Certo che frequentare gli psicologi come DG, continuamente alle prese con i bachi della mente, ci fa capire benissimo le difficoltà della politica a produrre riforme.
Sembra proprio che perdere X ci costi molto di più che guadagnarlo. Sebbene il valore di X non cambi affatto.
E' incredibile come la nostra mente svaluti chi è assente, sebbene i valori reali non decrescano affatto per colpa dell' assenza.
Il cap. 5 è ricco di suggerimenti in proposito.
Premesse del genere, chiariscono gli ostacoli frapposti al cammino delle riforme politiche.
Se un sistema riformato vale 10, cio' non sarà ancora sufficiente affincheè rimpiazzi un sistema vigente che vale 5.
sabato 10 maggio 2008
La Marcia dei Criceti
L' abbiamo incontrato a Castelletto Ticino il Maestro Tesi. Come tutti i veri artisti parla poco. E ci credo, con un simile talento naturale chiunque sarebbe appagato senza la necessità di produrre ulteriori sforzi. Si limita a sfoggiare un sorriso sereno e sincero (e la miri dice che è proprio un "bell' uomo"). Poi ha suonato il suo concerto gratuito che, per quanto mi riguarda, avrebbe potuto anche far pagare 30 euro. Troppi pochi lenti, secondo me. Non perchè i ballabili non fossero all' altezza, quanto perchè i pezzi lenti sono meravigliosi. Faccio un esempio: La Marcia dei Criceti; eseguita senza una sbavatura, con una perizia calligrafica in grado di superare l' incisione. Al pezzo è legata una storiella: dopo aver comprato i criceti alla figlioletta è rimasto deluso dalla scarsissima attività diurna delle bestiole. Passati pochi mesi spuntano undici cricetini. Avete capito di che Marcia si parla? Buon ascolto!
venerdì 9 maggio 2008
L' invasione delle false credenze
DG dà per scontato che non esista un legame tra ricchezza e felicità, almeno qualora sia garantita una ricchezza minima. A pagina 239 cita una serie di studi che sostengono questa tesi.
Perchè allora la gente ambisce alla ricchezza? C' è solo una risposta: falsa credenza.
DG dimostra, utilizzando i meccanismi evolutivi, come una falsa credenza possa diffondersi ed avere successo autoreplicandosi. Una falsa credenza ci danneggia ma puo' beneficare qualcun altro e non è detto che il "qualcuno" sia una persona.
Credere che i soldi ci rendono felici è un inganno di cui però qualcuno beneficia: la società (capitalistica) tutta, la quale prospera anche grazie ai nostri sforzi volti all' arricchimento.
E' la società stessa che mette a punto quei meccanismi evolutivi che consentono ad una falsa credenza di auto replicarsi. Vivendo in quella società riceviamo quindi forme di "indottrinamento" che rinforzano l' errore.
Attenzione, non si parla di "complotto" bensì di selezione evolutiva. questa differenza è essenziale.
E' un po' come quando notiamo che scuole pubbliche, radio pubbliche, ospedali pubblici... sono riempite con personale che professa certe ideologie ben precise: non esiste un "complotto" attraverso il quale realizzare questo discrimine. Molto semplicemente è all' opera una selezione evolutiva che garantisce ad un organismo (scuola pubblica, radio pubblica, organismo culturale pubblico...) di continuare a vivere e prosperare grazie a false credenze indotte da indottrinamenti morbidi.
Dimenticavo, le conclusioni specifiche di DG hanno però due punti deboli: 1) sono incoerenti con il postulato della felicità come sentimento "soggettivo", 2) gli studi che cita hanno ricevuto parecchie disconferme, in particolare di recente.
Perchè allora la gente ambisce alla ricchezza? C' è solo una risposta: falsa credenza.
DG dimostra, utilizzando i meccanismi evolutivi, come una falsa credenza possa diffondersi ed avere successo autoreplicandosi. Una falsa credenza ci danneggia ma puo' beneficare qualcun altro e non è detto che il "qualcuno" sia una persona.
Credere che i soldi ci rendono felici è un inganno di cui però qualcuno beneficia: la società (capitalistica) tutta, la quale prospera anche grazie ai nostri sforzi volti all' arricchimento.
E' la società stessa che mette a punto quei meccanismi evolutivi che consentono ad una falsa credenza di auto replicarsi. Vivendo in quella società riceviamo quindi forme di "indottrinamento" che rinforzano l' errore.
Attenzione, non si parla di "complotto" bensì di selezione evolutiva. questa differenza è essenziale.
E' un po' come quando notiamo che scuole pubbliche, radio pubbliche, ospedali pubblici... sono riempite con personale che professa certe ideologie ben precise: non esiste un "complotto" attraverso il quale realizzare questo discrimine. Molto semplicemente è all' opera una selezione evolutiva che garantisce ad un organismo (scuola pubblica, radio pubblica, organismo culturale pubblico...) di continuare a vivere e prosperare grazie a false credenze indotte da indottrinamenti morbidi.
Dimenticavo, le conclusioni specifiche di DG hanno però due punti deboli: 1) sono incoerenti con il postulato della felicità come sentimento "soggettivo", 2) gli studi che cita hanno ricevuto parecchie disconferme, in particolare di recente.
giovedì 8 maggio 2008
Mitologie veltroniane
Anch' io voglio contribuire con un microscopico "mito" recentemente rivitalizzato da Walter Veltroni. Il neo trombato (che ho votato, ma solo alla Camera) gonfiava il petto proferendo con solennità: il miracolo economico italiano è da attribuire in larga parte al centro-sinistra.
La cosa non è poi così secondaria visto che, appassito il boom, tutto la restante storia dell' economia post bellica italiana puo' essere archiviata nel file "declino".
Ma la realtà sembra parlare altrimenti: il miracolo durò fino ai primi sessanta proseguendo poco oltre per inerzia, e le date sembrano confermare questa antitesi.
La lira vinse l' oscar della migliore valuta nel 1960. La produttività ebbe il suo balzo tra il 58 e il 61. L' export, dal 53 al 57, schizzava di un 15% annuo; e la produzione industriale quasi di un 6% (peccato che la Germania ci freghi, altrimenti eravamo i migliori d' Europa). Inflazione? Tra il 51 e il 61 il tasso medio fu del 2.8%. Più che accettabile. Nel 1963 disoccupazione ai minimi rispetto ai precedenti 50 anni (2.5% di media). Nel 57 aderiamo al MEC, ottima scelta.
Non parliamo dei simboli: 500, 600, grattacielo Pirelli, metropolitane, autostrada del sole... Tutta roba passata quando il centro sinistra emise il primo vagito.
Con il centro sinistra arrivò invece la crisi, pudicamente battezzata "congiuntura". E con quella il monopolio dell' energia elettrica stabilmente arpionato nelle grinfie statali che ancora adesso stentiamo a disincastrarlo da lì.. E l' esempio riscosse entusiasmo visto che da allora l' economia cominciò a nazionalizzarsi ad una velocità pari solo alla sua corruzione, così come cominciò la fuga dei capitali e l' impennata di spesa pubblica. Altro semino importante fu amorevolmente piantato dai proto-veltroniani: un bellissimo sistema previdenziale a ripartizione. E' così che il nostro welfare cominciò a contorcersi dovendosi realizzare a suon di baby pensioni e pensioni d' invalidità. Era l' unico canale.
Un capitalismo del genere sta in piedi finchè c' è da "copiare", quando c' è da "innovare" perde colpi. E infatti nei settanta e ottanta resse solo grazie alle supposte svalutative, inflattive e debitorie.
A sinistra i liberali erano circa 5. Ernesto Rossi + i 4 gatti del Mondo. Non influirono molto circondati dalla massa per la quale il Capitalismo è molto meglio disintegrarlo che cambiarlo.
A Veltroni lascio i miti del centro sinistra fanfaniano. Io preferisco puntare su un' altra squadra, mi sbilancio con una formazione di calcetto: De Gasperi, Einaudi, Menichella, Merzagora, Pella, Vanoni, La Malfa... e anche un certo Marshall all' ala.
Bottom: in un recente articolo sul Sole di cui conservo un ritaglio, Carrubba riesponeva questa storiella in modo molto più professionale, ho pensato bene di fregargli un po' di numeri.
