venerdì 10 settembre 2010

Dimostrare Dio nel 2010

Sono ancora proponibili delle prove in grado di indirizzare la ragione verso Dio? Io penso di sì.

PROVA COSMOLOGICA. Swinburne: Dio è la spegazione più semplice (*). Vedi anche il Kalam argument riproposto da William Lane Craig.

PROVA LOGICA: da Anselmo a Godel, fino a Berti, gli apologeti non mancano.

PROVA TELEOLOGICA (VERSANTE ANTROPICO): l' esistenza dell' universo e la sua comprensione costituiscono una coincidenza che giustifica la fede. Ruini scala la montagna da questo versante. Il filosofo di riferimento sul punto è John Leslie.

PROVA TELEOLOGICA (VERSANTE PLATONICO): la sorprendente intelleggibilità dell' universo ce lo fa pensare come una realtà matematica e in quanto tale una realtà pensata da una mente (Landsburg e Tagmark ferrano questo versante senza giungere in vetta).

PROVA TRASCENDENTALE: poichè constato che le cose (fisica, etica...) hanno per me un significato (e non solo un senso) ne deduco l' esistenza di un "riferimento" divino. Oggi va per la maggiore, vedi Minossi.

PROVA MORALE: Una morale oggettiva esiste, da dove viene? Huemer trova le parole migliori per trattare perlomeno la prima parte dell' argomento. In ambito analitico s' impone il nome di William Sorely.

PROVA GNOSEOLOGICA: Dio e le altre menti. Da leggere Plantinga ma anche le semplici e cristalline intuizioni di Ambrosetti.

PROVA PROBABILISTICA: Pascal è sempre lì ma un bayesiano come il cardinale Newman costituisce un inizio ancora migliore.

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Oggi il cristiano si scontra con un muro d' indifferenza quando non di derisione, al più è tollerato se le iniziative a cui dà vita hanno un qualche rilievo sociale, in questo caso si accompagna la pacca sulla spalla con queste parole: "sei un tipo un po' inquietante ma finché ti comporti bene puoi convivere con noi". Tutto cio' lo richiama a una difesa delle fede e se questo è vero per noi, figuriamoci per i nostri figli domani.

Come portare allora qualche argomento a difesa della fede che suoni sensato anche alla controparte? Come deve spiegare cio' che è e cio' che fa a chi sembra vivere su un altro pianeta? Come puo' parlare della sua fede in modo seducente senza edulcorarla? Come deve impostare la sua apologetica?

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Di seguito faccio le pulci a quattro figure di credente. Nonostante le mie succinte critiche si tratta di figure per molti versi ammirevoli, e lo voglio dire subito per evitare ogni equivoco. Solo che con le loro modalità non rispondono al bisogno a cui vorrei far fronte: guadagnarsi il rispetto sincero dell' ateo mantenendo ferma la dottrina.

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La ragione insita nell' atto di fede è stata a lungo screditata da chi ha puntato su un fideismo talmente semplice da affascinare soprattutto i "semplicioni". Senonché, oggi, la massa non è composta né da colti né da semplicioni, bensì da un ideal tipo che incute timore: l' acculturato.

L' acculturato segue "duci" come Augias, avete presente? L' acculturato, se da un lato non si beve tutto, dall' altro non ha nemmeno tempo e voglia di  approfondire sospendendo prudentemente il giudizio.

Nulla va lasciato in sospeso. L' acculturato dà un senso alle sue prolungate immersioni nel mare dei mass media, delle librerie e dei festival solo se riesce a guardare dall' alto in basso i pochi sempliciotti rimasti sulla piazza, e spesso li trova nelle Chiese che ama frequentare e punzecchiare.

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Altri credenti pietiscono l' ascolto dell' uomo moderno puntando sull' etica. Potrei chiamarli eticisti.

In questi casi l' equivoco è sempre in agguato: l' etica non è la fede! La morale serve al fedele giusto per rendersi credibile di fronte all' infedele al fine poi di "evangelizzarlo".

Chi punta sull' etica finisce troppo spesso per dimenticare la fede, esita nel compiere il secondo passo, l' unico che conta.. La lusinga che deriva dal sentirsi riconosciuti lo appaga e lo blocca. L' evangelizzazione, unica meta, è accantonata. Peggio, è sentita quasi come un' offesa arrecata al prossimo che ci ha concesso un' ammirazione che non vogliamo mettere in pericolo. Molto meglio vestire i confortevoli panni dell' amico di tutti.

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A mezza strada tra il fideista e l' eticista si pone l' esistenzialista, costui sintetizza pregi e difetti dei primi due. Il ciellino-tipo potrebbe rientrare in questa categoria.

Completamente coinvolto in quello che fa, è capace di gesti generosi; si butta a testa bassa nell' esperienza di fede per viverla fino in fondo senza tralasciare nulla. Tutto cio' è cosa buona e giusta ma spesso ci si dimentica dell' altro (dell' infedele) e della sua diversa sensibilità.

L' "altro" resta spiazzato di fronte al fervore dell' "esistenzialista": com' è possibile tanta indemoniata energia al mondo d' oggi? Comincia a sospettare una qualche forma di "integralismo", o di "settarismo", o di "lavaggio della mente" e scappa tra l' ammirato e l' impaurito per tanta sicumera.

La posizione esistenzialista ha un difetto: pretende troppo. Ci si chiede di vivere come se Gesù fosse presente qui ed ora in questa stanza, non è affatto facile vivere così ogni giorno senza assumere qualche droga.

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Veniamo all' ultimo "tipo" di fedele: il colto ortodosso. Ebbene, in tutta sincerità penso che la ragione sia maltrattata anche da chi si rifugia nell' ortodossia del razionalismo tomistico. In questi casi la fede è ricavata da un freddo esercizio solipsistico condotto a tavolino, un gioco che lascia sempre più indifferente l' indifferente.

Costui si chiede: se la fede è un teorema come mai tanti pareri diversi che provengono da teste tutte stimabili?

Non ricevendo risposta, l' "indifferente" va a fare shopping stabilendo il centro commerciale come sua nuova Chiesa.

Non si puo' parlare all' infedele ricorrendo a concetti atemporali. Io non riesco a parlare neanche a me stesso con concetti del genere, molto meglio le analogie prese dal nostro mondo (e quindi temporali). Il tomista descrive perfettamente l' inferno ma chi lo ascolta immagina l' inferno come una realtà temporale e si scandalizza. E' normale che sia così.

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Vengo subito alla parte propositiva del post e introduco l' ultimo tipo di credente, il "probabilista", è quello che mi convince di più, non lo nego.

Per lui nel discorso sulla fede deve valere né più né meno quel che vale nel discorso sulla vita: ognuno di noi ha delle intuizioni da cui parte e che aggiorna via via a seconda delle informazioni che riceve vivendo. La fede cambia e fedi diverse sono giustificate purché si sappia che si progredisce convergendo.

Ecco allora che ci formiamo delle opinioni su Dio nella stessa maniera in cui ci formiamo delle opinioni sul concerto che abbiamo ascoltato o sul campionato di calcio che seguiamo con passione. Utilizziamo le medesime abilità cognitive e siamo minacciati dalle medesime dissonanze.

In altri termini, la fede è un' espressione del nostro buon senso, basta scegliere le giuste analogie per comprenderla e farla comprendere.

Il probabilismo è un razionalismo moderato e dialogante poiché rende conto del fatto che io e te possiamo essere entrambi persone ragionevoli anche mantenendo posizioni (al momento) differenti. I nostri "a priori", che dipendono dalle diverse esperienze da cui proveniamo, spiegano cio' che ci separa.

Dopo questo riconoscimento comincia un confronto e se c' è buona fede l' esito finale segnerà dei cambiamenti.

Tutto cio' è troppo ottimistico? Non direi, si è posta la condizione della "buona fede", non mi sembra una condizione da niente, anzi è una condizione molto difficile da realizzare.

Il probabilismo è il metodo che impiegano i commissari della squadra omicidi per restringere la cerchia dei colpevoli. Un metodo molto umano e comprensibile a tutti, di sicuro agli appassionati di film gialli. Penso che il probabilismo sia il modo migliore di incamminarsi verso Dio, quatti quatti, come tanti ispettori Clouseau.

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Il probabilismo ha un pregio: consente di esplicitare cosa ci farà cambiare opinione.

E' un prerequisito importante per chi tiene all' onestà intellettuale. Esponendo dei fatti per noi rilevanti indirettamente ammettiamo che nuove scoperte intorno a quei fatti potrebbero costringerci a rivedere almeno in parte la nostra posizione.

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Il probabilismo è avversato da molti, a volte con delle ragioni: come è possibile credere in modo sincero sulla base di probabilità e buon senso? Sarà sempre una fede tiepida.

E' avversato dai tomisti, per esempio, perché non fornisce una giustificazione completa alla fede.

E' vero, il probabilismo lascia aperto un gap. Ma forse si puo' colmare con un eccesso di fede, un' escrescenza irrazionale che ci renda dei credenti in piena regola. Sarà nostra cura liberarci dall' "eccesso" una volta entrati in dialogo con l' infedele.

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Questo "eccesso di fede" è forse l' irrazionalità che rientra dalla finestra dopo essere stata cacciata dalla porta?

Non mi sembra un' anomalia così preoccupante, tutti noi, credenti e no, coltiviamo nella vita almeno un ambito in cui nutraimo una speranza, in cui gettiamo il cuore oltre l' ostacolo, in cui alimentiamo una fede all' apparenza ingiustificata.

Potrei esemplificare ricorrendo ai settori più disparati.

Chi si occupa di finanza lo sa e puo' dirlo: il rischio dovrebbe avere un prezzo nei corsi di borsa ma così non è, evidentemente ci sono persone che s' "innamorano" di alcuni titoli per quanto rischiosi essi siano; credono in essi e sono addirittura disposti a pagare pur di addossarsi il rischio che comporta il loro possesso. La loro è una forma di fede in ambiti lontanissimi dalla fede religiosa.

Chi si occupa di cavalli lo sa e puo' dirlo: ci si innamora di un cavallo, si crede di riconoscere in lui cio' che gli altri - incompetenti!- non hanno saputo vedere e si fanno puntate irrazionali in omaggio a questa fede che realizza la nostra persona.

Chi si occupa d' innovazione puo' dirlo: l' innovatore non procede calcolando ma credendo in cio' che fa. Se calcolasse si sarebbe già trovato da tempo un impiego al catasto.

Ma soprattutto puo' dirlo e approvarlo chi si occupa di felicità: per essere felici dobbiamo sentirci coinvolti in una causa, abbracciarla completamente e crederci. A maggior ragione se questa causa è di ampio respiro, se la reputiamo importante e significativa in assoluto. In questo senso la fede è preferibile ai titoli di borsa e ai cavalli.

Anche la società umana nel suo complesso si giova della presenza di queste persone, sono un po' come delle avanguardie, dei ricercatori che preparano la via anche per chi verrà, magari anche attraverso un fallimento, perché no?

