sabato 6 maggio 2017

Quello strano tipo di Taleb

Quello strano tipo di Taleb

Nassim Taleb ormai è una star e il suo libro ”Il cigno nero” un best seller. Nonostante tutto questo,Eric Falkenstein non ha una grande opinione del collega. Puo’ darsi sia invidia, eppure i suoi argomenti meritano di essere scorsi.
La prima grande idea di Taleb: a volte l’inatteso accade, gli stati collassano, le guerre cominciano, certi scrittori diventano famosi…
La sua seconda idea: gli esperti – e coloro che gli seguono – hanno troppa fiducia in se stessi. I “praticoni”, che sanno come gira il mondo e devono mettere i soldi dove mettono la lingua, sono più prudenti.
Non si tratta di idee nuovissime. Non è che forse Taleb ha qualcosa di originale da aggiungere?
Anticipiamo la risposta: no.
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Taleb attacca violentemente la matematica finanziaria come “pseudoscienza”, nutre un particolare livore contro gli esperti della finanza etichettandoli come “stupidi, “idioti” e “pazzi”.
Ogni suo libro è una litania. L’esperto non è soltanto uno che sbaglia, è un impostore in malafede.
Forse, come suggerisce Enzo Michelangeli, ha solo seguito il consiglio dato da Paul Krugman ai rampanti con mire da editorialisti…
… “Assumi la posizione del ribelle: nell mondo rutilante della cultura da intrattenimento non c’è nulla che nuoccia quanto apparire il cane da guardia in difesa di vecchie e fastidiose idee consolidate, e non conta quanta verità contengano queste “vecchie idee”…” 
Gli esperti della finanza visti da Taleb sonotraforati di “bias” (a cui i lettori dei suoi libri scampano miracolosamente).
Per NT l’ammontare di casualità presente nei mercati finanziari è tale da non consentire untrattamento matematico, per questo la matematica finanziaria è una truffa.
Si tratta di una posizione che fa presa sul grande pubblico: suggerire la cecità degli esperti gratifica i lettori meno esperti, in questo senso il fascino di Taleb è irresistibile. Tuttavia, per chi critica tanto aspramente la sicumera degli esperti, i libri di Taleb appaiono un po’ troppo pieni di verità apodittiche. Taleb urla ai quattro venti “l’unico umile sono io” e lo fa con un’arroganza decisamente pronunciata. Non è un bel vedere, la sua operazione risulta godelianamente problematica. Spesso, per esempio, si vanta delle sue previsioni in quella o quell’altra occasione, cadendo nel classico errore che denuncia lui stesso ripetutamente: la conferma a campione ridotto.
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Se la gente sottostimasse i rischi, sottostimerebbe anche i prezzi delle assicurazioni contro i rischi. I dati suggeriscono il contrario: la gente strapaga le assicurazioni. La cosa crea un problemino non da poco per il modello proposto da Taleb ma lui ne esce facilmente: in casi del genere prevale il senso comune della gente che non si fa abbindolare dagli esperti.
Sta di fatto che i modelli di stima del rischio oggi adottati sono fallati alla radice e chi li segue si espone alla rovina.
Nel fare questa affermazione si basa perlopiù sul lavoro pionieristico del suo amico personale Benoit Mandelbrot, che da tempo immemore (1962!) invoca l’introduzione dei frattali nella finanza.Purtroppo, la cose implicherebbe l’introduzione di grafici di una complessità insana. E’ vero, il battito d’ali di una farfalla potrebbe creare un cataclisma, e nel mondo di Mandelbrot le farfalle svolazzano in ogni dove creando il caos. Siamo proprio sicuri che in questi casi  semplificare non giovi? Che non giovi trascurare i rischi infinitesimali legati alle catastrofi?
L’invocazione del profeta Mandelbrot è caduta nel vuoto e l’esito perverso che Taleb vede in questo sabotaggio dell’accademia è una sistematica sottostima dei rischi da parte dei modelli. Tradotto per gli operatori di mercato: il valore delle azioni è sovrastimato (non valgono affatto quel che vengono pagate) e quello delle opzioni sottostimato. Le opzioni conferiscono il diritto a vendere le azioni ad un certo prezzo (che, per Taleb, sarà certamente superiore al valore di carta straccia a cui molte azioni sono destinate).
