----- Original Message ----- From: RICCARDO Sent: Monday, July 30, 2007 7:35 AM Eppure... Ho letto "Resurrezione" di Lev Tolstoj, racconta di come sia dura la vita consumata in un carcere siberiano dove i prigionieri sono sottoposti a trattamenti disumani. Ma, magari, di scandagliare la vita carceraria vi interessa poco, magari i trattamenti disumani vi turbano e vorreste tanto starne alla larga per godere al meglio il tepore di salottini accoglienti in cui parlare del più e del meno, magari le "vite consumate" non sono esattamente la vostra passione numero uno. Anche se è così, questo libro fa per voi, visto che "fa per tutti". Tolstoj è stato "il più grande" proprio perchè, con lui, questo genere di paralogismi funziona a meraviglia. Lui potrebbe parlar di tutto, potrebbe scrivere anche di cose irrilevanti anzi, irritanti, eppure continuerebbe a scrivere "il libro che fa per voi". "Per voi", bè, adesso non esageriamo. "Per me" sì però, di sicuro. Prendiamo le sue proverbiali tensioni morali, ebbene, sono trapuntate da inesausti e continui guizzi di umorismo legati alle micro-tragedie della vita quotidiana. Quando le prime stufano, e a me stufano quasi subito, arrivano immantinente i secondi, manco fossero il settimo cavalleggeri, manco il lettore fosse tutto cablato con sensori neuronali che rivelano solleciti i cali di attenzione. Quando i secondi stuccano, sopraggiunge con tempismo l' agile ponzosità delle prime. Se questa alternanza desse solo l' aria di ripetersi, il Maestro s' inventa dal nulla un terzo ingrediente facendo subito diventare oro qualsiasi cosa tocchi il suo pennino. Per carità, lungi da me negare che alcuni inconvenienti arrivino a turbare un simile panorama idilliaco, per esempio: ad ogni finale ottocentesco si addice il crescendo, per ottenerlo è d' uopo non rompere il climax: ecco che allora anche i sapienti equilibri del Maestro devono cedere alle esigenze del Canone. Fa niente, Tolstoj è talmente ricco che si puo' rimanere appagati da un suo libro anche espungendo un finale crucialissimo che sarebbe il punto di forza per chiunque altro. E ve lo giura chi si giudica soddisfatto avendo letto il suo libro sulle carceri zariste eliminando la parte ambientata nelle carceri zariste, oltre che tutte le pagine in cui si parla di carceri zariste! Per questo che è lui il più grande. Nel suo secolo, con Flaubert, è il più grande. Non c' è nulla di lui che condivido, il suo disgusto per la modernità e i suoi infantili pacifismi renderebbero insopportabile qualsiasi adulto che osasse professarli con la sua iattanza. Eppure... Il Vangelo russificato come esce dalla sua rielaborazione contorta, avvelenato e indigesto come viene servito in cucine che sfornano a tutto spiano solo cibi sciapi, mi appare ampiamente travisato. Eppure... Le sue indignazioni, i suoi disgusti, le sue vergogne annoiano presto e si rivelano solo come il tipico furore conformista del sedicente "puro" ferito a morte dalla realtà, di chi si vede vittima in croce e non riesce a tirare avanti se non pensandosi in quel modo. Eppure... La passione per la filosofia ammorba non poche pagine della sua opera, piegandola spesso al didascalico resoconto di tiritere mediocri e di idee impiegatizie tipiche del pensatore di risulta. Eppure... La totalizzante interiorità indicata ripetutamente come unico valore ha la presa di certa reclame raffazzonata quando è in heavy rotation da sei mesi su tutte le più scalcagnate TV private. Eppure... La letteratura che veicola conoscenze e disvela realtà all' intelletto? Ma stando ai messaggi espliciti recapitati dal patriarca mi sento profondamente offeso pur nella mia medietà e nella mia intelligenza qualunque. Eppure... Eppure, se penso al suo rigo carnoso da cui cola muco, saliva e sangue; se penso al suo modo di far sorridere gli occhi di una comparsa, detrito che la Storia subito abbandonerà sull' argine; se penso alle sue ingiurie, di una ricercatezza addirittura strana; se penso ai suoi silenzi popolari, sempre decorati con colpi di tosse, soffiate di naso, pianti di moccioso; se penso alla gogna in cui incastra il suo nemico ideologico, illustrandone le tare che sono poi le naturali storture del Legno Umano cantate con voce stentorea; se penso a tutto questo, allora mi riconcilio in tempo reale e alzo convinto il mio peana di lettore convertito. *** N.B. post incompiuto (ndr) ************************************** ********************************************** ************************************************* ************************************************** ************************************************** ***************************************************** *************************************************************** Il Nostro Povero Individualismo C' è stato un tempo in cui ci avevano creduto in molti. Schiere di puntigliosi letterati spalleggiavano il lavoro di accaniti filosofi. Con il coraggio e la precisione dei dinamitardi si erano messi tutti quanti in testa di smontare quella maledetta costruzione psichica che è l' "io", causa prima di tanti mali. Specie del mal di testa. Una fosca ombra, 'sto monosillabo, che non ci molla un attimo, neanche quando andiamo al gabinetto. Un fardello che ingrassa inutilmente pesando su ogni nostro movimento con tutto lo zainetto di responsabilità che ci infila a tradimento sulle nostre innocenti spalle. *** Era una strategia geniale, non c' è che dire: se soffro, perchè eliminare la sofferenza quando posso eliminare l' "io"? Perchè non tentare l' incruento colpo di stato grammaticale? Per carità, non mancarono i soliti paludati ammonimenti moralistici dei ben noti grilli parlanti, i quali, insensibili alle feroci emicranie che la valle di lacrime ci riserva, osarono obiettare contro la cura proposta del taglio della testa. Ma perchè preoccuparsi per simili mugolii? Bastarono quattro martellate sul muro ben distribuite per liberarsi dei loro predicozzi stantii. Tanto poi si dà una mano di bianco e chi s' è visto s' è visto. *** L' artista serio era invece tutto concentrato a strapazzare il pronome in questione. A stiracchiarlo come il pongo per vedere l' effetto che fa. C' era chi voleva decostruirlo, chi voleva scioglierlo nell' acido (lisergico), chi studiava come farlo sparire dormendo tutta la vita, chi procedeva a collettivizzarlo in modo che fosse possibile riunirsi tutti sotto un unico grande "io". C' era anche chi, adottando sorprendenti strategie inflazionistiche, cercava, con generosa distribuzione, di assegnarne un centinaio a cranio. Ad un certo punto il mortale nemico sembrava proprio dovesse cedere, il nostro povero "io" atterrito appariva spacciato, appariva come roba vecchia, roba d' altri tempi, la moltitudine dei suoi nemici tendeva le avide mandibole verso quella povera carcassa. Fragile legno su mare torvo, non sapeva bene che dio pregare. L' attacco concentrico delle avanguardie letterarie era portato da più fronti e senza tentennamenti. La resa era prossima. Solo per dovere di cronaca aggiungerò che, mentre la discettazione teoretica su questi temi s' impennava per qualità, la parallela letteratura sperimentale subiva dinamiche ben diverse. *** "Il Fu Mattia Pascal" (appena letto su Radio Tre) fu una delle cannonate più poderose sparate nell' assedio descritto più sopra. Pirandello, con la gran parte della sua opera, prese parte attiva al sacco dell' Identità, e lo fece con le mostrine del Generale. Il mio parere è che prese parte anche al fallimento di quell' impresa sciagurata. Per capire come tutto quell' ambaradan sia andato a ramengo, la lettura del "Fu Mattia Pascal" è caldamente raccomandata. *** Da giovane Lettore desideroso d' intrupparmi e costantemente in cerca di Partito, pensai bene di iscrivermi nel movimento "anti-realista". Era però necessario adottare "Il Fu" come bandiera. E perchè no? dicevo. La cosa mi risultava semplice, lo si poteva fare a testa alta senza addivenire a nessun compromesso infamante. Senonchè, per quanto sia più che onorevole alzare un simile vessillo, è la bandiera stessa a presentarsi taroccata una volta che, garrendo al vento, la puoi osservare meglio dispiegata. Così distesa ha l' aria di non servire a dovere la causa anti-realista. E non sai come ci rimani male se mentre suoni la carica ti accorgi di alzare uno stendardo che assomiglia in modo imbarazzante a quello del nemico. *** Cerco di spiegare meglio quell' imbarazzo. Ogni volta che il "Fu" gira alla larga dal progettato nucleo del racconto, allora dà il meglio di sè. Noi lì abbiamo agio di ammiriare finalmente il passo felpato con cui avanza senza scopo ogni Grande Libro. Finchè il Pascal è in saldo possesso del documento anagrafico, l' Alta Letteratura ci bacia facendoci mille promesse e raccontandoci cose rare a proposito di eventi quotidiani Mamma mia, quante fragranze. Che sapori pregnanti schizzano fuori da ogni capoverso. Un rigo, una spezia. E noi assaggiamo tutto con le fiammelle negli occhi e le bollicine nel sangue. Al lettore arriva a fiotti la clorofilla che lo rinverdisce, giungono in massa quei segnali che lui attende avido da sempre, l' unica cosa che lo ripaga per il tormentoso passatempo che si è scelto. Sì perchè, quando fa breccia la risatina proprio mentre il muscolo cardiaco si contrae in una stretta, allora lo sai. Sai di respirare l' aria ipossigenata che spira sempre dalle vette del Capolavoro. E tutto succede mentre, e solo mentre, eventi realissimi, naturalissimi, si abbattono contro l' inettissimo, ma monumentale, "io" del Pascal. E anche il mio "io" è lì, ben nascosto dietro lo specchio della pagina, tutto preso a fare serrati e spassosi confronti con il suo patetico dirimpettaio di carta. Meste identificazioni, orgogliose dissociazioni. Le basi da cui giungere di volta in volta a esiti differenti non mancano: i nostri due individualismi spiccano ben definiti e si paragonano come in una naturalissima e costruttiva sinossi. *** Ma poi sulla storia cominciano a fioccare eventi anti-naturali (ce n' è sempre almeno uno ad imbrattare le carte di Pirandello). Uno in particolare: il Pascal, creduto morto, puo' vivere finalmente come uno Zombie e vagare dentro una vuota sorte. Bella Idea, non c' è che dire. Ma quando le Idee defenestrano i Fatti non c' è mai da stare allegri. E non c' è dubbio che quanto più un' Idea è geniale, tanto più "defenestra". La Moglie, la Suocera, l' Amico Scemo, il Tipo da Bar, il Tipo da Spiaggia, i Tipi in generale e tutta questa cornucopia di lussureggiante biodiversità che mi aveva rallegrato emozionandomi, non puo' più vivere nel Nuovo Mondo Ideale del "rinato". Perchè il Nuovo Mondo del Rinato è un Laboratorio già stipato dalle speculazioni mentali del Nostro tutto preso ad indagare le sfumature di questa sua nuova artificiosa condizione di liberto. In una simile dimensione "pensata" cessa ogni possibile abboccamento sorprendente a cui valga la pena di presentarsi per scambiare quattro chiacchere, così, da Lettore a Personaggio. Il Fantasma di Pascal procede leggero finalmente sgravato dalla mordacchia del suo individualismo. Non so se provi un qualche sollievo. Certamente la mia intesa con lui ne risente. Un po', un po' tanto, mi dispiace di aver perso un così edificante termine di paragone. Quanto alle modeste e fluviali speculazioni da bibliotecario iperaccomandato, con tutto il permesso, se proprio voglio sgranchirmi le sinapsi, a quel punto deposito sul comodino il "Pirandello finito fuori strada" per virare sereno verso Summa Teologica o Settimana Enigmistica. ********************************************** *********************************************** ************************************************ *************************************** *********************************************** ************ ************************************************* ************************************************** ******************************** Le Avventure di un Embrione E' concesso in questa sede odiare un libro? Allora, con tutti i crismi dell' ufficialità, vorrei mettere alla berlina il libro Cuore. Puah. *** Finalmente l' ho fatto. Che liberazione Eppure non sono del tutto soddisfatto, non mi sento vendicato, dovrei dirlo un po' meglio. Siccome l' esecrazione si manifesta alla giusta magnitudo solo se accompagnata dal suo fratellino gemello, l' amore... ...farò in modo che l' insoddisfacente sprezzatura del libro Cuore, si esprima al meglio grazie all' omaggio deferente tributato all' anti-Cuore per eccellenza: Pinocchio. *** Pinocchio è un Franti che si salva. Ah ah, sono salvo. Tiè Garrone, tiè Bottini, tiè a tutti i piccoli patrioti-vedette-scrivani, e crepi anche De Amicis e crepi con lui tutta l' Italia Unita. *** Me lo chiedo da sempre. Che bisogno ci sarà mai di avere una trama, a cosa serve uno sceneggiatore, che me ne faccio del plot se tanto, ormai ne sono quasi certo, mi interessa solo una storia fatta di due soli snodi: lui sembra che non ce la faccia, ha tutte le carte in regola per non farcela, non ha nessuna possibilità di farcela, lo dicono tutti, lo dice De Amicis, il Presidente, il Papa Cattolico, il Papa Laico, il TG1, il TG2 e il TG3, la TV a reti unificate, il Professore, il Direttore, il Sondaggista, lo Scienziato e lo Statista ... ...invece ce la fa. Evvaaii. *** Solo la corda di una lira ispirata sa accompagnare con tatto e discrezione il viaggio del predestinato al fallimento. L' impresa non è facile. Che si sia di fronte ad uno "spacciato" deve essere sempre più evidente senza che niente trapeli in modo esplicito. Raccontare i talenti per il naufragio non è semplice. E' tutta una questione di posture, di interiezioni, di gesticolazioni, di sospirazione, di occhiate, di istinti repressi, di riflessi abortiti, di minuzie comportamentali e sintattiche. Ma solo il grande artista sa creare quel vuoto di stomaco che dà lo spiazzante e implausibile salvataggio del reietto, l' annichilimento imprevisto di quello che credavamo il solido pardagma del destino greco. E, detto tra di noi, non c' è niente di meno promettente che un Ciocco di Legno. Chiunque abbia sbagliato puo' rimettersi in carreggiata, d' accordo. Ma qui siamo di fronte ad una multiforme scapestraggine, ad una birba matricolata, a un monellaccio, a uno svogliato, a un vagabondo con tutta la sua sequela di fallimenti morali reiterata e disperante. E oggi questa diperazione è ancor più validata di ieri. Visto il discredito in cui è caduta la pedagogia delle legnate umilianti, l' insuccesso di quel mariuolo che ne riceve parecchie, è telefonato. *** In presenza di educatori lassisti, ricordo che con qualche frignatina ben allocata, era facile bigiare l' asilo. Allora me ne stavo in cameretta tutta la mattina ad ascoltare i dischi delle fiabe. Ma Pinocchio non lo mettevo su tanto volentieri. Era una fiaba inquietante per me. In una speciale classifica horror precedeva anche La Piccola Fiammiferaia, nonchè tutti gli Andersen. Era una Fiaba con "tempi" anomali e sincopati, proprio laddove il bigiatore pivellino richiederebbe una regolarità cronometrica da orologio svizzero. La catarsi, per quanto attesa come in ogni fiaba, tardava ad arrivare. E dopo aver atteso ben oltre la scansione consueta, ancora non arrivava nulla. La cosa era intollerabile. Il tempo passato con il cuore in gola era decisamente eccessivo. Una simile condizione poteva andare bene per Giamburrasca, ragazzino nato e costruito per abitare tutta la vita nel paese delle marachelle, un paese, il suo, senza orecchie d' asino e con Pappa col Pomodoro a go go. Ma con Pinocchio no, su Pinocchio incombe qualcosa di terribile, si sente continuamente odore di Apocalisse, nel suo mondo è al lavoro una qualche escatologia, fin dall' inizio pulsa l' agnizione. *** Se Pinocchio fosse un racconto "di formazione" (Bildungsroman), sarebbe stato facile e gradevole archiviarlo nello scaffale di competenza per poi disporsi rilassati ad ascoltare, per esempio, la deliziosa multivocalità di Paolo Poli. Ma nei romanzi "di formazione" si descrive una serie di prove attraverso cui il soggetto immaturo si trasfigura per ripresentarsi alla comunità finalmente adulto. Nel nostro caso invece l' esito finale è un bambino in carne ed ossa. Il contrario di un adulto. Per quel che ne so io non esiste un apprendistato per diventare bambini. Non esiste un apprendistato per nascere. *** La meta finale è un "bambino", un' "anima". Ci viene raccontata la conquista dell' anima. Ci viene racontato il sogno/incubo di un embrione. E se in questa vicenda c' è una vera volontà proiettata verso la meta finale è la volontà di Geppetto... Inoltre, nel bel mezzo di tutte queste tempeste uterine, latita la capacità di apprendere. Pinocchio sembra in balia degli elementi, non impara, non progredisce. Ha fallito troppe volte e, oltretutto, sempre nell' affrontare la stessa prova. Non possiamo dire di essere al cospetto di un "discente". Il burattino cade subito alla prima tentazione e non arriva alla scuola. Ma anche se ci fosse arrivato non avrei scommesso una lira su di lui. Mi dispiace ma è così. Quando uno cade una volta, due volte, tre volte nella medesima trappola, allora diremo di lui che è proprio una testa di legno. Zeno Cosini, uomo abbandonato ormai dalla provvidenza, non smetterà mai di fumare, lo capiamo dalla grande arte di Svevo. Pinocchio, burattino scortato dalla provvidenza, non smetterà mai di fare marachelle, lo capiamo dalla grande arte di Collodi. Poi invece smette: è la grandissima arte di Collodi. E' l' arte di chi ha saputo far smettere di fumare Zeno Cosini, di chi ha redento Franti, di chi ha rinsavito Don Chishiotte... Collodi, pessimista disperato e vate dell' assurdo, oltre che dalla propria arte, è aiutato dalla sua originale concezione. Scrive sempre avendo in testa il finale con Pinocchio impiccato. Sono i bambini, portatori di mistero e speranza, che subissano il "Giornale" di lettere ottenendo la Resurrezione. Non si tratta di appendice estranea da sequel, sorprendentemente Collodi riparte rinvigorito nell' ispirazione e convertito nell' ideologia. *** Tutte operazioni già tentate, ma con il trucco: ci si limitava a riabilitare il comportamento consueto del "disperato" cambiando l' ottica di osservazione. Franti veniva giustificato nelle sue marachelle, eravamo noi a convertirci, non lui. La follia di Don Chishotte diventava gioiosa e non meno grave della nostra, anzi, smascherava la nostra. Addirittura veniva ripresentata come una forma di lucidità superiore. Eravamo noi però a dover abbandonare i quieti lidi della grigia normalità con tutti i parametri che la descrivono. Ma con Pinocchio espedienti del genere vengono messi da parte. Pinocchio è la storia di un miracolo a sorpresa: una Testa di Legno promossa nel Paradiso della normalità. *** A fare i bravi s' impara, e alla fine ci si becca anche l' applauso. Ma conquistarsi l' anima è un vero colpo di scena della Grazia. Lo spettatore spiazzato non riesce nemmeno ad applaudire. E in questo silenzio attonito di noi spettatori Pinocchio sguscia fuori dal grembo e corre via a vivere la sua vita di uomo in carne ed ossa fatta di molti errori conditi con qualche sporadico successo. ************************************************** *************************************************** *************************************************** *************************************************** ******************************************* ************************************************ *************************************************** ************************************************** ************************************************************** ***************************************************************** ****************************************************************** **************************************************************** *************************************************************** *************************************************************** *********************************************************** Un Lexotan per Carducci. E' difficile che aprendo a casaccio il mio libro con le Poesie di Carducci si possano schivare le multiformi ire del focoso Aedo. Riottoso e cieco come un ultras, è sempre impegnato a cospargere di sale le proprie ulcere. Ora punge un Avversario, ora satireggia un Irrispettoso, poi schizza la caricatura di un Impertinente, a seguire oltraggia un Vanesio, dopo mette alla berlina un Pedante, o alla gogna un Garrulo. Tutti Signori con nomi e cognomi, mica Allegorie. Per farne fuori più che puo' non si risparmia neanche flirt satanici. Il suo verso afflittivo è un ruggito che lo priva di forze preziose, non si è mai vista una semina di spine tanto infeconda. Il forumista tignoso conosce questo vortice esacerbante e sa di che parlo. Io procedo indefesso nello spoglio, cerco affannosamente i pii bovi, ma mi ritrovo sommerso nella schiuma di artisticissimi 'vaffa. Eppure si vede ad occhio nudo che il Vate avrebbe di meglio da fare. Per esempio, in quel tempo aveva ancora in arretrato un un casino di versi immortali, evidentemente non avanzava mai un minuto per buttarli giù. La sua natura gli imponeva delle priorità: ogni litigio andava meticolosamente portato a termine fino all' umiliazione pubblica della controparte. Ogni screzio letterario andava lavato nel vindice inchiostro. Basta stare un attimo a bearsi in compagnia di queste invettive per capire che l' Avversario, l' Irrispettoso, il Vanesio, il Garrulo, l' Impertinente e anche il Pedante, sono, probabilmente, miti e mediocri personaggi con cui usciresti piacevolmente a cena. Il problema invece è lui, il Vate. Il Vate ha tutta l' aria di contenere nel pancione un vorticoso movimento biliare. Di avere un petto "ove odio e amor mai non s' addorme". Scosso da oscuri tumulti, flagellato dalla memoria dell' offesa ricevuta, spronato da ansie insinuanti, egli si aggira tra i suoi simili alla ricerca di imperfezioni che scatenino le sue furie maremmane. E ne trova a bizzeffe. Questa spola fra rancori e tetraggini consumerebbe anche l' animo più temprato, lo consumerebbe fino all' inedia spirituale. Com' è grama la vita di questi melanconici. Com' è tapina quella di chi vive intorno a loro. Non si puo' tirare avanti così. Urge una cura che raggeli al più presto la tempia tempestosa del pugnace infermo. Come minimo, di fronte a casi similari, ci vorrebbe un bel Dio condiscendente che pianga insieme a noi, che creda alla nostra bua e ci dica premuroso che "poi passa". Ma il nostro campione aveva avuto la bella pensata di buttarlo nel cesso fin da giovane, quel Dio, e di tirare lo sciacquone. Complimenti. E non poteva essere che così vista la giovanile adozione del luterano dispitto verso l' "allegro Papa". Con la sola compagnia del Gesù più duro ed austero della corrucciata Riforma, il morale non conosce grandi impennate. E' cosa nota. *** Però Carducci si salvò. Si salvò con la medicina della "Classicità". Due pasticche al giorno di questa pillola e la frenetica ruminazione del Maestro si bloccò. La Classicità offre mille rimedi al collerico. Innanzitutto la Morte. La Morte ha la tendenza a rendere piuttosto imperturbabili, a raggelare la pupilla, a domare l' abito fiero. In queste condizioni gli sdegni si fanno di molto meno ardenti. E se proprio non vuoi morire subito, puoi sempre temporeggiare facendo una capatina al camposanto. Non sai come è cool una bella promenade fra le lapidi adamantine del Cimitero romito tra le argentate nebbie sfumanti, magari a Bolgheri. E' proprio lì che il Poeta vide la sua Rosebud. Se poi possiedi una certa capacità di "ascolto", puo' darsi che perfino i cipressi attacchino a sussurrare tranquillizzanti mentre ti augurano l' "a presto arrivederci". Anche l' Avello ti strizza l' occhio come un vecchio amico. Questo attrezzo imprescindibile della palestra carducciana ha virtù defatigante, specie per chi conosceva un' unica orazione ("Signor, chiamami a te: stanco son io: pregar non posso senza maledire"). Ogni forma di necrofilia si coniuga a meraviglia con la "Classicità", la quale ha la virtù di riproporcela nella sua variante più fresca ed impassibile, eludendo così il lato stancante della faccenda (che puo' essere lasciato ai Romantici): quello del meditabondo sotto le rovine con il teschio in mano. In secondo luogo la "Classicità" ti consente di frequentare le donne. Da lontano. Devi solo darci dentro con l' epistola. Cantare le seducenti armonie del corpo, i divini accenti del labbro, l' aulentissima cute, e tutto questo senza avere sempre nelle orecchie il trillo citofonico delle note ingiunzioni. Una buona capacità immaginifica basta e avanza. Alla loro persistente recriminazione penseranno i mariti (in genere ex romantici senza talento). La carriera del Poesta Classicista è allietata da diverse gite fuori porta. Tra una georgica e una bucolica si sta sempre immersi nella rilassante countryside. Se il lento giro dell' occhiata bovina si volge a noi, non sentiamo affatto quella frenetica interpellanza che ci collocava subito a debito di una risposta piccata, o di un chiarimento brillante. Possiamo sincronizzarci con il rilassante ritmo della paziente pecora, possiamo concederci un calmo colloquio con la pensosa quercia, possiamo escutere un testimone sempliciotto come l' ignaro asinello. Optare per il Classico consente anche di mettere spesso e volentieri le gambe sotto il tavolo. Buona tavola, ma sopratutto Vino, non devono mai difettare. Quale miglior modo per sperimentare in corpore vivi il pagano oblio? Da ultimo, ampie dosi di "Classicità" ti consentiranno in quattro e quattr' otto di divenire Poeta Nazionale. La cosa ha i suoi vantaggi. Eccellente rifugio per disfarsi di ogni vitalismo e simulare già da ora, in Cerimonie e Occasioni Ufficiali, il cadavere che saremo. Da "Poeta Nazionale" puoi permetterti di abitare solo il pianeta della Retorica (patriottica) e quello della Metrica. Due meravigliosi pianeti senza ossigeno, dov' è bandita ogni forma di vita. Cosa c' è di più salutare per un iracondo naturale? *** C' è chi è spinto verso la Classicità dalla natura dei suoi talenti. C' è chi invece sbarca su quei lidi con le piaghe aperte e con il solo intento di applicarsi l' impacco del fiore di loto che prospera lussureggiante. C' è chi pensa alla Classicità come ad un palcoscenico dove sfilano armonie da ammirare con l' occhio del geometra, e chi la assume invece come camera di decompressione dove regredire ad una sospirata meccanicità catatonica. Carducci, fortunantamente, appartiene alla seconda genia. E' anche per questo motivo che "mi riguarda" e che posso tranquillamente continuare a leggerlo senza rimorsi. Riguarda anche voi? ****************************************** ********************************************* ************************************************* ***************************************************** *************************************************** **************************************************** *************************************************** **************************************************** *************************************************** +++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++****** **************************************** ****************************************** ***************************************** ********************************************** *********************************************** ******************************************* ********************************************* ********************************************** ************************************************** ************************************************** *************************************************** ******************************************** ************************************************** ************************************************** ************************************************ ************************************************* **************************************************** ******************************************* *************************************************** ************************* ************************************* ********************************************** **************************************** Problemi giù in Archivio. Parini-Manzoni-Porta-Gadda-Chiara-Testori-Brera-Vitali + il "Perdonato dalle Lucertole"...di ciascuno di questi qualcosa ho letto. Ora, essendo questi scrittori "lombardi", mi chiedevo se offrissero un motivo specifico, al di là di quello anagrafico, per chiamarli così. Innanzitutto vanno eliminati quei lombardo che hanno la pretesa di narrare storie manierate costruite con personaggi "universali" e intercampiabili. Mi limito ai veraci, a coloro che hanno piantato qui, in terra lombarda, il loro semino. Che l' hanno coltivato amorevolmente negli anni e che ci regalano la loro opera come se fosse il frutto maturo di quell' albero. In secondo luogo mi limito agli scrittori che ho letto io e per i libri che ho letto io. Pochini direi. *** L' unica cosa che ha prodotto il mio sforzo è un caso di serendipità: pensando (invano) ad un possibile elemento che fosse in grado di unificare questi autori me ne è venuto in mente uno in grado di discriminarli tra loro secondo due categorie possibili: i "Pagani" e i "Cristiani". *** Difficilmente il personaggio dell' autore lombardo è un ateo pacificato. Un personaggio del genere offre pochi spunti. A questo punto, nei casi di "senza Dio" meglio ripiegare sulla variante del "pagano". Il "pagano" è un fauno talmente fiducioso dei suoi sensi da seguirli ovunque. A queste seduzioni della natura il pagano oppone resistenze ridicole, di pura facciata. Basta che la sua pelle sia sfiorata per farlo "entrare" in vibrazione. Il vero pagano è solo colui che vibra in perfetta armonia con il creato. O almeno lo crede. Il pagano è appagato nella sua immanenza. E perchè mai dovrebbe temere la morte? Non c' è esperienza più eccitante che farsi concime. Tutto bene quindi. Senonchè, di punto in bianco, inspiegata, fa capolino una punta di disperazione che richiede di essere affogata nel chiasso. Parini-Porta-Chiara-Brera-Vitali+ il "Perdonato...", mi sa che sono autori tutto sommato pagani. Forse, se Brera avesse scritto ancora un libro di narrativa, avrebbe varcato la soglia. Già dava segnali nell' Arcimatto più "estremo". Manzoni, Gadda e Testori (ci metto pure il vicentino d' importazione Fogazzaro) tengono alto il vessillo del "cristiano". Il "cristiano" aumenta la sua circospezione nei momenti di massima gioia e successo personale. Sa che "la roda la gira" e non si rassegna. Ossessionato da tutte le forme di contropartita- la sua visione è "retributiva" - coltiva un sentimento tragico che è anche un sentimento realistico. Si distende e gode solo quando riesce ad accettare la realtà del dramma e a vedere sempre più chiara la luce dello "sbocco". Di solito, purtroppo, questa accettazione richiede una tempra da Santo. *** Me ne andavo a spasso tutto felice con le mie categorie in saccoccia, quando ho preso dentro qualcosa e mi sono ritrovato in terra a misurare la strada. La pietra d' inciampo ha un nome e un cognome. Trattasi di quel maledetto vogherese, sì quello là, l' Arbasino Alberto. E dove lo caccio adesso quello lì? Ho appena letto "La Bella di Lodi", lombardissimo racconto, e non riesco a trovare una casella per lui nel mio schemino. Qualcuno puo' darmi una mano? *** E pensare che eravamo partiti così bene. Già dal primo capitolo il gioco delle ascndenze sembrava chiuso senza residui: trattasi di gaddian/proustiano. Il tipo eroico impegnato a riprodurre un virtusismo parolaio, faticoso e strabordante, pur di acchiappare la Realtà per la coda. Una realtà tutta coda e che non finisce mai. Uno di quei frustrati che si accorge a sue spese di come l' infinito kantoriano delle parole sia di grado inferiore rispetto all' infinito dei fenomeni naturali. E questo, anche solo limitandosi ai fenomeni di superfice come fa il vogherese (lui ama ed è sedotto dagli smalti sberlucicanti). Eppure non si arrende, eppure ci prova lo stesso. E lo fa con una foga ipertrofica, tentacolare, spettacolare, entropica. Rotte, confuse, incasinate, urlate più che dette, di parole certo ne vengono fuori tante, fin troppe. Uno, insomma, che ci racconta bene il dramma che fronteggia lo scrivano fedele. Il dramma della prolissità, destinato a travasarsi presto dalla penna ai personaggi. Quindi un barocco, quindi un controriformista, quindi un "cristiano", facile. *** Calma e gesso però. Svoltate poche pagine la musica cambia e il Nostro comincia a sorpresa il tradimento sistematico dei Padri. Resosi conto di questo sforzo inane il vogherese... rinuncia!? Incredibile la faccia tosta di questo qua, anzichè imolarsi...fa marcia indietro. Desiste dall' eroica impresa di inseguire e irretire i fenomeni. Che forme assume questa rinuncia? Facile, la prosa comincia a farsi frammentaria. La fiumana gaddian/proustiana si trasforma in scroscio intermittente. Il biancore degli spazi si diffonde, il corpo inchiostrato cede ad una immacolata desertificazione. La Realtà irrompe solo nella modalità sminuzzata del flash. La cronaca, prima impetuosa, ora ci viene rinviata scritta sui coriandoli. L' immenso spazio vuoto dove i coriandoli fluttuano, quello te lo devi riempire tu caro lettore (che invece volevi startene comodo in poltrona). L' avanguardia ha colpito ancora. Il frammento gaddiano si realizza per la resa di uno scrittore esausto, quello arbasiniano è un cristallo tagliente dalle geometrie scientemente calibrate. Non c' è mica bisogno di mettere tanti punti per sminuzzare la narrazione. Basta anche solo cambiare voce ex abrupto. Cambiare stile. Così, senza pravviso nè ragione. Si strania tutto con una folla di interferenze (TV, film, canzonette, opera, jingle...). Si rinnega Proust per guardare Joyce? Mai capitato ad un Lombardo, detto papale papale! Illustrando poi meticolosamente le quinte di ogni scena, Arbasino trasferisce a Teatro la sua storia. E il Teatro, si sa, rende tutto imbalsamato. Per di più è un Teatro che degrada prima nel tableau vivant, poi precipita addirittura nella brutta diapositiva. Sia per il "pagano" che per il "cristiano" non c' è nulla di nocivo quanto la narrazione per diapositive. Senza "continuità" tutto si fissa artificiosamente raggelandosi. Persino la Roberta e il Franco, i protagonisti di un amour fou (figuriamoci), si presentano alla fine come due merluzzi della Findus. Ma con questo gelo non si va lontano. Sopratutto non sei più nè pagano, nè cristiano. Le mie gabbie scattano a vuoto, l' uccellino fugge via. Non sarebbe poi un grave danno se la storia di Arbasino non fosse maledettamente lombarda. Era proprio l' uccellino che cercavo ed è scappato. *** Poi, in uno slancio pianificatorio sovrumano degno della mia natura di Archivista, lo ficco tra i "pagani" e non se ne parli più... ...non fosse che per tutti quei p.....i sull' Autostrada del Sole nuova di zecca. Contento io, contenti tutti. ********************************************** ********************************************** *********************************************** ************************************************ ************************************************* *********************************************** Libri che leggono altri Libri Ci sono alcuni libri che, per me, hanno un doppio valore. Primo, perchè mi piacciono e godo nel leggerli. Secondo, perchè mi hanno fatto riscoprire altri loro "fratellini" che dapprima mi avevano deluso. ** Quello che a molti capita con i Promessi Sposi a me capitò con Mobydick. Ripensando a quell' avventura direi che il "senso del dovere" è una qualità preziosa per il cittadino. Ma non per il lettore. E' il "senso del dovere", prima ancora della scuola in sè, a rovinarci molte esperienze di lettura. Per un malinteso senso del dovere, diversi anni fa, presi in mano Mobidick. Ma di mano mi scappò, tant' è che cadde in terra. Lo raccolsi ma cadde di nuovo. Il Capolavoro non si lasciava impugnare. Come mai? Sarà perchè quando i capolavori sono tali all' inizio della lettura anzichè alla fine, non si riescono mai a stanare e restano celati dietro spesse cortine. A nulla valgono torrenziali prefazioni, scrupolose note a piè di pagina, efficaci sintesi, originali percorsi critici. Sempre sfuggenti restano. Si direbbe persino che chi ci incoraggia verso di loro tema in segreto che anche noi si possa partecipare al godimento della bellezza. Quasi che la bellezza del capolavoro sia una torta data da dividere tra tutti. Per ciascuno che si aggiunge al tavolo la fetta si assottiglia. Nel frattempo Achab correva dietro la balena cumulando frustrazioni e io correvo dietro ad Achab ancora più deluso. In quelle condizioni cosa potevo fare? Mi dibattevo goffamente...impigliato nelle gomeme, ancorato dalle ancore, arpionato come un San Sebastiano, bloccato sulle sartie preda delle vertigini. Reso così il contesto, si puo' ben capire perchè arrivai in fondo alla mia impresa "doverosa" con spirito loffio e felicemente dimentico di tutte le pagine che mi lasciavo alle spalle. Ascoltavo distratto le urla di Achab in attesa della mia liberazione e la mia liberazione arrivò con l' ultimo rigo dell' ultimo capitolo. *** Quindici anni dopo, aggirandomi per librerie ormai lettore anarcoide privo di ogni "senso del dovere" e governato solo da istinti e curiosità transuenti, feci il mio incontro con la corrente pulsante del fantasmagorico "battezzatore" caraibico Derek Walcott. E' stata questa specie di "Oh Capitano, mio Capitano" che mi ha istruito su come cavalcare la salsa onda oceanica. Che mi ha insegnato a domarne la veemenza e a gridare con la giusta impostazione di voce: "all' abbordaggio!!" L' incessante filo di febbre che gli accende la pupilla, il suo verso informe, opulento e dilagante, mi ha convertito definitivamente alle sproporzioni della Parola Epica. Una parola gremita di ambizioni e che deve uscire sbrodolante dalla conchiglia delle labbra...ormai quella lezione mi si è fissata in testa con la solidità di una paranoia. Non pensavo che alla mia età potesse nascermi dentro questo ulteriore piccolo "io", un fratellino. Non te l' aspetti davvero di germogliare ancora in tempo di morte. Grazie a lui ho toccato con mano la dismisura di una lingua inventata apposta per nominare esseri che oltrepassano le nostre facoltà. ...Le Balene Bianche, tanto per dirne una. Tutto cio' ha avuto parecchie conseguenze. Per esempio: con uno spintone selvaggio sono stato ributtato a bordo del Pequod. Si (ri)salpa e si guadagna all' istante il mare aperto. Ma questa volta sento l' odore pungente di ogni alga nel cervello. La mia astenia di fronte alle pagine di Mobydick è un ricordo del passato. Sotto la paterna scorta dell' Omero negroide che mi siede accanto, trovo il coraggio per riprendere in mano il Grande Classico. E il Grande Classico si ridesta dal torpore prendendomi saldamente tra le sue bibliche mani. I libri di Walcott, tutti insieme, fanno ressa intorno spiegandomi per filo e per segno ogni paragrafo del Mobydick. L' egida della sua vasta mano negra si posa sul mio capino e io mi sento onniscente: capisco tutto. Lo capisco subito. Ormai mi hanno talmente "introdotto" che Achab è per me come un Fratello della Costa con cui spartire il bottino; la portentosa schiena del Capodoglio, invece, mi è talmente familiare che l' accarezzo con lo sguardo come fosse il mio pesce rosso vinto al luna park... Missione compiuta quindi: il Mobydick è letto con gusto, assimilato, metabolizzato e apprezzato. Quindici anni e anch' io ho stanato l' abissale e maligna bellezza di questo grande libro/balena. Valeva proprio la pena di aspettare per poter fare il viaggio più avventuroso con un compagno come il mitico Derek. **************************************** ******************************************** ********************************************* Le "buone intenzioni. Bubbone Romantico.
"...Nino non aver paura di sbagliare un calcio di rigore non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore un giocatore lo vedi dal coraggio, dall' altruismo e dalla fantasia..."Lo "stupido" ci irrita, il "pedante" ci annoia, il "cattivo" ci deprime, il "calcolatore" ci inaridisce, l' "arrogante" ci indigna... Non è una gran bella compagnia in effetti, ma diventano subito dei simpaticoni se paragonati al peggio. E il peggio è colui che "sputa nel piatto in cui mangia". Mi chiedo perchè, nel mondo di carta della letteratura, quest' ultimo comportamento tanto riprovevole sia così poco rimproverato, se non quando si presenta in maniera sfacciata. Attribuisco la diffusione del malvezzo ad una degenerazione tipica del periodo romantico: il culto delle intenzioni. Secondo una certa teoria mai teorizzata, avere "buone intenzioni" giustificherebbe qualsiasi condotta. Le intenzioni maturano nella nostra interiorità. E, per i romantici, l' interiorità del soggetto è tremendamente importante. Anzi, è tutto. Se siamo puri là dentro, allora la nostra natura è sana, il nostro legno non è poi così storto, il tabernacolo che preserva le nostre essenze resta inviolato. *** Ma essere "ben intenzionati" non basta. Bisogna anche saper "sputare lontano". Spiego subito il nesso tra le due attitudini avvalendomi di una fresca e formativa lettura. Affiancato dal podcast, recentemente ho preso in mano Stendhal, e mi sia consentito di considerarlo, almeno nel mondo parallelo dei romanzi, uno degli autori che più ha contribuito a diffondere il bubbone di questa peste. La peste delle "buone intenzioni". Prendiamo l' eroe del libro che ho letto ("Il Rosso e il Nero"). Si chiama Jules, è palesemente oppresso da mille frustrazioni ma è anche infervorato da alti sentimenti che traspaiono con regolare intermittenza. Quando un "alto sentimento" si presenta lo riconosci subito. Non serve certo analizzarne il contenuto per identificarlo come tale. Se l' intenzione è nobile non manca mai di segnalare chiaramente la sua presenza, non importa di quanto sia confusa. L' oggetto di una simile intenzione passa immediatamente in secondo piano. Resta l' empito appassionato. Poichè Jules non è un tipo che si limiti a sognare tenendo sulle gambe il libro con le mirabolanti imprese napoleoniche, puoi star certo che passerà presto all' azione. E allora allaciatevi le cinture! Per "innalzarsi", si sa, ci vogliono i mezzi. E per procurarseli ci voglioni i "mezzucci". Pur di farsi largo, il nostro non si asterrà dall' utilizzare traffici su cui ogni rigoroso moralista è in dovere di opinare. Intenerisce persino vederlo sgomitare mentre costruisce la sua carriera, mentre sale la piramide sociale, mentre traffica una promozione, mentre si arruffiana chi di dovere, mentre fa le scarpe a questo&quello, mentre si dedica anima e corpo al miglioramento delle proprie condizioni materiali, mentre vendica rabbiosamente le sue umili origini, mentre... Sulla sequela di ambigue vicissitudini che lo investono presto cala discreto ma esplicito il giudizio dell' autore. Trattandosi di un Grande Autore, sono formulazione che nessun rigo è in grado di accogliere, eppure le leggi ovunque a chiare lettere. Non sono nemmeno parole da sillabare, si tratta piuttosto di una certa gradazione luminosa che investe ogni pagina. L' esito si preannunciava e ne abbiamo conferma, il rampantismo di Jules è perdonato. Ne ha combinate di tutti i colori ma è perdonato. Il perchè è chiaro: non ha mai mancato di odiare scrupolosamente le bassezze di cui ogni volta si serviva. E tutto cio' mentre nel fondo del suo cuoricino custodiva inalterata la nobile e sognante ambizione di un esito finale che avrebbe di gran lunga riscattato le dubbie pratiche poste in essere. Non conta granchè che questa catarsi finale non si sia realizzata e non avrebbe mai potuto realizzarsi. E poi, diciamolo francamente, soggiogati dal magnetico influsso di Stendhal, ci interessa proprio sapere che l' esito negativo dell' intrapresa sarebbe stato facilmente prevedibile affidandosi ad un semplice "calcolo delle conseguenze"? Ma cos' è mai la capacità di "calcolare le conseguenze" di fronte all' inestimabile tesoro delle "buone (pure) intenzioni"?! Non che Jules eviti il "calcolo". Solo che, disprezzandolo, non lo conduce fino in fondo. Odia la triste realtà che il calcolo gli preannuncia. Preferisce abbandonarlo sprezzante quando cessa di recare gradite ambasciate. I gemelli di Jules fanno pressapoco tutto quello che fa Jules, hanno la sua stessa determinazione nell' affrontare con il coltello tra i denti quella lotta darwiniana che non è poi di molto cambiata nemmeno ai giorni nostri. Purtroppo capita loro ogni tanto, e la cosa è decisamente incresciosa, di perdere tempo in un rigoroso "calcolo delle conseguenze". Avete capito bene, sono dei miserabili "calcolatori integrali". Ma c' è qualcosa che è ancora peggio: non odiano i loro "calcoli". Non sputano sui mezzi che utilizzano. Nessuno scriverà mai un romanzo sui gemellini di Jules. Anche se il loro codice genetico è per il 99.9% simile a quello di Jules non potranno mai considerarsi "anime appassionate" o "anime sognanti". A loro manca "lo sputo" mondatore. Senza "sputo" saranno sempre dei borghesucci, dei "salvadanai viventi", buoni giusto per fare da sbiadita tapezzeria alle storie incentrate sui grandi "sospiratori" a cui è toccato in sorte di precipitare in questa valle di lacrime. I "gemellini" hanno la grave colpa di aver "calcolato". E "calcolare" senza schifarsi di cio' che si sta facendo è un nuovo peccato da aggiungere al decalogo. Dal maestoso Sinai della modernità discendono le nuove Tavole rivedute ed aggiornate. Stendhal è un Mosè che si incarica di recapitarcele nella loro forma più cristallina. Se solo i fallimenti di Jules lo avessero reso grottesco ed indifendibile avrei simpatizzato con lui e mi sarei associato al suo perdono. Se solo Jules fosse stato un' anima candida sprovvista di ogni strumento e intenta a perseguire con pura spntaneità delle pure intenzioni, forse mi sarei associato in una richiesta di perdono. Ma Jules è il peggio che il Romanticismo abbia prodotto: nobili intenzioni, dotazione intellettuale sopra la media e disprezzo per tutto cio' che ottiene ("mangia") non riuscendo a rinunciarvi. Disprezzo sempre ben in vista. Disprezzo con sputo incorporato e sempre pronto a scattare. *** In un recente "Damasco", Jaqueline Risset - un' ottima guida nell' intricato mondo della letteratura francese, purchè la si segua al contrario - ha rivelato, raggiante di ammirazione, il padre nobile di tutte le "anima appassionata" (o "anime espettoranti"). Si tratterebbe niente po' po' di meno che del filosofo tedesco Nietzsche. E chi era mai il suo "Superuomo" se non un animo elevato dalla purissima intenzione scevra da ogni calcolo meschino? Se proprio i "Romantici" non possono essere considerati gli unici untori della peste di cui sopra, aggiungiamoci come sovrappiù la cultura del protestantesimo. Ma lì è già un' altra storia, e Stendhal non ha più niente da dirmi. ********************************************* ********************************************* Alberto, se ti è capitata la malasorte di imbatterti nel cotè più astruso del Nabokov narratore, allora, per spurgarti, ti consiglio il Nabokov critico letterario. Questo qui è di una semplicità disarmante. Butta qua e là alcune osservazioni stilistiche che, a te lettore, germogliano dentro. poi ti ritornano su come un pollo fritto, anche dopo anni. Per il resto si limita a riassumerti la storia narrata. Umile, vero? Credimi, non è cosa da poco poter disporre di un navigator efficientissimo che ti consenta di muoverti nell' "Ulisse" o nella "Recherche" o in "Guerra e Pace"! Averlo condensato in una decina di pagine, poi, è come avere un tesoro. Tutte le sue "Lezioni di Letteratura" sono pubblicate da Garzanti. *** Caio, non ho mai sfogliato il libro che stai leggendo e quindi non posso esserti di aiuto. In generale non amo molto questo autore, anche se ne riconosco la genialità. Nel leggerlo in altre opere non posso dire di aver mai incontrato le difficoltà che ti hanno "scottato". Certo, il suo è quasi sempre un mondo mentale, costruito sfruttando tutti gli inganni e le trappole dell' astrazione. Richiede anche una certa curiosità intellettuale vista la mole di stimoli che mette in campo. Solo chi è ancorato ad un realismo pedissequo puo' sentirsi in forte disagio. Non posso escludere che pigiando sull' acceleratore in quella direzione si finisca per fare esperienze estreme attraversando paesaggi sconcertanti e incomprensibili. Magari è il caso del tuo libro. Di sicuro è il mio caso quando ho preso in mano il Venerato Maestro di Borges. Ben più radicale dell' allievo, non si sa nemmeno bene se esista o di quante persone si componga. Sembra non sia mai uscito di casa. Parlo di Macedonio Fernandez. Dopo appena tre pagine del suo unico libro tradotto, vagavo stordito nella sala degli specchi senza nessuna speranza di imbucare un varco. In fondo il Borges che ho preferito è quello depotenziato, ma anche più commestibile, che ci racconta i suoi colleghi in libri come le "Inquisizioni" e le "Altre Inquisizioni". ************* ***************************************** ********************************************** ********************************************** *********************************************** ************************************************ Proust col trucco. Premessa: la "Recherche" è un capolavoro, e se non ti piace la colpa è tua. Quindi vedi di darti da fare. *** Leggo Proust (Il Tempo Ritrovato), sono a pagina centoventitre. E mi annoio. Mi manca la "chiave", l' ho perduta, non l' ho mai avuta. Tra poco girerò pagina, un presentimento mi dice che continuerò ad annoiarmi. Ho cambiato quattro posizioni, ho anche tenuto le gambe alzate per favorire la circolazione. Ma il sollievo è solo momentaneo. Ho provato ad intrattenermi contando le righe dei periodi per stabilre quello più lungo. Ti giuro che per un po' è stato bello, poi è subentrata la noia. Ho tentato di "correggere" Proust con la matita rossa e quella blu, dicendo "io avrei scritto così e così anzichè cosà..." - un' idea di Lucentini. Per un po' è stato bello, ma poi è calato il tedio. Forse potrei usarlo come punteruolo per introdurmi nei misteri della psicanalisi. Ma come! gli psicanalisti tentano di rivitalizzare il cadavere della loro disciplina volgendosi alla letteratura e io dovrei fare l' "originale" compiendo il tragitto opposto? Mi sono interessato alla sua biografia. Non è quasi mai uscito di casa. Se non per sfoggiare i suoi baffetti da sparviero in qualche salotto mondano, o in gran tour per fare un' abbuffata nelle quadrerie italiane. Non posso dire di aver palpitato nell' apprendere queste notizie. Mi metto di buzzo buono e comincio a leggerlo come fosse un febbricitante mistico dedito all' estasi estetica. Ma poi mi ricordo che la letteratura mistica, letta senza la giusta vibrazione spirituale già in corpo, è una delle più noiose che esistano. Siccome sono una capa tosta, tengo il punto, non mi arrendo e non mi risparmio. Serbo alcune strategie che non esito a giudicare azzardate pur di riesumare e rivitalizzare questa salma gelata. *** Provo adesso ad immaginarmelo come Filosofo anzichè come Scrittore. Subito il Nostro cessa di essere un raffinato indagatore di sfumature psicologiche per trasformarsi in un implacabile descrittore delle più occulte micro-fenomenologie. Ma anche così non funziona. E perchè mai il Filosofo dovrebbe essere meno noioso dello Scrittore? Semmai lo è di più, visto che alla ridondanza impressionistica assommerebbe la pedanteria dei protocolli. *** Ora provo a farne un autore di "fantascienza". Le sue storie sarebbero ambientate in un "Mondo senza Lavoro", quello che sognano e prefigurano molti sociologi italiani. Questa immaginazione fallisce perchè, in fondo, già molti altri autori si sono ipelagati nel milieu di un' aristocrazia sfaccendata. E' vero che questi continuavano ad assegnare un ruolo di primo piano alla "cura della rendita", o alla salvaguardia dell' eredità. E' pure vero che desiderio impellente dei grandi non-lavoratori della Letteratura è quello di lavorare, e quindi sempre di lavoro o di progetti di lavoro si parla (con la Roba che incombe, sul proscenio o dietro le quinte non fa molta differenza). E' ancora vero che mai nessuno è riuscito a creare quel vuoto complesso ma privo di economie materiali che solo Proust evoca con successo. Fa niente. La sensazione di dejavu che rende tutto più stantio resta, e manda a remengo anche questo sforzo. L' unica conseguenza interessante di questa ipotesi è quella di sortire l' effetto contrario. Anzichè proiettare le storie del dandy alla distanza siderale di galassie fuori mano, me le avvicina finchè me le ritrovo sotto casa. leggi il seguito per capire se racconto balle. Sarà l' alea, sarà il molto tempo libero di cui oggi disponiamo, ma molte delle discussioni proustiane, all' apparenza ridicole e senza oggetto, assomigliano parecchio a quelle che hanno impegnato gli svaccati giovanotti della mia generazione post-moderna. Chi puo' intrattenersi per pagine e pagine a disquisire sulle varie posture assunte a letto nella fase pre-sonno? chi puo' catalogarle esaustivamente abbinando a ciascuna di esse significati personali e sorprendenti rimembranze fatte uscire dal cupo cilindro dell' es? chi puo' mai redigere con competenza di prim' ordine questo kamasutra con Morfeo? Facile, Proust. E adesso, chi puo' discutere su questo stesso sterile soggetto per ore ed ore, tenendo sempre vivo il discorso quasi avesse importanza capitale per il resto della vita (o anche solo del week-end)? Risposta: io e qualche altro scansafatiche di mia conoscenza mentre il Sabato battiamo l' ottava "vasca" pre-aperitivo. La parentela è stabilita. Ma a nulla vale visto che la noia continua. *** In questo momento sto provando a buttarla sullo stile. Mi dico "sei di fronte ad un testo unico, nessuno ha mai scritto in questo modo, nessuno ha mai concepito una simile nebulosa verbale che tutto accoglie e tutto fonde. Disgraziato che sei, ammira il vaporoso sensismo e il trionfo olistico della visione tattile, stupisci di fronte ad una simile rarefazione dei punti, e incantati subito al cospetto dei proliferanti punto e virgola...". Ma lo stile da solo puo' mai bastare? Non è questo forse solo il servile strumento per spingere con forza la realtà da inoculare nella cervice del lettore? Che me ne faccio di una simile catapulta se mi manca il Bocione con cui caricarla? Sinceramente non so se c' è bisogno di rispondere alle domande di cui sopra. Non lo so perchè, sia che si risponda sì, sia che si risponda no, io continuo ad annoiarmi. E allora, a che vale? *** Ora mi viene un' idea. Chi più dei personaggi proustiani potrebbero togliermi dalle canne? Non è forse il suo Narratore un artista in erba che ragiona sull' etichetta da osservare di fronte all' "opera" quando intratteniamo relazione con essa? Saprà pure spiegarmi come si fronteggia un libro, come lo si rispetta, come lo si doma, come lo si mette a frutto, insomma, come lo si legge; saprà pure spiegarmi come tutte queste belle cose si possono e si debbono fare con il Suo di Libro. Senza contare che questa lezioncina sarebbe corroborata da una miriade di esempi pertinenti tratti dalla sua genuina esperienza personale. Ne uscirei arrichito, si scatenerebbero in me esigenze impellenti, numerose domande si assembrerebbero al mio labbro, sarei circondato da dubbi amletici che, nel tentativo di chiarire, mi costringerebbero a leggere con passione e zelo crescente la parte restante del Libro che ora pende inerte dalle mie mani. Sì, ma... Ma queste divertenti e fresche lezioncine, ora che ci penso, me le ha già impartite alla grande il tedesco Mann. Come tratteggia lui il dilettante appassionato alle prese con l' arte, non ha eguali. E' lui ad eternare per sempre la Corrida di Corrado, ad averci raccontato in modo definitivo il Natale, la Passione ed il Crepuscolo dell' inclinazione artistica. Che aborti divertenti e istruttivi sa narrare questo teutone! Kroger e Castorp hanno parlato ed hanno detto tutto sul tema. Per di più le sue lezioni si sono presentate da sè, in modo evidente e ineludibile. Non c' è mica stato bisogno di inventarsi strani forcipi per estrarle dal corpo dell' Autore. E siccome Proust non puo' essere secondo a nessuno - questo è poco ma sicuro, lo si vede, lo si sa, lo dicono tutti e una ragione ci sarà - non puo' nemmeno essere secondo a Mann. Quindi, anche questo è un vicolo cieco e, nell' essere senziente, impone una retromarcia rassegnata. Abbandono tutto e resto con la mia noia. *** Idea! Potrei prendere in carico le onuste pagine del capolavoro come fossero un raffinato repertorio di oggettistica vintage. Non ci si occupa forse di quel Tempo Ambiguo che è passato ma non passa? Parlo di quel Tempo su cui molta polvere si è già depostata ma che ancora non è assurto a dignità di Storia. Una versione nobile delle elencazioni necrofile di Arbasino-Nove-Fazio-Chiambretti. Sì ma, finchè si parla di...Jo Condor, Cicci Bum, Superchicken, Sbirulino, Oddo a Domenica Sprint, cera gray (eh-eh-eh), Cedrata Tassoni, Signor Bonaventura, freccie/corsari/pulcini neri (..."è un' ingiustiziaaa..."), Capitan Arlock, Capitan America, Capitan Miki, Gianconiglio, Si-Re-Si-Re-Si-Mi-Si-Mi, Monkeys, Supergulp, Gli Incontentabili, Disco Bambina-ba, Felicità-tà-tà, Zum Zum Zum, La leopardata Peroni, l' uomo in ammollo, "...Troi-Deux-Un...fiiii...", Babaluba, Bidibodibu, Oliver Onions a bordo della Dune Buggy, bassotti poliziotti, Zighi zaghi, carne Montana (è fresca è sana), "...se la tua squadra ha vinto...se la tua squadra ha perso...", El Dindondero, Ambrosoli, Giorgio Bubba, Orzò-orzò-orzoro, Papalla, le marimbe di Bernacca, le marimbe di Magilla, Temistocle, Billy il bugiardo, "...e la pancia non c' è più...", "e tittinduntratto il coro", Hanna&Barbera (altro che Disney!), "...ma quanto è forte Tarzàn...", Autotopo & Motogatto... - finchè si parla di tutto questo e similaria, io c' arrivo e ti strizzo pure l' occhio complice. Ma me lo vuoi dire cosa c' entro io con le porcellane Mei arabescate, il coturno di Talma, le otto varietà di gelsomino della Piccardia, l' abito a botticella, i cofanetti di sandalo normanno, i sugheri impregnati, le malvarose, cachemire/raso/mussola, le altee, gli alabastri cinesi con in rilievo il volo delle gru, la disposizione ottimale dei peri nel giardino all' inglese, i velluti criptomeria, le rose color zolfo...? Cosa c' entro io? Io non colgo. Non distinguo nemmeno la fettuccina sky finta pelle dalla scaglia Dior di coccodrillo marino! Cosa vuoi che colga? E quando non colgo...mi annoio. *** Altro tentativo, potrei provare, mentre scrivo, a rubacchiare qualche trucco stilistico dal grande Maestro. Almeno mi sarà stato utile a qualcosa. Per esempio, ruberei volentieri l' uso massiccio dei "presenti contemporanei". D' altronde lui l' ha rubacchiato a Flaubert, potrò pure permettermi... E sai che soddisfazione! L' ho usato fino ad adesso il trucchetto dei "presenti contemporanei"...e non posso certo dire di essere attraversato dai brividi dell' ispirazione selvaggia. *** Proverò a sfondare valorizzando l' aspetto più torbido delle vicende narrate. Per esempio, ma cos' è tutto 'sto via vai di omossessuali? Si parte dalle certezze, Charlus e Robert - con la pedofilia che fa l' occhiolino - e si arriva alle insinuanti ipotesi, Gilbert e Albertine. Mmmmm. Sarò condotto nel misterioso mondo della preferenza sessuale da una guida d' eccezione in grado di farmi intercettare il riverbero più delicato dell' emotività, quello che al fatidico crocicchio della scelta ti manda su una sponda (la wilde side) anzichè sull' altra. E sai che roba! Basta che accendi sulla Bignardi e nove su dieci sta intervistando un frocio, o ridacchia con ospiti che discettano amabilmente di inaudite perversioni. I "normali" sono vergognosissime mosche bianche impegnate a congegnare qualche falso outing che possa ancora destare interesse. No, la morbosità proustiana ha perduto ogni turgore e non ha più nessuna resa. Il mercato la respinge, roba da minorenni indietro con lo sviluppo. E allora la noia vince, occorre un diversivo. Fate presto! *** Devo ammettere che leggere Proust, NONOSTANTE TUTTO, è abbastanza noioso. Ma pensare a Proust è stato divertente. Scrivere pensando a Proust è stato ancora più divertente. Adesso sono troppo stanco per stabilire se le ultime tre righe che ho concepito siano in qualche modo significative. C' è una sorta di sovrasaturazione nelle cose su cui si è riflettuto troppo. Forse P. "deve" essere noioso. Forse fa parte della sua missione. Il suo azzardo nel mettere in fila il tempo senza imporre solide gerarchie agli istanti, l' utopia di chiuderlo nel libro conservando la sua compatta continuità, non puo' che generare noia... ...nell' attesa che si venga colti dal crampo dell' estasi, magari grazie ad una fortuita associazione che poteva annidarsi ovunque. Ma per stanarla bisogna passare in rassegna l' "ovunque", e sai che palle. E' quell' "ovunque" che impedisce di ordinare il mondo. Ti rendi conto? potrei essere vicinissimo alla soluzione senza saperlo!! Proprio ora che mi mancano le forze. Sarebbe terribile. Vago stremato con il mio testimone in mano in trepidante attesa di cederlo a qualche staffettista che completi l' ultimo tratto. ************************************************ *********************************************** ******************************************** **************************************************** **************************************************** ************************************************* ***************************************************************************** ********************************** ********************************************************************************************************************************************************************************** ******************************************************************** *************************************************** ************************************** ***************************************** **************************************** ******************************************* *********************************************** +++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++ +++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++ ++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++ +++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++ ************************ *************************** ******************************************** Dalla nostra inviata preferita Dalle frequenze di Radio Tre l' agenzia Austen, bruciando sul tempo l' agenzia Corona, ci ha puntigliosamente messo a parte degli affari privatissimi della Signorina Emma Woodhouse. E' una fortuna poter contare su una simile inviata nel fascinoso pianeta degli affari altrui! Non so come valuterà la torbida vicenda quel marpione del garante-Privacy. Spero solo che l' eccitazione inconcludente tipica di ogni politico che si ritrova per un secondo al centro della scena globale, non sfoci nella schizoide legiferazione ad-minchiam così caratteristica di chi non sa che pesci pigliare. L' unico bell' effetto sarebbe quello di non arricchire nessuno impoverendo noi "origlianti" orbandoci dell' ultima consolazione. So di gente che in pubblico inarca il sopraciglio puritano e si vanta di schifare certe porcherie intimistiche, gente che con iattanza sbandiera di non essersi mai chinata verso un innocente spioncino. Ma si tratta solo di sepolcri imbiancati, ve lo dico io. Perchè poi, nel chiuso delle quattro mura, la vedi che prosciuga i succhi rilasciati dalla signorina Austen sorbendoli con un istinto famelico che in vita loro avevano riservato al solo latte materno. E' gente che dietro la patina dell' altero disinteresse tiene tutti i radar ben azionati. E' gente di cui ogni giorno riceviamo notizia dall' Onda Verde: sono quei tali che intasano il traffico nella corsia opposta all' incidente. Oppure si tratta semplicemente di gente sfortunata che non si è mai imbattuta nell' irresistibile profilo sinuoso del buco della serratura così come lo intaglia la signorina Austen. Eh sì! I suoi buchi della serratura sembra che ballino la danza del ventre. Ah signorina Austen, lo so bene che avevi già spifferato tutto mettendolo nero su bianco secoli fa. Sono io che arrivo in ritardo, ostacolato dall' orgoglio viriloide che ruggisce e digrigna ogni volta che la disubbidiente manina non risponde più ai comandi e afferra un profumatissimo libro "da donna". Mamma mia la Austen, che occhiuto e orecchiuto paparazzo, sempre nel vivo della conversazione, sempre a tempo nella sincopata danza borghese, sempre sulla notizia. Vive accosta alla bella cerchia della countryside albionica e da questa posizione di favore ci scandisce l' immarcescibile rito della mondanità di laggiù. Io che sono un sempliciotto, spinto dalla mia fondamentale vocazione all' indifferenza e a lasciar correre, non ci arriverei mai ad isolare il principio attivo di quelle alchimie matrimoniali che la Signorina Austen invece ci serve così ben illuminate dai fari del suo set fotografico. Con quel periodare leggiadro e ben tornito, la nostra inviata speciale, riesce a non impaludarsi nelle metafisiche proustiane vincendo anche la concorrenza di questo aspirante monopolista delle intimità più recondite. Lo sparviero è un osso durissimo per chiunque si avventuri nell' impresa di esaurire il dicibile. E così, dopo l' agenzia Corona, anche la snobbissima agenzia Proust è sbaragliata e deve cedere il passo. Se mai dal parrucchiere avete sfogliato il rotocalco proustiano, vi sarete accorti che là dentro l' aria sembra ipercalorica, cosicchè pare si possa vivere solo di quella azzannandola di tanto in tanto. Se invece hai la mala sorte di nascere donna in un libro della signorina Austen, attenta a te. Devi subito abbandonare ogni ispirata contemplazione per alzarti le maniche. Ti tocca trottare bella mia, levarti la paglia, appassionarti di corsa al gioco combinatorio degli incontri mondani finchè non ti cattura la malia della pantofola, accasarti finchè hai qualcosa da mettere in vetrina, ricercare la sicurezza di una vita tranquilla finchè hai benzina con cui spingere in avanti la tua carcassa, inquadrarti nell' ambiente e renderti sempre presentabile finchè sei presentabile in potenza. La scrematura è severa e in poche sopravvivono: quelle in cui la passione regge la coda alla virtù, quelle in cui ogni slancio è illuminato dal buon senso e dall' immanente ironia, quelle in cui i modi pronti e decisi, privi d' artificio, vanno a braccetto con i complimenti studiati, quelle che sanno parlare senza aprire bocca. Quelle che sanno lubrificare scovando dove si annida la ruggine. Quelle come la signorina Emma. *** Adesso la protagonista del jet set deve fare qualcosa di decisivo (forse ha dimenticato il sugo sul fuoco) e corre via più veloce del vento e della Vento, i segugi "minori" sgommano reattivi mettendosi sulle sue piste, ma presto sbandano perdendo ogni traccia. Puoi sentire da lontano il loro confuso abbaio ormai rotto e immotivato. Nel momento in cui i teleobbiettivi di Corona vagolano sbalestrati, ecco scattare le molle della signorina Austen che scende in campo risoluta: le sue competenti ricerche nasali inquadrano la vittima nel mirino, poi si butta per le fratte finchè, con un a-fondo magistrale, abborda l' eroina costringendola a rilasciare subito dettagliatissima intervista. Ma che sia dettagliatissima, che si vada a fondo, che si affronti e dipani ogni cavillo, vogliamo l' encefalogramma, vogliamo un po' di pornografia (dello Spirito). E che sia pronta in coincidenza con il nostro prossimo appuntamento dal parrucchiere. Puritani, Censori, Garanti, Metafisici, Maschioni viriloidi, Proustiani, Paparazzi coronati! Non rompete gli zebedei e lasciateci leggere in santa pace. ********************************************** ********************************************** Sergentemagiù Rigoni. Questi scrittori di guerra li riconosci subito, hanno tutti un rigo dal cominciamento che attacca d' impeto, come se la storia gli bruciasse tra le dita. Poi si acquietano, ne hanno passate tante e ora ce le raccontano ritmati dalla lenta gravità delle loro stanchezze, svuotati da tutto per potersi svuotare da ogni rancore e da ogni rivalsa, neanche poi così contenti come si aspettavano di essere "tornati a baita". Il cervello di quelli venuti giù dalla Russia poi, mentre raccontano, è ancora intontito dal crocchio della neve sotto lo scarpone, è ancora trapassato dal quadrante di Cassiopea fissato per ore durante le marce notturne. Nella steppa hanno combattuto una guerra dura contro altri uomini, e una seconda ancora più dura contro i topi slavi che cercavano di condividere le loro coperte. Poche soddisfazioni, pochissime. Giusto a Natale due fette di polenta e gatto, ma polenta dura eh? (alla bergamasca). Però due fette grandi come mattoni, Il tutto innaffiato con ottima acqua di neve, e per codina un caffè pestato nell' elmetto. Che era Natale lo si capiva subito dal modo di bestemmiare. Uno smadonnamento fiorito, soave e disteso, non come quel rosario sparato senza neanche prendere fiato che partiva quando ti impigliavi nei gabbioni di filo spinato, e ci finiva dentro la naja, la fidanzata, la posta, gli imboscati, i russi, mussolini, e altri personaggi inventati sul momento. Il tutto da godere ticketless. Anche quella guerra era più che altro un sovrapporsi di interminabili e snervanti momenti di pace. Una pace satura di attività che non erano il massimo per lo sviluppo di un solido capitale umano. Potevi dedicarti all' ascolto degli starnuti del nemico, a vedere diventar bianchi e poi scoppiare i pidocchi buttati sulla piastra, allo staccio della farina, alla fumatina di una Milit, a cambiar trincea saltellando nella neve come un capretto a primavera, a pensare parole nuove da scrivere alla ragazza (parole nuove = parole diverse da baci, bene, amore, ritornerò), a fumarti la posta ricevuta, a giocarti a carte i soldi della deca, a evitare i conducenti che odoravano di mulo e che si grattavano la scabbia. Poi finalmente, attesissima, liberatoria, arriva la guerra (detta anche la sagra). Con il miagolio nell' aria delle pallottole che passano di sopra. Oggi pomeriggio ne muore solo uno che non conoscevi neanche tanto bene, Cade e la neve gli entra nella bocca, fai le tue cose e quando lo riguardi il sangue gli esce sempre più piano. Ma smette subito anche questo pezzo di guerra che non voleva consumarsi, smette sussultando come smette la risata di un ubriaco, con qualche fucilata raminga che si attarda senza credere più in se stessa. La fucilata ingiustificabile di uno che è invasato dalla rabbia degli stanchi, degli stanchi di guerra e di vita. Quando vedi il comandante più tignoso e incapace con la gamba in cancrena ti viene da dire che era un buon diavolo anche lui. E pure questo sentimento ti sale spinto dalla spossatezza, è una misericordia regalata dalla stanchezza. Era un tenente giovane e impazzito, la truppa aveva imparato l' arte di non obbedirgli assecondandolo. Il capitano era il primo ad inorgoglirsi per questa abilità sopraffina e provvidenziale che deve essere il bagaglio primario di ogni buon soldato. Intanto - mentre passando vedi ancora alcuni alpini placidamente addormentati che muoiono immobili incassati come stravecchi piccioni dalla massa dimezzata definitivamente ai margini dello stormo - il Don è un Lete che spinge alcuni fortunati ormai indifferenti fuori dalla "sacca". ****************************************** ******************************************* *************************************** Caro Matteo, ho la netta sensazione che sia possibile uguagliare le opportunità di tutti solo sacrificando ampie fette di libertà. Per dimostrarlo ricorro ad un esempio: Pincopallino ha un sogno, nel corso della sua vita lo realizza attraverso il duro lavoro. Alla fine arrivano soddisfazioni e ricchezza. Già da tempo però si è accorto che puo' dare un senso forte alla sua intrapresa solo se questa è destinata a sopravvivergli. Ora ha un unico pensiero: progettare il futuro della sua impresa per quando lui non ci sarà più. E' il semplice desiderio di un uomo libero. E' anche un istinto comune che tutti noi sentiamo come legittimo: quello di incidere sulla destinazione dei frutti del nostro lavoro. Eppure in una società finalizzata ad "eguagliare le opportunità" questa libertà deve essere repressa al fine di evitare che l' esistenza di un eventuale erede designato instauri delle diseguaglianze. Come vedi anche questa "eguaglianza" nasce da un limite imposto ad una libertà che tutti noi sentiamo come legittima. ************************************ ****** ************************************************** ************************************************** ************************************************ ************************************************ ************************************************** *************************************** ******************************************* ***************************************** ************** */********************* ********************** *************************************** ************************************************** *********************************************** ************************************************ ************************************** *********************************************************************** ********************************************* ********************************************** ******************************************** ************************************************ ************************************************* ************************************************** ********************************************** **************************************** ******************************************* ************************************************ ************************************************** *********************************** ******************************************** ********************************************** ********************************************** ************************************************* ************************************************** ************************************************* *************************************************** ***************************************************** ************************************************ ***************************************** ************************************************************** **************************************************** ****************************************************************** ****************************************************************** *************************************************** ************* ************************************* ******************************************** *********************************************** x, va bene, si è capito abbastanza bene, forse è inutile che tu insista: hai delle idee diverse dalle mie. Solo che non sai difenderle. Sono semplici idee isolate che ti vagano in testa seguendo orbite misteriose, non conclusioni. Non sai spiegare il motivo per cui le si debba prendere in qualche considerazione. O meglio, lo sai spiegare solo a chi già le condivide. Hai preso dei libri con cui fin dall' inizio sentivi affinità e hai pensato che il mondo finisse lì. Quei libri sostanziavano le loro tesi con rassicuranti dimostrazioni complicatissime che non puoi riprodurre qui sul forum e nemmeno lo sapresti fare. Ma guarda che non fa niente. Per sostenere quelle idee c' è bisogno anche di te, cosa ti credi, di gente pratica come te. Per esempio, potresti andare in piazza come uomo/snadwitch e gridarle più forte che puoi. *********************************************** L' Europa dorme e molti anche qui nel forum sono impegnati a cantare a squarciagola la Ninna Nanna. Ascoltiamo loro visto che l' Idomeneo di Mozart non è possibile ascoltarlo. Sembra che i Mussulmani riescano sempre più ad imporre anche qui le regole censorie che vigono nei loro paesi. Oggi sono il 5-10% della popolazione. E quando questi nostri amici saranno al 20%-30%, come peserà questa cultura che tanto a lungo ha vietato la rafigurazione di esseri viventi e che ha sempre tenuto in sospetto la stampa? Lo scrittore Sebastian Vila Rodriguez individua provocatoriamente un punto di svolta culturale nella tragedia tutta europea di Auschwitz: l' Europa perde 6 milioni di ebrei, il popolo più incredibilmente creativo in circolazione (0.02 della popolazione, 20% di Nobel) per sostituirli nel corso della fine secolo con i 20 milioni di mussulmani, popolazione spesso violenta fanatica ed ingrata. ********************** ********************** ***************** I poveri pagano meno e i ricchi pagano di più. Bello dirlo. Quando una tassa viene istituita chi sarà poi a pagarla? Non bisogna confondere chi porta i soldi all' esattore con chi sopporta effettivamente il costo di quella tassa. Il ricco viene tassato e aumenta i prezzi per recuperare almeno in parte l' uscita che ha avuto. Il povero subisce questo rincaro. Ecco un caso in cui la "tassa sui ricchi" viene pagata, in buona parte, dai poveri! Altro esempio: viene aumentata la tassa sui profitti societari e la Dell apre uno stabilimento a Montpellier anzichè in Piemonte. A pagare sono anche e sopratutto i disoccupati piemontesi (presumibilmente poveri). Ecco un altro caso in cui i poveri pagano una tassa destinata ai profitti societari. Troppe tasse, niente panfilo. Il mozzo (che con il suo misero stipendio manteneva anche la nonna vecchia e malandata) si ritrova per strada dando il suo contributo nel pagare la tassa sugli yacht. Si potrebbe continuare all' infinito. Anche con esempi di segno opposto, ovvero di come i ricchi godano delle minori tasse imposte ai "poveri". L' "economia fiscale" è una delle più complesse che esistano. Il meccanismo del trasferimento d' imposta impedisce di vedere chiaramente su chi gravi effettivamente una tassa. Mi scuserete quindi se mi viene un po' da sorridere quando in questi giorni si sente dire "i ricchi pagheranno più tasse" oppure "diminuite le tasse ai poveri". Visto il tema di qusto thread aggiungo, avvalendomi di un esempio, un' ulteriore difesa dell' evasore. Grazie all' evasione di una tassa è possibile praticare prezzi bassi a tutto vantaggio degli eventuali acquirenti poveri che ne traranno vantaggio. E magari ne subiranno un danno i ricchi concorrenti dell' evasore. L' evasore come Robin Hood: toglie ai ricchi per dare ai poveri (trattenendo per sè una % infinitamente inferiore rispetto a quella delle burocrazie welfaristiche). ********************************************** ********************************************* ********************************************** ******************************************* ********************************************** ********************************************** Durante una gita telematica mi sono imbattuto in questo antico manoscritto che qui deposito in favore di chi ancora si senta risparmiato dal qualunquismo imperante.