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Bene, impostato il problema in questi termini, come costruire un' apologia sensata anche per l' ateo ma che non faccia sconti sul rigore?

Io procederei in questo modo.

1. Dapprima affronterei una preoccupazione che blocca molti da poco; constatare che tra gli scienziati, e tra le persone colte in generale, aumenti il numero degli atei puo' essere imbarazzante per il credente poiché la cosa corrobora l' ipotesi per cui "chi pensa non puo' credere". Eppure ci sono almeno 4 elementi che consentono di eludere questa sconfortante conclusione.

a) molti scienziati non crederanno nel Dio cattolico ma hanno comunque una loro vita spirituale (vedi Elaine Howard Ecklund);

b) poiché lo scientismo (solo la scienza "conosce") è un buon candidato per sostituire la religione, esisterebbe un conflitto di interessi nel momento in cui uno scienziato è interrogato in materia visto che gran parte del suo capitale umano è investito nella scienza;

c) tra i fedeli l' intensità della fede sembrerebbe aumentare con la cultura (anche scientifica);

d) eliminando alcune domande ambigue su evoluzione e big bang ci accorgiamo che il legame cultura scientifica/fede cessa come d' incanto di essere negativo.

2. Disinnescata così una possibile bomba, inquadrerei il problema della scelta religiosa nella più ampia cornice della scelta razionale (vedi Pascal). L' argomento della scommessa pascaliana puo' essere indebolito, lo sappiamo, ma non annullato, L' argomento, inoltre, funziona con probabilità infinitesimali mentre i punti seguenti provano che le probabilità a disposizione sono di un certo peso, al punto da rendere trascurabili le critiche all' argomento della scommessa.

3. E' molto importante a questo punto enfatizzare le relazioni tra buon senso e dimensione soprannaturale. Dire che siamo almeno in parte persone libere e non predeterminate è un' affermazione di buon senso. Dire che viviamo in un mondo reale e non in un' allucinazione è un' affermazione di buon senso. Dire che anche tu hai una mente come la mia è un' affermazione di buon senso. Eppure si tratta di "credenze" pure.  Ecco, l' affermazione della credenza in dio ha uno statuto epistemico in tutto simile a quello delle affermazioni precedenti, non puo' essere definita assurda o bizzarra. Magari siamo esseri predeterminati, magari viviamo in un Matrix, magari tu sei un androide, magari dio non esiste... Magari ci sbagliamo ma cio' non significa che noi credenti siamo dei tipi bizzarri (vedi Plantinga).

4. La filosofia che più si oppone alla fede religiosa è il naturalismo. Vale la pena di considerare l' implausibilità della filosofia naturalista, specie se chiamata a sostenere l' impresa scientifica (anche qui il filosofo di riferimento è Alvin Plantinga e il suo ben noto argomento).

5. Poiché l' infinitamente piccolo ci parla di Dio, è il caso fare un un excursus in temi gravidi di conseguenze quali l' incompatibilità tra materialismo e fisica quantistica (Stephen Barr)

6. Fate presente che l' uomo è una "macchina" costruita per credere. Ce ne si ricorda solo per mettere in luce gli svarioni che questa inclinazione ci fa prendere. Bisognerebbe ricordarsene anche quando si tratta di scegliere tra alternative problematiche: è più facile e razionale, in casi del genere, seguire le proprie predisposizioni naturali anziché ostacolarle! La "semplicità" è la nostra stella polare.  (Justin Barett https://www.bigquestionsonline.com/content/are-we-born-believing-god)

7. Offrite i misteri della matematica come indizio sulla plausibilità della prova teleologica. Eugene Wigner è forse l' autore che meglio collega le due cose nel suo testo The Unreasonable Effectiveness of Mathematics in the Natural Sciences. 

8. Anche l' infinitamente grande ci parla di Dio. In particolare viene riabilitata l' analogia dell' ororlogio. La cosa migliore è rifarsi al concetto di "fine tuning" sviscerato da di John Leslie con la sua secca alternativa: o Dio o molti mondi (http://progettocosmo.altervista.org/index.php?option=content&task=view&id=73). 

9. Persino i processi evolutivi portano acqua al mulino del teismo. Le specie animali sono molto diverse tra loro, eppure l' occhio è qualcosa in che hanno in comune e funziona bene o male in modo sempre uguale. Evidentemente le pressioni di un ambiente condiviso pesano sugli esiti finali, in altri termini, esiste una certa "convergenza evolutiva". Se fosse così l' esistenza dell' uomo non sarebbe del tutto casuale. Non è affatto detto che "riavvolgendo il nastro della vita" rivedremmo un film tanto diverso. Dove c' è vita, c' è umanità (altri pianeti compresi). Il fenomeno della convergenza evolutiva è stato indagato a fondo dal paleontologo Simon Conway Morris http://www.amazon.it/Lifes-Solution-Inevitable-Humans-Universe/dp/0521603250

10. Argomentate con la prova cosmologica di Swinburne: se le cose hanno un inizio allora è più semplice ipotizzare un essere onnipotente che non una catena causale infinita e costruita in modo complicatissimo da descrivere (http://broncobilli.blogspot.it/2012/12/le-ragioni-di-swinburne.html).

11. Proseguire con Lane e il suo argomento di Kahlam: un universo che esiste da sempre (ipotesi alternativa all' universo creato) sarebbe contrario al buon senso e pieno di paradossi. http://www.reasonablefaith.org/in-defense-of-the-kalam-cosmological-argument

12. La logica pura la lascerei in fondo, non vale la pena di introdurre le dimostrazioni astratte dell' esistenza divina; forse il fatto più rilevante è che ingegni sopraffini quali  Leibniz e Godel si siano convinti alla fede attraverso questa via.

13. Trascurerei anche l' argomento etico, almeno quello esposto nella versione dostoveiskiana: senza un Dio tutto è possibile. Non mi convince, anzi, a volte è controproducente, i valori morali sono oggettivi e appartengono a tutti, credenti e no. Meglio allora ripiegare su autori come A. E. Taylor e Robert Adams: 1) esiste il dovere di migliorarsi, 2) un dovere deve sempre implicare un comportamento possibile 3) per essere sempre possibile il miglioramente occorre che esista un bene infinito, 4) chiamo Dio questo “bene infinito”.

14. Accennerei a due principi, entrambi di buon senso ed espressi originariamente dal filosofo Richard Swinburne:

  • Principio di Credulità - data l'assenza di un qualsiasi motivo per non credere, si dovrebbe accettare quello che sembra essere vero (ad esempio, se si vede qualcuno che cammina sull'acqua, si deve credere che stia accadendo)
  • Principio di Testimonianza - data l'assenza di qualsiasi motivo di non credere loro, si dovrebbe accettare il fatto che testimoni oculari o credenti stiano dicendo la verità quando testimoniano di esperienze religiose.
15. Chiuderei ricordando il mio intento (che a questo punto qualcuno potrebbe aver dimenticato): raccogliere qualche indizio concreto sull' esistenza di dio operando all' interno di una cornice nella quale un indizio infinitesimale potrebbe già essere sufficiente a dettare la scelta di fede come scelta razionale.

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Bene, giunti in fondo puo' darsi che nessuno dei quindici punti sia convincente. Poco male perché ha senso solo la forza dell' insieme e questa forza un piccolo effetto dovrebbe comunque averlo su un interlocutore onestamente appassionato alla verità.

L' approccio probabilistico mi piace proprio per questa sua caratteristica: è scettico sulla prova regina e fiducioso sull' effetto cumulo, un effetto che agisce in un contesto di scommessa pascaliana e richiede comunque un supplemento di fede che io non definirei "irrazionale" bensì appassionata".

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Giunti a questo punto si potrebbero introdurre e discutere le verità del credo niceano: Gesù, la Trinità eccetera. Ma lo farei solo con chi è disposto a considerare la forza dei quindici  punti nel loro complesso, ovvero con chi è disposto a prendere sul serio l' ipotesi teista. Fare il secondo passo senza aver fatto il primo causa formidabili capitomboli: torneranno ben presto a ridere di voi.

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giovedì 9 settembre 2010

Etica ed economia

Tre proposizioni tanto per iniziare la discussione.

Uno. Esiste un’ etica oggettiva (chiedere a Huemer).

Due. La soluzione etica non è ricavabile da un calcolo economico (chiedere a Sen).

Tre. Esiste un legame tra etica ed evoluzionismo (chiedere ad Hayek)

Le prime due sono affermazioni legate alla ragione, la terza, mi rendo conto, è legata alla fede.

Io comunque le sottoscrivo tutt’ e tre

Senz' anima







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Ed è subito pareggio

Fini se n' è andato per la sua strada.

A noi elettori con tendenze destrorse spetta una scelta. Siccome è difficile la tentazione di lavarsene le mani è forte.

Il fatto che alla nuova avventura di Fini si sia aggregato il buon Benedetto (Della Vedova) ci fa riflettere: è quella una delle poche intelligenze autenticamente liberali nel partito ora in disfacimento: 1 a zero per Fini.

Ma poi l' ex camerata comincia ad aprire bocca (Federalismo... "solodale"!?) ed è subito pareggio.

Etica invisibile

People are dying so that you can read this blog.

Your internet access fees could
more than double the income of a $400-a-year Ghanaian laborer. People are starving to death, and there you sit, with resources enough to save them (and with reputable charities standing by to effect the transfers), padding your own already luxuriant lifestyle. That’s a choice you made. It’s a choice almost everyone in the First World makes. It might or might not be a horrific choice, but it’s one for which we easily forgive each other.

(Do you already give money to Ghanaian laborers? I applaud you and I wish others would do the same. But it doesn’t change the fact that other Ghanaian laborers are dying so you can have your Internet.)

Someday you might find yourself strolling through a desert with a bottle of water and stumble on a man dying of thirst. I bet you’ll offer him some water, and I bet you’d think much less of anyone who didn’t. But there is, as far as I can see, no important moral difference between surfing the web while Africans starve and strolling through the desert while men die in front of you.


I said there’s no moral difference, which is not the same as saying there’s no difference at all. We evolved to be callous towards those who are distant (or invisible) and kind toward those who are close. (Robin Hanson posts frequently and insightfully on the contrast between how we treat the near and the far.) It’s pretty clear why there might be an evolutionary advantage to behaving that way. If you’ve got a reputation for helping your friends and ignoring strangers, then more people will want to be your friends. So it pays to favor the close and the visible. Our emotions are wired that way, and there’s probably not much we can do to change it. Attempts to change human nature do not have a good historical success rate.

Steve Landsburg

Cosa trarne?

Forse chi vede una distanza abissale tra Etica ed Economia dovrebbe riflettere.

Gran parte dei comportamenti che crediamo eticamente fondati sono invece il frutto di scelte economiche.