P.S. mi fanno notare che archiviare tutto il resto come "declino" è esagerato. Vero, il Veneto usciva dalla guerra nelle condizioni della Campania. Oggi è la regione più ricca del Paese, o quasi. Durante il boom ancora esportava emigrati. E allora quando ha costruito la sua ricchezza? Direi a cavallo tra la fine dei settanta e gli ottanta. L' ha fatto però grazie alla flessibilità della micro-piccola-media impresa e "contro" la politica. Il Veneto è solo un paradigma dell sviluppo nordestino. Parallelamente va citata anche il brillante caso dell' Emilia Romagna, che non è poi così differente.
La cosa non è poi così secondaria visto che, appassito il boom, tutto la restante storia dell' economia post bellica italiana puo' essere archiviata nel file "declino".
Ma la realtà sembra parlare altrimenti: il miracolo durò fino ai primi sessanta proseguendo poco oltre per inerzia, e le date sembrano confermare questa antitesi.
La lira vinse l' oscar della migliore valuta nel 1960. La produttività ebbe il suo balzo tra il 58 e il 61. L' export, dal 53 al 57, schizzava di un 15% annuo; e la produzione industriale quasi di un 6% (peccato che la Germania ci freghi, altrimenti eravamo i migliori d' Europa). Inflazione? Tra il 51 e il 61 il tasso medio fu del 2.8%. Più che accettabile. Nel 1963 disoccupazione ai minimi rispetto ai precedenti 50 anni (2.5% di media). Nel 57 aderiamo al MEC, ottima scelta.
Non parliamo dei simboli: 500, 600, grattacielo Pirelli, metropolitane, autostrada del sole... Tutta roba passata quando il centro sinistra emise il primo vagito.
Con il centro sinistra arrivò invece la crisi, pudicamente battezzata "congiuntura". E con quella il monopolio dell' energia elettrica stabilmente arpionato nelle grinfie statali che ancora adesso stentiamo a disincastrarlo da lì.. E l' esempio riscosse entusiasmo visto che da allora l' economia cominciò a nazionalizzarsi ad una velocità pari solo alla sua corruzione, così come cominciò la fuga dei capitali e l' impennata di spesa pubblica. Altro semino importante fu amorevolmente piantato dai proto-veltroniani: un bellissimo sistema previdenziale a ripartizione. E' così che il nostro welfare cominciò a contorcersi dovendosi realizzare a suon di baby pensioni e pensioni d' invalidità. Era l' unico canale.
Un capitalismo del genere sta in piedi finchè c' è da "copiare", quando c' è da "innovare" perde colpi. E infatti nei settanta e ottanta resse solo grazie alle supposte svalutative, inflattive e debitorie.
A sinistra i liberali erano circa 5. Ernesto Rossi + i 4 gatti del Mondo. Non influirono molto circondati dalla massa per la quale il Capitalismo è molto meglio disintegrarlo che cambiarlo.
A Veltroni lascio i miti del centro sinistra fanfaniano. Io preferisco puntare su un' altra squadra, mi sbilancio con una formazione di calcetto: De Gasperi, Einaudi, Menichella, Merzagora, Pella, Vanoni, La Malfa... e anche un certo Marshall all' ala.
Bottom: in un recente articolo sul Sole di cui conservo un ritaglio, Carrubba riesponeva questa storiella in modo molto più professionale, ho pensato bene di fregargli un po' di numeri.
P.S. mi fanno notare che archiviare tutto il resto come "declino" è esagerato. Vero, il Veneto usciva dalla guerra nelle condizioni della Campania. Oggi è la regione più ricca del Paese, o quasi. Durante il boom ancora esportava emigrati. E allora quando ha costruito la sua ricchezza? Direi a cavallo tra la fine dei settanta e gli ottanta. L' ha fatto però grazie alla flessibilità della micro-piccola-media impresa e "contro" la politica. Il Veneto è solo un paradigma dell sviluppo nordestino. Parallelamente va citata anche il brillante caso dell' Emilia Romagna, che non è poi così differente.
Il segreto della felicità
Caro diario,
il prof. G. ha adempiuto al suo dovere di bravo psicologo positivista compilando la famosa sentenza. Per lui l' Uomo è l' unico Animale che... pensa al suo futuro.
Attenzione, parecchi altri animali dimostrano di organizzarsi per il futuro.
Cio' non significa che lo "pensino" come fa l' uomo. Il loro è piuttosto un riflesso condizionato che elabora in modo elementare l' esperienza passata. In ogni caso si preoccupano solo di un futuro "immediato, personale e locale". Vuoi mettere con i nostri vasti orizzonti? Noi "pensiamo scenari", addirittura "immaginiamo".
Nonostante i corsivi, le virgolette e i "vuoi mettere", la rilevazioone non mi ha scosso. Forse perchè il bello doveva ancora venire.
Perchè pensiamo al nostro futuro? Scontato: per organizzarci al meglio e fare in modo che il nostro futuro effettivo sia il migliore possibile tra tutti i futuri eventuali.
Risposta sbagliata.
Si puo' dire che il Prof. Gilbert dedichi il suo libro a segnalare con gusto questa topica, le sue radici e le sue conseguenze.
Se la risposta "scontata" fosse anche corretta potremmo concludere con Leopardi che Madre Natura fosse proprio una crudele matrigna. Infatti, con tutto il nostro voluminoso cervellone, risultiamo gravemente sprovvisti di simili facoltà preveggenti. Se quello fosse il nostro vero obiettivo saremmo degli esseri fortissimamente imperfetti visto che commettiamo errori sistematici nel programmare la nostra felicità futura. Ci imbattiamo continuamente nei tre errori canonici su cui ora non voglio soffermarmi.
Dunque, l' uomo è l' unico animale che pensa al suo futuro (grazie al lobo frontale che gli è spuntato di recente, 3 milioni di anni fa) e lo fa, non perchè ricavi particolari benefici da questa attività, quanto piuttosto per il bnenessere in sè che ne trae. La sensazione di avere sotto controllo cio' che ci accadrà e di ingabbiarlo in un progetto è una vitamina dello spirito. Anche quando l' esperienza è lì a dimostrarci che non abbiamo sotto controllo proprio un bel niente.
Se talvolta la felicità ci tocca è perchè c' inciampiamo nel tentativo d' inseguire una chimera che mai afferreremo.
Ma, attenzione. Forse, con un po' di modestia qualcosa si puo' fare.
il prof. G. ha adempiuto al suo dovere di bravo psicologo positivista compilando la famosa sentenza. Per lui l' Uomo è l' unico Animale che... pensa al suo futuro.
Attenzione, parecchi altri animali dimostrano di organizzarsi per il futuro.
Cio' non significa che lo "pensino" come fa l' uomo. Il loro è piuttosto un riflesso condizionato che elabora in modo elementare l' esperienza passata. In ogni caso si preoccupano solo di un futuro "immediato, personale e locale". Vuoi mettere con i nostri vasti orizzonti? Noi "pensiamo scenari", addirittura "immaginiamo".
Nonostante i corsivi, le virgolette e i "vuoi mettere", la rilevazioone non mi ha scosso. Forse perchè il bello doveva ancora venire.
Perchè pensiamo al nostro futuro? Scontato: per organizzarci al meglio e fare in modo che il nostro futuro effettivo sia il migliore possibile tra tutti i futuri eventuali.
Risposta sbagliata.
Si puo' dire che il Prof. Gilbert dedichi il suo libro a segnalare con gusto questa topica, le sue radici e le sue conseguenze.
Se la risposta "scontata" fosse anche corretta potremmo concludere con Leopardi che Madre Natura fosse proprio una crudele matrigna. Infatti, con tutto il nostro voluminoso cervellone, risultiamo gravemente sprovvisti di simili facoltà preveggenti. Se quello fosse il nostro vero obiettivo saremmo degli esseri fortissimamente imperfetti visto che commettiamo errori sistematici nel programmare la nostra felicità futura. Ci imbattiamo continuamente nei tre errori canonici su cui ora non voglio soffermarmi.