Come smontare il mito dell' evasore/ladro. Leggendo il forum ogni tanto capita di imbattersi in chi sostiene che l' evasore sia un ladro. A prima vista questa affermazione fa sobbalzare. Eppure è sostenuta da molti, sebbene non sia quasi mai spiegata. Devo subito aggiungere che le intelligenze migliori del forum non sembrano cadere nel trappolone. In fondo la confusione mentale su questo punto è più che giustificata: siamo stati tutti educati e circondati da strutture che campano grazie alle tasse ed hanno un interesse diretto a dare per scontato e a propalare il giudizio di cui sopra. Esempio: quando Padoa Schioppa dice che l' evasore è un ladro bisognerebbe intendere: "chi non paga il mio stipendio è un ladro". C' è puzza di conflitto d' interesse. La sentite anche voi? Ma forse molti non danno peso ai conflitti di interesse. Tento di sostituire alle "schioppettate" della politica accecata dagli interessi di parte, un ragionamento rigoroso e neutrale con premesse facilmente accettabili da tutti. La strada da percorrere per dimostrare l' infondatezza del giudizio di cui sopra è piuttosto facile e breve. Basta fare 10 passi.
1 passoInnanzitutto l' evasore non puo' essere equiparato allo statale fannullone: il secondo non rispetta un contratto, il primo non intende stipularlo. La seconda opzione è legittima, la prima no. Lo capiscono tutti (tranne Sinibaldi).
2 passoL' evasore difende la sua proprietà da un attacco fondato sulla violenza fisica. E' forse questo il comportamento tipico del ladro? Ovviamente no (assomiglia di più al comportamento di chi si difende da un ladro). Anche qui non dovrebbero esserci obiezioni.
3 passoQualcuno sostiene che l' evasore sia uno "scroccone" poichè usa, per esempio, una scuola (o una strada) che non contribuisce a finanziare con le tasse. Ci sono almeno due motivazioni oggettive per cui anche questa affermazione è infondata. Prima di tutto ricordo che lo scroccone è colui che sfrutta opportunisticamente qualcosa che appartiene a qualcun altro. Ma la "strada pubblica" non appartiene a nessuno! Per capirlo bisogna fare una premessa. Cos' è una strada pubblica? E' una strada la cui costruzione è finanziata dalle tasse. Ora, che le tasse siano un' estorsione è abbastanza evidente e pacificamente ammesso. Basta pensare di cosa stiamo parlando: un tale si presenta armato da Tizio proponendogli il cosiddetto "contratto di Corleone" (o patto fiscale). Il "contratto di Corleone" ha questa struttura: se Tizio ci sta, bene; se non ci sta, viene dato corso alle minacce e alle violenze del caso finchè tizio cede e, quello che si presentava fittiziamente come un contratto, si trasforma in cio' che è in realtà: una pura e semplice coercizione. Chiamiamo pure "ladro" l' estorsore (anche se tecnicamente non sono la stessa cosa: in genere l' estorsione viene ritenuta un aggravante del furto) e chiediamoci quanto segue. Se il ladro successivamente acquista qualcosa scambiandola con la sua refurtiva diventa forse un legittimo proprietario di cio' che ha acquistato? No, ovvio. Una conseguenza è la seguente: sottrarre ad un ladro la refurtiva o cio' che ha acquistato con la sua refurtiva non è mai un furto (es. il sequestro dei beni ad un mafioso acclarato è forse un furto?). Anche questo lo capisce chiunque. E anche in questo caso giungiamo alla conclusione di prima: l' evasore non è mai un ladro. La cosa è tecnicamente impossibile.
4 passoQualcuno ha obiettato che i beni "consumati" dall' evasore siano sottratti al patrimonio destinato a risarcire coloro che hanno subito l' estorsione fiscale. L' argomento avrebbe una qualche plausibilità, ma solo nel caso in cui una simile procedura di risarcimento fosse avviata. La prima risposta quindi è semplice: una simile procedura non è mai cominciata, non è alle viste e, direi di più, è impossibile. E' un po' come per il fallimento. Le azioni revocatorie sono legittime solo all' interno della procedura fallimentare. Nell' impossibilità di risarcire, la refurtiva viene considerata "bene di nessuno", un po' come l' oggetto smarrito di cui sia impossibile ritrovare il proprietario. Di conseguenza, il problema non si pone. Una seconda risposta (a questo punto pleonastica)verrà esplicitata indirettamente ai punti 6 e 7. Vedremo come uno dei massimi danneggiati da risarcire potrebbe essere proprio l' evasore.
5 passoNon prendo nemmeno in considerazione chi sostiene che noi siamo legati da un accordo che si sostanzia nella Costituzione. Certo, se fosse davvero così le cose cambierebbero. Ma questo accordo non esiste nella realtà. Tutti lo vedono, anche coloro che lo rivendicano (infatti, quando parlano con rigore, devono dire "facciamo finta che tutti gli italiani abbiano stipulato..." [contrattualismo]). Mi sembra che si possa procedere oltre e non perdere tempo.
6 passoVeniamo ora a qualcosa di un pochino più sofisticato (lasciamo le scuole elementari ed entriamo in prima media). Teniamo a mente l' accusa che l' ingenuo rivolge all' evasore che utilizza una strada pubblica: "scroccone"! In questi casi bisogna osservare come all' evasore venga "imposto" un determinato servizio attraverso la privazione delle alternative. E' il fenomeno che gli economisti chiamano "spiazzamento". Es. la scuola pubblica "spiazza" le private, come dicono gli studiosi. Se non ci fosse il pubblico ci sarebbe il privato. Ma siccome c' è la concorrenza sleale del pubblico, il privato sparisce limitandosi a tappare i buchi del colabrodo. Se non ci fosse la strada pubblica ci sarebbe quella privata. Ma questa strada, in presenza di quella pubblica, non c' è perchè ha subito uno "spiazzamento" di natura violenta da parte di un operatore (stato) che, avvalendosi dello strumento estorsivo (tasse+regole) fa concorrenza sleale (ovvero violenta). L' evasore prende quel che c' è, visto che le alternative che gli spetterebbero hanno subito un' aggressione violenta e non possono venire alla luce. Direi che la definizione di scroccone è ben diversa.
7 passoNon è finita qui. Consideriamo un danno ulteriore che potrebbe subire l' evasore. Se l' evasore fosse stato (controfattuale) il padrone delle strade "spiazzate", oltre al danno subirebbe una beffa. In un mondo non-violento sarebbe probabilmente stato miliardario, ma cio' gli viene impedito con un aggressione. Dopo tutte queste tegole che gli sono piovute in testa suona ancora più grottesco definirlo uno "scroccone".
8 passoIl bello è che la direzione dello "spiazzamento" non è prevedibile! Magari le risorse sequestrate per la costruzione della strada sarebbero state spese per vedere all' opera la band dove suona Matteo. Il miliardario sarebbe stato Matteo. Oltre a sottrargli manu militari i suoi miliardi e la sua fama, con che coraggio lo accuserei di circolare a scrocco sulla strada che ho costruito a sue spese?
9 passoFacciamo un esempio ancora più semplice. Matteo se ne sta nel suo salottino a vedere la TV. Un tale fa irruzione e con la pistola costringe il nostro bel mantovano ad uscire di casa e a montare su una barca. Una volta in mezzo al Mincio Matteo prende a lamentarsi. Quello gli fa: "se non ti sta bene puoi sempre tuffarti e tornartene a casa". Matteo, che non sa nuotare, pretende di essere ricondotto a riva con la barca. Quello lo accontenta non senza brontolare e accusandolo animosamente di "scroccare" un passaggio a ufo. Vista la situazione l' accusa suona decisamente assurda! Il buon Matteo voleva semplicemente un' altra cosa (starsene a vedere la TV), lui gli ha imposto con la forza la sua volontà e poi, per il solo fatto che Matteo sfrutta la barca con cui è stato sequestrato, si prende dello scroccone!? Eppure questa accusa assurda assomiglia molto a quella che molti fanno all' evasore!
10 passoCiascuno consideri il caso tipico della Mafia classicamente intesa. Se l' evasore è un ladro allora lo è anche chi si sottrae al pizzo. Ricordo sommessamente che i servizi di protezione offerti della mafia sono brutali ma efficientissimi (nemmeno paragonabili a quelli statali). Se uno scippatore disturba la sera un quartiere "protetto", te lo ritrovi appeso al lampione la mattina dopo. Ma chi evade il pizzo in un quartiere "protetto" è uno scroccone? No di certo. Eppure a questa conclusione un po' comica giunge chi si intestardisce ad equiparare l' evasore al ladro.
1 precisazioneAttenzione, con ciò non ho dimostrato che l' evasore NON sia uno scroccone. Ho dimostrato che non si può dimostrare che lo sia. In altre parole, ho dimostrato che il giudizio: "l' evasore è uno scroccone" è infondato. Potrei anche pescare a caso nell' elenco del telefono e dire che Tizio è un ladro. Certo, posso dirlo, puo' darsi anche che abbia ragione. Ma non posso dimostrarlo. Anche nel caso di Matteo, Mr.X potrebbe asserire che Matteo, in realtà, voleva proprio farsi un giro in barca. Io non sono in grado di dimostrare il contrario. Posso solo dire che quanto Mr. X afferma non è dimostrabile visto che Matteo non hai mai espresso quella volontà.
1 soluzioneFortunatamente il problema degli scrocconi puo' essere risolto in modo brillante. In questi casi come questo, infatti, esiste la "soluzione perfetta". Per essere sicuri che non esistano scrocconi basta evitare di imporre alcunchè a chicchessia.
1 corollarioCon premesse logiche accettabili da tutti ho cercato di dimostratre che "evadere" non sia di per sè una defezione etica. Cio' non toglie che la via dell' evasione sia la più conveniente nella lotta contro le tasse. Anzi, personalmente penso proprio che sia un vicolo cieco, ma questo è un altro discorso.
epilogo Che l' evasore non fosse un ladro, in fondo, lo sapevamo tutti e questa passeggiata di 10 passi era abbastanza prevedibile. In alternativa ci sono altre passeggiate interessanti. per esempio quella che ci spiega se "il pagatore di tasse" sia un "connivente". Ne propongo un' altra più avventurosa. Anch' essa si compone di 10 passi. Questa volta però il panorama è mozzafiato. Sarà possibile vedere (non dimostrare) l' evasore come un "pubblico eroe". Alla prossima. ************************************************ ************************************************* *** ********************************************** ************************************************** ************************************************* ********************************************** ********************************************** ******************************************** ************************************************************************************************************** ***************************************************************************************************************************** ********************* ******************************************************************************************* Dopo qualche mese sono venuto a conoscenza di una buona risposta al quesito originario di questo thread. Devo molto a Bertrand de Jouvenel (Sorbona, Oxford, Cambridge, Yale, Chicago, Berkeley) e al suo libro "Il Potere. Storia della sua crescita." (Sugarco). Lui la risposta l' aveva già formulata negli anni 70 dopo una lunga maturazione partita dalla guerra che lo segnò molto. Per Potere intende quella forza coercitiva in grado di ottenere la sottomissione (schiavitù) del prossimo anche solo con la minaccia. BdJ nota e descrive come nel corso della storia il Potere sia sempre più cresciuto. Le guerre dell' ultimo secolo hanno mobilitato e richiesto l' obbedienza di una moltitudine impensabile solo qualche secolo prima. Però c' è un' altro insegnamento che viene dalla storia: per trarre i migliori frutti da una persona sottomessa, specie sul lungo periodo, è necessario che venga "trattato bene", è necessario concedere a costui dei privilegi. Il Potere ha imparato e impara sempre più questa lezione. La risultante di queste due forze si riassume in una formula storicistica di questo tipo: nella storia la condizione di schiavutù è andata estendendosi, così come sempre più estesa è stata la consapevolezza di quanto convenga rispettare lo schiavo assicurandogli un trattamento sempre migliore. Certo le concessioni che fa il Potere riservandosi il diritto di revocarle quando desidera (cosiddetta libertà repubblicana) sono certamente un bene prezioso, ma sono ancora libertà? Una volta la libertà era un "fatto", aveva natura aristocratica, era il dominio che il Potere non era ancora riuscito ad invadere. Oggi le barriere sono travolte, il Sovrano straborda e la libertà ha assunto una dimensione artificiale: è cio' che il Potere onnipresente ci concede graziosamente dall' alto finchè non ci ripensa. ************** Amare la povertà puo' essere cosa degna. Anche se ho delle riserve. Ma quando questo sentimento si presenta scortato da quello dell' invidia, allora cominciano i guai. E qui, sotto gli slogan datati, trapela molta invidia verso il ricco. Secondo me si tratta solo di muffi socialismi (l' incartapecorito Manifesto potrebbe accoglierli) che sconfitti dalla storia tentano altri travestimenti pur provare ancora una volta l' ebbrezza di stare "dalla parte del torto". Con cio' non voglio certo dire che non rappresentino una minaccia e vadano tenuti sotto controllo con qualche sculaccione all' occorrenza. ******************************************** *********************************************** *************************************************** ******************************************* ***************************** ************************************* ***************************************** ***************************************** ******************************************* ***************************************** *************************************** In una Scuola che dovrebbe coltivare lo spirito critico, che è innanzitutto spirito critico nei confronti della legge, piomba come un macigno L' ORA DELLA LEGALITA'. Neanche nell' irregimentata Francia napoleonica o nella militarizzata Prussia Bismarkiana avrebbero potuto inventarsi qualcosa del genere. Il prossimo passo probabilmente sarà una bella raccolta di firme tra il corpo docente, simile a quelle di triste memoria, tanto per meglio identificare i dissidenti. Certo che se indottrini per bene la capoccina di chi è ancora acerbo puoi limitare i tuoi sforzi per convincerla quando sarà più matura. La logica del Potere non cambia nei secoli. Mi sembra proprio la via peggiore per dar fastidio alle mafie, visto che il pretesto sembra quello. Anzi, questi campioni riescono persino nell' ardua impresa di rendercele più simpatiche. ********************************************* ********************************************* *************************************** ***************************************** ********************************** ******************************************** ***************************************** Capitalismo e Lobby Ascoltando quanto si dice nel forum c' è sempre qualcuno che postula un nesso tra l' ideologia capitalistica e il fenomeno delle Lobby. Una cosa del genere si puo' fare solo ignorando la nozione di CAPITALISMO. In una società capitalistica lo Stato è privo di gran parte dei poteri che oggi noi siamo abituati ad attribuirgli. L' azione dei "privati" è preponderante in tutti settori. Lo Stato si limita a vegliare sull' osservanza delle poche regole che reggono la società capitalistica. Dovrà trattarsi unicamente di regole tese a tutelare proprietà privata e libero contratto. Uno Stato così congeniato non è in grado di "elargire favori" per il semplice fatto che non ne ha i poteri. Ma le Lobby, per definizione, sono proprio organizzazioni costituite per richiedere favori allo Stato. Cosa mai potranno chiedere ad uno Stato intrappolato da una Costituzione Capitalista? *** Esempio 1: la "Lobby dell' Auto" chiede una legge sulla rottamazione. Ma uno Stato capitalistico non potrà mai elargirla visto che cio' significherebbe dare a qualcuno (contributi) prendendo necessariamente a qualcun altro. Il che è contrario al principio della proprietà privata e quindi ad una Costituzione Capitalista. Esempio 2: la "Lobby sindacale" chiede una legge che imponga le ferie pagate. Ma uno stato capitalistico non potrà mai elargirla visto che cio' violerebbe la libertà di contrattazione. Uno dei caposaldi della Costituzione Capitalista. Come è facile vedere uno Stato Capitalista è destinato a frustrare qualsiasi Lobby. La conseguenza logica è che, chi abbia come priorità la guerra alle Lobbies, debba spingere verso uno Stato Capitalista. *** Il ragionamento è piuttosto semplice. Ma perchè allora si producono così facilmente gli svarioni da cui siamo partiti? Alcuni motivi ci sono e provo a spiegarne uno. Chi difende i principi della società Capitalista? Risposta corretta: chi professa l' ideologia capitalista e fa militanza in questo senso. Eppure questa risposta spesso viene mancata. In molti, con un istinto inconsulto, pensano che a difendere il Capitalismo siano i Capitalisti. E perchè mai? Costoro, poi, osservano ancora che i "capitalisti" hanno anch' essi la tendenza a organizzare potenti lobbies e concludono abbinando Capitalismo e Lobby. Ma questa conclusione è fallace poichè discende da una premessa stravagante. *** Dirò di più: non solo è logicamente errato pensare che i capitalisti potenti professino per definizione l' ideologia capitalista, spesso esistono buone ragioni perchè sia vero il contrario. Una società Capitalista è dinamica, contano molto i talenti, lo sforzo prodotto e la fortuna. Insomma, è la società del rischio e quindi anche la società dove è più facile perdere i propri capitali. Ma grossi capitali puo' perderli solo chi li ha. Il capitalista è il detentore di una grossa fortuna. Il suo massimo desiderio è che il mondo si blocchi per sempre così com' è ora, che non accada più niente e lui possa godersi la sua fortuna senza che sia messa ulteriormente a repentaglio. Come si vede il mondo ideale del capitalista affermato non è certo un mondo capitalistico. In quest' ultimo la roulette continua a girare, l' aggiornamento delle conoscenze deve essere costante e lo sforzo prodotto sempre intenso. Anche le preghiere perchè il fato non sia avverso sono incessanti. Potremmo metterla così: il mondo capitatalistico fa emergere il capitalista che, una volta al vertice, ha tutta la CONVENIENZA a rinnegare gran parte di quei principi. Ecco allora che il capitalista si rivolge allo Stato affinchè fermi in qualche modo il rischioso, vorticoso ed impegnativo "gioco del capitalismo". Chiederà cioè dei favori, magari facendoli passare per una pulsione filantropica. Per farlo lavorerà sodo affinchè lo Stato dismetta la sua Costituzione Capitalista e diventi uno Stato con poteri più estesi, vale a dire uno stato in grado di concedere quei favori che lui ora ingiunge. **************************************** **************************************** **************************** *********************** ************************************************* ************************************************** Cosa cerca di inquadrare la categoria dell' anti-americanismo? Non certo l' attitudine a criticare le politiche americane. Esercizio in sè senz' altro legittimo ma che deve considerarsi solo un effetto del sentimento anti americano, e non certo una sua esclusiva specifica. L' antiamericanismo è una critica sistematica alla mentalità tradizionale americana e ai suoi valori e quindi anche ai comportamenti di questo popolo. Da notare che la "mentalità" americana a ben poco a che spartire con la mentalità "imperialista". Gli USA erano una colonia, nascono per liberarsi dalle maglie di un impero, hanno combattuto una guerra di Secessione, hanno regalato alla filosofia politica il più rigoroso e sistematico pensiero isolazionista in tema di politica estera. Tutto questo ha delle conseguenze sul comune sentire. Cio' non toglie che, nel corso della loro storia, abbiano realizzato anche politiche "imperialiste". Ma questo è da imputare sopratutto al dislivello di forze in campo che conduce inevitabilmente a quel genere di tentazioni. E' dovuto al fatto di aver dovuto combattere una guerra fredda nucleare, in cui chi spara per primo vince e dove contano moltissimo le "aree di influenza". E' dovuto al fatto di dover combattere una guerra asimmetrica, in cui il nemico deve essere scovato prima ancora che affrontato. Le politiche "imperialiste", che non sono certo mancate, sono sempre state vissute come strategie politiche e non come un istinto naturale di conquista. Quando poi penso che questa accusa viene perlopiù dall' Europa, verrebbe da esclamare "da che pulpito"! No, l' avversione antiamericana non coincide con il ripudio delle politiche "imperialiste", per il semplice fatto che il sentimento dell' America profonda non possiede i connotati del sentimento imperialista. *** A mio parere l' antiamericanismo non è altro che una variante di cio' che in Europa conosciamo molto bene, purtroppo. Non è altro che l' ennesima reincarnazione sotto mentite spoglie dell' "odio contro il borghese". Questo odio si è presentato in veste di acuta passione nel XIX secolo (dal "parvenu" di Balzac, al "povero diavolo" di Stendhal, fino al "filisteo" di Marx) e in forma di ideologia nel XX (Comunismo, Fascismo, Nazismo). Sia la destra reazionaria che la sinistra socialista hanno fatto ampio uso di questo capro espiatorio per giustificare tutte le disgrazie del mondo. Il "borghese" (oggi forse diremmo "la multinazionale"), incarna il capitalismo e l' individualismo foriero di diseguaglianze, di consumismo, di invidia e disgregazione sociale e di tutto cio' che odiano di più destra, sinistra e certo cattolicesimo pauperista e sentimentalista. Odiato a destra perchè causa prima della distruzione del solido ancien regime e delle aristocrazie tradizionali. Odiato a sinistra perchè portatore di diseguaglianze profonde. Il danaro che maneggia il "Borghese" attira contro di lui i pregiudizi degli aristocratici, la gelosia dei poveri e il disprezzo degli intellettuali frustrati. Questi ultimi lo accusano di aver cavalcato le rivoluzioni per istituire un "mercato" e non certo una "cittadinanza". Sono convincenti le analisi storiche che equibarano, nell' Europa del secolo scorso, la figura del "Borghese" a quella dell' "Ebreo". Entrambi, affrancati dal denaro, metterebbero a repentaglio l' unità del clan. Il "Borghese" vive poi in antitesi con l' artista. E' meschino, brutto, laido, laborioso, modesto, anti-estetico, volgare...E' esecrato dall' artista rivoluzionario (Stendhal, Heine...) ma anche da quello conservatore (Flaubert, Holderlin...). I guai maturano quando è lui che comincia ad odiare se stesso. Spesso è infelice e si dedica a studiare sterilmente la propria infelicità. Non di rado finisce per offrire lo spettacolo sconsolante e ridicolo di chi sputa nel piatto in cui mangia. Una volta raggiunta questa drammatica autocoscienza, è inevitabile che si indebolisca parecchio anche la sua proverbiale spinta sociale propulsiva. Per paura di tanto odio, nella storia post rivoluzionaria, ha spesso cercato rifugio presso Protettori/Sfruttatori poco raccomandabili. Quasi sempre queste alleanze si sono rivelate nefaste. *** Ebbene, come dicono gli storici, l' America è un grande paese che non ha avuto una "classe borghese", bensì un "popolo borghese". Un Paese, cioè, dove non c' è socialismo. Per questo motivo non ha sviluppato la psicologia di cui parlavo sopra che rimane prevalentemente tipica dell' Europa continentale. *** Anche se il "borghese" è definito dall' economico, possiede in realtà valori universali: innanzitutto l' individualismo. La mia idea è che possa definirsi "antiamericano" solo chi avversa nel profondo questo valore. *********************************************** ********************************************** I programmi sono validi o non sono validi? Ma è davvero rilevante? Se mi obbligano a fare qualcosa contro la mia volontà, mi rassegno un po' brontolando. Ma è quando mi costringono a fare qualcosa che avrei fatto ugualmente che mi incazzo davvero! ************************************************* ************************************************* Liberalizzare significa deregolamentare. Deregolamentare significa desindacalizzare. Ogni vera liberalizzazione colpisce un sindacato. La deregulation di Reagan ha colpito duro a catena tutti i sindacati, a partire da quello dei controllori di volo. La deregulation della Thatcher stese il sindacato dei minatori e, con effetto domino, molti altri. *** Si colpisce il "sindacato" dei benzinai quando si consente anche agli ipermercati di vendere la benzina. Si colpisce il "sindacato" delle banche quando si richiedono meno vincoli per la costituzione di una banca. Si colpisce il "sindacato" dei lavoratori dipendenti quando si liberalizza il licenziamento. Una liberalizzazione è tanto più efficace quanto più è potente e conta il sindacato colpito. "Colpire il sindacato" non è certo un atto violento. Significa solo equipararlo ad una libera associazione qualsiasi togliendo ad esso ogni privilegio. Mi sembra che da noi in Europa la strada sia ancora molto lunga e, probabilmente, non verrà mai percorsa per intero. Questo anche perchè molti sindacati godono niente meno che di una tutela costituzionale. ****************************************** ****************************** Tiè tiè tiè - cicca cicca - chi lo dice sa di esserlo - non mi hai fatto noente faccia di serpente - non mi hai fatto male faccia di maiale - specchio riflesso - chi lo dice è cento volte più di me - tanto poi glielo dico a mio papà e te vedi che fine che fai...grassone cicciobombo - ciapa su e porta a caa - pippirimerlo - ***************************** ******************************** ******************************************************************** ********************************************** *************************************** ********************************************* MANGIAFUOCO. Non si puo' affermare che questo distretto forumistico svetti per acume e sagacia, lasciatelo dire a chi puo' giudicare dopo aver condotto sul tema studi matti e disperatissimi. Popolato da attempati e oziosi figuri, i tonfi verso il basso sono clamorosi, le volgarità non mancano, l' osceno è all' ordine del giorno. Non parliamo del ridicolo: in vita mia ne ho mangiato di fuoco, eppure qua dentro qualcuno ancora riesce ad arrossarmi le tonsille con la ridarella che suscita. Eppure una gradazione del male è sempre possibile, degli ordinati gironi infernali si possono ancora istituire. Particolari setacci mi consentono di isolare piantagioni incontaminate di gramigna, distese di loglio preservate anche dal singolo chicco di grano. Con rari additivi faccio venire a galla il "peggio del peggio" come fosse una mefitica schiuma industriale. Alcune icastiche battute concentrano in sè tutti i bubboni più venefici che altrove ci sarebbe dato di incontrare solo in ordine sparso. Di questa roba si potrebbe fare un fior da fiore, naturalmente si tratterebbe di "fiori del male". Dopo regolare votazione la palma, e chi ne avrebbe dubitato, spetta alla nostra beniamina...ma certo è lei, la mitica...omissis..., che molti già conoscono nei panni della "sublime inconsapevole"! Topolona ben pasciuta, quando meno te l' aspetti guizza con genialità inattesa tra gli svincoli di questo dedalo sotterraneo che sono le fogne di fahrenheit, puoi sentire ancora lo scalpiccio delle sue unghiette su quei cementi in secca temporanea e dove presto scorrerà di nuovo il solito liquame. MA SENTITELA mentre con perole ormai cieche replica all' impertinente di turno: "La mia coscienza è candida, troppo. Pago le tasse e non rubo, rispetto gli altri e faccio la raccolta differenziata, amo gli animali e non sopporto gli esperimenti su di loro. Vuoi che continui? Vivo in una citta che ancora è vivibile, nonostante qualche problema. Mi aggiorno e mi informo. Cerco di evitare chi mi mette il prosciutto sugli occhi e incredibile , non sono comunista!! Ecco, l'ho detto." ...omissis... ore 8.42 del 23/03/07. Ora che ve la siete goduta, chiedo agli animali del mio serraglio una reazione istintiva al proiettile d' argento sparato senza preavviso quella gloriosa mattina. ****************** ******************** ***************************** DODO. Lasciatemela risentire ancora la tenera eco. E' dolce ogni sera anticipare il sonno con una rilettura di questo paragrafetto recuperato come una pepita nello sterco dei "vaffanculo" forumistici. Lo recito ad alta voce per sgravarla come si deve da tutta la melmosa corporeità che la contiene. E' un' orazione laica che vale la corona del rosario. Sei unica cara, resta con noi stasera e avremo la pace, non andartene, resta con noi. Lasciati infilzare sul dorso dall' innocente spillone che ti fisserà nella bacheca custodendoti al riparo nei secoli. Adesso, che cali il silenzio e ognuno rilegga per conto suo. Chi vuole puo' anche dondolare la capoccia per darsi un ritmo ieratico. MANGIAFUOCO. E' sempre bello sentire la nostra musichetta favorita, però questa volta vorrei cambiare solfa perchè, cari animali del forum, ho una bellissima novità da comunicarvi. Ascoltate un po' la telefonata che ho ricevuto giusto stanotte: "Amici, la vostra partecipazione al "Ma sentitela!" è stata commovente. Ho trovato che la cosa non poteva finire nel nulla, doveva essere valorizzata in qualche modo. E' con immenso piacere quindi che vi annuncio cosa bolle in pentola. Probabilmente sarà possibile mettere insieme un opuscolo o qualcosa del genere che raccolga tutti i testi migliori, la pubblicazione così assiemata uscirebbe con il titolo di, neanche a dirlo, "Ma sentitela!" nella gran parte delle edicole italiane in allegato alla rivista "Animali Rispettati" (Edizioni Panda). Un bel colpo nevvero? E allora alè, dateci dentro, voglio nuovi e creativi contributi, voglio che altri animali partecipino al "Ma sentitela!", vi prego, so che potete farlo: costringetemi all' imbarazzo della scelta". ibis. Ascoltarla mi manda nei matti. Giù al juke box del bar è la più gettonata. Ma va forte anche l' altro rintronato, come si chiama...quel Bobby. Minchia, quello va fortissimo, è un numero ogni volta che apre bocca... Ancora oggi mi sento mancare se ci penso, l' abbiamo scampata bella, vi rendete conto di cosa avremmo perso...immaginatevi solo per un attimo orbati della risata che puntualmente fa frizzare anche nel cervello più pensieroso. Fiuu se ci penso. Nasceva anche solo un anno dopo e sarebbe stato un aborto terapeutico. E adesso, prima del prossimo intervento, a voi il siparietto dei bolliti. Ocellotto. Ma sentitela di bel nuovo! Sembra una macchinetta in cui l' imprinting di qualche sciatto slogan regola gli ingranaggi e dirige le molle. Convinzioni del genere, senza ossigeno, senza spiragli, maturano sempre e solo in un cerebro conservato nel più dovizioso ermetismo che solo i laboratori più crudeli possono garantire. Che questo accada oggi in una landa e in un tempo civile, va denunciato ad alta voce. Dobbiamo denunciarlo tutti in coro, è un dovere sociale! Dobbiamo dirlo subito ad alta voce: il nostro proclama si farà monumento, anzi, si farà Castello, un Castello dai larghi bastioni. E fa niente se il Castello avrà ai suoi piedi un fossato dall' acqua inacidita con le deiezioni delle pantegane forumistiche dalla rogna più spessa. Pernice. Sentitela ancora una volta e poi ditemi se una così la Wanna Marchi non se la sarebbe scorticata con quattro telefonatine, pelle viva compresa. Amica mia dal candore in stile Ace, quando alla tua porta busseranno gli uomini mandati per un controllo Enel, non tentare di pensare, non mettere in moto una batteria scarica e già smaltita da secoli in qualche discarica abusiva, non cercare un motorino d' avviamento che non è mai esistito visto che non ti sei mai avviata. Invece spingi, spingi, spingi veloce la tua carrozzella arrugginita verso il Beghelli e pigia, pigia, pigia più forte che puoi. Tordo. Ma sentitela!! Ma questo è l' alef di tutto il forum. Spegnete i computer, piallate i server rai, resettate le memorie, azzerate le RAM e le ROM. Non ci serve più niente di niente, sparite dal mio orizzonte. Lasciatemi sola con il mio testo sacro. Abbiamo qui l' alef che tutto contiene, che tutto riproduce, un alef morfologicamente proporzionatissimo. Tutti i caciaroni dibattiti forumistici si agitano e si aesauriscono pacificandosi là dentro. Migliaia e migliaia di ingombranti ore del palisesto radiofonico sono agevolmente compattate nell' aurea formula. Perchè disperdere la nostra attenzione sugli altri fenomeni naturali?. Là dentro ci stiamo tutti, ma proprio tutti, non manca nessuno. Intendo nessuno di coloro che viaggiano spediti verso l' inferno ostentando il loro ebete sorriso. Liocorno. I massimi teologi in convegno a Salamanca sembra abbiano decretato le caratteristiche dell' Anticristo che verrà: la sua personalità sarà stantia, bolsa, radicata in convinzioni da quattro soldi, a buon mercato, buttate lì e tenute su con lo sputo, pensate di sfuggita tanto per sistemare la faccenda una volta per tutte. L' anticristo ci tenterà con la sua superficialità svalutata, con la sua moneta falsa, ci salderà con la moneta che accettano solo i pigri, ci parlerà con la voce sgraziata con cui si possono solo ripetere le parole dei pigri, ci ingabbierà nel torpore del suo convenzionalismo d' accatto. Insomma, vade retro riri! Locusta. Sì, io l' ho sentita ancora una volta. In effetti all' inizio uno si chiede se sferrare l' ennesima randellata, se sporcare gli attrezzi con del materiale umano, che poi bisogna star lì anche a pulire tutto sprecando un mucchio di tempo. E non sto qui a racontarti i rimorsi di coscienza. Forse è per questo che il nostro burattinaio ci invita costantemente a risentire e rileggere. Sì perchè, una volta riletto e riascoltato, non hai più nessun dubbio. Sei certo di trovarti di fronte a qualcosa di talmente sbiadito, talmente scialbo, talmente ignaro che non puo' che essere anche insensibile a tutto. E allora non hai più scuse, ti convinci e cumuli anche tu il tuo fendente. Ippocampo. Prima soffrivo di rigidezze, ma ora mi è passato. Ascoltarti mi rilassa, mi fa bene, più bene delle fave di fuca. La tue sono fanfaluche leggiadre, sembri una comparsa dapontina, mi pari uscita tutta saltellante da un "così fan tutte" (sottotitolo: "e quindi che colpa ne ho io"). Canti la tua aria senza tante arie: ci ci ci...ri ri ri...fri fri fri. Questa nuvola di frivolezze scipite ha una sua musicalità, un suo ritmo, un suo swing non c' è che dire, mi fa battere lo zoccoletto, è un' ottusità molleggiata. E così mi chiedo e chiedo a te che sei l' esperta, quando ti butterò in discarica, dovrò riciciclarti con i materiali gommosi o con la semplice fuffa? FAUNO Ma sentitela come freme d' inquietudine la capretta appena non percepisce più il calore dell' armento. Vieni, vieni capretta, vieni accosta alla foresta nera, fai ascoltare ancora il tuo belato sconnesso e perduto. E' una musica a cui ogni Satiro si bea, e con ragione. Sei sola con il tuo candore ora, e da sola, orbata della lusinga dei belati di massa, non sai che fartene di quel peso ridicolo. Sei inerme di fronte al lupo armata solo del tuo stupido candore. Ti si legge negli occhi che lo daresti via per un fiorino. Sei solo una cieca canna sballottata da intemperie a te incomprensibili; consolati: ho un posto che ti si confà, mi serve un tono stridulo da aggiungere al mio flauto di Pan. STROLAGA Ma sentitela! Quando la risento vengo dapprima percorsa da risolini beffardi, e vorrei proprio vedere in faccia chi resisterebbe a questo impulso che è solo indice di robusta salute psichica; ma poi mi converto e percorro altre strade, è bello adagiarsi nel manto morbido e mellifluo della stupidità umana come esce ancora intatta in certi passaggi memorabili. Ti senti circonfusa da un senso di rassicurante chiusura, fuori piove un mondo freddo ma tu ora sai che il fortino della stoltaggine è un caposaldo imprendibile. Spero un giorno Nostra Signora insegni anche a noi comuni animali a blaterare mantenendo la bocca tappata, ad ascoltare con le orecchie otturate, a riprodurci conservando l' imene...e altre prodezze del genere finora concesse solo a rarissimi cervelli campagnoli inurbati. PAVONCELLA. Cullato da queste parole pleonastiche, sventaglio ansimante la mia frivola ruota; coccolato da queste parole invisibili, non sto più nelle piume; viziato da queste parole trasparenti, m' impigrisco fino a lasciarmi sorprendere da "sorella" inedia; irretito da tanta inconsistenza "parlata", mi concedo ai miei predatori naturali; adagiato in parole tanto concave, mi lascio avvolgere in un sudario di polvere; stregato da queste parole irradianti mortifera abulia, mi consegno al logorante riposo dei tisici. Tormentato da queste parole inafferrabili, m' interrogo nel cuore della notte con il quesito cruciale: perchè, mio dio...perchè queste parole in luogo del salubre NULLA? PITONE. Ma sentitela! Sentite il venticello che fa. Una vanità che avrebbe paralizzato nel mutismo anche l' Ecclesiaste. Noi ti preghiamo: toglimi una volta per tutte la favella, coducimi all' agognata afasia, accompagnami verso la riposante catatonia. Sento di essere a buon punto. Ora ho solo voglia di ascoltare, voglio farlo per sempre stordito e alimentato dal soffice loto dei sintagmi che mi regali inconsapevole. SCARABEO. Ma sentitela! Degustate al più presto l' acqua dell' oasi. Un' oasi vera in un deserto che ammassa quintalate di post analitici intercalati con tonnellate di post musicali e bemolleggianti. Finalmente l' ingenuità del lapidario, del sintetico, del diatonico. Con un semplice gesto scritturale ecco il discorso spinto fino in fondo alla sua cavità naturale. Quanti mondi ci si aprono, quante cose diventano possibili se con un gesto repente espungiamo dal reale un nugolo di fastidiose variabili. PICIO. Sarebbe bello se fosse un sogno, sarebbe bello se quanto sopra fosse scritto con l' inchiostro simpatico. Invece perdura di fronte al mio fissare attonito. Sento che mi sopravviverà, sento che quelle parole hanno impugnato loro una gomma che mi sta già cancellando, io lettore transuente di parole eterne da cui trasuda una salvifica libidine di servilismo. ****************************************** ************************************* Ric, non hai parafrasato le mie parole, le hai semplicemente stravolte. Ora ti parafraso io: tu sei il mio committente e mi paghi per un lavoro che ho svolto a regola d'arte per tuo conto. Davide spende i soldi che mi hai dato. Io torno da te reclamando nuovamente il compenso, sostenendo che ho fatto bene il mio lavoro e mi merito il compenso che Davide ha speso al mio posto. Ora dimmi: mi riconosceresti il merito una nuova volta oppure cercheresti di spiegarmi che esiste una certa differenza tra meritarsi i soldi e saperli (poterli) spendere? ************** ******************************** ***************************** ******************* Mario, sei andato molto oltre la mia lettera e arrivi a parlare di "tassazione". Se volessi seguirti ti consiglierei di non formarti idee in merito sulla base della cronaca. La pratica della tassazione si è diffusa nel corso della modernità, ovvero, guardacaso, nel periodo storico che ha fatto le fortune di US. Cio' che prima veniva visto come un rapporto personalistico (e, nei casi limite, come una pura e semplice predazione del più forte) si è andato via via configurando come un diritto astratto su larga scala che prescinde dai rapporti personali. Una volta accettato come un diritto del governante i freni inibitori sono caduti. *** ********************** ***************************** Caro Matteo, a risentirti mi viene voglia di dedicarti un paio di canzoni immortali, una di Sinistra (Volonteers Get The Revolution) e l' altra di Destra (The Sad Skinheads). *** ***************************** ******************************************** ************************************************ ********************************************** ********************************************** ********************************************** ********************************** ********************* ********************* ***************************** ************************* ************************* ********************** *************************************** ***************************************** ************************ ***************************************** *********************************************** ************************************** *** ********************************************** *********************************************** *** *** ********************************* ****************************************** *************************************** ************************************************* *********************************************** ******************************************** ******************************************* ********************************* ******************************************** *************************** **************************************** ******************************************* ************************************************ ****************************************** *********************** ************* ********************************************** ********************************************** ********************************************** ********************************************* ************************************************* *************************************************** *************************************************** ************************************************** ************************************************** ************************************************** ***************************************** ******************************************** ********************************************* ************************************************* ************************************************** ************************************************* *********************************************** ***************************************** ********************************************* *********************************************************************************************************************************** ************************************************************************************************************************************************
***
Eppure...
Ho letto "Resurrezione" di Lev Tolstoj, racconta di come sia dura la vita consumata in un carcere siberiano dove i prigionieri sono sottoposti a trattamenti disumani.
Ma, magari, di scandagliare la vita carceraria vi interessa poco, magari i trattamenti disumani vi turbano e vorreste tanto starne alla larga per godere al meglio il tepore di salottini accoglienti in cui parlare del più e del meno, magari le "vite consumate" non sono esattamente la vostra passione numero uno. Anche se è così, questo libro fa per voi, visto che "fa per tutti".
Tolstoj è stato "il più grande" proprio perchè, con lui, questo genere di paralogismi funziona a meraviglia.
Lui potrebbe parlar di tutto, potrebbe scrivere anche di cose irrilevanti anzi, irritanti, eppure continuerebbe a scrivere "il libro che fa per voi". "Per voi", bè, adesso non esageriamo. "Per me" sì però, di sicuro.
Prendiamo le sue proverbiali tensioni morali, ebbene, sono trapuntate da inesausti e continui guizzi di umorismo legati alle micro-tragedie della vita quotidiana.
Quando le prime stufano, e a me stufano quasi subito, arrivano immantinente i secondi, manco fossero il settimo cavalleggeri, manco il lettore fosse tutto cablato con sensori neuronali che rivelano solleciti i cali di attenzione.
Quando i secondi stuccano, sopraggiunge con tempismo l' agile ponzosità delle prime.
Se questa alternanza desse solo l' aria di ripetersi, il Maestro s' inventa dal nulla un terzo ingrediente facendo subito diventare oro qualsiasi cosa tocchi il suo pennino.
Per carità, lungi da me negare che alcuni inconvenienti arrivino a turbare un simile panorama idilliaco, per esempio: ad ogni finale ottocentesco si addice il crescendo, per ottenerlo è d' uopo non rompere il climax: ecco che allora anche i sapienti equilibri del Maestro devono cedere alle esigenze del Canone.
Fa niente, Tolstoj è talmente ricco che si puo' rimanere appagati da un suo libro anche espungendo un finale crucialissimo che sarebbe il punto di forza per chiunque altro.
E ve lo giura chi si giudica soddisfatto avendo letto il suo libro sulle carceri zariste eliminando la parte ambientata nelle carceri zariste, oltre che tutte le pagine in cui si parla di carceri zariste!
Per questo che è lui il più grande. Nel suo secolo, con Flaubert, è il più grande.
Non c' è nulla di lui che condivido, il suo disgusto per la modernità e i suoi infantili pacifismi renderebbero insopportabile qualsiasi adulto che osasse professarli con la sua iattanza.
Eppure...
Il Vangelo russificato come esce dalla sua rielaborazione contorta, avvelenato e indigesto come viene servito in cucine che sfornano a tutto spiano solo cibi sciapi, mi appare ampiamente travisato.
Eppure...
Le sue indignazioni, i suoi disgusti, le sue vergogne annoiano presto e si rivelano solo come il tipico furore conformista del sedicente "puro" ferito a morte dalla realtà, di chi si vede vittima in croce e non riesce a tirare avanti se non pensandosi in quel modo.
Eppure...
La passione per la filosofia ammorba non poche pagine della sua opera, piegandola spesso al didascalico resoconto di tiritere mediocri e di idee impiegatizie tipiche del pensatore di risulta.
Eppure...
La totalizzante interiorità indicata ripetutamente come unico valore ha la presa di certa reclame raffazzonata quando è in heavy rotation da sei mesi su tutte le più scalcagnate TV private.
Eppure...
La letteratura che veicola conoscenze e disvela realtà all' intelletto? Ma stando ai messaggi espliciti recapitati dal patriarca mi sento profondamente offeso pur nella mia medietà e nella mia intelligenza qualunque.
Eppure...
Eppure, se penso al suo rigo carnoso da cui cola muco, saliva e sangue; se penso al suo modo di far sorridere gli occhi di una comparsa, detrito che la Storia subito abbandonerà sull' argine; se penso alle sue ingiurie, di una ricercatezza addirittura strana; se penso ai suoi silenzi popolari, sempre decorati con colpi di tosse, soffiate di naso, pianti di moccioso; se penso alla gogna in cui incastra il suo nemico ideologico, illustrandone le tare che sono poi le naturali storture del Legno Umano cantate con voce stentorea; se penso a tutto questo, allora mi riconcilio in tempo reale e alzo convinto il mio peana di lettore convertito.
***
N.B. post incompiuto (ndr)
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Il Nostro Povero Individualismo
C' è stato un tempo in cui ci avevano creduto in molti.
Schiere di puntigliosi letterati spalleggiavano il lavoro di accaniti filosofi.
Con il coraggio e la precisione dei dinamitardi si erano messi tutti quanti in testa di smontare quella maledetta costruzione psichica che è l' "io", causa prima di tanti mali.
Specie del mal di testa.
Una fosca ombra, 'sto monosillabo, che non ci molla un attimo, neanche quando andiamo al gabinetto.
Un fardello che ingrassa inutilmente pesando su ogni nostro movimento con tutto lo zainetto di responsabilità che ci infila a tradimento sulle nostre innocenti spalle.
***
Era una strategia geniale, non c' è che dire: se soffro, perchè eliminare la sofferenza quando posso eliminare l' "io"? Perchè non tentare l' incruento colpo di stato grammaticale?
Per carità, non mancarono i soliti paludati ammonimenti moralistici dei ben noti grilli parlanti, i quali, insensibili alle feroci emicranie che la valle di lacrime ci riserva, osarono obiettare contro la cura proposta del taglio della testa.
Ma perchè preoccuparsi per simili mugolii? Bastarono quattro martellate sul muro ben distribuite per liberarsi dei loro predicozzi stantii.
Tanto poi si dà una mano di bianco e chi s' è visto s' è visto.
***
L' artista serio era invece tutto concentrato a strapazzare il pronome in questione. A stiracchiarlo come il pongo per vedere l' effetto che fa.