Altro esempio:

Imagine a miner trapped in a mine. It will cost thirty million dollars to get him out. With that thirty million, we could build a guardrail that will save three lives. We’ve seen the miner’s face on the news; we’ve seen his family; we know his name. All of our instincts — the same instincts that let us ignore those Ghanaian laborers — tell us to save the man we know and ignore the three we don’t know. Those, I think, are bad instincts. Anyone with amnesia — anyone, that is, who is forced to take an unbiased view of the situation — would want us to save three lives rather than one. (Because each of us, in a state of amnesia, has triple the chance of being saved by a guard rail.) It’s no use saying we should both build the guardrail and save the miner; that only raises the question of whether we ought to build two guardrails instead of one.

Obiezioni?

Decisioni morali complesse

Una prerogativa dell' uomo:

To understand the kind of scenario we might use to probe complex moral decision making in humans, imagine you are driving a rescue boat to save a drowning man but get a signal that there is a larger group drowning in the other direction. Changing course to save them would require allowing the one man to die. Is that morally acceptable?

Now your first response might be “yes,” “no,” or “that depends,” but your ability to engage with the question at all requires a number of capacities that are either unique to or, to the best of our knowledge, particularly well-developed in the human brain compared with nonhuman animals. In addition to these, one particular capacity that we highlight in our paper is our brain’s remarkable ability to engage with moral decisions as abstract as the one described earlier.

To emphasize what I mean by abstract in this context, it is important to note first that moral decision making of various sorts has been studied and observed in animals for many decades. While animals have exhibited behaviors that at least on the face of it appear “moral” (e.g., rewarding prosocial and punishing antisocial behavior), almost all displays of this behavior have arisen out of contexts in which the animal’s own self-interests, or those of its group or a close other, were somehow at stake.

Religiosi sulla carta

A quanto pare le persone religiose sono in media più generose, anche in termini di volontariato.

Parliamo però dei praticanti.

Infatti, se includiamo nel mucchio anche chi si limita ad autodefinirsi "religioso" (affiliato), la relazione tra religiosità e volontariato si affievolisce.

mercoledì 8 settembre 2010

Soldi & Felicità

Per un' altra conferma che con i soldi si compra la felicità leggere qui.

Almeno fino a che il reddito sale a 75.000 dollari. Poi si limita a migliorare la nostra life satisfaction.

Il giorno che diventai relativista

Ragazzi, questo libro è da comprare di corsa (e il blog relativo da frequentare assiduamente).

Le relazioni tra persone risultano complesse, ma quelle tra noi e gli animali, a quanto pare, sono un vero rompicapo.

Non che la cosa sia nuova, ma...

[How can so many Americans believe animals have the right to live, and also that people have the right to eat them? Why is it wrong to feed a pet snake kittens but not rodents? Should pit bulls be outlawed? Should mice be used for medical research? Do true vegetarians eat fish? Does living with a pet really make people happier and healthier? What do we make of the fact that in 1933 the Nazi party enacted the world’s most progressive animal protection legislation? Why can a puppy be regarded as a family member in Kansas, a pariah in Kenya, and lunch in South Korea? Who enjoyed a better quality of life—the chicken on a dinner plate or the rooster who dies in a Saturday-night cockfight? Why is it wrong to eat the family]

In fatto di etica è ben difficile raccapezzarsi.

Non mi meraviglia che la sicumera tipica di molti libertari su questi temi faccia naufragio.

Non mi meraviglia nemmeno più la congenita prudenza di Diana, che, sensibile alla materia, probabilmente è proprio avendo in mente certi dilemmi che conduce le sue riflessioni e sviluppa i suoi istinti.

Nell' affrontare casi etici di tale portata, anch' io mi converto di corsa la RELATIVISMO e al CONVENZIONALISMO.

Cio' significa che se dovessi scoprire che anche l' uomo ha una natura animale, il mio relativismo diverrebbe assoluto.

Un disordine alimentare molto particolare

Il vegetarianesimo.

Ovviamente non per tutti, ma, è inutile negarlo, in molti casi lo è.

Autopaternalismo

Il suo punto debole era il gioco.

Decise di adottare la strategia di Ulisse: legarsi le mani prima di cadere in tentazione.

E così si iscrisse alla lista degli autoproscritti da tutti i Casino d' America.

Diverse volte fu preso a calci, miultato e fatto sloggiare.

Ora il suo vizio si è ridotto non poco.

Funziona anche con le diete, con la scuola, con internet... e con parecchie altre debolezze che sappiamo di avere.

Ma a volte fallisce.

C' è comunque un premio di consolazione: puoi denunciare l' istituzione (spesso pubblica) che detiene la lista degli auto-proscritti, quando non ti vigila a dovere. Come se Ulisse fosse autorizzato a punire i marinai che avessero ubbidito ai suoi ordini.

link

Fair Pay Is Not Always Equal Pay

"... Some of the bill's supporters admit that the pay gap is largely explained by women's choices, but they argue that those choices are skewed by sexist stereotypes and social pressures... Universities, for example, typically pay professors in their business schools more than they pay those in the school of social work, citing market forces as the justification. But according to the gender theory that informs this bill, sexist attitudes led society to place a higher value on male-centered fields like business than on female-centered fields like social work... the proposed law overlooks mountains of research showing that discrimination plays little role in pay disparities between men and women, and it threatens to impose onerous requirements on employers to correct gaps over which they have little control... among full-time, full-year workers, women earn just 77 cents for a man's dollar. But the 23-cent shortfall does not take into account differences between men and women, such as experience, education, or job tenure...women tend to value family-friendly workplace policies more than men, and will often accept lower salaries in exchange for more benefits..."


Christina Hoff Sommers - NYT

http://www.nytimes.com/2010/09/22/opinion/22Sommers.html?_r=1

Gutting vs.Dawkins

Religious believers often accuse argumentative atheists such as Dawkins of being excessively rationalistic, demanding standards of logical and evidential rigor that aren’t appropriate in matters of faith. My criticism is just the opposite. Dawkins does not meet the standards of rationality that a topic as important as religion requires... find Dawkins’ “The God Delusion” stimulating, informative, and often right on target. But it does not make a strong case for atheism. His case is weak because it does not take adequate account of the philosophical discussions that have raised the level of reflection about God’s existence far above that at which he operates. It may be possible to make a decisive case against theism through a penetrating philosophical treatment of necessity, complexity, explanation, and other relevant concepts. Because his arguments fail to do this, Dawkins falls far short of establishing his claim.

Citazione presa da qui.

Svezia: qualche puntino sulle i

E' un po' vecchiotto, ma resta sempre un buon posto dove rinviare chi tira fuori continuamente il "modello scandinavo". Prendo ad emblema la Svezia, nelle classifiche paese tra i più liberi del mondo, gravato però da un pesante stato sociale.


  1. PROBLEMA ECONOMICO. Il "problema economico" non si presenta acuto come altrove: poche persone e grandi risorse. Un minimo di organizzazione e il libero commercio con l' estero sarebbe sufficiente a garantire prosperità. Certo, non siamo al livello della Norvegia, paese che galleggia sul petrolio...

  2. STORIA. Il periodo d' oro dell' economia svedese si realizza prima della creazione dello stato sociale (anni 60). Dopo di allora puntuale è giunta la sclerosi economica che ha afflitto il paese dagli anni '70. Il deficit svedese nel 1994 era del 12% sul PIL, oggi ci scandalizziamo del 2.8%. Solo una cura da cavallo a base di politiche tatcheriane (giù imposte e progressività) ha sbloccato un po' la situazione.

  3. CONFRONTI DISOMOGENEI 1. La Svezia è precipitata dal 4 al 14 posto nella classifica del reddito pro-capite durante il periodo 1970-2002, quello in cui fiorì il suo welfare.

  4. CONFRONTI DISOMOGENEI 2. La Svezia contiene la diseguaglianza nella distribuzione dei redditi: molto meno quella nella distribuzione della ricchezza.

  5. CONFRONTI DISOMOGENEI 3. Molta disoccupazione svedese è mascherata tramite la creazione di lavori artificiosi (la presenza femminile nel pubblico è drogata).

  6. CONFRONTI DISOMOGENEI 4. Il sistema fiscale svedese non "prende ai ricchi", almeno prende molto meno che non quello USA o quello italiano.

  7. CONFRONTI DISOMOGENEI 5. Un povero USA è molto più ricco di un povero svedese

  8. CONFRONTI DISOMOGENEI 6. Se oggi la Svezia facesse parte degli Stati Uniti sarebbe tra gli stati più poveri in termini di gdp pro capite.

  9. CONFRONTI DISOMOGENEI 7. Il reddito medio dello svedese rapportato al suo potere d' acquisto è inferiore a quello del nero americano medio. La classe dei neri è la più povera negli USA.

  10. CONFRONTI OMOGENEI 7. Il reddito medio della comunità di svedesi negli USA è di non poco superiore alla media del reddito pro capite USA. Anche l' elemento umano conta, evidentemente.

  11. CONFRONTI OMOGENEI 8. La Svezia è stata risparmiata da entrambe le guerre mondiali. Un confronto omogeneo è tra Svezia e Svizzera (sebbene la Svizzera sia priva di risorse naturali), l' esito è impietoso in molti campi e in tutti quelli più significativi: reddito pro-capite, tasso d' interesse, deficit, inflazione, cambio monetario ecc.

  12. SCLEROSI 1. Nessun posto di lavoro è stato creato in Svezia nel settore privato dal 1950 al 2002 (in USA più di 60milioni nello stesso periodo).

  13. SCLEROSI 2. Nessuna impresa svedese tra le prime 50 è nata dopo il 1970.

  14. NONOSTANTE 1. L' età media per accedere alla pensione è più alta rispetto alla media UE (63.4 in Svezia contro 61).

  15. NONOSTANTE 2. Non esistono barriere doganali di rilievo.

  16. NONOSTANTE 3. Oggi in Svezia la tassazione delle società (ovvero dei soggetti produttivi) è tra le più basse d¿ Europa ( 28 contro il nostro 38. 29 e 30 per Finlandia e Danimarca, 30 anche per la Gran Bretagna liberista e 35 per gli USA).

  17. NONOSTANTE 4. Con una vasta gamma di agevolazioni (assunzione di personale, investimento...) la tassazione delle società in Svezia raggiunge il 14% (è il fenomeno dello schiavismo fiscale).

  18. NONOSTANTE 5. Lo schiavismo fiscale informa la tassazione sui capitali (aliquota massima per chi non può scappare, aliquota zero per gli altri).

  19. NONOSTANTE 6. la Svezia abbia una tutela della propietà privata tra le migliori al mondo (sfratti e pignoramenti immediati, processi brevi, bassa criminalità ecc.).

  20. NONOSTANTE 7. La libertà sul mercato dei capitali sia massima.

  21. NONOSTANTE 8. L' inflazione sia inesistente (qualche problemino solo all' inizio dei 90)

  22. CONCESSIONI. Rispetto agli USA la speranza di vita è superiore di qualche mese (in questi casi si dice che pioverà tutto il tempo), l' istruzione media è lievemente superiore (ma indovinate dove migrano i cervelli) e lo svedese ha più tempo libero (non sarà merito dei disincentivi al lavoro ?). Una cosa è certa, un povero vive meglio nella periferia di Stoccolma che in quella di Detroit.

