Carlo Carabba – Canti dell’ abbandono
Cosa c’ è?
C’ è un momento privilegiato da indagare: il risveglio.
L’ apertura degli occhi. Chi sono? Dove sono? Ah, ecco… sono dove non devo.
E poi?
C’ è sempre un’ identità minacciata… del fumo che forse è fuoco…
Un’ identità labile e compressa: … conosco solo il qui, non il là… e sono sempre dove sono e mai altrove…
Per rimarcarla ci si rifugia nel “ciclo” sperando che il “ruotare” sia un “ruotare” intorno a qualcosa: ritorna lo scirocco e gli abiti leggeri…
Un virus si propaga, colpisce in pieno giorno, perlopiù le anime dei possessori di motorini: al semaforo si affianca un’ auto… cattivo presagio… “stai attento potresti morire”… si riparte di filata, con il cavalletto ancora a terra che fa scintille…
Ogni passeggiata, lo si sappia, è condannata a riempirsi di svolte sbagliate e giri a vuoto.
C’ è poi una cosa che nei poeti italiani difficilmente manca: una disgregazione in atto a cui resistere (o a cui abbandonarsi):
… ho lasciato che il dolore mi sperdesse come il vento la neve sulle ali di un aereo…
Ma anche tanta voglia di farla finita, innanzitutto con la tragicommedia dello scrivere: niente più pensieri, niente storie…
Dopo la dispersione, ogni giorno, puntuale, fa capolino lo stupore del ritrovarsi: … sempre la stessa mano che passa sullo stesso libro…
E subito dopo si fa viva la fatica di coordinarsi per combinare qualcosa:
non so calibrare i miei moti / su quelli regolari della terra / e il ritmo stagionale non si accorda / al flusso diseguale dei miei umori…
Ah, poi ci sono i viaggi. Viaggi a volontà.
Nel tempo…
Specie all’ indietro, alla notte prima dell’ operazione, con le mani sulla tovaglia a quadri azzurri mentre si chiacchiera con il padre: ogni parola tace.
… la paura d’ esserti figlio sotto condizioni / riceverò solo se ti sarò piaciuto…
E dove c’ è un padre ci sono delle reminiscenze:
con te portavi doni / giochi pupazzi e qualche scatto d’ ira / che più tardi ho imitato…
E poi ancora indietro, fino alla notte dell’ eclissi: un lampione, solo padrone della scena, pareva lui la luna. Che c’ entra l’ eclissi con il mio condominio?
Nelle cose…
Tutti i poeti hanno un debole per gli oggetti. La missione è quella di salvare i loro “protetti” dal bieco funzionalismo: sacrifichiamo i quadranti degli orologi!… noi che possediamo una pelle che segna l’ ora esatta…
Dal soggiorno una luce azzurrina illumina l’ aria sulla quarta corda: documentari per bambini avidi di conoscenza e per disperati aviti di torpore… documentari popolati da bruchi che crescono ad ogni morso fino a raggiungere lunghezze insopportabili… vertigine di segmenti che paiono conformi a scopo senza scopo…
Sui mezzi…
Sul treno: … che prosegue la sua corsa e non mi lascia abbandonare il posto…
Sull’ autobus: quelle facce stanche del mattino… quei corpi troppo coperti che s’ inchinano ad ogni rosso…
Non c’ è viaggio senza incidente.
Un secondo dopo lo scontro: la ragnatela sotto i due tergicristallo scampati al disastro…
Due secondi dopo lo scontro: le domande provenienti dal ginocchio spezzato… perché proprio qui ed ora? … perché non prima o dopo? … le risposte cattive: … per tutte quelle volte che non c’ ero e sei sopravvissuto… per tutte quelle volte che non sei morto…
Nella dimensione…
In sogno: per afferrare meglio le cose respiro un po’ più forte.
Nell’ immaginazione: di quanti incontro invento la storia e sbaglio sempre.
***
Dopo tanta vita, dopo tanti righi, dopo tanta riflessione, ecco spuntare la Saggezza.
La sua imponenza si dispiega: a un giorno meno lieto ne succede uno lieto, e viceversa…
Subito affondata dalla sua futilità: dovrei saperlo… ma oggi me lo sono scordato, e ieri anche, credo…