C' era chi voleva decostruirlo, chi voleva scioglierlo nell' acido (lisergico), chi studiava come farlo sparire dormendo tutta la vita, chi procedeva a collettivizzarlo in modo che fosse possibile riunirsi tutti sotto un unico grande "io". C' era anche chi, adottando sorprendenti strategie inflazionistiche, cercava, con generosa distribuzione, di assegnarne un centinaio a cranio.
Ad un certo punto il mortale nemico sembrava proprio dovesse cedere, il nostro povero "io" atterrito appariva spacciato, appariva come roba vecchia, roba d' altri tempi, la moltitudine dei suoi nemici tendeva le avide mandibole verso quella povera carcassa.
Fragile legno su mare torvo, non sapeva bene che dio pregare.
L' attacco concentrico delle avanguardie letterarie era portato da più fronti e senza tentennamenti. La resa era prossima.
Solo per dovere di cronaca aggiungerò che, mentre la discettazione teoretica su questi temi s' impennava per qualità, la parallela letteratura sperimentale subiva dinamiche ben diverse.
***
"Il Fu Mattia Pascal" (appena letto su Radio Tre) fu una delle cannonate più poderose sparate nell' assedio descritto più sopra.
Pirandello, con la gran parte della sua opera, prese parte attiva al sacco dell' Identità, e lo fece con le mostrine del Generale.
Il mio parere è che prese parte anche al fallimento di quell' impresa sciagurata.
Per capire come tutto quell' ambaradan sia andato a ramengo, la lettura del "Fu Mattia Pascal" è caldamente raccomandata.
***
Da giovane Lettore desideroso d' intrupparmi e costantemente in cerca di Partito, pensai bene di iscrivermi nel movimento "anti-realista".
Era però necessario adottare "Il Fu" come bandiera.
E perchè no? dicevo. La cosa mi risultava semplice, lo si poteva fare a testa alta senza addivenire a nessun compromesso infamante.
Senonchè, per quanto sia più che onorevole alzare un simile vessillo, è la bandiera stessa a presentarsi taroccata una volta che, garrendo al vento, la puoi osservare meglio dispiegata.
Così distesa ha l' aria di non servire a dovere la causa anti-realista. E non sai come ci rimani male se mentre suoni la carica ti accorgi di alzare uno stendardo che assomiglia in modo imbarazzante a quello del nemico.
***
Cerco di spiegare meglio quell' imbarazzo.
Ogni volta che il "Fu" gira alla larga dal progettato nucleo del racconto, allora dà il meglio di sè.
Noi lì abbiamo agio di ammiriare finalmente il passo felpato con cui avanza senza scopo ogni Grande Libro.
Finchè il Pascal è in saldo possesso del documento anagrafico, l' Alta Letteratura ci bacia facendoci mille promesse e raccontandoci cose rare a proposito di eventi quotidiani
Mamma mia, quante fragranze. Che sapori pregnanti schizzano fuori da ogni capoverso. Un rigo, una spezia. E noi assaggiamo tutto con le fiammelle negli occhi e le bollicine nel sangue.
Al lettore arriva a fiotti la clorofilla che lo rinverdisce, giungono in massa quei segnali che lui attende avido da sempre, l' unica cosa che lo ripaga per il tormentoso passatempo che si è scelto.
Sì perchè, quando fa breccia la risatina proprio mentre il muscolo cardiaco si contrae in una stretta, allora lo sai. Sai di respirare l' aria ipossigenata che spira sempre dalle vette del Capolavoro.
E tutto succede mentre, e solo mentre, eventi realissimi, naturalissimi, si abbattono contro l' inettissimo, ma monumentale, "io" del Pascal.
E anche il mio "io" è lì, ben nascosto dietro lo specchio della pagina, tutto preso a fare serrati e spassosi confronti con il suo patetico dirimpettaio di carta.
Meste identificazioni, orgogliose dissociazioni. Le basi da cui giungere di volta in volta a esiti differenti non mancano: i nostri due individualismi spiccano ben definiti e si paragonano come in una naturalissima e costruttiva sinossi.
***
Ma poi sulla storia cominciano a fioccare eventi anti-naturali (ce n' è sempre almeno uno ad imbrattare le carte di Pirandello).
Uno in particolare: il Pascal, creduto morto, puo' vivere finalmente come uno Zombie e vagare dentro una vuota sorte.
Bella Idea, non c' è che dire. Ma quando le Idee defenestrano i Fatti non c' è mai da stare allegri.
E non c' è dubbio che quanto più un' Idea è geniale, tanto più "defenestra".
La Moglie, la Suocera, l' Amico Scemo, il Tipo da Bar, il Tipo da Spiaggia, i Tipi in generale e tutta questa cornucopia di lussureggiante biodiversità che mi aveva rallegrato emozionandomi, non puo' più vivere nel Nuovo Mondo Ideale del "rinato".
Perchè il Nuovo Mondo del Rinato è un Laboratorio già stipato dalle speculazioni mentali del Nostro tutto preso ad indagare le sfumature di questa sua nuova artificiosa condizione di liberto.
In una simile dimensione "pensata" cessa ogni possibile abboccamento sorprendente a cui valga la pena di presentarsi per scambiare quattro chiacchere, così, da Lettore a Personaggio.
Il Fantasma di Pascal procede leggero finalmente sgravato dalla mordacchia del suo individualismo.
Non so se provi un qualche sollievo. Certamente la mia intesa con lui ne risente.
Un po', un po' tanto, mi dispiace di aver perso un così edificante termine di paragone.
Quanto alle modeste e fluviali speculazioni da bibliotecario iperaccomandato, con tutto il permesso, se proprio voglio sgranchirmi le sinapsi, a quel punto deposito sul comodino il "Pirandello finito fuori strada" per virare sereno verso Summa Teologica o Settimana Enigmistica.
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Le Avventure di un Embrione
E' concesso in questa sede odiare un libro?
Allora, con tutti i crismi dell' ufficialità, vorrei mettere alla berlina il libro Cuore. Puah.
***
Finalmente l' ho fatto. Che liberazione
Eppure non sono del tutto soddisfatto, non mi sento vendicato, dovrei dirlo un po' meglio.
Siccome l' esecrazione si manifesta alla giusta magnitudo solo se accompagnata dal suo fratellino gemello, l' amore...
...farò in modo che l' insoddisfacente sprezzatura del libro Cuore, si esprima al meglio grazie all' omaggio deferente tributato all' anti-Cuore per eccellenza: Pinocchio.
***
Pinocchio è un Franti che si salva.
Ah ah, sono salvo. Tiè Garrone, tiè Bottini, tiè a tutti i piccoli patrioti-vedette-scrivani, e crepi anche De Amicis e crepi con lui tutta l' Italia Unita.
***
Me lo chiedo da sempre.
Che bisogno ci sarà mai di avere una trama, a cosa serve uno sceneggiatore, che me ne faccio del plot se tanto, ormai ne sono quasi certo, mi interessa solo una storia fatta di due soli snodi:
lui sembra che non ce la faccia, ha tutte le carte in regola per non farcela, non ha nessuna possibilità di farcela, lo dicono tutti, lo dice De Amicis, il Presidente, il Papa Cattolico, il Papa Laico, il TG1, il TG2 e il TG3, la TV a reti unificate, il Professore, il Direttore, il Sondaggista, lo Scienziato e lo Statista ...
...invece ce la fa.
Evvaaii.
***
Solo la corda di una lira ispirata sa accompagnare con tatto e discrezione il viaggio del predestinato al fallimento.
L' impresa non è facile. Che si sia di fronte ad uno "spacciato" deve essere sempre più evidente senza che niente trapeli in modo esplicito.
Raccontare i talenti per il naufragio non è semplice. E' tutta una questione di posture, di interiezioni, di gesticolazioni, di sospirazione, di occhiate, di istinti repressi, di riflessi abortiti, di minuzie comportamentali e sintattiche.
Ma solo il grande artista sa creare quel vuoto di stomaco che dà lo spiazzante e implausibile salvataggio del reietto, l' annichilimento imprevisto di quello che credavamo il solido pardagma del destino greco.
E, detto tra di noi, non c' è niente di meno promettente che un Ciocco di Legno.
Chiunque abbia sbagliato puo' rimettersi in carreggiata, d' accordo. Ma qui siamo di fronte ad una multiforme scapestraggine, ad una birba matricolata, a un monellaccio, a uno svogliato, a un vagabondo con tutta la sua sequela di fallimenti morali reiterata e disperante.
E oggi questa diperazione è ancor più validata di ieri. Visto il discredito in cui è caduta la pedagogia delle legnate umilianti, l' insuccesso di quel mariuolo che ne riceve parecchie, è telefonato.
***
In presenza di educatori lassisti, ricordo che con qualche frignatina ben allocata, era facile bigiare l' asilo.
Allora me ne stavo in cameretta tutta la mattina ad ascoltare i dischi delle fiabe.
Ma Pinocchio non lo mettevo su tanto volentieri. Era una fiaba inquietante per me. In una speciale classifica horror precedeva anche La Piccola Fiammiferaia, nonchè tutti gli Andersen.
Era una Fiaba con "tempi" anomali e sincopati, proprio laddove il bigiatore pivellino richiederebbe una regolarità cronometrica da orologio svizzero.
La catarsi, per quanto attesa come in ogni fiaba, tardava ad arrivare.
E dopo aver atteso ben oltre la scansione consueta, ancora non arrivava nulla. La cosa era intollerabile. Il tempo passato con il cuore in gola era decisamente eccessivo.
Una simile condizione poteva andare bene per Giamburrasca, ragazzino nato e costruito per abitare tutta la vita nel paese delle marachelle, un paese, il suo, senza orecchie d' asino e con Pappa col Pomodoro a go go.
Ma con Pinocchio no, su Pinocchio incombe qualcosa di terribile, si sente continuamente odore di Apocalisse, nel suo mondo è al lavoro una qualche escatologia, fin dall' inizio pulsa l' agnizione.
***
Se Pinocchio fosse un racconto "di formazione" (Bildungsroman), sarebbe stato facile e gradevole archiviarlo nello scaffale di competenza per poi disporsi rilassati ad ascoltare, per esempio, la deliziosa multivocalità di Paolo Poli.
Ma nei romanzi "di formazione" si descrive una serie di prove attraverso cui il soggetto immaturo si trasfigura per ripresentarsi alla comunità finalmente adulto.
Nel nostro caso invece l' esito finale è un bambino in carne ed ossa. Il contrario di un adulto.
Per quel che ne so io non esiste un apprendistato per diventare bambini. Non esiste un apprendistato per nascere.
***
La meta finale è un "bambino", un' "anima". Ci viene raccontata la conquista dell' anima. Ci viene racontato il sogno/incubo di un embrione.
E se in questa vicenda c' è una vera volontà proiettata verso la meta finale è la volontà di Geppetto...
Inoltre, nel bel mezzo di tutte queste tempeste uterine, latita la capacità di apprendere.
Pinocchio sembra in balia degli elementi, non impara, non progredisce. Ha fallito troppe volte e, oltretutto, sempre nell' affrontare la stessa prova. Non possiamo dire di essere al cospetto di un "discente".
Il burattino cade subito alla prima tentazione e non arriva alla scuola. Ma anche se ci fosse arrivato non avrei scommesso una lira su di lui. Mi dispiace ma è così.
Quando uno cade una volta, due volte, tre volte nella medesima trappola, allora diremo di lui che è proprio una testa di legno.
Zeno Cosini, uomo abbandonato ormai dalla provvidenza, non smetterà mai di fumare, lo capiamo dalla grande arte di Svevo.
Pinocchio, burattino scortato dalla provvidenza, non smetterà mai di fare marachelle, lo capiamo dalla grande arte di Collodi.
Poi invece smette: è la grandissima arte di Collodi.
E' l' arte di chi ha saputo far smettere di fumare Zeno Cosini, di chi ha redento Franti, di chi ha rinsavito Don Chishiotte...
Collodi, pessimista disperato e vate dell' assurdo, oltre che dalla propria arte, è aiutato dalla sua originale concezione. Scrive sempre avendo in testa il finale con Pinocchio impiccato. Sono i bambini, portatori di mistero e speranza, che subissano il "Giornale" di lettere ottenendo la Resurrezione.
Non si tratta di appendice estranea da sequel, sorprendentemente Collodi riparte rinvigorito nell' ispirazione e convertito nell' ideologia.
***
Tutte operazioni già tentate, ma con il trucco: ci si limitava a riabilitare il comportamento consueto del "disperato" cambiando l' ottica di osservazione.
Franti veniva giustificato nelle sue marachelle, eravamo noi a convertirci, non lui.
La follia di Don Chishotte diventava gioiosa e non meno grave della nostra, anzi, smascherava la nostra. Addirittura veniva ripresentata come una forma di lucidità superiore.
Eravamo noi però a dover abbandonare i quieti lidi della grigia normalità con tutti i parametri che la descrivono.
Ma con Pinocchio espedienti del genere vengono messi da parte.
Pinocchio è la storia di un miracolo a sorpresa: una Testa di Legno promossa nel Paradiso della normalità.
***
A fare i bravi s' impara, e alla fine ci si becca anche l' applauso.
Ma conquistarsi l' anima è un vero colpo di scena della Grazia. Lo spettatore spiazzato non riesce nemmeno ad applaudire.
E in questo silenzio attonito di noi spettatori Pinocchio sguscia fuori dal grembo e corre via a vivere la sua vita di uomo in carne ed ossa fatta di molti errori conditi con qualche sporadico successo.
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Un Lexotan per Carducci.
E' difficile che aprendo a casaccio il mio libro con le Poesie di Carducci si possano schivare le multiformi ire del focoso Aedo.
Riottoso e cieco come un ultras, è sempre impegnato a cospargere di sale le proprie ulcere.
Ora punge un Avversario, ora satireggia un Irrispettoso, poi schizza la caricatura di un Impertinente, a seguire oltraggia un Vanesio, dopo mette alla berlina un Pedante, o alla gogna un Garrulo.
Tutti Signori con nomi e cognomi, mica Allegorie.
Per farne fuori più che puo' non si risparmia neanche flirt satanici.
Il suo verso afflittivo è un ruggito che lo priva di forze preziose, non si è mai vista una semina di spine tanto infeconda. Il forumista tignoso conosce questo vortice esacerbante e sa di che parlo.
Io procedo indefesso nello spoglio, cerco affannosamente i pii bovi, ma mi ritrovo sommerso nella schiuma di artisticissimi 'vaffa.
Eppure si vede ad occhio nudo che il Vate avrebbe di meglio da fare.
Per esempio, in quel tempo aveva ancora in arretrato un un casino di versi immortali, evidentemente non avanzava mai un minuto per buttarli giù.
La sua natura gli imponeva delle priorità: ogni litigio andava meticolosamente portato a termine fino all' umiliazione pubblica della controparte.
Ogni screzio letterario andava lavato nel vindice inchiostro.
Basta stare un attimo a bearsi in compagnia di queste invettive per capire che l' Avversario, l' Irrispettoso, il Vanesio, il Garrulo, l' Impertinente e anche il Pedante, sono, probabilmente, miti e mediocri personaggi con cui usciresti piacevolmente a cena.
Il problema invece è lui, il Vate.
Il Vate ha tutta l' aria di contenere nel pancione un vorticoso movimento biliare. Di avere un petto "ove odio e amor mai non s' addorme".
Scosso da oscuri tumulti, flagellato dalla memoria dell' offesa ricevuta, spronato da ansie insinuanti, egli si aggira tra i suoi simili alla ricerca di imperfezioni che scatenino le sue furie maremmane. E ne trova a bizzeffe.
Questa spola fra rancori e tetraggini consumerebbe anche l' animo più temprato, lo consumerebbe fino all' inedia spirituale.
Com' è grama la vita di questi melanconici.
Com' è tapina quella di chi vive intorno a loro.
Non si puo' tirare avanti così. Urge una cura che raggeli al più presto la tempia tempestosa del pugnace infermo.
Come minimo, di fronte a casi similari, ci vorrebbe un bel Dio condiscendente che pianga insieme a noi, che creda alla nostra bua e ci dica premuroso che "poi passa".
Ma il nostro campione aveva avuto la bella pensata di buttarlo nel cesso fin da giovane, quel Dio, e di tirare lo sciacquone. Complimenti.
E non poteva essere che così vista la giovanile adozione del luterano dispitto verso l' "allegro Papa".
Con la sola compagnia del Gesù più duro ed austero della corrucciata Riforma, il morale non conosce grandi impennate. E' cosa nota.
***
Però Carducci si salvò. Si salvò con la medicina della "Classicità".
Due pasticche al giorno di questa pillola e la frenetica ruminazione del Maestro si bloccò.
La Classicità offre mille rimedi al collerico.
Innanzitutto la Morte.
La Morte ha la tendenza a rendere piuttosto imperturbabili, a raggelare la pupilla, a domare l' abito fiero.
In queste condizioni gli sdegni si fanno di molto meno ardenti.
E se proprio non vuoi morire subito, puoi sempre temporeggiare facendo una capatina al camposanto.
Non sai come è cool una bella promenade fra le lapidi adamantine del Cimitero romito tra le argentate nebbie sfumanti, magari a Bolgheri. E' proprio lì che il Poeta vide la sua Rosebud.
Se poi possiedi una certa capacità di "ascolto", puo' darsi che perfino i cipressi attacchino a sussurrare tranquillizzanti mentre ti augurano l' "a presto arrivederci".
Anche l' Avello ti strizza l' occhio come un vecchio amico.
Questo attrezzo imprescindibile della palestra carducciana ha virtù defatigante, specie per chi conosceva un' unica orazione ("Signor, chiamami a te: stanco son io: pregar non posso senza maledire").
Ogni forma di necrofilia si coniuga a meraviglia con la "Classicità", la quale ha la virtù di riproporcela nella sua variante più fresca ed impassibile, eludendo così il lato stancante della faccenda (che puo' essere lasciato ai Romantici): quello del meditabondo sotto le rovine con il teschio in mano.
In secondo luogo la "Classicità" ti consente di frequentare le donne. Da lontano.
Devi solo darci dentro con l' epistola.
Cantare le seducenti armonie del corpo, i divini accenti del labbro, l' aulentissima cute, e tutto questo senza avere sempre nelle orecchie il trillo citofonico delle note ingiunzioni. Una buona capacità immaginifica basta e avanza.
Alla loro persistente recriminazione penseranno i mariti (in genere ex romantici senza talento).
La carriera del Poesta Classicista è allietata da diverse gite fuori porta. Tra una georgica e una bucolica si sta sempre immersi nella rilassante countryside.
Se il lento giro dell' occhiata bovina si volge a noi, non sentiamo affatto quella frenetica interpellanza che ci collocava subito a debito di una risposta piccata, o di un chiarimento brillante.
Possiamo sincronizzarci con il rilassante ritmo della paziente pecora, possiamo concederci un calmo colloquio con la pensosa quercia, possiamo escutere un testimone sempliciotto come l' ignaro asinello.
Optare per il Classico consente anche di mettere spesso e volentieri le gambe sotto il tavolo. Buona tavola, ma sopratutto Vino, non devono mai difettare.
Quale miglior modo per sperimentare in corpore vivi il pagano oblio?
Da ultimo, ampie dosi di "Classicità" ti consentiranno in quattro e quattr' otto di divenire Poeta Nazionale.
La cosa ha i suoi vantaggi.
Eccellente rifugio per disfarsi di ogni vitalismo e simulare già da ora, in Cerimonie e Occasioni Ufficiali, il cadavere che saremo.
Da "Poeta Nazionale" puoi permetterti di abitare solo il pianeta della Retorica (patriottica) e quello della Metrica. Due meravigliosi pianeti senza ossigeno, dov' è bandita ogni forma di vita.
Cosa c' è di più salutare per un iracondo naturale?
***
C' è chi è spinto verso la Classicità dalla natura dei suoi talenti. C' è chi invece sbarca su quei lidi con le piaghe aperte e con il solo intento di applicarsi l' impacco del fiore di loto che prospera lussureggiante.
C' è chi pensa alla Classicità come ad un palcoscenico dove sfilano armonie da ammirare con l' occhio del geometra, e chi la assume invece come camera di decompressione dove regredire ad una sospirata meccanicità catatonica.
Carducci, fortunantamente, appartiene alla seconda genia.
E' anche per questo motivo che "mi riguarda" e che posso tranquillamente continuare a leggerlo senza rimorsi. Riguarda anche voi?
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Problemi giù in Archivio.
Parini-Manzoni-Porta-Gadda-Chiara-Testori-Brera-Vitali + il "Perdonato dalle Lucertole"...di ciascuno di questi qualcosa ho letto.
Ora, essendo questi scrittori "lombardi", mi chiedevo se offrissero un motivo specifico, al di là di quello anagrafico, per chiamarli così.
Innanzitutto vanno eliminati quei lombardo che hanno la pretesa di narrare storie manierate costruite con personaggi "universali" e intercampiabili.
Mi limito ai veraci, a coloro che hanno piantato qui, in terra lombarda, il loro semino. Che l' hanno coltivato amorevolmente negli anni e che ci regalano la loro opera come se fosse il frutto maturo di quell' albero.
In secondo luogo mi limito agli scrittori che ho letto io e per i libri che ho letto io. Pochini direi.
***
L' unica cosa che ha prodotto il mio sforzo è un caso di serendipità: pensando (invano) ad un possibile elemento che fosse in grado di unificare questi autori me ne è venuto in mente uno in grado di discriminarli tra loro secondo due categorie possibili: i "Pagani" e i "Cristiani".
***
Difficilmente il personaggio dell' autore lombardo è un ateo pacificato. Un personaggio del genere offre pochi spunti.
A questo punto, nei casi di "senza Dio" meglio ripiegare sulla variante del "pagano".
Il "pagano" è un fauno talmente fiducioso dei suoi sensi da seguirli ovunque.
A queste seduzioni della natura il pagano oppone resistenze ridicole, di pura facciata.
Basta che la sua pelle sia sfiorata per farlo "entrare" in vibrazione.
Il vero pagano è solo colui che vibra in perfetta armonia con il creato. O almeno lo crede.
Il pagano è appagato nella sua immanenza. E perchè mai dovrebbe temere la morte? Non c' è esperienza più eccitante che farsi concime.
Tutto bene quindi. Senonchè, di punto in bianco, inspiegata, fa capolino una punta di disperazione che richiede di essere affogata nel chiasso.
Parini-Porta-Chiara-Brera-Vitali+ il "Perdonato...", mi sa che sono autori tutto sommato pagani.
Forse, se Brera avesse scritto ancora un libro di narrativa, avrebbe varcato la soglia. Già dava segnali nell' Arcimatto più "estremo".
Manzoni, Gadda e Testori (ci metto pure il vicentino d' importazione Fogazzaro) tengono alto il vessillo del "cristiano".
Il "cristiano" aumenta la sua circospezione nei momenti di massima gioia e successo personale. Sa che "la roda la gira" e non si rassegna.
Ossessionato da tutte le forme di contropartita- la sua visione è "retributiva" - coltiva un sentimento tragico che è anche un sentimento realistico.
Si distende e gode solo quando riesce ad accettare la realtà del dramma e a vedere sempre più chiara la luce dello "sbocco". Di solito, purtroppo, questa accettazione richiede una tempra da Santo.
***
Me ne andavo a spasso tutto felice con le mie categorie in saccoccia, quando ho preso dentro qualcosa e mi sono ritrovato in terra a misurare la strada.
La pietra d' inciampo ha un nome e un cognome. Trattasi di quel maledetto vogherese, sì quello là, l' Arbasino Alberto.
E dove lo caccio adesso quello lì?
Ho appena letto "La Bella di Lodi", lombardissimo racconto, e non riesco a trovare una casella per lui nel mio schemino.
Qualcuno puo' darmi una mano?
***
E pensare che eravamo partiti così bene. Già dal primo capitolo il gioco delle ascndenze sembrava chiuso senza residui: trattasi di gaddian/proustiano.
Il tipo eroico impegnato a riprodurre un virtusismo parolaio, faticoso e strabordante, pur di acchiappare la Realtà per la coda. Una realtà tutta coda e che non finisce mai.
Uno di quei frustrati che si accorge a sue spese di come l' infinito kantoriano delle parole sia di grado inferiore rispetto all' infinito dei fenomeni naturali. E questo, anche solo limitandosi ai fenomeni di superfice come fa il vogherese (lui ama ed è sedotto dagli smalti sberlucicanti).
Eppure non si arrende, eppure ci prova lo stesso. E lo fa con una foga ipertrofica, tentacolare, spettacolare, entropica.
Rotte, confuse, incasinate, urlate più che dette, di parole certo ne vengono fuori tante, fin troppe.
Uno, insomma, che ci racconta bene il dramma che fronteggia lo scrivano fedele. Il dramma della prolissità, destinato a travasarsi presto dalla penna ai personaggi.
Quindi un barocco, quindi un controriformista, quindi un "cristiano", facile.
***
Calma e gesso però. Svoltate poche pagine la musica cambia e il Nostro comincia a sorpresa il tradimento sistematico dei Padri.
Resosi conto di questo sforzo inane il vogherese... rinuncia!?
Incredibile la faccia tosta di questo qua, anzichè imolarsi...fa marcia indietro. Desiste dall' eroica impresa di inseguire e irretire i fenomeni.
Che forme assume questa rinuncia?
Facile, la prosa comincia a farsi frammentaria.
La fiumana gaddian/proustiana si trasforma in scroscio intermittente.
Il biancore degli spazi si diffonde, il corpo inchiostrato cede ad una immacolata desertificazione.
La Realtà irrompe solo nella modalità sminuzzata del flash. La cronaca, prima impetuosa, ora ci viene rinviata scritta sui coriandoli. L' immenso spazio vuoto dove i coriandoli fluttuano, quello te lo devi riempire tu caro lettore (che invece volevi startene comodo in poltrona). L' avanguardia ha colpito ancora.
Il frammento gaddiano si realizza per la resa di uno scrittore esausto, quello arbasiniano è un cristallo tagliente dalle geometrie scientemente calibrate.
Non c' è mica bisogno di mettere tanti punti per sminuzzare la narrazione. Basta anche solo cambiare voce ex abrupto. Cambiare stile. Così, senza pravviso nè ragione.
Si strania tutto con una folla di interferenze (TV, film, canzonette, opera, jingle...). Si rinnega Proust per guardare Joyce? Mai capitato ad un Lombardo, detto papale papale!
Illustrando poi meticolosamente le quinte di ogni scena, Arbasino trasferisce a Teatro la sua storia.
E il Teatro, si sa, rende tutto imbalsamato. Per di più è un Teatro che degrada prima nel tableau vivant, poi precipita addirittura nella brutta diapositiva.
Sia per il "pagano" che per il "cristiano" non c' è nulla di nocivo quanto la narrazione per diapositive.
Senza "continuità" tutto si fissa artificiosamente raggelandosi. Persino la Roberta e il Franco, i protagonisti di un amour fou (figuriamoci), si presentano alla fine come due merluzzi della Findus.
Ma con questo gelo non si va lontano. Sopratutto non sei più nè pagano, nè cristiano. Le mie gabbie scattano a vuoto, l' uccellino fugge via.
Non sarebbe poi un grave danno se la storia di Arbasino non fosse maledettamente lombarda. Era proprio l' uccellino che cercavo ed è scappato.
***
Poi, in uno slancio pianificatorio sovrumano degno della mia natura di Archivista, lo ficco tra i "pagani" e non se ne parli più...
...non fosse che per tutti quei p.....i sull' Autostrada del Sole nuova di zecca.
Contento io, contenti tutti.
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Libri che leggono altri Libri
Ci sono alcuni libri che, per me, hanno un doppio valore.
Primo, perchè mi piacciono e godo nel leggerli.
Secondo, perchè mi hanno fatto riscoprire altri loro "fratellini" che dapprima mi avevano deluso.
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Quello che a molti capita con i Promessi Sposi a me capitò con Mobydick.
Ripensando a quell' avventura direi che il "senso del dovere" è una qualità preziosa per il cittadino. Ma non per il lettore.
E' il "senso del dovere", prima ancora della scuola in sè, a rovinarci molte esperienze di lettura.
Per un malinteso senso del dovere, diversi anni fa, presi in mano Mobidick. Ma di mano mi scappò, tant' è che cadde in terra. Lo raccolsi ma cadde di nuovo.
Il Capolavoro non si lasciava impugnare. Come mai?
Sarà perchè quando i capolavori sono tali all' inizio della lettura anzichè alla fine, non si riescono mai a stanare e restano celati dietro spesse cortine.
A nulla valgono torrenziali prefazioni, scrupolose note a piè di pagina, efficaci sintesi, originali percorsi critici. Sempre sfuggenti restano.
Si direbbe persino che chi ci incoraggia verso di loro tema in segreto che anche noi si possa partecipare al godimento della bellezza.
Quasi che la bellezza del capolavoro sia una torta data da dividere tra tutti. Per ciascuno che si aggiunge al tavolo la fetta si assottiglia.
Nel frattempo Achab correva dietro la balena cumulando frustrazioni e io correvo dietro ad Achab ancora più deluso.
In quelle condizioni cosa potevo fare? Mi dibattevo goffamente...impigliato nelle gomeme, ancorato dalle ancore, arpionato come un San Sebastiano, bloccato sulle sartie preda delle vertigini.
Reso così il contesto, si puo' ben capire perchè arrivai in fondo alla mia impresa "doverosa" con spirito loffio e felicemente dimentico di tutte le pagine che mi lasciavo alle spalle.
Ascoltavo distratto le urla di Achab in attesa della mia liberazione e la mia liberazione arrivò con l' ultimo rigo dell' ultimo capitolo.
***
Quindici anni dopo, aggirandomi per librerie ormai lettore anarcoide privo di ogni "senso del dovere" e governato solo da istinti e curiosità transuenti, feci il mio incontro con la corrente pulsante del fantasmagorico "battezzatore" caraibico Derek Walcott.
E' stata questa specie di "Oh Capitano, mio Capitano" che mi ha istruito su come cavalcare la salsa onda oceanica. Che mi ha insegnato a domarne la veemenza e a gridare con la giusta impostazione di voce: "all' abbordaggio!!"
L' incessante filo di febbre che gli accende la pupilla, il suo verso informe, opulento e dilagante, mi ha convertito definitivamente alle sproporzioni della Parola Epica.
Una parola gremita di ambizioni e che deve uscire sbrodolante dalla conchiglia delle labbra...ormai quella lezione mi si è fissata in testa con la solidità di una paranoia.
Non pensavo che alla mia età potesse nascermi dentro questo ulteriore piccolo "io", un fratellino. Non te l' aspetti davvero di germogliare ancora in tempo di morte.
Grazie a lui ho toccato con mano la dismisura di una lingua inventata apposta per nominare esseri che oltrepassano le nostre facoltà.
...Le Balene Bianche, tanto per dirne una.
Tutto cio' ha avuto parecchie conseguenze.
Per esempio: con uno spintone selvaggio sono stato ributtato a bordo del Pequod. Si (ri)salpa e si guadagna all' istante il mare aperto. Ma questa volta sento l' odore pungente di ogni alga nel cervello.
La mia astenia di fronte alle pagine di Mobydick è un ricordo del passato.
Sotto la paterna scorta dell' Omero negroide che mi siede accanto, trovo il coraggio per riprendere in mano il Grande Classico. E il Grande Classico si ridesta dal torpore prendendomi saldamente tra le sue bibliche mani.
I libri di Walcott, tutti insieme, fanno ressa intorno spiegandomi per filo e per segno ogni paragrafo del Mobydick. L' egida della sua vasta mano negra si posa sul mio capino e io mi sento onniscente: capisco tutto. Lo capisco subito.
Ormai mi hanno talmente "introdotto" che Achab è per me come un Fratello della Costa con cui spartire il bottino; la portentosa schiena del Capodoglio, invece, mi è talmente familiare che l' accarezzo con lo sguardo come fosse il mio pesce rosso vinto al luna park...
Missione compiuta quindi: il Mobydick è letto con gusto, assimilato, metabolizzato e apprezzato.
Quindici anni e anch' io ho stanato l' abissale e maligna bellezza di questo grande libro/balena.
Valeva proprio la pena di aspettare per poter fare il viaggio più avventuroso con un compagno come il mitico Derek.
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Le "buone intenzioni. Bubbone Romantico.
<CENTER>"...Nino non aver paura
di sbagliare un calcio di rigore
non è mica da questi particolari
che si giudica un giocatore
un giocatore lo vedi dal coraggio,
dall' altruismo e dalla fantasia..."</CENTER>
Lo "stupido" ci irrita, il "pedante" ci annoia, il "cattivo" ci deprime, il "calcolatore" ci inaridisce, l' "arrogante" ci indigna...
Non è una gran bella compagnia in effetti, ma diventano subito dei simpaticoni se paragonati al peggio.
E il peggio è colui che "sputa nel piatto in cui mangia".
Mi chiedo perchè, nel mondo di carta della letteratura, quest' ultimo comportamento tanto riprovevole sia così poco rimproverato, se non quando si presenta in maniera sfacciata.
Attribuisco la diffusione del malvezzo ad una degenerazione tipica del periodo romantico: il culto delle intenzioni.
Secondo una certa teoria mai teorizzata, avere "buone intenzioni" giustificherebbe qualsiasi condotta.
Le intenzioni maturano nella nostra interiorità. E, per i romantici, l' interiorità del soggetto è tremendamente importante. Anzi, è tutto.
Se siamo puri là dentro, allora la nostra natura è sana, il nostro legno non è poi così storto, il tabernacolo che preserva le nostre essenze resta inviolato.
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Ma essere "ben intenzionati" non basta. Bisogna anche saper "sputare lontano". Spiego subito il nesso tra le due attitudini avvalendomi di una fresca e formativa lettura.
Affiancato dal podcast, recentemente ho preso in mano Stendhal, e mi sia consentito di considerarlo, almeno nel mondo parallelo dei romanzi, uno degli autori che più ha contribuito a diffondere il bubbone di questa peste. La peste delle "buone intenzioni".
Prendiamo l' eroe del libro che ho letto ("Il Rosso e il Nero"). Si chiama Jules, è palesemente oppresso da mille frustrazioni ma è anche infervorato da alti sentimenti che traspaiono con regolare intermittenza.
Quando un "alto sentimento" si presenta lo riconosci subito. Non serve certo analizzarne il contenuto per identificarlo come tale.
Se l' intenzione è nobile non manca mai di segnalare chiaramente la sua presenza, non importa di quanto sia confusa. L' oggetto di una simile intenzione passa immediatamente in secondo piano. Resta l' empito appassionato.
Poichè Jules non è un tipo che si limiti a sognare tenendo sulle gambe il libro con le mirabolanti imprese napoleoniche, puoi star certo che passerà presto all' azione. E allora allaciatevi le cinture!
Per "innalzarsi", si sa, ci vogliono i mezzi. E per procurarseli ci voglioni i "mezzucci".
Pur di farsi largo, il nostro non si asterrà dall' utilizzare traffici su cui ogni rigoroso moralista è in dovere di opinare.
Intenerisce persino vederlo sgomitare mentre costruisce la sua carriera, mentre sale la piramide sociale, mentre traffica una promozione, mentre si arruffiana chi di dovere, mentre fa le scarpe a questo&quello, mentre si dedica anima e corpo al miglioramento delle proprie condizioni materiali, mentre vendica rabbiosamente le sue umili origini, mentre...
Sulla sequela di ambigue vicissitudini che lo investono presto cala discreto ma esplicito il giudizio dell' autore.
Trattandosi di un Grande Autore, sono formulazione che nessun rigo è in grado di accogliere, eppure le leggi ovunque a chiare lettere.
Non sono nemmeno parole da sillabare, si tratta piuttosto di una certa gradazione luminosa che investe ogni pagina.
L' esito si preannunciava e ne abbiamo conferma, il rampantismo di Jules è perdonato. Ne ha combinate di tutti i colori ma è perdonato.
Il perchè è chiaro: non ha mai mancato di odiare scrupolosamente le bassezze di cui ogni volta si serviva.
E tutto cio' mentre nel fondo del suo cuoricino custodiva inalterata la nobile e sognante ambizione di un esito finale che avrebbe di gran lunga riscattato le dubbie pratiche poste in essere.
Non conta granchè che questa catarsi finale non si sia realizzata e non avrebbe mai potuto realizzarsi.
E poi, diciamolo francamente, soggiogati dal magnetico influsso di Stendhal, ci interessa proprio sapere che l' esito negativo dell' intrapresa sarebbe stato facilmente prevedibile affidandosi ad un semplice "calcolo delle conseguenze"?
Ma cos' è mai la capacità di "calcolare le conseguenze" di fronte all' inestimabile tesoro delle "buone (pure) intenzioni"?!
Non che Jules eviti il "calcolo". Solo che, disprezzandolo, non lo conduce fino in fondo.
Odia la triste realtà che il calcolo gli preannuncia. Preferisce abbandonarlo sprezzante quando cessa di recare gradite ambasciate.
I gemelli di Jules fanno pressapoco tutto quello che fa Jules, hanno la sua stessa determinazione nell' affrontare con il coltello tra i denti quella lotta darwiniana che non è poi di molto cambiata nemmeno ai giorni nostri.
Purtroppo capita loro ogni tanto, e la cosa è decisamente incresciosa, di perdere tempo in un rigoroso "calcolo delle conseguenze". Avete capito bene, sono dei miserabili "calcolatori integrali".
Ma c' è qualcosa che è ancora peggio: non odiano i loro "calcoli". Non sputano sui mezzi che utilizzano.
Nessuno scriverà mai un romanzo sui gemellini di Jules.
Anche se il loro codice genetico è per il 99.9% simile a quello di Jules non potranno mai considerarsi "anime appassionate" o "anime sognanti". A loro manca "lo sputo" mondatore.
Senza "sputo" saranno sempre dei borghesucci, dei "salvadanai viventi", buoni giusto per fare da sbiadita tapezzeria alle storie incentrate sui grandi "sospiratori" a cui è toccato in sorte di precipitare in questa valle di lacrime.
I "gemellini" hanno la grave colpa di aver "calcolato". E "calcolare" senza schifarsi di cio' che si sta facendo è un nuovo peccato da aggiungere al decalogo.
Dal maestoso Sinai della modernità discendono le nuove Tavole rivedute ed aggiornate. Stendhal è un Mosè che si incarica di recapitarcele nella loro forma più cristallina.
Se solo i fallimenti di Jules lo avessero reso grottesco ed indifendibile avrei simpatizzato con lui e mi sarei associato al suo perdono.
Se solo Jules fosse stato un' anima candida sprovvista di ogni strumento e intenta a perseguire con pura spntaneità delle pure intenzioni, forse mi sarei associato in una richiesta di perdono.
Ma Jules è il peggio che il Romanticismo abbia prodotto: nobili intenzioni, dotazione intellettuale sopra la media e disprezzo per tutto cio' che ottiene ("mangia") non riuscendo a rinunciarvi. Disprezzo sempre ben in vista. Disprezzo con sputo incorporato e sempre pronto a scattare.
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In un recente "Damasco", Jaqueline Risset - un' ottima guida nell' intricato mondo della letteratura francese, purchè la si segua al contrario - ha rivelato, raggiante di ammirazione, il padre nobile di tutte le "anima appassionata" (o "anime espettoranti").
Si tratterebbe niente po' po' di meno che del filosofo tedesco Nietzsche. E chi era mai il suo "Superuomo" se non un animo elevato dalla purissima intenzione scevra da ogni calcolo meschino?
Se proprio i "Romantici" non possono essere considerati gli unici untori della peste di cui sopra, aggiungiamoci come sovrappiù la cultura del protestantesimo.
Ma lì è già un' altra storia, e Stendhal non ha più niente da dirmi.
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Alberto, se ti è capitata la malasorte di imbatterti nel cotè più astruso del Nabokov narratore, allora, per spurgarti, ti consiglio il Nabokov critico letterario.
Questo qui è di una semplicità disarmante.
Butta qua e là alcune osservazioni stilistiche che, a te lettore, germogliano dentro. poi ti ritornano su come un pollo fritto, anche dopo anni.
Per il resto si limita a riassumerti la storia narrata. Umile, vero?
Credimi, non è cosa da poco poter disporre di un navigator efficientissimo che ti consenta di muoverti nell' "Ulisse" o nella "Recherche" o in "Guerra e Pace"! Averlo condensato in una decina di pagine, poi, è come avere un tesoro.
Tutte le sue "Lezioni di Letteratura" sono pubblicate da Garzanti.
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Caio, non ho mai sfogliato il libro che stai leggendo e quindi non posso esserti di aiuto. In generale non amo molto questo autore, anche se ne riconosco la genialità.
Nel leggerlo in altre opere non posso dire di aver mai incontrato le difficoltà che ti hanno "scottato".
Certo, il suo è quasi sempre un mondo mentale, costruito sfruttando tutti gli inganni e le trappole dell' astrazione. Richiede anche una certa curiosità intellettuale vista la mole di stimoli che mette in campo.
Solo chi è ancorato ad un realismo pedissequo puo' sentirsi in forte disagio.
Non posso escludere che pigiando sull' acceleratore in quella direzione si finisca per fare esperienze estreme attraversando paesaggi sconcertanti e incomprensibili.
Magari è il caso del tuo libro.
Di sicuro è il mio caso quando ho preso in mano il Venerato Maestro di Borges. Ben più radicale dell' allievo, non si sa nemmeno bene se esista o di quante persone si componga. Sembra non sia mai uscito di casa.
Parlo di Macedonio Fernandez.
Dopo appena tre pagine del suo unico libro tradotto, vagavo stordito nella sala degli specchi senza nessuna speranza di imbucare un varco.
In fondo il Borges che ho preferito è quello depotenziato, ma anche più commestibile, che ci racconta i suoi colleghi in libri come le "Inquisizioni" e le "Altre Inquisizioni".
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Proust col trucco.
Premessa: la "Recherche" è un capolavoro, e se non ti piace la colpa è tua. Quindi vedi di darti da fare.
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Leggo Proust (Il Tempo Ritrovato), sono a pagina centoventitre. E mi annoio. Mi manca la "chiave", l' ho perduta, non l' ho mai avuta.
Tra poco girerò pagina, un presentimento mi dice che continuerò ad annoiarmi.
Ho cambiato quattro posizioni, ho anche tenuto le gambe alzate per favorire la circolazione. Ma il sollievo è solo momentaneo.
Ho provato ad intrattenermi contando le righe dei periodi per stabilre quello più lungo.
Ti giuro che per un po' è stato bello, poi è subentrata la noia.
Ho tentato di "correggere" Proust con la matita rossa e quella blu, dicendo "io avrei scritto così e così anzichè cosà..." - un' idea di Lucentini.
Per un po' è stato bello, ma poi è calato il tedio.
Forse potrei usarlo come punteruolo per introdurmi nei misteri della psicanalisi.
Ma come! gli psicanalisti tentano di rivitalizzare il cadavere della loro disciplina volgendosi alla letteratura e io dovrei fare l' "originale" compiendo il tragitto opposto?
Mi sono interessato alla sua biografia. Non è quasi mai uscito di casa.
Se non per sfoggiare i suoi baffetti da sparviero in qualche salotto mondano, o in gran tour per fare un' abbuffata nelle quadrerie italiane.
Non posso dire di aver palpitato nell' apprendere queste notizie.
Mi metto di buzzo buono e comincio a leggerlo come fosse un febbricitante mistico dedito all' estasi estetica.
Ma poi mi ricordo che la letteratura mistica, letta senza la giusta vibrazione spirituale già in corpo, è una delle più noiose che esistano.
Siccome sono una capa tosta, tengo il punto, non mi arrendo e non mi risparmio.
Serbo alcune strategie che non esito a giudicare azzardate pur di riesumare e rivitalizzare questa salma gelata.
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Provo adesso ad immaginarmelo come Filosofo anzichè come Scrittore.
Subito il Nostro cessa di essere un raffinato indagatore di sfumature psicologiche per trasformarsi in un implacabile descrittore delle più occulte micro-fenomenologie.
Ma anche così non funziona. E perchè mai il Filosofo dovrebbe essere meno noioso dello Scrittore?
Semmai lo è di più, visto che alla ridondanza impressionistica assommerebbe la pedanteria dei protocolli.
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Ora provo a farne un autore di "fantascienza".
Le sue storie sarebbero ambientate in un "Mondo senza Lavoro", quello che sognano e prefigurano molti sociologi italiani.
Questa immaginazione fallisce perchè, in fondo, già molti altri autori si sono ipelagati nel milieu di un' aristocrazia sfaccendata.
E' vero che questi continuavano ad assegnare un ruolo di primo piano alla "cura della rendita", o alla salvaguardia dell' eredità.
E' pure vero che desiderio impellente dei grandi non-lavoratori della Letteratura è quello di lavorare, e quindi sempre di lavoro o di progetti di lavoro si parla (con la Roba che incombe, sul proscenio o dietro le quinte non fa molta differenza).
E' ancora vero che mai nessuno è riuscito a creare quel vuoto complesso ma privo di economie materiali che solo Proust evoca con successo.
Fa niente. La sensazione di dejavu che rende tutto più stantio resta, e manda a remengo anche questo sforzo.
L' unica conseguenza interessante di questa ipotesi è quella di sortire l' effetto contrario.
Anzichè proiettare le storie del dandy alla distanza siderale di galassie fuori mano, me le avvicina finchè me le ritrovo sotto casa. leggi il seguito per capire se racconto balle.
Sarà l' alea, sarà il molto tempo libero di cui oggi disponiamo, ma molte delle discussioni proustiane, all' apparenza ridicole e senza oggetto, assomigliano parecchio a quelle che hanno impegnato gli svaccati giovanotti della mia generazione post-moderna.
Chi puo' intrattenersi per pagine e pagine a disquisire sulle varie posture assunte a letto nella fase pre-sonno? chi puo' catalogarle esaustivamente abbinando a ciascuna di esse significati personali e sorprendenti rimembranze fatte uscire dal cupo cilindro dell' es? chi puo' mai redigere con competenza di prim' ordine questo kamasutra con Morfeo?
Facile, Proust.
E adesso, chi puo' discutere su questo stesso sterile soggetto per ore ed ore, tenendo sempre vivo il discorso quasi avesse importanza capitale per il resto della vita (o anche solo del week-end)?
Risposta: io e qualche altro scansafatiche di mia conoscenza mentre il Sabato battiamo l' ottava "vasca" pre-aperitivo.
La parentela è stabilita. Ma a nulla vale visto che la noia continua.
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In questo momento sto provando a buttarla sullo stile.
Mi dico "sei di fronte ad un testo unico, nessuno ha mai scritto in questo modo, nessuno ha mai concepito una simile nebulosa verbale che tutto accoglie e tutto fonde. Disgraziato che sei, ammira il vaporoso sensismo e il trionfo olistico della visione tattile, stupisci di fronte ad una simile rarefazione dei punti, e incantati subito al cospetto dei proliferanti punto e virgola...".
Ma lo stile da solo puo' mai bastare?
Non è questo forse solo il servile strumento per spingere con forza la realtà da inoculare nella cervice del lettore?
Che me ne faccio di una simile catapulta se mi manca il Bocione con cui caricarla?
Sinceramente non so se c' è bisogno di rispondere alle domande di cui sopra.
Non lo so perchè, sia che si risponda sì, sia che si risponda no, io continuo ad annoiarmi. E allora, a che vale?
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Ora mi viene un' idea.
Chi più dei personaggi proustiani potrebbero togliermi dalle canne?
Non è forse il suo Narratore un artista in erba che ragiona sull' etichetta da osservare di fronte all' "opera" quando intratteniamo relazione con essa?
Saprà pure spiegarmi come si fronteggia un libro, come lo si rispetta, come lo si doma, come lo si mette a frutto, insomma, come lo si legge; saprà pure spiegarmi come tutte queste belle cose si possono e si debbono fare con il Suo di Libro.
Senza contare che questa lezioncina sarebbe corroborata da una miriade di esempi pertinenti tratti dalla sua genuina esperienza personale.
Ne uscirei arrichito, si scatenerebbero in me esigenze impellenti, numerose domande si assembrerebbero al mio labbro, sarei circondato da dubbi amletici che, nel tentativo di chiarire, mi costringerebbero a leggere con passione e zelo crescente la parte restante del Libro che ora pende inerte dalle mie mani.
Sì, ma...
Ma queste divertenti e fresche lezioncine, ora che ci penso, me le ha già impartite alla grande il tedesco Mann.
Come tratteggia lui il dilettante appassionato alle prese con l' arte, non ha eguali.
E' lui ad eternare per sempre la Corrida di Corrado, ad averci raccontato in modo definitivo il Natale, la Passione ed il Crepuscolo dell' inclinazione artistica. Che aborti divertenti e istruttivi sa narrare questo teutone!
Kroger e Castorp hanno parlato ed hanno detto tutto sul tema.
Per di più le sue lezioni si sono presentate da sè, in modo evidente e ineludibile. Non c' è mica stato bisogno di inventarsi strani forcipi per estrarle dal corpo dell' Autore.
E siccome Proust non puo' essere secondo a nessuno - questo è poco ma sicuro, lo si vede, lo si sa, lo dicono tutti e una ragione ci sarà - non puo' nemmeno essere secondo a Mann.
Quindi, anche questo è un vicolo cieco e, nell' essere senziente, impone una retromarcia rassegnata.
Abbandono tutto e resto con la mia noia.
***
Idea! Potrei prendere in carico le onuste pagine del capolavoro come fossero un raffinato repertorio di oggettistica vintage. Non ci si occupa forse di quel Tempo Ambiguo che è passato ma non passa?
Parlo di quel Tempo su cui molta polvere si è già depostata ma che ancora non è assurto a dignità di Storia.
Una versione nobile delle elencazioni necrofile di Arbasino-Nove-Fazio-Chiambretti.
Sì ma, finchè si parla di...Jo Condor, Cicci Bum, Superchicken, Sbirulino, Oddo a Domenica Sprint, cera gray (eh-eh-eh), Cedrata Tassoni, Signor Bonaventura, freccie/corsari/pulcini neri (..."è un' ingiustiziaaa..."), Capitan Arlock, Capitan America, Capitan Miki, Gianconiglio, Si-Re-Si-Re-Si-Mi-Si-Mi, Monkeys, Supergulp, Gli Incontentabili, Disco Bambina-ba, Felicità-tà-tà, Zum Zum Zum, La leopardata Peroni, l' uomo in ammollo, "...Troi-Deux-Un...fiiii...", Babaluba, Bidibodibu, Oliver Onions a bordo della Dune Buggy, bassotti poliziotti, Zighi zaghi, carne Montana (è fresca è sana), "...se la tua squadra ha vinto...se la tua squadra ha perso...", El Dindondero, Ambrosoli, Giorgio Bubba, Orzò-orzò-orzoro, Papalla, le marimbe di Bernacca, le marimbe di Magilla, Temistocle, Billy il bugiardo, "...e la pancia non c' è più...", "e tittinduntratto il coro", Hanna&Barbera (altro che Disney!), "...ma quanto è forte Tarzàn...", Autotopo & Motogatto... - finchè si parla di tutto questo e similaria, io c' arrivo e ti strizzo pure l' occhio complice.
Ma me lo vuoi dire cosa c' entro io con le porcellane Mei arabescate, il coturno di Talma, le otto varietà di gelsomino della Piccardia, l' abito a botticella, i cofanetti di sandalo normanno, i sugheri impregnati, le malvarose, cachemire/raso/mussola, le altee, gli alabastri cinesi con in rilievo il volo delle gru, la disposizione ottimale dei peri nel giardino all' inglese, i velluti criptomeria, le rose color zolfo...?
Cosa c' entro io? Io non colgo. Non distinguo nemmeno la fettuccina sky finta pelle dalla scaglia Dior di coccodrillo marino! Cosa vuoi che colga?
E quando non colgo...mi annoio.
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Altro tentativo, potrei provare, mentre scrivo, a rubacchiare qualche trucco stilistico dal grande Maestro.
Almeno mi sarà stato utile a qualcosa. Per esempio, ruberei volentieri l' uso massiccio dei "presenti contemporanei". D' altronde lui l' ha rubacchiato a Flaubert, potrò pure permettermi...
E sai che soddisfazione! L' ho usato fino ad adesso il trucchetto dei "presenti contemporanei"...e non posso certo dire di essere attraversato dai brividi dell' ispirazione selvaggia.
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Proverò a sfondare valorizzando l' aspetto più torbido delle vicende narrate.
Per esempio, ma cos' è tutto 'sto via vai di omossessuali? Si parte dalle certezze, Charlus e Robert - con la pedofilia che fa l' occhiolino - e si arriva alle insinuanti ipotesi, Gilbert e Albertine. Mmmmm.
Sarò condotto nel misterioso mondo della preferenza sessuale da una guida d' eccezione in grado di farmi intercettare il riverbero più delicato dell' emotività, quello che al fatidico crocicchio della scelta ti manda su una sponda (la wilde side) anzichè sull' altra.
E sai che roba! Basta che accendi sulla Bignardi e nove su dieci sta intervistando un frocio, o ridacchia con ospiti che discettano amabilmente di inaudite perversioni. I "normali" sono vergognosissime mosche bianche impegnate a congegnare qualche falso outing che possa ancora destare interesse.
No, la morbosità proustiana ha perduto ogni turgore e non ha più nessuna resa. Il mercato la respinge, roba da minorenni indietro con lo sviluppo.
E allora la noia vince, occorre un diversivo. Fate presto!
***
Devo ammettere che leggere Proust, NONOSTANTE TUTTO, è abbastanza noioso.
Ma pensare a Proust è stato divertente.
Scrivere pensando a Proust è stato ancora più divertente.
Adesso sono troppo stanco per stabilire se le ultime tre righe che ho concepito siano in qualche modo significative.
C' è una sorta di sovrasaturazione nelle cose su cui si è riflettuto troppo.
Forse P. "deve" essere noioso. Forse fa parte della sua missione.
Il suo azzardo nel mettere in fila il tempo senza imporre solide gerarchie agli istanti, l' utopia di chiuderlo nel libro conservando la sua compatta continuità, non puo' che generare noia...
...nell' attesa che si venga colti dal crampo dell' estasi, magari grazie ad una fortuita associazione che poteva annidarsi ovunque. Ma per stanarla bisogna passare in rassegna l' "ovunque", e sai che palle. E' quell' "ovunque" che impedisce di ordinare il mondo.
Ti rendi conto? potrei essere vicinissimo alla soluzione senza saperlo!! Proprio ora che mi mancano le forze. Sarebbe terribile.
Vago stremato con il mio testimone in mano in trepidante attesa di cederlo a qualche staffettista che completi l' ultimo tratto.
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Dalla nostra inviata preferita
Dalle frequenze di Radio Tre l' agenzia Austen, bruciando sul tempo l' agenzia Corona, ci ha puntigliosamente messo a parte degli affari privatissimi della Signorina Emma Woodhouse.
E' una fortuna poter contare su una simile inviata nel fascinoso pianeta degli affari altrui!
Non so come valuterà la torbida vicenda quel marpione del garante-Privacy.
Spero solo che l' eccitazione inconcludente tipica di ogni politico che si ritrova per un secondo al centro della scena globale, non sfoci nella schizoide legiferazione ad-minchiam così caratteristica di chi non sa che pesci pigliare. L' unico bell' effetto sarebbe quello di non arricchire nessuno impoverendo noi "origlianti" orbandoci dell' ultima consolazione.
So di gente che in pubblico inarca il sopraciglio puritano e si vanta di schifare certe porcherie intimistiche, gente che con iattanza sbandiera di non essersi mai chinata verso un innocente spioncino. Ma si tratta solo di sepolcri imbiancati, ve lo dico io.
Perchè poi, nel chiuso delle quattro mura, la vedi che prosciuga i succhi rilasciati dalla signorina Austen sorbendoli con un istinto famelico che in vita loro avevano riservato al solo latte materno.
E' gente che dietro la patina dell' altero disinteresse tiene tutti i radar ben azionati. E' gente di cui ogni giorno riceviamo notizia dall' Onda Verde: sono quei tali che intasano il traffico nella corsia opposta all' incidente.
Oppure si tratta semplicemente di gente sfortunata che non si è mai imbattuta nell' irresistibile profilo sinuoso del buco della serratura così come lo intaglia la signorina Austen. Eh sì! I suoi buchi della serratura sembra che ballino la danza del ventre.
Ah signorina Austen, lo so bene che avevi già spifferato tutto mettendolo nero su bianco secoli fa. Sono io che arrivo in ritardo, ostacolato dall' orgoglio viriloide che ruggisce e digrigna ogni volta che la disubbidiente manina non risponde più ai comandi e afferra un profumatissimo libro "da donna".
Mamma mia la Austen, che occhiuto e orecchiuto paparazzo, sempre nel vivo della conversazione, sempre a tempo nella sincopata danza borghese, sempre sulla notizia. Vive accosta alla bella cerchia della countryside albionica e da questa posizione di favore ci scandisce l' immarcescibile rito della mondanità di laggiù.
Io che sono un sempliciotto, spinto dalla mia fondamentale vocazione all' indifferenza e a lasciar correre, non ci arriverei mai ad isolare il principio attivo di quelle alchimie matrimoniali che la Signorina Austen invece ci serve così ben illuminate dai fari del suo set fotografico.
Con quel periodare leggiadro e ben tornito, la nostra inviata speciale, riesce a non impaludarsi nelle metafisiche proustiane vincendo anche la concorrenza di questo aspirante monopolista delle intimità più recondite.
Lo sparviero è un osso durissimo per chiunque si avventuri nell' impresa di esaurire il dicibile.
E così, dopo l' agenzia Corona, anche la snobbissima agenzia Proust è sbaragliata e deve cedere il passo.
Se mai dal parrucchiere avete sfogliato il rotocalco proustiano, vi sarete accorti che là dentro l' aria sembra ipercalorica, cosicchè pare si possa vivere solo di quella azzannandola di tanto in tanto.
Se invece hai la mala sorte di nascere donna in un libro della signorina Austen, attenta a te. Devi subito abbandonare ogni ispirata contemplazione per alzarti le maniche.
Ti tocca trottare bella mia, levarti la paglia, appassionarti di corsa al gioco combinatorio degli incontri mondani finchè non ti cattura la malia della pantofola, accasarti finchè hai qualcosa da mettere in vetrina, ricercare la sicurezza di una vita tranquilla finchè hai benzina con cui spingere in avanti la tua carcassa, inquadrarti nell' ambiente e renderti sempre presentabile finchè sei presentabile in potenza.
La scrematura è severa e in poche sopravvivono: quelle in cui la passione regge la coda alla virtù, quelle in cui ogni slancio è illuminato dal buon senso e dall' immanente ironia, quelle in cui i modi pronti e decisi, privi d' artificio, vanno a braccetto con i complimenti studiati, quelle che sanno parlare senza aprire bocca. Quelle che sanno lubrificare scovando dove si annida la ruggine. Quelle come la signorina Emma.
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Adesso la protagonista del jet set deve fare qualcosa di decisivo (forse ha dimenticato il sugo sul fuoco) e corre via più veloce del vento e della Vento, i segugi "minori" sgommano reattivi mettendosi sulle sue piste, ma presto sbandano perdendo ogni traccia. Puoi sentire da lontano il loro confuso abbaio ormai rotto e immotivato.
Nel momento in cui i teleobbiettivi di Corona vagolano sbalestrati, ecco scattare le molle della signorina Austen che scende in campo risoluta: le sue competenti ricerche nasali inquadrano la vittima nel mirino, poi si butta per le fratte finchè, con un a-fondo magistrale, abborda l' eroina costringendola a rilasciare subito dettagliatissima intervista.
Ma che sia dettagliatissima, che si vada a fondo, che si affronti e dipani ogni cavillo, vogliamo l' encefalogramma, vogliamo un po' di pornografia (dello Spirito). E che sia pronta in coincidenza con il nostro prossimo appuntamento dal parrucchiere.
Puritani, Censori, Garanti, Metafisici, Maschioni viriloidi, Proustiani, Paparazzi coronati! Non rompete gli zebedei e lasciateci leggere in santa pace.
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Sergentemagiù Rigoni.
Questi scrittori di guerra li riconosci subito, hanno tutti un rigo dal cominciamento che attacca d' impeto, come se la storia gli bruciasse tra le dita.
Poi si acquietano, ne hanno passate tante e ora ce le raccontano ritmati dalla lenta gravità delle loro stanchezze, svuotati da tutto per potersi svuotare da ogni rancore e da ogni rivalsa, neanche poi così contenti come si aspettavano di essere "tornati a baita".
Il cervello di quelli venuti giù dalla Russia poi, mentre raccontano, è ancora intontito dal crocchio della neve sotto lo scarpone, è ancora trapassato dal quadrante di Cassiopea fissato per ore durante le marce notturne.