  23. CILIEGINA. Il degrado morale della Svezia è evidente nella pratica della cosiddetta "eugenetica socialdemocratica". 20.....GRAN FINALE. Oggi, ponderando tutti i fattori (gli 8 NONOSTANTE), l' economia svedese è libera quanto quella USA (vedi Index of Economic Freedom 2004, Wall Street Journal).

martedì 7 settembre 2010

I dieci comandamenti...

... spiegati al non credente.

Hazony’s conclusions are startling. First, he claims, the Ten Commandments are not really a religious text: “we do not need faith to think about them, understand them, or accept their teachings as true.”

La morale del mercato

Lo scambio implica fiducia e la fiducia implica scambi.

Ovvero, l' economia implica l' etica e l' etica favorisce l' economia.

Ovvero, tutto puo' essere ridotto ad economia.

Ovvero, il mercato non ha bisogno di regole.

Ovvero:

The psychologist Joseph Henrich... and his colleagues engaged over 2,000 people in 15 small communities around the world in a two-player exchange called the “ultimatum game,” in which one subject is given a sum of money equivalent to a day’s pay and is allowed to keep or share some or all of it with another person. Let’s say I give you $100 to split between yourself and your partner in the game. Whatever division of the money you propose, if your partner accepts it, you are both richer by that amount, but if he rejects it, neither of you receives any money.

How much would you offer? Why not suggest a $90-$10 split, as classical economics predicts, thus maximizing your personal profit? The other player wouldn't turn down a free ten bucks, would he? As it turns out, he would very often. In Henrich's research, proposals that deviated much beyond a $70-$30 split were usually rejected. But not always. There was variation between groups and societies. Henrich and his team found that people in hunter-gatherer communities shared about 25 percent of the pot, while people in societies who regularly engage in trade gave away about 45 percent. What they called "market integration" was by far the strongest predictor of fairness and generosity.

Henrich concluded that norms of market fairness “evolved as part of an overall process of societal evolution to sustain mutually beneficial exchanges in contexts where established social relationships (for example, kin, reciprocity, and status) were insufficient.” In other words, we are naturally inclined to be fair and generous with our kin and kind because of genetic relatedness and reciprocal connectedness. But to get people to be fair and generous to strangers in other tribes, we need cultural institutions, especially trade.

La scollatura

Alla consegna del Premio Campiello il presentatore Vespa elogia la scollatura di Silvia Avallone.

Scoppia lo scandalo tra le neo femministe: Michela Murgia e Loredana Lipperini puntano il dito contro il presentatore.

Gad Lerner guida la crociata bacchettona.

E voi con chi state? Velinismo imperante o vittimismo dilagante?

Faccio solo due considerazioni:

1. Ma la Avallone perchè indossa abiti tanto succinti? Ditemi per favore il perchè? Forse per suscitare apprezzamenti da reprimere? Non va forse tirata dentro anche lei nella condanna delle "savonarole"?

2. Francamente la crociata del trio Lerner-Murgia-Lipperini non mi convince, si basa sul solito comandamento: il nostro obiettivo è Vespa perchè voi, plebe, non potrete mai evitare di imitarlo.

Smentitemi pure se sono in errore.

Il Trio forse non condividerebbe una massima che per me è sacra: se un comportamento è prevedibile cio' non significa che non sia libero.

E' del tutto prevedibile che io nella prossima ora non mi taglierò un dito, eppure sono libero di farlo.

Per loro basta osservare qualcosa di "prevedibile" per pensare che la libertà sia stata conculcata.

Se Vespa fa il galante è "prevedibile" che anche gli altri italiani lo facciano.

Se Vespa evita di fare apprezzamenti è "prevedibile" che anche gli altri italiani evitino.

Insomma, c' è una massa di italiani "previdibili", quindi determinati dalla TV, quindi da determinare in modo corretto. Una volta determinati in modo corretto posso considerare questi italiani "corretti" e il Paese un Paese civile.

A qualcuno dispiacerà il comportamento di Vespa, effettivamente puo' essere utile che in TV si mostri un atteggiamento diverso...

... ma... e qui viene il bello...

... ma il paradigma culturale sfoggiato dal Trio Savonarola è altrettanto minaccioso.

Per me.

Ebbene, si sappia che chi monta la guardia alla libertà è disinteressato alla prevedibilità.

Bottom Line: ... e l' unico femminismo che approvo è quello che lotta per la libertà.

P.S. i nomi li avete, i links li trovate ovunque.

About Elly

Ieri sera abbiamo visto il film iraniano, ne valeva la pena.

Si veleggia tra Rossellini, Rohmer e Phanai... dici poco.

Difficile parlarne a chi è all' oscuro del plot.

Una comitiva di giovani famiglie della classe media di Theran passa un week end al mare, tra loro c' è Elly, è in rotta con Alì e si combina per farle conoscere Amad. Lei non avrebbe voluto venire, ripensa ad Alì e lo dice, ma Sakinè ha insistito tanto, Amad è davvero una persona speciale e presto ripartirà per la Germania.

La vita della comitiva scorre frizzantina e spensierata, potresti essere tra giovani coppie di Berlino o di San Francisco. Se non fosse per il velo non li distingueresti proprio, ma chissà, forse presto li distinguerai.

Sara dapprima nota la sproporzione tra i drammi che marchiano le due parti del film: la morte di Elly agita i cuori quanto la tragedia sentimentale di Alì.

Gestire la seconda sembra impegnare le stesse energie che richiede la gestione della prima.

In realtà, anche quella del fidanzato geloso è una morte, una morte interiore.

Eppure mi tocca dar ragione a Sara per un semplice fatto: la morte di Elly per gran parte del film è solo presunta quindi non puo' essere accantonata con un "la vita continua". Il suo fantasma aleggia eppure ci si occupa d' altro.

Ecco tutto quel che sappiamo della tragedia:



Harsh verrà salvato dall' annegamento ma Elly semplicemente scompare dalla pellicola, di lei non sapremo più niente per gran parte del film. E' proprio un tipo strano e una sua fuga disperata sotto il peso della terribile responsabilità non puo' essere esclusa.

Non possiamo dire se Elly sia morta o meno eppure, di fronte a questa tensione da thriller, vedere i protagonisti dimentichi di appurare quanto successo e tutti intenti a gestire le beghe sentimentali della presunta morta con Alì produce un certo squilibrio.

Provo a fare delle ipotesi conciliatorie: nella cultura arcaica un sospetto tradimento non è poi cosa da passarci sopra come da noi, forse puo' essere equiparato ad una morte: onore e morte vanno a braccetto.

Arcaismo e modernità si combattono poi nella figura di Sakinè, alla fine, dopo una dolorosa battaglia, prevale la seconda e la bugia che pronuncia scagiona la bella compagnia consegnando alla sofferenza il fidanzato di Elly.

Ecco la terribile e stupenda bugia:



Un film così, a raccontarlo fa venir voglia di condannare: condanna per chi ha mentito traslando le sue responsabilità (ma che colpa ne hai in fondo... racconta come sono andate le cose... cosa ti costa?...); condanna per chi complica la vita altrui con sentimenti arcaici e fuori luogo (... tanta morbosità non prelude a niente di buonio...).

Ecco, questo se il film lo racconti.

Ma se lo vedi - e qui sta la sua grandezza - condanne del genere si sciolgono come neve al sole: chi ha mentito lo ha fatto straziato da un conflitto interiore nobile e mai risolto, esattamente come chi prova certi sentimenti con un' intensità fuori moda che ripugnerebbero e alzerebbero l' indignazione del lettore medio di Vanity Fair.

lunedì 6 settembre 2010

Il paradosso dell' ambiente

Da un lato l' ambiente si deteriora mettendo a rischio la nostra qualità della vita.

Dall' altro la nostra qualità della vita non è mai stata così alta.

Come spiegarlo?

Forse con il pragmatismo: l' uomo affronta un problema alla volta, specie se alcuni problemi non toccheranno mai gli interessati.

La scrivania di Hawking

Entro nel mio ufficio e noto la presenza di una scrivania.

C' è da sempre ma oggi ho deciso di chiedermi da dove arriva, come mai è lì.

Dopo le prime indagini non ne vengo a capo e decido che la cosa migliore è pensare che Dio sia la causa di questa misteriosa presenza.

Dopo ulteriori indagini però riesco a ricostruire la vicenda: la scrivania è stata costruita da un falegname che l' ha venduta al negoziante dal quale la comprò mio padre che poi la mise dove si trova ora.

Dopo questa sensazionale scoperto decido di diventare ateo.

Che storia buffa!

Sì, ma sai dirmi cosa c' è in fondo che non va in questa storia?

Bè, in effetti... il mio ateismo sarebbe giustificato solo se "tutto" si esaurisse nella mia "scrivania". Una premessa alquanto bizzarra.

Ebbene, quando uno scienziato viene a raccontarci che i suoi telescopi non hanno avvistato alcun Dio, a me, è inevitabile, viene sempre in mente la "scrivania".

Oggi è la volta di Hawking: Dio non esiste, non è necessario.

Ovviamente i filosofi, che non disdegnano la possibilità di apparire sui giornali, si sono affrettati a mettere in evidenza l' incoerenza delle speculazioni dello scienziato.

Ma perchè affrettarsi? In fondo vale quanto affermato dal collega di Hawking, l' astrofisico italiano Tommaso Maccacaro: "... mi sembrano affermazioni talmente irrazionali da far sì che qualsiasi teologo principiante ne possa fare un solo boccone».

Teologo principiante? Io direi "principiante" e basta: basta infatti pensare alla storia della "scrivania".

In fondo noi tutti sperimentiamo il fatto che il mondo non si esaurisce nell' insieme delle cose "avvistabili dai telescopi".

C' è molto altro, chi puo' negarlo?: la mente, l' intenzione, la coscienza, la causa, la verità, la responsabilità, il bene, il male... sono tutte cose della cui esistenza pochi dubitano. Eppure sono "avvistabili" solo dal senso comune, mica dai micro-telescopi.

L' argomento è semplice perchè 1) il problema è semplice e 2) il credente spesso non è un intellettuale.

L' ateo moderato potrebbe comunque sostenere che perlomeno la conoscenza scientifica puo' fare a meno di Dio, se poi c' è dell'' altro si vedrà.

Ma neanche questo convince la persona con istruzione sotto la media.

La conoscenza scientifica puo' fare a meno dell' uomo? E' pur sempre la mente umana a "conoscere", in fondo.

Ebbene, se l' uomo è importante per avere "conoscenza scientifica", allora chi scaccia Dio dalla porta se lo rivede entrare dalla finestra.

Ma l' ateo, specie se di mestiere fa lo scienziato, è molto intelligente (ha un' istruzione sopra la media!), veità semplici non bastano ad inchiodarlo, è in grado di replicare con arguzia costruendo concetti molto articolati.

