Pensando alla fertilità nei vari Paesi, ovvero al numero medio dei figli per ciascuna famiglia, avevo già notato come parecchi studiosi mettessero in luce la forte rilevanza di un "fattore culturale".
Ora Sacerdote et al. tornano sul tema con un' analisi comparata di Francia, USA, Italia, Svezia, Giappone, Spagna. Secondo questo studio il fattore più strettamente connesso al numero di figli avuti è la disponibilità dell' uomo ad aiutare nelle faccende domestiche. Ancora un fattore culturale, quindi.
"... using ISSP and World Values Survey data we show that countries in which men perform relatively more of the childcare and household production... have the highest fertility within the rich country sample. Fertility and women's labor force participation have become positively correlated across high income countries..."
Naturalmente non risulta che la divisione perentoria dei ruoli in famiglia induca di per sè alla sterilità della coppia, anzi, in passato questa impostazione ha favorito famiglie con proli sterminate. Evidentemente a produrre sterilità è stato il suo incontro/scontro con certi influssi del pensiero femminista.
Ma attenzione, postulando carichi di lavoro casalingo squilibrati, gli autori imboccano una scorciatoia che li porta subito alla conclusione che devono spiegare.
Per loro, molto semplicemente, le donne preferirebbero meno figli rispetto agli uomini ponendosi, con queste preferenze, all' origine della scarsa fertilità in paesi come l' Italia. Mi sa che il percorso da compiere per spiegare i pochi figli sia più tortuoso.
Sarà perchè gli autori rinunciano a dimostrare questo passaggio, sarà perchè secondo me ci sono dati che dimostrano il contrario sul numero ideale di figli per uomini e donne, sarà per questo ed altro ma secondo me Sacerdote la fa troppo facile.
Se la scarsa fertilità risiede davvero nella guerra tra i sessi e nei mariti poco collaborativi, la scintilla che scatena questa querra sta altrove, non nelle preferenze circa il numero dei figli ma nelle preferenze, per esempio, concernenti la pulizia della casa. Ripeto, è un esempio!
Nonostante le culture siano cambiate, non lo sono forse abbastanza. La donna, per quanto ormai impugni con decisione il suo diritto a ricevere un aiuto nelle faccende, ancora si sente la responsabile finale per le condizioni in cui si presenta a terzi il luogo dove vive la famiglia. L' uomo, pur prestando la sua opera è meno interessato al "risultato finale" da sottoporre al giudizio di amici e parenti.
In fondo, per qualcuno, la vera uguaglianza si realizzerà non quando l' uomo sentirà certi doveri ma quando non li sentirà più la donna. Ovvero, non quando le "specializzazioni" famigliari sfumeranno, ma quando saranno ulteriormente sfruttate:
"... my dad used to change the oil in our family cars. I certainly don't. I suffer exactly zero shame from the fact that I don't even know how. There are specialists who do this sort of thing. Real women's liberation and gender equality will come when social expectations shift enough to allow families to guiltlessly take full advantage of the returns to specialisation..."
Ora Sacerdote et al. tornano sul tema con un' analisi comparata di Francia, USA, Italia, Svezia, Giappone, Spagna. Secondo questo studio il fattore più strettamente connesso al numero di figli avuti è la disponibilità dell' uomo ad aiutare nelle faccende domestiche. Ancora un fattore culturale, quindi.
"... using ISSP and World Values Survey data we show that countries in which men perform relatively more of the childcare and household production... have the highest fertility within the rich country sample. Fertility and women's labor force participation have become positively correlated across high income countries..."
Naturalmente non risulta che la divisione perentoria dei ruoli in famiglia induca di per sè alla sterilità della coppia, anzi, in passato questa impostazione ha favorito famiglie con proli sterminate. Evidentemente a produrre sterilità è stato il suo incontro/scontro con certi influssi del pensiero femminista.
Ma attenzione, postulando carichi di lavoro casalingo squilibrati, gli autori imboccano una scorciatoia che li porta subito alla conclusione che devono spiegare.
Per loro, molto semplicemente, le donne preferirebbero meno figli rispetto agli uomini ponendosi, con queste preferenze, all' origine della scarsa fertilità in paesi come l' Italia. Mi sa che il percorso da compiere per spiegare i pochi figli sia più tortuoso.
Sarà perchè gli autori rinunciano a dimostrare questo passaggio, sarà perchè secondo me ci sono dati che dimostrano il contrario sul numero ideale di figli per uomini e donne, sarà per questo ed altro ma secondo me Sacerdote la fa troppo facile.
Se la scarsa fertilità risiede davvero nella guerra tra i sessi e nei mariti poco collaborativi, la scintilla che scatena questa querra sta altrove, non nelle preferenze circa il numero dei figli ma nelle preferenze, per esempio, concernenti la pulizia della casa. Ripeto, è un esempio!
Nonostante le culture siano cambiate, non lo sono forse abbastanza. La donna, per quanto ormai impugni con decisione il suo diritto a ricevere un aiuto nelle faccende, ancora si sente la responsabile finale per le condizioni in cui si presenta a terzi il luogo dove vive la famiglia. L' uomo, pur prestando la sua opera è meno interessato al "risultato finale" da sottoporre al giudizio di amici e parenti.
In fondo, per qualcuno, la vera uguaglianza si realizzerà non quando l' uomo sentirà certi doveri ma quando non li sentirà più la donna. Ovvero, non quando le "specializzazioni" famigliari sfumeranno, ma quando saranno ulteriormente sfruttate:
"... my dad used to change the oil in our family cars. I certainly don't. I suffer exactly zero shame from the fact that I don't even know how. There are specialists who do this sort of thing. Real women's liberation and gender equality will come when social expectations shift enough to allow families to guiltlessly take full advantage of the returns to specialisation..."