Nella steppa hanno combattuto una guerra dura contro altri uomini, e una seconda ancora più dura contro i topi slavi che cercavano di condividere le loro coperte.
Poche soddisfazioni, pochissime. Giusto a Natale due fette di polenta e gatto, ma polenta dura eh? (alla bergamasca). Però due fette grandi come mattoni, Il tutto innaffiato con ottima acqua di neve, e per codina un caffè pestato nell' elmetto.
Che era Natale lo si capiva subito dal modo di bestemmiare. Uno smadonnamento fiorito, soave e disteso, non come quel rosario sparato senza neanche prendere fiato che partiva quando ti impigliavi nei gabbioni di filo spinato, e ci finiva dentro la naja, la fidanzata, la posta, gli imboscati, i russi, mussolini, e altri personaggi inventati sul momento. Il tutto da godere ticketless.
Anche quella guerra era più che altro un sovrapporsi di interminabili e snervanti momenti di pace.
Una pace satura di attività che non erano il massimo per lo sviluppo di un solido capitale umano. Potevi dedicarti all' ascolto degli starnuti del nemico, a vedere diventar bianchi e poi scoppiare i pidocchi buttati sulla piastra, allo staccio della farina, alla fumatina di una Milit, a cambiar trincea saltellando nella neve come un capretto a primavera, a pensare parole nuove da scrivere alla ragazza (parole nuove = parole diverse da baci, bene, amore, ritornerò), a fumarti la posta ricevuta, a giocarti a carte i soldi della deca, a evitare i conducenti che odoravano di mulo e che si grattavano la scabbia.
Poi finalmente, attesissima, liberatoria, arriva la guerra (detta anche la sagra). Con il miagolio nell' aria delle pallottole che passano di sopra.
Oggi pomeriggio ne muore solo uno che non conoscevi neanche tanto bene, Cade e la neve gli entra nella bocca, fai le tue cose e quando lo riguardi il sangue gli esce sempre più piano.
Ma smette subito anche questo pezzo di guerra che non voleva consumarsi, smette sussultando come smette la risata di un ubriaco, con qualche fucilata raminga che si attarda senza credere più in se stessa. La fucilata ingiustificabile di uno che è invasato dalla rabbia degli stanchi, degli stanchi di guerra e di vita.
Quando vedi il comandante più tignoso e incapace con la gamba in cancrena ti viene da dire che era un buon diavolo anche lui. E pure questo sentimento ti sale spinto dalla spossatezza, è una misericordia regalata dalla stanchezza. Era un tenente giovane e impazzito, la truppa aveva imparato l' arte di non obbedirgli assecondandolo. Il capitano era il primo ad inorgoglirsi per questa abilità sopraffina e provvidenziale che deve essere il bagaglio primario di ogni buon soldato.
Intanto - mentre passando vedi ancora alcuni alpini placidamente addormentati che muoiono immobili incassati come stravecchi piccioni dalla massa dimezzata definitivamente ai margini dello stormo - il Don è un Lete che spinge alcuni fortunati ormai indifferenti fuori dalla "sacca".
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Caro Matteo, ho la netta sensazione che sia possibile uguagliare le opportunità di tutti solo sacrificando ampie fette di libertà.
Per dimostrarlo ricorro ad un esempio: Pincopallino ha un sogno, nel corso della sua vita lo realizza attraverso il duro lavoro. Alla fine arrivano soddisfazioni e ricchezza.
Già da tempo però si è accorto che puo' dare un senso forte alla sua intrapresa solo se questa è destinata a sopravvivergli. Ora ha un unico pensiero: progettare il futuro della sua impresa per quando lui non ci sarà più.
E' il semplice desiderio di un uomo libero. E' anche un istinto comune che tutti noi sentiamo come legittimo: quello di incidere sulla destinazione dei frutti del nostro lavoro.
Eppure in una società finalizzata ad "eguagliare le opportunità" questa libertà deve essere repressa al fine di evitare che l' esistenza di un eventuale erede designato instauri delle diseguaglianze.
Come vedi anche questa "eguaglianza" nasce da un limite imposto ad una libertà che tutti noi sentiamo come legittima.
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x, va bene, si è capito abbastanza bene, forse è inutile che tu insista: hai delle idee diverse dalle mie.
Solo che non sai difenderle. Sono semplici idee isolate che ti vagano in testa seguendo orbite misteriose, non conclusioni. Non sai spiegare il motivo per cui le si debba prendere in qualche considerazione. O meglio, lo sai spiegare solo a chi già le condivide. Hai preso dei libri con cui fin dall' inizio sentivi affinità e hai pensato che il mondo finisse lì. Quei libri sostanziavano le loro tesi con rassicuranti dimostrazioni complicatissime che non puoi riprodurre qui sul forum e nemmeno lo sapresti fare. Ma guarda che non fa niente. Per sostenere quelle idee c' è bisogno anche di te, cosa ti credi, di gente pratica come te. Per esempio, potresti andare in piazza come uomo/snadwitch e gridarle più forte che puoi.
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L' Europa dorme e molti anche qui nel forum sono impegnati a cantare a squarciagola la Ninna Nanna.
Ascoltiamo loro visto che l' Idomeneo di Mozart non è possibile ascoltarlo.
Sembra che i Mussulmani riescano sempre più ad imporre anche qui le regole censorie che vigono nei loro paesi.
Oggi sono il 5-10% della popolazione.
E quando questi nostri amici saranno al 20%-30%, come peserà questa cultura che tanto a lungo ha vietato la rafigurazione di esseri viventi e che ha sempre tenuto in sospetto la stampa?
Lo scrittore Sebastian Vila Rodriguez individua provocatoriamente un punto di svolta culturale nella tragedia tutta europea di Auschwitz: l' Europa perde 6 milioni di ebrei, il popolo più incredibilmente creativo in circolazione (0.02 della popolazione, 20% di Nobel) per sostituirli nel corso della fine secolo con i 20 milioni di mussulmani, popolazione spesso violenta fanatica ed ingrata.
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I poveri pagano meno e i ricchi pagano di più. Bello dirlo.
Quando una tassa viene istituita chi sarà poi a pagarla?
Non bisogna confondere chi porta i soldi all' esattore con chi sopporta effettivamente il costo di quella tassa.
Il ricco viene tassato e aumenta i prezzi per recuperare almeno in parte l' uscita che ha avuto.
Il povero subisce questo rincaro.
Ecco un caso in cui la "tassa sui ricchi" viene pagata, in buona parte, dai poveri!
Altro esempio: viene aumentata la tassa sui profitti societari e la Dell apre uno stabilimento a Montpellier anzichè in Piemonte. A pagare sono anche e sopratutto i disoccupati piemontesi (presumibilmente poveri).
Ecco un altro caso in cui i poveri pagano una tassa destinata ai profitti societari.
Troppe tasse, niente panfilo. Il mozzo (che con il suo misero stipendio manteneva anche la nonna vecchia e malandata) si ritrova per strada dando il suo contributo nel pagare la tassa sugli yacht.
Si potrebbe continuare all' infinito. Anche con esempi di segno opposto, ovvero di come i ricchi godano delle minori tasse imposte ai "poveri".
L' "economia fiscale" è una delle più complesse che esistano. Il meccanismo del trasferimento d' imposta impedisce di vedere chiaramente su chi gravi effettivamente una tassa.
Mi scuserete quindi se mi viene un po' da sorridere quando in questi giorni si sente dire "i ricchi pagheranno più tasse" oppure "diminuite le tasse ai poveri".
Visto il tema di qusto thread aggiungo, avvalendomi di un esempio, un' ulteriore difesa dell' evasore.
Grazie all' evasione di una tassa è possibile praticare prezzi bassi a tutto vantaggio degli eventuali acquirenti poveri che ne traranno vantaggio.
E magari ne subiranno un danno i ricchi concorrenti dell' evasore.
L' evasore come Robin Hood: toglie ai ricchi per dare ai poveri (trattenendo per sè una % infinitamente inferiore rispetto a quella delle burocrazie welfaristiche).
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Durante una gita telematica mi sono imbattuto in questo antico manoscritto che qui deposito in favore di chi ancora si senta risparmiato dal qualunquismo imperante.
<CENTER>Come smontare
il mito dell' evasore/ladro</CENTER>.
Leggendo il forum ogni tanto capita di imbattersi in chi sostiene che l' evasore sia un ladro.
A prima vista questa affermazione fa sobbalzare.
Eppure è sostenuta da molti, sebbene non sia quasi mai spiegata.
Devo subito aggiungere che le intelligenze migliori del forum non sembrano cadere nel trappolone.
In fondo la confusione mentale su questo punto è più che giustificata: siamo stati tutti educati e circondati da strutture che campano grazie alle tasse ed hanno un interesse diretto a dare per scontato e a propalare il giudizio di cui sopra.
Esempio: quando Padoa Schioppa dice che l' evasore è un ladro bisognerebbe intendere: "chi non paga il mio stipendio è un ladro".
C' è puzza di conflitto d' interesse. La sentite anche voi? Ma forse molti non danno peso ai conflitti di interesse.
Tento di sostituire alle "schioppettate" della politica accecata dagli interessi di parte, un ragionamento rigoroso e neutrale con premesse facilmente accettabili da tutti.
La strada da percorrere per dimostrare l' infondatezza del giudizio di cui sopra è piuttosto facile e breve. Basta fare 10 passi.
<CENTER>1 passo</CENTER>
Innanzitutto l' evasore non puo' essere equiparato allo statale fannullone: il secondo non rispetta un contratto, il primo non intende stipularlo.
La seconda opzione è legittima, la prima no. Lo capiscono tutti (tranne Sinibaldi).
<CENTER>2 passo</CENTER>
L' evasore difende la sua proprietà da un attacco fondato sulla violenza fisica. E' forse questo il comportamento tipico del ladro? Ovviamente no (assomiglia di più al comportamento di chi si difende da un ladro).
Anche qui non dovrebbero esserci obiezioni.
<CENTER>3 passo</CENTER>
Qualcuno sostiene che l' evasore sia uno "scroccone" poichè usa, per esempio, una scuola (o una strada) che non contribuisce a finanziare con le tasse.
Ci sono almeno due motivazioni oggettive per cui anche questa affermazione è infondata.
Prima di tutto ricordo che lo scroccone è colui che sfrutta opportunisticamente qualcosa che appartiene a qualcun altro.
Ma la "strada pubblica" non appartiene a nessuno!
Per capirlo bisogna fare una premessa. Cos' è una strada pubblica? E' una strada la cui costruzione è finanziata dalle tasse.
Ora, che le tasse siano un' estorsione è abbastanza evidente e pacificamente ammesso.
Basta pensare di cosa stiamo parlando: un tale si presenta armato da Tizio proponendogli il cosiddetto "contratto di Corleone" (o patto fiscale).
Il "contratto di Corleone" ha questa struttura: se Tizio ci sta, bene; se non ci sta, viene dato corso alle minacce e alle violenze del caso finchè tizio cede e, quello che si presentava fittiziamente come un contratto, si trasforma in cio' che è in realtà: una pura e semplice coercizione.
Chiamiamo pure "ladro" l' estorsore (anche se tecnicamente non sono la stessa cosa: in genere l' estorsione viene ritenuta un aggravante del furto) e chiediamoci quanto segue.
Se il ladro successivamente acquista qualcosa scambiandola con la sua refurtiva diventa forse un legittimo proprietario di cio' che ha acquistato? No, ovvio.
Una conseguenza è la seguente: sottrarre ad un ladro la refurtiva o cio' che ha acquistato con la sua refurtiva non è mai un furto (es. il sequestro dei beni ad un mafioso acclarato è forse un furto?).
Anche questo lo capisce chiunque.
E anche in questo caso giungiamo alla conclusione di prima: l' evasore non è mai un ladro. La cosa è tecnicamente impossibile.
<CENTER>4 passo</CENTER>
Qualcuno ha obiettato che i beni "consumati" dall' evasore siano sottratti al patrimonio destinato a risarcire coloro che hanno subito l' estorsione fiscale.
L' argomento avrebbe una qualche plausibilità, ma solo nel caso in cui una simile procedura di risarcimento fosse avviata.
La prima risposta quindi è semplice: una simile procedura non è mai cominciata, non è alle viste e, direi di più, è impossibile.
E' un po' come per il fallimento. Le azioni revocatorie sono legittime solo all' interno della procedura fallimentare.
Nell' impossibilità di risarcire, la refurtiva viene considerata "bene di nessuno", un po' come l' oggetto smarrito di cui sia impossibile ritrovare il proprietario.
Di conseguenza, il problema non si pone.
Una seconda risposta (a questo punto pleonastica)verrà esplicitata indirettamente ai punti 6 e 7. Vedremo come uno dei massimi danneggiati da risarcire potrebbe essere proprio l' evasore.
<CENTER>5 passo</CENTER>
Non prendo nemmeno in considerazione chi sostiene che noi siamo legati da un accordo che si sostanzia nella Costituzione.
Certo, se fosse davvero così le cose cambierebbero.
Ma questo accordo non esiste nella realtà.
Tutti lo vedono, anche coloro che lo rivendicano (infatti, quando parlano con rigore, devono dire "facciamo finta che tutti gli italiani abbiano stipulato..." [contrattualismo]).
Mi sembra che si possa procedere oltre e non perdere tempo.
<CENTER>6 passo</CENTER>
Veniamo ora a qualcosa di un pochino più sofisticato (lasciamo le scuole elementari ed entriamo in prima media).
Teniamo a mente l' accusa che l' ingenuo rivolge all' evasore che utilizza una strada pubblica: "scroccone"!
In questi casi bisogna osservare come all' evasore venga "imposto" un determinato servizio attraverso la privazione delle alternative. E' il fenomeno che gli economisti chiamano "spiazzamento".
Es. la scuola pubblica "spiazza" le private, come dicono gli studiosi. Se non ci fosse il pubblico ci sarebbe il privato. Ma siccome c' è la concorrenza sleale del pubblico, il privato sparisce limitandosi a tappare i buchi del colabrodo.
Se non ci fosse la strada pubblica ci sarebbe quella privata. Ma questa strada, in presenza di quella pubblica, non c' è perchè ha subito uno "spiazzamento" di natura violenta da parte di un operatore (stato) che, avvalendosi dello strumento estorsivo (tasse+regole) fa concorrenza sleale (ovvero violenta).
L' evasore prende quel che c' è, visto che le alternative che gli spetterebbero hanno subito un' aggressione violenta e non possono venire alla luce.
Direi che la definizione di scroccone è ben diversa.
<CENTER>7 passo</CENTER>
Non è finita qui. Consideriamo un danno ulteriore che potrebbe subire l' evasore.
Se l' evasore fosse stato (controfattuale) il padrone delle strade "spiazzate", oltre al danno subirebbe una beffa.
In un mondo non-violento sarebbe probabilmente stato miliardario, ma cio' gli viene impedito con un aggressione.
Dopo tutte queste tegole che gli sono piovute in testa suona ancora più grottesco definirlo uno "scroccone".
<CENTER>8 passo</CENTER>
Il bello è che la direzione dello "spiazzamento" non è prevedibile!
Magari le risorse sequestrate per la costruzione della strada sarebbero state spese per vedere all' opera la band dove suona Matteo.
Il miliardario sarebbe stato Matteo. Oltre a sottrargli manu militari i suoi miliardi e la sua fama, con che coraggio lo accuserei di circolare a scrocco sulla strada che ho costruito a sue spese?
<CENTER>9 passo</CENTER>
Facciamo un esempio ancora più semplice.
Matteo se ne sta nel suo salottino a vedere la TV.
Un tale fa irruzione e con la pistola costringe il nostro bel mantovano ad uscire di casa e a montare su una barca.
Una volta in mezzo al Mincio Matteo prende a lamentarsi. Quello gli fa: "se non ti sta bene puoi sempre tuffarti e tornartene a casa".
Matteo, che non sa nuotare, pretende di essere ricondotto a riva con la barca. Quello lo accontenta non senza brontolare e accusandolo animosamente di "scroccare" un passaggio a ufo.
Vista la situazione l' accusa suona decisamente assurda!
Il buon Matteo voleva semplicemente un' altra cosa (starsene a vedere la TV), lui gli ha imposto con la forza la sua volontà e poi, per il solo fatto che Matteo sfrutta la barca con cui è stato sequestrato, si prende dello scroccone!?
Eppure questa accusa assurda assomiglia molto a quella che molti fanno all' evasore!
<CENTER>10 passo</CENTER>
Ciascuno consideri il caso tipico della Mafia classicamente intesa.
Se l' evasore è un ladro allora lo è anche chi si sottrae al pizzo.
Ricordo sommessamente che i servizi di protezione offerti della mafia sono brutali ma efficientissimi (nemmeno paragonabili a quelli statali).
Se uno scippatore disturba la sera un quartiere "protetto", te lo ritrovi appeso al lampione la mattina dopo.
Ma chi evade il pizzo in un quartiere "protetto" è uno scroccone?
No di certo.
Eppure a questa conclusione un po' comica giunge chi si intestardisce ad equiparare l' evasore al ladro.
<CENTER>1 precisazione</CENTER>
Attenzione, con ciò non ho dimostrato che l' evasore NON sia uno scroccone. Ho dimostrato che non si può dimostrare che lo sia.
In altre parole, ho dimostrato che il giudizio: "l' evasore è uno scroccone" è infondato.
Potrei anche pescare a caso nell' elenco del telefono e dire che Tizio è un ladro. Certo, posso dirlo, puo' darsi anche che abbia ragione. Ma non posso dimostrarlo.
Anche nel caso di Matteo, Mr.X potrebbe asserire che Matteo, in realtà, voleva proprio farsi un giro in barca.
Io non sono in grado di dimostrare il contrario. Posso solo dire che quanto Mr. X afferma non è dimostrabile visto che Matteo non hai mai espresso quella volontà.
<CENTER>1 soluzione</CENTER>
Fortunatamente il problema degli scrocconi puo' essere risolto in modo brillante. In questi casi come questo, infatti, esiste la "soluzione perfetta".
Per essere sicuri che non esistano scrocconi basta evitare di imporre alcunchè a chicchessia.
<CENTER>1 corollario</CENTER>
Con premesse logiche accettabili da tutti ho cercato di dimostratre che "evadere" non sia di per sè una defezione etica. Cio' non toglie che la via dell' evasione sia la più conveniente nella lotta contro le tasse. Anzi, personalmente penso proprio che sia un vicolo cieco, ma questo è un altro discorso.
<CENTER>epilogo</CENTER>
Che l' evasore non fosse un ladro, in fondo, lo sapevamo tutti e questa passeggiata di 10 passi era abbastanza prevedibile.
In alternativa ci sono altre passeggiate interessanti. per esempio quella che ci spiega se "il pagatore di tasse" sia un "connivente".
Ne propongo un' altra più avventurosa. Anch' essa si compone di 10 passi.
Questa volta però il panorama è mozzafiato.
Sarà possibile vedere (non dimostrare) l' evasore come un "pubblico eroe".
Alla prossima.
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Dopo qualche mese sono venuto a conoscenza di una buona risposta al quesito originario di questo thread.
Devo molto a Bertrand de Jouvenel (Sorbona, Oxford, Cambridge, Yale, Chicago, Berkeley) e al suo libro "Il Potere. Storia della sua crescita." (Sugarco).
Lui la risposta l' aveva già formulata negli anni 70 dopo una lunga maturazione partita dalla guerra che lo segnò molto.
Per Potere intende quella forza coercitiva in grado di ottenere la sottomissione (schiavitù) del prossimo anche solo con la minaccia.
BdJ nota e descrive come nel corso della storia il Potere sia sempre più cresciuto. Le guerre dell' ultimo secolo hanno mobilitato e richiesto l' obbedienza di una moltitudine impensabile solo qualche secolo prima.
Però c' è un' altro insegnamento che viene dalla storia: per trarre i migliori frutti da una persona sottomessa, specie sul lungo periodo, è necessario che venga "trattato bene", è necessario concedere a costui dei privilegi.
Il Potere ha imparato e impara sempre più questa lezione.
La risultante di queste due forze si riassume in una formula storicistica di questo tipo: nella storia la condizione di schiavutù è andata estendendosi, così come sempre più estesa è stata la consapevolezza di quanto convenga rispettare lo schiavo assicurandogli un trattamento sempre migliore.
Certo le concessioni che fa il Potere riservandosi il diritto di revocarle quando desidera (cosiddetta libertà repubblicana) sono certamente un bene prezioso, ma sono ancora libertà?
Una volta la libertà era un "fatto", aveva natura aristocratica, era il dominio che il Potere non era ancora riuscito ad invadere.
Oggi le barriere sono travolte, il Sovrano straborda e la libertà ha assunto una dimensione artificiale: è cio' che il Potere onnipresente ci concede graziosamente dall' alto finchè non ci ripensa.
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Amare la povertà puo' essere cosa degna. Anche se ho delle riserve.
Ma quando questo sentimento si presenta scortato da quello dell' invidia, allora cominciano i guai.
E qui, sotto gli slogan datati, trapela molta invidia verso il ricco.
Secondo me si tratta solo di muffi socialismi (l' incartapecorito Manifesto potrebbe accoglierli) che sconfitti dalla storia tentano altri travestimenti pur provare ancora una volta l' ebbrezza di stare "dalla parte del torto".
Con cio' non voglio certo dire che non rappresentino una minaccia e vadano tenuti sotto controllo con qualche sculaccione all' occorrenza.
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In una Scuola che dovrebbe coltivare lo spirito critico, che è innanzitutto spirito critico nei confronti della legge, piomba come un macigno L' ORA DELLA LEGALITA'.
Neanche nell' irregimentata Francia napoleonica o nella militarizzata Prussia Bismarkiana avrebbero potuto inventarsi qualcosa del genere.
Il prossimo passo probabilmente sarà una bella raccolta di firme tra il corpo docente, simile a quelle di triste memoria, tanto per meglio identificare i dissidenti.
Certo che se indottrini per bene la capoccina di chi è ancora acerbo puoi limitare i tuoi sforzi per convincerla quando sarà più matura.
La logica del Potere non cambia nei secoli.
Mi sembra proprio la via peggiore per dar fastidio alle mafie, visto che il pretesto sembra quello.
Anzi, questi campioni riescono persino nell' ardua impresa di rendercele più simpatiche.
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Capitalismo e Lobby
Ascoltando quanto si dice nel forum c' è sempre qualcuno che postula un nesso tra l' ideologia capitalistica e il fenomeno delle Lobby.
Una cosa del genere si puo' fare solo ignorando la nozione di CAPITALISMO.
In una società capitalistica lo Stato è privo di gran parte dei poteri che oggi noi siamo abituati ad attribuirgli. L' azione dei "privati" è preponderante in tutti settori.
Lo Stato si limita a vegliare sull' osservanza delle poche regole che reggono la società capitalistica. Dovrà trattarsi unicamente di regole tese a tutelare proprietà privata e libero contratto.
Uno Stato così congeniato non è in grado di "elargire favori" per il semplice fatto che non ne ha i poteri.
Ma le Lobby, per definizione, sono proprio organizzazioni costituite per richiedere favori allo Stato. Cosa mai potranno chiedere ad uno Stato intrappolato da una Costituzione Capitalista?
***
Esempio 1: la "Lobby dell' Auto" chiede una legge sulla rottamazione.
Ma uno Stato capitalistico non potrà mai elargirla visto che cio' significherebbe dare a qualcuno (contributi) prendendo necessariamente a qualcun altro. Il che è contrario al principio della proprietà privata e quindi ad una Costituzione Capitalista.
Esempio 2: la "Lobby sindacale" chiede una legge che imponga le ferie pagate.
Ma uno stato capitalistico non potrà mai elargirla visto che cio' violerebbe la libertà di contrattazione. Uno dei caposaldi della Costituzione Capitalista.
Come è facile vedere uno Stato Capitalista è destinato a frustrare qualsiasi Lobby.
La conseguenza logica è che, chi abbia come priorità la guerra alle Lobbies, debba spingere verso uno Stato Capitalista.
***
Il ragionamento è piuttosto semplice. Ma perchè allora si producono così facilmente gli svarioni da cui siamo partiti?
Alcuni motivi ci sono e provo a spiegarne uno.
Chi difende i principi della società Capitalista?
Risposta corretta: chi professa l' ideologia capitalista e fa militanza in questo senso.
Eppure questa risposta spesso viene mancata. In molti, con un istinto inconsulto, pensano che a difendere il Capitalismo siano i Capitalisti.
E perchè mai?
Costoro, poi, osservano ancora che i "capitalisti" hanno anch' essi la tendenza a organizzare potenti lobbies e concludono abbinando Capitalismo e Lobby.
Ma questa conclusione è fallace poichè discende da una premessa stravagante.
***
Dirò di più: non solo è logicamente errato pensare che i capitalisti potenti professino per definizione l' ideologia capitalista, spesso esistono buone ragioni perchè sia vero il contrario.
Una società Capitalista è dinamica, contano molto i talenti, lo sforzo prodotto e la fortuna. Insomma, è la società del rischio e quindi anche la società dove è più facile perdere i propri capitali. Ma grossi capitali puo' perderli solo chi li ha.
Il capitalista è il detentore di una grossa fortuna. Il suo massimo desiderio è che il mondo si blocchi per sempre così com' è ora, che non accada più niente e lui possa godersi la sua fortuna senza che sia messa ulteriormente a repentaglio.
Come si vede il mondo ideale del capitalista affermato non è certo un mondo capitalistico.
In quest' ultimo la roulette continua a girare, l' aggiornamento delle conoscenze deve essere costante e lo sforzo prodotto sempre intenso. Anche le preghiere perchè il fato non sia avverso sono incessanti.
Potremmo metterla così: il mondo capitatalistico fa emergere il capitalista che, una volta al vertice, ha tutta la CONVENIENZA a rinnegare gran parte di quei principi.
Ecco allora che il capitalista si rivolge allo Stato affinchè fermi in qualche modo il rischioso, vorticoso ed impegnativo "gioco del capitalismo". Chiederà cioè dei favori, magari facendoli passare per una pulsione filantropica.
Per farlo lavorerà sodo affinchè lo Stato dismetta la sua Costituzione Capitalista e diventi uno Stato con poteri più estesi, vale a dire uno stato in grado di concedere quei favori che lui ora ingiunge.
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Cosa cerca di inquadrare la categoria dell' anti-americanismo?
Non certo l' attitudine a criticare le politiche americane.
Esercizio in sè senz' altro legittimo ma che deve considerarsi solo un effetto del sentimento anti americano, e non certo una sua esclusiva specifica.
L' antiamericanismo è una critica sistematica alla mentalità tradizionale americana e ai suoi valori e quindi anche ai comportamenti di questo popolo.
Da notare che la "mentalità" americana a ben poco a che spartire con la mentalità "imperialista".
Gli USA erano una colonia, nascono per liberarsi dalle maglie di un impero, hanno combattuto una guerra di Secessione, hanno regalato alla filosofia politica il più rigoroso e sistematico pensiero isolazionista in tema di politica estera.
Tutto questo ha delle conseguenze sul comune sentire.
Cio' non toglie che, nel corso della loro storia, abbiano realizzato anche politiche "imperialiste".
Ma questo è da imputare sopratutto al dislivello di forze in campo che conduce inevitabilmente a quel genere di tentazioni.
E' dovuto al fatto di aver dovuto combattere una guerra fredda nucleare, in cui chi spara per primo vince e dove contano moltissimo le "aree di influenza".
E' dovuto al fatto di dover combattere una guerra asimmetrica, in cui il nemico deve essere scovato prima ancora che affrontato.
Le politiche "imperialiste", che non sono certo mancate, sono sempre state vissute come strategie politiche e non come un istinto naturale di conquista.
Quando poi penso che questa accusa viene perlopiù dall' Europa, verrebbe da esclamare "da che pulpito"!
No, l' avversione antiamericana non coincide con il ripudio delle politiche "imperialiste", per il semplice fatto che il sentimento dell' America profonda non possiede i connotati del sentimento imperialista.
***
A mio parere l' antiamericanismo non è altro che una variante di cio' che in Europa conosciamo molto bene, purtroppo.
Non è altro che l' ennesima reincarnazione sotto mentite spoglie dell' "odio contro il borghese".
Questo odio si è presentato in veste di acuta passione nel XIX secolo (dal "parvenu" di Balzac, al "povero diavolo" di Stendhal, fino al "filisteo" di Marx) e in forma di ideologia nel XX (Comunismo, Fascismo, Nazismo).
Sia la destra reazionaria che la sinistra socialista hanno fatto ampio uso di questo capro espiatorio per giustificare tutte le disgrazie del mondo.
Il "borghese" (oggi forse diremmo "la multinazionale"), incarna il capitalismo e l' individualismo foriero di diseguaglianze, di consumismo, di invidia e disgregazione sociale e di tutto cio' che odiano di più destra, sinistra e certo cattolicesimo pauperista e sentimentalista.
Odiato a destra perchè causa prima della distruzione del solido ancien regime e delle aristocrazie tradizionali. Odiato a sinistra perchè portatore di diseguaglianze profonde.
Il danaro che maneggia il "Borghese" attira contro di lui i pregiudizi degli aristocratici, la gelosia dei poveri e il disprezzo degli intellettuali frustrati.
Questi ultimi lo accusano di aver cavalcato le rivoluzioni per istituire un "mercato" e non certo una "cittadinanza".
Sono convincenti le analisi storiche che equibarano, nell' Europa del secolo scorso, la figura del "Borghese" a quella dell' "Ebreo".
Entrambi, affrancati dal denaro, metterebbero a repentaglio l' unità del clan.
Il "Borghese" vive poi in antitesi con l' artista. E' meschino, brutto, laido, laborioso, modesto, anti-estetico, volgare...E' esecrato dall' artista rivoluzionario (Stendhal, Heine...) ma anche da quello conservatore (Flaubert, Holderlin...).
I guai maturano quando è lui che comincia ad odiare se stesso.
Spesso è infelice e si dedica a studiare sterilmente la propria infelicità.
Non di rado finisce per offrire lo spettacolo sconsolante e ridicolo di chi sputa nel piatto in cui mangia.
Una volta raggiunta questa drammatica autocoscienza, è inevitabile che si indebolisca parecchio anche la sua proverbiale spinta sociale propulsiva.
Per paura di tanto odio, nella storia post rivoluzionaria, ha spesso cercato rifugio presso Protettori/Sfruttatori poco raccomandabili. Quasi sempre queste alleanze si sono rivelate nefaste.
***
Ebbene, come dicono gli storici, l' America è un grande paese che non ha avuto una "classe borghese", bensì un "popolo borghese". <a href="http://www.libreriauniversitaria.it/BIT/8842492892/Perche_negli_Stati_Uniti_non_c_e_il_socialismo_.htm" target=_blank>Un Paese, cioè, dove non c' è socialismo</a>.
Per questo motivo non ha sviluppato la psicologia di cui parlavo sopra che rimane prevalentemente tipica dell' Europa continentale.
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Anche se il "borghese" è definito dall' economico, possiede in realtà valori universali: innanzitutto l' individualismo.
La mia idea è che possa definirsi "antiamericano" solo chi avversa nel profondo questo valore.
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I programmi sono validi o non sono validi?
Ma è davvero rilevante?
Se mi obbligano a fare qualcosa contro la mia volontà, mi rassegno un po' brontolando.
Ma è quando mi costringono a fare qualcosa che avrei fatto ugualmente che mi incazzo davvero!
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Liberalizzare significa deregolamentare.
Deregolamentare significa desindacalizzare.
Ogni vera liberalizzazione colpisce un sindacato.
La deregulation di Reagan ha colpito duro a catena tutti i sindacati, a partire da quello dei controllori di volo.
La deregulation della Thatcher stese il sindacato dei minatori e, con effetto domino, molti altri.
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Si colpisce il "sindacato" dei benzinai quando si consente anche agli ipermercati di vendere la benzina.
Si colpisce il "sindacato" delle banche quando si richiedono meno vincoli per la costituzione di una banca.
Si colpisce il "sindacato" dei lavoratori dipendenti quando si liberalizza il licenziamento.
Una liberalizzazione è tanto più efficace quanto più è potente e conta il sindacato colpito.
"Colpire il sindacato" non è certo un atto violento. Significa solo equipararlo ad una libera associazione qualsiasi togliendo ad esso ogni privilegio.
Mi sembra che da noi in Europa la strada sia ancora molto lunga e, probabilmente, non verrà mai percorsa per intero. Questo anche perchè molti sindacati godono niente meno che di una tutela costituzionale.
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Tiè tiè tiè - cicca cicca - chi lo dice sa di esserlo - non mi hai fatto noente faccia di serpente - non mi hai fatto male faccia di maiale - specchio riflesso - chi lo dice è cento volte più di me - tanto poi glielo dico a mio papà e te vedi che fine che fai...grassone cicciobombo - ciapa su e porta a caa - pippirimerlo -
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MANGIAFUOCO. Non si puo' affermare che questo distretto forumistico svetti per acume e sagacia, lasciatelo dire a chi puo' giudicare dopo aver condotto sul tema studi matti e disperatissimi.
Popolato da attempati e oziosi figuri, i tonfi verso il basso sono clamorosi, le volgarità non mancano, l' osceno è all' ordine del giorno. Non parliamo del ridicolo: in vita mia ne ho mangiato di fuoco, eppure qua dentro qualcuno ancora riesce ad arrossarmi le tonsille con la ridarella che suscita.
Eppure una gradazione del male è sempre possibile, degli ordinati gironi infernali si possono ancora istituire.
Particolari setacci mi consentono di isolare piantagioni incontaminate di gramigna, distese di loglio preservate anche dal singolo chicco di grano. Con rari additivi faccio venire a galla il "peggio del peggio" come fosse una mefitica schiuma industriale. Alcune icastiche battute concentrano in sè tutti i bubboni più venefici che altrove ci sarebbe dato di incontrare solo in ordine sparso. Di questa roba si potrebbe fare un fior da fiore, naturalmente si tratterebbe di "fiori del male".
Dopo regolare votazione la palma, e chi ne avrebbe dubitato, spetta alla nostra beniamina...ma certo è lei, la mitica...omissis..., che molti già conoscono nei panni della "sublime inconsapevole"! Topolona ben pasciuta, quando meno te l' aspetti guizza con genialità inattesa tra gli svincoli di questo dedalo sotterraneo che sono le fogne di fahrenheit, puoi sentire ancora lo scalpiccio delle sue unghiette su quei cementi in secca temporanea e dove presto scorrerà di nuovo il solito liquame.
MA SENTITELA mentre con perole ormai cieche replica all' impertinente di turno:
"La mia coscienza è candida, troppo. Pago le tasse e non rubo, rispetto gli altri e faccio la raccolta differenziata, amo gli animali e non sopporto gli esperimenti su di loro. Vuoi che continui? Vivo in una citta che ancora è vivibile, nonostante qualche problema. Mi aggiorno e mi informo. Cerco di evitare chi mi mette il prosciutto sugli occhi e incredibile , non sono comunista!! Ecco, l'ho detto." ...omissis... ore 8.42 del 23/03/07.
Ora che ve la siete goduta, chiedo agli animali del mio serraglio una reazione istintiva al proiettile d' argento sparato senza preavviso quella gloriosa mattina.
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DODO. Lasciatemela risentire ancora la tenera eco. E' dolce ogni sera anticipare il sonno con una rilettura di questo paragrafetto recuperato come una pepita nello sterco dei "vaffanculo" forumistici. Lo recito ad alta voce per sgravarla come si deve da tutta la melmosa corporeità che la contiene. E' un' orazione laica che vale la corona del rosario. Sei unica cara, resta con noi stasera e avremo la pace, non andartene, resta con noi. Lasciati infilzare sul dorso dall' innocente spillone che ti fisserà nella bacheca custodendoti al riparo nei secoli. Adesso, che cali il silenzio e ognuno rilegga per conto suo. Chi vuole puo' anche dondolare la capoccia per darsi un ritmo ieratico.
MANGIAFUOCO. E' sempre bello sentire la nostra musichetta favorita, però questa volta vorrei cambiare solfa perchè, cari animali del forum, ho una bellissima novità da comunicarvi. Ascoltate un po' la telefonata che ho ricevuto giusto stanotte: "Amici, la vostra partecipazione al "Ma sentitela!" è stata commovente. Ho trovato che la cosa non poteva finire nel nulla, doveva essere valorizzata in qualche modo. E' con immenso piacere quindi che vi annuncio cosa bolle in pentola. Probabilmente sarà possibile mettere insieme un opuscolo o qualcosa del genere che raccolga tutti i testi migliori, la pubblicazione così assiemata uscirebbe con il titolo di, neanche a dirlo, "Ma sentitela!" nella gran parte delle edicole italiane in allegato alla rivista "Animali Rispettati" (Edizioni Panda). Un bel colpo nevvero? E allora alè, dateci dentro, voglio nuovi e creativi contributi, voglio che altri animali partecipino al "Ma sentitela!", vi prego, so che potete farlo: costringetemi all' imbarazzo della scelta".
ibis. Ascoltarla mi manda nei matti. Giù al juke box del bar è la più gettonata. Ma va forte anche l' altro rintronato, come si chiama...quel Bobby. Minchia, quello va fortissimo, è un numero ogni volta che apre bocca... Ancora oggi mi sento mancare se ci penso, l' abbiamo scampata bella, vi rendete conto di cosa avremmo perso...immaginatevi solo per un attimo orbati della risata che puntualmente fa frizzare anche nel cervello più pensieroso. Fiuu se ci penso. Nasceva anche solo un anno dopo e sarebbe stato un aborto terapeutico. E adesso, prima del prossimo intervento, a voi il siparietto dei bolliti.
Ocellotto. Ma sentitela di bel nuovo! Sembra una macchinetta in cui l' imprinting di qualche sciatto slogan regola gli ingranaggi e dirige le molle. Convinzioni del genere, senza ossigeno, senza spiragli, maturano sempre e solo in un cerebro conservato nel più dovizioso ermetismo che solo i laboratori più crudeli possono garantire. Che questo accada oggi in una landa e in un tempo civile, va denunciato ad alta voce. Dobbiamo denunciarlo tutti in coro, è un dovere sociale! Dobbiamo dirlo subito ad alta voce: il nostro proclama si farà monumento, anzi, si farà Castello, un Castello dai larghi bastioni. E fa niente se il Castello avrà ai suoi piedi un fossato dall' acqua inacidita con le deiezioni delle pantegane forumistiche dalla rogna più spessa.
Pernice. Sentitela ancora una volta e poi ditemi se una così la Wanna Marchi non se la sarebbe scorticata con quattro telefonatine, pelle viva compresa. Amica mia dal candore in stile Ace, quando alla tua porta busseranno gli uomini mandati per un controllo Enel, non tentare di pensare, non mettere in moto una batteria scarica e già smaltita da secoli in qualche discarica abusiva, non cercare un motorino d' avviamento che non è mai esistito visto che non ti sei mai avviata. Invece spingi, spingi, spingi veloce la tua carrozzella arrugginita verso il Beghelli e pigia, pigia, pigia più forte che puoi.
Tordo. Ma sentitela!! Ma questo è l' alef di tutto il forum. Spegnete i computer, piallate i server rai, resettate le memorie, azzerate le RAM e le ROM. Non ci serve più niente di niente, sparite dal mio orizzonte. Lasciatemi sola con il mio testo sacro. Abbiamo qui l' alef che tutto contiene, che tutto riproduce, un alef morfologicamente proporzionatissimo. Tutti i caciaroni dibattiti forumistici si agitano e si aesauriscono pacificandosi là dentro. Migliaia e migliaia di ingombranti ore del palisesto radiofonico sono agevolmente compattate nell' aurea formula. Perchè disperdere la nostra attenzione sugli altri fenomeni naturali?. Là dentro ci stiamo tutti, ma proprio tutti, non manca nessuno. Intendo nessuno di coloro che viaggiano spediti verso l' inferno ostentando il loro ebete sorriso.
Liocorno. I massimi teologi in convegno a Salamanca sembra abbiano decretato le caratteristiche dell' Anticristo che verrà: la sua personalità sarà stantia, bolsa, radicata in convinzioni da quattro soldi, a buon mercato, buttate lì e tenute su con lo sputo, pensate di sfuggita tanto per sistemare la faccenda una volta per tutte. L' anticristo ci tenterà con la sua superficialità svalutata, con la sua moneta falsa, ci salderà con la moneta che accettano solo i pigri, ci parlerà con la voce sgraziata con cui si possono solo ripetere le parole dei pigri, ci ingabbierà nel torpore del suo convenzionalismo d' accatto. Insomma, vade retro riri!
Locusta. Sì, io l' ho sentita ancora una volta. In effetti all' inizio uno si chiede se sferrare l' ennesima randellata, se sporcare gli attrezzi con del materiale umano, che poi bisogna star lì anche a pulire tutto sprecando un mucchio di tempo. E non sto qui a racontarti i rimorsi di coscienza. Forse è per questo che il nostro burattinaio ci invita costantemente a risentire e rileggere. Sì perchè, una volta riletto e riascoltato, non hai più nessun dubbio. Sei certo di trovarti di fronte a qualcosa di talmente sbiadito, talmente scialbo, talmente ignaro che non puo' che essere anche insensibile a tutto. E allora non hai più scuse, ti convinci e cumuli anche tu il tuo fendente.
Ippocampo. Prima soffrivo di rigidezze, ma ora mi è passato. Ascoltarti mi rilassa, mi fa bene, più bene delle fave di fuca. La tue sono fanfaluche leggiadre, sembri una comparsa dapontina, mi pari uscita tutta saltellante da un "così fan tutte" (sottotitolo: "e quindi che colpa ne ho io"). Canti la tua aria senza tante arie: ci ci ci...ri ri ri...fri fri fri. Questa nuvola di frivolezze scipite ha una sua musicalità, un suo ritmo, un suo swing non c' è che dire, mi fa battere lo zoccoletto, è un' ottusità molleggiata. E così mi chiedo e chiedo a te che sei l' esperta, quando ti butterò in discarica, dovrò riciciclarti con i materiali gommosi o con la semplice fuffa?
FAUNO Ma sentitela come freme d' inquietudine la capretta appena non percepisce più il calore dell' armento. Vieni, vieni capretta, vieni accosta alla foresta nera, fai ascoltare ancora il tuo belato sconnesso e perduto. E' una musica a cui ogni Satiro si bea, e con ragione. Sei sola con il tuo candore ora, e da sola, orbata della lusinga dei belati di massa, non sai che fartene di quel peso ridicolo. Sei inerme di fronte al lupo armata solo del tuo stupido candore. Ti si legge negli occhi che lo daresti via per un fiorino. Sei solo una cieca canna sballottata da intemperie a te incomprensibili; consolati: ho un posto che ti si confà, mi serve un tono stridulo da aggiungere al mio flauto di Pan.
STROLAGA Ma sentitela! Quando la risento vengo dapprima percorsa da risolini beffardi, e vorrei proprio vedere in faccia chi resisterebbe a questo impulso che è solo indice di robusta salute psichica; ma poi mi converto e percorro altre strade, è bello adagiarsi nel manto morbido e mellifluo della stupidità umana come esce ancora intatta in certi passaggi memorabili. Ti senti circonfusa da un senso di rassicurante chiusura, fuori piove un mondo freddo ma tu ora sai che il fortino della stoltaggine è un caposaldo imprendibile. Spero un giorno Nostra Signora insegni anche a noi comuni animali a blaterare mantenendo la bocca tappata, ad ascoltare con le orecchie otturate, a riprodurci conservando l' imene...e altre prodezze del genere finora concesse solo a rarissimi cervelli campagnoli inurbati.
PAVONCELLA. Cullato da queste parole pleonastiche, sventaglio ansimante la mia frivola ruota; coccolato da queste parole invisibili, non sto più nelle piume; viziato da queste parole trasparenti, m' impigrisco fino a lasciarmi sorprendere da "sorella" inedia; irretito da tanta inconsistenza "parlata", mi concedo ai miei predatori naturali; adagiato in parole tanto concave, mi lascio avvolgere in un sudario di polvere; stregato da queste parole irradianti mortifera abulia, mi consegno al logorante riposo dei tisici. Tormentato da queste parole inafferrabili, m' interrogo nel cuore della notte con il quesito cruciale: perchè, mio dio...perchè queste parole in luogo del salubre NULLA?
PITONE. Ma sentitela! Sentite il venticello che fa. Una vanità che avrebbe paralizzato nel mutismo anche l' Ecclesiaste. Noi ti preghiamo: toglimi una volta per tutte la favella, coducimi all' agognata afasia, accompagnami verso la riposante catatonia. Sento di essere a buon punto. Ora ho solo voglia di ascoltare, voglio farlo per sempre stordito e alimentato dal soffice loto dei sintagmi che mi regali inconsapevole.
SCARABEO. Ma sentitela! Degustate al più presto l' acqua dell' oasi. Un' oasi vera in un deserto che ammassa quintalate di post analitici intercalati con tonnellate di post musicali e bemolleggianti. Finalmente l' ingenuità del lapidario, del sintetico, del diatonico. Con un semplice gesto scritturale ecco il discorso spinto fino in fondo alla sua cavità naturale. Quanti mondi ci si aprono, quante cose diventano possibili se con un gesto repente espungiamo dal reale un nugolo di fastidiose variabili.
PICIO. Sarebbe bello se fosse un sogno, sarebbe bello se quanto sopra fosse scritto con l' inchiostro simpatico. Invece perdura di fronte al mio fissare attonito. Sento che mi sopravviverà, sento che quelle parole hanno impugnato loro una gomma che mi sta già cancellando, io lettore transuente di parole eterne da cui trasuda una salvifica libidine di servilismo.
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Ric, non hai parafrasato le mie parole, le hai semplicemente stravolte.
Ora ti parafraso io: tu sei il mio committente e mi paghi per un lavoro che ho svolto a regola d'arte per tuo conto. Davide spende i soldi che mi hai dato. Io torno da te reclamando nuovamente il compenso, sostenendo che ho fatto bene il mio lavoro e mi merito il compenso che Davide ha speso al mio posto. Ora dimmi: mi riconosceresti il merito una nuova volta oppure cercheresti di spiegarmi che esiste una certa differenza tra meritarsi i soldi e saperli (poterli) spendere?
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Mario, sei andato molto oltre la mia lettera e arrivi a parlare di "tassazione".
Se volessi seguirti ti consiglierei di non formarti idee in merito sulla base della cronaca. La pratica della tassazione si è diffusa nel corso della modernità, ovvero, guardacaso, nel periodo storico che ha fatto le fortune di US.
Cio' che prima veniva visto come un rapporto personalistico (e, nei casi limite, come una pura e semplice predazione del più forte) si è andato via via configurando come un diritto astratto su larga scala che prescinde dai rapporti personali. Una volta accettato come un diritto del governante i freni inibitori sono caduti.
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Caro Matteo, a risentirti mi viene voglia di dedicarti un paio di canzoni immortali, una di Sinistra (Volonteers Get The Revolution) e l' altra di Destra (The Sad Skinheads).