In effetti, di fronte alle repliche dell' ateo, io (credente) sono imbarazzato. Ma non tanto perchè mi vedo con le spalle al muro, non tanto perchè vedo confutate in modo ineludibile le mie convinzioni, quanto perchè proprio non capisco mai bene cosa voglia dirmi!

Sarà che frequento ambiti con istruzione media deprimente.

Certo, sento che vuole far passare i concetti di cui sopra (causa, verità, intenzione, pensiero, bene, male, numero...) come mere illusioni che un bel giorno verranno smascherate.

Da subito ho la sensazione che il suo discorso sia a dir poco stravagante (la mia mente un' illusione?). Certi suoi concetti non riesco a pensarli con chiarezza talmente sono sfuggenti e difficili.

Se poi a questo aggiungo che, finita la discussione sull' ateismo, lui stesso comincia a pontificare in termini di "causa", "mente", "giusto" e "sbagliato", allora mi convinco definitivamente che non mi ha convinto.

Per noi superficiali

Schermo intero e cuffia, mi raccomando...



la lista.

ht: Giavasan

domenica 5 settembre 2010

Mea culpa

Per parole, opere ed omissioni...

purchè non si getti tutto nel medesimo calderone.

Ecco una discussione dove si comincia a fare i primi "distinguo".

sabato 4 settembre 2010

Il giorno in cui diventai ateo

Chissà mai che in futuro non scriva un post con questo titolo.

Sì perchè potrei anche diventare ateo... se solo succedessero un paio di cosette.

Purtroppo non si puo' evitarlo, quando la religiosità si fonda in larga parte sulla ragione, è sempre sotto minaccia.

Parlando schiettamente, ritengo in qualche modo che la mia fede sia falsificabile. L' espressione è impropria ma rende l' idea.

Ma veniamo al dunque con esempi concreti.

E allora, se solo smettessi di credere nell' esistenza della "coscienza" umana (ma anche solo della "mente" umana) nel giro di pochi giorni mi convertirei all' ateismo.

E le neuroscienze, manco a farlo apposta, per molti (non per tutti), stanno denunciando proprio l' illusorietà di concetti quali quello di "mente" o di "coscienza".

Tutta roba che, secondo parecchi neuroscienziati, puo' essere "ridotta" al cervello e alla sua evoluzione senza inconvenienti.

Ma quando quest' opera di demolizione potrà dirsi realizzata? Quando potrò finalmente convertirmi? Qual è il segnale che attendo per fare il salto della quaglia?

Qualcuno potrebbe pensare alla realizzazione dell' "uomo artificiale", ma non se basterebbe (... o forse basta meno).

Certo, bisogna capire cosa s' intende per "uomo artificiale", in fondo le mamme hanno sempre fabbricato uomini con la pancia, se qualche scienziato lo fabbricherà in laboratorio con le mani la cosa non mi smuove granchè, quel giorno, leggendo il giornale, nonostante i titoloni, continuerò a dare la precedenza alla pagina del calcio.

Forse c' è qualcosa di ben più decisivo che potrebbero combinare i nostri prodi scienziati.

Finchè scendono in affari, tutto bene, tutto normale, approvo fin da subito.

Ma domani potrebbero "scendere in politica" e magari io mi troverei nelle condizioni di dover giudicare sensata questa risoluzione.

Ebbene, qualora le neuroscienze "scendessero in politica", ovvero informassero talune politiche condivisibili, allora ecco, quello sarebbe un buon segnale per la mia conversione.

Ma non è tanto facile che la cosa succeda.

Ammettiamo che la neuroscienza produca un "vaccino della felicità" che se iniettato attivi quelle aree della corteccia che segnalano uno stato del benessere.

Ebbene, non ha senso che la politica si occupi di somministrazione del vaccino: chi lo vuole DECIDE LIBERAMENTE di comprarselo.

Di conseguenza, almeno in questo caso, non ha senso che le neuroscienze "scendano in politica".

Quel "DECIDE LIBERAMENTE" fa sì che noi possiamo, anzi dobbiamo, ancora riconoscere l' esistenza di una coscienza.

C' è poi la questione del FELICIOMETRO.

Se il neuroscienziato riuscisse a costruirlo, magari grazie all' rfm, una redistribuzione delle ricchezze potrebbe apparire sensata, e quelle sono "politiche" a tutti gli effetti.

Ma restano pur sempre problemi insormontabili, come quello dell' abisso pascaliano, una roba che impedisce alla politica di brandire i feliciometri, anche i più aggiornati.

E poi una cosa del genere, oltre a sabotare la mia religiosità, minerebbe la fede nell' efficienza del mercato. Ma il mercato è davvero inefficiente?

Che strano, fede in Dio e fede nel mercato vanno di pari passo? Bè, forse non è poi così strano.

Accantonate queste ipotsi, forse qualcuno riesce a formularne altre. Per favore, fatemele sapere.

Al momento mi sembra molto più ragionevole tenersi il proprio Dio.

La presenza di convincenti politiche informate alle neuroscienze è decisiva per la mia conversione, perchè mai, infatti, dovrei votarmi ad una filosofia zeppa di contraddizioni come quella materialista se il mondo non ricevesse nemmeno alcun vantaggio concreto?

La fede e tutto il resto...

Interessante!

I non credenti hanno un' istruzione media superiore ai credenti.

Tra i credenti, però, chi ha un' istruzione superiore ha anche una fede più robusta.

I credenti hanno anche un numero maggiore di bambini; ma coloro che hanno più bambini hanno anche una fede più debole.

Sembra quindi che il numero dei bambini sia incoraggiato, prima ancora che dallo zelo religioso, dal fatto che l' ambito religioso offra un' accogliente struttura sociale.

Il familismo amorale

Perchè spiega ben poco il nostro meridione (come qualsiasi altra società).

Quali tasse tagliare

Qualsiasi taglio delle tasse è il benvenuto e crea benefici.

Ma se uno ha come obiettivo l' efficienza economica, alcuni tagli sono più auspicabili di altri.

1. Tagli permanenti: creano meno incertezza ed evitano risparmio improduttivo per pagare poi le maggiori tasse future.

2. Tagli ai più ricchi: abbiamo bisogno di incentivi all' arricchimento.

3. Tagli delle tasse sul capitale: il capitale risponde più prontamente del lavoro ai tagli.

Il precariato? Un problema marginale.

... almeno per Papa Ratz.

"... Io so, ricordando la mia giovinezza, che stabilità e sicurezza non sono le questioni che occupano di più la mente dei giovani. Sì, la domanda del posto di lavoro e con ciò quella di avere un terreno sicuro sotto i piedi è un problema grande e pressante. Ma allo stesso tempo la gioventù rimane comunque l’età in cui si è alla ricerca della vita più grande..."

Meno fede, più paura. Logico

E' anche così che siamo precipitati nella Società dei Terrorizzati Piagnucolosi (e non esito a mettermi nella schiera).

venerdì 3 settembre 2010

Matematiche carine

Se la matematica si presenta in forma di rospo...

... niente paura... basta un bacetto e si trasforma in qualcosa di più carino:





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Musiche distrutte dal dolore

Come si ascolta la musica?

Meglio "pensare l' ascolto" o "sentire l' ascolto"?

Cos' è la musica: una sequenza ordinata di suoni? Una descrizione delle emozioni dell' artista? Una fonte di emozioni per l' ascoltatore?

No, nulla di tutto questo.

Scrive Tovey commentando Beethoven e Brahms:

«Il primo episodio [del secondo movimento dell’Eroica] è un normale trio in tonalità maggiore, che inizia in un’atmosfera di consolazione e per due volte esplode nel trionfo. Dopo, la luce si spegne e il tema lugubre fa ritorno … Successivamente fa il suo ingresso, finalmente, l’inizio di un nuovo messaggio di consolazione, ma esso svanisce e il movimento si conclude con un’ultima enunciazione del tema principale, i cui ritmi e i cui accenti sono completamente distrutto dall’angoscia. Qui segue [nel primo movimento della Prima Sinfonia di Brahms] un bellissimo passaggio preparatorio al secondo soggetto; un commovente diminuendo, che inizia rabbiosamente … e si ammorbidisce (nel mentre passa rapidamente attraverso delle tonalità molto distanti) verso toni di profonda tenerezza e pietà ….»

Tovey, Essays in Musical Analysis: Volume I, Symphonies, Oxford University Press

Scrive Kivy commentando Tovey:

"... quella di Tovey è una descrizione dove le qualità emotive vengono ascritte alla musica stessa, poiché la musica ha un proprio sentimento, che non è né quello del compositore, né quello dell’esecutore, né tantomeno quello dell’ascoltatore. Tovey, è chiaro, sa bene quale sia l’oggetto di cui egli presumibilmente sta parlando: non Beethoven, non Brahms, e nemmeno Tovey, ma la musica. Non è né Beethoven né Tovey ad essere consolato, trionfante, lugubre, completamente distrutto dall’angoscia. Solo la musica lo è. Non è né Brahms né Tovey ad essere commovente, arrabbiato, tenero, caritatevole. Solo la musica lo è. Ma una musica essere "distrutta dal dolore"? "Distrutto" è un aggettivo che può evocare molto bene sia il singhiozzo di un sentimento tormentato, sia la discontinuità, frammentazione della sintassi musicale. Vale a dire: ascoltiamo un brano musicale e lo descriviamo come "spezzato dal dolore", perché la sua struttura ci suggerisce una sintesi percettiva che trova in quella particolare declinazione emotiva la sua identità..."

Peter Kivy - Filosofia della musica. Un'introduzione. - Einaudi.

Direi che sia i freddi "formalisti" che i caldi "emozionalisti" sono sistemati.

D' altro canto sia la "struttura" che l' "emozione" mantengono un ruolo centrale, purchè si parli della prima in termini della seconda.

E la competenza dell' ascoltatore? Dove deve orientarsi?

Sulla struttura profonda delle emozioni, ovvero su cio' che le emozioni possono condividere con l' evento musicale.

