lunedì 8 maggio 2017

Le critiche a Don Giussani

Il miglior modo per comprendere la teologia di Don Giussani è leggere i suoi critici, operazione possibile all’interno del volume di Massimo Borghesi: “Luigi Giussani”.
Il pensiero di Karl Rahner è senz’altro affine a quello di Giussani…
… Non aveva Karl Rahner nel suo kantismo trascendentale dimostrato che l’a priori ontologico di ogni uomo è mosso verso la soluzione cristologica?…
Entrambi miravano ad abbandonare l’impostazione scolastica per avvicinarsi a forme di “personalismo”: si partiva dall’io, dall’uomo, dal soggetto.
Edoardo Benvenuto – il primo critico preso in esame – nel suo saggio “Qualche domanda attorno al senso religioso”, pubblicato nell’ottobre 1988 nella rivista “Il Regno”, parlava di “svolta antropologica” della teologia e di “metodo d’immanenza” blondeliano.
Il concetto di “senso religioso” tanto caro a Giussani entrava in questo clima, il che facilitava l’ornamento della prosa con esempi gustosi e belle citazioni poetiche. Poche domande dttrinarie e molto vissuto
… Ecco qual è il nocciolo della questione: se si pretende – come da gran parte della teologia contemporanea – che sia inerente all’ontologia della natura umana, ed anzi di essa costitutiva, l’apertura infinita dell’uomo a Dio e alla sua rivelazione, diviene necessario radicare tale sete inestinguibile di Dio nel cuore dell’uomo in quanto tale, di là dalla formulazione esplicita e consapevole della domanda teologica. Per questo Rahner innerva il «fattore esistenziale soprannaturale» al livello dell’«esperienza trascendentale»…
Anche per Rahner vievere è credere: l’esperienza di sé dell’uomo è anche esperienza di Dio.
Ma, per Benvenuto, il radicalismo di Rahner è più coerente, specie nell’espellere da sé la ragione. In Giussani permane invece un fastidioso residuo…
… la sua identificazione, troppo stretta, tra senso religioso e ragione…
In Rahner la Grazia è già tutta data nella natura…
… Questa puntualizzazione veniva letta alla luce dell’antropologia soprannaturale propria di Rahner, antropologia per la quale la “grazia” è data già con la natura dell’uomo. In tal modo il limite di Giussani non starebbe solo nel suo intellettualismo ma, più radicalmente, nel distinguere tra la dimensione religiosa e il piano dei valori umani…
In Rahner l’idea Christi è un a priori presente in noi. Cristo è una conferma dell’attesa che tutti noi viviamo. l’uomo è un cristiano naturale…
… il «tutto è potenzialmente cristiano» rahneriano – ognuno è un cristiano “anonimo” – si converte in «tutto il cristianesimo è potenzialmente mondano»…
Per questo Benvenuto critica la distinzione giussaniana tra antropologia religiosa e Rivelazione: la seconda si dà già nella prima, secondo il critico. E’ insita nella nostra natura, non un fatto d’esperienza.
Qui Giussani sul senso religioso dell’ateo
… Antonio Sicari aveva chiesto: «a chi dice: “basta che ci intendiamo su un minimo comune di valori” non è pericoloso offrire quest’ultimo valore comune che è il senso religioso? Non è rischioso?». Rispondendo Giussani affermava: No, perché questo è una modalità umana che fonda tutti i valori e non permette di trascurarne nemmeno uno…Il senso religioso diveniva qui l’universale comune, il luogo che decide dell’autenticità dei valori, il terreno proprio del dialogo e dell’incontro fra tutti gli uomini, credenti o non credenti….
Benvenuto mette in luce una domanda dove Giussani e Rahner divergono…
… Il senso religioso si riconosce dalle domande fondamentali di senso – come vuole l’antropologia filosofica – oppure si sedimenta nei valori comuni i quali conterrebbero, più o meno consapevolmente, l’idea Christi? In questo secondo caso saremmo di fronte ai logoi spermaticoi “cristici” i quali documentano che la grazia è già immanente alla natura. È, quest’ultima, la posizione di Rahner, l’unica, secondo l’autore, che consente di incontrare il mondo senza chiusure e settarismi…
Cosa non va in Giussani?…
… la netta distinzione giussaniana tra natura e grazia, tra senso religioso e Rivelazione…
Ma nella sua critica a Giussani, Benvenuto perviene, indirettamente, a criticare Rahner: con a sua impostazione non è più possibile distinguere cristiano e sciamanico…
… In un ribaltamento di prospettive Benvenuto provvede qui, senza accorgersene, a una autocritica della sua posizione. La con-fusione tra cristianesimo e religioni del mondo, l’in-distinzione tra il cristologico e il “religioso” sono proprie, infatti, della cristologia trascendentale… non permette più di distinguere, in modo chiaro, tra il cristiano e lo “sciamanico”… L’elemento storico risulta, giocoforza, attenuato…
***
Un concetto centrale in Giussani è quello di “conoscenza amorosa”. A Giussani serve per giustificare la “ragionevolezza” della fede.