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Lui potrebbe parlar di tutto, potrebbe scrivere anche di cose irrilevanti anzi, irritanti, eppure continuerebbe a scrivere "il libro che fa per voi". "Per voi", bè, adesso non esageriamo. "Per me" sì però, di sicuro. Prendiamo le sue proverbiali tensioni morali, ebbene, sono trapuntate da inesausti e continui guizzi di umorismo legati alle micro-tragedie della vita quotidiana. Quando le prime stufano, e a me stufano quasi subito, arrivano immantinente i secondi, manco fossero il settimo cavalleggeri, manco il lettore fosse tutto cablato con sensori neuronali che rivelano solleciti i cali di attenzione. Quando i secondi stuccano, sopraggiunge con tempismo l' agile ponzosità delle prime. Se questa alternanza desse solo l' aria di ripetersi, il Maestro s' inventa dal nulla un terzo ingrediente facendo subito diventare oro qualsiasi cosa tocchi il suo pennino. Per carità, lungi da me negare che alcuni inconvenienti arrivino a turbare un simile panorama idilliaco, per esempio: ad ogni finale ottocentesco si addice il crescendo, per ottenerlo è d' uopo non rompere il climax: ecco che allora anche i sapienti equilibri del Maestro devono cedere alle esigenze del Canone. Fa niente, Tolstoj è talmente ricco che si puo' rimanere appagati da un suo libro anche espungendo un finale crucialissimo che sarebbe il punto di forza per chiunque altro. E ve lo giura chi si giudica soddisfatto avendo letto il suo libro sulle carceri zariste eliminando la parte ambientata nelle carceri zariste, oltre che tutte le pagine in cui si parla di carceri zariste! Per questo che è lui il più grande. Nel suo secolo, con Flaubert, è il più grande. Non c' è nulla di lui che condivido, il suo disgusto per la modernità e i suoi infantili pacifismi renderebbero insopportabile qualsiasi adulto che osasse professarli con la sua iattanza. Eppure... Il Vangelo russificato come esce dalla sua rielaborazione contorta, avvelenato e indigesto come viene servito in cucine che sfornano a tutto spiano solo cibi sciapi, mi appare ampiamente travisato. Eppure... Le sue indignazioni, i suoi disgusti, le sue vergogne annoiano presto e si rivelano solo come il tipico furore conformista del sedicente "puro" ferito a morte dalla realtà, di chi si vede vittima in croce e non riesce a tirare avanti se non pensandosi in quel modo. Eppure... La passione per la filosofia ammorba non poche pagine della sua opera, piegandola spesso al didascalico resoconto di tiritere mediocri e di idee impiegatizie tipiche del pensatore di risulta. Eppure... La totalizzante interiorità indicata ripetutamente come unico valore ha la presa di certa reclame raffazzonata quando è in heavy rotation da sei mesi su tutte le più scalcagnate TV private. Eppure... La letteratura che veicola conoscenze e disvela realtà all' intelletto? Ma stando ai messaggi espliciti recapitati dal patriarca mi sento profondamente offeso pur nella mia medietà e nella mia intelligenza qualunque. Eppure... Eppure, se penso al suo rigo carnoso da cui cola muco, saliva e sangue; se penso al suo modo di far sorridere gli occhi di una comparsa, detrito che la Storia subito abbandonerà sull' argine; se penso alle sue ingiurie, di una ricercatezza addirittura strana; se penso ai suoi silenzi popolari, sempre decorati con colpi di tosse, soffiate di naso, pianti di moccioso; se penso alla gogna in cui incastra il suo nemico ideologico, illustrandone le tare che sono poi le naturali storture del Legno Umano cantate con voce stentorea; se penso a tutto questo, allora mi riconcilio in tempo reale e alzo convinto il mio peana di lettore convertito. *** N.B. post incompiuto (ndr) ************************************** ********************************************** ************************************************* ************************************************** ************************************************** ***************************************************** *************************************************************** Il Nostro Povero Individualismo C' è stato un tempo in cui ci avevano creduto in molti. Schiere di puntigliosi letterati spalleggiavano il lavoro di accaniti filosofi. Con il coraggio e la precisione dei dinamitardi si erano messi tutti quanti in testa di smontare quella maledetta costruzione psichica che è l' "io", causa prima di tanti mali. Specie del mal di testa. Una fosca ombra, 'sto monosillabo, che non ci molla un attimo, neanche quando andiamo al gabinetto. Un fardello che ingrassa inutilmente pesando su ogni nostro movimento con tutto lo zainetto di responsabilità che ci infila a tradimento sulle nostre innocenti spalle. *** Era una strategia geniale, non c' è che dire: se soffro, perchè eliminare la sofferenza quando posso eliminare l' "io"? Perchè non tentare l' incruento colpo di stato grammaticale? Per carità, non mancarono i soliti paludati ammonimenti moralistici dei ben noti grilli parlanti, i quali, insensibili alle feroci emicranie che la valle di lacrime ci riserva, osarono obiettare contro la cura proposta del taglio della testa. Ma perchè preoccuparsi per simili mugolii? Bastarono quattro martellate sul muro ben distribuite per liberarsi dei loro predicozzi stantii. Tanto poi si dà una mano di bianco e chi s' è visto s' è visto. *** L' artista serio era invece tutto concentrato a strapazzare il pronome in questione. A stiracchiarlo come il pongo per vedere l' effetto che fa. C' era chi voleva decostruirlo, chi voleva scioglierlo nell' acido (lisergico), chi studiava come farlo sparire dormendo tutta la vita, chi procedeva a collettivizzarlo in modo che fosse possibile riunirsi tutti sotto un unico grande "io". C' era anche chi, adottando sorprendenti strategie inflazionistiche, cercava, con generosa distribuzione, di assegnarne un centinaio a cranio. Ad un certo punto il mortale nemico sembrava proprio dovesse cedere, il nostro povero "io" atterrito appariva spacciato, appariva come roba vecchia, roba d' altri tempi, la moltitudine dei suoi nemici tendeva le avide mandibole verso quella povera carcassa. Fragile legno su mare torvo, non sapeva bene che dio pregare. L' attacco concentrico delle avanguardie letterarie era portato da più fronti e senza tentennamenti. La resa era prossima. Solo per dovere di cronaca aggiungerò che, mentre la discettazione teoretica su questi temi s' impennava per qualità, la parallela letteratura sperimentale subiva dinamiche ben diverse. *** "Il Fu Mattia Pascal" (appena letto su Radio Tre) fu una delle cannonate più poderose sparate nell' assedio descritto più sopra. Pirandello, con la gran parte della sua opera, prese parte attiva al sacco dell' Identità, e lo fece con le mostrine del Generale. Il mio parere è che prese parte anche al fallimento di quell' impresa sciagurata. Per capire come tutto quell' ambaradan sia andato a ramengo, la lettura del "Fu Mattia Pascal" è caldamente raccomandata. *** Da giovane Lettore desideroso d' intrupparmi e costantemente in cerca di Partito, pensai bene di iscrivermi nel movimento "anti-realista". Era però necessario adottare "Il Fu" come bandiera. E perchè no? dicevo. La cosa mi risultava semplice, lo si poteva fare a testa alta senza addivenire a nessun compromesso infamante. Senonchè, per quanto sia più che onorevole alzare un simile vessillo, è la bandiera stessa a presentarsi taroccata una volta che, garrendo al vento, la puoi osservare meglio dispiegata. Così distesa ha l' aria di non servire a dovere la causa anti-realista. E non sai come ci rimani male se mentre suoni la carica ti accorgi di alzare uno stendardo che assomiglia in modo imbarazzante a quello del nemico. *** Cerco di spiegare meglio quell' imbarazzo. Ogni volta che il "Fu" gira alla larga dal progettato nucleo del racconto, allora dà il meglio di sè. Noi lì abbiamo agio di ammiriare finalmente il passo felpato con cui avanza senza scopo ogni Grande Libro. Finchè il Pascal è in saldo possesso del documento anagrafico, l' Alta Letteratura ci bacia facendoci mille promesse e raccontandoci cose rare a proposito di eventi quotidiani Mamma mia, quante fragranze. Che sapori pregnanti schizzano fuori da ogni capoverso. Un rigo, una spezia. E noi assaggiamo tutto con le fiammelle negli occhi e le bollicine nel sangue. Al lettore arriva a fiotti la clorofilla che lo rinverdisce, giungono in massa quei segnali che lui attende avido da sempre, l' unica cosa che lo ripaga per il tormentoso passatempo che si è scelto. Sì perchè, quando fa breccia la risatina proprio mentre il muscolo cardiaco si contrae in una stretta, allora lo sai. Sai di respirare l' aria ipossigenata che spira sempre dalle vette del Capolavoro. E tutto succede mentre, e solo mentre, eventi realissimi, naturalissimi, si abbattono contro l' inettissimo, ma monumentale, "io" del Pascal. E anche il mio "io" è lì, ben nascosto dietro lo specchio della pagina, tutto preso a fare serrati e spassosi confronti con il suo patetico dirimpettaio di carta. Meste identificazioni, orgogliose dissociazioni. Le basi da cui giungere di volta in volta a esiti differenti non mancano: i nostri due individualismi spiccano ben definiti e si paragonano come in una naturalissima e costruttiva sinossi. *** Ma poi sulla storia cominciano a fioccare eventi anti-naturali (ce n' è sempre almeno uno ad imbrattare le carte di Pirandello). Uno in particolare: il Pascal, creduto morto, puo' vivere finalmente come uno Zombie e vagare dentro una vuota sorte. Bella Idea, non c' è che dire. Ma quando le Idee defenestrano i Fatti non c' è mai da stare allegri. E non c' è dubbio che quanto più un' Idea è geniale, tanto più "defenestra". La Moglie, la Suocera, l' Amico Scemo, il Tipo da Bar, il Tipo da Spiaggia, i Tipi in generale e tutta questa cornucopia di lussureggiante biodiversità che mi aveva rallegrato emozionandomi, non puo' più vivere nel Nuovo Mondo Ideale del "rinato". Perchè il Nuovo Mondo del Rinato è un Laboratorio già stipato dalle speculazioni mentali del Nostro tutto preso ad indagare le sfumature di questa sua nuova artificiosa condizione di liberto. In una simile dimensione "pensata" cessa ogni possibile abboccamento sorprendente a cui valga la pena di presentarsi per scambiare quattro chiacchere, così, da Lettore a Personaggio. Il Fantasma di Pascal procede leggero finalmente sgravato dalla mordacchia del suo individualismo. Non so se provi un qualche sollievo. Certamente la mia intesa con lui ne risente. Un po', un po' tanto, mi dispiace di aver perso un così edificante termine di paragone. Quanto alle modeste e fluviali speculazioni da bibliotecario iperaccomandato, con tutto il permesso, se proprio voglio sgranchirmi le sinapsi, a quel punto deposito sul comodino il "Pirandello finito fuori strada" per virare sereno verso Summa Teologica o Settimana Enigmistica. ********************************************** *********************************************** ************************************************ *************************************** *********************************************** ************ ************************************************* ************************************************** ******************************** Le Avventure di un Embrione E' concesso in questa sede odiare un libro? Allora, con tutti i crismi dell' ufficialità, vorrei mettere alla berlina il libro Cuore. Puah. *** Finalmente l' ho fatto. Che liberazione Eppure non sono del tutto soddisfatto, non mi sento vendicato, dovrei dirlo un po' meglio. Siccome l' esecrazione si manifesta alla giusta magnitudo solo se accompagnata dal suo fratellino gemello, l' amore... ...farò in modo che l' insoddisfacente sprezzatura del libro Cuore, si esprima al meglio grazie all' omaggio deferente tributato all' anti-Cuore per eccellenza: Pinocchio. *** Pinocchio è un Franti che si salva. Ah ah, sono salvo. Tiè Garrone, tiè Bottini, tiè a tutti i piccoli patrioti-vedette-scrivani, e crepi anche De Amicis e crepi con lui tutta l' Italia Unita. *** Me lo chiedo da sempre. Che bisogno ci sarà mai di avere una trama, a cosa serve uno sceneggiatore, che me ne faccio del plot se tanto, ormai ne sono quasi certo, mi interessa solo una storia fatta di due soli snodi: lui sembra che non ce la faccia, ha tutte le carte in regola per non farcela, non ha nessuna possibilità di farcela, lo dicono tutti, lo dice De Amicis, il Presidente, il Papa Cattolico, il Papa Laico, il TG1, il TG2 e il TG3, la TV a reti unificate, il Professore, il Direttore, il Sondaggista, lo Scienziato e lo Statista ... ...invece ce la fa. Evvaaii. *** Solo la corda di una lira ispirata sa accompagnare con tatto e discrezione il viaggio del predestinato al fallimento. L' impresa non è facile. Che si sia di fronte ad uno "spacciato" deve essere sempre più evidente senza che niente trapeli in modo esplicito. Raccontare i talenti per il naufragio non è semplice. E' tutta una questione di posture, di interiezioni, di gesticolazioni, di sospirazione, di occhiate, di istinti repressi, di riflessi abortiti, di minuzie comportamentali e sintattiche. Ma solo il grande artista sa creare quel vuoto di stomaco che dà lo spiazzante e implausibile salvataggio del reietto, l' annichilimento imprevisto di quello che credavamo il solido pardagma del destino greco. E, detto tra di noi, non c' è niente di meno promettente che un Ciocco di Legno. Chiunque abbia sbagliato puo' rimettersi in carreggiata, d' accordo. Ma qui siamo di fronte ad una multiforme scapestraggine, ad una birba matricolata, a un monellaccio, a uno svogliato, a un vagabondo con tutta la sua sequela di fallimenti morali reiterata e disperante. E oggi questa diperazione è ancor più validata di ieri. Visto il discredito in cui è caduta la pedagogia delle legnate umilianti, l' insuccesso di quel mariuolo che ne riceve parecchie, è telefonato. *** In presenza di educatori lassisti, ricordo che con qualche frignatina ben allocata, era facile bigiare l' asilo. Allora me ne stavo in cameretta tutta la mattina ad ascoltare i dischi delle fiabe. Ma Pinocchio non lo mettevo su tanto volentieri. Era una fiaba inquietante per me. In una speciale classifica horror precedeva anche La Piccola Fiammiferaia, nonchè tutti gli Andersen. Era una Fiaba con "tempi" anomali e sincopati, proprio laddove il bigiatore pivellino richiederebbe una regolarità cronometrica da orologio svizzero. La catarsi, per quanto attesa come in ogni fiaba, tardava ad arrivare. E dopo aver atteso ben oltre la scansione consueta, ancora non arrivava nulla. La cosa era intollerabile. Il tempo passato con il cuore in gola era decisamente eccessivo. Una simile condizione poteva andare bene per Giamburrasca, ragazzino nato e costruito per abitare tutta la vita nel paese delle marachelle, un paese, il suo, senza orecchie d' asino e con Pappa col Pomodoro a go go. Ma con Pinocchio no, su Pinocchio incombe qualcosa di terribile, si sente continuamente odore di Apocalisse, nel suo mondo è al lavoro una qualche escatologia, fin dall' inizio pulsa l' agnizione. *** Se Pinocchio fosse un racconto "di formazione" (Bildungsroman), sarebbe stato facile e gradevole archiviarlo nello scaffale di competenza per poi disporsi rilassati ad ascoltare, per esempio, la deliziosa multivocalità di Paolo Poli. Ma nei romanzi "di formazione" si descrive una serie di prove attraverso cui il soggetto immaturo si trasfigura per ripresentarsi alla comunità finalmente adulto. Nel nostro caso invece l' esito finale è un bambino in carne ed ossa. Il contrario di un adulto. Per quel che ne so io non esiste un apprendistato per diventare bambini. Non esiste un apprendistato per nascere. *** La meta finale è un "bambino", un' "anima". Ci viene raccontata la conquista dell' anima. Ci viene racontato il sogno/incubo di un embrione. E se in questa vicenda c' è una vera volontà proiettata verso la meta finale è la volontà di Geppetto... Inoltre, nel bel mezzo di tutte queste tempeste uterine, latita la capacità di apprendere. Pinocchio sembra in balia degli elementi, non impara, non progredisce. Ha fallito troppe volte e, oltretutto, sempre nell' affrontare la stessa prova. Non possiamo dire di essere al cospetto di un "discente". Il burattino cade subito alla prima tentazione e non arriva alla scuola. Ma anche se ci fosse arrivato non avrei scommesso una lira su di lui. Mi dispiace ma è così. Quando uno cade una volta, due volte, tre volte nella medesima trappola, allora diremo di lui che è proprio una testa di legno. Zeno Cosini, uomo abbandonato ormai dalla provvidenza, non smetterà mai di fumare, lo capiamo dalla grande arte di Svevo. Pinocchio, burattino scortato dalla provvidenza, non smetterà mai di fare marachelle, lo capiamo dalla grande arte di Collodi. Poi invece smette: è la grandissima arte di Collodi. E' l' arte di chi ha saputo far smettere di fumare Zeno Cosini, di chi ha redento Franti, di chi ha rinsavito Don Chishiotte... Collodi, pessimista disperato e vate dell' assurdo, oltre che dalla propria arte, è aiutato dalla sua originale concezione. Scrive sempre avendo in testa il finale con Pinocchio impiccato. Sono i bambini, portatori di mistero e speranza, che subissano il "Giornale" di lettere ottenendo la Resurrezione. Non si tratta di appendice estranea da sequel, sorprendentemente Collodi riparte rinvigorito nell' ispirazione e convertito nell' ideologia. *** Tutte operazioni già tentate, ma con il trucco: ci si limitava a riabilitare il comportamento consueto del "disperato" cambiando l' ottica di osservazione. Franti veniva giustificato nelle sue marachelle, eravamo noi a convertirci, non lui. La follia di Don Chishotte diventava gioiosa e non meno grave della nostra, anzi, smascherava la nostra. Addirittura veniva ripresentata come una forma di lucidità superiore. Eravamo noi però a dover abbandonare i quieti lidi della grigia normalità con tutti i parametri che la descrivono. Ma con Pinocchio espedienti del genere vengono messi da parte. Pinocchio è la storia di un miracolo a sorpresa: una Testa di Legno promossa nel Paradiso della normalità. *** A fare i bravi s' impara, e alla fine ci si becca anche l' applauso. Ma conquistarsi l' anima è un vero colpo di scena della Grazia. Lo spettatore spiazzato non riesce nemmeno ad applaudire. E in questo silenzio attonito di noi spettatori Pinocchio sguscia fuori dal grembo e corre via a vivere la sua vita di uomo in carne ed ossa fatta di molti errori conditi con qualche sporadico successo. ************************************************** *************************************************** *************************************************** *************************************************** ******************************************* ************************************************ *************************************************** ************************************************** ************************************************************** ***************************************************************** ****************************************************************** **************************************************************** *************************************************************** *************************************************************** *********************************************************** Un Lexotan per Carducci. E' difficile che aprendo a casaccio il mio libro con le Poesie di Carducci si possano schivare le multiformi ire del focoso Aedo. Riottoso e cieco come un ultras, è sempre impegnato a cospargere di sale le proprie ulcere. Ora punge un Avversario, ora satireggia un Irrispettoso, poi schizza la caricatura di un Impertinente, a seguire oltraggia un Vanesio, dopo mette alla berlina un Pedante, o alla gogna un Garrulo. Tutti Signori con nomi e cognomi, mica Allegorie. Per farne fuori più che puo' non si risparmia neanche flirt satanici. Il suo verso afflittivo è un ruggito che lo priva di forze preziose, non si è mai vista una semina di spine tanto infeconda. Il forumista tignoso conosce questo vortice esacerbante e sa di che parlo. Io procedo indefesso nello spoglio, cerco affannosamente i pii bovi, ma mi ritrovo sommerso nella schiuma di artisticissimi 'vaffa. Eppure si vede ad occhio nudo che il Vate avrebbe di meglio da fare. Per esempio, in quel tempo aveva ancora in arretrato un un casino di versi immortali, evidentemente non avanzava mai un minuto per buttarli giù. La sua natura gli imponeva delle priorità: ogni litigio andava meticolosamente portato a termine fino all' umiliazione pubblica della controparte. Ogni screzio letterario andava lavato nel vindice inchiostro. Basta stare un attimo a bearsi in compagnia di queste invettive per capire che l' Avversario, l' Irrispettoso, il Vanesio, il Garrulo, l' Impertinente e anche il Pedante, sono, probabilmente, miti e mediocri personaggi con cui usciresti piacevolmente a cena. Il problema invece è lui, il Vate. Il Vate ha tutta l' aria di contenere nel pancione un vorticoso movimento biliare. Di avere un petto "ove odio e amor mai non s' addorme". Scosso da oscuri tumulti, flagellato dalla memoria dell' offesa ricevuta, spronato da ansie insinuanti, egli si aggira tra i suoi simili alla ricerca di imperfezioni che scatenino le sue furie maremmane. E ne trova a bizzeffe. Questa spola fra rancori e tetraggini consumerebbe anche l' animo più temprato, lo consumerebbe fino all' inedia spirituale. Com' è grama la vita di questi melanconici. Com' è tapina quella di chi vive intorno a loro. Non si puo' tirare avanti così. Urge una cura che raggeli al più presto la tempia tempestosa del pugnace infermo. Come minimo, di fronte a casi similari, ci vorrebbe un bel Dio condiscendente che pianga insieme a noi, che creda alla nostra bua e ci dica premuroso che "poi passa". Ma il nostro campione aveva avuto la bella pensata di buttarlo nel cesso fin da giovane, quel Dio, e di tirare lo sciacquone. Complimenti. E non poteva essere che così vista la giovanile adozione del luterano dispitto verso l' "allegro Papa". Con la sola compagnia del Gesù più duro ed austero della corrucciata Riforma, il morale non conosce grandi impennate. E' cosa nota. *** Però Carducci si salvò. Si salvò con la medicina della "Classicità". Due pasticche al giorno di questa pillola e la frenetica ruminazione del Maestro si bloccò. La Classicità offre mille rimedi al collerico. Innanzitutto la Morte. La Morte ha la tendenza a rendere piuttosto imperturbabili, a raggelare la pupilla, a domare l' abito fiero. In queste condizioni gli sdegni si fanno di molto meno ardenti. E se proprio non vuoi morire subito, puoi sempre temporeggiare facendo una capatina al camposanto. Non sai come è cool una bella promenade fra le lapidi adamantine del Cimitero romito tra le argentate nebbie sfumanti, magari a Bolgheri. E' proprio lì che il Poeta vide la sua Rosebud. Se poi possiedi una certa capacità di "ascolto", puo' darsi che perfino i cipressi attacchino a sussurrare tranquillizzanti mentre ti augurano l' "a presto arrivederci". Anche l' Avello ti strizza l' occhio come un vecchio amico. Questo attrezzo imprescindibile della palestra carducciana ha virtù defatigante, specie per chi conosceva un' unica orazione ("Signor, chiamami a te: stanco son io: pregar non posso senza maledire"). Ogni forma di necrofilia si coniuga a meraviglia con la "Classicità", la quale ha la virtù di riproporcela nella sua variante più fresca ed impassibile, eludendo così il lato stancante della faccenda (che puo' essere lasciato ai Romantici): quello del meditabondo sotto le rovine con il teschio in mano. In secondo luogo la "Classicità" ti consente di frequentare le donne. Da lontano. Devi solo darci dentro con l' epistola. Cantare le seducenti armonie del corpo, i divini accenti del labbro, l' aulentissima cute, e tutto questo senza avere sempre nelle orecchie il trillo citofonico delle note ingiunzioni. Una buona capacità immaginifica basta e avanza. Alla loro persistente recriminazione penseranno i mariti (in genere ex romantici senza talento). La carriera del Poesta Classicista è allietata da diverse gite fuori porta. Tra una georgica e una bucolica si sta sempre immersi nella rilassante countryside. Se il lento giro dell' occhiata bovina si volge a noi, non sentiamo affatto quella frenetica interpellanza che ci collocava subito a debito di una risposta piccata, o di un chiarimento brillante. Possiamo sincronizzarci con il rilassante ritmo della paziente pecora, possiamo concederci un calmo colloquio con la pensosa quercia, possiamo escutere un testimone sempliciotto come l' ignaro asinello. Optare per il Classico consente anche di mettere spesso e volentieri le gambe sotto il tavolo. Buona tavola, ma sopratutto Vino, non devono mai difettare. Quale miglior modo per sperimentare in corpore vivi il pagano oblio? Da ultimo, ampie dosi di "Classicità" ti consentiranno in quattro e quattr' otto di divenire Poeta Nazionale. La cosa ha i suoi vantaggi. Eccellente rifugio per disfarsi di ogni vitalismo e simulare già da ora, in Cerimonie e Occasioni Ufficiali, il cadavere che saremo. Da "Poeta Nazionale" puoi permetterti di abitare solo il pianeta della Retorica (patriottica) e quello della Metrica. Due meravigliosi pianeti senza ossigeno, dov' è bandita ogni forma di vita. Cosa c' è di più salutare per un iracondo naturale? *** C' è chi è spinto verso la Classicità dalla natura dei suoi talenti. C' è chi invece sbarca su quei lidi con le piaghe aperte e con il solo intento di applicarsi l' impacco del fiore di loto che prospera lussureggiante. C' è chi pensa alla Classicità come ad un palcoscenico dove sfilano armonie da ammirare con l' occhio del geometra, e chi la assume invece come camera di decompressione dove regredire ad una sospirata meccanicità catatonica. Carducci, fortunantamente, appartiene alla seconda genia. E' anche per questo motivo che "mi riguarda" e che posso tranquillamente continuare a leggerlo senza rimorsi. Riguarda anche voi? ****************************************** ********************************************* ************************************************* ***************************************************** *************************************************** **************************************************** *************************************************** **************************************************** *************************************************** +++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++****** **************************************** ****************************************** ***************************************** ********************************************** *********************************************** ******************************************* ********************************************* ********************************************** ************************************************** ************************************************** *************************************************** ******************************************** ************************************************** ************************************************** ************************************************ ************************************************* **************************************************** ******************************************* *************************************************** ************************* ************************************* ********************************************** **************************************** Problemi giù in Archivio. Parini-Manzoni-Porta-Gadda-Chiara-Testori-Brera-Vitali + il "Perdonato dalle Lucertole"...di ciascuno di questi qualcosa ho letto. Ora, essendo questi scrittori "lombardi", mi chiedevo se offrissero un motivo specifico, al di là di quello anagrafico, per chiamarli così. Innanzitutto vanno eliminati quei lombardo che hanno la pretesa di narrare storie manierate costruite con personaggi "universali" e intercampiabili. Mi limito ai veraci, a coloro che hanno piantato qui, in terra lombarda, il loro semino. Che l' hanno coltivato amorevolmente negli anni e che ci regalano la loro opera come se fosse il frutto maturo di quell' albero. In secondo luogo mi limito agli scrittori che ho letto io e per i libri che ho letto io. Pochini direi. *** L' unica cosa che ha prodotto il mio sforzo è un caso di serendipità: pensando (invano) ad un possibile elemento che fosse in grado di unificare questi autori me ne è venuto in mente uno in grado di discriminarli tra loro secondo due categorie possibili: i "Pagani" e i "Cristiani". *** Difficilmente il personaggio dell' autore lombardo è un ateo pacificato. Un personaggio del genere offre pochi spunti. A questo punto, nei casi di "senza Dio" meglio ripiegare sulla variante del "pagano". Il "pagano" è un fauno talmente fiducioso dei suoi sensi da seguirli ovunque. A queste seduzioni della natura il pagano oppone resistenze ridicole, di pura facciata. Basta che la sua pelle sia sfiorata per farlo "entrare" in vibrazione. Il vero pagano è solo colui che vibra in perfetta armonia con il creato. O almeno lo crede. Il pagano è appagato nella sua immanenza. E perchè mai dovrebbe temere la morte? Non c' è esperienza più eccitante che farsi concime. Tutto bene quindi. Senonchè, di punto in bianco, inspiegata, fa capolino una punta di disperazione che richiede di essere affogata nel chiasso. Parini-Porta-Chiara-Brera-Vitali+ il "Perdonato...", mi sa che sono autori tutto sommato pagani. Forse, se Brera avesse scritto ancora un libro di narrativa, avrebbe varcato la soglia. Già dava segnali nell' Arcimatto più "estremo". Manzoni, Gadda e Testori (ci metto pure il vicentino d' importazione Fogazzaro) tengono alto il vessillo del "cristiano". Il "cristiano" aumenta la sua circospezione nei momenti di massima gioia e successo personale. Sa che "la roda la gira" e non si rassegna. Ossessionato da tutte le forme di contropartita- la sua visione è "retributiva" - coltiva un sentimento tragico che è anche un sentimento realistico. Si distende e gode solo quando riesce ad accettare la realtà del dramma e a vedere sempre più chiara la luce dello "sbocco". Di solito, purtroppo, questa accettazione richiede una tempra da Santo. *** Me ne andavo a spasso tutto felice con le mie categorie in saccoccia, quando ho preso dentro qualcosa e mi sono ritrovato in terra a misurare la strada. La pietra d' inciampo ha un nome e un cognome. Trattasi di quel maledetto vogherese, sì quello là, l' Arbasino Alberto. E dove lo caccio adesso quello lì? Ho appena letto "La Bella di Lodi", lombardissimo racconto, e non riesco a trovare una casella per lui nel mio schemino. Qualcuno puo' darmi una mano? *** E pensare che eravamo partiti così bene. Già dal primo capitolo il gioco delle ascndenze sembrava chiuso senza residui: trattasi di gaddian/proustiano. Il tipo eroico impegnato a riprodurre un virtusismo parolaio, faticoso e strabordante, pur di acchiappare la Realtà per la coda. Una realtà tutta coda e che non finisce mai. Uno di quei frustrati che si accorge a sue spese di come l' infinito kantoriano delle parole sia di grado inferiore rispetto all' infinito dei fenomeni naturali. E questo, anche solo limitandosi ai fenomeni di superfice come fa il vogherese (lui ama ed è sedotto dagli smalti sberlucicanti). Eppure non si arrende, eppure ci prova lo stesso. E lo fa con una foga ipertrofica, tentacolare, spettacolare, entropica. Rotte, confuse, incasinate, urlate più che dette, di parole certo ne vengono fuori tante, fin troppe. Uno, insomma, che ci racconta bene il dramma che fronteggia lo scrivano fedele. Il dramma della prolissità, destinato a travasarsi presto dalla penna ai personaggi. Quindi un barocco, quindi un controriformista, quindi un "cristiano", facile. *** Calma e gesso però. Svoltate poche pagine la musica cambia e il Nostro comincia a sorpresa il tradimento sistematico dei Padri. Resosi conto di questo sforzo inane il vogherese... rinuncia!? Incredibile la faccia tosta di questo qua, anzichè imolarsi...fa marcia indietro. Desiste dall' eroica impresa di inseguire e irretire i fenomeni. Che forme assume questa rinuncia? Facile, la prosa comincia a farsi frammentaria. La fiumana gaddian/proustiana si trasforma in scroscio intermittente. Il biancore degli spazi si diffonde, il corpo inchiostrato cede ad una immacolata desertificazione. La Realtà irrompe solo nella modalità sminuzzata del flash. La cronaca, prima impetuosa, ora ci viene rinviata scritta sui coriandoli. L' immenso spazio vuoto dove i coriandoli fluttuano, quello te lo devi riempire tu caro lettore (che invece volevi startene comodo in poltrona). L' avanguardia ha colpito ancora. Il frammento gaddiano si realizza per la resa di uno scrittore esausto, quello arbasiniano è un cristallo tagliente dalle geometrie scientemente calibrate. Non c' è mica bisogno di mettere tanti punti per sminuzzare la narrazione. Basta anche solo cambiare voce ex abrupto. Cambiare stile. Così, senza pravviso nè ragione. Si strania tutto con una folla di interferenze (TV, film, canzonette, opera, jingle...). Si rinnega Proust per guardare Joyce? Mai capitato ad un Lombardo, detto papale papale! Illustrando poi meticolosamente le quinte di ogni scena, Arbasino trasferisce a Teatro la sua storia. E il Teatro, si sa, rende tutto imbalsamato. Per di più è un Teatro che degrada prima nel tableau vivant, poi precipita addirittura nella brutta diapositiva. Sia per il "pagano" che per il "cristiano" non c' è nulla di nocivo quanto la narrazione per diapositive. Senza "continuità" tutto si fissa artificiosamente raggelandosi. Persino la Roberta e il Franco, i protagonisti di un amour fou (figuriamoci), si presentano alla fine come due merluzzi della Findus. Ma con questo gelo non si va lontano. Sopratutto non sei più nè pagano, nè cristiano. Le mie gabbie scattano a vuoto, l' uccellino fugge via. Non sarebbe poi un grave danno se la storia di Arbasino non fosse maledettamente lombarda. Era proprio l' uccellino che cercavo ed è scappato. *** Poi, in uno slancio pianificatorio sovrumano degno della mia natura di Archivista, lo ficco tra i "pagani" e non se ne parli più... ...non fosse che per tutti quei p.....i sull' Autostrada del Sole nuova di zecca. Contento io, contenti tutti. ********************************************** ********************************************** *********************************************** ************************************************ ************************************************* *********************************************** Libri che leggono altri Libri Ci sono alcuni libri che, per me, hanno un doppio valore. Primo, perchè mi piacciono e godo nel leggerli. Secondo, perchè mi hanno fatto riscoprire altri loro "fratellini" che dapprima mi avevano deluso. ** Quello che a molti capita con i Promessi Sposi a me capitò con Mobydick. Ripensando a quell' avventura direi che il "senso del dovere" è una qualità preziosa per il cittadino. Ma non per il lettore. E' il "senso del dovere", prima ancora della scuola in sè, a rovinarci molte esperienze di lettura. Per un malinteso senso del dovere, diversi anni fa, presi in mano Mobidick. Ma di mano mi scappò, tant' è che cadde in terra. Lo raccolsi ma cadde di nuovo. Il Capolavoro non si lasciava impugnare. Come mai? Sarà perchè quando i capolavori sono tali all' inizio della lettura anzichè alla fine, non si riescono mai a stanare e restano celati dietro spesse cortine. A nulla valgono torrenziali prefazioni, scrupolose note a piè di pagina, efficaci sintesi, originali percorsi critici. Sempre sfuggenti restano. Si direbbe persino che chi ci incoraggia verso di loro tema in segreto che anche noi si possa partecipare al godimento della bellezza. Quasi che la bellezza del capolavoro sia una torta data da dividere tra tutti. Per ciascuno che si aggiunge al tavolo la fetta si assottiglia. Nel frattempo Achab correva dietro la balena cumulando frustrazioni e io correvo dietro ad Achab ancora più deluso. In quelle condizioni cosa potevo fare? Mi dibattevo goffamente...impigliato nelle gomeme, ancorato dalle ancore, arpionato come un San Sebastiano, bloccato sulle sartie preda delle vertigini. Reso così il contesto, si puo' ben capire perchè arrivai in fondo alla mia impresa "doverosa" con spirito loffio e felicemente dimentico di tutte le pagine che mi lasciavo alle spalle. Ascoltavo distratto le urla di Achab in attesa della mia liberazione e la mia liberazione arrivò con l' ultimo rigo dell' ultimo capitolo. *** Quindici anni dopo, aggirandomi per librerie ormai lettore anarcoide privo di ogni "senso del dovere" e governato solo da istinti e curiosità transuenti, feci il mio incontro con la corrente pulsante del fantasmagorico "battezzatore" caraibico Derek Walcott. E' stata questa specie di "Oh Capitano, mio Capitano" che mi ha istruito su come cavalcare la salsa onda oceanica. Che mi ha insegnato a domarne la veemenza e a gridare con la giusta impostazione di voce: "all' abbordaggio!!" L' incessante filo di febbre che gli accende la pupilla, il suo verso informe, opulento e dilagante, mi ha convertito definitivamente alle sproporzioni della Parola Epica. Una parola gremita di ambizioni e che deve uscire sbrodolante dalla conchiglia delle labbra...ormai quella lezione mi si è fissata in testa con la solidità di una paranoia. Non pensavo che alla mia età potesse nascermi dentro questo ulteriore piccolo "io", un fratellino. Non te l' aspetti davvero di germogliare ancora in tempo di morte. Grazie a lui ho toccato con mano la dismisura di una lingua inventata apposta per nominare esseri che oltrepassano le nostre facoltà. ...Le Balene Bianche, tanto per dirne una. Tutto cio' ha avuto parecchie conseguenze. Per esempio: con uno spintone selvaggio sono stato ributtato a bordo del Pequod. Si (ri)salpa e si guadagna all' istante il mare aperto. Ma questa volta sento l' odore pungente di ogni alga nel cervello. La mia astenia di fronte alle pagine di Mobydick è un ricordo del passato. Sotto la paterna scorta dell' Omero negroide che mi siede accanto, trovo il coraggio per riprendere in mano il Grande Classico. E il Grande Classico si ridesta dal torpore prendendomi saldamente tra le sue bibliche mani. I libri di Walcott, tutti insieme, fanno ressa intorno spiegandomi per filo e per segno ogni paragrafo del Mobydick. L' egida della sua vasta mano negra si posa sul mio capino e io mi sento onniscente: capisco tutto. Lo capisco subito. Ormai mi hanno talmente "introdotto" che Achab è per me come un Fratello della Costa con cui spartire il bottino; la portentosa schiena del Capodoglio, invece, mi è talmente familiare che l' accarezzo con lo sguardo come fosse il mio pesce rosso vinto al luna park... Missione compiuta quindi: il Mobydick è letto con gusto, assimilato, metabolizzato e apprezzato. Quindici anni e anch' io ho stanato l' abissale e maligna bellezza di questo grande libro/balena. Valeva proprio la pena di aspettare per poter fare il viaggio più avventuroso con un compagno come il mitico Derek. **************************************** ******************************************** ********************************************* Le "buone intenzioni. Bubbone Romantico.
"...Nino non aver paura di sbagliare un calcio di rigore non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore un giocatore lo vedi dal coraggio, dall' altruismo e dalla fantasia..." Lo "stupido" ci irrita, il "pedante" ci annoia, il "cattivo" ci deprime, il "calcolatore" ci inaridisce, l' "arrogante" ci indigna... Non è una gran bella compagnia in effetti, ma diventano subito dei simpaticoni se paragonati al peggio. E il peggio è colui che "sputa nel piatto in cui mangia". Mi chiedo perchè, nel mondo di carta della letteratura, quest' ultimo comportamento tanto riprovevole sia così poco rimproverato, se non quando si presenta in maniera sfacciata. Attribuisco la diffusione del malvezzo ad una degenerazione tipica del periodo romantico: il culto delle intenzioni. Secondo una certa teoria mai teorizzata, avere "buone intenzioni" giustificherebbe qualsiasi condotta. Le intenzioni maturano nella nostra interiorità. E, per i romantici, l' interiorità del soggetto è tremendamente importante. Anzi, è tutto. Se siamo puri là dentro, allora la nostra natura è sana, il nostro legno non è poi così storto, il tabernacolo che preserva le nostre essenze resta inviolato. *** Ma essere "ben intenzionati" non basta. Bisogna anche saper "sputare lontano". Spiego subito il nesso tra le due attitudini avvalendomi di una fresca e formativa lettura. Affiancato dal podcast, recentemente ho preso in mano Stendhal, e mi sia consentito di considerarlo, almeno nel mondo parallelo dei romanzi, uno degli autori che più ha contribuito a diffondere il bubbone di questa peste. La peste delle "buone intenzioni". Prendiamo l' eroe del libro che ho letto ("Il Rosso e il Nero"). Si chiama Jules, è palesemente oppresso da mille frustrazioni ma è anche infervorato da alti sentimenti che traspaiono con regolare intermittenza. Quando un "alto sentimento" si presenta lo riconosci subito. Non serve certo analizzarne il contenuto per identificarlo come tale. Se l' intenzione è nobile non manca mai di segnalare chiaramente la sua presenza, non importa di quanto sia confusa. L' oggetto di una simile intenzione passa immediatamente in secondo piano. Resta l' empito appassionato. Poichè Jules non è un tipo che si limiti a sognare tenendo sulle gambe il libro con le mirabolanti imprese napoleoniche, puoi star certo che passerà presto all' azione. E allora allaciatevi le cinture! Per "innalzarsi", si sa, ci vogliono i mezzi. E per procurarseli ci voglioni i "mezzucci". Pur di farsi largo, il nostro non si asterrà dall' utilizzare traffici su cui ogni rigoroso moralista è in dovere di opinare. Intenerisce persino vederlo sgomitare mentre costruisce la sua carriera, mentre sale la piramide sociale, mentre traffica una promozione, mentre si arruffiana chi di dovere, mentre fa le scarpe a questo&quello, mentre si dedica anima e corpo al miglioramento delle proprie condizioni materiali, mentre vendica rabbiosamente le sue umili origini, mentre... Sulla sequela di ambigue vicissitudini che lo investono presto cala discreto ma esplicito il giudizio dell' autore. Trattandosi di un Grande Autore, sono formulazione che nessun rigo è in grado di accogliere, eppure le leggi ovunque a chiare lettere. Non sono nemmeno parole da sillabare, si tratta piuttosto di una certa gradazione luminosa che investe ogni pagina. L' esito si preannunciava e ne abbiamo conferma, il rampantismo di Jules è perdonato. Ne ha combinate di tutti i colori ma è perdonato. Il perchè è chiaro: non ha mai mancato di odiare scrupolosamente le bassezze di cui ogni volta si serviva. E tutto cio' mentre nel fondo del suo cuoricino custodiva inalterata la nobile e sognante ambizione di un esito finale che avrebbe di gran lunga riscattato le dubbie pratiche poste in essere. Non conta granchè che questa catarsi finale non si sia realizzata e non avrebbe mai potuto realizzarsi. E poi, diciamolo francamente, soggiogati dal magnetico influsso di Stendhal, ci interessa proprio sapere che l' esito negativo dell' intrapresa sarebbe stato facilmente prevedibile affidandosi ad un semplice "calcolo delle conseguenze"? Ma cos' è mai la capacità di "calcolare le conseguenze" di fronte all' inestimabile tesoro delle "buone (pure) intenzioni"?! Non che Jules eviti il "calcolo". Solo che, disprezzandolo, non lo conduce fino in fondo. Odia la triste realtà che il calcolo gli preannuncia. Preferisce abbandonarlo sprezzante quando cessa di recare gradite ambasciate. I gemelli di Jules fanno pressapoco tutto quello che fa Jules, hanno la sua stessa determinazione nell' affrontare con il coltello tra i denti quella lotta darwiniana che non è poi di molto cambiata nemmeno ai giorni nostri. Purtroppo capita loro ogni tanto, e la cosa è decisamente incresciosa, di perdere tempo in un rigoroso "calcolo delle conseguenze". Avete capito bene, sono dei miserabili "calcolatori integrali". Ma c' è qualcosa che è ancora peggio: non odiano i loro "calcoli". Non sputano sui mezzi che utilizzano. Nessuno scriverà mai un romanzo sui gemellini di Jules. Anche se il loro codice genetico è per il 99.9% simile a quello di Jules non potranno mai considerarsi "anime appassionate" o "anime sognanti". A loro manca "lo sputo" mondatore. Senza "sputo" saranno sempre dei borghesucci, dei "salvadanai viventi", buoni giusto per fare da sbiadita tapezzeria alle storie incentrate sui grandi "sospiratori" a cui è toccato in sorte di precipitare in questa valle di lacrime. I "gemellini" hanno la grave colpa di aver "calcolato". E "calcolare" senza schifarsi di cio' che si sta facendo è un nuovo peccato da aggiungere al decalogo. Dal maestoso Sinai della modernità discendono le nuove Tavole rivedute ed aggiornate. Stendhal è un Mosè che si incarica di recapitarcele nella loro forma più cristallina. Se solo i fallimenti di Jules lo avessero reso grottesco ed indifendibile avrei simpatizzato con lui e mi sarei associato al suo perdono. Se solo Jules fosse stato un' anima candida sprovvista di ogni strumento e intenta a perseguire con pura spntaneità delle pure intenzioni, forse mi sarei associato in una richiesta di perdono. Ma Jules è il peggio che il Romanticismo abbia prodotto: nobili intenzioni, dotazione intellettuale sopra la media e disprezzo per tutto cio' che ottiene ("mangia") non riuscendo a rinunciarvi. Disprezzo sempre ben in vista. Disprezzo con sputo incorporato e sempre pronto a scattare. *** In un recente "Damasco", Jaqueline Risset - un' ottima guida nell' intricato mondo della letteratura francese, purchè la si segua al contrario - ha rivelato, raggiante di ammirazione, il padre nobile di tutte le "anima appassionata" (o "anime espettoranti"). Si tratterebbe niente po' po' di meno che del filosofo tedesco Nietzsche. E chi era mai il suo "Superuomo" se non un animo elevato dalla purissima intenzione scevra da ogni calcolo meschino? Se proprio i "Romantici" non possono essere considerati gli unici untori della peste di cui sopra, aggiungiamoci come sovrappiù la cultura del protestantesimo. Ma lì è già un' altra storia, e Stendhal non ha più niente da dirmi. ********************************************* ********************************************* Alberto, se ti è capitata la malasorte di imbatterti nel cotè più astruso del Nabokov narratore, allora, per spurgarti, ti consiglio il Nabokov critico letterario. Questo qui è di una semplicità disarmante. Butta qua e là alcune osservazioni stilistiche che, a te lettore, germogliano dentro. poi ti ritornano su come un pollo fritto, anche dopo anni. Per il resto si limita a riassumerti la storia narrata. Umile, vero? Credimi, non è cosa da poco poter disporre di un navigator efficientissimo che ti consenta di muoverti nell' "Ulisse" o nella "Recherche" o in "Guerra e Pace"! Averlo condensato in una decina di pagine, poi, è come avere un tesoro. Tutte le sue "Lezioni di Letteratura" sono pubblicate da Garzanti. *** Caio, non ho mai sfogliato il libro che stai leggendo e quindi non posso esserti di aiuto. In generale non amo molto questo autore, anche se ne riconosco la genialità. Nel leggerlo in altre opere non posso dire di aver mai incontrato le difficoltà che ti hanno "scottato". Certo, il suo è quasi sempre un mondo mentale, costruito sfruttando tutti gli inganni e le trappole dell' astrazione. Richiede anche una certa curiosità intellettuale vista la mole di stimoli che mette in campo. Solo chi è ancorato ad un realismo pedissequo puo' sentirsi in forte disagio. Non posso escludere che pigiando sull' acceleratore in quella direzione si finisca per fare esperienze estreme attraversando paesaggi sconcertanti e incomprensibili. Magari è il caso del tuo libro. Di sicuro è il mio caso quando ho preso in mano il Venerato Maestro di Borges. Ben più radicale dell' allievo, non si sa nemmeno bene se esista o di quante persone si componga. Sembra non sia mai uscito di casa. Parlo di Macedonio Fernandez. Dopo appena tre pagine del suo unico libro tradotto, vagavo stordito nella sala degli specchi senza nessuna speranza di imbucare un varco. In fondo il Borges che ho preferito è quello depotenziato, ma anche più commestibile, che ci racconta i suoi colleghi in libri come le "Inquisizioni" e le "Altre Inquisizioni". ************* ***************************************** ********************************************** ********************************************** *********************************************** ************************************************ Proust col trucco. Premessa: la "Recherche" è un capolavoro, e se non ti piace la colpa è tua. Quindi vedi di darti da fare. *** Leggo Proust (Il Tempo Ritrovato), sono a pagina centoventitre. E mi annoio. Mi manca la "chiave", l' ho perduta, non l' ho mai avuta. Tra poco girerò pagina, un presentimento mi dice che continuerò ad annoiarmi. Ho cambiato quattro posizioni, ho anche tenuto le gambe alzate per favorire la circolazione. Ma il sollievo è solo momentaneo. Ho provato ad intrattenermi contando le righe dei periodi per stabilre quello più lungo. Ti giuro che per un po' è stato bello, poi è subentrata la noia. Ho tentato di "correggere" Proust con la matita rossa e quella blu, dicendo "io avrei scritto così e così anzichè cosà..." - un' idea di Lucentini. Per un po' è stato bello, ma poi è calato il tedio. Forse potrei usarlo come punteruolo per introdurmi nei misteri della psicanalisi. Ma come! gli psicanalisti tentano di rivitalizzare il cadavere della loro disciplina volgendosi alla letteratura e io dovrei fare l' "originale" compiendo il tragitto opposto? Mi sono interessato alla sua biografia. Non è quasi mai uscito di casa. Se non per sfoggiare i suoi baffetti da sparviero in qualche salotto mondano, o in gran tour per fare un' abbuffata nelle quadrerie italiane. Non posso dire di aver palpitato nell' apprendere queste notizie. Mi metto di buzzo buono e comincio a leggerlo come fosse un febbricitante mistico dedito all' estasi estetica. Ma poi mi ricordo che la letteratura mistica, letta senza la giusta vibrazione spirituale già in corpo, è una delle più noiose che esistano. Siccome sono una capa tosta, tengo il punto, non mi arrendo e non mi risparmio. Serbo alcune strategie che non esito a giudicare azzardate pur di riesumare e rivitalizzare questa salma gelata. *** Provo adesso ad immaginarmelo come Filosofo anzichè come Scrittore. Subito il Nostro cessa di essere un raffinato indagatore di sfumature psicologiche per trasformarsi in un implacabile descrittore delle più occulte micro-fenomenologie. Ma anche così non funziona. E perchè mai il Filosofo dovrebbe essere meno noioso dello Scrittore? Semmai lo è di più, visto che alla ridondanza impressionistica assommerebbe la pedanteria dei protocolli. *** Ora provo a farne un autore di "fantascienza". Le sue storie sarebbero ambientate in un "Mondo senza Lavoro", quello che sognano e prefigurano molti sociologi italiani. Questa immaginazione fallisce perchè, in fondo, già molti altri autori si sono ipelagati nel milieu di un' aristocrazia sfaccendata. E' vero che questi continuavano ad assegnare un ruolo di primo piano alla "cura della rendita", o alla salvaguardia dell' eredità. E' pure vero che desiderio impellente dei grandi non-lavoratori della Letteratura è quello di lavorare, e quindi sempre di lavoro o di progetti di lavoro si parla (con la Roba che incombe, sul proscenio o dietro le quinte non fa molta differenza). E' ancora vero che mai nessuno è riuscito a creare quel vuoto complesso ma privo di economie materiali che solo Proust evoca con successo. Fa niente. La sensazione di dejavu che rende tutto più stantio resta, e manda a remengo anche questo sforzo. L' unica conseguenza interessante di questa ipotesi è quella di sortire l' effetto contrario. Anzichè proiettare le storie del dandy alla distanza siderale di galassie fuori mano, me le avvicina finchè me le ritrovo sotto casa. leggi il seguito per capire se racconto balle. Sarà l' alea, sarà il molto tempo libero di cui oggi disponiamo, ma molte delle discussioni proustiane, all' apparenza ridicole e senza oggetto, assomigliano parecchio a quelle che hanno impegnato gli svaccati giovanotti della mia generazione post-moderna. Chi puo' intrattenersi per pagine e pagine a disquisire sulle varie posture assunte a letto nella fase pre-sonno? chi puo' catalogarle esaustivamente abbinando a ciascuna di esse significati personali e sorprendenti rimembranze fatte uscire dal cupo cilindro dell' es? chi puo' mai redigere con competenza di prim' ordine questo kamasutra con Morfeo? Facile, Proust. E adesso, chi puo' discutere su questo stesso sterile soggetto per ore ed ore, tenendo sempre vivo il discorso quasi avesse importanza capitale per il resto della vita (o anche solo del week-end)? Risposta: io e qualche altro scansafatiche di mia conoscenza mentre il Sabato battiamo l' ottava "vasca" pre-aperitivo. La parentela è stabilita. Ma a nulla vale visto che la noia continua. *** In questo momento sto provando a buttarla sullo stile. Mi dico "sei di fronte ad un testo unico, nessuno ha mai scritto in questo modo, nessuno ha mai concepito una simile nebulosa verbale che tutto accoglie e tutto fonde. Disgraziato che sei, ammira il vaporoso sensismo e il trionfo olistico della visione tattile, stupisci di fronte ad una simile rarefazione dei punti, e incantati subito al cospetto dei proliferanti punto e virgola...". Ma lo stile da solo puo' mai bastare? Non è questo forse solo il servile strumento per spingere con forza la realtà da inoculare nella cervice del lettore? Che me ne faccio di una simile catapulta se mi manca il Bocione con cui caricarla? Sinceramente non so se c' è bisogno di rispondere alle domande di cui sopra. Non lo so perchè, sia che si risponda sì, sia che si risponda no, io continuo ad annoiarmi. E allora, a che vale? *** Ora mi viene un' idea. Chi più dei personaggi proustiani potrebbero togliermi dalle canne? Non è forse il suo Narratore un artista in erba che ragiona sull' etichetta da osservare di fronte all' "opera" quando intratteniamo relazione con essa? Saprà pure spiegarmi come si fronteggia un libro, come lo si rispetta, come lo si doma, come lo si mette a frutto, insomma, come lo si legge; saprà pure spiegarmi come tutte queste belle cose si possono e si debbono fare con il Suo di Libro. Senza contare che questa lezioncina sarebbe corroborata da una miriade di esempi pertinenti tratti dalla sua genuina esperienza personale. Ne uscirei arrichito, si scatenerebbero in me esigenze impellenti, numerose domande si assembrerebbero al mio labbro, sarei circondato da dubbi amletici che, nel tentativo di chiarire, mi costringerebbero a leggere con passione e zelo crescente la parte restante del Libro che ora pende inerte dalle mie mani. Sì, ma... Ma queste divertenti e fresche lezioncine, ora che ci penso, me le ha già impartite alla grande il tedesco Mann. Come tratteggia lui il dilettante appassionato alle prese con l' arte, non ha eguali. E' lui ad eternare per sempre la Corrida di Corrado, ad averci raccontato in modo definitivo il Natale, la Passione ed il Crepuscolo dell' inclinazione artistica. Che aborti divertenti e istruttivi sa narrare questo teutone! Kroger e Castorp hanno parlato ed hanno detto tutto sul tema. Per di più le sue lezioni si sono presentate da sè, in modo evidente e ineludibile. Non c' è mica stato bisogno di inventarsi strani forcipi per estrarle dal corpo dell' Autore. E siccome Proust non puo' essere secondo a nessuno - questo è poco ma sicuro, lo si vede, lo si sa, lo dicono tutti e una ragione ci sarà - non puo' nemmeno essere secondo a Mann. Quindi, anche questo è un vicolo cieco e, nell' essere senziente, impone una retromarcia rassegnata. Abbandono tutto e resto con la mia noia. *** Idea! Potrei prendere in carico le onuste pagine del capolavoro come fossero un raffinato repertorio di oggettistica vintage. Non ci si occupa forse di quel Tempo Ambiguo che è passato ma non passa? Parlo di quel Tempo su cui molta polvere si è già depostata ma che ancora non è assurto a dignità di Storia. Una versione nobile delle elencazioni necrofile di Arbasino-Nove-Fazio-Chiambretti. Sì ma, finchè si parla di...Jo Condor, Cicci Bum, Superchicken, Sbirulino, Oddo a Domenica Sprint, cera gray (eh-eh-eh), Cedrata Tassoni, Signor Bonaventura, freccie/corsari/pulcini neri (..."è un' ingiustiziaaa..."), Capitan Arlock, Capitan America, Capitan Miki, Gianconiglio, Si-Re-Si-Re-Si-Mi-Si-Mi, Monkeys, Supergulp, Gli Incontentabili, Disco Bambina-ba, Felicità-tà-tà, Zum Zum Zum, La leopardata Peroni, l' uomo in ammollo, "...Troi-Deux-Un...fiiii...", Babaluba, Bidibodibu, Oliver Onions a bordo della Dune Buggy, bassotti poliziotti, Zighi zaghi, carne Montana (è fresca è sana), "...se la tua squadra ha vinto...se la tua squadra ha perso...", El Dindondero, Ambrosoli, Giorgio Bubba, Orzò-orzò-orzoro, Papalla, le marimbe di Bernacca, le marimbe di Magilla, Temistocle, Billy il bugiardo, "...e la pancia non c' è più...", "e tittinduntratto il coro", Hanna&Barbera (altro che Disney!), "...ma quanto è forte Tarzàn...", Autotopo & Motogatto... - finchè si parla di tutto questo e similaria, io c' arrivo e ti strizzo pure l' occhio complice. Ma me lo vuoi dire cosa c' entro io con le porcellane Mei arabescate, il coturno di Talma, le otto varietà di gelsomino della Piccardia, l' abito a botticella, i cofanetti di sandalo normanno, i sugheri impregnati, le malvarose, cachemire/raso/mussola, le altee, gli alabastri cinesi con in rilievo il volo delle gru, la disposizione ottimale dei peri nel giardino all' inglese, i velluti criptomeria, le rose color zolfo...? Cosa c' entro io? Io non colgo. Non distinguo nemmeno la fettuccina sky finta pelle dalla scaglia Dior di coccodrillo marino! Cosa vuoi che colga? E quando non colgo...mi annoio. *** Altro tentativo, potrei provare, mentre scrivo, a rubacchiare qualche trucco stilistico dal grande Maestro. Almeno mi sarà stato utile a qualcosa. Per esempio, ruberei volentieri l' uso massiccio dei "presenti contemporanei". D' altronde lui l' ha rubacchiato a Flaubert, potrò pure permettermi... E sai che soddisfazione! L' ho usato fino ad adesso il trucchetto dei "presenti contemporanei"...e non posso certo dire di essere attraversato dai brividi dell' ispirazione selvaggia. *** Proverò a sfondare valorizzando l' aspetto più torbido delle vicende narrate. Per esempio, ma cos' è tutto 'sto via vai di omossessuali? Si parte dalle certezze, Charlus e Robert - con la pedofilia che fa l' occhiolino - e si arriva alle insinuanti ipotesi, Gilbert e Albertine. Mmmmm. Sarò condotto nel misterioso mondo della preferenza sessuale da una guida d' eccezione in grado di farmi intercettare il riverbero più delicato dell' emotività, quello che al fatidico crocicchio della scelta ti manda su una sponda (la wilde side) anzichè sull' altra. E sai che roba! Basta che accendi sulla Bignardi e nove su dieci sta intervistando un frocio, o ridacchia con ospiti che discettano amabilmente di inaudite perversioni. I "normali" sono vergognosissime mosche bianche impegnate a congegnare qualche falso outing che possa ancora destare interesse. No, la morbosità proustiana ha perduto ogni turgore e non ha più nessuna resa. Il mercato la respinge, roba da minorenni indietro con lo sviluppo. E allora la noia vince, occorre un diversivo. Fate presto! *** Devo ammettere che leggere Proust, NONOSTANTE TUTTO, è abbastanza noioso. Ma pensare a Proust è stato divertente. Scrivere pensando a Proust è stato ancora più divertente. Adesso sono troppo stanco per stabilire se le ultime tre righe che ho concepito siano in qualche modo significative. C' è una sorta di sovrasaturazione nelle cose su cui si è riflettuto troppo. Forse P. "deve" essere noioso. Forse fa parte della sua missione. Il suo azzardo nel mettere in fila il tempo senza imporre solide gerarchie agli istanti, l' utopia di chiuderlo nel libro conservando la sua compatta continuità, non puo' che generare noia... ...nell' attesa che si venga colti dal crampo dell' estasi, magari grazie ad una fortuita associazione che poteva annidarsi ovunque. Ma per stanarla bisogna passare in rassegna l' "ovunque", e sai che palle. E' quell' "ovunque" che impedisce di ordinare il mondo. Ti rendi conto? potrei essere vicinissimo alla soluzione senza saperlo!! Proprio ora che mi mancano le forze. Sarebbe terribile. Vago stremato con il mio testimone in mano in trepidante attesa di cederlo a qualche staffettista che completi l' ultimo tratto. ************************************************ *********************************************** ******************************************** **************************************************** **************************************************** ************************************************* ***************************************************************************** ********************************** ********************************************************************************************************************************************************************************** ******************************************************************** *************************************************** ************************************** ***************************************** **************************************** ******************************************* *********************************************** +++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++ +++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++ ++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++ +++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++ ************************ *************************** ******************************************** Dalla nostra inviata preferita Dalle frequenze di Radio Tre l' agenzia Austen, bruciando sul tempo l' agenzia Corona, ci ha puntigliosamente messo a parte degli affari privatissimi della Signorina Emma Woodhouse. E' una fortuna poter contare su una simile inviata nel fascinoso pianeta degli affari altrui! Non so come valuterà la torbida vicenda quel marpione del garante-Privacy. Spero solo che l' eccitazione inconcludente tipica di ogni politico che si ritrova per un secondo al centro della scena globale, non sfoci nella schizoide legiferazione ad-minchiam così caratteristica di chi non sa che pesci pigliare. L' unico bell' effetto sarebbe quello di non arricchire nessuno impoverendo noi "origlianti" orbandoci dell' ultima consolazione. So di gente che in pubblico inarca il sopraciglio puritano e si vanta di schifare certe porcherie intimistiche, gente che con iattanza sbandiera di non essersi mai chinata verso un innocente spioncino. Ma si tratta solo di sepolcri imbiancati, ve lo dico io. Perchè poi, nel chiuso delle quattro mura, la vedi che prosciuga i succhi rilasciati dalla signorina Austen sorbendoli con un istinto famelico che in vita loro avevano riservato al solo latte materno. E' gente che dietro la patina dell' altero disinteresse tiene tutti i radar ben azionati. E' gente di cui ogni giorno riceviamo notizia dall' Onda Verde: sono quei tali che intasano il traffico nella corsia opposta all' incidente. Oppure si tratta semplicemente di gente sfortunata che non si è mai imbattuta nell' irresistibile profilo sinuoso del buco della serratura così come lo intaglia la signorina Austen. Eh sì! I suoi buchi della serratura sembra che ballino la danza del ventre. Ah signorina Austen, lo so bene che avevi già spifferato tutto mettendolo nero su bianco secoli fa. Sono io che arrivo in ritardo, ostacolato dall' orgoglio viriloide che ruggisce e digrigna ogni volta che la disubbidiente manina non risponde più ai comandi e afferra un profumatissimo libro "da donna". Mamma mia la Austen, che occhiuto e orecchiuto paparazzo, sempre nel vivo della conversazione, sempre a tempo nella sincopata danza borghese, sempre sulla notizia. Vive accosta alla bella cerchia della countryside albionica e da questa posizione di favore ci scandisce l' immarcescibile rito della mondanità di laggiù. Io che sono un sempliciotto, spinto dalla mia fondamentale vocazione all' indifferenza e a lasciar correre, non ci arriverei mai ad isolare il principio attivo di quelle alchimie matrimoniali che la Signorina Austen invece ci serve così ben illuminate dai fari del suo set fotografico. Con quel periodare leggiadro e ben tornito, la nostra inviata speciale, riesce a non impaludarsi nelle metafisiche proustiane vincendo anche la concorrenza di questo aspirante monopolista delle intimità più recondite. Lo sparviero è un osso durissimo per chiunque si avventuri nell' impresa di esaurire il dicibile. E così, dopo l' agenzia Corona, anche la snobbissima agenzia Proust è sbaragliata e deve cedere il passo. Se mai dal parrucchiere avete sfogliato il rotocalco proustiano, vi sarete accorti che là dentro l' aria sembra ipercalorica, cosicchè pare si possa vivere solo di quella azzannandola di tanto in tanto. Se invece hai la mala sorte di nascere donna in un libro della signorina Austen, attenta a te. Devi subito abbandonare ogni ispirata contemplazione per alzarti le maniche. Ti tocca trottare bella mia, levarti la paglia, appassionarti di corsa al gioco combinatorio degli incontri mondani finchè non ti cattura la malia della pantofola, accasarti finchè hai qualcosa da mettere in vetrina, ricercare la sicurezza di una vita tranquilla finchè hai benzina con cui spingere in avanti la tua carcassa, inquadrarti nell' ambiente e renderti sempre presentabile finchè sei presentabile in potenza. La scrematura è severa e in poche sopravvivono: quelle in cui la passione regge la coda alla virtù, quelle in cui ogni slancio è illuminato dal buon senso e dall' immanente ironia, quelle in cui i modi pronti e decisi, privi d' artificio, vanno a braccetto con i complimenti studiati, quelle che sanno parlare senza aprire bocca. Quelle che sanno lubrificare scovando dove si annida la ruggine. Quelle come la signorina Emma. *** Adesso la protagonista del jet set deve fare qualcosa di decisivo (forse ha dimenticato il sugo sul fuoco) e corre via più veloce del vento e della Vento, i segugi "minori" sgommano reattivi mettendosi sulle sue piste, ma presto sbandano perdendo ogni traccia. Puoi sentire da lontano il loro confuso abbaio ormai rotto e immotivato. Nel momento in cui i teleobbiettivi di Corona vagolano sbalestrati, ecco scattare le molle della signorina Austen che scende in campo risoluta: le sue competenti ricerche nasali inquadrano la vittima nel mirino, poi si butta per le fratte finchè, con un a-fondo magistrale, abborda l' eroina costringendola a rilasciare subito dettagliatissima intervista. Ma che sia dettagliatissima, che si vada a fondo, che si affronti e dipani ogni cavillo, vogliamo l' encefalogramma, vogliamo un po' di pornografia (dello Spirito). E che sia pronta in coincidenza con il nostro prossimo appuntamento dal parrucchiere. Puritani, Censori, Garanti, Metafisici, Maschioni viriloidi, Proustiani, Paparazzi coronati! Non rompete gli zebedei e lasciateci leggere in santa pace. ********************************************** ********************************************** Sergentemagiù Rigoni. Questi scrittori di guerra li riconosci subito, hanno tutti un rigo dal cominciamento che attacca d' impeto, come se la storia gli bruciasse tra le dita. Poi si acquietano, ne hanno passate tante e ora ce le raccontano ritmati dalla lenta gravità delle loro stanchezze, svuotati da tutto per potersi svuotare da ogni rancore e da ogni rivalsa, neanche poi così contenti come si aspettavano di essere "tornati a baita". Il cervello di quelli venuti giù dalla Russia poi, mentre raccontano, è ancora intontito dal crocchio della neve sotto lo scarpone, è ancora trapassato dal quadrante di Cassiopea fissato per ore durante le marce notturne. Nella steppa hanno combattuto una guerra dura contro altri uomini, e una seconda ancora più dura contro i topi slavi che cercavano di condividere le loro coperte. Poche soddisfazioni, pochissime. Giusto a Natale due fette di polenta e gatto, ma polenta dura eh? (alla bergamasca). Però due fette grandi come mattoni, Il tutto innaffiato con ottima acqua di neve, e per codina un caffè pestato nell' elmetto. Che era Natale lo si capiva subito dal modo di bestemmiare. Uno smadonnamento fiorito, soave e disteso, non come quel rosario sparato senza neanche prendere fiato che partiva quando ti impigliavi nei gabbioni di filo spinato, e ci finiva dentro la naja, la fidanzata, la posta, gli imboscati, i russi, mussolini, e altri personaggi inventati sul momento. Il tutto da godere ticketless. Anche quella guerra era più che altro un sovrapporsi di interminabili e snervanti momenti di pace. Una pace satura di attività che non erano il massimo per lo sviluppo di un solido capitale umano. Potevi dedicarti all' ascolto degli starnuti del nemico, a vedere diventar bianchi e poi scoppiare i pidocchi buttati sulla piastra, allo staccio della farina, alla fumatina di una Milit, a cambiar trincea saltellando nella neve come un capretto a primavera, a pensare parole nuove da scrivere alla ragazza (parole nuove = parole diverse da baci, bene, amore, ritornerò), a fumarti la posta ricevuta, a giocarti a carte i soldi della deca, a evitare i conducenti che odoravano di mulo e che si grattavano la scabbia. Poi finalmente, attesissima, liberatoria, arriva la guerra (detta anche la sagra). Con il miagolio nell' aria delle pallottole che passano di sopra. Oggi pomeriggio ne muore solo uno che non conoscevi neanche tanto bene, Cade e la neve gli entra nella bocca, fai le tue cose e quando lo riguardi il sangue gli esce sempre più piano. Ma smette subito anche questo pezzo di guerra che non voleva consumarsi, smette sussultando come smette la risata di un ubriaco, con qualche fucilata raminga che si attarda senza credere più in se stessa. La fucilata ingiustificabile di uno che è invasato dalla rabbia degli stanchi, degli stanchi di guerra e di vita. Quando vedi il comandante più tignoso e incapace con la gamba in cancrena ti viene da dire che era un buon diavolo anche lui. E pure questo sentimento ti sale spinto dalla spossatezza, è una misericordia regalata dalla stanchezza. Era un tenente giovane e impazzito, la truppa aveva imparato l' arte di non obbedirgli assecondandolo. Il capitano era il primo ad inorgoglirsi per questa abilità sopraffina e provvidenziale che deve essere il bagaglio primario di ogni buon soldato. Intanto - mentre passando vedi ancora alcuni alpini placidamente addormentati che muoiono immobili incassati come stravecchi piccioni dalla massa dimezzata definitivamente ai margini dello stormo - il Don è un Lete che spinge alcuni fortunati ormai indifferenti fuori dalla "sacca". ****************************************** ******************************************* *************************************** Caro Matteo, ho la netta sensazione che sia possibile uguagliare le opportunità di tutti solo sacrificando ampie fette di libertà. Per dimostrarlo ricorro ad un esempio: Pincopallino ha un sogno, nel corso della sua vita lo realizza attraverso il duro lavoro. Alla fine arrivano soddisfazioni e ricchezza. Già da tempo però si è accorto che puo' dare un senso forte alla sua intrapresa solo se questa è destinata a sopravvivergli. Ora ha un unico pensiero: progettare il futuro della sua impresa per quando lui non ci sarà più. E' il semplice desiderio di un uomo libero. E' anche un istinto comune che tutti noi sentiamo come legittimo: quello di incidere sulla destinazione dei frutti del nostro lavoro. Eppure in una società finalizzata ad "eguagliare le opportunità" questa libertà deve essere repressa al fine di evitare che l' esistenza di un eventuale erede designato instauri delle diseguaglianze. Come vedi anche questa "eguaglianza" nasce da un limite imposto ad una libertà che tutti noi sentiamo come legittima. ************************************ ****** ************************************************** ************************************************** ************************************************ ************************************************ ************************************************** *************************************** ******************************************* ***************************************** ************** */********************* ********************** *************************************** ************************************************** *********************************************** ************************************************ ************************************** *********************************************************************** ********************************************* ********************************************** ******************************************** ************************************************ ************************************************* ************************************************** ********************************************** **************************************** ******************************************* ************************************************ ************************************************** *********************************** ******************************************** ********************************************** ********************************************** ************************************************* ************************************************** ************************************************* *************************************************** ***************************************************** ************************************************ ***************************************** ************************************************************** **************************************************** ****************************************************************** ****************************************************************** *************************************************** ************* ************************************* ******************************************** *********************************************** x, va bene, si è capito abbastanza bene, forse è inutile che tu insista: hai delle idee diverse dalle mie. Solo che non sai difenderle. Sono semplici idee isolate che ti vagano in testa seguendo orbite misteriose, non conclusioni. Non sai spiegare il motivo per cui le si debba prendere in qualche considerazione. O meglio, lo sai spiegare solo a chi già le condivide. Hai preso dei libri con cui fin dall' inizio sentivi affinità e hai pensato che il mondo finisse lì. Quei libri sostanziavano le loro tesi con rassicuranti dimostrazioni complicatissime che non puoi riprodurre qui sul forum e nemmeno lo sapresti fare. Ma guarda che non fa niente. Per sostenere quelle idee c' è bisogno anche di te, cosa ti credi, di gente pratica come te. Per esempio, potresti andare in piazza come uomo/snadwitch e gridarle più forte che puoi. *********************************************** L' Europa dorme e molti anche qui nel forum sono impegnati a cantare a squarciagola la Ninna Nanna. Ascoltiamo loro visto che l' Idomeneo di Mozart non è possibile ascoltarlo. Sembra che i Mussulmani riescano sempre più ad imporre anche qui le regole censorie che vigono nei loro paesi. Oggi sono il 5-10% della popolazione. E quando questi nostri amici saranno al 20%-30%, come peserà questa cultura che tanto a lungo ha vietato la rafigurazione di esseri viventi e che ha sempre tenuto in sospetto la stampa? Lo scrittore Sebastian Vila Rodriguez individua provocatoriamente un punto di svolta culturale nella tragedia tutta europea di Auschwitz: l' Europa perde 6 milioni di ebrei, il popolo più incredibilmente creativo in circolazione (0.02 della popolazione, 20% di Nobel) per sostituirli nel corso della fine secolo con i 20 milioni di mussulmani, popolazione spesso violenta fanatica ed ingrata. ********************** ********************** ***************** I poveri pagano meno e i ricchi pagano di più. Bello dirlo. Quando una tassa viene istituita chi sarà poi a pagarla? Non bisogna confondere chi porta i soldi all' esattore con chi sopporta effettivamente il costo di quella tassa. Il ricco viene tassato e aumenta i prezzi per recuperare almeno in parte l' uscita che ha avuto. Il povero subisce questo rincaro. Ecco un caso in cui la "tassa sui ricchi" viene pagata, in buona parte, dai poveri! Altro esempio: viene aumentata la tassa sui profitti societari e la Dell apre uno stabilimento a Montpellier anzichè in Piemonte. A pagare sono anche e sopratutto i disoccupati piemontesi (presumibilmente poveri). Ecco un altro caso in cui i poveri pagano una tassa destinata ai profitti societari. Troppe tasse, niente panfilo. Il mozzo (che con il suo misero stipendio manteneva anche la nonna vecchia e malandata) si ritrova per strada dando il suo contributo nel pagare la tassa sugli yacht. Si potrebbe continuare all' infinito. Anche con esempi di segno opposto, ovvero di come i ricchi godano delle minori tasse imposte ai "poveri". L' "economia fiscale" è una delle più complesse che esistano. Il meccanismo del trasferimento d' imposta impedisce di vedere chiaramente su chi gravi effettivamente una tassa. Mi scuserete quindi se mi viene un po' da sorridere quando in questi giorni si sente dire "i ricchi pagheranno più tasse" oppure "diminuite le tasse ai poveri". Visto il tema di qusto thread aggiungo, avvalendomi di un esempio, un' ulteriore difesa dell' evasore. Grazie all' evasione di una tassa è possibile praticare prezzi bassi a tutto vantaggio degli eventuali acquirenti poveri che ne traranno vantaggio. E magari ne subiranno un danno i ricchi concorrenti dell' evasore. L' evasore come Robin Hood: toglie ai ricchi per dare ai poveri (trattenendo per sè una % infinitamente inferiore rispetto a quella delle burocrazie welfaristiche). ********************************************** ********************************************* ********************************************** ******************************************* ********************************************** ********************************************** Durante una gita telematica mi sono imbattuto in questo antico manoscritto che qui deposito in favore di chi ancora si senta risparmiato dal qualunquismo imperante.