Il lettore

L' immagine del "lettore di libri" che mi viene in testa istintivamente, non collima molto con quella di Ferguson.
La mia impressione è che purtroppo i libri si coniughino male con la vita reale, e chi si dona anima e corpo ai primi perde gran parte del controllo sui gangli nevralgici della seconda.
Quando lascio una lettura particolarmente intensa mi sento sempre un po' spaesato, mi sento vittima di una qualche menomazione.
Le strade della vita reale sono finalmente mie. Eppure mi accorgo che sto zoppicando, e la colpa, ahimè, è proprio di quelle letture troppo coinvolgenti.
Questa diffidenza non migliora se guardo ai "forti lettori" che nel loro mondo hanno una fama consolidata.
Capita che costoro abbandonino il loro cantuccio claustrofobico per regalarsi un periodo di estroversione sul mondo comune. Magari in politica, o come commentatori giornalistici, oppure...
Eccoli allora sbandare paurosamente. I loro esiti sono piuttosto sconsolanti. La loro "zoppia" è macroscopica e decisamente imbarazzante.
Anche quando si indirizzano nella direzione che ritengo corretta, anche quando sostengono cio' che auspicherei anch' io, sento che il loro contributo contorto fa solo "male alla causa".
D' altronde è cio' di cui parlavo (con nomi e cognomi e date) più sotto, nell' "Apologia della Torre d' Avorio".
***
Per produrre una lettura intensa si richiede un certa capacità di distacco.
Non è un caso che nel "vero lettore" si sia evoluto un organo particolare. E' questo un organo in grado di secernere una singolare sostanza dalle proprietà isolanti.
Come una crisalide, il "vero lettore" si avvolge e si separa da tutto grazie a questo potentissimo anestetico.
Ma l' organo di cui parlo cade facilmente vittima dell' usura e ben presto si guasta sviluppando una sorta di incontinenza. A quel punto gli inconvenienti si moltiplicano.
Non sempre infatti lo si puo' tenere sotto controllo, capita che continui a lavorare indefesso anche dopo che gli si è comandato lo "stop" di rito. Che continui a lavorare anche quando sei in compagnia di altri.
Tu dici "stop", "stop!", "stooop!!", ma lui niente. E allora sono guai.
***
In conclusione: per leggere bisogna rinunciare a molto. E il molto a cui si rinuncia è in gran parte costituito dalla strumentazione (lucidità, tempismo, istinto, empatia, carisma, ricchezza...) idonea ad esercitare un certo ascendente sul prossimo.

Soggettivo e Oggettivo: non fratelli ma padre e figlio

Un via fruttuosa per riconciliare soggettività ed oggettività la offre il reverendo Bayes.

Il suo teorema sta su un rigo e in fondo per molti ( i cosiddetti bayesiani) racchiude tutto cio' che possiamo salvare dell' epistemologia novecentesca.

E cosa c' è di più oggettivo della conoscenza scientifica?

Senonchè la concezione probabilistica bayesiana è di carattere soggettivo (con la probabilità non si indica una frequenza ma il coefficiente di una scommessa). De Finetti ha insistito in modo eloquente su questo punto.

Una conoscenza oggettiva fiorisce così dalla conoscenza soggettiva.

Non solo, aggiungendo qualche ipotesi si puo' dimostrare che... "due persone che discutono giungeranno necessariamente ad un accordo completo su tutte le questioni"!? (qui la nota - un po' incasinata - che valse il Nobel al prof. Auman).

Sono proprio felice che uno dei più grandi "bayesiani" sia stato il Cardinale Newman, neo beatificato da Benedetto XVI nel corso della sua visita inglese.

giovedì 2 settembre 2010

Due "no"

Nel post precedente la discussione con Diana ci ha spinto su territori interessanti.

Si sentiva chiaramente la pressione di due domande:

1) Si possono modificare in modo determinante le preferenze delle persone?

2) Ci sono casi in cui ad un governo conviene farlo?

Una bella coppia di "no" è la mia risposta.

Ma è una risposta soddisfacente? Tenterò di mostrare come sia la risposta ottima da dare.

In genere la psicologia evolutiva tende a considerare la "preferenza" come un portato genetico e ambientale.

Se accettiamo questa visione le "preferenze", almeno in via teorica, sarebbero dunque determinabili anche dall' esterno: basta intervenire sulla genetica e sull' ambiente.

Poichè le preferenze di un soggetto riguardano la sua natura profonda, accettare questa visione implica la necessità di abbracciare una visione materialistica dell' uomo.

Ma una simile filosofia è carica di contraddizioni e inevitabilmente produce contraddizioni a go go.

A parità di tutto il resto il buon senso fa preferire una filosofia alternativa, una filosofia coerente: per esempio quella che postula le preferenze come "date", come il frutto cioè dell' interiorità umana.

Ma "tutto il resto" è davvero immutato? Oppure l' approccio empirista mi garantisce soluzioni alternative e più "convenienti" a taluni problemi?

E' proprio di questo che si occupa la seconda domanda, una domanda che sta a cuore all' economista.

Si potrebbe infatti pensare che la manipolazione delle preferenze potrebbe convenire e richiedere un intervento governativo, in quel caso sarebbe stupido negare di poterla realizzare.

Per comprendere questa possibilità basterebbe un esperimento mentale.

Ammettiamo che con una vaccinazione noi ci garantiamo una prole "più felice".

Al fine di garantire una società futura più felice il governo potrebbe imporre questa vaccinazione.

Un governo prudente potrebbe consentire l' astensione dalla vaccinazione dietro compilazione di un modulo.

Certo, "compilare un modulo" non è un costo eccessivo, ma proprio dicendo questo di cosa ci accorgiamo?

Ci accorgiamo che non esistono incentivi distorti che impediscano alla gente di vaccinarsi senza alcun intervento governativo, ciascuno di noi probabilmente desidera figli felici.

Poichè l' economista che è in noi ci garantisce che l' interento governativo è insensato, possiamo permetterci il lusso di conservare il postulato delle preferenze "date", ovvero il postulato classico per cui la soluzione del libero mercato è in genere la più efficiente.

Il postulato delle preferenze "date" ci consente a sua volta di rispondere "no" alla prima domanda.

Ottimo! In questo modo possiamo far nostra una filosofia coerente allontanando le tentazioni di una filosofia altamente contraddittoria e ripugnante al buon senso come quella empirista.

Ma il postulato delle "preferenze date" ci impone poi di rispondere "no" anche alla seconda domanda.

Fortunatamente, come abbiamo visto, una simile risposta non presenta inconvenienti di sorta: l' efficienza è ugualmente garantita.

La Pastasciutta

Se ti fai una parstasciutta al ristorante, il ristorante batte lo scontrino, il PIL del paese cresce e al telegiornale dicono quanto l' Italia è ricca.

Se la mamma ti fa la pastasciutta non batte nessuno scontrino, il PIL del paese non cresce e al telegiornale raccontano quanto siamo poveri.

Italia ricca e Italia povera... Minzolini bara... tele Kabul... cadono i governi, succede un quarantotto.

Ma nella realtà non è successo proprio nulla: tu hai mangiato sempre la stessa pastasciutta!

Ecco il maggior difetto del PIL.

Il fatto è che, nello specifico, in Italia si fanno un mucchio di "pastasciutte", talmente tante che il nostro PIL andrebbe aumentato di UNA VOLTA E MEZZA.

Qui in Italia siamo moooolto più ricchi di quel che appare nei confronti internazionali commentati dai TG.

Ma la ricchezza prodotta in famiglia non sembra far notizia.

Forse perchè la famiglia la si vuol rompere per mandare tutti al lavoro, ovvero dove non si muove foglia senza che si batta uno scontrino, così da non sfigurare quando si leggono le statistiche del PIL. Amen.

Di queste cose parla Ichino nella sua conferenza.

Anche lui la famiglia la vorrebbe rompere per mandare le donne al lavoro, ma perlomeno non omette l' essenziale premessa.

link alla conferenza.

Ichino bacchettato.

Perle di Radio Tre: la collana infinita

La demenziale Nadia Urbinati è un profluvio di perle, come contenerla?

La sua presenza a Radio Tre è un divertente monito ai "bitter fruit" delle quote rosa.

Il concitato travaglio del suo cogito sembra promettere teorie risolutive e invece... solo perle (a noi porci).

Meglio che niente.

Purtroppo una buona parte delle cose che dice sono semplici (anzi, contorte) contraddizioni.

Peccato, avrei preferito delle "perle".

Purtroppo un' altra cospicua parte è semplicemente incomprensibile.

Peccato, sono sicuro che se si fosse spiegata ci avrebbe regalato un altro carico di perle rilucenti.

Ad un certo punto della discussione (!?) sui diritti con una velina estiva di Fahre (Loredana Lipperini) affronta l' argomento cardine: I Giovani Padani.

I Giovani Padani sembrano usare reiteratamente l' espressione "Il mio suolo"...

Scandalo!!! (me lo sentivo che nel giro di due secondi e mezzo, dopo aver introdotto l' argomento "Giovani Padani", sarebbe scoppiato uno "scandalo" con tre punti esclamativi.

E perchè?

Perchè "il suolo non è loro"?

Noooooo!!! Molto, molto peggio!

Perchè questi qua parlano "COME SE I DIRITTI FOSSERO DI QUALCUNO".

Già, il capo d' accusa è il seguente: "parlano cme se i diritti fossero di qualcuno"

Non racconto palle:



Morale: o la Urbinati abita nell' iper Uranio insieme a tutti i "diritti-di-nessuno"...

... oppure si rassegni, nonostante le origini italiane ha bisogno del traduttore simultaneo quando viene a sudare nella nostra Radio.

Si puo' insegnare la filosofia ai bambini?

E perchè no?

Ci provano in molti.

Vagliare i vari tentativi è un modo per apprezzare meglio il nostro catechismo.

Lì c' è già tutto e un buon insegnante puo' far davvero faville.

Chiedo: c' è in giro qualcosa di meglio per introdurre un bambino alla filosofia?

Qualcuno dice che l' Inferno è spaventevole. Forse che le fiabe non sono spaventevoli?

Quando poi si tenta di edulcorare, o addirittura di eclissare il Male... lasciamo perdere per favore... allora sì che si racconta una fiaba, e per di più noiosa.

«È così divertente credere in Dio!».

Ravasi su Leonard Cohen.

mercoledì 1 settembre 2010

Parole incomprese

Liberismo.

Siccome se ne discuteva: qui c' è anche il senso lato.

La sacra famiglia


Se mi darai ad intendere di essere ricco come un Creso, di avere un bel gruzzolo da parte, ma poi cominceranno ad arrivare puntuali i conti insoluti, allora io ti guarderò di sguincio accusando il colpo. E la mia stima scemerà.
Se, quando tornerai alla sera, mi accorgerò che sei passato al bar, che puzzi di postribolo, che strascichi le parole e fai discorsi sconclusionati tentando goffamente di nascondere le tue defaillances, allora, puoi starne certo, al borsino del mio foro interiore le tue quotazioni cominceranno ad erodersi inesorabilmente.
Se, quando ti parlerò nell' ultimo tentativo di rinforzare la nostra intimità perduta, tu mi ascolterai con la maschera di una falsa attenzione, io trasformerò l' antico pianto del mio occhio ormai in secca, in un lento disprezzo che salirà ogni giorno di più, fino a saturare la trappola della nostra invivibile quotidianità.
Se da chiacchere di strada verrò a sapere che nemmeno le case in cui viviamo sono tue, come mi avevi sempre lasciato intendere, allora io mi sbiancherò fino alle labbra, e, nel pensarti come il mia nemico, stringerò denti e occhi. Poi stringerò anche i pugni, fino a mostrare il bianco delle nocche.
Se, impaurito dalla mia indignazione, tenterai di esorcizzarla con frivolezze sconvenienti e sicurezze da galletto, allora vedrai che, nella mia anima onesta, qualcosa contro di te si cristallizzerà come un freddo sasso non più scomponibile, come una blocco di ghiaccio che non fonde neanche all' inferno.
Quando mentirai o compirai azioni vergognose - e ne compirai certamente - ti staffilerò senza pietà, perchè, per via dell' amore che ti ho dato, io sarò esigente con te, sarò implacabile, non mi contenterò della nullità che sei, della tua natura di guscio vuoto, vorrò mutarti, ti distruggerò con l' accanimento di chi vuole migliorarti. E non credere, anche per me tutto ciò non sarà altro che una tortura.
Non dico che...non dico che intermezzi idilliaci non potranno ripresentarsi. Quando il sabato mattina ancora presto, dal letto, udrò il dolce concerto del tuo zufolo contrappuntato da sega e martello mentre traffichi operoso giù in giardino, io sarò pervasa da un senso di calma felice. Di tanto in tanto il tuo lepido commento mi divertirà. Eppure...eppure puntuale sopraggiungerà il freddo, puntuale com' è puntuale nel gelare gli entusiasmi della domenica sera il pensiero al lavoro feriale.
Lo so che, quando sarai con i tuoi amici, avrai sempre la battuta pronta, e loro passeranno il tempo a reggersi la pancia dal ridere, tu farai le tue imitazioni con grande successo - la voce grossa, la voce tremula...- potrai tirare avanti per ore e ore con le tue spacconate, sarai sempre l' ultima a rientrare. Ridi ridi maledetto, che io me ne sto qua a contare ogni centesimo per tirare la fine della settimana, voglio proprio vedere quanto porti a casa questo mese.

