Negli USA il reddito medio stagna dal 1980, così come è sensibilmente rallentato il tasso d’ innovazione tecnologica.
La stessa dinamica si registra un po’ ovunque nei paesi ricchi.
Cosa sta succedendo all’ Occidente?
Ecco l’ idea di Cowen: le grandi innovazioni del XVIII e XIX secolo hanno dato una scrollata all’ albero. I grandi governi del secolo XX hanno raccolto i frutti a terra.
Ora di frutti in terra non ce ne sono più molti e la raccolta sembra esaurirsi, senonché gli uomini del governo esteso non hanno nessuna voglia di cedere nuovamente la pianta nelle mani degli scrollatori.
Per avere un’ idea di “low-hanging-fruit” ci si concentri per un attimo sull’ istruzione: rendere più produttivo un analfabeta è relativamente facile ma legare oggi gli investimenti educativi alla crescita economica è praticamente impossibile. Al di là di ogni retorica, chi potrebbe negarlo?
Qualcuno opina osservando che internet è un’ innovazione di portata almeno pari all’ elettricità. In questo senso il suo scrollone è imponente e manda all’ aria molte cose, tra cui la tesi che stiamo discutendo.
Staremo a vedere, sta di fatto che per ora non sembra proprio, e di acqua sotto i ponti ne è passata parecchia ormai.
Ad oggi l’ avvento di Internet si riflette poco nelle statistiche legate allo sviluppo: l’ Ipod ha creato 14000 posti di lavoro e Facebook meno di 2000. Quisquilie.
Perché?
Forse internet, più che uno strumento, è un fine. Non serve ad investire, quanto a consumare.
Mi spiego meglio con un esempio banale.
Prima potevi tagliare i ponti e chiuderti in casa massimo per un paio di giorni, dopodiché, pena il soffocamento, era giocoforza uscire per una boccata d’ aria e di contatto umano. Oggi puoi barricarti in cameretta doppiando la settimana, il tempo vola e tu viaggi con la mente senza mai atterrare.
Esagero?
Cio’ non toglie che internet favorisca l’ isolamento e l’ introversione, cosicché l’ “isolato” e l’ “introverso” sono i maggiori beneficiati; sono loro gli "eroi sociali" del nostro tempo. Nel nuovo mondo i timidi vanno a nozze (anche nel vero senso della parola).
Alla fine bisogna concludere con un certo sconcerto che chi utilizza la rete per progettare e costruire concretamente qualcosa gratta solo la superfice dell’ innovazione finendo per trattarla come un telefono superveloce o un’ adunata oceanica. Cose che in fondo c’ erano anche prima.
La profonda natura del nuovo si disvela con ritrosia a chi non sacrifica la propria socialità divenendo un po’ “più autistico”.
Internet resta un fattore liberante, ma un fattore interiore: i Grandi Governi regolano ogni forma di vita ma difficilmente avranno accesso alla nostra vita interiore.
Detto questo, vediamo ora come queste considerazioni si riflettano poi sulle statistiche produttive.
Un patito potrebbe decidere di rinunciare alle vacanze per starsene quindici giorni ipnotizzato dalla realtà virtuale di internet. In un caso del genere il PIL di quel paese diminuirebbe per effetto dell’ innovazione. Un concetto spiazzante che non viene subito afferrato poiché di solito associamo in automatico innovazione-sviluppo-pil.
Questo esempio estremo rende chiaro cosa intende Cowen quando si mostra scettico sulla portata economica della rete. Somiglia troppo ad una droga per essere realmente produttiva.
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Se questo è il mondo in cui viviamo la domanda diventa: dobbiamo tornare alla stagione degli scrollatori selvaggi?
Possiamo davvero farlo? O è meglio rassegnarci e vivere felici (e autistici) nella stagnazione?
Tyler Cowen - The Great Stagnation