Dunque, l' uomo è l' unico animale che pensa al suo futuro (grazie al lobo frontale che gli è spuntato di recente, 3 milioni di anni fa) e lo fa, non perchè ricavi particolari benefici da questa attività, quanto piuttosto per il bnenessere in sè che ne trae. La sensazione di avere sotto controllo cio' che ci accadrà e di ingabbiarlo in un progetto è una vitamina dello spirito. Anche quando l' esperienza è lì a dimostrarci che non abbiamo sotto controllo proprio un bel niente.
Se talvolta la felicità ci tocca è perchè c' inciampiamo nel tentativo d' inseguire una chimera che mai afferreremo.
Ma, attenzione. Forse, con un po' di modestia qualcosa si puo' fare.
***
Siccome sono molto immaturo e siccome alla prima pagina il sig. G. prometteva di rivelare in fondo al suo discorso un trucchetto per essere felici, sono corso di gran carriera all' ultima pagina.
Il trucco è il seguente: imitate chi giudicate felice.
Il trucco è inapplicabile. E' lo stesso G. a rivelarcelo in modo beffardo. Lui afferma che qualcosa nel nostro cervello ci fa pensare a noi stessi come "unici". Cio' ci impedisce di concepire la felicità come il frutto di un' attività meramente imitativa.
Tendiamo a sovrastimare le differenze quando invece noi uomini siamo quasi tutti uguali. Un po' di modestia e di imitazione pedissequa puo' solo farci del bene. Ma chi arriva a leggere i libri del Prof. è difficile che non si senta umiliato nel seguirne i consigli.
Io affianco una mia congettura. Per seguire il consiglio aureo devo dapprima individuare chi è felice. Impresa non facile a causa di un corto circuito.
Se il mio potenziale modello mi assomiglia ho poco da imitare. Se il mio potenziale modello differisce molto da me, contro di lui giocherà tutta la teoria di sentimenti che ho edificato per coltivare al meglio la mia personale autostima.
Come minimo, il "potenziale modello molto diverso da me", sarà oggetto di un' invidia incoffessata.
Generalizzando: è felice colui che è invidiato, soprattutto dagli infelici.
Da cio' consegue che, se gli infelici hanno ancora una stilla di energia, la useranno per combattere alla morte il "potenziale modello" piuttosto che imitarlo.
Inoltre, difficilmente riconosceranno uno stato di "reale" benessere a colui che segretamente hanno imparato a disprezzare.
Infine, saranno sempre spinti a marcare le distanze dall' oggetto delle loro invidie. In genere la persona felice verrà marchiata come "idiota", "rozza", "inconsapevole".
Felice perchè inconsapevole della sua dappocaggine che invece a noi tristi illuminati appare chiara. Cioran chiamava questa elite i "condannati alla lucidità".
Faccio un esempio: mia mamma. Lo ammetto a denti stretti, mi appare una persona maledettamente felice, insomma niente di eccezionale, eppure sta al mondo tanto volentieri. Ci credo, basta una sagra paesana per mandarla in sollucchero. E di sagre ce ne sono due alla settimana.
Faccio forse qualcosa per imitarla? Al contrario, passo il tempo a prenderne le distanze: è proprio una cafona, ride sguaiatamente per battutacce di dubbio gusto, è piena di pregiudizi, è ignorante, è ipocrita, ama il pettegolezzo, è una bonacciona senza orgoglio, non venera la parola data, accetta di buon grado di subire soprusi intollerabili (li dimentica un attimo dopo), è continuamente alle prese con qualche angolo da smussare, la sua ingenuità è disarmante, i paraocchi sono irremovibili... Insomma, come previsto faccio di tutto per disattendere i consigli del sig. G., faccio di tutto per prendere le distanze e stigmatizzare una persona contenta, benvoluta, che canticchia continuamente e che lascia cadere ogni provocazione mandandomi il sangue alla testa.
P.S. il sig. G dedica un lungo capitolo a spiegarci che la felicità è un sentimento solipsistico. Come tutti i sentimenti del resto. Anche la sensazione del giallo è una sensazione solipsista: la provo, te la comunico, mi confermi ma non sapremo mai se stiamo provando la medesima sensazione. Questo fatto costituisce il grande vantaggio degli economisti rispetto agli psicologi. I primi possono condurre le loro argomentazioni mantenendo lo status pienamente soggettivo dei sentimenti.
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mercoledì 7 maggio 2008
Porte aperte
Quando c' è una porta aperta prima o poi di sicuro si sa.
Umiliati dalle scimmie
"...Il prete fa voto di castità, il dottore giura di non arrecare danni alla salute di chicchessia, il postino s' impegna con ardore nel consegnare puntualmente la corrispondenza sfidando le intemperie...
Pochi realizzano che anche lo psicologo ha la sua missione. Ad un certo punto della carriera dovrà pubblicare un libro, un saggio o anche solo un articolo, purchè al suo centro faccia bella mostra di sè questo asserto "l' uomo è l' unico animale che...".
Ciascuno completrà i puntini come vuole ma l' inizio è assolutamente vincolante.
Molti psicologi aspettano anni prima di completare la frase di cui sopra, conoscono bene la loro sorte: la posterità dimenticherà presto le loro sofisticate e ponderose teorie per concentrarsi su quelle paroline facendole puntualmente tornare fuori non appena riceveranno solenne smentita.
Quanto chiaramente sceglieremo quelle parole, tanto nitidamente verremo ricordati.
Coloro che scelsero di completare la frase con parole del tipo "... puo' usare un linguaggio..." assursero a grande notorietà non appena fu chiaro che degli scimpanzè potevano ricevere un' istruzione tramite un linguaggio gestuale. E quando i ricercatori notarono scimmie che utilizzavano con naturalezza dei bastoncini per attrarre una leccornia come le termiti, a tutti venne in mente il nome e l' indirizzo e-mail di coloro che scelsero di completare la sentenza decisiva con le parole: "... puo' usare strumenti...".
E' per questo che molti psicologi la tirano tanto in lungo in modo da crepare prima che una scimmia si decida ad umiliarli..."
Siccome Stumbling on Happiness inizia così, siccome in molti l' hanno considerato l' unica lettura obbligatoria per il 2007, siccome tutti i pedigree sono in ordine, siccome lui ha una faccia simpatica... ho deciso che leggerò l' ultimo libro di Daniel Gilbert.
DG SH
Pochi realizzano che anche lo psicologo ha la sua missione. Ad un certo punto della carriera dovrà pubblicare un libro, un saggio o anche solo un articolo, purchè al suo centro faccia bella mostra di sè questo asserto "l' uomo è l' unico animale che...".
Ciascuno completrà i puntini come vuole ma l' inizio è assolutamente vincolante.
Molti psicologi aspettano anni prima di completare la frase di cui sopra, conoscono bene la loro sorte: la posterità dimenticherà presto le loro sofisticate e ponderose teorie per concentrarsi su quelle paroline facendole puntualmente tornare fuori non appena riceveranno solenne smentita.
Quanto chiaramente sceglieremo quelle parole, tanto nitidamente verremo ricordati.
Coloro che scelsero di completare la frase con parole del tipo "... puo' usare un linguaggio..." assursero a grande notorietà non appena fu chiaro che degli scimpanzè potevano ricevere un' istruzione tramite un linguaggio gestuale. E quando i ricercatori notarono scimmie che utilizzavano con naturalezza dei bastoncini per attrarre una leccornia come le termiti, a tutti venne in mente il nome e l' indirizzo e-mail di coloro che scelsero di completare la sentenza decisiva con le parole: "... puo' usare strumenti...".
E' per questo che molti psicologi la tirano tanto in lungo in modo da crepare prima che una scimmia si decida ad umiliarli..."
Siccome Stumbling on Happiness inizia così, siccome in molti l' hanno considerato l' unica lettura obbligatoria per il 2007, siccome tutti i pedigree sono in ordine, siccome lui ha una faccia simpatica... ho deciso che leggerò l' ultimo libro di Daniel Gilbert.