Se mi darai ad intendere di essere ricco come un Creso, di avere un bel gruzzolo da parte, ma poi cominceranno ad arrivare puntuali i conti insoluti, allora io ti guarderò di sguincio accusando il colpo. E la mia stima scemerà.
Se, quando tornerai alla sera, mi accorgerò che sei passato al bar, che puzzi di postribolo, che strascichi le parole e fai discorsi sconclusionati tentando goffamente di nascondere le tue defaillances, allora, puoi starne certo, al borsino del mio foro interiore le tue quotazioni cominceranno ad erodersi inesorabilmente.
Se, quando ti parlerò nell' ultimo tentativo di rinforzare la nostra intimità perduta, tu mi ascolterai con la maschera di una falsa attenzione, io trasformerò l' antico pianto del mio occhio ormai in secca, in un lento disprezzo che salirà ogni giorno di più, fino a saturare la trappola della nostra invivibile quotidianità.
Se da chiacchere di strada verrò a sapere che nemmeno le case in cui viviamo sono tue, come mi avevi sempre lasciato intendere, allora io mi sbiancherò fino alle labbra, e, nel pensarti come il mia nemico, stringerò denti e occhi. Poi stringerò anche i pugni, fino a mostrare il bianco delle nocche.
Se, impaurito dalla mia indignazione, tenterai di esorcizzarla con frivolezze sconvenienti e sicurezze da galletto, allora vedrai che, nella mia anima onesta, qualcosa contro di te si cristallizzerà come un freddo sasso non più scomponibile, come una blocco di ghiaccio che non fonde neanche all' inferno.
Quando mentirai o compirai azioni vergognose - e ne compirai certamente - ti staffilerò senza pietà, perchè, per via dell' amore che ti ho dato, io sarò esigente con te, sarò implacabile, non mi contenterò della nullità che sei, della tua natura di guscio vuoto, vorrò mutarti, ti distruggerò con l' accanimento di chi vuole migliorarti. E non credere, anche per me tutto ciò non sarà altro che una tortura.
Non dico che...non dico che intermezzi idilliaci non potranno ripresentarsi. Quando il sabato mattina ancora presto, dal letto, udrò il dolce concerto del tuo zufolo contrappuntato da sega e martello mentre traffichi operoso giù in giardino, io sarò pervasa da un senso di calma felice. Di tanto in tanto il tuo lepido commento mi divertirà. Eppure...eppure puntuale sopraggiungerà il freddo, puntuale com' è puntuale nel gelare gli entusiasmi della domenica sera il pensiero al lavoro feriale.
Lo so che, quando sarai con i tuoi amici, avrai sempre la battuta pronta, e loro passeranno il tempo a reggersi la pancia dal ridere, tu farai le tue imitazioni con grande successo - la voce grossa, la voce tremula...- potrai tirare avanti per ore e ore con le tue spacconate, sarai sempre l' ultima a rientrare. Ridi ridi maledetto, che io me ne sto qua a contare ogni centesimo per tirare la fine della settimana, voglio proprio vedere quanto porti a casa questo mese.



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"RE: La Sacra Famiglia"
ric -31/03/2007 19:34




Se tu ostenterai la tua sensualità pensando che sia un lasciapassare per tutti i confini, io lotterò per obbligarti ai tuoi impegni, alle tue responsabilità, ti costringerò a far fronte alla vita. E sarà una lotta furiosa, crudele, sorda; in queste lotte dimenticheremo tutto, tranne il rancore che ci salderà per sempre. Saremo pronti solo per le grandi cose, i grandi sentimenti, i grandi drammi. La pacata sufficienza necessaria alla vita di tutti i giorni ci sfuggirà definitivamente di mano.
Se ti compiacerai di demolire le mie convinzioni più intime, se, data la tua natura, godrai nel vedere il mio tormento mentre frughi, con un brutale cinismo acuto quanto una lama di coltello, nella fede in cui vivo, in cui mi muovo, con la quale nutro la mia vita; allora io tenterò di reagire, dapprima pigolando la mia chiacchera dettata dall' agitazione, ma poi con occhio duro e lucente ti squadrerò accorgendomi che, dentro di me, laddove avrebbe dovuto ardere l' amore, non non ci resta che un vuoto.
Quando il mio odio ti renderà irascibile e definitivamente inaffidabile, allora picchierai i miei figli. Sarà in quel momento che a me non importerà più nulla di te, non m' importerà più niente di cio' che sei, dell' uomo senza spina dorsale, che non dura in nulla, fatto solo della sua vernice esteriore. Romperò il mio disinteresse unicamente per dare spazio a qualche sanguinosa frecciata.
Quando mi offenderai grossolanamente, puoi star certo che continuerò a sbrigare le faccende con le labbra strette. Sono unicamente concentrata nel rendere inabitabile ogni ambiente pervadendolo con l' odore di tragedia e sacrificio. Il solo pensiero del veleno che ho sparso ovunque in questa casa e che comincia a coagularsi facendo effetto, sarà la più santa delle consolazioni.
Se poi un giorno, dopo l' ennesimo tuo gesto di tracotanza maschile, io comincerò a parlarti con gentilezza, come se nulla fosse successo, allora saprai che qualcosa di decisivo sarà avvenuto tra noi, saprai che il mio amore ha ricevuto l' ultimo colpo. Ti vedrò estraneo, e più facili saranno i miei giorni: prima ti odiavo pur soffrendo nel sentirti lontano, ora non più.
***
Di certo avrai orrore che qualcuno possa rendere pubblica questa miserabile storia, allora non temere, allora, nel placare questa tua paura, anch' io potrò rilassarmi e smettere di "coniugare" al futuro, userò finalmente il passato, il passato remoto, sì perchè, caro Walter, qualcuno già lo fece: D. H. Lawrence, lo scrittore inglese, mise tutto nero su bianco nel suo Figli e Amanti. Leggilo finchè sei in tempo e saremo felici! E leggetelo anche voi, mi raccomando

Meno scuola più futuro

Quattro semplici verità da mandare a memoria per riformare la scuola di un Paese che pensa al futuro:

1. I bambini hanno abilità differenti.

2. Metà dei bambini sono sotto la media.

3. Troppa gente va all' università.

4. Il futuro del paese dipende dai più dotati.

Progredire risparmiando, da leggere.

martedì 31 agosto 2010

Copyright

http://www.spiegel.de/international/zeitgeist/0,1518,710976,00.html

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Why the dramatic expansion of German industry in the 19th century? It was the fact that Germany had no copyright law...

http://chronicle.com/article/Putting-Ideas-to-Work/124142/

Filoni in via di esaurimento

In genere, per riflettere a fondo su cosa sia l' istruzione, si pensa al perchè l' istruzione on line non abbia funzionatio.

Eppure l' istruzione on line è infinitamente più comoda.

Eppure l' università on line potrebbe essere di qualità estremamente più elevata (i migliori prof del mondo a casa nostra).

Eppure l' istruzione on line garantirebbe ai migliori docenti compensi stratosferici.

Eppure...

Ecco, l' istruzione on line e il suo fallimento sono una miniera di informazioni per chi è interessato a svelare la natura dell' istruzione.

Ma siamo sicuri che "i filoni di questa miniera" non siano in fase di esaurimento?

Bill Gates - uno dalla vista lunga - sembra puntare sull' istruzione on line.

Anche per i suoi figli.

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Sul termine "religione"

"... ma questa non è una scienza seria... questa è religione..."

Imbarazzo dei bayesiani (sia credenti che atei).

Proposta: ma perchè non la smettiamo di definire in modo infantile come "religiosa" ogni credenza aprioristica con cui siamo in disaccordo?

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lunedì 30 agosto 2010

Feliciometri nell' abisso pascaliano

Se a Giovanni fai vedere la foto del figlio nella parte "A" del suo cervello comincia un superlavorio, è un fermento che puoi perfino fotografare!

Capita sempre quando è felice, ma non solo a lui, a tutti: "A" comincia a formicolare.

Se invece formicola "B" (siamo sempre dentro il cervello) Giovanni dice di essere infelice.

Ora sappiamo cosa rende felici Giovanni... e anche Piero. Magari domani potremmo procurare loro una "felicità artificiale".

Quel che non sapremo mai è quanto aumenta la felicità all' aumentare del "formicolio".

Non sapremo mai nemmeno se Piero è pià felice di Giovanni: magari a Giovanni vibra pazzamente la parte "A" del cervello, mentre in Piero la parte "A" è immota, da cio' non potremmo mai concludere che Giovanni è più felice di Piero.

Insomma, la felicità può essere fotografata ma non puo' essere mai resa nè "cardinale" nè "confrontabile".

Ognuno di noi, come diceva Pascal, possiede un' interiorità che è simile ad un abisso.

Why Catholics Don’t Understand Economics

... spiegato da un credente.

Interessante la distinzione tra "economic good" e "spiritual good".

Anche qui a colpire è "la maledizione del gratuito":

I have what I think is a new theory about why this situation persists. People who live and work primarily within the Catholic milieu are dealing mainly with goods of an infinite nature. These are goods like salvation, the intercession of saints, prayers of an infinitely replicable nature, texts, images, and songs that constitute non-scarce goods, the nature of which requires no rationing, allocation, and choices regarding their distribution.