Come smontare il mito dell' evasore/ladro. Leggendo il forum ogni tanto capita di imbattersi in chi sostiene che l' evasore sia un ladro. A prima vista questa affermazione fa sobbalzare. Eppure è sostenuta da molti, sebbene non sia quasi mai spiegata. Devo subito aggiungere che le intelligenze migliori del forum non sembrano cadere nel trappolone. In fondo la confusione mentale su questo punto è più che giustificata: siamo stati tutti educati e circondati da strutture che campano grazie alle tasse ed hanno un interesse diretto a dare per scontato e a propalare il giudizio di cui sopra. Esempio: quando Padoa Schioppa dice che l' evasore è un ladro bisognerebbe intendere: "chi non paga il mio stipendio è un ladro". C' è puzza di conflitto d' interesse. La sentite anche voi? Ma forse molti non danno peso ai conflitti di interesse. Tento di sostituire alle "schioppettate" della politica accecata dagli interessi di parte, un ragionamento rigoroso e neutrale con premesse facilmente accettabili da tutti. La strada da percorrere per dimostrare l' infondatezza del giudizio di cui sopra è piuttosto facile e breve. Basta fare 10 passi.
1 passo Innanzitutto l' evasore non puo' essere equiparato allo statale fannullone: il secondo non rispetta un contratto, il primo non intende stipularlo. La seconda opzione è legittima, la prima no. Lo capiscono tutti (tranne Sinibaldi).
2 passo L' evasore difende la sua proprietà da un attacco fondato sulla violenza fisica. E' forse questo il comportamento tipico del ladro? Ovviamente no (assomiglia di più al comportamento di chi si difende da un ladro). Anche qui non dovrebbero esserci obiezioni.
3 passo Qualcuno sostiene che l' evasore sia uno "scroccone" poichè usa, per esempio, una scuola (o una strada) che non contribuisce a finanziare con le tasse. Ci sono almeno due motivazioni oggettive per cui anche questa affermazione è infondata. Prima di tutto ricordo che lo scroccone è colui che sfrutta opportunisticamente qualcosa che appartiene a qualcun altro. Ma la "strada pubblica" non appartiene a nessuno! Per capirlo bisogna fare una premessa. Cos' è una strada pubblica? E' una strada la cui costruzione è finanziata dalle tasse. Ora, che le tasse siano un' estorsione è abbastanza evidente e pacificamente ammesso. Basta pensare di cosa stiamo parlando: un tale si presenta armato da Tizio proponendogli il cosiddetto "contratto di Corleone" (o patto fiscale). Il "contratto di Corleone" ha questa struttura: se Tizio ci sta, bene; se non ci sta, viene dato corso alle minacce e alle violenze del caso finchè tizio cede e, quello che si presentava fittiziamente come un contratto, si trasforma in cio' che è in realtà: una pura e semplice coercizione. Chiamiamo pure "ladro" l' estorsore (anche se tecnicamente non sono la stessa cosa: in genere l' estorsione viene ritenuta un aggravante del furto) e chiediamoci quanto segue. Se il ladro successivamente acquista qualcosa scambiandola con la sua refurtiva diventa forse un legittimo proprietario di cio' che ha acquistato? No, ovvio. Una conseguenza è la seguente: sottrarre ad un ladro la refurtiva o cio' che ha acquistato con la sua refurtiva non è mai un furto (es. il sequestro dei beni ad un mafioso acclarato è forse un furto?). Anche questo lo capisce chiunque. E anche in questo caso giungiamo alla conclusione di prima: l' evasore non è mai un ladro. La cosa è tecnicamente impossibile.
4 passo Qualcuno ha obiettato che i beni "consumati" dall' evasore siano sottratti al patrimonio destinato a risarcire coloro che hanno subito l' estorsione fiscale. L' argomento avrebbe una qualche plausibilità, ma solo nel caso in cui una simile procedura di risarcimento fosse avviata. La prima risposta quindi è semplice: una simile procedura non è mai cominciata, non è alle viste e, direi di più, è impossibile. E' un po' come per il fallimento. Le azioni revocatorie sono legittime solo all' interno della procedura fallimentare. Nell' impossibilità di risarcire, la refurtiva viene considerata "bene di nessuno", un po' come l' oggetto smarrito di cui sia impossibile ritrovare il proprietario. Di conseguenza, il problema non si pone. Una seconda risposta (a questo punto pleonastica)verrà esplicitata indirettamente ai punti 6 e 7. Vedremo come uno dei massimi danneggiati da risarcire potrebbe essere proprio l' evasore.
5 passo Non prendo nemmeno in considerazione chi sostiene che noi siamo legati da un accordo che si sostanzia nella Costituzione. Certo, se fosse davvero così le cose cambierebbero. Ma questo accordo non esiste nella realtà. Tutti lo vedono, anche coloro che lo rivendicano (infatti, quando parlano con rigore, devono dire "facciamo finta che tutti gli italiani abbiano stipulato..." [contrattualismo]). Mi sembra che si possa procedere oltre e non perdere tempo.
6 passo Veniamo ora a qualcosa di un pochino più sofisticato (lasciamo le scuole elementari ed entriamo in prima media). Teniamo a mente l' accusa che l' ingenuo rivolge all' evasore che utilizza una strada pubblica: "scroccone"! In questi casi bisogna osservare come all' evasore venga "imposto" un determinato servizio attraverso la privazione delle alternative. E' il fenomeno che gli economisti chiamano "spiazzamento". Es. la scuola pubblica "spiazza" le private, come dicono gli studiosi. Se non ci fosse il pubblico ci sarebbe il privato. Ma siccome c' è la concorrenza sleale del pubblico, il privato sparisce limitandosi a tappare i buchi del colabrodo. Se non ci fosse la strada pubblica ci sarebbe quella privata. Ma questa strada, in presenza di quella pubblica, non c' è perchè ha subito uno "spiazzamento" di natura violenta da parte di un operatore (stato) che, avvalendosi dello strumento estorsivo (tasse+regole) fa concorrenza sleale (ovvero violenta). L' evasore prende quel che c' è, visto che le alternative che gli spetterebbero hanno subito un' aggressione violenta e non possono venire alla luce. Direi che la definizione di scroccone è ben diversa.
7 passo Non è finita qui. Consideriamo un danno ulteriore che potrebbe subire l' evasore. Se l' evasore fosse stato (controfattuale) il padrone delle strade "spiazzate", oltre al danno subirebbe una beffa. In un mondo non-violento sarebbe probabilmente stato miliardario, ma cio' gli viene impedito con un aggressione. Dopo tutte queste tegole che gli sono piovute in testa suona ancora più grottesco definirlo uno "scroccone".
8 passo Il bello è che la direzione dello "spiazzamento" non è prevedibile! Magari le risorse sequestrate per la costruzione della strada sarebbero state spese per vedere all' opera la band dove suona Matteo. Il miliardario sarebbe stato Matteo. Oltre a sottrargli manu militari i suoi miliardi e la sua fama, con che coraggio lo accuserei di circolare a scrocco sulla strada che ho costruito a sue spese?
9 passo Facciamo un esempio ancora più semplice. Matteo se ne sta nel suo salottino a vedere la TV. Un tale fa irruzione e con la pistola costringe il nostro bel mantovano ad uscire di casa e a montare su una barca. Una volta in mezzo al Mincio Matteo prende a lamentarsi. Quello gli fa: "se non ti sta bene puoi sempre tuffarti e tornartene a casa". Matteo, che non sa nuotare, pretende di essere ricondotto a riva con la barca. Quello lo accontenta non senza brontolare e accusandolo animosamente di "scroccare" un passaggio a ufo. Vista la situazione l' accusa suona decisamente assurda! Il buon Matteo voleva semplicemente un' altra cosa (starsene a vedere la TV), lui gli ha imposto con la forza la sua volontà e poi, per il solo fatto che Matteo sfrutta la barca con cui è stato sequestrato, si prende dello scroccone!? Eppure questa accusa assurda assomiglia molto a quella che molti fanno all' evasore!
10 passo Ciascuno consideri il caso tipico della Mafia classicamente intesa. Se l' evasore è un ladro allora lo è anche chi si sottrae al pizzo. Ricordo sommessamente che i servizi di protezione offerti della mafia sono brutali ma efficientissimi (nemmeno paragonabili a quelli statali). Se uno scippatore disturba la sera un quartiere "protetto", te lo ritrovi appeso al lampione la mattina dopo. Ma chi evade il pizzo in un quartiere "protetto" è uno scroccone? No di certo. Eppure a questa conclusione un po' comica giunge chi si intestardisce ad equiparare l' evasore al ladro.
1 precisazione Attenzione, con ciò non ho dimostrato che l' evasore NON sia uno scroccone. Ho dimostrato che non si può dimostrare che lo sia. In altre parole, ho dimostrato che il giudizio: "l' evasore è uno scroccone" è infondato. Potrei anche pescare a caso nell' elenco del telefono e dire che Tizio è un ladro. Certo, posso dirlo, puo' darsi anche che abbia ragione. Ma non posso dimostrarlo. Anche nel caso di Matteo, Mr.X potrebbe asserire che Matteo, in realtà, voleva proprio farsi un giro in barca. Io non sono in grado di dimostrare il contrario. Posso solo dire che quanto Mr. X afferma non è dimostrabile visto che Matteo non hai mai espresso quella volontà.
1 soluzione Fortunatamente il problema degli scrocconi puo' essere risolto in modo brillante. In questi casi come questo, infatti, esiste la "soluzione perfetta". Per essere sicuri che non esistano scrocconi basta evitare di imporre alcunchè a chicchessia.
1 corollario Con premesse logiche accettabili da tutti ho cercato di dimostratre che "evadere" non sia di per sè una defezione etica. Cio' non toglie che la via dell' evasione sia la più conveniente nella lotta contro le tasse. Anzi, personalmente penso proprio che sia un vicolo cieco, ma questo è un altro discorso.
epilogo Che l' evasore non fosse un ladro, in fondo, lo sapevamo tutti e questa passeggiata di 10 passi era abbastanza prevedibile. In alternativa ci sono altre passeggiate interessanti. per esempio quella che ci spiega se "il pagatore di tasse" sia un "connivente". Ne propongo un' altra più avventurosa. Anch' essa si compone di 10 passi. Questa volta però il panorama è mozzafiato. Sarà possibile vedere (non dimostrare) l' evasore come un "pubblico eroe". Alla prossima. ************************************************ ************************************************* *** ********************************************** ************************************************** ************************************************* ********************************************** ********************************************** ******************************************** ************************************************************************************************************** ***************************************************************************************************************************** ********************* ******************************************************************************************* Dopo qualche mese sono venuto a conoscenza di una buona risposta al quesito originario di questo thread. Devo molto a Bertrand de Jouvenel (Sorbona, Oxford, Cambridge, Yale, Chicago, Berkeley) e al suo libro "Il Potere. Storia della sua crescita." (Sugarco). Lui la risposta l' aveva già formulata negli anni 70 dopo una lunga maturazione partita dalla guerra che lo segnò molto. Per Potere intende quella forza coercitiva in grado di ottenere la sottomissione (schiavitù) del prossimo anche solo con la minaccia. BdJ nota e descrive come nel corso della storia il Potere sia sempre più cresciuto. Le guerre dell' ultimo secolo hanno mobilitato e richiesto l' obbedienza di una moltitudine impensabile solo qualche secolo prima. Però c' è un' altro insegnamento che viene dalla storia: per trarre i migliori frutti da una persona sottomessa, specie sul lungo periodo, è necessario che venga "trattato bene", è necessario concedere a costui dei privilegi. Il Potere ha imparato e impara sempre più questa lezione. La risultante di queste due forze si riassume in una formula storicistica di questo tipo: nella storia la condizione di schiavutù è andata estendendosi, così come sempre più estesa è stata la consapevolezza di quanto convenga rispettare lo schiavo assicurandogli un trattamento sempre migliore. Certo le concessioni che fa il Potere riservandosi il diritto di revocarle quando desidera (cosiddetta libertà repubblicana) sono certamente un bene prezioso, ma sono ancora libertà? Una volta la libertà era un "fatto", aveva natura aristocratica, era il dominio che il Potere non era ancora riuscito ad invadere. Oggi le barriere sono travolte, il Sovrano straborda e la libertà ha assunto una dimensione artificiale: è cio' che il Potere onnipresente ci concede graziosamente dall' alto finchè non ci ripensa. ************** Amare la povertà puo' essere cosa degna. Anche se ho delle riserve. Ma quando questo sentimento si presenta scortato da quello dell' invidia, allora cominciano i guai. E qui, sotto gli slogan datati, trapela molta invidia verso il ricco. Secondo me si tratta solo di muffi socialismi (l' incartapecorito Manifesto potrebbe accoglierli) che sconfitti dalla storia tentano altri travestimenti pur provare ancora una volta l' ebbrezza di stare "dalla parte del torto". Con cio' non voglio certo dire che non rappresentino una minaccia e vadano tenuti sotto controllo con qualche sculaccione all' occorrenza. ******************************************** *********************************************** *************************************************** ******************************************* ***************************** ************************************* ***************************************** ***************************************** ******************************************* ***************************************** *************************************** In una Scuola che dovrebbe coltivare lo spirito critico, che è innanzitutto spirito critico nei confronti della legge, piomba come un macigno L' ORA DELLA LEGALITA'. Neanche nell' irregimentata Francia napoleonica o nella militarizzata Prussia Bismarkiana avrebbero potuto inventarsi qualcosa del genere. Il prossimo passo probabilmente sarà una bella raccolta di firme tra il corpo docente, simile a quelle di triste memoria, tanto per meglio identificare i dissidenti. Certo che se indottrini per bene la capoccina di chi è ancora acerbo puoi limitare i tuoi sforzi per convincerla quando sarà più matura. La logica del Potere non cambia nei secoli. Mi sembra proprio la via peggiore per dar fastidio alle mafie, visto che il pretesto sembra quello. Anzi, questi campioni riescono persino nell' ardua impresa di rendercele più simpatiche. ********************************************* ********************************************* *************************************** ***************************************** ********************************** ******************************************** ***************************************** Capitalismo e Lobby Ascoltando quanto si dice nel forum c' è sempre qualcuno che postula un nesso tra l' ideologia capitalistica e il fenomeno delle Lobby. Una cosa del genere si puo' fare solo ignorando la nozione di CAPITALISMO. In una società capitalistica lo Stato è privo di gran parte dei poteri che oggi noi siamo abituati ad attribuirgli. L' azione dei "privati" è preponderante in tutti settori. Lo Stato si limita a vegliare sull' osservanza delle poche regole che reggono la società capitalistica. Dovrà trattarsi unicamente di regole tese a tutelare proprietà privata e libero contratto. Uno Stato così congeniato non è in grado di "elargire favori" per il semplice fatto che non ne ha i poteri. Ma le Lobby, per definizione, sono proprio organizzazioni costituite per richiedere favori allo Stato. Cosa mai potranno chiedere ad uno Stato intrappolato da una Costituzione Capitalista? *** Esempio 1: la "Lobby dell' Auto" chiede una legge sulla rottamazione. Ma uno Stato capitalistico non potrà mai elargirla visto che cio' significherebbe dare a qualcuno (contributi) prendendo necessariamente a qualcun altro. Il che è contrario al principio della proprietà privata e quindi ad una Costituzione Capitalista. Esempio 2: la "Lobby sindacale" chiede una legge che imponga le ferie pagate. Ma uno stato capitalistico non potrà mai elargirla visto che cio' violerebbe la libertà di contrattazione. Uno dei caposaldi della Costituzione Capitalista. Come è facile vedere uno Stato Capitalista è destinato a frustrare qualsiasi Lobby. La conseguenza logica è che, chi abbia come priorità la guerra alle Lobbies, debba spingere verso uno Stato Capitalista. *** Il ragionamento è piuttosto semplice. Ma perchè allora si producono così facilmente gli svarioni da cui siamo partiti? Alcuni motivi ci sono e provo a spiegarne uno. Chi difende i principi della società Capitalista? Risposta corretta: chi professa l' ideologia capitalista e fa militanza in questo senso. Eppure questa risposta spesso viene mancata. In molti, con un istinto inconsulto, pensano che a difendere il Capitalismo siano i Capitalisti. E perchè mai? Costoro, poi, osservano ancora che i "capitalisti" hanno anch' essi la tendenza a organizzare potenti lobbies e concludono abbinando Capitalismo e Lobby. Ma questa conclusione è fallace poichè discende da una premessa stravagante. *** Dirò di più: non solo è logicamente errato pensare che i capitalisti potenti professino per definizione l' ideologia capitalista, spesso esistono buone ragioni perchè sia vero il contrario. Una società Capitalista è dinamica, contano molto i talenti, lo sforzo prodotto e la fortuna. Insomma, è la società del rischio e quindi anche la società dove è più facile perdere i propri capitali. Ma grossi capitali puo' perderli solo chi li ha. Il capitalista è il detentore di una grossa fortuna. Il suo massimo desiderio è che il mondo si blocchi per sempre così com' è ora, che non accada più niente e lui possa godersi la sua fortuna senza che sia messa ulteriormente a repentaglio. Come si vede il mondo ideale del capitalista affermato non è certo un mondo capitalistico. In quest' ultimo la roulette continua a girare, l' aggiornamento delle conoscenze deve essere costante e lo sforzo prodotto sempre intenso. Anche le preghiere perchè il fato non sia avverso sono incessanti. Potremmo metterla così: il mondo capitatalistico fa emergere il capitalista che, una volta al vertice, ha tutta la CONVENIENZA a rinnegare gran parte di quei principi. Ecco allora che il capitalista si rivolge allo Stato affinchè fermi in qualche modo il rischioso, vorticoso ed impegnativo "gioco del capitalismo". Chiederà cioè dei favori, magari facendoli passare per una pulsione filantropica. Per farlo lavorerà sodo affinchè lo Stato dismetta la sua Costituzione Capitalista e diventi uno Stato con poteri più estesi, vale a dire uno stato in grado di concedere quei favori che lui ora ingiunge. **************************************** **************************************** **************************** *********************** ************************************************* ************************************************** Cosa cerca di inquadrare la categoria dell' anti-americanismo? Non certo l' attitudine a criticare le politiche americane. Esercizio in sè senz' altro legittimo ma che deve considerarsi solo un effetto del sentimento anti americano, e non certo una sua esclusiva specifica. L' antiamericanismo è una critica sistematica alla mentalità tradizionale americana e ai suoi valori e quindi anche ai comportamenti di questo popolo. Da notare che la "mentalità" americana a ben poco a che spartire con la mentalità "imperialista". Gli USA erano una colonia, nascono per liberarsi dalle maglie di un impero, hanno combattuto una guerra di Secessione, hanno regalato alla filosofia politica il più rigoroso e sistematico pensiero isolazionista in tema di politica estera. Tutto questo ha delle conseguenze sul comune sentire. Cio' non toglie che, nel corso della loro storia, abbiano realizzato anche politiche "imperialiste". Ma questo è da imputare sopratutto al dislivello di forze in campo che conduce inevitabilmente a quel genere di tentazioni. E' dovuto al fatto di aver dovuto combattere una guerra fredda nucleare, in cui chi spara per primo vince e dove contano moltissimo le "aree di influenza". E' dovuto al fatto di dover combattere una guerra asimmetrica, in cui il nemico deve essere scovato prima ancora che affrontato. Le politiche "imperialiste", che non sono certo mancate, sono sempre state vissute come strategie politiche e non come un istinto naturale di conquista. Quando poi penso che questa accusa viene perlopiù dall' Europa, verrebbe da esclamare "da che pulpito"! No, l' avversione antiamericana non coincide con il ripudio delle politiche "imperialiste", per il semplice fatto che il sentimento dell' America profonda non possiede i connotati del sentimento imperialista. *** A mio parere l' antiamericanismo non è altro che una variante di cio' che in Europa conosciamo molto bene, purtroppo. Non è altro che l' ennesima reincarnazione sotto mentite spoglie dell' "odio contro il borghese". Questo odio si è presentato in veste di acuta passione nel XIX secolo (dal "parvenu" di Balzac, al "povero diavolo" di Stendhal, fino al "filisteo" di Marx) e in forma di ideologia nel XX (Comunismo, Fascismo, Nazismo). Sia la destra reazionaria che la sinistra socialista hanno fatto ampio uso di questo capro espiatorio per giustificare tutte le disgrazie del mondo. Il "borghese" (oggi forse diremmo "la multinazionale"), incarna il capitalismo e l' individualismo foriero di diseguaglianze, di consumismo, di invidia e disgregazione sociale e di tutto cio' che odiano di più destra, sinistra e certo cattolicesimo pauperista e sentimentalista. Odiato a destra perchè causa prima della distruzione del solido ancien regime e delle aristocrazie tradizionali. Odiato a sinistra perchè portatore di diseguaglianze profonde. Il danaro che maneggia il "Borghese" attira contro di lui i pregiudizi degli aristocratici, la gelosia dei poveri e il disprezzo degli intellettuali frustrati. Questi ultimi lo accusano di aver cavalcato le rivoluzioni per istituire un "mercato" e non certo una "cittadinanza". Sono convincenti le analisi storiche che equibarano, nell' Europa del secolo scorso, la figura del "Borghese" a quella dell' "Ebreo". Entrambi, affrancati dal denaro, metterebbero a repentaglio l' unità del clan. Il "Borghese" vive poi in antitesi con l' artista. E' meschino, brutto, laido, laborioso, modesto, anti-estetico, volgare...E' esecrato dall' artista rivoluzionario (Stendhal, Heine...) ma anche da quello conservatore (Flaubert, Holderlin...). I guai maturano quando è lui che comincia ad odiare se stesso. Spesso è infelice e si dedica a studiare sterilmente la propria infelicità. Non di rado finisce per offrire lo spettacolo sconsolante e ridicolo di chi sputa nel piatto in cui mangia. Una volta raggiunta questa drammatica autocoscienza, è inevitabile che si indebolisca parecchio anche la sua proverbiale spinta sociale propulsiva. Per paura di tanto odio, nella storia post rivoluzionaria, ha spesso cercato rifugio presso Protettori/Sfruttatori poco raccomandabili. Quasi sempre queste alleanze si sono rivelate nefaste. *** Ebbene, come dicono gli storici, l' America è un grande paese che non ha avuto una "classe borghese", bensì un "popolo borghese".
Un Paese, cioè, dove non c' è socialismo. Per questo motivo non ha sviluppato la psicologia di cui parlavo sopra che rimane prevalentemente tipica dell' Europa continentale. *** Anche se il "borghese" è definito dall' economico, possiede in realtà valori universali: innanzitutto l' individualismo. La mia idea è che possa definirsi "antiamericano" solo chi avversa nel profondo questo valore. *********************************************** ********************************************** I programmi sono validi o non sono validi? Ma è davvero rilevante? Se mi obbligano a fare qualcosa contro la mia volontà, mi rassegno un po' brontolando. Ma è quando mi costringono a fare qualcosa che avrei fatto ugualmente che mi incazzo davvero! ************************************************* ************************************************* Liberalizzare significa deregolamentare. Deregolamentare significa desindacalizzare. Ogni vera liberalizzazione colpisce un sindacato. La deregulation di Reagan ha colpito duro a catena tutti i sindacati, a partire da quello dei controllori di volo. La deregulation della Thatcher stese il sindacato dei minatori e, con effetto domino, molti altri. *** Si colpisce il "sindacato" dei benzinai quando si consente anche agli ipermercati di vendere la benzina. Si colpisce il "sindacato" delle banche quando si richiedono meno vincoli per la costituzione di una banca. Si colpisce il "sindacato" dei lavoratori dipendenti quando si liberalizza il licenziamento. Una liberalizzazione è tanto più efficace quanto più è potente e conta il sindacato colpito. "Colpire il sindacato" non è certo un atto violento. Significa solo equipararlo ad una libera associazione qualsiasi togliendo ad esso ogni privilegio. Mi sembra che da noi in Europa la strada sia ancora molto lunga e, probabilmente, non verrà mai percorsa per intero. Questo anche perchè molti sindacati godono niente meno che di una tutela costituzionale. ****************************************** ****************************** Tiè tiè tiè - cicca cicca - chi lo dice sa di esserlo - non mi hai fatto noente faccia di serpente - non mi hai fatto male faccia di maiale - specchio riflesso - chi lo dice è cento volte più di me - tanto poi glielo dico a mio papà e te vedi che fine che fai...grassone cicciobombo - ciapa su e porta a caa - pippirimerlo - ***************************** ******************************** ******************************************************************** ********************************************** *************************************** ********************************************* MANGIAFUOCO. Non si puo' affermare che questo distretto forumistico svetti per acume e sagacia, lasciatelo dire a chi puo' giudicare dopo aver condotto sul tema studi matti e disperatissimi. Popolato da attempati e oziosi figuri, i tonfi verso il basso sono clamorosi, le volgarità non mancano, l' osceno è all' ordine del giorno. Non parliamo del ridicolo: in vita mia ne ho mangiato di fuoco, eppure qua dentro qualcuno ancora riesce ad arrossarmi le tonsille con la ridarella che suscita. Eppure una gradazione del male è sempre possibile, degli ordinati gironi infernali si possono ancora istituire. Particolari setacci mi consentono di isolare piantagioni incontaminate di gramigna, distese di loglio preservate anche dal singolo chicco di grano. Con rari additivi faccio venire a galla il "peggio del peggio" come fosse una mefitica schiuma industriale. Alcune icastiche battute concentrano in sè tutti i bubboni più venefici che altrove ci sarebbe dato di incontrare solo in ordine sparso. Di questa roba si potrebbe fare un fior da fiore, naturalmente si tratterebbe di "fiori del male". Dopo regolare votazione la palma, e chi ne avrebbe dubitato, spetta alla nostra beniamina...ma certo è lei, la mitica...omissis..., che molti già conoscono nei panni della "sublime inconsapevole"! Topolona ben pasciuta, quando meno te l' aspetti guizza con genialità inattesa tra gli svincoli di questo dedalo sotterraneo che sono le fogne di fahrenheit, puoi sentire ancora lo scalpiccio delle sue unghiette su quei cementi in secca temporanea e dove presto scorrerà di nuovo il solito liquame. MA SENTITELA mentre con perole ormai cieche replica all' impertinente di turno: "La mia coscienza è candida, troppo. Pago le tasse e non rubo, rispetto gli altri e faccio la raccolta differenziata, amo gli animali e non sopporto gli esperimenti su di loro. Vuoi che continui? Vivo in una citta che ancora è vivibile, nonostante qualche problema. Mi aggiorno e mi informo. Cerco di evitare chi mi mette il prosciutto sugli occhi e incredibile , non sono comunista!! Ecco, l'ho detto." ...omissis... ore 8.42 del 23/03/07. Ora che ve la siete goduta, chiedo agli animali del mio serraglio una reazione istintiva al proiettile d' argento sparato senza preavviso quella gloriosa mattina. ****************** ******************** ***************************** DODO. Lasciatemela risentire ancora la tenera eco. E' dolce ogni sera anticipare il sonno con una rilettura di questo paragrafetto recuperato come una pepita nello sterco dei "vaffanculo" forumistici. Lo recito ad alta voce per sgravarla come si deve da tutta la melmosa corporeità che la contiene. E' un' orazione laica che vale la corona del rosario. Sei unica cara, resta con noi stasera e avremo la pace, non andartene, resta con noi. Lasciati infilzare sul dorso dall' innocente spillone che ti fisserà nella bacheca custodendoti al riparo nei secoli. Adesso, che cali il silenzio e ognuno rilegga per conto suo. Chi vuole puo' anche dondolare la capoccia per darsi un ritmo ieratico. MANGIAFUOCO. E' sempre bello sentire la nostra musichetta favorita, però questa volta vorrei cambiare solfa perchè, cari animali del forum, ho una bellissima novità da comunicarvi. Ascoltate un po' la telefonata che ho ricevuto giusto stanotte: "Amici, la vostra partecipazione al "Ma sentitela!" è stata commovente. Ho trovato che la cosa non poteva finire nel nulla, doveva essere valorizzata in qualche modo. E' con immenso piacere quindi che vi annuncio cosa bolle in pentola. Probabilmente sarà possibile mettere insieme un opuscolo o qualcosa del genere che raccolga tutti i testi migliori, la pubblicazione così assiemata uscirebbe con il titolo di, neanche a dirlo, "Ma sentitela!" nella gran parte delle edicole italiane in allegato alla rivista "Animali Rispettati" (Edizioni Panda). Un bel colpo nevvero? E allora alè, dateci dentro, voglio nuovi e creativi contributi, voglio che altri animali partecipino al "Ma sentitela!", vi prego, so che potete farlo: costringetemi all' imbarazzo della scelta". ibis. Ascoltarla mi manda nei matti. Giù al juke box del bar è la più gettonata. Ma va forte anche l' altro rintronato, come si chiama...quel Bobby. Minchia, quello va fortissimo, è un numero ogni volta che apre bocca... Ancora oggi mi sento mancare se ci penso, l' abbiamo scampata bella, vi rendete conto di cosa avremmo perso...immaginatevi solo per un attimo orbati della risata che puntualmente fa frizzare anche nel cervello più pensieroso. Fiuu se ci penso. Nasceva anche solo un anno dopo e sarebbe stato un aborto terapeutico. E adesso, prima del prossimo intervento, a voi il siparietto dei bolliti. Ocellotto. Ma sentitela di bel nuovo! Sembra una macchinetta in cui l' imprinting di qualche sciatto slogan regola gli ingranaggi e dirige le molle. Convinzioni del genere, senza ossigeno, senza spiragli, maturano sempre e solo in un cerebro conservato nel più dovizioso ermetismo che solo i laboratori più crudeli possono garantire. Che questo accada oggi in una landa e in un tempo civile, va denunciato ad alta voce. Dobbiamo denunciarlo tutti in coro, è un dovere sociale! Dobbiamo dirlo subito ad alta voce: il nostro proclama si farà monumento, anzi, si farà Castello, un Castello dai larghi bastioni. E fa niente se il Castello avrà ai suoi piedi un fossato dall' acqua inacidita con le deiezioni delle pantegane forumistiche dalla rogna più spessa. Pernice. Sentitela ancora una volta e poi ditemi se una così la Wanna Marchi non se la sarebbe scorticata con quattro telefonatine, pelle viva compresa. Amica mia dal candore in stile Ace, quando alla tua porta busseranno gli uomini mandati per un controllo Enel, non tentare di pensare, non mettere in moto una batteria scarica e già smaltita da secoli in qualche discarica abusiva, non cercare un motorino d' avviamento che non è mai esistito visto che non ti sei mai avviata. Invece spingi, spingi, spingi veloce la tua carrozzella arrugginita verso il Beghelli e pigia, pigia, pigia più forte che puoi. Tordo. Ma sentitela!! Ma questo è l' alef di tutto il forum. Spegnete i computer, piallate i server rai, resettate le memorie, azzerate le RAM e le ROM. Non ci serve più niente di niente, sparite dal mio orizzonte. Lasciatemi sola con il mio testo sacro. Abbiamo qui l' alef che tutto contiene, che tutto riproduce, un alef morfologicamente proporzionatissimo. Tutti i caciaroni dibattiti forumistici si agitano e si aesauriscono pacificandosi là dentro. Migliaia e migliaia di ingombranti ore del palisesto radiofonico sono agevolmente compattate nell' aurea formula. Perchè disperdere la nostra attenzione sugli altri fenomeni naturali?. Là dentro ci stiamo tutti, ma proprio tutti, non manca nessuno. Intendo nessuno di coloro che viaggiano spediti verso l' inferno ostentando il loro ebete sorriso. Liocorno. I massimi teologi in convegno a Salamanca sembra abbiano decretato le caratteristiche dell' Anticristo che verrà: la sua personalità sarà stantia, bolsa, radicata in convinzioni da quattro soldi, a buon mercato, buttate lì e tenute su con lo sputo, pensate di sfuggita tanto per sistemare la faccenda una volta per tutte. L' anticristo ci tenterà con la sua superficialità svalutata, con la sua moneta falsa, ci salderà con la moneta che accettano solo i pigri, ci parlerà con la voce sgraziata con cui si possono solo ripetere le parole dei pigri, ci ingabbierà nel torpore del suo convenzionalismo d' accatto. Insomma, vade retro riri! Locusta. Sì, io l' ho sentita ancora una volta. In effetti all' inizio uno si chiede se sferrare l' ennesima randellata, se sporcare gli attrezzi con del materiale umano, che poi bisogna star lì anche a pulire tutto sprecando un mucchio di tempo. E non sto qui a racontarti i rimorsi di coscienza. Forse è per questo che il nostro burattinaio ci invita costantemente a risentire e rileggere. Sì perchè, una volta riletto e riascoltato, non hai più nessun dubbio. Sei certo di trovarti di fronte a qualcosa di talmente sbiadito, talmente scialbo, talmente ignaro che non puo' che essere anche insensibile a tutto. E allora non hai più scuse, ti convinci e cumuli anche tu il tuo fendente. Ippocampo. Prima soffrivo di rigidezze, ma ora mi è passato. Ascoltarti mi rilassa, mi fa bene, più bene delle fave di fuca. La tue sono fanfaluche leggiadre, sembri una comparsa dapontina, mi pari uscita tutta saltellante da un "così fan tutte" (sottotitolo: "e quindi che colpa ne ho io"). Canti la tua aria senza tante arie: ci ci ci...ri ri ri...fri fri fri. Questa nuvola di frivolezze scipite ha una sua musicalità, un suo ritmo, un suo swing non c' è che dire, mi fa battere lo zoccoletto, è un' ottusità molleggiata. E così mi chiedo e chiedo a te che sei l' esperta, quando ti butterò in discarica, dovrò riciciclarti con i materiali gommosi o con la semplice fuffa? FAUNO Ma sentitela come freme d' inquietudine la capretta appena non percepisce più il calore dell' armento. Vieni, vieni capretta, vieni accosta alla foresta nera, fai ascoltare ancora il tuo belato sconnesso e perduto. E' una musica a cui ogni Satiro si bea, e con ragione. Sei sola con il tuo candore ora, e da sola, orbata della lusinga dei belati di massa, non sai che fartene di quel peso ridicolo. Sei inerme di fronte al lupo armata solo del tuo stupido candore. Ti si legge negli occhi che lo daresti via per un fiorino. Sei solo una cieca canna sballottata da intemperie a te incomprensibili; consolati: ho un posto che ti si confà, mi serve un tono stridulo da aggiungere al mio flauto di Pan. STROLAGA Ma sentitela! Quando la risento vengo dapprima percorsa da risolini beffardi, e vorrei proprio vedere in faccia chi resisterebbe a questo impulso che è solo indice di robusta salute psichica; ma poi mi converto e percorro altre strade, è bello adagiarsi nel manto morbido e mellifluo della stupidità umana come esce ancora intatta in certi passaggi memorabili. Ti senti circonfusa da un senso di rassicurante chiusura, fuori piove un mondo freddo ma tu ora sai che il fortino della stoltaggine è un caposaldo imprendibile. Spero un giorno Nostra Signora insegni anche a noi comuni animali a blaterare mantenendo la bocca tappata, ad ascoltare con le orecchie otturate, a riprodurci conservando l' imene...e altre prodezze del genere finora concesse solo a rarissimi cervelli campagnoli inurbati. PAVONCELLA. Cullato da queste parole pleonastiche, sventaglio ansimante la mia frivola ruota; coccolato da queste parole invisibili, non sto più nelle piume; viziato da queste parole trasparenti, m' impigrisco fino a lasciarmi sorprendere da "sorella" inedia; irretito da tanta inconsistenza "parlata", mi concedo ai miei predatori naturali; adagiato in parole tanto concave, mi lascio avvolgere in un sudario di polvere; stregato da queste parole irradianti mortifera abulia, mi consegno al logorante riposo dei tisici. Tormentato da queste parole inafferrabili, m' interrogo nel cuore della notte con il quesito cruciale: perchè, mio dio...perchè queste parole in luogo del salubre NULLA? PITONE. Ma sentitela! Sentite il venticello che fa. Una vanità che avrebbe paralizzato nel mutismo anche l' Ecclesiaste. Noi ti preghiamo: toglimi una volta per tutte la favella, coducimi all' agognata afasia, accompagnami verso la riposante catatonia. Sento di essere a buon punto. Ora ho solo voglia di ascoltare, voglio farlo per sempre stordito e alimentato dal soffice loto dei sintagmi che mi regali inconsapevole. SCARABEO. Ma sentitela! Degustate al più presto l' acqua dell' oasi. Un' oasi vera in un deserto che ammassa quintalate di post analitici intercalati con tonnellate di post musicali e bemolleggianti. Finalmente l' ingenuità del lapidario, del sintetico, del diatonico. Con un semplice gesto scritturale ecco il discorso spinto fino in fondo alla sua cavità naturale. Quanti mondi ci si aprono, quante cose diventano possibili se con un gesto repente espungiamo dal reale un nugolo di fastidiose variabili. PICIO. Sarebbe bello se fosse un sogno, sarebbe bello se quanto sopra fosse scritto con l' inchiostro simpatico. Invece perdura di fronte al mio fissare attonito. Sento che mi sopravviverà, sento che quelle parole hanno impugnato loro una gomma che mi sta già cancellando, io lettore transuente di parole eterne da cui trasuda una salvifica libidine di servilismo. ****************************************** ************************************* Ric, non hai parafrasato le mie parole, le hai semplicemente stravolte. Ora ti parafraso io: tu sei il mio committente e mi paghi per un lavoro che ho svolto a regola d'arte per tuo conto. Davide spende i soldi che mi hai dato. Io torno da te reclamando nuovamente il compenso, sostenendo che ho fatto bene il mio lavoro e mi merito il compenso che Davide ha speso al mio posto. Ora dimmi: mi riconosceresti il merito una nuova volta oppure cercheresti di spiegarmi che esiste una certa differenza tra meritarsi i soldi e saperli (poterli) spendere? ************** ******************************** ***************************** ******************* Mario, sei andato molto oltre la mia lettera e arrivi a parlare di "tassazione". Se volessi seguirti ti consiglierei di non formarti idee in merito sulla base della cronaca. La pratica della tassazione si è diffusa nel corso della modernità, ovvero, guardacaso, nel periodo storico che ha fatto le fortune di US. Cio' che prima veniva visto come un rapporto personalistico (e, nei casi limite, come una pura e semplice predazione del più forte) si è andato via via configurando come un diritto astratto su larga scala che prescinde dai rapporti personali. Una volta accettato come un diritto del governante i freni inibitori sono caduti. *** ********************** ***************************** Caro Matteo, a risentirti mi viene voglia di dedicarti un paio di canzoni immortali, una di Sinistra (Volonteers Get The Revolution) e l' altra di Destra (The Sad Skinheads). *** ***************************** ******************************************** ************************************************ ********************************************** ********************************************** ********************************************** ********************************** ********************* ********************* ***************************** ************************* ************************* ********************** *************************************** ***************************************** ************************ ***************************************** *********************************************** ************************************** *** ********************************************** *********************************************** *** *** ********************************* ****************************************** *************************************** ************************************************* *********************************************** ******************************************** ******************************************* ********************************* ******************************************** *************************** **************************************** ******************************************* ************************************************ ****************************************** *********************** ************* ********************************************** ********************************************** ********************************************** ********************************************* ************************************************* *************************************************** *************************************************** ************************************************** ************************************************** ************************************************** ***************************************** ******************************************** ********************************************* ************************************************* ************************************************** ************************************************* *********************************************** ***************************************** ********************************************* *********************************************************************************************************************************** ******************************************************************************************************************************************** Se è per questo anch' io ho smesso da tempo di leggere come prima cosa la Prefazione. Sarà per preservare il virginale incontro con la scrittura d' autore, affinchè sorghi spontaneo un giudizio personale incontaminato... ...sta di fatto che ora le leggo..."durante". Il "durante" non è sempre facile da definire. Ci provo: non appena mi accorgo che la valutazione si va consolidando, che gli occhi subiscono una panne problematica, che il testo ha un momento di stanca...zac, ci infilo un pezzo di Prefazione. Così, come diversivo. Così, come sorbetto. Così, tanto per cambiare aria aprendo porte e finestre. Con questo modo di leggerle, a pezzi e bocconi, non voglio certo svalutarle. Per non lasciare dubbi dirò che alcuni libri, in passato, gli ho acquistati o presi in prestito solo per le Prefazioni. *** Ora che sono partito a pensarci mi vengono in mente altre modalità attraverso cui i libri "mi leggono". Di solito si fanno impugnare mettendomi supino, poi, oplà, mi girano pancia sotto. Tempo dieci minuti e siamo in posizione "alla romana" (fianco sinis'-sinis'). Terminata una rotazione completa si riparte con la schienata iniziale e via, verso una seconda serie di posture. Dopodichè la seduta viene dichiarata sciolta e sono finalmente libero di dedicarmi ad altre attività. *** Recentemente mi sono ribellato imparando a non finire i libri che non lo meritano. E' stata una conquista di civiltà anche se non priva di inconvenienti. Figuratevi che avevo abbandonato Faulkner, autore per cui oggi ho aperto un fan club. *** Ho notato che sia Rossella che De Mauro consigliano la "lettura lenta". Unisco entusiasta la mia voce a cotanto coro dichiarandomi un sostenitore di questa pratica. Attenzione però, la lettura in surplace non è un dogma. Meglio riservarla ai territori inesplorati, quando non sai chi hai di fronte, quando cammini sotto un cielo senza stelle. Poi, dopo aver fermato l' oriente, si puo' procedere impostando una velocità di crociera. Ogni autore ha la sua. La lettura rallentata non è nemmeno uno scherzo, ci vuole molto self control. Quante volte sono partito con tutte le migliori intenzioni ma poi - sarà stata l' ansia di sciogliere qualche nodo, la curiosità di districare il plot, la seduzione del libro successivo o parallelo - mi ritrovavo lanciato a razzo, comprensione nulla, occhi spremuti...praticamente una tortura autoinflitta. Ci si puo' aiutare con il podcast. Il podcast ti cala nel contesto, ti fornisce una bussola, ti schiarisce la storia, almeno nei suoi snodi principali. Con queste premesse puoi permetterti il lusso di saggiare appieno la pagina seguendone fino in fondo tutti i ghirigori. L' aggressione compulsiva, o frenetico/consumista, al libro è il nemico che la lettura "lenta" vorrebbe sgominare. Darsi dei limiti facendosi legare al palo come un Ulisse, costituirebbe una strategia alternativa. Io, per esempio, leggo solo autori defunti. Le tentazioni sono forti, le trasgressioni non mancano e non so se durerà. *** Solidarizzo con i lettori da treno. Aggiungo una locazione affine. I freddi marmi della Stazione Centrale mentre attendi coincidenze che non coincidono. Almeno finchè i barboni più smandrappati non entrano in frizione (accade puntualmente all' ora X), in questi casi attaccano a ruzzare ed inveire biascicando. Cosa fai? Chiudi il libro, fai finta di niente zufolando, ti alzi e teli. Altra piaga per la concentrazione sono gli audacissimi piccioni che ti stringono d' assedio reclamando una briciola dei tuoi preziosi krek. Degli annunci continui (dlin-dlon), non mi preoccupo. Riesco a relegarli in un vicolo cieco del cervelletto in fondo a destra (è un po' come il cestino di window). Lì non disturbano. A meno che non mi venga il dubbio (con paturnia allegata) che il treno soppresso sia proprio il mio!? Ti precipiti nel cervelletto in fondo a destra ma non riesci a ripristinare nulla di intelleggibile. La fronte s' imperla, meglio fare l' orecchia alla pagina e troncare. *** Chiudo con una nota di realismo impudico affrontando l' ineludibile tema della Salle de Bain. Ogni volta che mi rilasso sulla maieutica seggetta il mio QI s' impenna. Come non approfittarne? Per queste letture "volanti" privilegio la lirica. In alternativa aforismi o monografie della Taschen. **************************************************** **************************************************** ************************************************* ******************************************************************** ****************************************************************** Mal d' Amore Mal Curati Lo sapevo che sarebbe stato difficile gestire la fase post-Cvetaeva. Lo sgancio da una Signorina tanto appassionata è sempre manovra complicatissima. Me ne stavo lì convalescente sulla flottante amaca, appena smossa dalla tranquilla vibrazione che, a distanza di giorni, ancora promanava il tenero verso sillabato a fior di labbra. Me ne stavo lì con le spire della maliarda ormai allentate e rassegnate... ...quando mi è venuta la malsana idea di accelerare il decorso del mio disincanto amoroso prendendo in mano uno dei più sudici cartigli che mai siano stati ospitati nella mia umile dimora. In calce recava la luciferina firma del luciferino Johnatan Swift. Se solo avessi dato retta alla profetica Censura che con lungimiranza e buon senso appronta le strade a noi poveri lettori spaesati! Questa premurosa Madre del Consiglio già dal loro apparire aveva, con pertinenza, classificato la feccia lutulente di cui sopra tra gli UP (Unprintable Poems). Ma io no. Io devo sempre sbatterci le corna di persona, altrimenti non sono contento. Il Torbido Moralista mi latra nell' orecchio con aria volpina sottraendomi ai balsami incantatori della Russa più innamorata del mondo per trascinarmi al cospetto delle sue puteolenti Ninfe Stercorarie. "La tua bella sarà pure impegnata a girare l' Europa in puro Spirito nel tentativo di cancellarsi da ogni specchio, ma il pitale lo usa ancora, eccome se lo usa..." e nel pronunciare queste turpi parole ti schiaffa l' oggetto e il rancido contenuto sotto le froge frementi d' indignazione. E' con agguati di questo tipo che il Pestilenziale Canonico mi ha sfiancato e demoralizzato oltremisura convertendosi da Antidoto a Veleno. La sua malvagia tempestività mi ha tormentato per giorni. Se lei nel languoroso controluce mi saluta sventolando la nivea manina il cui biancore, sempre sul punto di dissolversi, produce un effetto di fantasmagoriche gibigianne dall' arcano morse amoroso... ...allora puoi star certo che lo spregevole Satiro salterà su con il suo triplice mento tremante ad illustrare con dovizia tutto l' inventario di lebbre, scabbie e psoriasi, documentate e reperite di persona negli inesplorati anfratti dell' Amato Corpo. Dal davanzale appare lei stagliando la fluente e astratta chioma corvina, vero stendardo del sentimento disincarnato... ...e il nocivo Reverendo si precipita nell' esporre orgoglioso la nuova refurtiva proveniente direttamente dallo Spogliatoio della Signora: svariati pettini intasati di crassume così aderente da impedire ogni varco. Lei compare sul filo dell' orizzonte in una leggiadra veste che la rende trasparente fino alla sparizione... ...e lui si affretta presentandosi con l' orribile reperto trafugato chissà dove: una sozza camiciola giallognola, imbrattata da innominabili secrezioni e con le ascelle saldamente incotechite. Lei porge il padiglione (mirabile conchiglia) al mio verbo innamorato? E lo smagato pretonzolo mi si para tempestivamente innanzi con la sua orribile collezione di "fiori d' allume" sottovetro disponibili in tutte le fogge. Io lo scalcio mandandolo per le terre con tutti i suoi specchietti ingrommati di cerume. Ma la tigna di questo mangiapatate dell' Isola smeraldina è incredibilmente coriacea. Il Gran Misogeno d' Irlanda stringe l' assedio, lo vedi girare avanti e indietro con la pettegola lente indagatrice, il catalogo del suo corrotto abisso femminile è tanto lungo quanto disgustoso: bacili immondi, bisunte berrette, poltiglia di fazzoletto, stoffe vuncie, corrotti fiati, crassi umori, fetide zaffate, sudori aciduli, rumori sconci, vapori ripugnanti, piaghe purulente... A questo punto mi decido: addio Marina Cvetaeva, Ninfa ormai scoronata. Finchè mi starai vicina dovrò interpolare la tua compagnia con quella delle mostruose Muse Escrementizie. E allora Addio Marina Cvetaeva, abbandonami con una delle tue memorabili "smemorie". Non eri tu che nel verso più bello riportavi l' ingiunzione di Euridice affinchè fosse liberata dal molesto Orfeo? Addio Marina Cvetaeva, saluto te. Con te saluto quella maschera di ferro che fu la morsa del tuo corpo/carcassa e che insieme abbiamo tentato vanamente di allentare. Piangi la tua calda lacrima mia Didone. Piangi forte come l' ultima delle sartine. Lo scaffale più alto e inaccessibile del tinello sarà lo scoglio dove languirai. Ti seppellisco in cielo. Ti riconsegno alle polveri da cui venisti regalandoti quell' esilio perenne che è tanto consono alla tua natura. E quale altra sorte pretende chi canta l' amore solo come "arco teso e disagio" oppure "randagia alleanza"? Lascia in pace una buona volta chi lo cerca nella forma di "indirizzo e numero civico comune". Sei donna - sii forte - sopporta! Sopporta questa bordata di addii e ferite che ti infliggo. Unico diversivo sarà per te la triviale compagnia del Lercio Canonico d' Irlanda. Hai capito bene, ho intenzione di liquidarlo per sempre appostandolo al tuo fianco. Leggetevi e neutralizzatevi. Tutto purchè i vostri bisturi cessino di straziere le frolle carni di noi lettori. Che io possa arrugginire altrove e in santa pace la vecchia latta del mio cuore. ****************************************************************** **************************************************************** Un Bargnìf è per sempre** Il grande scrittore sopporta bene che il suo libro possa venir letto anche "contro" di lui. Quelle congetture audaci che applicate all' opera del Mediocre si risolverebbero in un affronto provocatorio, intraprese sulla pagina del Grande possono invece trasformarsi in avventurose esplorazione di territori vergini che esaltano un mondo inesauribile e complesso. Adesso te lo dimostro. ** Mi sono appena imbattuto nel pennello di un grande ritrattista come Fogazzaro, tra i Grandi del nostro Ottocento il più pronto a dissociarsi e a litigare con i suoi Personaggi. Ho riletto il suo capolavoro (PMA). La setola che arma il suo strumento è tra le più carezzevoli ed espressive. Guardacaso le sfumature che più mi hanno sedotto sono quelle che tratteggiano una Sciurissima sulfurea: Madama la Marchesa. Secondo le intenzioni primigenie del Vicentino doveva trattasi di un rudere umano incartapecorito che lui avrebbe voluto confinare fuori dal tempo relegandola nel suo muffo Piccolo Mondo Antico in culo ai marcescenti meandri lacustri dell' alta Lombardia. Che palle invece quando si passa a quel pistola del Franco Maironi, nipote stupidamente eccitato da uno sciagurato pensiero patriottico! Con tutta la sfilza dei suoi trasporti puerili/senili, gli occhi spalancati ma assenti, le rabbie vuote e chiassose, l' idealismo fuori tempo massimo e la follia ideologica. "...Non voglio sentire queste cose in casa mia! Non siamo mica in Piemonte qui.". Avremmo voluto diglielo noi al pistola, e invece ci ha tempestivamente preceduti la solerte Marchesa. Avreste dovuto vederla, ha pronunciato con la compassatezza del ventriloquo queste parole che infatti le sono uscite già belle e cesellate da "dentro il suo naso". E che gioia poi farsi aria sventolando le pagine illeggibili (quindi saltabili a piè pari) dedicate alla Luisa, la regina delle sciacquette nonchè, purtroppo, la favorita dell' Autore. Con tutto il suo terremoto di energie mal indirizzate, le verità inutili sempre nella testa (quando va bene), o più spesso in bocca (quando va male). Aggiungici pure i drammi posticci che attira su di sè come magneti, e hai fatto il pieno. Non dimenticarti nemmeno di tutta quella religiosità che si affretta a mummificare vergognosa dentro il cuoricino. La mummificazione di questo nobile sentimento, con la letargia spirituale che porta con sè, è una funesta tromba che annuncia la malapianta Protestante. I due insopportabili quaquaraqua allungano la broda della pagina con le loro iniziative inconsulte continuamente punteggiate dalle vuote corse su e giù tra Castello ed Albogasio. La piagnucolosa e persistente aratura di questi famosi sentieri è quanto di più stucchevole ci fa trangugiare il romanzo. Viene buono ricordarla giusto per mettere a punto la gita fuori porta ai luoghi fogazzariani... [...occhio che per quelle strade dove "non si gira neanche un mulo" se incontri il torpedone Porlezza-Lugano ti prendi il torcicollo sparandoti 2 km di marcia indietro, oppure chiudi gli occhi sull' abisso e ti affidi alle schivate dei virtuosi autisti della tratta...]. Vuoi mettere la stura di asfissianti melensaggini che esce dal vacuo e scontato agitarsi di giovanotti nati-vecchi, a paragone della regale mutria di Madama, con tutto il labirintico intrico di ragnatele che la decora. Quanto più ci appare ingrugnata e quaresimale tanto più rinfranca e distende lo spirito. Lei appare e subito spira la Breva a dissolvere le confuse uggie. La sua vasta anima comanda i mondi su cui vuole regnare. La sua nobile figura è scolpita nel porfido delle montagne che sormontano il Ceresio. Osservandola intimiditi e da lontano la identifichiamo subito come Ricettacolo di Autorevolezze, concentrato di Responsabilità, Pietra Angolare dell' edificio sociale, Crogiolo di Probo Ordine Tradizionale (wow), Braciere di Fede ardente nella Provvidenza (aiutata). Vera Reggitrice della Casa, in ogni rigo a lei dedicato ci istruisce sull' Arte del Comando. Il centro della sua concentrazione ieratica è al centro del suo sofà che è al centro di un Grande Mondo Futuro. Altro che Piccolo Mondo Antico, caro Fogazzaro. Con la sola marmorea fermezza della postura ci comunica e ci offre la bella necessità del saldo Fondamento Familiare, l' ineludibile bisogno del Baricentro Comunitario. Oriente per tutte le bussole, tara per tutte le pesate, diapason per tutte le orchestre. Vero fastidio provvidenziale che nessuna felicità regala al capriccioso. Il reticolo di storie non potrebbe esistere senza i suoi imperiosi "no che costringono a crescere". Persino quel pistola del nipote ribelle, che dovrebbe essere già cresciuto da tempo, finirà per trarne un qualche giovamento. Sua longa manus è il Pasotti, altra memorabile figurina da custodire gelosamente. Nelle pagine più consumate il nostro Satrapo preferito ordina alla moglie storna con gesti convulsi. Nelle pagine più lise l' austriacante nasa prgmaticamente il popolino rigirandolo come un guanto con studiate domande in cerca di preziose dritte da servire poi sul vassoio alla Reggitrice. Due veri Bargnìf all' opera. La loro agnizione ha richiesto un secolo e mezzo, ma il tempo, scorrendo, li esalta sempre più. Proprio mentre sbiadisce tutto il resto. Da quanto detto finora mi si perdonerà una piccola reticenza. Riferendomi al Fogazzaro sostenevo più su di aver "...appena riletto il suo capolavoro...". In realtà, ormai si sarà capito, ho riletto i soliti 4 memorabili capitoli, gli unici che continuano a durare e dureranno per sempre. Per sempre. Il perchè ho cercato di spiegarlo fin dal titolo. ************************************************************** **************************************************** "Lo strano Caso del Dott. Jekyll e di Mr. Hyde" Poichè è mia intenzione essere un vero "lettore moderno" alcune linee guida le dovevo pur seguire. Per esempio quella di riempirmi di bolle in presenza di una Allegoria. Oggi posso dire di essere vicino all' obiettivo. Non appena nel testo mi capita di subodorare la presenza di una Allegoria comincio a soffiare, asudare, a sentire una spossatezza invincibile, ad afflosciarmi sulla pagina, a perdere colpi e sensi. Che poi, tradotto, significa che le "orecchie" si fanno sempre più ravvicinate e il lembo di polvere sul libro s' ispessisce fino a pareggiare quello del comodino. Dopodichè si procede mestamente all' archiviazione. Sono un vero "lettore moderno", io. E' inutile, l' allegoria non la reggo proprio, ne sento tutta l' artificiosità e l' inadeguatezza. Sono proprio un "lettore moderno" io. Da buon "lettore moderno", anelo al contatto incandescente. Il che puo' avvenire solo con la Realtà o con il Sogno. Non so che farmene di una alientante guaina protettiva sempre sospettabile di pedanterie didascaliche. Detto questo adesso pongo una domanda: e secondo voi, per ragioni del genere, dovrei privarmi del piacere che puo' dare una parabola come "Lo strano Caso del Dott. Jekyll e di Mr. Hyde"? Perchè lì dentro di puzze allegoriche ce ne sono parecchie. Urge rimedio. Un modo elegante per eludere l' ostacolo consistebbe nel fingere di appassionarsi alle diatribe ermeneutiche all' ultimo sangue che introduce puntualmente la presenza di un codice Allegorico. Insomma, recuperare la passione gettandosi nella mischia per fare cio' che in fondo piace a noi faziosi: schierarsi (schierarsi partecipando è molto moderno, quindi dovrebbe essere consentito anche al "lettore moderno"). Segue esempio. ** Nella rutilante girandola in cui le nostre personalità si intersecano inseguendosi senza posa, sono isolabili curiose e sintomatiche asimmetrie. Facci caso. E' sempre il nostro lato benigno a prendersi cura di quello maligno, mai viceversa. I due elementi non si guardano mai frontalmente, è il primo che si protende alla conversione del secondo. Quest' ultimo invece si dà alla fuga criminale aprendo il fuoco su tutto quanto gli capiti a tiro. Per Chercheston la novella ha la finalità anti-manichea di illustrare questa regolarità persistente. Una vera legge di natura agostiniana. Altri, come Oreste del Buono, contestualizzano storicamente le vicende narrate sottolineando come questa missione del bene non sia altro che una ansiogena, subdola, interessata e maniacale difesa della Reputazione formale. Il Male non va combattuto e vinto ma solo occultato alla vista altrui, magari sotto il tappeto. Nello "Strano Caso..." la frusta di questa ossessione puritana sollecita e giustifica ogni azione ed ogni sgomento dei protagonisti. Ora l' aut-aut è nitido. A questo punto, Signori, bisogna prendere partito e imboccare una delle due vie. Purtroppo (per fortuna!!) per scegliere oculatamente occorre anatomizzare in modo certosina ogni rigo del testo in questione. Che vogliamo fare? Vogliamo fare di Stevenson un ritardatario moralista secentesco. Oppure vogliamo farne un profetico precursore di paranoie kafkiane? Detto sottovoce non m' interessa granchè il responso, ma accolgo con sollievo l' esistenza di un dilemma tanto profondo e insolubile. Finalmente un delizioso pretesto per rileggersi avidamente tutto da cima a fondo senza sensi di colpa. **************************************************** Uno che durò poco-- C' è da divertirsi a seguire i dribling, le finte e gli slalom che deve inscenare a Milano chi non ha voglia di lavorare. Specialmente se il lavativo è un soggetto talentuoso, se i potenziali incarichi fioccano molesti e la domanda di suoi servigi preme come una cappa asfissiante. Luciano Bianciadi era certamente persona corredata da un ingegno non comune. Era un grossetano emigrato sotto la Madonnina, durante il boom, nel vertice più palpitante del triangolo industiale. Ma sopratutto, per la gioia di noi lettori, aveva pochissima voglia di lavorare (e molta di destabilizzare). Aveva la fissa del lavoro inutile, lo fuggiva. Purtroppo era arrivato a teorizzare che quasi tutto il lavoro fosse inutile. Poi, per non costringersi ad una noiosa opera di scrematura, finì per trovare razionale fuggire qualsiasi lavoro. La trincea ideale per combattere questa Resistenza postbellica fu individuato nell' accrocchio di Bar e Osterie della Brera ambrosiana. Poichè gli ingredienti ci son tutti non è un caso se leggere la narrazione della sua Vita Agra sia stato uno spasso. Però c'è un "però". Lo spasso ha raggiunto il suo picco affrontando la "Nota Biografica Redazionale" che immediatamente succede alla Prefazione. Un po' precoce come acme. Attaccando invece il testo vero e proprio, dopo i primi capitoli, l' umore entusiastico si smorza leggermente fino a toccare, a volte, depressioni imbarazzanti in cui si procede col remo nella bonaccia. Come l' anonimo Redattore possa superare il blasonato Autore è mistero che merita indagare. Sono partito da una flebile traccia che mi aveva insospettito fin da subito: le modalità dela difesa preventiva e reiterata che il prefatore Carlo Bo faceva del suo pupillo. Parlandone Bo aveva una fissa che dalla smisurata pedana della sua Cattedra ci teneva a ripetere: un pericolo doveva allertarci su tutti gli altri, quello di scambiare l' agro toscano per un guitto satirico sempre pronto a metterla in burletta. Mai e poi mai prenderlo per uno che cerchi di fare del colore con effetti caricaturali. Questo qui era invece uno che dietro la cortina grottesca alza il suo urlo stridulo facendo vibrare una corda autenticamente esistenziale e gettando luce su un' intera epoca italica. La foga con cui Bo spingeva avanti questa recriminazione per pagine e pagine mi aveva impensierito non poco. Gli allarmi erano fondati. Procedendo nella lettura riscontravo come il libro perdesse sempre più quota allorchè l' Autore emergeva come un satirico sempre pronto a metterla in burletta, oppure come qualcuno che cerca di fare del colore con effetti caricaturali. Le urla esistenziali, nel frattempo, si erano rarefatte fino a sparire. L' Italia degli anni 60 giaceva avvolta in un cono d' ombra. Cio' non toglie, si badi bene, che quel toscanaccio anarcoide, sbarcato da queste parti a pascolare pigramente negli uffici delle case editrici, non sia riuscito a consegnarci un paio di acquarelli d' alta scuola nei quali illustra, una volta per tutte, il lato oscuro di noi ossobuchivori che pascoliamo indaffaratissimi negli uffici delle multinazionali. Basterebbe il profilo del "Fannullone Frenetico" a convalidare questa tesi: "...