Fuori dal gergo di Giussani potremmo far riferimento al ruolo centrale del soggetto nella conoscenza.
Il costrutto ha attirato le critiche del filosofo Pietro Barcellona
… In questo passaggio tra il “fatto” della presenza di Cristo e la ragione per cui si dovrebbe credere in Lui, non mi risulta chiaro…
La base razionale di Giussani sarebbe deficitaria…
… Vedo in questo complesso argomentare un residuo del tentativo storico di dare una base razionale, sia pure propedeutica, alla fede…
Ma soprattutto sarebbe inutile: un pleonasma. Perché perdere ancora tempo con la “conoscenza”.
Secondo Barcellona, la “conoscenza amorosa” è radicalmente diversa da quella giudicante. E’ una forma di conoscenza alternativa.
Barcellona segue in ciò la tipica impostazione di Max Weber sulla “avalutatività” del conoscere.
Giussani è affetto da una sorta di “fallacia naturalistica”…
… Trovo una contraddizione tra la rappresentazione della venuta al mondo del Messia come fatto e il successivo argomentare per attribuire valore di testimonianza al fatto stesso. Nella tradizione filosofica europea, tra fatto e valore c’è una differenza di piani…
Per Barcellona il Messia che non ha bisogno della ragionevolezza…
… Ragionare sui presupposti che inducono all’intuizione amorosa significa trasferirsi sul piano del pensiero razionale… si deve invece considerare una mediazione vivente, concreta e reale ma non simbolizzabile…
Sempre Barcellona…
… Non credo che ci siano ragioni plausibili per amare una donna…
Barcellona chiede al credente un’opzione emotiva, non motivata, fideistica. Per lui…
… l’ esperienza, privata del giudizio, si risolve in un affectus…
Questa impossibilità di conoscere con la ragione fa pervenire Barcellona a un pessimismo antropologico prossimo a quello della Riforma.
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Anche il filosofo Emmanuele Severino è insoddisfatto del connubio tra fede e ragione operato da Giussani: l’ombra di Kant qui aleggia in modo evidente.
Si contesta il valore di “evidenza” alle verità di fede.
Ecco, per Severino, il dilemma insolubile che si trova davanti il cristiano…
… Oggi è chiaro – scriveva – che le cosiddette “verità storiche” non sono verità evidenti, ma soltanto ipotesi più o meno confermate (come sapeva sant’Agostino), e quindi è un’ipotesi, ben confermata, tanto che sia vissuto Giulio Cesare quanto che sia vissuto l’uomo stesso Gesù. Ma, per quanto confermata, un’ipotesi non riesce mai ad essere una verità evidente. Specie se l’ipotesi afferma non solo che sia esistito quell’uomo, ma che addirittura egli fosse Dio. Il credente si trova di fronte a un dilemma: o l’incarnazione di Dio è un’ipotesi, che nella fede viene assunta come vera, e dunque è una fede che non può smentire la fede contraria, perché ha lo stesso valore di essa; oppure è un’evidenza della ragione, e il cristianesimo finisce così col cancellare il proprio carattere soprannaturale…
Se la fede è volontà, non puo’ essere ragionevole.
Nel grido dell’uomo si perde ogni valenza razionale.
Per Severino il protagonismo del Soggetto, a cui Giussani non intende rinunciare, inficia ogni pretesa razionale. Severino sull’ “esperienza”, altro concetto cardine in Giussani…
… una ferrea distinzione tra esperienza-di-sé ed esperienza-di-altri… è necessaria…
Severino sull’ “altro”, altro concetto cardine in Giussani…
… Noi vediamo le fattezze di un amico; ma non possiamo vedere il cuore dell’amico… Ciò che Gesù compie induce alcuni dei suoi contemporanei a credere che egli sia il Salvatore; ma nemmeno le opere di Gesù rendono visibile il suo cuore di Salvatore…
L’esperienza ontologica (dell’essere) non è possibile, e quindi neanche l’esperienza religiosa. Cio’ che mi capita (mia esperienza) non puo’ avere un carattere universale.
L’esperienza personale è solo fonte di illusione: e qui esce l’anima buddista di Severino.
COMMENTO PERSONALE
Le critiche stanno in piedi solo radicalizzando talune distinzioni. La conoscenza, in realtà, è meglio compresa se vista come un processo graduale che ha il suo inizio e il suo fulcro nel soggetto. Ormai sappiamo che l’intuizione fa parte a pieno titolo del processo conoscitivo razionale. Non a caso molte forme di razionalismo etico prendono il nome di “intuizionismo”. La conoscenza – anche quella scientifica – è sempre di natura probabilistica, e la probabilità ha sempre una componente soggettiva che si aggiorna via via attraverso nuovi incontri nell’ambito del reale. Negare il connubio è problematico, per quanto Giussani possa porlo in modo rozzo. Non è un caso che Severino sia finito in rotta di collisione anche con la scienza. Una rischio che Giussani non corre.