L’approccio di Mandelbrot rimpiazza “media” e “varianza” con l’indice Alpha. Piccolo inconveniente: non ci sono due persone che calcolino questo parametro alla stessa maniera. La cosa non sorprende visto l’ “effetto farfalla”, in buona sostanza il rischio da aggiungere ai modelli sarebbe soggettivo.
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Frank Knight nel 1921 già distingueva tra rischio e incertezza. Mentre il rischio è quantificabile, l’incertezza richiede una valutazione soggettiva di buon senso. Il punto forte di questa proposta era che Knight, dopo aver definito l’incertezza come non-quantificabile, non proponeva alcun indice per quantificarla! Nei suoi testi non si parla di Alpha.
Questa distinzione spiega perché ad arricchirsi sono gli imprenditori (magari con la terza media) e non gli economisti che meglio padroneggiano i modelli di quantificazione del rischio. Ma chiunque conosca il mondo delle probabilità sa bene che la base soggettiva di ogni valutazione è ineliminabile.
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Oggi il rischio si misura facendo riferimento altrend storico dei rendimenti, alla varianza dei rendimenti stessi e alle covarianze tra i titoli in portafoglio. Un calcolino che va sotto il nome di Value at Risk (VAR). Roba di buon senso che non dice certo tutto ma aiuta ad orientarsi guardando al futuro con le lenti del passato.
Taleb è categorico: chi usa VAR è folle. E anche in malafede.
In un senso banale ha ragione: VAR puo’ fare soloprevisioni grossolane e basate su un passato che non ritornerà. Molti operatori sanno che l’uso di VAR va mediato con il buon senso. E’ un cliché consolidato anche nelle aule universitarie che la conoscenza tecnica va integrata con l’intuito per ben operare, tanto è vero che spesso i manager dei fondi nemmeno conoscono i modelli da cui partono per le loro scelte, l’ultima parola sulle decisioni di mercato spetta a gente (Senior Manager), che un calcolo VAR forse non lo saprebbe neanche fare.VAR probabilmente non vi arricchirà mai ma serve a monitorare l’onestà del vostro gestore: è difficile cacciarsi in guai seri osservando le indicazioni di VAR.
Certo, la crisi recente ha messo VAR sul banco degli imputati, alcune banche hanno utilizzato il VAR per misurare la rischiosità dei mutui attingendo a periodi di oltre 10 anni, senonché quando il periodo storico pregresso considerato non è più significativo, VAR va in crisi. VAR non è perfetto, non è la panacea ma l’onere di provarne l’insufficienza è sui suoi critici. Fallire utilizzando il VAR è possibile, ma bisogna incorrere in un cataclisma che coinvolge più o meno tutti, i fallimenti isolati, forse i più dolorosi, sono tipici di chi devia pesantemente da VAR.
Eisenhower disse che la guerra va pianificata, anche se, dopo che scoppia, i piani fatti non servono più a molto. VAR è un modo onesto di pianificare la navigazione sui mercati finanziari, anche se si tratta di un oceano burrascoso.
L’alternativa al VAR è fare più pratica, non il nichilismo. Gli strumenti, con tutti i loro limiti, sono sempre utili. Per Taleb l’imprevedibilità degli eventi chiave implica che noi dovremmo cessare di prevedere anche il prevedibile. Molto meglio la “Serenity Prayer”…
… Dio, concedimi la serenità di accettare le cose che non posso cambiare,
il coraggio di cambiare le cose che posso,
e la saggezza per conoscere la differenza…
Cerchiamo di prevedere il prevedibile, per il resto…compriamo assicurazioni.
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La strategia di Taleb sul campo: gufare. Si punta sul verificarsi di eventi catastrofici battezzati come “cigni neri”. Tradotto: incamerare piccole perdite quotidiane in vista di un grande guadagno che realizzeremo quando tutti gli allocchi salteranno in aria.
Taleb ti analizza e sentenzia: “tu sottovaluti il rischio di essere investito quando attraversi la strada”, e poi scommette sul tuo investimento. Ad ogni attraversamento incolume perde un pochino ma poi, il giorno del tuo investimento, guadagna al punto da compensare tutte le perdite.
