sabato 31 marzo 2018

capitolo 8 ---- Nono passo: Gesù risorge


Nono passo: Gesù risorge


La vita di Gesù è molto probabilmente proprio la vita che avrebbe vissuto un Dio incarnato, ma a questo proposito è importante che su quella vita un Dio apponga la sua “firma”, il modo migliore è farlo attraverso un miracolo, ovvero una violazione delle leggi di natura. Tutti noi a questo punto pensiamo alla Resurrezione di Gesù, il miracolo per eccellenza, e qui sosterrò che esistono significative evidenze storiche che questo fatto sia accaduto realmente.
La Resurrezione di Gesù ha dei testimoni più o meno diretti: le persone che hanno visto la tomba vuota e quelle che dicono di aver parlato con lui dopo la sua morte. Matteo, Luca, Giovanni, gli Atti e la prima Lettera ai Corinzi forniscono una lista di testimoni che si sono intrattenuti con Gesù dopo morto, Marco, assieme agli altri Vangeli, si sofferma sulla scoperta del sepolcro vuoto. Stando alla prima Lettera di Paolo ai Corinzi, Gesù apparve prima a Pietro, poi ai Dodici, poi a 500 discepoli, poi a Giacomo, poi di nuovo agli Apostoli riuniti e infine a Paolo stesso. Matteo riporta che Gesù apparve alle due donne – Maria di Magdala e l’ “altra Maria” – che si erano recate al sepolcro la mattina di Pasqua. Luca ci parla della lunga conversazione avuta da un Gesù dapprima non riconosciuto con i due viandanti sulla strada tra Gerusalemme ed Emmaus (evento che ricordiamo nel canto “Resta con noi”). Sempre Luca menziona un’apparizione ai Dodici in quel di Gerusalemme. Matteo invece fa riferimento ad un’apparizione ai Dodici in Galilea. Giovanni ci parla dell’apparizione in Galilea a sette dei dodici Apostoli, tra cui Pietro e Giovanni. Gli Atti ci informano che nei 40 giorni successivi alla sua morte Gesù si presentò ripetutamente vivo in presenza degli Apostoli, fino all’ultima apparizione che culminò nell’Ascensione.
Le liste di testimoni addotti non sono sempre coerenti tra loro ma delle spiegazioni sono disponibili. Nel caso di Paolo vengono menzionati solo testimoni che gli ebrei avrebbero preso seriamente, omettendo quindi le donne: Mosé aveva proibito di dare peso alla loro parola. I due viandanti, inoltre, non erano dei leader della prima Chiesa primitiva, inutile citarli. I Vangeli, scritti successivamente, sono più interessati a una ricostruzione dei fatti piuttosto che al proselitismo presso gli ebrei. Si noti poi che nessuno degli evangelisti avrebbe osato inserire nel suo racconto apparizioni precedenti a quella di Pietro, specie se a beneficio di due donne. In casi del genere, quando si fa cio’ che non si sarebbe mai fatto, la credibilità della testimonianza aumenta.
Ci sono poi problemi sui luoghi: Matteo parla di apparizione ai Dodici in Galilea, in questo è conforme a Marco ma difforme da Luca, che parla di Gerusalemme. Probabilmente risolvono gli Atti sostenendo molteplici apparizioni nei 40 giorni successivi alla morte, gli evangelisti ne citano solo alcune per condensare gli eventi, un’esigenza comune presso gli storici dell’epoca. Aggiungiamoci una memoria più flebile perché sempre più lontana e una difficoltà nella comunicazione tra i vari storici; in questo modo le piccole discrepanze sui luoghi trovano una loro sistemazione. Ricordiamo poi sempre che molti apostoli, nonché molti discepoli, subirono il martirio pur di non rinnegare cio’ che avevano visto, cio’ li rende particolarmente affidabili. C’è la possibilità che i testimoni si auto-ingannassero? Puo’ darsi, ma molte apparizioni avvennero di fronte a parecchie persone, difficile pensare a fenomeni di allucinazione collettiva.
Veniamo ora alla tomba vuota, l’inizio del racconto è comune ai quattro Vangeli: la visita delle due donne nella Domenica di Pasqua al sepolcro che trovarono vuoto. Dubbi: la fonte più antica (prima lettera ai Corinzi) non menziona il fatto, cosicché potrebbe trattarsi di una invenzione successiva. Per Matteo, comunque, anche gli Ebrei riconoscono indirettamente quanto accaduto accusando i cristiani di aver trafugato il corpo. Inoltre, abbiamo già detto perché Paolo ometta certe testimonianze, c’è poi da aggiungere che per gli ebrei resurrezione è resurrezione dei corpi ed è quindi ovvio che dopo la proclamazione di un simile evento come minimo  il sepolcro sia vuoto. C’è da aggiungere che l’usanza più antica del cristianesimo (risale alle lettere di Paolo se non prima) è l’assunzione della Domenica come giorno festivo, a questo punto è lecito chiedersi: ma perché mai un giorno anonimo come la Domenica (il primo giorno della settimana)? Come mai, se non perché proprio in quel giorno il sepolcro è stato trovato vuoto?
Lo studioso scettico puo’ ipotizzare che i cristiani abbiano letto Osea cercando di inventarsi una storia conforme alla sua profezia: “dopo due giorni si sarebbe ravvivata e dopo tre sarebbe risorta” (Osea parlava della nazione di Israele). E guarda caso il terzo giorno dopo la crocifissione cadeva proprio di Domenica. In effetti nel Nuovo Testamento c’è un richiamo al Vecchio e ai “tre giorni” – cercare appoggi nel Vecchio Testamento era ritenuto cruciale – ma di Osea non si parla. Si parla di Giona, che stette tre giorni e tre notti nella pancia del Leviatano, e qui i conti non tornano se facciamo un parallelo con Gesù. Sembra proprio che il riferimento al Vecchio Testamento sia arrangiato alla bisogna, ma questa è la miglior conferma che l’evento cruciale della scoperta del sepolcro vuoto si tenne realmente la mattina di Domenica.