DG SH
martedì 6 maggio 2008
fisco - riforme
- flat tax;
- centrare il sistema su un' imposta sui consumi; in questo modo è imputabile il reddito mondiale;
- adottare criteri di cassa;
- limitare l' elemento prograssivo all' aliquota dell' imposta cardine (reddito), mantenendo costanti per tutti le deduzioni. In questo modo è possibile manovrare con facilità le aliquote marginali,
- centrare l' assistenza su un' imposta negativa;
- liberalizzare l' accertamento compensandolo con le sanzioni;
lunedì 5 maggio 2008
assistenza - riforme
Principi:
- ciascuno deve avere un minimo, meglio se in denaro;
- reddito minimo con transito attraverso il salario minimo (abolire ogni altra forma di sussidio;
- incentivare fiscalmente la filantropia (meccanismi 8 per mille);
- puntare sull' imposta negativa per non disincentivare l' entrata nel mondo del lavoro;
- decentrare la possibilità di ulteriori aiuti;
- conti individuali obbligatori per chi sta sotto certe soglie (vedi Prewo);
pensioni previdenza - riforme
Perchè cambiare
- per trasformare il lavoratore in un capitalista;
- per far rendere di più l' investimento (verificare i rendimenti borsistici dell' ultimo secolo);
- + pensioni garantite - fertilità;
- per tutelarsi dall' andamento demografico;
- evitare conflitti generazionali;
- per affrancarsi dal rischio politico;
- per spingere i mercati finanziari e aumentare la concorrenza tra operatori;
- per far cessare la contabilità nazionale fraudolenta (non tiene conto di questo enorme debito);
- le sei ragioni per cambiare: a) la tesi morale (collettivismo) b) la tesi dei rendimenti c) la tesi macroeconomica d) la tesi sul diritto di proprietà e) la tesi sull’ armonia sociale (lavoratore capitalista) f) la tesi dell’ equità generazionale;
Come cambiare
- transitare verso metodi a capitalizzazione;
- garantire la portabilità della pensione;
- garantire la trasparenza dell' offerta,
- chi paga la transizione: 1) fiscalità generale 2) taglio spesa pubblica 3) tassa sulle pensioni (i clienti dell' inps pagano il suo fallimento);
- transitare per il metodo contributivo, diminuire i rendimenti e attivare l' opting out;
- rendere i fondi privati completamente deducibili dai redditi;
- liberalizzare l' uscita dal mercato del lavoro;
Riforma sanitaria
I problemi di un ampia sanità pubblica sono facili da intuire:
- razionamento burocratico del bene;
- regola della ciliegia: colui al quale affido la mia salute ha il diritto di controllare il mio stile di vita;
- facile corruttela del "medico" prescrittore unico di farmaci;
- pesanti sottoinvestimenti e carenze innovative; il paradosso costo/prezzo p.71;
Di seguito alcune linee guida.
- assicurazioni pienamente detraibili e trasferibili,
- ottimizzare la regolamentazione al fine di consentire economia di scala
- per una copertura universale: vouchers sanitari.
- cauzioni per neutralizzare l' azzardo morale;
- limitare il monopolio dei medici;
- proletarizzazione dei medici;
- incentivare la beneficienza privata;
- favorire i gruppi di consumo (sfruttare il fattore etico e le economie di scala);
- creare concorrenza tra ospedali;
- introdurre i tickets e aumentarli progressivamente; compensare con una diminuzione delle tasse;
- one shot: possibilità di uscire dal sistema pubblico con reclutamento obbligatorio in caso di fallimento;
- liberalizzare la distribuzione farmaceutica e la pubblicità;
- puntare sulla trasparenza dei servizi per combattere AI;
- buoni sanità del valore pari al costo medio del servizio sanitario nazionale;
- protocolli meno onerosi per l' introduzioone di farmaci;
- libertà dell' utente di sottoporsi a sperimentazione farmaceutica;
- introdurre forme di negoziazione degli organi;
- tagliare la spesa sui farmaci (esistono troppi placebo, inoltre spendere nei farmaci ha effetti di sgnalling);
- personalizzazione dei percorsi di cura (attaccare la medicalizzazione standardizzata); basta con le medicine a taglia unica (vedi occasional di Madden);
- Contro il caro-scuola, libri digitali e aggiornamenti on line (Cristina Casadei sole 4.5.2008 p.1);
- Diagnosi gratuite, cure a pagamento. Vedi bias probabilistico.
venerdì 2 maggio 2008
Sabbie Immobili - la dolce stagnazione dei clarinetti
Da qualche tempo sono rimasto intrappolato in queste Sabbie Immobili. Mi lascio sprofondare e mi godo la languida eutanasia. Il dotato carnefice è Riccardo Tesi (Mirabassi al clarinetto dà il colpo di grazia).
Contro Pecoraro... il nulla.
Con i verdi tra le palle e Pecoraro Scagno sempre in mezzo, non combineremo mai niente. Tutto resterà bloccato in eterno, me lo sento.
E forse è proprio così.
Ma forse il miglior modo per cominciare a discutere con i vari "pecorari" è tirar fuori uno studio (serio) nel quale si dimostri che la costruzione di certe infrastrutture arricchisce il paese.
Alta velocità, Ponte sullo stretto...non esiste niente del genere.
Perotti lo ribadisce sul Sole 27.4.2008 p.1.
Non abbiamo nulla da contrapporre alle "barriere verdi". Semmai è il contrario. Gli unici lavori seri bocciano la Torino-Lione. Il Paese ne uscirebbe impoverito indipendentemente dai danni ambientali. Boitani/Ponti denunciano gravi lacune anche per l' affare del Ponte.
Ciampi diceva: "...non possiamo restar tagliati fuori dall' Europa...". Ma tutte le modalità di trasporto per la Francia sono lontanissime dalla saturazione. Dobbiamo spendere una valanga di miliardi sulla base delle enuciazioni retoriche alla Ciampi? Se le evidenze sono tanto visibili, cos' è tutta questa paura di tirar fuori un' analisi costi-benefici da sottoporre al giudizio di tutti?
C' è qualcosa da rinfacciare a Pecoraro? Se sì, ditemelo perchè mi sta antipatico e non vedo l' ora di castigarlo in qualche modo.
N.B. alle conclusioni di Perotti giunge anche Francesco Ramella (chicca: anche azzerando il traffico TIR per e verso la Francia le emissioni inquinanti calerebbero dell' 1% al prezzo, per il contribuente, di 16 miliardi di euro!).
E forse è proprio così.
Ma forse il miglior modo per cominciare a discutere con i vari "pecorari" è tirar fuori uno studio (serio) nel quale si dimostri che la costruzione di certe infrastrutture arricchisce il paese.
Alta velocità, Ponte sullo stretto...non esiste niente del genere.
Perotti lo ribadisce sul Sole 27.4.2008 p.1.
Non abbiamo nulla da contrapporre alle "barriere verdi". Semmai è il contrario. Gli unici lavori seri bocciano la Torino-Lione. Il Paese ne uscirebbe impoverito indipendentemente dai danni ambientali. Boitani/Ponti denunciano gravi lacune anche per l' affare del Ponte.
Ciampi diceva: "...non possiamo restar tagliati fuori dall' Europa...". Ma tutte le modalità di trasporto per la Francia sono lontanissime dalla saturazione. Dobbiamo spendere una valanga di miliardi sulla base delle enuciazioni retoriche alla Ciampi? Se le evidenze sono tanto visibili, cos' è tutta questa paura di tirar fuori un' analisi costi-benefici da sottoporre al giudizio di tutti?
C' è qualcosa da rinfacciare a Pecoraro? Se sì, ditemelo perchè mi sta antipatico e non vedo l' ora di castigarlo in qualche modo.
N.B. alle conclusioni di Perotti giunge anche Francesco Ramella (chicca: anche azzerando il traffico TIR per e verso la Francia le emissioni inquinanti calerebbero dell' 1% al prezzo, per il contribuente, di 16 miliardi di euro!).
giovedì 1 maggio 2008
Un paio di misteri petroliferi
Ma perchè il petrolio aumenta tanto di prezzo e la benzina tanto poco?
Semplice, siamo protetti dall' euro forte In più i nostri motori sono sempre più risparmiosi, merito dei vincoli ambientali.
Qui ci vuole un link, se lo dico io nessuno si fida.