Ad onor del vero bisogna anche dire che Taleb non ha in mente gli attraversamenti stradali ma le borse, ovvero luoghi soggetti a contagio e dove il rischio di esplosioni e catastrofi è più elevato: il numero di “investiti2 non puo’ raddoppiare da un anno all’altro, il numero dei falliti sì.
Ma Taleb, che si dice “popperiano”, ha testato le sue ipotesi?
Nel mondo di Taleb, poiché il valore dei titoli prima o poi crollerà (e la gente elimina dalla sua mente questa possibilità) le opzioni di vendita sono sottovalutate. E’ così? Storicamente non sembra proprio.
Con gente tanto “overconfident” le assicurazioni piangerebbero. E’ così? No: il comparto assicurazioni non sembra fare affatto male, investitori come Warren Buffett mantengono quote sostanziali del proprio portafoglio proprio in quel settore.
Ci sono poi studi più sistematici: Shumway e Coval (2001) oltre a Bondarenko(2003) hanno documentato come il mercato delle opzioni “put” sia il più prospero. Inoltre, Sophie Ni ha scoperto che “out-of-the-money options are more overexpensive the degree they are out-of-the-money”. La strategia Taleb/Mandelbrot non ne esce bene una volta che si passa alle verifiche.
Ci sono poi trader che seguono la strategia opposta pensando gli altri come eccessivamente prudenti, per esempio Niederhoffer.
Chi fa meglio Taleb o Niederhoffer? Leggiamo un resoconto:
… Well, Niederhoffer ran his flagship fund until September 2007 from a chalet-style mansion in Weston Connecticut . Taleb shut down his Empirica Kurtosis fund at the end of 2004, and the only public data on it suggest a rather anemic Sharpe ratio (up 60% in 2000, but then fluttered)…. I venture that Niederhoffer’s was better if you would just look at their lifetime Sharpes….
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La gente ci appare tanto spavalda ma quando ci sono di mezzo i loro soldi – a quanto pare – si dà una calmata, al contrario di quanto crede Taleb. La probabilità di incontrare un cigno nero non sembra poi così sottovalutata, un retro-pensiero agli eventi catastrofici esiste sempre. Basta una capatina sul mercato delle scommesse per rendersene conto…
… For example, London bookmakers offer ‘only’ 250-1 odds a perpetual motion machine will not be discovered, and 100-1 odds aliens won’t be contacted: longshots ignored in a casual context are usually overpriced in actual markets…
La gente paga profumatamente per vivere sonni tranquilli. Possiamo quasi dire che la gente si aspetta un “cigno nero” da un momento all’altro, sembrerebbe quasi soggetta a “sindrome da apocalisse”.
Altri studi che confutano Taleb…
… Taleb responds by noting that the 1987 stock market crash changes everything, because if you bought puts then, you would have made enough money to make up for decades of otherwise weak performance. While Shumway and Coval do not include 1987 in their academic study, Bonderanko does, and gets the same results…
La risposta di Taleb alle confutazioni: aneddoti. Aneddoti tratti dalla sua vita passata sui  mercati finanziari.
La storia della Long Term Capital Management, o la crisi delle valute nel 1997… Ma gli aneddoti non sono “dati”.
Il fatto è che c’è una certa differenza tra la nostraaudacia spirituale e la nostra prudenza materiale. Quando ne va dei nostri soldi diventiamo immediatamente prudenti.
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Recentemente Taleb ha ricalibrato la sua strategia per trarre vantaggio dal “cigno nero”, riassumiamola così: un nucleo super-sicuro con una punta di super-rischio (tipo biglietti delle lotterie nazionali o fattorie di lama).
Ma: il super-sicuro di solito è troppo sicuro. Quanto al super-rischio: pochi si arricchiscono per quella via, il rischio non paga, i ricercatori riscontrano un ritorno negativo per titoli molto volatili.
Le lotterie a cui si affida Taleb vendono solo speranze più che cigni neri.
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Taleb insiste: le statistiche sono fallate perché basate sui dati storici.
Risposta: anch’io preferirei lavorare con i dati futuri ma non è possibile.
Le statistiche standard sono irrimediabilmente fallate se confondi la mappa con il territorio. Per gli altri, quelli che usano il buon senso, sono una buona base di partenza per orientarsi, anche se necessariamente approssimativa.
