Ottavo passo: Gesù è Dio (il Nuovo Testamento)
Ora che sappiamo cosa attenderci da un Dio incarnato, possiamo volgere la nostra attenzione a Gesù. Il Nuovo Testamento è la fonte principale da cui traiamo notizie su di lui, innanzitutto le lettere di Paolo – una fonte quasi certamente genuina – scritte appena mezzo secolo dopo la nascita di Cristo. Ma poi anche i Sinottici: Marco (70 dC), Luca e Matteo (80 dC). Luca scrisse anche gli Atti degli Apostoli. Chi siano gli evangelisti è ancora poco chiaro, probabilmente dei cristiani della prima ora con incarichi di vertice nelle rispettive comunità. C’è poi il Vangelo di Giovanni, portato a termine intorno al 90 dC, probabilmente ispirato ma non scritto dall’ apostolo Giovanni.
Luca si propone di redigere uno scritto storico, e allo stesso modo va interpretato il lavoro di Marco, idem per Matteo. Anche gli Atti vanno letti a tutti gli effetti come un libro di storia. Si tratta di scritti ricchi di concordanze che si avvalorano reciprocamente, i riferimenti storici che portano, poi, sembrano pertinenti, a partire dai quattro governatori romani e dai quattro re di Giudea che vengono esplicitamente citati. Da un punto di vista metodologico siamo poi tenuti a seguire il principio della testimonianza, ovvero a credere alla lettera di quanto leggiamo fino a prova contraria. A cio’ si aggiunge il martirio subito dai primi cristiani pur di non negare la loro fede, evidentemente la loro credenza era robusta.
Le Scritture presentano qualche differenza nei dettagli, ma la cosa è compatibile con una trasmissione orale, quello che impressiona è piuttosto l’accordo sui fatti principali, anche quando non sembrano fondamentali. Per esempio, Gesù non necessitava certo di un Battesimo ma tutti i Vangeli riportano il fatto in modo concorde. Inoltre, gli storici dell’antichità non possedevano gli standard di accuratezza degli storici moderni. Giovanni afferma solennemente che le sue fonti sono dei testimoni diretti. Cio’ non toglie che un po’ in tutti i Vangeli ci siano passaggi più inclini al genere della “storia fiabesca”, specie quando l’oggetto è la nascita di Gesù, ma in generale il genere storico cronachistico da prendere alla lettera prevale.
La ragione principale per cui molti restano increduli di fronte a questi scritti sono i miracoli riportati un po’ ovunque. Innanzitutto bisogna dire che forse non tutti gli episodi riferiti come miracoli siano tali, probabilmente il figlio della vedova, per esempio, non era morto quando è stato “resuscitato” (Luca 7: 11-17), ma su altri c’è poco spazio al dubbio: uno non puo’ guarire dalla lebbra in modo istantaneo! Se però abbiamo seguito diligentemente i “passi” precedenti sappiamo che Dio non solo puo’ compiere miracoli ma molto probabilmente li compirà una volta incarnato, è un modo per apporre la sua firma e farsi riconoscere, l’unica condizione è la rarità degli stessi. Il miracolo della resurrezione sembra il più documentato, abbondano i particolari ed è disponibile una lista di testimoni. Certo che se è credibile il miracolo principale diventano più credibili anche gli altri, anche quelli più problematici come la nascita da una donna vergine. Stupisce infatti il riconoscimento tardivo del dogma dell’Immacolata Concezione ma possono essere addotte due ragioni: 1) il miracolo poteva essere testimoniato solo da Maria ma la testimonianza di una donna era priva di valore presso i Giudei, ovvero il popolo verso cui era indirizzato il proselitismo dei primi cristiani. 2) La proclamazione del miracolo avrebbe indirettamente confermato nei più scettici il sospetto di illegittimità di Gesù, minando anche la sua opera di profeta. D’altro canto è credibile che Dio, così come ha voluto apporre la sua firma alla morte di Gesù, abbia voluto farlo anche alla nascita.
Dal Dio incarnato mi aspetto una vita perfetta e colma di sofferenze, i motivi sono chiariti nei “passi” precedenti. Com’è stata la vita di Gesù? Non la conosciamo nei dettagli del privato ma possiamo giudicare la sua vita pubblica. Era un uomo che si accompagnava volentieri con tutti, sia con i fuori casta che con i farisei, in questo si distingueva dai suoi contemporanei ma anche dai profeti precedenti. Non rifiutava nemmeno la compagnia dei disonesti, per esempio quella dell’esattore Zaccheo. Quando lo scopo di questa vicinanza è l’insegnamento della verità chi potrebbe condannare? Anzi, tutti noi siamo tenuti al plauso, anche l’ultima anima era cercata da Gesù affinché avesse un’opportunità! Gesù, inoltre, pregava molto e seguiva i precetti dell’ebraismo, anche questo mi sembra sia da giudicare benevolmente: le sue intenzioni non erano meramente scandalistiche. Gesù si battezzò senza averne bisogno, un apprezzabile segno di umiltà. La sua vita successiva fu quella del maestro itinerante e si concluse con una condanna a morte che accettò in modo remissivo dimostrando così una dedizione totale alla sua missione. Fu accusato di blasfemia, ovvero di essersi proclamato Dio, un’accusa che in qualsiasi altro caso avrebbe segnalato quantomeno presunzione, ma, per ovvi motivi, il suo caso era diverso.