None of these goods take up physical space. One can make infinite numbers of copies of them. They can be used without displacing other instances of the good. They do not depreciate with time. Their integrity remains intact no matter how many times they are used. Thus they require no economization. For that reason, there need to be no property norms concerning their use. They need not be priced. There is no problem associated with their rational allocation. They are what economists call “free goods.”

domenica 29 agosto 2010

Todd Henderson sull' Insider trading

"Todd’s findings in the paper “are in line with Henry Manne’s original thesis from nearly 40 years ago that insider trading didn’t diminish firm market value on net and may serve a useful purpose as an executive compensation device to motivate managers to maximize the value of the firm.”


http://truthonthemarket.com/2010/10/03/brad-delong-on-todd-henderson/

Israel vs. Dr. House

Il nuovo libro di Israel è chiaro fin dal titolo: "Per una medicina umanistica. Apologia di una medicina che curi i malati come persone".

In fondo per Israel la medicina è una pseudo-scienza, non c' è nulla di più sbagliato che trattarla come una scienza vera e propria.

E' per questo che il valore dell' opera medica risiede in gran parte nella vicinanza umana tra i protagonisti (medico e paziente in primis).

Cerco d' immaginarmi un approccio alternativo e mi viene in mente il Dr. House, uno che non perde tanto tempo con il paziente per andare subito al sodo.

Diagnosi, terapia e prognosi, ecco il trittico in cui esprime al meglio il suo genio medico.

Non vedo con regolarità il telefilm, ma Diana forse mi ha edotto quanto basta.

L' arbitro non sospetto di questo match potrebbe essere Robin Hanson.

Penso seriamente che Robin su quel ring alzerebbe il braccio a Israel. E questo nonostante sia una persona molto diversa da lui: umanista l' uno, transumaniano l' altro.

Inizierebbe il suo arbitraggio sentendo le ragioni dei contendenti.

Il Dr. House punta al sodo? Ma per Hanson in queste faccende il "sodo" non esiste, e i numeri sembrano parlare chiaro.

Il Dr. House punta tutto sulla cura? Ma per Hanson noi non andiamo tanto dai medici per curarci, e i numeri sembrano confermarlo.

Direi che a questo punto occorre precisare.

Se noi andassimo negli ospedali per curarci dovremmo concludere che la Sanità è un fallimento, un immenso spreco di risorse.

Certo, esistono alcune tecniche di base ultra verificate, esistono strumentazioni decisive per la diagnosi, esistono medicine imprescindibili che salvano una marea di vite umane che ieri sarebbero andate perdute, ma quel che noi di solito chiamiamo "Sanità" è l' immenso placebo che sta attorno a questo nocciolo duro.

Così pensa Hanson, e i numeri sembrano dargli ragione (è inevitabile per chi guarda prima ai numeri e poi taglia un vestito su misura per loro).

Ma perchè tanto "spreco" visto che non siamo degli stupidi?

Evidentemente noi chiediamo altro alla Sanità, e non solo semplici cure.

Hanson pensa che medico e Sanità ci servano per dimostrare quanto ci "prendiamo cura" di noi stessi e degli altri.

L' importante non è tanto curare (20%) ma prendersi cura (80%).

Per "curare" non occorrerebbe certo l' imponente spiegamento di forze che ostenta il settore sanitario un po' in tutto il mondo!

Il sovrappiù trova quindi la sua spiegazione nell' ipotesi hansoniana, infatti il placebo non cura nulla ma lascia intatto lo "sforzo per la cura", ovvero cio' che ci sta davvero a cuore.

Se quel che ci interessa veramente è produrre quello sforzo, la mastodontica Sanità moderna viene proprio incontro a questo bisogno.

La mia storia recente mi ha fatto frequentare ospedali da mane a sera: Hanson ne esce confermatissimo.

Alla solita domanda: "devo fare anche questo per il bene della piccola?", il più onesto rispondeva ambiguamente: "guardi... non è che sia poi... comunque lei lo faccia... un domani non avrà rimorsi di coscienza".

Tradotto: "guardi, è praticamente certo che non serve a un cazzo, ma lei, visto che farlo è pur sempre un sacrificio, visto che è pur sempre qualcosa di oneroso, visto che è pur sempre qualcosa in più... lei lo faccia in modo un domani da essere sempre a posto con la coscienza".

Altri medici e altre ostetriche rispondono invece in modo magari anche deciso... ma in perenne contraddizione tra loro. E tu resti lì, a soppesare le loro contraddizioni.

Nella Sanità l' imperativo è "fare il massimo" e in particolare "far fare il massimo" per i bambini.

Tre quarti delle cose che fanno e ti fanno fare non servono a "curare" ma a "fare il massimo".

Tu per caso sei un tale che non ha intenzione di "fare il massimo" per il suo bambino? E allora pedala.

Fare quel che serve è routine noiosa da infermieri, "fare il massimo" è roba per geni, roba per il Dr. House. Senonchè gli effetti del "massimo" sono avvolti da nebbie più spesse di quelle che cingono l' Olimpo.

E allora, una volta smascherata la mitologia del "massimo" cosa si può davvero aggiungere alla semplice cura del malato?

Bè, l' unico modo sensato di impreziosire una cura diagnosticabile anche dall' infermiere consiste nel profondere un impegno per un contatto più umano e rasserenante con il malato e il bisognoso in genere.

Diamo alle cose l' importanza che hanno sulla base dei fatti come li conosciamo oggi: 20% alla cura, 80% al prendersi cura; e lasciamo da parte la mitologia del "dare il massimo".

Insomma, assist di Hanson, gol di Israel.

P.S. Lungi da Hanson pensare che la medicina non sia utile (scienza o pseudoscienza che sia).

In altri termini: quel 20% dello sforzo che coincide con la cura è utilissimo e salva la vita, come dicevo.

Ma poi c' è l' 80% restante.

House sembra investirlo ancora sulla pura "cura", ma secondo i dati di Hanson, si schianta contro un muro: la cura non dà più nulla, è una zucca da cui non puoi spremere altro sangue.

Eppure noi uno sforzo supplementare, che è poi l' 80% dello sforzo complessivo, lo pretendiamo.

Evidentemente non abbiamo bisogno di cure - visto che sono inefficaci e noi non siamo tanto stupidi da non capirlo - abbiamo bisogno che "ci si prenda cura".

Proprio oggi la Sara pensava di avere problemi alla ferita (suppurava). In realtà non era nulla di grave, il dott. montoli l' ha vista e l' ha tranquillizzata.

Al momento del congedo abbiamo chiesto se dovevamo disinfettarla con regolarità. Lui, colto un po' di sorpresa, ha detto di farlo pure.

La risposta corretta sarebbe stata "fate quel che volete" ma se avesse risposto correttamente noi LO AVREMMO GIUDICATO MALE. Evidentemente non eravamo in cerca solo di "risposte corrette".

Facciamo un altro esempio: vai dal medico, lui ti visita e ti dice l' essenziale. Poi tu gli fai altre mille domande e lui si sente in dovere di rispondere anche se ormai l' essenziale è stato detto e tutto il resto è superfluo. Ma se avesse risposto con un' alzata di spalle alle tue numerose domande TU PROBABILMENTE LO AVRESTI GIUDICATO MALE.

sabato 28 agosto 2010

Perle di Radio Tre: la colllana infinita

Andrea Cortelessa è un critico letterario militante e con il suo nuovo documentario mette sotto tiro l' industria libraria. Ambisce ad essere il Michael Moore italiano.

Eccolo che spiega una tesi shoccante: gli sconti sui libri danneggiano il lettore.



Mi sa che devo guardarmi li documentario perchè non c' ho proprio capito niente.

D' altronde ci aveva avvisato "è una cosa difficile da capire, non si tratta di concetti idonei all' info-tainment, sono meccanismi che sfuggono al lettore".

Insomma, uno stipa più contraddizioni che puo' in un ragionamento, e crede di farla franca avvertendoci che "le cose sono molto difficili da capire".

Mah, forse a sedici anni mi avrebbe fregato fin da subito, ora no, ora mi deve mostrare il suo documentario che guarderò con occhio critico, puoi scommetterci.

P.S. se non fosse per la faticaccia di isolare l' audio, con le perle di radio Tre farei volentieri una collana tanto abbondano. In queste vacanze ne colgo almeno un paio al giorno e non occorre certo immergersi in profondità.

Cos' è la scienza?

Premetto che tentare una risposta è impresa disperata.

Ma se proprio volete interpellare qualcuno in merito rivolgetevi senza indugio al reverendo Bayes e a Pierre Duhem.

Avete letto "comunità scientifica"? Non leggete oltre!

Questa volta inizio proprio dall' inizio.

Cos' è la scienza?

Potremmo dire che è una forma di conoscenza acquisita "contando" i fatti.

Sfrondiamo ancora: potremmo dire che è una conoscenza probabilistica fondata sui fatti.

Sembra che abbiamo finito di rispondere ed invece dobbiamo ancora cominciare.

Infatti tutto parte dalla domanda cruciale: cos' è una probabilità?

Ci sono due scuole di pensiero.

I Frequentisti: per loro la probabilità è il rapporto tra due grandezze oggettive: casi favorevoli fratto casi possibili. La probabilità che gettando la moneta esca "testa" è di un mezzo perchè esiste un caso favorevole (testa) e due casi possibili (testa e croce).

I Bayesiani: per loro la probabilità è una grandezza derivata da un' intuizione soggettiva: se scommetto su un cavallo dato "a quattro", evidentemento attribuisco alla vittoria di quel cavallo una probabilità superiore al 25%.

Ebbene, difficile sapere cosa sia la scienza per chi non sa che l' unica concezione coerente di probabilità è quella fornita dal reverendo Bayes.

Le immagini frequentiste sono una semplificazione utile ma incoerente allorchè intendiamo "conoscere" anzichè "semplificare" il concetto di probabilità. Si tratta di incoerenze più volte mostrate (vedi tag "bayesiani").

Morale: la scienza è una conoscenza sempre "sporcata" dall' intuizione soggettiva e i soggetti sono differenti l' uno dall' altro (si spera).

Che lo sappia lo scienziato mezze maniche, quello che immagina la scienza come un ingranaggio che gira da sè con il pilota automatico saldamente innestato.

E' pur vero che, esperimento dopo esperimento, le conoscenze in ambito scientifico sono destinate a convergere e tutti i disaccordi verranno dissipati prima o poi (teorema di Aumann).

Ma questa convergenza puo' essere ragionevolmente pensata all' infinito.

Per chi la pensa così la scienza è fatta di tante strade soggettive che ciascuno di noi puo' e deve percorrere separatamente, proprio per fedeltà alla natura di questa conoscenza.

Spesso, per proferire con maggiore autorevolezza verità faziose, ci si gonfia il petto e si lascia scivolare nel colloquio l' espressione "comunità scientifica": lo sostiene come un sol uomo la "comunità scientifica".

Ma è proprio quando la "comunità scientifica" parla come un sol uomo ad essere sospetta. Sembra quasi che voglia sbaraccare mandando in pensione la scienza.

C' è chi vuol far finire la storia e chi vuol far finire la scienza.

L' espressione "comunità scienfica" è sommamente ingannevole poichè mette l' accento su cio' che accomuna anzichè su cio' che separa, ma è solo cio' che separa a rendere genuinamente "scientifica" quella comunità.