Entrando lì dentro capirete anche perchè quando il prezzo del petrolio s' impenna, la benza subito si adegua felice; quando flette, cominciano i tentennamenti, le incertezze, le titubanze, eccetera. Insomma, il fenomeno razzi e piume, il fenomeno che viene sempre fuori al bar.
Teoria numero 1: speculazione cattiva da parte di gente avida. In effetti il mercato petrolifero non è libero e le distorsioni abbondano.
Teoria numero 2: poichè il trend dei prezzi viene giudicato in crescita, quando c' è un calo lo si battezza come contingente e temporaneo.
Verifiche: il trend è effettivamente in crescita. La cosa depone tremendamente a favore della seconda teoria.
Semplice, siamo protetti dall' euro forte In più i nostri motori sono sempre più risparmiosi, merito dei vincoli ambientali.
Qui ci vuole un link, se lo dico io nessuno si fida.
Entrando lì dentro capirete anche perchè quando il prezzo del petrolio s' impenna, la benza subito si adegua felice; quando flette, cominciano i tentennamenti, le incertezze, le titubanze, eccetera. Insomma, il fenomeno razzi e piume, il fenomeno che viene sempre fuori al bar.
Teoria numero 1: speculazione cattiva da parte di gente avida. In effetti il mercato petrolifero non è libero e le distorsioni abbondano.
Teoria numero 2: poichè il trend dei prezzi viene giudicato in crescita, quando c' è un calo lo si battezza come contingente e temporaneo.
Verifiche: il trend è effettivamente in crescita. La cosa depone tremendamente a favore della seconda teoria.
Mercati alienanti e autosfruttamento
Il mercato produce alienazione, soprattutto in chi lo giudica.
Il metodo della concorrenza ha delle pretese e spesso fallisce non cavando un ragno dal buco. Ecco allora che partono le copiose critiche di chi non aspettava altro. Ma spesso per i motivi sbagliati. Non dico che non facciano centro, ma su un bersaglio diverso da quello mirato.
Esempio: si sente dire che la concorrenza è sempre al ribasso, che produce ineluttabilmente una sorta di "sfruttamento" del lavoratore.
Ora, nella nostra Italia dei piccoli e micro-imprenditori, questa storia dello "sfruttamento" suonava un po' comica. Così qualcuno ha pensato di pigiare sul pedale ed è arrivato, con la comica finale, un battutone a sigillo del cabaret: "auto-sfruttamento".
Giretto in bici per le strade del primo maggio nordista. Rapporto: tutti i negozi aperti, si lavora alacremente, lo sfruttamento e l' auto-sfruttamento non danno tragua nè speranza.
Con tutti 'sti ponti non mi posso allontanare, siamo aperti e mi devo auto-sfruttare: il mercato ha fallito consegnandomi ad un destino cinico e baro.
No, una conclusione del genere non riesco a digerirla, preferisco la stoppa. Il mercato fallisce quando sfrutta il consumatore, non il produttore. Altrimenti, molto semplicemente, si giudica senza aver minimamente capito di cosa si parla.
D' altronde la logica che la produzione sia un mezzo e il consuno (godimento) un fine, mi sembra che fili, mi sembra destinata ad entrare in tutti i cervelli senza turbare le armonie celesti che regnano nella comune mente filosofica.
Sono contento di simpatizzare con un' idea che rispetta questa logica elementare. Peccato che molti giudici severi invece preferiscano invertirla.
Alienazione = invertire i fini con i mezzi. Ecco perchè il mercato produce alienazione... tra i suoi giudici. Perchè costoro hanno proceduto proprio con l' operazione di cui sopra.
Rettifica del bici-rapporto: tutti i negozi aperti, si lavora alacremente, lo sfruttamento e l' auto-sfruttamento non dà tragua nè speranza. Miriadi di consumatori piacevolmente sorpresi delle ricche opportunità!
Il produttore produce (lavora), il consumatore consuma (gode). Il fallimento dove sta?
La concorrenza è al ribasso quando il consumatore chiede un ribasso. Magari non arriva a fine mese, oppure preferisce investire altrove e allora chiede un ribasso, lo desidera, lo agogna... e spesso, per fortuna, lo ottiene.
Ma se il consumatore esprime diverso orientamento, la concorrenza sarà al rialzo.
Facciamo il caso dei Mcdonald's nel mondo. Hanno arricchito parecchio la concorrenza nel mondo non occidentale. Quasi sempre al rialzo. Adrian E. Tschoegl ci ha dato dentro per dimostrarlo.
Una delle cose esportate con McDonald's, per esempio, è stata l' igiene nei locali pubblici. Successone:
"...McDonald’s emphasis on cleanliness, including or especially in restrooms, has led its competitors to upgrade their facilities. Before the first McDonald’s opened up in 1975, restrooms in Hong Kong’s restaurants were notoriously dirty (Watson 1997). Over time, competitors felt compelled to meet McDonald’s cleanliness standards. The same thing appears to be occurring in China (Watson 2000). In Korea, McDonald’s introduced the practice of lining up in an orderly fashion to order food; traditional practice was simply to crowd the counter, with success in ordering accruing to the most aggressive (Watson 2000). In the Philippines, Jollibee mimics McDonald's clean and well-lighted look..."
Evidentemente i consumatori volevano più igiene, sentivano di potersela permettere. E qualcuno gliel' ha fornita. Tutto cio' non è affatto scontato, il consumatore potrebbe anelare ad un maggior sudiciume se il compenso che ne ricava è adeguato.
Il consumatore come fine, nel mercato come nella vita. Tutto fila. Lasciamo i giudici alienati alle loro elucubrazioni e occupiamoci dei mille casi in cui la concorrenza s' impantana per seri intoppi. Quelli sì che sono fallimenti.
Il metodo della concorrenza ha delle pretese e spesso fallisce non cavando un ragno dal buco. Ecco allora che partono le copiose critiche di chi non aspettava altro. Ma spesso per i motivi sbagliati. Non dico che non facciano centro, ma su un bersaglio diverso da quello mirato.
Esempio: si sente dire che la concorrenza è sempre al ribasso, che produce ineluttabilmente una sorta di "sfruttamento" del lavoratore.
Ora, nella nostra Italia dei piccoli e micro-imprenditori, questa storia dello "sfruttamento" suonava un po' comica. Così qualcuno ha pensato di pigiare sul pedale ed è arrivato, con la comica finale, un battutone a sigillo del cabaret: "auto-sfruttamento".
Giretto in bici per le strade del primo maggio nordista. Rapporto: tutti i negozi aperti, si lavora alacremente, lo sfruttamento e l' auto-sfruttamento non danno tragua nè speranza.
Con tutti 'sti ponti non mi posso allontanare, siamo aperti e mi devo auto-sfruttare: il mercato ha fallito consegnandomi ad un destino cinico e baro.
No, una conclusione del genere non riesco a digerirla, preferisco la stoppa. Il mercato fallisce quando sfrutta il consumatore, non il produttore. Altrimenti, molto semplicemente, si giudica senza aver minimamente capito di cosa si parla.
D' altronde la logica che la produzione sia un mezzo e il consuno (godimento) un fine, mi sembra che fili, mi sembra destinata ad entrare in tutti i cervelli senza turbare le armonie celesti che regnano nella comune mente filosofica.
Sono contento di simpatizzare con un' idea che rispetta questa logica elementare. Peccato che molti giudici severi invece preferiscano invertirla.
Alienazione = invertire i fini con i mezzi. Ecco perchè il mercato produce alienazione... tra i suoi giudici. Perchè costoro hanno proceduto proprio con l' operazione di cui sopra.
Rettifica del bici-rapporto: tutti i negozi aperti, si lavora alacremente, lo sfruttamento e l' auto-sfruttamento non dà tragua nè speranza. Miriadi di consumatori piacevolmente sorpresi delle ricche opportunità!
Il produttore produce (lavora), il consumatore consuma (gode). Il fallimento dove sta?
La concorrenza è al ribasso quando il consumatore chiede un ribasso. Magari non arriva a fine mese, oppure preferisce investire altrove e allora chiede un ribasso, lo desidera, lo agogna... e spesso, per fortuna, lo ottiene.
Ma se il consumatore esprime diverso orientamento, la concorrenza sarà al rialzo.
