieu parigine spesso coinvolti in rivolte o attentati.
C'è infine, sempre legata alla natura umana, un'obiezione di ordine psicologico: alcuni studi ci dicono chiaramente che chi lavora, anche in ambiti molto umili e con paghe minime, è comunque più soddisfatto di chi non lavora e vive a carico dell'assistenza. Il motivo sta probabilmente in quanto dicevamo prima, noi abbiamo bisogno di stress e chi non lavora rischia di non trovare mai una gara in cui inserirsi.
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