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Il giudizio più sintetico possibile sul lavoro di Taleb:vero ma inutile.
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Taleb ha ragione quando pensa che la gente sia troppo spavalda, per esempio quando si innamora, oppure quando si sente “sulla stessa barca” degli altri. Ma la gente è anche troppo spaventata. Esempi: quando legge i suoi libri o il giornale…
Il rischio è una bestia strana, è impossibile parlarne in generale come fa Taleb (o come fa la teoria ortodossa del rischio). Certi rischi li andiamo a cercare, altri, non superiori, li temiamo come il bau bau. Questo accade alla stessa persona.
Nel suo messaggio generale probabilmente Taleb ha qualche ragione: noi tendiamo a prendere qualche rischio in più rispetto a quel che crediamo (ci “innamoriamo” di certi titoli fino a seguirli anche se si buttano nel pozzo), tanto è vero che il premio di rischio sui mercati finanziari di fatto non esiste. Ma questo ragionamento va ricondotto all’interno degli schemi disponibili di valutazione del rischio, non ricorrendo allo schema grossolano e para-nichilista del cigno nero.
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Immaginatevi Taleb che fa una lezione di statistica, anziché introdurre il concetto di media e varianza chiederebbe quante probabilità c’erano che un aereo si schiantasse contro il WTC nel settembre 2001 per poi concludere con un poetico “e noi che ne sappiamo”. Una lezione senza formule. Figo!
Ma il miglior atteggiamento da tenere di fronte alla realtà mescola conoscenza tecnica e buon senso. Serve sia l’una che l’altro.
Ecco un buon mix: 1) buon senso, 2) conoscenza di chi opera concretamente a tempo pieno 3) conoscenza della storia dei mercati e 4) conoscenza delle tecniche statistiche per valutare il rischio.
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Sapete chi è il “crank”? E’ un tipo fumantino che se ha deciso di incazzarsi, e s’incazzerà qualsiasi cosa gli diciate. In genere decide di incazzarsi se invadete la sua area di competenza che considera territorio riservato, un posto dove chiunque altro si muove goffamente e ha ben poco da aggiungere.
Martin Gardner ha descritto bene il tipo nel suo libro “Fads and Fallacies”. Spiccano 5 caratteristiche… 1) ha un complesso di superiorità, 2) vede gli altri ricercatori come idioti e non si sottopone ai loro giudizi, 3) pensa di essere perseguitato per le sue idee (tipo Galileo o Pasteur), 4) attacca solo le grandi teorie e le figure preminenti, 5) conia neologismi.
Taleb è il classico “crank”.
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Taleb trae gran parte della sua credibilità dalla suaprofessione di trader.
Ma chi è un trader? Non andrebbe confuso con lospeculatore.
Lo speculatore ha un’idea e la testa mettendoci del suo. Il trader è molto più simile a un broker, deveconvincere altri ad investire, la sua abilità è in gran parte retorica, deve ostentare fiducia e conoscenza per convincere persone esitanti. Come tutti i venditori deve essere un po’ “pavone”, ostentare sicurezza; Creare illusioni fa parte del mestiere. La sua professione, in effetti, ci fa capire meglio il personaggio Taleb. Ma non nel senso finora supposto.
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Taleb – mi sembra chiaro da quanto detto – non sopporta l’assunto dell’ Homo Oeconomicus, ovvero il postulato della razionalità degli operatori.
Si capisce quindi la sua ammirazione per Danny Kahneman, l’economista/psicologo che ha contribuito a smantellare il paradigma. Ma, per ironia della sorte, Danny Kahneman è il propugnatore della “prospect theory”, una teoria per cui noi non saremmo solo avversi al rischio ma addirittura alla perdita, comunque sia, una teoria che sembra avere presupposti in contrasto frontale con quelli di Taleb.
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In sintesi: l’approccio di Taleb è interessante ma 1) è proposto in modo troppo radicale, fino a sponsorizzare una sorta di nichilismo e 2) non èfarina del suo sacco.
Riassumendo, i concetti e gli autori a cui deve tutto sono questi tre: per le “code grasseMandlebrot (1962), per il concetto di incertezzaKnight (1921), per l’ubiquità dei bias cognitiviKahneman, Slovic e Tversky.
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