Facciamo il caso dei Mcdonald's nel mondo. Hanno arricchito parecchio la concorrenza nel mondo non occidentale. Quasi sempre al rialzo. Adrian E. Tschoegl ci ha dato dentro per dimostrarlo.
Una delle cose esportate con McDonald's, per esempio, è stata l' igiene nei locali pubblici. Successone:
"...McDonald’s emphasis on cleanliness, including or especially in restrooms, has led its competitors to upgrade their facilities. Before the first McDonald’s opened up in 1975, restrooms in Hong Kong’s restaurants were notoriously dirty (Watson 1997). Over time, competitors felt compelled to meet McDonald’s cleanliness standards. The same thing appears to be occurring in China (Watson 2000). In Korea, McDonald’s introduced the practice of lining up in an orderly fashion to order food; traditional practice was simply to crowd the counter, with success in ordering accruing to the most aggressive (Watson 2000). In the Philippines, Jollibee mimics McDonald's clean and well-lighted look..."
Evidentemente i consumatori volevano più igiene, sentivano di potersela permettere. E qualcuno gliel' ha fornita. Tutto cio' non è affatto scontato, il consumatore potrebbe anelare ad un maggior sudiciume se il compenso che ne ricava è adeguato.
Il consumatore come fine, nel mercato come nella vita. Tutto fila. Lasciamo i giudici alienati alle loro elucubrazioni e occupiamoci dei mille casi in cui la concorrenza s' impantana per seri intoppi. Quelli sì che sono fallimenti.
mercoledì 30 aprile 2008
Siamo in tanti a mangiare
Non che le persone e le bocche siano aumentate. Il fatto è che adesso mangiano anche i motori. Posner ne è sicuro, e di solito un guru non si espone tanto chiaramente se...
"The demand for agricultural products has grown, though not as a result of population growth; instead as a result of increased demand for ethanol and other biofuels, and for food that requires more agricultural acreage to produce. Today, besides people and pigs eating corn, our motor vehicles "eat" corn that has been converted into ethanol"
"The demand for agricultural products has grown, though not as a result of population growth; instead as a result of increased demand for ethanol and other biofuels, and for food that requires more agricultural acreage to produce. Today, besides people and pigs eating corn, our motor vehicles "eat" corn that has been converted into ethanol"
I numeri dell' aborto
Tiriamo un sospiro di sollievo: il trend degli aborti realizzati è in calo un po' dovunque, perlomeno osservando il lungo periodo.
Certo, sarebbe interessante valutare l' andamento pre e post legislazione, ovviamente stornando i vari fattori che possono incidere sulla scelta abortiva.
Chi contribuisce di più ad accumulare aborti: in termini assoluti Asia e Africa. Ma in termini percentuali l' Europa.
"...certamente è in Europa che il tasso - numero di aborti per mille donne in età feconda - è più alto. Nel 1995 era pari a 48 in Europa, 37 nell’America Centro-Meridionale, 33 in Asia e Africa, 22 in America del Nord e Oceania..."
Sembra strano che paesi con il welfare più avanzato siano anche quelli dove si abortisce di più in percentuale.
Da questo punto di vista però l' Italia sembra un paese particolarmente virtuoso.
Da non dimenticare il fatto che l' aborto resta pur sempre di gran lunga la prima causa di infortunio mortale.
Gli incidenti stradali vengono molto dopo. Quelli sul lavoro, in rapporto, sono addirittura insignificanti.
Certo, sarebbe interessante valutare l' andamento pre e post legislazione, ovviamente stornando i vari fattori che possono incidere sulla scelta abortiva.
Chi contribuisce di più ad accumulare aborti: in termini assoluti Asia e Africa. Ma in termini percentuali l' Europa.
"...certamente è in Europa che il tasso - numero di aborti per mille donne in età feconda - è più alto. Nel 1995 era pari a 48 in Europa, 37 nell’America Centro-Meridionale, 33 in Asia e Africa, 22 in America del Nord e Oceania..."
Sembra strano che paesi con il welfare più avanzato siano anche quelli dove si abortisce di più in percentuale.
Da questo punto di vista però l' Italia sembra un paese particolarmente virtuoso.
Da non dimenticare il fatto che l' aborto resta pur sempre di gran lunga la prima causa di infortunio mortale.
Gli incidenti stradali vengono molto dopo. Quelli sul lavoro, in rapporto, sono addirittura insignificanti.
martedì 29 aprile 2008
La vita dopo aver sparato - 49 racconti
Mettono a disgio i dialoghi ellittici con cui Hemingway inaugura almeno una ventina dei suoi 49 racconti.
Sembra si diverta a tirare in lungo le ambiguità. Nei casi limite, quelle lacune tanto fastidiose allo sprovveduto, non verranno mai colmate.
Pur in presenza di una scrittura semplice, l' economia tirannica di certi passaggi emargina i non-iniziati. C' è una voglia di castigare il dilettante, di escluderlo grazie al gergo. L' inesperto "non ha vissuto", questa è la sua colpa, che brancoli nel vuoto pneumatico delle verginelle.
Se in molti scrittori l' utilizzo di un gergo serve per "sporcare" la pagina, per abbassare il tono, per renderlo poplaresco, per volare basso, in H il gergo è un marchio elitario, è funzionale all' emarginazione del curioso che passa.
Se in molti scrittori la semplicità serve per rendere modulare il racconto al fine di giocare con le strutture, ad H serve per ridurlo ad una laconicità petrosa e sempre più inaccessibile.
Lo stile è la mia passione, ho sempre la speranza di ricavare informazioni utili dedicandomi al linguaggio. Mi deprimo quindi quando gran parte della mia attenzione va persa per consultare la bussola del plot, per comprendere lo scenario, l' ambiente, la trama.
H gioca scherzi del genere, figuriamoci, alcune precisazioni giungono all' ultimo rigo, quando è tardi per rilassarsi; i suoi protagonisti hanno sempre una vena criptica. La loro gergalità è al limite del mafioso: se vuoi sfangarla e partecipare ad una vera emozione, devi penetrare quel mondo e decifrarlo alla svelta. Ma il biglietto d' ingresso costa caro.
Mi vengono in mente le facce interrogative di certa gente dopo l' ascolto di una canzone da lacrime di Paolo Conte. Realizzo solo molto dopo che per loro non possono esserci sussulti: sono prive delle altre mille canzoni che lastricano la strada per giungere fino a quelle lacrime. Non hanno mai pagato un biglietto d' ingresso, hanno ascoltato "da fuori". Non sono mai entrati "nel mondo", manca l' esperienza.
Questa passione per il professionismo rinvia ad una voglia di stare nel mondo.
Il fine principale è quello di "stancarsi". La morte "da stanchi" non ci fa più paura.
"... da quando la cancrena gli aveva attaccato la gamba non sentiva più dolore, era sparito anche l' orrore, provava solo una gran stanchezza. Per cio' che stava per piombargli addosso provava pochissima curiosità. Per anni lo aveva ossessionato; ma ora non significava nulla, in sè. Strano come la stanchezza rendesse tutto così facile...".
Fare, fare, fare...cose, cose, cose. Anche l' iteriorità è fatta di cose.
Dalla veranda africana il nostro eroe divorato dalle infezioni, al calar della sera, quando non c' è più luce per sparare, sente (orecchi, occhi, naso) la solita iena maleodorante passare al limite della proprietà. Perchè ci viene fatto sapere questo particolare? Perchè poi H si propone di dirci in due righe cos' è la morte. Per farlo gli servono "cose".
"...sua moglie era una brava donna e lui quel pomeriggio era stato crudele... nel preciso momento in cui pensava questo sentì che stava morendo; non era nè un' ondata nè una raffica di vento ma un vuoto improvviso e puzzolente, e la cosa più strana è che sull' orlo di quel vuoto scivolava con passo furtivo la iena..."
Ivan Ilic + una iena.
