sabato 12 luglio 2008

Bonaccioni pragmatici alla ricerca del "gniffin"

Forse il Carlo Maria Maggi chiosato da Dante Isella, rende con buona approssimazione lo spirito della Grande Madre Lombarda, la sua natura bonacciona e pragmatica.

Rende lo spirito di questa Donna che si porta sempre dietro una religiosità pedestre con l' antidoto di qualche diffidenza celata in un riserbo che non accusa.

Una vicinanza alla Chiesa che ha poco o nulla da spartire con la fede dei Santi o con il phatos dei Mistici; molto invece con il sentimento popolare di una vita ordinata, con il senso morale di una tradizione "della nostra gente". Un sentimento vivo e riconoscibile anche laddove subisce la deturpazione della miseria e dell' ignoranza. Un sentimento che non è mai folklore ma vero bastone del pellegrino che attraversa la nottata.

E' il sentimento delle "genti mecaniche" di Manzoni, che cuociono a fuoco lento le astrazioni del filosofo finchè non sciolgono le loro grasse oscurità per riconciliarne la polpa con l' etica comune del buon senso.

Forse solo un dialetto che non si stima puo' esprimere i valori di questo mondo "medio", anzi "mediocre", con le sue virtù moderate e l' empito sopito al punto giusto: non la felicità ma il gniffin come unico bottino. Il "gniffin", ovvero i piccoli sorrisi di stupore con i quali possiamo disseminre il nostro passaggio.

Un istinto alla prudenza allergico alla riottosità dei fieri, un pensiero che spira dalle stalle delle cascine ma tende poi ad intrecciarsi con lo spirito delle sfere più elevate, entrando in intima alleanza con quello dei Sciuri che, se stanno lì nei loro salotti, un motivo ci sarà. Un' anti-ribellismo sempre a mezza via tra il calcolo, la convenienza e lo scetticismo istintivo dei vessati.

Guarda bene il mondo e non vi troverai motivi d' esaltazione. Guardalo ancora meglio e non vi troverai nemmeno di che deprimerti. E allora su...

Proprio l' altra mattina...

Innanz al mattutin, l' ora che 'l sogn
strensc pù fort e ogni rumò rincress...


... nella casa vicina al convento si sentono rumori strani e poi un gran botto...

... sti Monegh hin dà sù tucc in d' on colp
comm i pollè quand ghe va dent la volp... I lader, i ladron...


... il pericolo innesca una serie di scene un po' comiche, con lo zio che salta dal letto sentendo l' allarme "dand in l' orinari con ruina", gente che per difesa "ciappa ona canna de sfà giò i ragner" oppure "on s' ciopp che fu de Medeghin", chi invece ridotto a letto dalla gotta "mett cunt de moeve gnanch on pass, e ga ha minga pagura par poltroneria..."

Il finale di questa baraonda è indicativo e illustra l' istinto sdrammatizzante:

"... sta mattina se troeva che' l fracass
e lo stremizij l' è stà de fantasia.
Hin inscì i coss de qua sott:
Guardei al cair gh' i trovarì nagott"

L' egoismo santo ("... stè ben con quel de sora e fè 'l fatt vost...") è raccomandato. L' "ambizion da creppacoeur" è fuggita:

"... l' è ul sproposet pù gross c' abbia vedù
cattà roved e piansg che t' han spongiù..."


i confini dell' ignoranza preservatrice sono presidiati con cura...

... mì me par de stà mei quant manch ne sò
e pensi par calmar tucc sti rumor
che sora de sti niver gh' è 'l Signor...

I drammi di dimensione universale sono tralasciati quando non irrisi, finchè non toccano i "tuoi buoi", l' obbedienza disciplinata è un caposaldo imprendibile. I guai finanziari...

lassè al sciur, che sti cinc sold hin soeu
vù tirez drizz ol solch, no guardè in drè
e se vorrì guardà guardè i vost boeu


Pensare in grande non si addice a chi vive nel mondo serendipico:

Ol Togn che i verz heva piantà
fava orazion perchè el piovess un bott.
Piovett, e ol fen taijà in scambi de seccà cappè del cott;
L' uga fioriva, e par i roscià, andand in cavrieu, l' andè in nagott.
E Togn guardand ol ciel tornè a pregà
par da mò innanz che no 'l ghe dass a trà...

Una vita agra è disidratata? Forse, se non ci fossero i frugoletti. Basterebbe osservare il nonno come gioca con il suo Cecchino perchè l' allerta cessi e si entri nella dimensione del gniffin...

l' ha ppoeu sott, un nasin da sofià via cui basin
dù pomme de ganassinin...


Il bambino insegna al nonno l' arte dell' ottenere...

No sgarì nè piansc... si vor la tetta la dumanda in pas
al ciamma con creanza... e speccia con pazienza...


Forse questo mondo non ci conquisterà con le sue gioie, eppure il bambino in braccio al nonno ci fa capire come il nostro viaggio quaggiù, se accompagnato con la giusta ingenuità e curiosità (la scoperta di una barba pungente), puo' essere abbellito da mille sorrisetti (gniffin).

Ghe mett el volt appress con la barbascia
Cecchin se sent a sponsg e fa gniffin
Mì cred c' al rida e tutt col mè Cecchin
de Cà, Scoeura e Senat voerì pù strascià

Un gniffin del genere va subito battezzato:

... Ghe dic a volt: Cecchin, al tò Signor
che ta fai inscì bell, ghe sarè mai rebell?
E Cecchin me respond: Onghin, Ongò.
E mi me par ch' el dis: No.
Ghe torn a dì: ghe porteret amor?
Cugnossaret un dì quant el te ne porta a tì.
E Cecchin respond: Ongò, Onghì
e mi cred c' al diga: Sì...

Il gniffin come acconto del Paradiso, non è molto. Non è molto solo se lo si vede da lontano. Ma se ci si avvicina si capisce subito come in cambio di un gniffin, scuola, casa, senato, lavoro, possono aspettare dando la precedenza ai beni più preziosi. E allora, ecco finalmente dietro certi fili spinati, il latte purissimo che comincia a scorrere, a fluire sempre più cremoso e nutriente, fino all' alluvione.