**********..." Purtroppo o per fortuna Bianciardi è un battutista fulminante. Cio' si accompagna puntualmente con una sorta di "fiato corto". In più, come tutti i pigri, guarda in tralice la lunga e faticosa distanza del romanzo. Dà il meglio di sè quando puo' inserirsi parassitariamente facendo il controcanto responsoriale al discorso altrui. Da geniale clandestino s' imbarca nell' analisi altrui e si lascia trasportare. Le sue interpolazioni amarognole si abbinano meravigliosamente al tono ufficiale del dirimpettaio; è invece farraginoso se deve affabulare con un monologo che lo costringe a coprire ampi spazi. Cio' non è compatibile con la respirazione dei suoi piccolissimi polmoni. Il Redattore della "Breve Biografia" ha avuto l' intuizione di offrirsi come sparring partner, proprio cio' che cerca, rigenera e ispira uno scrittore del genere. La necessità di una Spalla veniva soddisfatta. Ogni intervallo della biografia ufficiale è costellato da felici battutine del nostro che sintetizzano eloquentemente il sentimento con cui sono stati vissuti gli anni di cui si parla. Esempio supremo il periodo di decadimento alcolista chiusosi con la morte. Veniamo informati che agli amici diceva: "...Sopportatemi. Duro ancora poco...". C' è un epitaffio migliore? P.S. devo precisare che ho svolto le mie considerazioni di lettore avendo sottomano l' edizione Bompiani della Vita Agra. ********************************************** *********************************************** Genealogie libresche Alcuni fenomeni incongrui opprimono con il loro mistero la mia vita parallela di lettore. Un certo istinto edipico informa certi miei comportamenti inconsulti. Non riesco sinceramente a spiegarmeli pur non rinnegandoli. Con calma cerco di fare mente locale. I libri stanno di fronte a me tutti allineati e parificati sullo scaffale. Ma quando poi ci guardiamo in faccia, sappiamo benissimo, sia io che loro, che non è certo una relazione egalitaria a collegarli/ci. Intricate parentele finiscono per disegnare un imponente albero genealogico tra le cui fronde è bello giocare e perdersi. Alcuni libri sono ricavati dalla costola di un parente ben identificato, altri fuoriescono dal combinato disposto di una pluralità ristretta, altri ancora hanno progenitori vaghi che comunque potrebbero essere vagamente indicati. Poi ci sono quelli usciti dal nulla che sono riusciti a crearsi una ristretta ma solida discendenza. Poi ci sono quelli che dal nulla sono usciti e nel nulla sono sterilmente rientrati. Non dimentichiamoci degli orfanelli. Potrei andare avanti. Alcuni Patriarchi sono stati particolarmente prolifici creando delle vere e proprie colonie che s' impolverano al loro fianco ben allineate sulle lunghe mensole dell' Ikea. Veramente adorabili questi nipotini. Quindi, si direbbe, venerabile il capostipite? Calma. Per essere più esplicito faccio un caso che deve intendersi come uno tra i tanti. ** Devo ammetterlo, oggi non posso più rinunciare ad espormi regolarmente alla sfiammata sulfurea di Antonin Artaud, come potrei esimermi dall' auscultare il suo formidabile rantolo gutturale? Chi puo' sottrarmi al raccoglimento indotto dalla sua farneticante profezia? Che gioia soccombere ad un simile plagio. Questa felice dipendenza mi è stata regalata a monte dalla lettura di un classico di Jacques Derrida: "La Scrittura e la Differenza", Einaudi editore. E' lì che scoprii Artaud. Devo ammetterlo, oggi non posso più rinunciare a perdermi con regolarità nel labirinto interrogante di Edmond Jabès. Non riesco a trattenermi, ogni tot. devo raccogliere i miei quattro stracci e farmi nomade con lui. E' un imperativo ineludibile: devo unirmi a lui nel suo sforzo continuo di spostare il confine, di svellere il cippo. Ammetto con ritrosia che anche questa felice dipendenza mi è stata regalato in principio dalla lettura di un classico di Jacques Derrida: "La Scrittura e la Differenza", Einaudi editore. Se poi la buttiamo in filosofia devo rivelare la fascinazione che ho sempre subito per lo specchio abissale degli sguardi reciproci così come lo descrive un "filosofo poetante" come Levinas. La sua tesa e convincente narrazione del volto altrui mi torna in mente come chiave di volta ancora oggi nelle situazioni più disparate. Ammetto a denti stretti che anche questa persona valorosa mi sia stata presentata da Jacques Derrida per tramite di un suo classico: "La Scrittura e la Differenza", Einaudi editore. Finisco anche se non è finita. Molti amori letterari sinceri e duraturi gli ho ereditati dalla provvidenziale giovanile lettura di un classico di Jacques Derrida. Il titolo è noto, trattasi de "La Scrittura e la Differenza", Einaudi editore. Oggi, gran parte del mio tempo, quando sono impegnato a scambiare idee sui libri letti, lo passo ad esaltare la potenza di fuoco di Antonin Artaud, lodo lo sbrego del suo artiglio, incito l' interlocutore a farsene uncinare le carni. A seguire non manco mai di portare alle stelle la Metafisica itinerante di Edmond Jabes, raccomando a chiunque di confrontarsi con l' irrequita insaziabilità di questo ispirato questionatore. Chiudo sempre con l' elevazione di un peana per Levinas, disvelatore sommo della nostra condizione terrena che si specchia al meglio solo nell' occhio animato del prossimo. Se poi avanza tempo non ho dubbi su come impiegarlo. Già mi vedo concitato e convinto redigere l' Indice dei libri dannosi che inquinano, intossicano e sviano un sano approccio alla lettura. E' con gioia che estirpo e scaravento nella polvere calpestandola freneticamente una simile gramigna. La graduatoria di questi testi corruttori delle tenere intelligenze è inaugurata da una iattura senza pari. Non so nemmeno se vale la pena dirlo a questo punto. Ma che lo dico a fà? Ovviamente trattasi di un classico di Jacques Derrida: "La Scrittura e la Differenza", Einaudi editore. ************************************************** **************************************************** Pendenze pericolose Non so cosa sia ma so chi ce l' ha. Gustave Flaubert ce l' ha, per esempio. Sto parlando di un segreto. Il segreto riguarda "l' arte di farsi leggere". Non sarà importante quanto "l' arte di dire qualcosa" ma è pur sempre un valore non disprezzabile. Crea imbarazzo come Flaubert si serva in modo irridente di questo segreto. Ce lo mette continuamente sotto il naso senza svelarcelo. L' ho constatato ancora una volta senza fatica leggendo l' Educazione Sentimentale aiutato dalla provvidenziale stampella del podcast di Radio Tre. Ma di cosa si tratta esattamente? Per poterlo specificare inutile alzarsi in volo per raggiungere il regno delle astrazioni. In un amen ci ritroveremmo col culo a terra senza aver fatto un passo avanti. Meglio le vie di fatto. Siccome Flaubert ce l' ha (e fin qui siamo tutti d' accordo), la cosa migliore è pedinarlo per coglierlo sul fatto. Escludo possa trattarsi di qualcosa che salti subito all' occhio. Figuriamoci che io, leggendo Madame Bovary anni fa, l' avevo preso dapprima per uno scontato romanzo d' appendice. Solo successivamente, sotto tutela di terzi, ho avuto un ripensamento. Escludo anche che F. riesca a produrre la sua suadente musica grazie agli argomenti prescelti. Lo escludo nonostante la sua scelta di esplorare l' articolato e misterioso continente delle Stupidità Umana sia innovativo e vicino alla nostra sensibilità. Che lo faccia concentrandosi su piccoli borghesi, donne, giovani e rivoluzioni rivela un intuito felice anche a distanza secolare. Tendo ad escludere anche che il segreto sia legato alla capacità immaginifica dell' Autore. F. mi sembra parco nelle metafore, docile nelle immagini, avaro nell' articolazione. Tutto è ben distribuito anche se fin troppo sotto controllo. Per rintracciare il suo reale punto di forza bisognerebbe concentrarsi sui ritmi. E' una questione musicale. O, se vogliamo usare un' altra immagine, una questione di "pendenze". Ma come fa questo stregone ad inclinare con tanta sapienza il suo rigo in modo da metterlo in discesa e facilitare il passo del lettore? E' un' inclinazione dolce, un falso piano che risparmia anche le fatiche della frenata. Non è poco! Anzi, forse è tutto. Ciascuno di noi lo sa. Avere tra le mani un libro "in salita" ti sottopone ad una tortura di Sisifo. Non fai altro che chiederti continuamente perchè mai dovresti girare pagina per sobbarcarti la successiva. Ma i libri più infidi sono i libri "in discesa". I libri "in discesa" abbodano e si riproducono come conigli. Qualsiasi Pianificatore è in grado di pianificare parole in "discesa". Certo, questi libri ti sospingono in avanti, la voglia di leggerli è tanta. Presentano però un inconveniente non da poco: ti accorgi presto che vorresti leggere una pagina diversa da quella che hai davanti. La pagina che vorresti leggere in genere viene dopo, sempre dopo, anche dopo l' ultima. Praticamente arrivi alla fine senza mai aver letto la pagina che desideravi. Questi libri, più che la voglia di leggerli, stimolano la voglia di finirli. Oggi non so più se dire "...l' ho letto tutto d' un fiato..." sia un vero apprezzamento. Sono queste ansie che ho designato come "fatiche della frenata". Aaaah i falso piani flaubertieni invece... Con i falsopiani flaubertiani passeggi respirando aria buona e godendoti il panorama. Non devi nè rampegare, nè frenare. Hai sempre sottomano proprio quello che volevi leggere. la pagina che apri è quella giusta! Complimenti. A volte ti viene persino voglia di rileggertela. La genialità genialmente moderata di questo professionista consente di sopportare a lungo la sua compagnia. Persino la 20 puntata del podcast mantiene una sua freschezza insospettata. Un record. Musica, ritmi, salite, discese...che nebbia. Mi sa che del segreto di Flaubert ho parlato a lungo senza dire granchè. Forse non si può dire granchè (Proust l' ha buttata sulle virgole). Forse volevo solo dire che mi è piaciuto leggerlo e non capisco bene perchè. Questo, sinceramente, non mi va giù e devo sfogarmi. **************************************************** ******************************************* *************************************************** C' è chi mette entusiasta tra le mani del malato il pulsante che lo ucciderà. Questa stessa persona s' indigna poi se una persona in salute svolge un lavoro rischioso. Sopprimere la vita va bene, rischiarla è incivile. Chiedevo conto di questa strana contraddizione. *** Mi si è risposto facendo un po' di confusione tra il problema degli "incidenti sul lavoro" è il problema della "schiavitù". Quest' ultimo non c' entra nulla con cio' di cui si parla. E poi non mi sembra proprio che da noi esista un problema di schiavitù su vasta scala. Perlomeno di schiavitù in senso proprio. L' unica forma di schiavitù in senso proprio che da noi vigeva, ovvero la leva militare (o servizio civile), è stata recentemente abolita. *** Mi consolo, sempre meglio che confondere, come spesso si fa, il problema degli "incidenti sul lavoro" con quello della povertà. Quest' ultima confusione nasce dal non capire che se Tizio ha poche opportunità non significa che tra quelle poche non possa scegliere liberamente. *** Poi ho tentato di colorire l' incongruenza che segnalavo facendo notare che chi è pronto ************************* ************************************* ********************************************** **************************************** Problemi giù in Archivio. Parini-Manzoni-Porta-Gadda-Chiara-Brera-Vitali+il "Perdonato dalle Lucertole"...di ciascuno di questi qualcosa ho letto. Ora, essendomi questi scrittori "lombardi", mi chiedevo se avesse senso chiamarli "lombardi". Innanzitutto voglio precisare che non prendo in considerazione quei "lombardi" che hanno la pretesa di narrare storie universali, costruite con personaggi universali. Mi limito a coloro che hanno piantato qui, in terra lombarda, il loro semino. Che l' hanno coltivato amorevolmente negli anni e che ci regalano la loro opera come se fosse il frutto maturo di quell' albero. In secondo luogo mi limito agli scrittori che ho letto io e per i libri che ho letto io. Pochini direi. L' unica cosa che ha prodotto il mio sforzo è un caso di serendipità: pensando (invano) ad un possibile elemento che fosse in grado di unificare questi autori me ne è venuto in mente uno in grado di discriminarli tra loro. Due categorie possibili: "Pagani" e "Cristiani". Difficilmente il personaggio dell' autore lombardo è un ateo pacificato. Un personaggio del genere offre pochi spunti. A questo punto,nei casi di "senza Dio" meglio ripiegare sulla variante del "pagano". Il "pagano" è un fauno talmente fiducioso dei suoi sensi da seguirli ovunque. A queste seduzioni della natura il pagano oppone resistenze ridicole, di pura facciata. Basta che la sua pelle sia sfiorata per farlo "entrare" in vibrazione. Il vero pagano è solo colui che vibra in perfetta armonia con il creato. O almeno lo crede. Il pagano è appagato nella sua immanenza. E perchè mai dovrebbe temere la morte? Non c' è esperienza più eccitante che farsi concime. Parini-Porta-Chiara-Brera-Vitali+ il "Perdonato..." mi sa che sono autori tutto sommato pagani. Forse se Brera avesse scritto ancora un libro di narrativa avrebbe varcato la soglia. Manzoni e Gadda tengono alto il vessillo del "cristiano". Il "cristiano" aumenta la sua circospezione nei momenti di massima gioia e successo personale. Sa che "la roda la gira" e non si rassegna. Ossessionato da tutte le forme di contropartita, coltiva un sentimento tragico che è anche un sentimento realistico. Si distende e gode solo quando riesce ad accettare la realtà del dramma. Di solito, purtroppo, questa accettazione richiede una tempra da Santo. *** Me ne andavo a spasso tutto felice con le mie categorie in tasca quando ho preso dentro qualcosa e mi sono ritrovato a terra lungo e tirato. La pietra d' inciampo ha un nome e un cognome. Trattasi di quel maledetto vogherese, sì quello là, l' Alberto Arbasino. E dove lo caccio quello lì? Ho appena letto "La Bella di Lodi", lombardissimo racconto, e non riesco a trovare un posto per lui nel mio schemino. Qualcuno puo' darmi una mano? *** E pensare che eravamo partiti così bene. Già dal primo capitolo il gioco delle ascndenze sembrava chiuso senza residui: trattasi di gaddian/proustiano. Il tipo eroico impegnato a riprodurre un virtusismo parolaio, faticoso e strabordante, pur di acchiappare la Realtà per la coda. Una realtà senza coda che non finisce mai. Uno di quei frustrati che si accorge a sue spese di come l' infinito kantoriano delle parole sia di grado inferiore rispetto all' infinito dei fenomeni naturali. E questo anche solo limitandosi ai fenomeni di supervice (lui ama e si concentra sugli smalti lucenti). Eppure non si arrende, eppure ci prova lo stesso. E lo fa con una foga ipertrofica, tentacolare, spettacolare, entropica. Rotte, confuse, incasinate, urlate più che dette, di parole certo ne vengono fuori tante, fin troppe. Uno, insomma, che ci racconta bene il dramma che fronteggia lo scrivano fedele. Il dramma della prolissità, destinato a travasarsi presto dalla penna ai personaggi. Quindi un "cristiano", facile. *** Calma e gesso però. Svoltate poche pagine la musica cambia e il Nostro comincia a sorpresa il tradimento sistematico dei Padri. Resosi conto di questo sforzo inane il vogherese... rinuncia!? Incredibile la faccia tosta di questo qua, anzichè imolarsi fa marcia indietro. Desiste dall' eroica impresa di inseguire e irretire i fenomeni. Che forme assume questa rinuncia? Facile, la prosa comincia a farsi frammentaria. La fiumana gaddian/proustiana si trasforma in scroscio intermittente. Il biancore degli spazi si diffonde, il corpo inchiostrato cede ad una immacolata desertificazione. La Realtà irrompe solo nella modalità sminuzzata del flash. La cronaca, prima impetuosa, ora ci viene rinviata scritta sui coriandoli. L' immenso spazio vuoto dove i coriandoli fluttuano, quello te lo devi riempire tu caro lettore (che invece volevi startene comodo in poltrona). L' avanguardia ha colpito ancora. Il frammento gaddiano si realizza per la resa di uno scrittore esausto, quello arbasiniano è un cristallo tagliente dalle geometrie scientemente calibrate. Non c' è mica bisogno di mettere tanti punti per triturare la narrazione. Basta anche solo cambiare voce ex abrupto. Cambiare stile. Così, senza pravviso, nè ragione. Si strania tutto con una folla di interferenze (TV, film, canzonette, opera, jingle...). Si rinnega Proust per guardare Joyce? Mai capitato ad un Lombardo! Illustrando poi meticolosamente le quinte di ogni scena Arbasino trasferisce a Teatro la sua storia. E il Teatro, si sa, rende tutto imbalsamato. Per di più è un Teatro che degrada prima nel tableau vivant, poi precipita addirittura nella diapositiva. Sia per il "pagano" che per il "cristiano" non c' è nulla di nocivo quanto la narrazione per diapositive. Senza "continuità" tutto si fissa artificiosamente raggelandosi. Persino la Roberta e il Franco, i protagonisti di un amour fou (figuriamoci), si presentano alla fine come due merluzzi della Findus. Ma con questo gelo non si va lontano. Sopratutto non sei più nè pagano, nè cristiano. Le mie gabbie scattano a vuoto, l' uccellino fugge via. Non sarebbe poi un grave danno se la storia di Arbasino non fosse maledettamente lombarda. Era proprio l' uccellino che cercavo ed è scappato. *** Poi, in uno slancio pianificatorio sovrumano degno della mia natura di Archivista, lo ficco tra i "pagani" e non se ne parli più... ...non fosse che per tutti quei p.....i sull' Autostrada del Sole nuova di zecca. Contento io, contenti tutti. ********************************************** ********************************************** *********************************************** ************************************************ ************************************************* *********************************************** Libri che leggono altri Libri Ci sono alcuni libri che, per me, hanno un doppio valore. Primo, perchè mi piacciono e godo nel leggerli. Secondo, perchè mi hanno fatto riscoprire altri libri che dapprima mi avevano deluso. ** Quello che a molti capita con i Promessi Sposi a me capitò con Mobydick. Ripensando a quell' avventura direi che il "senso del dovere" è una qualità preziosa per il cittadino. Ma non per il lettore. E' il "senso del dovere", prima ancora della scuola in sè, a rovinarci molte esperienze di lettura. Per un malinteso senso del dovere, diversi anni fa, presi in mano Mobidick. Ma di mano mi scappò, tant' è che cadde in terra. Lo raccolsi ma cadde di nuovo. Il Capolavoro non si lasciava impugnare. Come mai? Sarà perchè quando i capolavori sono tali all' inizio della lettura anzichè alla fine, non si riescono mai a stanare e restano celati dietro spesse cortine. A nulla valgono torrenziali prefazioni, scrupolose note a piè di pagina, efficaci sintesi, originali percorsi critici. Sempre sfuggenti restano. Si direbbe persino che chi ci incoraggia verso di loro tema in segreto che anche noi si possa partecipare al godimento della bellezza. Quasi che la bellezza del capolavoro sia una torta data da dividere tra tutti. Per ciascuno che si aggiunge al tavolo la fetta si assottiglia. Nel frattempo Achab correva dietro la balena cumulando frustrazioni e io correvo dietro ad Achab ancora più deluso. In quelle condizioni cosa potevo fare? Mi dibattevo goffamente impigliato nelle gomeme, ancorato dalle ancore, arpionato come un San Sebastiano, bloccato sulle sartie preda delle vertigini. Descritte così le condizioni si puo' ben capire perchè arrivai in fondo alla mia impresa "doverosa" con spirito loffio e felicemente dimentico di tutte le pagine che mi lasciavo alle spalle. Ascoltavo distratto le urla di Achab in attesa della mia liberazione e la mia liberazione arrivò con l' ultimo rigo dell' ultimo capitolo. *** Quindici anni dopo, aggirandomi per librerie ormai lettore anarcoide privo di ogni "senso del dovere" e governato solo da istinti e curiosità transuenti, feci il mio incontro con il fantasmagorico "battezzatore" caraibico Derek Walcott. E' stata questa specie di "Oh Capitano, mio Capitano" che mi ha insegnato a cavalcare la salsa onda oceanica. Che mi ha insegnato a domarne la veemenza e a gridare "all' abbordaggio!!" Il suo verso informe, opulento e dilagante mi ha convertito definitivamente alle sproporzioni della Parola Epica. Una parola gremita di ambizioni e che deve uscire sbrodolante dalla conchiglia delle labbra...ormai quella lezione mi si è fissata in testa con la solidità di una paranoia. Non pensavo che alla mia età potesse nascermi dentro un altro piccolo "io", un fratellino. Non te l' aspetti di germogliare in tempo di morte. Grazie a lui ho toccato con mano la dismisura di una lingua inventata apposta per nominare esseri che oltrepassano le nostre facoltà. ...Le Balene Bianche, tanto per dirne una. Tutto cio' ha molte conseguenze. Per esempio: con uno spintone selvaggio sono stato ributtato a bordo del Pequod. Si salpa e si guadagna all' istante il mare aperto. Ma questa volta ne sento l' odore pungente nel cervello. La mia astenia di fronte alle pagine di Mobydick è un ricordo del passato. Sotto la paterna scorta dell' Omero negroide che mi siede accanto, trovo il coraggio per riprendere in mano il Grande Classico. E il Grande Classico si ridesta dal torpore prendendomi saldamente tra le sue mani possenti. I libri di Walcott, tutti insieme, fanno ressa intorno spiegandomi per filo e per segno ogni paragrafo del Mobydick. L' egida della sua vasta mano negra si posa sul mio capino e io mi sento onniscente: capisco tutto. Lo capisco subito. Ormai mi hanno talmente "introdotto" che Achab è per me come un Fratello della Costa con cui spartire il bottino; la portentosa schiena del Capodoglio, invece, mi è talmente familiare che l' accarezzo con lo sguardo come fosse il mio pesce rosso del luna park... Missione compiuta quindi: il Mobydick è letto con gusto, assimilato, metabolizzato e apprezzato. Quindici anni e anch' io ho stanato l' abissale e maligna bellezza di questo grande libro/balena. Valeva proprio la pena di aspettare per poter fare il viaggio più avventuroso con un compagno come il grande Derek. **************************************** ******************************************** ********************************************* ********************************************** Facili costumi Puo' solo farmi piacere, caro Sulfur. A volte, per una Signorina del genere, concedersi con facilità e andare un po' con tutti, non puo' che essere una virtù di cui andare fieri. E comunque, visto che l' hai frequentata, appena mi avanza tempo, vorrei metterti a parte di un dramma personale che mi tocca proprio in queste ore. Magari con il fine recondito di scroccarti una consulenza sentimentale! ************************************** ********************************************** ********************************** ********************************************************************************************************************************************************************************** ******************************************************************** **************************************************** *************** L' Europa dorme e molti anche qui nel forum sono impegnati a cantare a squarciagola la Ninna Nanna. Ascoltiamo loro visto che l' Idomeneo di Mozart non è possibile ascoltarlo. Sembra che i Mussulmani riescano sempre più ad imporre anche qui le regole censorie che vigono nei loro paesi. Oggi sono il 5-10% della popolazione. E quando questi nostri amici saranno al 20%-30%, come peserà questa cultura che tanto a lungo ha vietato la rafigurazione di esseri viventi e che ha sempre tenuto in sospetto la stampa? Lo scrittore Sebastian Vila Rodriguez individua provocatoriamente un punto di svolta culturale nella tragedia tutta europea di Auschwitz: l' Europa perde 6 milioni di ebrei, il popolo più incredibilmente creativo in circolazione (0.02 della popolazione, 20% di Nobel) per sostituirli nel corso della fine secolo con i 20 milioni di mussulmani, popolazione spesso violenta fanatica ed ingrata. ********************** I poveri pagano meno e i ricchi pagano di più. Bello dirlo. Quando una tassa viene istituita chi sarà poi a pagarla? Non bisogna confondere chi porta i soldi all' esattore con chi sopporta effettivamente il costo di quella tassa. Il ricco viene tassato e aumenta i prezzi per recuperare almeno in parte l' uscita che ha avuto. Il povero subisce questo rincaro. Ecco un caso in cui la "tassa sui ricchi" viene pagata, in buona parte, dai poveri! Altro esempio: viene aumentata la tassa sui profitti societari e la Dell apre uno stabilimento a Montpellier anzichè in Piemonte. A pagare sono i disoccupati piemontesi (presumibilmente poveri). Ecco un altro caso in cui i poveri pagano una tassa destinata ai profitti societari. Troppe tasse, niente panfilo. Il mozzo (che con il suo misero stipendio manteneva anche la nonna vecchia e malandata) si ritrova per strada dando il suo contributo nel pagare la tassa sugli yacht. Si potrebbe continuare all' infinito. Anche con esempi di segno opposto, ovvero di come i ricchi godano delle minori tasse imposte ai "poveri". L' "economia fiscale" è una delle più complesse che esistano. Il meccanismo del trasferimento d' imposta impedisce di vedere chiaramente su chi gravi effettivamente una tassa. Mi scuserete quindi se mi viene un po' da sorridere quando in questi giorni si sente dire "i ricchi pagheranno più tasse" oppure "diminuite le tasse ai poveri". Visto il tema di qusto thread aggiungo, avvalendomi di un esempio, un' ulteriore difesa dell' evasore. Grazie all' evasione di una tassa è possibile praticare prezzi bassi a tutto vantaggio degli eventuali acquirenti poveri che ne traranno vantaggio. E magari ne subiranno un danno i ricchi concorrenti dell' evasore. L' evasore come Robin Hood: toglie ai ricchi per dare ai poveri (trattenendo per sè una % infinitamente inferiore rispetto a quella delle burocrazie welfaristiche). ********************************************** ********************************************* ********************************************** ******************************************* ********************************************** ********************************************** Leggendo il forum ogni tanto capita di imbattersi in chi sostiene che l' evasore sia un ladro. A prima vista questa affermazione fa sobbalzare. Eppure è sostenuta da molti, sebbene non sia quasi mai spiegata. Devo subito aggiungere che le intelligenze migliori del forum non sembrano cadere nel trappolone. La confusione mentale su questo punto poi è più che giustificata: siamo stati tutti educati e circondati da strutture che campano grazie alle tasse ed hanno un interesse diretto a dare per scontato il giudizio di cui sopra. Esempio: quando Padoa Schioppa dice che l' evasore è un ladro bisognerebbe intendere: "chi non paga il mio stipendio è un ladro". C' è puzza di conflitto d' interesse. La sentite anche voi? Tento di sostituire alle "schioppettate" (interessate) un ragionamento rigoroso con premesse facilmente accettabili da tutti. La strada da percorrere per dimostrare l' infondatezza del giudizio di cui sopra è piuttosto facile e breve. Basta fare 10 passi. 1. *** Innanzitutto l' evasore non puo' essere equiparato allo statale fannullone: il secondo non rispetta un contratto, il primo non intende stipularlo. La seconda opzione è legittima, la prima no. Lo capiscono tutti (tranne Sinibaldi). 2. *** L' evasore difende la sua proprietà da un attacco fondato sulla violenza fisica. E' forse questo il comportamento tipico del ladro? Ovviamente no. Anche qui non dovrebbero esserci obiezioni. 3. *** Qualcuno sostiene che l' evasore sia uno "scroccone" poichè usa, per esempio, una scuola (o una strada) che non contribuisce a finanziare con le tasse. Ci sono almeno due motivazioni oggettive per cui anche questa affermazione è falsa. Prima di tutto ricordo che lo scroccone è colui che sfrutta opportunisticamente qualcosa che appartiene a qualcun altro. Ma la "strada pubblica" non appartiene a nessuno! Per capirlo bisogna fare una premessa. Cos' è una strada pubblica? E' una strada la cui costruzione è finanziata dalle tasse. Ora, che le tasse siano un' estorsione è abbastanza evidente e pacificamente ammesso. Basta pensare di cosa stiamo parlando: un tale si presenta armato da Tizio proponendogli il cosiddetto "contratto di Corleone" (o patto fiscale). Se Tizio ci sta, bene; se non ci sta, viene dato corso alle minacce e alle violenze del caso finchè tizio cede e, quello che era inizialmente un contratto, si trasforma in una coercizione. Chiamiamo pure "ladro" l' estorsore (anche se tecnicamente non sono la stessa cosa: in genere l' estorsione viene ritenuta un aggravante del furto) e chiediamoci quanto segue. Se il ladro successivamente acquista qualcosa scambiandola con la sua refurtiva diventa forse un legittimo proprietario di cio' che ha acquistato? No, ovvio. Una conseguenza è la seguente: sottrarre ad un ladro la refurtiva o cio' che ha acquistato con la sua refurtiva non è mai un furto (es. il sequestro dei beni ad un mafioso acclarato è forse un furto?). Questo lo capisce chiunque. Anche in questo caso giungiamo alla conclusione di prima: l' evasore non è mai un ladro. La cosa è tecnicamente impossibile. 4. *** Qualcuno ha obiettato che i beni "consumati" dall' evasore siano sottratti al patrimonio destinato a risarcire coloro che hanno subito l' estorsione fiscale. L' argomento avrebbe una qualche plausibilità, ma solo nel caso in cui una simile procedura di risarcimento fosse avviata. La prima risposta quindi è semplice: una simile procedura, non è mai cominciata, non è alle viste e, direi di più, è impossibile. Di conseguenza il problema non si pone. Una seconda risposta (a questo punto pleonastica)verrà esplicitata indirettamente ai punti 6 e 7. Vedremo come uno dei massimi danneggiati da risarcire potrebbe essere proprio l' evasore. 5. *** Non prendo nemmeno in considerazione chi sostiene che noi siamo legati da un accordo che si sostanzia nella Costituzione. Certo, se fosse davvero così le cose cambierebbero. Ma questo accordo non esiste nella realtà. Tutti lo vedono, anche coloro che lo rivendicano (infatti, quando parlano con rigore, devono dire "facciamo finta che tutti abbiano stipulato..." [contrattualismo]). Mi sembra che si possa procedere oltre e non perdere tempo. 6. *** Veniamo ora a qualcosa di un pochino più sofisticato (lasciamo le scuole elementari ed entriamo in prima media). Teniamo a mente l' accusa che l' ingenuo rivolge all' evasore che utilizza una strada pubblica: "scroccone"! In questi casi bisogna osservare di come all' evasore venga "imposto" un determinato servizio attraverso la privazione delle alternative. E' il fenomeno che gli economisti chiamano "spiazzamento". Es. la scuola pubblica "spiazza" le private, come dicono gli studiosi. Se non ci fosse il pubblico ci sarebbe il privato. Ma siccome c' è la concorrenza sleale del pubblico, il privato sparisce limitandosi a tappare i buchi del colabrodo. Se non ci fosse la strada pubblica ci sarebbe quella privata. Ma questa strada, in presenza di quella pubblica, non c' è perchè ha subito uno "spiazzamento" di natura violenta da parte di un operatore (stato) che, avvalendosi dello strumento estorsivo (tasse+regole) fa concorrenza sleale (ovvero violenta). L' evasore prende quel che c' è, visto che le alternative che gli spetterebbero hanno subito un' aggressione violenta e non possono venire alla luce. Direi che la definizione di scroccone è ben diversa. 7. *** Non è finita qui. Consideriamo un danno ulteriore che potrebbe subire l' evasore. Se l' evasore fosse stato (controfattuale) il padrone delle strade "spiazzata", oltre al danno subirebbe una beffa. In un mondo non-violento sarebbe stato miliardario, ma cio' gli viene impedito con un aggressione. Dopo tutte queste tegole che gli sono piovute in testa suona ancora più assurdo definirlo uno "scroccone". 8. *** Il bello è che la direzione dello "spiazzamento" non è prevedibile! Magari le risorse sequestrate per la costruzione della strada sarebbero state spese per vedere all' opera la band dove suona Matteo. Il miliardario sarebbe stato Matteo. Oltre a togliergli manu militari i suoi miliardi con che coraggio gli impedirei di circolare strada? 9. *** Facciamo un esempio ancora più semplice. Matteo se ne sta nel suo salottino a vedere la TV. Un tale fa irruzione e con la pistola e costringe il nostro bel mantovano ad uscire di casa e a montare su una barca. Una volta in mezzo al Mincio Matteo prende a lamentarsi. Quello gli fa: "se non ti sta bene puoi sempre tuffarti e tornartene a casa". Matteo, che non sa nuotare, pretende di essere ricondotto a riva con la barca. Quello lo accontenta non senza brontolare e accusandolo animosamente di "scroccare" un passaggio. Vista la situazione l' accusa suona decisamente assurda! Il buon Matteo voleva semplicemente un' altra cosa (starsene a vedere la TV), lui gli ha imposto con la forza la sua volontà e poi, per il solo fatto che Matteo sfrutta la barca con cui è stato sequestrato, si prende dello scroccone!? Eppure questa accusa assurda assomiglia molto a quella che molti fanno all' evasore! 10. *** Ciascuno consideri il caso tipico della Mafia classicamente intesa. Se l' evasore è un ladro allora lo è anche chi si sottrae al pizzo. Ricordo sommessamente che i servizi di protezione della mafia sono efficientissimi (nemmeno paragonabili a quelli statali). Se uno scippatore disturba la sera un quartiere "protetto", te lo ritrovi appeso al lampione la mattina dopo. Ma chi non paga il pizzo in un quartiere "protetto" è uno scroccone? No di certo. Eppure a questa conclusione giunge chi si intestardisce ad equiparare l' evasore al ladro. 11. *** Attenzione, con ciò non ho dimostrato che l' evasore NON sia uno scroccone. Ho dimostrato che non si può dimostrare che lo sia. In altre parole, ho dimostrato che il giudizio: "l' evasore è uno scroccone" è infondato. Potrei anche pescare a caso nell' elenco del telefono e dire che Tizio è un ladro. Certo, posso dirlo. Ma non posso dimostrarlo. Anche nel caso di Matteo, Mr.X potrebbe asserire che Matteo, in realtà, voleva proprio farsi un giro in barca. Io non sono in grado di dimostrare il contrario. Posso solo dire che quanto Mr. X afferma non è dimostrabile visto che Matteo non hai mai espresso quella volontà. 12. *** Fortunatamente il problema degli scrocconi puo' essere risolto in modo brillante. Esiste infatti la "soluzione perfetta". Per essere sicuri che non esistano scrocconi basta evitare di imporre alcunchè a chicchessia. 13. *** Che l' evasore non fosse un ladro, in fondo lo sapevamo tutti e questa passeggiata di 10 passi era abbastanza prevedibile. Ne propongo un' altra più avventurosa. Anche questa si compone di 10 passi. Questa volta però il panorama è mozzafiato. Vedremo come sia possibile accumulare argomenti (non dimostrazioni definitive) per sostenere che l' evasore sia un "pubblico eroe". Alla prossima. ************************************************************************************************************** ***************************************************************************************************************************** ********************* ******************************************************************************************* Dopo qualche mese sono venuto a conoscenza di una buona risposta al quesito originario di questo thread. Devo molto a Bertrand de Jouvenel (Sorbona, Oxford, Cambridge, Yale, Chicago, Berkeley) e al suo libro "Il Potere. Storia della sua crescita." (Sugarco). Lui la risposta l' aveva già formulata negli anni 70 dopo una lunga maturazione partita dalla guerra che lo segnò molto. Per Potere intende quella forza coercitiva in grado di ottenere la sottomissione (schiavitù) del prossimo anche solo con la minaccia. BdJ nota e descrive come nel corso della storia il Potere sia sempre più cresciuto. Le guerre dell' ultimo secolo hanno mobilitato e richiesto l' obbedienza di una moltitudine impensabile solo qualche secolo prima. Però c' è un' altro insegnamento che viene dalla storia: per trarre i migliori frutti da una persona sottomessa, specie sul lungo periodo, è necessario che venga "trattato bene", è necessario concedere a costui dei privilegi. Il Potere ha imparato e impara sempre più questa lezione. La risultante di queste due forze si riassume in una formula storicistica di questo tipo: nella storia la condizione di schiavutù è andata estendendosi, così come sempre più estesa è stata la consapevolezza di quanto convenga rispettare lo schiavo assicurandogli un trattamento sempre migliore. Certo le concessioni che fa il Potere riservandosi il diritto di revocarle quando desidera (cosiddetta libertà repubblicana) sono certamente un bene prezioso, ma sono ancora libertà? Una volta la libertà era un "fatto", aveva natura aristocratica, era il dominio che il Potere non era ancora riuscito ad invadere. Oggi le barriere sono travolte, il Sovrano straborda e la libertà ha assunto una dimensione artificiale: è cio' che il Potere onnipresente ci concede graziosamente dall' alto finchè non ci ripensa. ************** Amare la povertà puo' essere cosa degna. Anche se ho delle riserve. Ma quando questo sentimento si presenta scortato da quello dell' invidia, allora cominciano i guai. E qui, sotto gli slogan datati, trapela molta invidia verso il ricco. Secondo me si tratta solo di muffi socialismi (l' incartapecorito Manifesto potrebbe accoglierli) che sconfitti dalla storia tentano altri travestimenti pur provare ancora una volta l' ebbrezza di stare "dalla parte del torto". Con cio' non voglio certo dire che non rappresentino una minaccia e vadano tenuti sotto controllo con qualche sculaccione all' occorrenza. ******************************************** ******************************************* Mi sa che, rispondendomi, hai di molto spostato il fuoco della discussione sugli argomenti che prediligi ma che non so quanto, in realtà, siano pertinenti alle mie osservazioni. Argomenti che prediligi? Devo ritenerli tali visto che mi ripeti per la seconda volta che "non condividi le mie premesse". Poichè a suo tempo lasciai perdere e non ti detti risposta, ne approfitto per dirti la mia opinione su questo punto. [...ti ricordo che le mie premesse sono robetta del tipo "se tizio tra A e B sceglie A significa che in quel momento preferisce A a B", oppure "Tizio è la persona più indicata per dirci cosa desidera", oppure "le preferenze sono soggettive"; azzardando mi sono spinto fino ad una premessa complessa del tipo "lo stupro violento sulla donna è condannabile sempre ed ovunque"...] Parlo di te ma mi riferisco ad un approccio tipico, direi di gran lunga maggioritario. Chiamiamolo pure approccio antiliberale. *** Dunque, sono radicalmente in disaccordo sul fatto che tu non condivida le mie premesse (essendo autoevidenti come potresti non condividerle?). Tu le condividi eccome, ma senti il bisogno di aggiungerne altre. La demarcazione standard è sempre quella: chi sa di sapere poco (minimalismo delle regole), e chi crede di sapere tanto (culto delle regole). Mi sa che appartieni alla seconda categoria. Tu, molto semplicemente, credi di "saperne di più" (hai molte più certezze da trasformare in "premesse"). Ma tutte quelle premesse hanno un doppio inconveniente: 1) rendono i ragionamenti confusi 2) ti autorizzano ad intrometterti violentemente negli affari altrui. *** Facciamo un caso concreto. La giustificazione di una Radio Pubblica. Se noi sapessimo che una certa trasmissione "fa bene" a tutti (pubblico), l' esistenza di una Radio finanziata da tutti avrebbe un senso. In caso contrario no. Ebbene, tu CREDI DI SAPERE cosa "fa bene" a TUTTI (nessuno escluso). E infatti sostieni l' esistenza di una Radio Pubblica. Io SO DI NON SAPERE cosa "fa bene" a TUTTI, per cui ritengo l' esistenza di una Radio Pubblica insensata e da combattere. Come vedi, la solita distinzione: 1) chi crede di sapere 2) chi sa di non sapere. Il bello è che quasi tutti i problemi sociali possono essere ricondotti a questo paradigma. La soluzione liberale si ferma "un passo prima" e sempre per lo stesso motivo: perchè il liberale, socraticamente, "sa di non sapere". In fondo è quello che esprimevo affermando che l' abuso delle conoscenze è molto diffuso, anche se il terreno più favorevole lo trova tra i cosiddetti "relativisti". *** Per concludere, l' accusa corretta da rivolgermi (e che mi hai anche rivolto in passato) consisterebbe nell' affermare che io sono "troppo semplice" e mi limito a "premesse ovvie" (autoevidenti). La contestazione continuerebbe con questo tenore: noi ne sappiamo di più e dobbiamo sfruttare questo sapere. E' proprio cio' che ho condannato come "abuso della conoscenza". Tipico retaggio illuminista. *** Mi scuso per essermi intromesso con argomenti fuori tema rispetto al thread ma dovevo una risposta. ******************************************** ************************************** ********************************************* ************************************************ ************************************************* Se è per questo anch' io ho smesso da tempo di leggere come prima cosa la Prefazione. Sarà per preservare il virginale incontro con la scrittura d' autore, affinchè sorghi spontaneo un giudizio personale incontaminato... ...sta di fatto che ora le leggo..."durante". Il "durante" non è sempre facile da definire. Ci provo: non appena mi accorgo che la valutazione si va consolidando, che gli occhi subiscono una panne problematica, che il testo ha un momento di stanca...zac, ci infilo un pezzo di Prefazione. Così, come diversivo. Così, come sorbetto. Così, tanto per cambiare aria aprendo porte e finestre. Con questo modo di leggerle, a pezzi e bocconi, non voglio certo svalutarle. Per non lasciare dubbi dirò che alcuni libri, in passato, gli ho acquistati o presi in prestito solo per le Prefazioni. *** Ora che sono partito a pensarci mi vengono in mente altre modalità attraverso cui i libri "mi leggono". Di solito si fanno impugnare mettendomi supino, poi, oplà, mi girano pancia sotto. Tempo dieci minuti e siamo in posizione "alla romana" (fianco sinis'-sinis'). Terminata una rotazione completa si riparte con la schienata iniziale e via, verso una seconda serie di posture. Dopodichè la seduta viene dichiarata sciolta e sono finalmente libero di dedicarmi ad altre attività. *** Recentemente mi sono ribellato imparando a non finire i libri che non lo meritano. E' stata una conquista di civiltà anche se non priva di inconvenienti. Figuratevi che avevo abbandonato Faulkner, autore per cui oggi ho aperto un fan club. *** Ho notato che sia Rossella che De Mauro consigliano la "lettura lenta". Unisco entusiasta la mia voce a cotanto coro dichiarandomi un sostenitore di questa pratica. Attenzione però, la lettura in surplace non è un dogma. Meglio riservarla ai territori inesplorati, quando non sai chi hai di fronte, quando cammini sotto un cielo senza stelle. Poi, dopo aver fermato l' oriente, si puo' procedere impostando una velocità di crociera. Ogni autore ha la sua. La lettura rallentata non è nemmeno uno scherzo, ci vuole molto self control. Quante volte sono partito con tutte le migliori intenzioni ma poi - sarà stata l' ansia di sciogliere qualche nodo, la curiosità di districare il plot, la seduzione del libro successivo o parallelo - mi ritrovavo lanciato a razzo, comprensione nulla, occhi spremuti...praticamente una tortura autoinflitta. Ci si puo' aiutare con il podcast. Il podcast ti cala nel contesto, ti fornisce una bussola, ti schiarisce la storia, almeno nei suoi snodi principali. Con queste premesse puoi permetterti il lusso di saggiare appieno la pagina seguendone fino in fondo tutti i ghirigori. L' aggressione compulsiva, o frenetico/consumista, al libro è il nemico che la lettura "lenta" vorrebbe sgominare. Darsi dei limiti facendosi legare al palo come un Ulisse, costituirebbe una strategia alternativa. Io, per esempio, leggo solo autori defunti. Le tentazioni sono forti, le trasgressioni non mancano e non so se durerà. *** Solidarizzo con i lettori da treno. Aggiungo una locazione affine. I freddi marmi della Stazione Centrale mentre attendi coincidenze che non coincidono. Almeno finchè i barboni più smandrappati non entrano in frizione (accade puntualmente all' ora X), in questi casi attaccano a ruzzare ed inveire biascicando. Cosa fai? Chiudi il libro, fai finta di niente zufolando, ti alzi e teli. Altra piaga per la concentrazione sono gli audacissimi piccioni che ti stringono d' assedio reclamando una briciola dei tuoi preziosi krek. Degli annunci continui (dlin-dlon), non mi preoccupo. Riesco a relegarli in un vicolo cieco del cervelletto in fondo a destra (è un po' come il cestino di window). Lì non disturbano. A meno che non mi venga il dubbio (con paturnia allegata) che il treno soppresso sia proprio il mio!? Ti precipiti nel cervelletto in fondo a destra ma non riesci a ripristinare nulla di intelleggibile. La fronte s' imperla, meglio fare l' orecchia alla pagina e troncare. *** Chiudo con una nota di realismo impudico affrontando l' ineludibile tema della Salle de Bain. Ogni volta che mi rilasso sulla maieutica seggetta il mio QI s' impenna. Come non approfittarne? Per queste letture "volanti" privilegio la lirica. In alternativa aforismi o monografie della Taschen. **************************************************** **************************************************** ************************************************* ******************************************************************** ****************************************************************** Mal d' Amore Mal Curati Lo sapevo che sarebbe stato difficile gestire la fase post-Cvetaeva. Lo sgancio da una Signorina tanto appassionata è sempre manovra complicatissima. Me ne stavo lì convalescente sulla flottante amaca, appena smossa dalla tranquilla vibrazione che, a distanza di giorni, ancora promanava il tenero verso sillabato a fior di labbra. Me ne stavo lì con le spire della maliarda ormai allentate e rassegnate... ...quando mi è venuta la malsana idea di accelerare il decorso del mio disincanto amoroso prendendo in mano uno dei più sudici cartigli che mai siano stati ospitati nella mia umile dimora. In calce recava la luciferina firma del luciferino Johnatan Swift. Se solo avessi dato retta alla profetica Censura che con lungimiranza e buon senso appronta le strade a noi poveri lettori spaesati! Questa premurosa Madre del Consiglio già dal loro apparire aveva, con pertinenza, classificato la feccia lutulente di cui sopra tra gli UP (Unprintable Poems). Ma io no. Io devo sempre sbatterci le corna di persona, altrimenti non sono contento. Il Torbido Moralista mi latra nell' orecchio con aria volpina sottraendomi ai balsami incantatori della Russa più innamorata del mondo per trascinarmi al cospetto delle sue puteolenti Ninfe Stercorarie. "La tua bella sarà pure impegnata a girare l' Europa in puro Spirito nel tentativo di cancellarsi da ogni specchio, ma il pitale lo usa ancora, eccome se lo usa..." e nel pronunciare queste turpi parole ti schiaffa l' oggetto e il rancido contenuto sotto le froge frementi d' indignazione. E' con agguati di questo tipo che il Pestilenziale Canonico mi ha sfiancato e demoralizzato oltremisura convertendosi da Antidoto a Veleno. La sua malvagia tempestività mi ha tormentato per giorni. Se lei nel languoroso controluce mi saluta sventolando la nivea manina il cui biancore, sempre sul punto di dissolversi, produce un effetto di fantasmagoriche gibigianne dall' arcano morse amoroso... ...allora puoi star certo che lo spregevole Satiro salterà su con il suo triplice mento tremante ad illustrare con dovizia tutto l' inventario di lebbre, scabbie e psoriasi, documentate e reperite di persona negli inesplorati anfratti dell' Amato Corpo. Dal davanzale appare lei stagliando la fluente e astratta chioma corvina, vero stendardo del sentimento disincarnato... ...e il nocivo Reverendo si precipita nell' esporre orgoglioso la nuova refurtiva proveniente direttamente dallo Spogliatoio della Signora: svariati pettini intasati di crassume così aderente da impedire ogni varco. Lei compare sul filo dell' orizzonte in una leggiadra veste che la rende trasparente fino alla sparizione... ...e lui si affretta presentandosi con l' orribile reperto trafugato chissà dove: una sozza camiciola giallognola, imbrattata da innominabili secrezioni e con le ascelle saldamente incotechite. Lei porge il padiglione (mirabile conchiglia) al mio verbo innamorato? E lo smagato pretonzolo mi si para tempestivamente innanzi con la sua orribile collezione di "fiori d' allume" sottovetro disponibili in tutte le fogge. Io lo scalcio mandandolo per le terre con tutti i suoi specchietti ingrommati di cerume. Ma la tigna di questo mangiapatate dell' Isola smeraldina è incredibilmente coriacea. Il Gran Misogeno d' Irlanda stringe l' assedio, lo vedi girare avanti e indietro con la pettegola lente indagatrice, il catalogo del suo corrotto abisso femminile è tanto lungo quanto disgustoso: bacili immondi, bisunte berrette, poltiglia di fazzoletto, stoffe vuncie, corrotti fiati, crassi umori, fetide zaffate, sudori aciduli, rumori sconci, vapori ripugnanti, piaghe purulente... A questo punto mi decido: addio Marina Cvetaeva, Ninfa ormai scoronata. Finchè mi starai vicina dovrò interpolare la tua compagnia con quella delle mostruose Muse Escrementizie. E allora Addio Marina Cvetaeva, abbandonami con una delle tue memorabili "smemorie". Non eri tu che nel verso più bello riportavi l' ingiunzione di Euridice affinchè fosse liberata dal molesto Orfeo? Addio Marina Cvetaeva, saluto te. Con te saluto quella maschera di ferro che fu la morsa del tuo corpo/carcassa e che insieme abbiamo tentato vanamente di allentare. Piangi la tua calda lacrima mia Didone. Piangi forte come l' ultima delle sartine. Lo scaffale più alto e inaccessibile del tinello sarà lo scoglio dove languirai. Ti seppellisco in cielo. Ti riconsegno alle polveri da cui venisti regalandoti quell' esilio perenne che è tanto consono alla tua natura. E quale altra sorte pretende chi canta l' amore solo come "arco teso e disagio" oppure "randagia alleanza"? Lascia in pace una buona volta chi lo cerca nella forma di "indirizzo e numero civico comune". Sei donna - sii forte - sopporta! Sopporta questa bordata di addii e ferite che ti infliggo. Unico diversivo sarà per te la triviale compagnia del Lercio Canonico d' Irlanda. Hai capito bene, ho intenzione di liquidarlo per sempre appostandolo al tuo fianco. Leggetevi e neutralizzatevi. Tutto purchè i vostri bisturi cessino di straziere le frolle carni di noi lettori. Che io possa arrugginire altrove e in santa pace la vecchia latta del mio cuore. ****************************************************************** **************************************************************** Un Bargnìf è per sempre** Il grande scrittore sopporta bene che il suo libro possa venir letto anche "contro" di lui. Quelle congetture audaci che applicate all' opera del Mediocre si risolverebbero in un affronto provocatorio, intraprese sulla pagina del Grande possono invece trasformarsi in avventurose esplorazione di territori vergini che esaltano un mondo inesauribile e complesso. Adesso te lo dimostro. ** Mi sono appena imbattuto nel pennello di un grande ritrattista come Fogazzaro, tra i Grandi del nostro Ottocento il più pronto a dissociarsi e a litigare con i suoi Personaggi. Ho riletto il suo capolavoro (PMA). La setola che arma il suo strumento è tra le più carezzevoli ed espressive. Guardacaso le sfumature che più mi hanno sedotto sono quelle che tratteggiano una Sciurissima sulfurea: Madama la Marchesa. Secondo le intenzioni primigenie del Vicentino doveva trattasi di un rudere umano incartapecorito che lui avrebbe voluto confinare fuori dal tempo relegandola nel suo muffo Piccolo Mondo Antico in culo ai marcescenti meandri lacustri dell' alta Lombardia. Che palle invece quando si passa a quel pistola del Franco Maironi, nipote stupidamente eccitato da uno sciagurato pensiero patriottico! Con tutta la sfilza dei suoi trasporti puerili/senili, gli occhi spalancati ma assenti, le rabbie vuote e chiassose, l' idealismo fuori tempo massimo e la follia ideologica. "...Non voglio sentire queste cose in casa mia! Non siamo mica in Piemonte qui.". Avremmo voluto diglielo noi al pistola, e invece ci ha tempestivamente preceduti la solerte Marchesa. Avreste dovuto vederla, ha pronunciato con la compassatezza del ventriloquo queste parole che infatti le sono uscite già belle e cesellate da "dentro il suo naso". E che gioia poi farsi aria sventolando le pagine illeggibili (quindi saltabili a piè pari) dedicate alla Luisa, la regina delle sciacquette nonchè, purtroppo, la favorita dell' Autore. Con tutto il suo terremoto di energie mal indirizzate, le verità inutili sempre nella testa (quando va bene), o più spesso in bocca (quando va male). Aggiungici pure i drammi posticci che attira su di sè come magneti, e hai fatto il pieno. Non dimenticarti nemmeno di tutta quella religiosità che si affretta a mummificare vergognosa dentro il cuoricino. La mummificazione di questo nobile sentimento, con la letargia spirituale che porta con sè, è una funesta tromba che annuncia la malapianta Protestante. I due insopportabili quaquaraqua allungano la broda della pagina con le loro iniziative inconsulte continuamente punteggiate dalle vuote corse su e giù tra Castello ed Albogasio. La piagnucolosa e persistente aratura di questi famosi sentieri è quanto di più stucchevole ci fa trangugiare il romanzo. Viene buono ricordarla giusto per mettere a punto la gita fuori porta ai luoghi fogazzariani... [...occhio che per quelle strade dove "non si gira neanche un mulo" se incontri il torpedone Porlezza-Lugano ti prendi il torcicollo sparandoti 2 km di marcia indietro, oppure chiudi gli occhi sull' abisso e ti affidi alle schivate dei virtuosi autisti della tratta...]. Vuoi mettere la stura di asfissianti melensaggini che esce dal vacuo e scontato agitarsi di giovanotti nati-vecchi, a paragone della regale mutria di Madama, con tutto il labirintico intrico di ragnatele che la decora. Quanto più ci appare ingrugnata e quaresimale tanto più rinfranca e distende lo spirito. Lei appare e subito spira la Breva a dissolvere le confuse uggie. La sua vasta anima comanda i mondi su cui vuole regnare. La sua nobile figura è scolpita nel porfido delle montagne che sormontano il Ceresio. Osservandola intimiditi e da lontano la identifichiamo subito come Ricettacolo di Autorevolezze, concentrato di Responsabilità, Pietra Angolare dell' edificio sociale, Crogiolo di Probo Ordine Tradizionale (wow), Braciere di Fede ardente nella Provvidenza (aiutata). Vera Reggitrice della Casa, in ogni rigo a lei dedicato ci istruisce sull' Arte del Comando. Il centro della sua concentrazione ieratica è al centro del suo sofà che è al centro di un Grande Mondo Futuro. Altro che Piccolo Mondo Antico, caro Fogazzaro. Con la sola marmorea fermezza della postura ci comunica e ci offre la bella necessità del saldo Fondamento Familiare, l' ineludibile bisogno del Baricentro Comunitario. Oriente per tutte le bussole, tara per tutte le pesate, diapason per tutte le orchestre. Vero fastidio provvidenziale che nessuna felicità regala al capriccioso. Il reticolo di storie non potrebbe esistere senza i suoi imperiosi "no che costringono a crescere". Persino quel pistola del nipote ribelle, che dovrebbe essere già cresciuto da tempo, finirà per trarne un qualche giovamento. Sua longa manus è il Pasotti, altra memorabile figurina da custodire gelosamente. Nelle pagine più consumate il nostro Satrapo preferito ordina alla moglie storna con gesti convulsi. Nelle pagine più lise l' austriacante nasa prgmaticamente il popolino rigirandolo come un guanto con studiate domande in cerca di preziose dritte da servire poi sul vassoio alla Reggitrice. Due veri Bargnìf all' opera. La loro agnizione ha richiesto un secolo e mezzo, ma il tempo, scorrendo, li esalta sempre più. Proprio mentre sbiadisce tutto il resto. Da quanto detto finora mi si perdonerà una piccola reticenza. Riferendomi al Fogazzaro sostenevo più su di aver "...appena riletto il suo capolavoro...". In realtà, ormai si sarà capito, ho riletto i soliti 4 memorabili capitoli, gli unici che continuano a durare e dureranno per sempre. Per sempre. Il perchè ho cercato di spiegarlo fin dal titolo. ************************************************************** **************************************************** "Lo strano Caso del Dott. Jekyll e di Mr. Hyde" Poichè è mia intenzione essere un vero "lettore moderno" alcune linee guida le dovevo pur seguire. Per esempio quella di riempirmi di bolle in presenza di una Allegoria. Oggi posso dire di essere vicino all' obiettivo. Non appena nel testo mi capita di subodorare la presenza di una Allegoria comincio a soffiare, asudare, a sentire una spossatezza invincibile, ad afflosciarmi sulla pagina, a perdere colpi e sensi. Che poi, tradotto, significa che le "orecchie" si fanno sempre più ravvicinate e il lembo di polvere sul libro s' ispessisce fino a pareggiare quello del comodino. Dopodichè si procede mestamente all' archiviazione. Sono un vero "lettore moderno", io. E' inutile, l' allegoria non la reggo proprio, ne sento tutta l' artificiosità e l' inadeguatezza. Sono proprio un "lettore moderno" io. Da buon "lettore moderno", anelo al contatto incandescente. Il che puo' avvenire solo con la Realtà o con il Sogno. Non so che farmene di una alientante guaina protettiva sempre sospettabile di pedanterie didascaliche. Detto questo adesso pongo una domanda: e secondo voi, per ragioni del genere, dovrei privarmi del piacere che puo' dare una parabola come "Lo strano Caso del Dott. Jekyll e di Mr. Hyde"? Perchè lì dentro di puzze allegoriche ce ne sono parecchie. Urge rimedio. Un modo elegante per eludere l' ostacolo consistebbe nel fingere di appassionarsi alle diatribe ermeneutiche all' ultimo sangue che introduce puntualmente la presenza di un codice Allegorico. Insomma, recuperare la passione gettandosi nella mischia per fare cio' che in fondo piace a noi faziosi: schierarsi (schierarsi partecipando è molto moderno, quindi dovrebbe essere consentito anche al "lettore moderno"). Segue esempio. ** Nella rutilante girandola in cui le nostre personalità si intersecano inseguendosi senza posa, sono isolabili curiose e sintomatiche asimmetrie. Facci caso. E' sempre il nostro lato benigno a prendersi cura di quello maligno, mai viceversa. I due elementi non si guardano mai frontalmente, è il primo che si protende alla conversione del secondo. Quest' ultimo invece si dà alla fuga criminale aprendo il fuoco su tutto quanto gli capiti a tiro. Per Chercheston la novella ha la finalità anti-manichea di illustrare questa regolarità persistente. Una vera legge di natura agostiniana. Altri, come Oreste del Buono, contestualizzano storicamente le vicende narrate sottolineando come questa missione del bene non sia altro che una ansiogena, subdola, interessata e maniacale difesa della Reputazione formale. Il Male non va combattuto e vinto ma solo occultato alla vista altrui, magari sotto il tappeto. Nello "Strano Caso..." la frusta di questa ossessione puritana sollecita e giustifica ogni azione ed ogni sgomento dei protagonisti. Ora l' aut-aut è nitido. A questo punto, Signori, bisogna prendere partito e imboccare una delle due vie. Purtroppo (per fortuna!!) per scegliere oculatamente occorre anatomizzare in modo certosina ogni rigo del testo in questione. Che vogliamo fare? Vogliamo fare di Stevenson un ritardatario moralista secentesco. Oppure vogliamo farne un profetico precursore di paranoie kafkiane? Detto sottovoce non m' interessa granchè il responso, ma accolgo con sollievo l' esistenza di un dilemma tanto profondo e insolubile. Finalmente un delizioso pretesto per rileggersi avidamente tutto da cima a fondo senza sensi di colpa. **************************************************** Uno che durò poco-- C' è da divertirsi a seguire i dribling, le finte e gli slalom che deve inscenare a Milano chi non ha voglia di lavorare. Specialmente se il lavativo è un soggetto talentuoso, se i potenziali incarichi fioccano molesti e la domanda di suoi servigi preme come una cappa asfissiante. Luciano Bianciadi era certamente persona corredata da un ingegno non comune. Era un grossetano emigrato sotto la Madonnina, durante il boom, nel vertice più palpitante del triangolo industiale. Ma sopratutto, per la gioia di noi lettori, aveva pochissima voglia di lavorare (e molta di destabilizzare). Aveva la fissa del lavoro inutile, lo fuggiva. Purtroppo era arrivato a teorizzare che quasi tutto il lavoro fosse inutile. Poi, per non costringersi ad una noiosa opera di scrematura, finì per trovare razionale fuggire qualsiasi lavoro. La trincea ideale per combattere questa Resistenza postbellica fu individuato nell' accrocchio di Bar e Osterie della Brera ambrosiana. Poichè gli ingredienti ci son tutti non è un caso se leggere la narrazione della sua Vita Agra sia stato uno spasso. Però c'è un "però". Lo spasso ha raggiunto il suo picco affrontando la "Nota Biografica Redazionale" che immediatamente succede alla Prefazione. Un po' precoce come acme. Attaccando invece il testo vero e proprio, dopo i primi capitoli, l' umore entusiastico si smorza leggermente fino a toccare, a volte, depressioni imbarazzanti in cui si procede col remo nella bonaccia. Come l' anonimo Redattore possa superare il blasonato Autore è mistero che merita indagare. Sono partito da una flebile traccia che mi aveva insospettito fin da subito: le modalità dela difesa preventiva e reiterata che il prefatore Carlo Bo faceva del suo pupillo. Parlandone Bo aveva una fissa che dalla smisurata pedana della sua Cattedra ci teneva a ripetere: un pericolo doveva allertarci su tutti gli altri, quello di scambiare l' agro toscano per un guitto satirico sempre pronto a metterla in burletta. Mai e poi mai prenderlo per uno che cerchi di fare del colore con effetti caricaturali. Questo qui era invece uno che dietro la cortina grottesca alza il suo urlo stridulo facendo vibrare una corda autenticamente esistenziale e gettando luce su un' intera epoca italica. La foga con cui Bo spingeva avanti questa recriminazione per pagine e pagine mi aveva impensierito non poco. Gli allarmi erano fondati. Procedendo nella lettura riscontravo come il libro perdesse sempre più quota allorchè l' Autore emergeva come un satirico sempre pronto a metterla in burletta, oppure come qualcuno che cerca di fare del colore con effetti caricaturali. Le urla esistenziali, nel frattempo, si erano rarefatte fino a sparire. L' Italia degli anni 60 giaceva avvolta in un cono d' ombra. Cio' non toglie, si badi bene, che quel toscanaccio anarcoide, sbarcato da queste parti a pascolare pigramente negli uffici delle case editrici, non sia riuscito a consegnarci un paio di acquarelli d' alta scuola nei quali illustra, una volta per tutte, il lato oscuro di noi ossobuchivori che pascoliamo indaffaratissimi negli uffici delle multinazionali. Basterebbe il profilo del "Fannullone Frenetico" a convalidare questa tesi: "...