L' Uomo Stanco è un Uomo che ha Sparato, entra in un' elite speciale, un' elite senza donne (la proverbiale misogenia di H, altra comunanza con Conte). La donna vedentodoti così assorto e sfiancato ti chiede... ma poi si distrae. L' Uomo Stanco vuole una ragazza, ma non vuole dover faticare per averla. Gli piacerebbe una pupa, purchè non perda troppo tempo a conquistarla. Non vuole complicazioni, è stanchissimo; magari non è mai uscito di casa, eppure è stanchissimo; non apre la bocca, eppure ha il fiatone. Gli si addice ormai solo una vita tranquilla, senza rogne. In fondo, a pensarci bene, di una ragazza non ha nemmeno bisogno. Avere una ragazza è ok, purchè prenda lei l' iniziativa e poi stia zitta. Purchè non turbi la tranquilla agonia in corso. Ma questa speranza è pretenziosa, appena le cose si avviano, da ogni dove sorgono maledette complicazioni che turbano il bene più prezioso: la sua inoperosità. Intanto, intorno a lui gli altri procedono, coltivano i loro affari e "si sistemano". Uno alla volta "si sistemano". Se provi a scuoterlo lui comincia a fissare qualcosa, tipo il grasso della pancetta che si rassoda. Chi gli sta accanto ogni tanto si dispera, non è da escludere che l' Uomo Stanco, preso dal panico, si lasci scappare parole di conforto, parole rassicuranti. Gli vengono anche perchè è sorpreso che ci sia della gente ancora in grado di fare caso a lui. Tornata la calma, l' Uomo che ha Sparato noterà quanto sia sciocco aver pronunciato quelle parole. Comunque ormai è fatta, speriamo non ci siano altri intoppi.
Sembra si diverta a tirare in lungo le ambiguità. Nei casi limite, quelle lacune tanto fastidiose allo sprovveduto, non verranno mai colmate.
Pur in presenza di una scrittura semplice, l' economia tirannica di certi passaggi emargina i non-iniziati. C' è una voglia di castigare il dilettante, di escluderlo grazie al gergo. L' inesperto "non ha vissuto", questa è la sua colpa, che brancoli nel vuoto pneumatico delle verginelle.
Se in molti scrittori l' utilizzo di un gergo serve per "sporcare" la pagina, per abbassare il tono, per renderlo poplaresco, per volare basso, in H il gergo è un marchio elitario, è funzionale all' emarginazione del curioso che passa.
Se in molti scrittori la semplicità serve per rendere modulare il racconto al fine di giocare con le strutture, ad H serve per ridurlo ad una laconicità petrosa e sempre più inaccessibile.
Lo stile è la mia passione, ho sempre la speranza di ricavare informazioni utili dedicandomi al linguaggio. Mi deprimo quindi quando gran parte della mia attenzione va persa per consultare la bussola del plot, per comprendere lo scenario, l' ambiente, la trama.
H gioca scherzi del genere, figuriamoci, alcune precisazioni giungono all' ultimo rigo, quando è tardi per rilassarsi; i suoi protagonisti hanno sempre una vena criptica. La loro gergalità è al limite del mafioso: se vuoi sfangarla e partecipare ad una vera emozione, devi penetrare quel mondo e decifrarlo alla svelta. Ma il biglietto d' ingresso costa caro.
Mi vengono in mente le facce interrogative di certa gente dopo l' ascolto di una canzone da lacrime di Paolo Conte. Realizzo solo molto dopo che per loro non possono esserci sussulti: sono prive delle altre mille canzoni che lastricano la strada per giungere fino a quelle lacrime. Non hanno mai pagato un biglietto d' ingresso, hanno ascoltato "da fuori". Non sono mai entrati "nel mondo", manca l' esperienza.
Questa passione per il professionismo rinvia ad una voglia di stare nel mondo.
Il fine principale è quello di "stancarsi". La morte "da stanchi" non ci fa più paura.
"... da quando la cancrena gli aveva attaccato la gamba non sentiva più dolore, era sparito anche l' orrore, provava solo una gran stanchezza. Per cio' che stava per piombargli addosso provava pochissima curiosità. Per anni lo aveva ossessionato; ma ora non significava nulla, in sè. Strano come la stanchezza rendesse tutto così facile...".
Fare, fare, fare...cose, cose, cose. Anche l' iteriorità è fatta di cose.
Dalla veranda africana il nostro eroe divorato dalle infezioni, al calar della sera, quando non c' è più luce per sparare, sente (orecchi, occhi, naso) la solita iena maleodorante passare al limite della proprietà. Perchè ci viene fatto sapere questo particolare? Perchè poi H si propone di dirci in due righe cos' è la morte. Per farlo gli servono "cose".
"...sua moglie era una brava donna e lui quel pomeriggio era stato crudele... nel preciso momento in cui pensava questo sentì che stava morendo; non era nè un' ondata nè una raffica di vento ma un vuoto improvviso e puzzolente, e la cosa più strana è che sull' orlo di quel vuoto scivolava con passo furtivo la iena..."
Ivan Ilic + una iena.
L' Uomo Stanco è un Uomo che ha Sparato, entra in un' elite speciale, un' elite senza donne (la proverbiale misogenia di H, altra comunanza con Conte). La donna vedentodoti così assorto e sfiancato ti chiede... ma poi si distrae. L' Uomo Stanco vuole una ragazza, ma non vuole dover faticare per averla. Gli piacerebbe una pupa, purchè non perda troppo tempo a conquistarla. Non vuole complicazioni, è stanchissimo; magari non è mai uscito di casa, eppure è stanchissimo; non apre la bocca, eppure ha il fiatone. Gli si addice ormai solo una vita tranquilla, senza rogne. In fondo, a pensarci bene, di una ragazza non ha nemmeno bisogno. Avere una ragazza è ok, purchè prenda lei l' iniziativa e poi stia zitta. Purchè non turbi la tranquilla agonia in corso. Ma questa speranza è pretenziosa, appena le cose si avviano, da ogni dove sorgono maledette complicazioni che turbano il bene più prezioso: la sua inoperosità. Intanto, intorno a lui gli altri procedono, coltivano i loro affari e "si sistemano". Uno alla volta "si sistemano". Se provi a scuoterlo lui comincia a fissare qualcosa, tipo il grasso della pancetta che si rassoda. Chi gli sta accanto ogni tanto si dispera, non è da escludere che l' Uomo Stanco, preso dal panico, si lasci scappare parole di conforto, parole rassicuranti. Gli vengono anche perchè è sorpreso che ci sia della gente ancora in grado di fare caso a lui. Tornata la calma, l' Uomo che ha Sparato noterà quanto sia sciocco aver pronunciato quelle parole. Comunque ormai è fatta, speriamo non ci siano altri intoppi.
Uhm... forse un giorno ci spiegheremo meglio...
... intanto provaci tu, avvocato...
Tutti giù per terra: il girotondo di educazione e tecnologia
Ormai dobbiamo prendere contezza del fatto che, in questa fase storica, una società libera come puo' essere quella statunitense, accresce al suo interno le diseguaglianze.
La cosa puo' essere spiacevole.
Senz' altro è un prezzo alto ma per cosa lo si paga? Non si capisce il motivo ma qualcuno ama trascurare questa domanda preferendo emanare subito le sentenze.
Il fenomeno sembra essere originato dalla rivoluzione telematica e dalla recente globalizzazione.
La globalizzazione, con la mobilità dei fattori che induce, sposta altrove molte attività a basso contenuto tecnologico lasciando spiazzate intere categorie di lavoratori. Questi ultimi devono ricorrere ad una riqualificazione non sempre facile. Se la cavano meglio i lavoratori con alte skills più facilmente riconvertibili.
Ma negli ultimi anni lo spiacevole fenomeno ha interessato un numero crescente di categorie professionali e soprattutto non si è contenuto a quelle categorie a "bassa specializzazione".
Due interi paragrafi per dire una banalità: il legame assodato tra diseguaglianza, tecnologia e istruzione.
Negli anni passati la crescita tecnologica è stata accompagnata da una crescita dell' istruzione di massa, cio' ha consentito anche una maggiore compattezza in termini di redditi.
Più recentemente l' innovazione tecnica ha assunto una velocità rapsodica. I livelli di formazione erano già schiacciati verso l' alto rispetto all' offerta universitaria, le due variabili hanno cessato di viaggiare insieme.