Ma Gesù ha davvero proclamato la sua divinità già prima della resurrezione? Personalmente penso di sì, anche se la tesi che abbraccio resta di minoranza. La maggior parte degli studiosi ritiene che Gesù non si sia mai pronunciato apertamente, la gente non avrebbe compreso, oppure avrebbe pensato ad un dio pagano. Di certo, comunque, ha rilevato apertamente la sua natura dopo la resurrezione invitando, oltretutto, i Dodici ad andare per il mondo e battezzare nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Proprio quei Dodici che dopo la resurrezione lo adorarono come un Dio. Tuttavia, ripeto, io credo che Gesù avesse già fatto passare nella sua vita precedente il messaggio della sua divinità, non a caso fi accusato di blasfemia. A Caifa disse di essere il Figlio dell’Uomo che side alla destra del Padre e viene dal Cielo. A quanto pare Gesù fa riferimento ad una figura di rango elevatissimo, talmente elevato che Caifa stesso si scandalizza e considera bestemmia quelle parole. Al processo in molti testimoniarono che Gesù aveva detto di poter distruggere il Tempio e ricostruirlo in tre giorni, un’impresa possibile solo a Dio. Marco nega validità a questi testimoni ma i dubbi restano. Nel corso della sua attività di predicatore Gesù perdonava i peccati, un atto riservato a Dio e che testimonia di come Gesù si presentasse in pubblico.
Ma Gesù dette ampie prove anche della sua natura umana esponendosi a ignoranza, debolezza e soggezione alle tentazioni.
Proprio come ci aspetteremmo – vedi passi precedenti – risulta in modo abbastanza chiaro che Gesù intendesse la sua morte come un sacrificio per i nostri peccati. Qui le parole pronunciate all’ Ultima Cena, alle quali rinvio, sono eloquenti.
Ma Gesù è stato anche maestro di morale e teologia, ci ha detto che Dio era onnipotente, onnisciente e creatore del mondo, aggiungendo che ci ama. Ha sostenuto la validità dei Dieci Comandamenti invitandoci alla preghiera, alla sollecitudine verso i bisognosi e all’elemosina. Ha comunque precisato che seguirlo è ancora più importante che osservare la Legge. La vita perfetta sta nella sua imitazione. A proposito, non è ancora ben chiaro se gli insegnamenti morali di Gesù siano da intendersi come precettivi oppure consigli per indirizzare la propria anima verso la perfezione, qui cattolici e protestanti si dividono con i primi che seguono la via dell’obbligo, d’altronde Dio ha il diritto di chiederci cose che non sarebbero altrimenti obbligatorie.
In genere Gesù, almeno in materia morale, ci chiede una predisposizione d’animo senza soffermarsi sui dettagli. Si sofferma sui particolari raramente, un caso di questi è quando bandisce il divorzio, e anche qui si va dal bando assoluto (Marco) a quello relativo (Matteo).
Gesù ha anche insegnato che Dio tornerà per giudicare i vivi e i morti, ci sarà cioè un giudizio finale in cui i cattivi saranno separati dai buoni. Per accedere al Paradiso sembra che gli standard necessari siano i più elevati e che Inferno e Paradiso siano eterni. La sorte delle persone con carattere non ben formato (bambini ecc.) sembra prefigurata nella parabola dei due schiavi: chi sbaglia ignorando non incorrerà nella punizione più dura, e qui rinvio a quanto detto nei “passi” precedenti. Gesù, così prodigo di insegnamenti morali e teologici, ha speso poche parole sulla dottrina della Trinità. Perché? Forse avrebbe corso il rischio di essere scambiato per un politeista, meglio allora dilazionare l’incombenza alle generazioni future. Tuttavia, ha sempre ben distinto la sua figura da quella del Padre.
Sembra chiaro che Gesù abbia fondato una Chiesa a partire dai Dodici (anche se la lista differisce leggermente nei vari Vangeli). C’è qui un richiamo alle 12 tribù di Israele fondate da 12 individui differenti. Lo Spirito divino avrà cura di detta Chiesa stendendo la sua mano su di lei e ispirandola.
Possiamo concludere che l’evidenza disponibile sulla vita e gli insegnamenti di Gesù è tale da poter dire che è all’incirca quel che ci attenderemmo da un Dio incarnato.