venerdì 16 marzo 2018

BREVE STORIA DEL POLITICAMENTE CORRETTO

Frank Furedi racconta la storia del “politicamente corretto” e ascoltandolo ho davvero la sensazione di imparare qualcosa. Dopo il mattatoio dei conflitti mondiali l’Europa ha creduto di individuare nel “moralismo” il virus letale che l’aveva devastata nella prima metà del XX secolo. Da quel momento ogni discorso con riferimenti o appelli ai cosiddetti “valori” doveva ricevere la stimmate del disprezzo, non solo civile ma anche estetico (in Italia mi viene in mente la guerra dichiarata dalla neo-avanguardia al povero Bassani). L’asetticità della retorica avrebbe garantito l’assenza di acrimonia e la neo-lingua del “politicamente corretto” aveva per obbiettivo proprio quello di offrire un campo di discussione eticamente non connotato. Quello che in politica era la “tecnocrazia”, in ambito culturale era incarnato dalla salubre aridità del “politicamente corretto”.
A distanza di anni possiamo ben dire che il progetto sia naufragato, cosa c’è infatti che suoni oggi più moralista di una tirata “politicamente corretta”? Cosa c’è di più bigotto e bacchettone che un soggetto ligio al p.c.? Nel dichiarare il fallimento dobbiamo però anche essere consci che si tratta di un fallimento del preteso “neutralismo”. Se si tiene conto di queste indicazioni ci si spiega anche la riluttanza con cui i “moralisti” contemporanei che pontificano dai giornali accettino quell’epiteto: cio’ che si ritrovano ad essere è anche cio’ che hanno combattuto per tutta la vita! Specie nei loro gloriosi anni sessanta, quando l’azzeramento della morale era un obbiettivo dichiarato

Concern and hostility towards populism has become a distinctive feature of contemporary political culture. In Europe such concerns are frequently directed at…
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