Ma l' elemento nuovo è ancora un altro: mentre prima l' individuo che iniziava un percorso doveva semplicemente decidere il proprio LIVELLO di formazione, ora è posto di fronte ad una gamma di opzioni più complessa. Deve decidere COME formarsi. La scelta formativa è diventata una vera scelta imprenditoriale legata all' intuito speculativo. Si rischia di arrivare al doppio Master senza che ci si possa giovare in alcun modo dello sforzo compiuto. Più ancora che la scelta di affinare la propria preparazione, ha peso la direzione che si intende intraprendere, l' istituto a cui si dà fiducia, la classe dove ci si forma, i professori frequentati, i luoghi dello stage e così via.
Fintanto chè i modi di formazione del capitale umano erano scoperti, anche un benevolo Pianificatore centrale poteva agevolarli mediante incentivi e propaganda.
Ma ora il percorso formativo richiede vere scelte imprenditoriali e su questo terreno,lo sappiamo benissimo, il Pianificatore statale è goffo e fallisce puntualmente. Pochi intuiscono, pochi ce la fanno, pochi prendono il largo, pochi si staccano. E la diseguaglianza cresce.
Ecco un articolo che tesse questo stesso filo ed ecco invece un lavoro tecnico da cui presto uscirà un libro (Claudia Goldin/Lawrence F. Katz: "The Race Between Education and Technology").
La cosa puo' essere spiacevole.
Senz' altro è un prezzo alto ma per cosa lo si paga? Non si capisce il motivo ma qualcuno ama trascurare questa domanda preferendo emanare subito le sentenze.
Il fenomeno sembra essere originato dalla rivoluzione telematica e dalla recente globalizzazione.
La globalizzazione, con la mobilità dei fattori che induce, sposta altrove molte attività a basso contenuto tecnologico lasciando spiazzate intere categorie di lavoratori. Questi ultimi devono ricorrere ad una riqualificazione non sempre facile. Se la cavano meglio i lavoratori con alte skills più facilmente riconvertibili.
Ma negli ultimi anni lo spiacevole fenomeno ha interessato un numero crescente di categorie professionali e soprattutto non si è contenuto a quelle categorie a "bassa specializzazione".
Due interi paragrafi per dire una banalità: il legame assodato tra diseguaglianza, tecnologia e istruzione.
Negli anni passati la crescita tecnologica è stata accompagnata da una crescita dell' istruzione di massa, cio' ha consentito anche una maggiore compattezza in termini di redditi.
Più recentemente l' innovazione tecnica ha assunto una velocità rapsodica. I livelli di formazione erano già schiacciati verso l' alto rispetto all' offerta universitaria, le due variabili hanno cessato di viaggiare insieme.
Ma l' elemento nuovo è ancora un altro: mentre prima l' individuo che iniziava un percorso doveva semplicemente decidere il proprio LIVELLO di formazione, ora è posto di fronte ad una gamma di opzioni più complessa. Deve decidere COME formarsi. La scelta formativa è diventata una vera scelta imprenditoriale legata all' intuito speculativo. Si rischia di arrivare al doppio Master senza che ci si possa giovare in alcun modo dello sforzo compiuto. Più ancora che la scelta di affinare la propria preparazione, ha peso la direzione che si intende intraprendere, l' istituto a cui si dà fiducia, la classe dove ci si forma, i professori frequentati, i luoghi dello stage e così via.
Fintanto chè i modi di formazione del capitale umano erano scoperti, anche un benevolo Pianificatore centrale poteva agevolarli mediante incentivi e propaganda.
Ma ora il percorso formativo richiede vere scelte imprenditoriali e su questo terreno,lo sappiamo benissimo, il Pianificatore statale è goffo e fallisce puntualmente. Pochi intuiscono, pochi ce la fanno, pochi prendono il largo, pochi si staccano. E la diseguaglianza cresce.
Ecco un articolo che tesse questo stesso filo ed ecco invece un lavoro tecnico da cui presto uscirà un libro (Claudia Goldin/Lawrence F. Katz: "The Race Between Education and Technology").
lunedì 28 aprile 2008
Destra e criminalità percepita
Si dice che nella recente tornata elettorale la Destra, per i suoi successi, abbia fatto leva su un diffuso senso di insicurezza. Non sarebbe la prima volta, direi che è un "classico".
Dati alla mano, poi, si fa notare anche come tale senso d' insicurezza sia solo "percepito" e non anche "effettivo".
Tutto ciò serve per concludere come questa rendita elettorale sia ingiustificata e pompata ad arte nel tentativo di ingannare l' elettorato.
Ma alcune cose andrebbero chiarite.
Dati alla mano, poi, si fa notare anche come tale senso d' insicurezza sia solo "percepito" e non anche "effettivo".
Tutto ciò serve per concludere come questa rendita elettorale sia ingiustificata e pompata ad arte nel tentativo di ingannare l' elettorato.
Ma alcune cose andrebbero chiarite.
C' è crimine e crimine. I conti poi bisogna farli bene.
Quando si fa notare che l' aumento di stranieri (anche clandestini) non comporta aumento di criminalità, si dà una notizia importante e spesso vera. Ma non si può chiudere qui la discussione.
Bisognerebbe anche vedere la percentuale di crimini commessi dagli stranieri (specie clandestini). Overossia, la probabilità che a commettere un crimine sia un clandestino.
Ho paura che si farebbero brutte scoperte, almeno per quanto riguarda i clandestini.
Ho paura che ne uscirebbero giustificati alcuni pregiudizi e che la distinzione tra "percepito" ed "effettivo" verrebbe meno. Ne ho già parlato e non ho tempo per i link.
In secondo luogo, è importante anche distinguere la tipologia dei crimini.
Alcuni crimini vengono definiti "victimless". Sono crimini, anche molto dannosi, ma non hanno una vera vittima, non sono particolarmente idonei a diffondere paure.
Facciamo qualche esempio e notiamo come crimini del genere siano perlo più riconducibili alle cosiddette "mafie".
Se la delinquenza organizzata mette in piedi una bisca nel mio quartiere, si assiste ad un incremento dell' attività criminale, ma io non mi sento fondamentalmente "minacciato". Se sono un po' ingenuo o distratto, manco mi accorgo di quel che succede.
La criminalità di stampo mafiosa è un cancro inoperabile, eppure spesso è "victimless": droga, prostituzione, gioco d' azzardo, spartizione sussidi.
Arrivo a dire che anche l' attività estorsiva (il cosiddetto "pizzo") non aumenta la percezione di criminalità.
Uno si presenta nel tuo negozio a chiedere la percentuale minacciandoti. E' una turbativa devastante ma incide sulla nostra percezione criminale? Altri fanno lo stesso (es. il fisco) e noi siamo stati abituati a non percepire questo fatto come un crimine. Così come molti considerano il fisco un "inconveniente", lo stesso sentimento riservano a Don Rafaè. Niente sindrome d' insicurezza, dunque.
Si dirà, c' è però anche un crimine indotto dal crimine organizzato! Se il consumo di droga si diffonde capita che il consumatore sia indotto a delinquere. E qui c' è il paradosso: i quartieri più sicuri sono proprio quelli controllati dalle mafie, quelli soggetti ad estorsione, quelli dove le mafie concentrano la loro attività. Osare un microcrimine in queste "zone" puo' costare carissimo.
Il "giocatore" puo' ricorrere allo strozzino. Forse che l' usura non è il classico crimine "victimless"?
Bisogna far notare che la grande criminalità produce eccome i suoi morti ammazzati. Percezione: si ammazzano su tra di loro. E' una percezione per lo più corretta.
Spesso è vero infatti, e la percezione che chi ha scelto quella vita ha scelto anche i rischi che comporta, prevale.
Dove c' è prostituzione o spaccio o gioco d' azzardo, io sono sottoposto a tentazioni. Ma il rischio di cadere in tentazione è molto diverso e meno inquietante rispetto al rischio di cadere vittima di uno stupro se esco a passeggiare la sera. Nel primo caso vengo rassicurato dal mio self control, nel secondo sono in balia del caso
ADD1. Altri elementi che incidono sulla: 1) l' impunità (pochi crimini ma impuniti...) 2) il confronto con i vicini (in america la criminalità è crollata, da noi si mantiene inalterata).
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