La Resurrezione di Gesù era inattesa, e questo rafforzerebbe l’ipotesi dell’autenticità. Lo studioso ebraico Geza Vermes parla esplicitamente di discepoli sorpresi e spiazzati. Le donne, sia chiaro, andarono al sepolcro per ungere il corpo – usanza consolidata – non per controllarne la presenza. I discepoli furono dapprima increduli, la storia di Tommaso è ben nota e, probabilmente, Tommaso è solo una sineddoche sotto cui vengono raggruppati diversi discepoli. Gesù si è poi lamentato dell’effetto sorpresa prodotto: “Stolti e lenti alla fede…”. Gesù sembra quasi stizzito di dover spiegare ai Dodici quel che avrebbero potuto prevedere: non era forse necessario che il Messia soffrisse la sua pena ed entrasse nel Regno dei Cieli per compiere la sua missione? Non sembra proprio, quindi, che i discepoli si auto-ingannino a conferma di cio’ che si aspettavano avvenisse.
Le ipotesi alternative alla Resurrezione furono almeno cinque. Prima: Gesù non era morto e nel fresco della tomba si riprese. Difficile però che potesse rovesciare il masso. Difficile anche che appaia qua e là senza lasciare traccia dei percorsi seguiti. C’è chi ipotizza che Gesù è ancora nella sua tomba poiché i discepoli si sbagliarono nell’individuarla. Ma tra i discepoli c’era anche Giuseppe d’Arimatea, ovvero il legittimo proprietario che mise a disposizione il suo sepolcro per Gesù, difficile che lui si sbagliasse. Infine si ipotizza un furto perpetrato o dai nemici di Gesù (per non alimentarne il culto), o da ladri o dai discepoli (per architettare una finta Resurrezione). Ma i nemici avrebbero successivamente esibito il corpo per confutare la dottrina della Resurrezione. I ladri poi erano in cerca di averi, non di corpi (tra l’altro gli ebrei non mettevano valori nelle loro tombe). Difficile poi pensare ad inganni orditi per accaparrarsi un potere religioso da parte di persone per lo più morte immediatamente in un martirio subito a causa di quella fede stessa. Naturalmente lo scettico puo’ raffinare la sua ipotesi ma la farebbe diventare più complicata e quindi meno verosimile.
Il miracolo della Resurrezione è la firma divina sulla vita di Gesù, il tipo di miracolo più idoneo ad essere riconosciuto dagli ebrei. L’ Antico Testamento, nel Deuteronomio, fornisce due criteri per riconoscere il buon profeta, innanzitutto deve predicare in nome del Dio d’ Israele (Gesù era un buon ebreo), in secondo luogo le sue previsioni devono avverarsi. La previsione avverata di un miracolo è il massimo che si puo’ pretendere. Nello scontro tra Elia e Baal la previsione di un miracolo avveratosi da parte di Elia decide la disputa. Ma Gesù previde la sua Resurrezione? Per Marco predisse sia la sua Passione che la sua Resurrezione ma mettere in bocca agli eroi gli eventi di cui saranno protagonisti è tipico degli scrittori antichi e risulta quindi poco credibile. Tuttavia, Gesù fece predizioni meno dirette che implicavano però la sua Resurrezione, innanzitutto disse che avrebbe sacrificato la vita per i nostri peccati, ma solo la vita di un Dio (quindi di un essere immortale) puo’ lavare i nostri peccati. In altri termini potremmo dire che solo un miracolo puo’ salvarci dalla morte donandoci la vita eterna. La Resurrezione sembra quindi una componente essenziale di questa operazione di salvezza, la capacità di risorgere è premessa essenziale per garantire che tutti gli uomini risorgeranno. Nelle sue apparizioni Gesù stesso spiegò come la sua Resurrezione fosse stata prevista dai Profeti, il caso più ovvio è quello del Servo sofferente di cui parlano Isaia e i Salmi (specie il 22). L’Antico Testamento chiede poi a più riprese un’ adeguata espiazione dei nostri peccati, e qui torniamo alla necessità di un intervento divino.
Possiamo ritenere sufficiente l’evidenza storica a nostra disposizione? No se pensiamo che debba essere più che solida, sì se ce ne basta poca. Ma quando ce ne basta poca? Quando esistono delle probabilità a priori dell’evento, ne bastano poche per fungere da moltiplicatore delle probabilità a posteriori. Esempio: poniamo che la maggior parte degli uomini sia più bassa di 190 cm., e poniamo che non si siano mai stati avvistati uomini più alti di 270 cm. Qualora mi presentassi di fronte a te dicendo di aver visto un uomo alto 300 cm. a te non basterebbe la mia testimonianza, è del tutto ragionevole che sia così: non esistono probabilità a priori per questo evento. Se invece ti dicessi di aver visto un uomo alto 210 cm. – anche in virtù del Principio di Testimonianza – non richiederesti ulteriori prove: esistono probabilità a priori, sebbene contenute. La situazione del Cristo risorto è analoga: in molti PASSI precedenti di questo catechismo ho portato argomenti per dimostrare che esiste una seppur minima probabilità a priori che questi fatti si sarebbero verificati, in questo modo posso considerare “significativa” anche un’evidenza storica che di per sè non sarebbe sufficiente a convincermi.
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