**********..." Purtroppo o per fortuna Bianciardi è un battutista fulminante. Cio' si accompagna puntualmente con una sorta di "fiato corto". In più, come tutti i pigri, guarda in tralice la lunga e faticosa distanza del romanzo. Dà il meglio di sè quando puo' inserirsi parassitariamente facendo il controcanto responsoriale al discorso altrui. Da geniale clandestino s' imbarca nell' analisi altrui e si lascia trasportare. Le sue interpolazioni amarognole si abbinano meravigliosamente al tono ufficiale del dirimpettaio; è invece farraginoso se deve affabulare con un monologo che lo costringe a coprire ampi spazi. Cio' non è compatibile con la respirazione dei suoi piccolissimi polmoni. Il Redattore della "Breve Biografia" ha avuto l' intuizione di offrirsi come sparring partner, proprio cio' che cerca, rigenera e ispira uno scrittore del genere. La necessità di una Spalla veniva soddisfatta. Ogni intervallo della biografia ufficiale è costellato da felici battutine del nostro che sintetizzano eloquentemente il sentimento con cui sono stati vissuti gli anni di cui si parla. Esempio supremo il periodo di decadimento alcolista chiusosi con la morte. Veniamo informati che agli amici diceva: "...Sopportatemi. Duro ancora poco...". C' è un epitaffio migliore? P.S. devo precisare che ho svolto le mie considerazioni di lettore avendo sottomano l' edizione Bompiani della Vita Agra. ********************************************** *********************************************** Genealogie libresche Alcuni fenomeni incongrui opprimono con il loro mistero la mia vita parallela di lettore. Un certo istinto edipico informa certi miei comportamenti inconsulti. Non riesco sinceramente a spiegarmeli pur non rinnegandoli. Con calma cerco di fare mente locale. I libri stanno di fronte a me tutti allineati e parificati sullo scaffale. Ma quando poi ci guardiamo in faccia, sappiamo benissimo, sia io che loro, che non è certo una relazione egalitaria a collegarli/ci. Intricate parentele finiscono per disegnare un imponente albero genealogico tra le cui fronde è bello giocare e perdersi. Alcuni libri sono ricavati dalla costola di un parente ben identificato, altri fuoriescono dal combinato disposto di una pluralità ristretta, altri ancora hanno progenitori vaghi che comunque potrebbero essere vagamente indicati. Poi ci sono quelli usciti dal nulla che sono riusciti a crearsi una ristretta ma solida discendenza. Poi ci sono quelli che dal nulla sono usciti e nel nulla sono sterilmente rientrati. Non dimentichiamoci degli orfanelli. Potrei andare avanti. Alcuni Patriarchi sono stati particolarmente prolifici creando delle vere e proprie colonie che s' impolverano al loro fianco ben allineate sulle lunghe mensole dell' Ikea. Veramente adorabili questi nipotini. Quindi, si direbbe, venerabile il capostipite? Calma. Per essere più esplicito faccio un caso che deve intendersi come uno tra i tanti. ** Devo ammetterlo, oggi non posso più rinunciare ad espormi regolarmente alla sfiammata sulfurea di Antonin Artaud, come potrei esimermi dall' auscultare il suo formidabile rantolo gutturale? Chi puo' sottrarmi al raccoglimento indotto dalla sua farneticante profezia? Che gioia soccombere ad un simile plagio. Questa felice dipendenza mi è stata regalata a monte dalla lettura di un classico di Jacques Derrida: "La Scrittura e la Differenza", Einaudi editore. E' lì che scoprii Artaud. Devo ammetterlo, oggi non posso più rinunciare a perdermi con regolarità nel labirinto interrogante di Edmond Jabès. Non riesco a trattenermi, ogni tot. devo raccogliere i miei quattro stracci e farmi nomade con lui. E' un imperativo ineludibile: devo unirmi a lui nel suo sforzo continuo di spostare il confine, di svellere il cippo. Ammetto con ritrosia che anche questa felice dipendenza mi è stata regalato in principio dalla lettura di un classico di Jacques Derrida: "La Scrittura e la Differenza", Einaudi editore. Se poi la buttiamo in filosofia devo rivelare la fascinazione che ho sempre subito per lo specchio abissale degli sguardi reciproci così come lo descrive un "filosofo poetante" come Levinas. La sua tesa e convincente narrazione del volto altrui mi torna in mente come chiave di volta ancora oggi nelle situazioni più disparate. Ammetto a denti stretti che anche questa persona valorosa mi sia stata presentata da Jacques Derrida per tramite di un suo classico: "La Scrittura e la Differenza", Einaudi editore. Finisco anche se non è finita. Molti amori letterari sinceri e duraturi gli ho ereditati dalla provvidenziale giovanile lettura di un classico di Jacques Derrida. Il titolo è noto, trattasi de "La Scrittura e la Differenza", Einaudi editore. Oggi, gran parte del mio tempo, quando sono impegnato a scambiare idee sui libri letti, lo passo ad esaltare la potenza di fuoco di Antonin Artaud, lodo lo sbrego del suo artiglio, incito l' interlocutore a farsene uncinare le carni. A seguire non manco mai di portare alle stelle la Metafisica itinerante di Edmond Jabes, raccomando a chiunque di confrontarsi con l' irrequita insaziabilità di questo ispirato questionatore. Chiudo sempre con l' elevazione di un peana per Levinas, disvelatore sommo della nostra condizione terrena che si specchia al meglio solo nell' occhio animato del prossimo. Se poi avanza tempo non ho dubbi su come impiegarlo. Già mi vedo concitato e convinto redigere l' Indice dei libri dannosi che inquinano, intossicano e sviano un sano approccio alla lettura. E' con gioia che estirpo e scaravento nella polvere calpestandola freneticamente una simile gramigna. La graduatoria di questi testi corruttori delle tenere intelligenze è inaugurata da una iattura senza pari. Non so nemmeno se vale la pena dirlo a questo punto. Ma che lo dico a fà? Ovviamente trattasi di un classico di Jacques Derrida: "La Scrittura e la Differenza", Einaudi editore. ************************************************** **************************************************** Pendenze pericolose Non so cosa sia ma so chi ce l' ha. Gustave Flaubert ce l' ha, per esempio. Sto parlando di un segreto. Il segreto riguarda "l' arte di farsi leggere". Non sarà importante quanto "l' arte di dire qualcosa" ma è pur sempre un valore non disprezzabile. Crea imbarazzo come Flaubert si serva in modo irridente di questo segreto. Ce lo mette continuamente sotto il naso senza svelarcelo. L' ho constatato ancora una volta senza fatica leggendo l' Educazione Sentimentale aiutato dalla provvidenziale stampella del podcast di Radio Tre. Ma di cosa si tratta esattamente? Per poterlo specificare inutile alzarsi in volo per raggiungere il regno delle astrazioni. In un amen ci ritroveremmo col culo a terra senza aver fatto un passo avanti. Meglio le vie di fatto. Siccome Flaubert ce l' ha (e fin qui siamo tutti d' accordo), la cosa migliore è pedinarlo per coglierlo sul fatto. Escludo possa trattarsi di qualcosa che salti subito all' occhio. Figuriamoci che io, leggendo Madame Bovary anni fa, l' avevo preso dapprima per uno scontato romanzo d' appendice. Solo successivamente, sotto tutela di terzi, ho avuto un ripensamento. Escludo anche che F. riesca a produrre la sua suadente musica grazie agli argomenti prescelti. Lo escludo nonostante la sua scelta di esplorare l' articolato e misterioso continente delle Stupidità Umana sia innovativo e vicino alla nostra sensibilità. Che lo faccia concentrandosi su piccoli borghesi, donne, giovani e rivoluzioni rivela un intuito felice anche a distanza secolare. Tendo ad escludere anche che il segreto sia legato alla capacità immaginifica dell' Autore. F. mi sembra parco nelle metafore, docile nelle immagini, avaro nell' articolazione. Tutto è ben distribuito anche se fin troppo sotto controllo. Per rintracciare il suo reale punto di forza bisognerebbe concentrarsi sui ritmi. E' una questione musicale. O, se vogliamo usare un' altra immagine, una questione di "pendenze". Ma come fa questo stregone ad inclinare con tanta sapienza il suo rigo in modo da metterlo in discesa e facilitare il passo del lettore? E' un' inclinazione dolce, un falso piano che risparmia anche le fatiche della frenata. Non è poco! Anzi, forse è tutto. Ciascuno di noi lo sa. Avere tra le mani un libro "in salita" ti sottopone ad una tortura di Sisifo. Non fai altro che chiederti continuamente perchè mai dovresti girare pagina per sobbarcarti la successiva. Ma i libri più infidi sono i libri "in discesa". I libri "in discesa" abbodano e si riproducono come conigli. Qualsiasi Pianificatore è in grado di pianificare parole in "discesa". Certo, questi libri ti sospingono in avanti, la voglia di leggerli è tanta. Presentano però un inconveniente non da poco: ti accorgi presto che vorresti leggere una pagina diversa da quella che hai davanti. La pagina che vorresti leggere in genere viene dopo, sempre dopo, anche dopo l' ultima. Praticamente arrivi alla fine senza mai aver letto la pagina che desideravi. Questi libri, più che la voglia di leggerli, stimolano la voglia di finirli. Oggi non so più se dire "...l' ho letto tutto d' un fiato..." sia un vero apprezzamento. Sono queste ansie che ho designato come "fatiche della frenata". Aaaah i falso piani flaubertieni invece... Con i falsopiani flaubertiani passeggi respirando aria buona e godendoti il panorama. Non devi nè rampegare, nè frenare. Hai sempre sottomano proprio quello che volevi leggere. la pagina che apri è quella giusta! Complimenti. A volte ti viene persino voglia di rileggertela. La genialità genialmente moderata di questo professionista consente di sopportare a lungo la sua compagnia. Persino la 20 puntata del podcast mantiene una sua freschezza insospettata. Un record. Musica, ritmi, salite, discese...che nebbia. Mi sa che del segreto di Flaubert ho parlato a lungo senza dire granchè. Forse non si può dire granchè (Proust l' ha buttata sulle virgole). Forse volevo solo dire che mi è piaciuto leggerlo e non capisco bene perchè. Questo, sinceramente, non mi va giù e devo sfogarmi. **************************************************** ******************************************* *************************************************** C' è chi mette entusiasta tra le mani del malato il pulsante che lo ucciderà. Questa stessa persona s' indigna poi se una persona in salute svolge un lavoro rischioso. Sopprimere la vita va bene, rischiarla è incivile. Chiedevo conto di questa strana contraddizione. *** Mi si è risposto facendo un po' di confusione tra il problema degli "incidenti sul lavoro" è il problema della "schiavitù". Quest' ultimo non c' entra nulla con cio' di cui si parla. E poi non mi sembra proprio che da noi esista un problema di schiavitù su vasta scala. Perlomeno di schiavitù in senso proprio. L' unica forma di schiavitù in senso proprio che da noi vigeva, ovvero la leva militare (o servizio civile), è stata recentemente abolita. *** Mi consolo, sempre meglio che confondere, come spesso si fa, il problema degli "incidenti sul lavoro" con quello della povertà. Quest' ultima confusione nasce dal non capire che se Tizio ha poche opportunità non significa che tra quelle poche non possa scegliere liberamente. *** Poi ho tentato di colorire l' incongruenza che segnalavo facendo notare che chi è pronto ************************* ************************************* ********************************************** **************************************** Problemi giù in Archivio. Parini-Manzoni-Porta-Gadda-Chiara-Brera-Vitali+il "Perdonato dalle Lucertole"...di ciascuno di questi qualcosa ho letto. Ora, essendomi questi scrittori "lombardi", mi chiedevo se avesse senso chiamarli "lombardi". Innanzitutto voglio precisare che non prendo in considerazione quei "lombardi" che hanno la pretesa di narrare storie universali, costruite con personaggi universali. Mi limito a coloro che hanno piantato qui, in terra lombarda, il loro semino. Che l' hanno coltivato amorevolmente negli anni e che ci regalano la loro opera come se fosse il frutto maturo di quell' albero. In secondo luogo mi limito agli scrittori che ho letto io e per i libri che ho letto io. Pochini direi. L' unica cosa che ha prodotto il mio sforzo è un caso di serendipità: pensando (invano) ad un possibile elemento che fosse in grado di unificare questi autori me ne è venuto in mente uno in grado di discriminarli tra loro. Due categorie possibili: "Pagani" e "Cristiani". Difficilmente il personaggio dell' autore lombardo è un ateo pacificato. Un personaggio del genere offre pochi spunti. A questo punto,nei casi di "senza Dio" meglio ripiegare sulla variante del "pagano". Il "pagano" è un fauno talmente fiducioso dei suoi sensi da seguirli ovunque. A queste seduzioni della natura il pagano oppone resistenze ridicole, di pura facciata. Basta che la sua pelle sia sfiorata per farlo "entrare" in vibrazione. Il vero pagano è solo colui che vibra in perfetta armonia con il creato. O almeno lo crede. Il pagano è appagato nella sua immanenza. E perchè mai dovrebbe temere la morte? Non c' è esperienza più eccitante che farsi concime. Parini-Porta-Chiara-Brera-Vitali+ il "Perdonato..." mi sa che sono autori tutto sommato pagani. Forse se Brera avesse scritto ancora un libro di narrativa avrebbe varcato la soglia. Manzoni e Gadda tengono alto il vessillo del "cristiano". Il "cristiano" aumenta la sua circospezione nei momenti di massima gioia e successo personale. Sa che "la roda la gira" e non si rassegna. Ossessionato da tutte le forme di contropartita, coltiva un sentimento tragico che è anche un sentimento realistico. Si distende e gode solo quando riesce ad accettare la realtà del dramma. Di solito, purtroppo, questa accettazione richiede una tempra da Santo. *** Me ne andavo a spasso tutto felice con le mie categorie in tasca quando ho preso dentro qualcosa e mi sono ritrovato a terra lungo e tirato. La pietra d' inciampo ha un nome e un cognome. Trattasi di quel maledetto vogherese, sì quello là, l' Alberto Arbasino. E dove lo caccio quello lì? Ho appena letto "La Bella di Lodi", lombardissimo racconto, e non riesco a trovare un posto per lui nel mio schemino. Qualcuno puo' darmi una mano? *** E pensare che eravamo partiti così bene. Già dal primo capitolo il gioco delle ascndenze sembrava chiuso senza residui: trattasi di gaddian/proustiano. Il tipo eroico impegnato a riprodurre un virtusismo parolaio, faticoso e strabordante, pur di acchiappare la Realtà per la coda. Una realtà senza coda che non finisce mai. Uno di quei frustrati che si accorge a sue spese di come l' infinito kantoriano delle parole sia di grado inferiore rispetto all' infinito dei fenomeni naturali. E questo anche solo limitandosi ai fenomeni di supervice (lui ama e si concentra sugli smalti lucenti). Eppure non si arrende, eppure ci prova lo stesso. E lo fa con una foga ipertrofica, tentacolare, spettacolare, entropica. Rotte, confuse, incasinate, urlate più che dette, di parole certo ne vengono fuori tante, fin troppe. Uno, insomma, che ci racconta bene il dramma che fronteggia lo scrivano fedele. Il dramma della prolissità, destinato a travasarsi presto dalla penna ai personaggi. Quindi un "cristiano", facile. *** Calma e gesso però. Svoltate poche pagine la musica cambia e il Nostro comincia a sorpresa il tradimento sistematico dei Padri. Resosi conto di questo sforzo inane il vogherese... rinuncia!? Incredibile la faccia tosta di questo qua, anzichè imolarsi fa marcia indietro. Desiste dall' eroica impresa di inseguire e irretire i fenomeni. Che forme assume questa rinuncia? Facile, la prosa comincia a farsi frammentaria. La fiumana gaddian/proustiana si trasforma in scroscio intermittente. Il biancore degli spazi si diffonde, il corpo inchiostrato cede ad una immacolata desertificazione. La Realtà irrompe solo nella modalità sminuzzata del flash. La cronaca, prima impetuosa, ora ci viene rinviata scritta sui coriandoli. L' immenso spazio vuoto dove i coriandoli fluttuano, quello te lo devi riempire tu caro lettore (che invece volevi startene comodo in poltrona). L' avanguardia ha colpito ancora. Il frammento gaddiano si realizza per la resa di uno scrittore esausto, quello arbasiniano è un cristallo tagliente dalle geometrie scientemente calibrate. Non c' è mica bisogno di mettere tanti punti per triturare la narrazione. Basta anche solo cambiare voce ex abrupto. Cambiare stile. Così, senza pravviso, nè ragione. Si strania tutto con una folla di interferenze (TV, film, canzonette, opera, jingle...). Si rinnega Proust per guardare Joyce? Mai capitato ad un Lombardo! Illustrando poi meticolosamente le quinte di ogni scena Arbasino trasferisce a Teatro la sua storia. E il Teatro, si sa, rende tutto imbalsamato. Per di più è un Teatro che degrada prima nel tableau vivant, poi precipita addirittura nella diapositiva. Sia per il "pagano" che per il "cristiano" non c' è nulla di nocivo quanto la narrazione per diapositive. Senza "continuità" tutto si fissa artificiosamente raggelandosi. Persino la Roberta e il Franco, i protagonisti di un amour fou (figuriamoci), si presentano alla fine come due merluzzi della Findus. Ma con questo gelo non si va lontano. Sopratutto non sei più nè pagano, nè cristiano. Le mie gabbie scattano a vuoto, l' uccellino fugge via. Non sarebbe poi un grave danno se la storia di Arbasino non fosse maledettamente lombarda. Era proprio l' uccellino che cercavo ed è scappato. *** Poi, in uno slancio pianificatorio sovrumano degno della mia natura di Archivista, lo ficco tra i "pagani" e non se ne parli più... ...non fosse che per tutti quei p.....i sull' Autostrada del Sole nuova di zecca. Contento io, contenti tutti. ********************************************** ********************************************** *********************************************** ************************************************ ************************************************* *********************************************** Libri che leggono altri Libri Ci sono alcuni libri che, per me, hanno un doppio valore. Primo, perchè mi piacciono e godo nel leggerli. Secondo, perchè mi hanno fatto riscoprire altri libri che dapprima mi avevano deluso. ** Quello che a molti capita con i Promessi Sposi a me capitò con Mobydick. Ripensando a quell' avventura direi che il "senso del dovere" è una qualità preziosa per il cittadino. Ma non per il lettore. E' il "senso del dovere", prima ancora della scuola in sè, a rovinarci molte esperienze di lettura. Per un malinteso senso del dovere, diversi anni fa, presi in mano Mobidick. Ma di mano mi scappò, tant' è che cadde in terra. Lo raccolsi ma cadde di nuovo. Il Capolavoro non si lasciava impugnare. Come mai? Sarà perchè quando i capolavori sono tali all' inizio della lettura anzichè alla fine, non si riescono mai a stanare e restano celati dietro spesse cortine. A nulla valgono torrenziali prefazioni, scrupolose note a piè di pagina, efficaci sintesi, originali percorsi critici. Sempre sfuggenti restano. Si direbbe persino che chi ci incoraggia verso di loro tema in segreto che anche noi si possa partecipare al godimento della bellezza. Quasi che la bellezza del capolavoro sia una torta data da dividere tra tutti. Per ciascuno che si aggiunge al tavolo la fetta si assottiglia. Nel frattempo Achab correva dietro la balena cumulando frustrazioni e io correvo dietro ad Achab ancora più deluso. In quelle condizioni cosa potevo fare? Mi dibattevo goffamente impigliato nelle gomeme, ancorato dalle ancore, arpionato come un San Sebastiano, bloccato sulle sartie preda delle vertigini. Descritte così le condizioni si puo' ben capire perchè arrivai in fondo alla mia impresa "doverosa" con spirito loffio e felicemente dimentico di tutte le pagine che mi lasciavo alle spalle. Ascoltavo distratto le urla di Achab in attesa della mia liberazione e la mia liberazione arrivò con l' ultimo rigo dell' ultimo capitolo. *** Quindici anni dopo, aggirandomi per librerie ormai lettore anarcoide privo di ogni "senso del dovere" e governato solo da istinti e curiosità transuenti, feci il mio incontro con il fantasmagorico "battezzatore" caraibico Derek Walcott. E' stata questa specie di "Oh Capitano, mio Capitano" che mi ha insegnato a cavalcare la salsa onda oceanica. Che mi ha insegnato a domarne la veemenza e a gridare "all' abbordaggio!!" Il suo verso informe, opulento e dilagante mi ha convertito definitivamente alle sproporzioni della Parola Epica. Una parola gremita di ambizioni e che deve uscire sbrodolante dalla conchiglia delle labbra...ormai quella lezione mi si è fissata in testa con la solidità di una paranoia. Non pensavo che alla mia età potesse nascermi dentro un altro piccolo "io", un fratellino. Non te l' aspetti di germogliare in tempo di morte. Grazie a lui ho toccato con mano la dismisura di una lingua inventata apposta per nominare esseri che oltrepassano le nostre facoltà. ...Le Balene Bianche, tanto per dirne una. Tutto cio' ha molte conseguenze. Per esempio: con uno spintone selvaggio sono stato ributtato a bordo del Pequod. Si salpa e si guadagna all' istante il mare aperto. Ma questa volta ne sento l' odore pungente nel cervello. La mia astenia di fronte alle pagine di Mobydick è un ricordo del passato. Sotto la paterna scorta dell' Omero negroide che mi siede accanto, trovo il coraggio per riprendere in mano il Grande Classico. E il Grande Classico si ridesta dal torpore prendendomi saldamente tra le sue mani possenti. I libri di Walcott, tutti insieme, fanno ressa intorno spiegandomi per filo e per segno ogni paragrafo del Mobydick. L' egida della sua vasta mano negra si posa sul mio capino e io mi sento onniscente: capisco tutto. Lo capisco subito. Ormai mi hanno talmente "introdotto" che Achab è per me come un Fratello della Costa con cui spartire il bottino; la portentosa schiena del Capodoglio, invece, mi è talmente familiare che l' accarezzo con lo sguardo come fosse il mio pesce rosso del luna park... Missione compiuta quindi: il Mobydick è letto con gusto, assimilato, metabolizzato e apprezzato. Quindici anni e anch' io ho stanato l' abissale e maligna bellezza di questo grande libro/balena. Valeva proprio la pena di aspettare per poter fare il viaggio più avventuroso con un compagno come il grande Derek. **************************************** ******************************************** ********************************************* ********************************************** Facili costumi Puo' solo farmi piacere, caro Sulfur. A volte, per una Signorina del genere, concedersi con facilità e andare un po' con tutti, non puo' che essere una virtù di cui andare fieri. E comunque, visto che l' hai frequentata, appena mi avanza tempo, vorrei metterti a parte di un dramma personale che mi tocca proprio in queste ore. Magari con il fine recondito di scroccarti una consulenza sentimentale! ************************************** ********************************************** ********************************** ********************************************************************************************************************************************************************************** ******************************************************************** **************************************************** *************** L' Europa dorme e molti anche qui nel forum sono impegnati a cantare a squarciagola la Ninna Nanna. Ascoltiamo loro visto che l' Idomeneo di Mozart non è possibile ascoltarlo. Sembra che i Mussulmani riescano sempre più ad imporre anche qui le regole censorie che vigono nei loro paesi. Oggi sono il 5-10% della popolazione. E quando questi nostri amici saranno al 20%-30%, come peserà questa cultura che tanto a lungo ha vietato la rafigurazione di esseri viventi e che ha sempre tenuto in sospetto la stampa? Lo scrittore Sebastian Vila Rodriguez individua provocatoriamente un punto di svolta culturale nella tragedia tutta europea di Auschwitz: l' Europa perde 6 milioni di ebrei, il popolo più incredibilmente creativo in circolazione (0.02 della popolazione, 20% di Nobel) per sostituirli nel corso della fine secolo con i 20 milioni di mussulmani, popolazione spesso violenta fanatica ed ingrata. ********************** I poveri pagano meno e i ricchi pagano di più. Bello dirlo. Quando una tassa viene istituita chi sarà poi a pagarla? Non bisogna confondere chi porta i soldi all' esattore con chi sopporta effettivamente il costo di quella tassa. Il ricco viene tassato e aumenta i prezzi per recuperare almeno in parte l' uscita che ha avuto. Il povero subisce questo rincaro. Ecco un caso in cui la "tassa sui ricchi" viene pagata, in buona parte, dai poveri! Altro esempio: viene aumentata la tassa sui profitti societari e la Dell apre uno stabilimento a Montpellier anzichè in Piemonte. A pagare sono i disoccupati piemontesi (presumibilmente poveri). Ecco un altro caso in cui i poveri pagano una tassa destinata ai profitti societari. Troppe tasse, niente panfilo. Il mozzo (che con il suo misero stipendio manteneva anche la nonna vecchia e malandata) si ritrova per strada dando il suo contributo nel pagare la tassa sugli yacht. Si potrebbe continuare all' infinito. Anche con esempi di segno opposto, ovvero di come i ricchi godano delle minori tasse imposte ai "poveri". L' "economia fiscale" è una delle più complesse che esistano. Il meccanismo del trasferimento d' imposta impedisce di vedere chiaramente su chi gravi effettivamente una tassa. Mi scuserete quindi se mi viene un po' da sorridere quando in questi giorni si sente dire "i ricchi pagheranno più tasse" oppure "diminuite le tasse ai poveri". Visto il tema di qusto thread aggiungo, avvalendomi di un esempio, un' ulteriore difesa dell' evasore. Grazie all' evasione di una tassa è possibile praticare prezzi bassi a tutto vantaggio degli eventuali acquirenti poveri che ne traranno vantaggio. E magari ne subiranno un danno i ricchi concorrenti dell' evasore. L' evasore come Robin Hood: toglie ai ricchi per dare ai poveri (trattenendo per sè una % infinitamente inferiore rispetto a quella delle burocrazie welfaristiche). ********************************************** ********************************************* ********************************************** ******************************************* ********************************************** ********************************************** Leggendo il forum ogni tanto capita di imbattersi in chi sostiene che l' evasore sia un ladro. A prima vista questa affermazione fa sobbalzare. Eppure è sostenuta da molti, sebbene non sia quasi mai spiegata. Devo subito aggiungere che le intelligenze migliori del forum non sembrano cadere nel trappolone. La confusione mentale su questo punto poi è più che giustificata: siamo stati tutti educati e circondati da strutture che campano grazie alle tasse ed hanno un interesse diretto a dare per scontato il giudizio di cui sopra. Esempio: quando Padoa Schioppa dice che l' evasore è un ladro bisognerebbe intendere: "chi non paga il mio stipendio è un ladro". C' è puzza di conflitto d' interesse. La sentite anche voi? Tento di sostituire alle "schioppettate" (interessate) un ragionamento rigoroso con premesse facilmente accettabili da tutti. La strada da percorrere per dimostrare l' infondatezza del giudizio di cui sopra è piuttosto facile e breve. Basta fare 10 passi. 1. *** Innanzitutto l' evasore non puo' essere equiparato allo statale fannullone: il secondo non rispetta un contratto, il primo non intende stipularlo. La seconda opzione è legittima, la prima no. Lo capiscono tutti (tranne Sinibaldi). 2. *** L' evasore difende la sua proprietà da un attacco fondato sulla violenza fisica. E' forse questo il comportamento tipico del ladro? Ovviamente no. Anche qui non dovrebbero esserci obiezioni. 3. *** Qualcuno sostiene che l' evasore sia uno "scroccone" poichè usa, per esempio, una scuola (o una strada) che non contribuisce a finanziare con le tasse. Ci sono almeno due motivazioni oggettive per cui anche questa affermazione è falsa. Prima di tutto ricordo che lo scroccone è colui che sfrutta opportunisticamente qualcosa che appartiene a qualcun altro. Ma la "strada pubblica" non appartiene a nessuno! Per capirlo bisogna fare una premessa. Cos' è una strada pubblica? E' una strada la cui costruzione è finanziata dalle tasse. Ora, che le tasse siano un' estorsione è abbastanza evidente e pacificamente ammesso. Basta pensare di cosa stiamo parlando: un tale si presenta armato da Tizio proponendogli il cosiddetto "contratto di Corleone" (o patto fiscale). Se Tizio ci sta, bene; se non ci sta, viene dato corso alle minacce e alle violenze del caso finchè tizio cede e, quello che era inizialmente un contratto, si trasforma in una coercizione. Chiamiamo pure "ladro" l' estorsore (anche se tecnicamente non sono la stessa cosa: in genere l' estorsione viene ritenuta un aggravante del furto) e chiediamoci quanto segue. Se il ladro successivamente acquista qualcosa scambiandola con la sua refurtiva diventa forse un legittimo proprietario di cio' che ha acquistato? No, ovvio. Una conseguenza è la seguente: sottrarre ad un ladro la refurtiva o cio' che ha acquistato con la sua refurtiva non è mai un furto (es. il sequestro dei beni ad un mafioso acclarato è forse un furto?). Questo lo capisce chiunque. Anche in questo caso giungiamo alla conclusione di prima: l' evasore non è mai un ladro. La cosa è tecnicamente impossibile. 4. *** Qualcuno ha obiettato che i beni "consumati" dall' evasore siano sottratti al patrimonio destinato a risarcire coloro che hanno subito l' estorsione fiscale. L' argomento avrebbe una qualche plausibilità, ma solo nel caso in cui una simile procedura di risarcimento fosse avviata. La prima risposta quindi è semplice: una simile procedura, non è mai cominciata, non è alle viste e, direi di più, è impossibile. Di conseguenza il problema non si pone. Una seconda risposta (a questo punto pleonastica)verrà esplicitata indirettamente ai punti 6 e 7. Vedremo come uno dei massimi danneggiati da risarcire potrebbe essere proprio l' evasore. 5. *** Non prendo nemmeno in considerazione chi sostiene che noi siamo legati da un accordo che si sostanzia nella Costituzione. Certo, se fosse davvero così le cose cambierebbero. Ma questo accordo non esiste nella realtà. Tutti lo vedono, anche coloro che lo rivendicano (infatti, quando parlano con rigore, devono dire "facciamo finta che tutti abbiano stipulato..." [contrattualismo]). Mi sembra che si possa procedere oltre e non perdere tempo. 6. *** Veniamo ora a qualcosa di un pochino più sofisticato (lasciamo le scuole elementari ed entriamo in prima media). Teniamo a mente l' accusa che l' ingenuo rivolge all' evasore che utilizza una strada pubblica: "scroccone"! In questi casi bisogna osservare di come all' evasore venga "imposto" un determinato servizio attraverso la privazione delle alternative. E' il fenomeno che gli economisti chiamano "spiazzamento". Es. la scuola pubblica "spiazza" le private, come dicono gli studiosi. Se non ci fosse il pubblico ci sarebbe il privato. Ma siccome c' è la concorrenza sleale del pubblico, il privato sparisce limitandosi a tappare i buchi del colabrodo. Se non ci fosse la strada pubblica ci sarebbe quella privata. Ma questa strada, in presenza di quella pubblica, non c' è perchè ha subito uno "spiazzamento" di natura violenta da parte di un operatore (stato) che, avvalendosi dello strumento estorsivo (tasse+regole) fa concorrenza sleale (ovvero violenta). L' evasore prende quel che c' è, visto che le alternative che gli spetterebbero hanno subito un' aggressione violenta e non possono venire alla luce. Direi che la definizione di scroccone è ben diversa. 7. *** Non è finita qui. Consideriamo un danno ulteriore che potrebbe subire l' evasore. Se l' evasore fosse stato (controfattuale) il padrone delle strade "spiazzata", oltre al danno subirebbe una beffa. In un mondo non-violento sarebbe stato miliardario, ma cio' gli viene impedito con un aggressione. Dopo tutte queste tegole che gli sono piovute in testa suona ancora più assurdo definirlo uno "scroccone". 8. *** Il bello è che la direzione dello "spiazzamento" non è prevedibile! Magari le risorse sequestrate per la costruzione della strada sarebbero state spese per vedere all' opera la band dove suona Matteo. Il miliardario sarebbe stato Matteo. Oltre a togliergli manu militari i suoi miliardi con che coraggio gli impedirei di circolare strada? 9. *** Facciamo un esempio ancora più semplice. Matteo se ne sta nel suo salottino a vedere la TV. Un tale fa irruzione e con la pistola e costringe il nostro bel mantovano ad uscire di casa e a montare su una barca. Una volta in mezzo al Mincio Matteo prende a lamentarsi. Quello gli fa: "se non ti sta bene puoi sempre tuffarti e tornartene a casa". Matteo, che non sa nuotare, pretende di essere ricondotto a riva con la barca. Quello lo accontenta non senza brontolare e accusandolo animosamente di "scroccare" un passaggio. Vista la situazione l' accusa suona decisamente assurda! Il buon Matteo voleva semplicemente un' altra cosa (starsene a vedere la TV), lui gli ha imposto con la forza la sua volontà e poi, per il solo fatto che Matteo sfrutta la barca con cui è stato sequestrato, si prende dello scroccone!? Eppure questa accusa assurda assomiglia molto a quella che molti fanno all' evasore! 10. *** Ciascuno consideri il caso tipico della Mafia classicamente intesa. Se l' evasore è un ladro allora lo è anche chi si sottrae al pizzo. Ricordo sommessamente che i servizi di protezione della mafia sono efficientissimi (nemmeno paragonabili a quelli statali). Se uno scippatore disturba la sera un quartiere "protetto", te lo ritrovi appeso al lampione la mattina dopo. Ma chi non paga il pizzo in un quartiere "protetto" è uno scroccone? No di certo. Eppure a questa conclusione giunge chi si intestardisce ad equiparare l' evasore al ladro. 11. *** Attenzione, con ciò non ho dimostrato che l' evasore NON sia uno scroccone. Ho dimostrato che non si può dimostrare che lo sia. In altre parole, ho dimostrato che il giudizio: "l' evasore è uno scroccone" è infondato. Potrei anche pescare a caso nell' elenco del telefono e dire che Tizio è un ladro. Certo, posso dirlo. Ma non posso dimostrarlo. Anche nel caso di Matteo, Mr.X potrebbe asserire che Matteo, in realtà, voleva proprio farsi un giro in barca. Io non sono in grado di dimostrare il contrario. Posso solo dire che quanto Mr. X afferma non è dimostrabile visto che Matteo non hai mai espresso quella volontà. 12. *** Fortunatamente il problema degli scrocconi puo' essere risolto in modo brillante. Esiste infatti la "soluzione perfetta". Per essere sicuri che non esistano scrocconi basta evitare di imporre alcunchè a chicchessia. 13. *** Che l' evasore non fosse un ladro, in fondo lo sapevamo tutti e questa passeggiata di 10 passi era abbastanza prevedibile. Ne propongo un' altra più avventurosa. Anche questa si compone di 10 passi. Questa volta però il panorama è mozzafiato. Vedremo come sia possibile accumulare argomenti (non dimostrazioni definitive) per sostenere che l' evasore sia un "pubblico eroe". Alla prossima. ************************************************************************************************************** ***************************************************************************************************************************** ********************* ******************************************************************************************* Dopo qualche mese sono venuto a conoscenza di una buona risposta al quesito originario di questo thread. Devo molto a Bertrand de Jouvenel (Sorbona, Oxford, Cambridge, Yale, Chicago, Berkeley) e al suo libro "Il Potere. Storia della sua crescita." (Sugarco). Lui la risposta l' aveva già formulata negli anni 70 dopo una lunga maturazione partita dalla guerra che lo segnò molto. Per Potere intende quella forza coercitiva in grado di ottenere la sottomissione (schiavitù) del prossimo anche solo con la minaccia. BdJ nota e descrive come nel corso della storia il Potere sia sempre più cresciuto. Le guerre dell' ultimo secolo hanno mobilitato e richiesto l' obbedienza di una moltitudine impensabile solo qualche secolo prima. Però c' è un' altro insegnamento che viene dalla storia: per trarre i migliori frutti da una persona sottomessa, specie sul lungo periodo, è necessario che venga "trattato bene", è necessario concedere a costui dei privilegi. Il Potere ha imparato e impara sempre più questa lezione. La risultante di queste due forze si riassume in una formula storicistica di questo tipo: nella storia la condizione di schiavutù è andata estendendosi, così come sempre più estesa è stata la consapevolezza di quanto convenga rispettare lo schiavo assicurandogli un trattamento sempre migliore. Certo le concessioni che fa il Potere riservandosi il diritto di revocarle quando desidera (cosiddetta libertà repubblicana) sono certamente un bene prezioso, ma sono ancora libertà? Una volta la libertà era un "fatto", aveva natura aristocratica, era il dominio che il Potere non era ancora riuscito ad invadere. Oggi le barriere sono travolte, il Sovrano straborda e la libertà ha assunto una dimensione artificiale: è cio' che il Potere onnipresente ci concede graziosamente dall' alto finchè non ci ripensa. ************** Amare la povertà puo' essere cosa degna. Anche se ho delle riserve. Ma quando questo sentimento si presenta scortato da quello dell' invidia, allora cominciano i guai. E qui, sotto gli slogan datati, trapela molta invidia verso il ricco. Secondo me si tratta solo di muffi socialismi (l' incartapecorito Manifesto potrebbe accoglierli) che sconfitti dalla storia tentano altri travestimenti pur provare ancora una volta l' ebbrezza di stare "dalla parte del torto". Con cio' non voglio certo dire che non rappresentino una minaccia e vadano tenuti sotto controllo con qualche sculaccione all' occorrenza. ******************************************** ******************************************* Mi sa che, rispondendomi, hai di molto spostato il fuoco della discussione sugli argomenti che prediligi ma che non so quanto, in realtà, siano pertinenti alle mie osservazioni. Argomenti che prediligi? Devo ritenerli tali visto che mi ripeti per la seconda volta che "non condividi le mie premesse". Poichè a suo tempo lasciai perdere e non ti detti risposta, ne approfitto per dirti la mia opinione su questo punto. [...ti ricordo che le mie premesse sono robetta del tipo "se tizio tra A e B sceglie A significa che in quel momento preferisce A a B", oppure "Tizio è la persona più indicata per dirci cosa desidera", oppure "le preferenze sono soggettive"; azzardando mi sono spinto fino ad una premessa complessa del tipo "lo stupro violento sulla donna è condannabile sempre ed ovunque"...] Parlo di te ma mi riferisco ad un approccio tipico, direi di gran lunga maggioritario. Chiamiamolo pure approccio antiliberale. *** Dunque, sono radicalmente in disaccordo sul fatto che tu non condivida le mie premesse (essendo autoevidenti come potresti non condividerle?). Tu le condividi eccome, ma senti il bisogno di aggiungerne altre. La demarcazione standard è sempre quella: chi sa di sapere poco (minimalismo delle regole), e chi crede di sapere tanto (culto delle regole). Mi sa che appartieni alla seconda categoria. Tu, molto semplicemente, credi di "saperne di più" (hai molte più certezze da trasformare in "premesse"). Ma tutte quelle premesse hanno un doppio inconveniente: 1) rendono i ragionamenti confusi 2) ti autorizzano ad intrometterti violentemente negli affari altrui. *** Facciamo un caso concreto. La giustificazione di una Radio Pubblica. Se noi sapessimo che una certa trasmissione "fa bene" a tutti (pubblico), l' esistenza di una Radio finanziata da tutti avrebbe un senso. In caso contrario no. Ebbene, tu CREDI DI SAPERE cosa "fa bene" a TUTTI (nessuno escluso). E infatti sostieni l' esistenza di una Radio Pubblica. Io SO DI NON SAPERE cosa "fa bene" a TUTTI, per cui ritengo l' esistenza di una Radio Pubblica insensata e da combattere. Come vedi, la solita distinzione: 1) chi crede di sapere 2) chi sa di non sapere. Il bello è che quasi tutti i problemi sociali possono essere ricondotti a questo paradigma. La soluzione liberale si ferma "un passo prima" e sempre per lo stesso motivo: perchè il liberale, socraticamente, "sa di non sapere". In fondo è quello che esprimevo affermando che l' abuso delle conoscenze è molto diffuso, anche se il terreno più favorevole lo trova tra i cosiddetti "relativisti". *** Per concludere, l' accusa corretta da rivolgermi (e che mi hai anche rivolto in passato) consisterebbe nell' affermare che io sono "troppo semplice" e mi limito a "premesse ovvie" (autoevidenti). La contestazione continuerebbe con questo tenore: noi ne sappiamo di più e dobbiamo sfruttare questo sapere. E' proprio cio' che ho condannato come "abuso della conoscenza". Tipico retaggio illuminista. *** Mi scuso per essermi intromesso con argomenti fuori tema rispetto al thread ma dovevo una risposta. ******************************************** ************************************** ********************************************* ************************************************ ************************************************* Eppure... Ho letto "Resurrezione" di Lev Tolstoj, racconta di come sia dura la vita consumata in un carcere siberiano dove i prigionieri sono sottoposti a trattamenti disumani. Ma, magari, di scandagliare la vita carceraria vi interessa poco, magari i trattamenti disumani vi turbano e vorreste tanto starne alla larga per godere al meglio il tepore di salottini accoglienti in cui parlare del più e del meno, magari le "vite consumate" non sono esattamente la vostra passione numero uno. Anche se è così, questo libro fa per voi, visto che "fa per tutti". Tolstoj è stato "il più grande" proprio perchè, con lui, questo genere di paralogismi funziona a meraviglia. Lui potrebbe parlar di tutto, potrebbe scrivere anche di cose irrilevanti anzi, irritanti, eppure continuerebbe a scrivere "il libro che fa per voi". "Per voi", bè, adesso non esageriamo. "Per me" sì però, di sicuro. Prendiamo le sue proverbiali tensioni morali, ebbene, sono trapuntate da inesausti e continui guizzi di umorismo legati alle micro-tragedie della vita quotidiana. Quando le prime stufano, e a me stufano quasi subito, arrivano immantinente i secondi, manco fossero il settimo cavalleggeri, manco il lettore fosse tutto cablato con sensori neuronali che rivelano solleciti i cali di attenzione. Quando i secondi stuccano, sopraggiunge con tempismo l' agile ponzosità delle prime. Se questa alternanza desse solo l' aria di ripetersi, il Maestro s' inventa dal nulla un terzo ingrediente facendo subito diventare oro qualsiasi cosa tocchi il suo pennino. Per carità, lungi da me negare che alcuni inconvenienti arrivino a turbare un simile panorama idilliaco, per esempio: ad ogni finale ottocentesco si addice il crescendo, per ottenerlo è d' uopo non rompere il climax: ecco che allora anche i sapienti equilibri del Maestro devono cedere alle esigenze del Canone. Fa niente, Tolstoj è talmente ricco che si puo' rimanere appagati da un suo libro anche espungendo un finale crucialissimo che sarebbe il punto di forza per chiunque altro. E ve lo giura chi si giudica soddisfatto avendo letto il suo libro sulle carceri zariste eliminando la parte ambientata nelle carceri zariste, oltre che tutte le pagine in cui si parla di carceri zariste! Per questo che è lui il più grande. Nel suo secolo, con Flaubert, è il più grande. Non c' è nulla di lui che condivido, il suo disgusto per la modernità e i suoi infantili pacifismi renderebbero insopportabile qualsiasi adulto che osasse professarli con la sua iattanza. Eppure... Il Vangelo russificato come esce dalla sua rielaborazione contorta, avvelenato e indigesto come viene servito in cucine che sfornano a tutto spiano solo cibi sciapi, mi appare ampiamente travisato. Eppure... Le sue indignazioni, i suoi disgusti, le sue vergogne annoiano presto e si rivelano solo come il tipico furore conformista del sedicente "puro" ferito a morte dalla realtà, di chi si vede vittima in croce e non riesce a tirare avanti se non pensandosi in quel modo. Eppure... La passione per la filosofia ammorba non poche pagine della sua opera, piegandola spesso al didascalico resoconto di tiritere mediocri e di idee impiegatizie tipiche del pensatore di risulta. Eppure... La totalizzante interiorità indicata ripetutamente come unico valore ha la presa di certa reclame raffazzonata quando è in heavy rotation da sei mesi su tutte le più scalcagnate TV private. Eppure... La letteratura che veicola conoscenze e disvela realtà all' intelletto? Ma stando ai messaggi espliciti recapitati dal patriarca mi sento profondamente offeso pur nella mia medietà e nella mia intelligenza qualunque. Eppure... Eppure, se penso al suo rigo carnoso da cui cola muco, saliva e sangue; se penso al suo modo di far sorridere gli occhi di una comparsa, detrito che la Storia subito abbandonerà sull' argine; se penso alle sue ingiurie, di una ricercatezza addirittura strana; se penso ai suoi silenzi popolari, sempre decorati con colpi di tosse, soffiate di naso, pianti di moccioso; se penso alla gogna in cui incastra il suo nemico ideologico, illustrandone le tare che sono poi le naturali storture del Legno Umano cantate con voce stentorea; se penso a tutto questo, allora mi riconcilio in tempo reale e alzo convinto il mio peana di lettore convertito. *** N.B. post incompiuto (ndr) ************************************** ********************************************** ************************************************* ************************************************** ************************************************** ***************************************************** *************************************************************** Il Nostro Povero Individualismo C' è stato un tempo in cui ci avevano creduto in molti. Schiere di puntigliosi letterati spalleggiavano il lavoro di accaniti filosofi. Con il coraggio e la precisione dei dinamitardi si erano messi tutti quanti in testa di smontare quella maledetta costruzione psichica che è l' "io", causa prima di tanti mali. Specie del mal di testa. Una fosca ombra, 'sto monosillabo, che non ci molla un attimo, neanche quando andiamo al gabinetto. Un fardello che ingrassa inutilmente pesando su ogni nostro movimento con tutto lo zainetto di responsabilità che ci infila a tradimento sulle nostre innocenti spalle. *** Era una strategia geniale, non c' è che dire: se soffro, perchè eliminare la sofferenza quando posso eliminare l' "io"? Perchè non tentare l' incruento colpo di stato grammaticale? Per carità, non mancarono i soliti paludati ammonimenti moralistici dei ben noti grilli parlanti, i quali, insensibili alle feroci emicranie che la valle di lacrime ci riserva, osarono obiettare contro la cura proposta del taglio della testa. Ma perchè preoccuparsi per simili mugolii? Bastarono quattro martellate sul muro ben distribuite per liberarsi dei loro predicozzi stantii. Tanto poi si dà una mano di bianco e chi s' è visto s' è visto. *** L' artista serio era invece tutto concentrato a strapazzare il pronome in questione. A stiracchiarlo come il pongo per vedere l' effetto che fa. C' era chi voleva decostruirlo, chi voleva scioglierlo nell' acido (lisergico), chi studiava come farlo sparire dormendo tutta la vita, chi procedeva a collettivizzarlo in modo che fosse possibile riunirsi tutti sotto un unico grande "io". C' era anche chi, adottando sorprendenti strategie inflazionistiche, cercava, con generosa distribuzione, di assegnarne un centinaio a cranio. Ad un certo punto il mortale nemico sembrava proprio dovesse cedere, il nostro povero "io" atterrito appariva spacciato, appariva come roba vecchia, roba d' altri tempi, la moltitudine dei suoi nemici tendeva le avide mandibole verso quella povera carcassa. Fragile legno su mare torvo, non sapeva bene che dio pregare. L' attacco concentrico delle avanguardie letterarie era portato da più fronti e senza tentennamenti. La resa era prossima. Solo per dovere di cronaca aggiungerò che, mentre la discettazione teoretica su questi temi s' impennava per qualità, la parallela letteratura sperimentale subiva dinamiche ben diverse. *** "Il Fu Mattia Pascal" (appena letto su Radio Tre) fu una delle cannonate più poderose sparate nell' assedio descritto più sopra. Pirandello, con la gran parte della sua opera, prese parte attiva al sacco dell' Identità, e lo fece con le mostrine del Generale. Il mio parere è che prese parte anche al fallimento di quell' impresa sciagurata. Per capire come tutto quell' ambaradan sia andato a ramengo, la lettura del "Fu Mattia Pascal" è caldamente raccomandata. *** Da giovane Lettore desideroso d' intrupparmi e costantemente in cerca di Partito, pensai bene di iscrivermi nel movimento "anti-realista". Era però necessario adottare "Il Fu" come bandiera. E perchè no? dicevo. La cosa mi risultava semplice, lo si poteva fare a testa alta senza addivenire a nessun compromesso infamante. Senonchè, per quanto sia più che onorevole alzare un simile vessillo, è la bandiera stessa a presentarsi taroccata una volta che, garrendo al vento, la puoi osservare meglio dispiegata. Così distesa ha l' aria di non servire a dovere la causa anti-realista. E non sai come ci rimani male se mentre suoni la carica ti accorgi di alzare uno stendardo che assomiglia in modo imbarazzante a quello del nemico. *** Cerco di spiegare meglio quell' imbarazzo. Ogni volta che il "Fu" gira alla larga dal progettato nucleo del racconto, allora dà il meglio di sè. Noi lì abbiamo agio di ammiriare finalmente il passo felpato con cui avanza senza scopo ogni Grande Libro. Finchè il Pascal è in saldo possesso del documento anagrafico, l' Alta Letteratura ci bacia facendoci mille promesse e raccontandoci cose rare a proposito di eventi quotidiani Mamma mia, quante fragranze. Che sapori pregnanti schizzano fuori da ogni capoverso. Un rigo, una spezia. E noi assaggiamo tutto con le fiammelle negli occhi e le bollicine nel sangue. Al lettore arriva a fiotti la clorofilla che lo rinverdisce, giungono in massa quei segnali che lui attende avido da sempre, l' unica cosa che lo ripaga per il tormentoso passatempo che si è scelto. Sì perchè, quando fa breccia la risatina proprio mentre il muscolo cardiaco si contrae in una stretta, allora lo sai. Sai di respirare l' aria ipossigenata che spira sempre dalle vette del Capolavoro. E tutto succede mentre, e solo mentre, eventi realissimi, naturalissimi, si abbattono contro l' inettissimo, ma monumentale, "io" del Pascal. E anche il mio "io" è lì, ben nascosto dietro lo specchio della pagina, tutto preso a fare serrati e spassosi confronti con il suo patetico dirimpettaio di carta. Meste identificazioni, orgogliose dissociazioni. Le basi da cui giungere di volta in volta a esiti differenti non mancano: i nostri due individualismi spiccano ben definiti e si paragonano come in una naturalissima e costruttiva sinossi. *** Ma poi sulla storia cominciano a fioccare eventi anti-naturali (ce n' è sempre almeno uno ad imbrattare le carte di Pirandello). Uno in particolare: il Pascal, creduto morto, puo' vivere finalmente come uno Zombie e vagare dentro una vuota sorte. Bella Idea, non c' è che dire. Ma quando le Idee defenestrano i Fatti non c' è mai da stare allegri. E non c' è dubbio che quanto più un' Idea è geniale, tanto più "defenestra". La Moglie, la Suocera, l' Amico Scemo, il Tipo da Bar, il Tipo da Spiaggia, i Tipi in generale e tutta questa cornucopia di lussureggiante biodiversità che mi aveva rallegrato emozionandomi, non puo' più vivere nel Nuovo Mondo Ideale del "rinato". Perchè il Nuovo Mondo del Rinato è un Laboratorio già stipato dalle speculazioni mentali del Nostro tutto preso ad indagare le sfumature di questa sua nuova artificiosa condizione di liberto. In una simile dimensione "pensata" cessa ogni possibile abboccamento sorprendente a cui valga la pena di presentarsi per scambiare quattro chiacchere, così, da Lettore a Personaggio. Il Fantasma di Pascal procede leggero finalmente sgravato dalla mordacchia del suo individualismo. Non so se provi un qualche sollievo. Certamente la mia intesa con lui ne risente. Un po', un po' tanto, mi dispiace di aver perso un così edificante termine di paragone. Quanto alle modeste e fluviali speculazioni da bibliotecario iperaccomandato, con tutto il permesso, se proprio voglio sgranchirmi le sinapsi, a quel punto deposito sul comodino il "Pirandello finito fuori strada" per virare sereno verso Summa Teologica o Settimana Enigmistica. ********************************************** *********************************************** ************************************************ *************************************** *********************************************** ************ ************************************************* ************************************************** ******************************** Le Avventure di un Embrione E' concesso in questa sede odiare un libro? Allora, con tutti i crismi dell' ufficialità, vorrei mettere alla berlina il libro Cuore. Puah. *** Finalmente l' ho fatto. Che liberazione Eppure non sono del tutto soddisfatto, non mi sento vendicato, dovrei dirlo un po' meglio. Siccome l' esecrazione si manifesta alla giusta magnitudo solo se accompagnata dal suo fratellino gemello, l' amore... ...farò in modo che l' insoddisfacente sprezzatura del libro Cuore, si esprima al meglio grazie all' omaggio deferente tributato all' anti-Cuore per eccellenza: Pinocchio. *** Pinocchio è un Franti che si salva. Ah ah, sono salvo. Tiè Garrone, tiè Bottini, tiè a tutti i piccoli patrioti-vedette-scrivani, e crepi anche De Amicis e crepi con lui tutta l' Italia Unita. *** Me lo chiedo da sempre. Che bisogno ci sarà mai di avere una trama, a cosa serve uno sceneggiatore, che me ne faccio del plot se tanto, ormai ne sono quasi certo, mi interessa solo una storia fatta di due soli snodi: lui sembra che non ce la faccia, ha tutte le carte in regola per non farcela, non ha nessuna possibilità di farcela, lo dicono tutti, lo dice De Amicis, il Presidente, il Papa Cattolico, il Papa Laico, il TG1, il TG2 e il TG3, la TV a reti unificate, il Professore, il Direttore, il Sondaggista, lo Scienziato e lo Statista ... ...invece ce la fa. Evvaaii. *** Solo la corda di una lira ispirata sa accompagnare con tatto e discrezione il viaggio del predestinato al fallimento. L' impresa non è facile. Che si sia di fronte ad uno "spacciato" deve essere sempre più evidente senza che niente trapeli in modo esplicito. Raccontare i talenti per il naufragio non è semplice. E' tutta una questione di posture, di interiezioni, di gesticolazioni, di sospirazione, di occhiate, di istinti repressi, di riflessi abortiti, di minuzie comportamentali e sintattiche. Ma solo il grande artista sa creare quel vuoto di stomaco che dà lo spiazzante e implausibile salvataggio del reietto, l' annichilimento imprevisto di quello che credavamo il solido pardagma del destino greco. E, detto tra di noi, non c' è niente di meno promettente che un Ciocco di Legno. Chiunque abbia sbagliato puo' rimettersi in carreggiata, d' accordo. Ma qui siamo di fronte ad una multiforme scapestraggine, ad una birba matricolata, a un monellaccio, a uno svogliato, a un vagabondo con tutta la sua sequela di fallimenti morali reiterata e disperante. E oggi questa diperazione è ancor più validata di ieri. Visto il discredito in cui è caduta la pedagogia delle legnate umilianti, l' insuccesso di quel mariuolo che ne riceve parecchie, è telefonato. *** In presenza di educatori lassisti, ricordo che con qualche frignatina ben allocata, era facile bigiare l' asilo. Allora me ne stavo in cameretta tutta la mattina ad ascoltare i dischi delle fiabe. Ma Pinocchio non lo mettevo su tanto volentieri. Era una fiaba inquietante per me. In una speciale classifica horror precedeva anche La Piccola Fiammiferaia, nonchè tutti gli Andersen. Era una Fiaba con "tempi" anomali e sincopati, proprio laddove il bigiatore pivellino richiederebbe una regolarità cronometrica da orologio svizzero. La catarsi, per quanto attesa come in ogni fiaba, tardava ad arrivare. E dopo aver atteso ben oltre la scansione consueta, ancora non arrivava nulla. La cosa era intollerabile. Il tempo passato con il cuore in gola era decisamente eccessivo. Una simile condizione poteva andare bene per Giamburrasca, ragazzino nato e costruito per abitare tutta la vita nel paese delle marachelle, un paese, il suo, senza orecchie d' asino e con Pappa col Pomodoro a go go. Ma con Pinocchio no, su Pinocchio incombe qualcosa di terribile, si sente continuamente odore di Apocalisse, nel suo mondo è al lavoro una qualche escatologia, fin dall' inizio pulsa l' agnizione. *** Se Pinocchio fosse un racconto "di formazione" (Bildungsroman), sarebbe stato facile e gradevole archiviarlo nello scaffale di competenza per poi disporsi rilassati ad ascoltare, per esempio, la deliziosa multivocalità di Paolo Poli. Ma nei romanzi "di formazione" si descrive una serie di prove attraverso cui il soggetto immaturo si trasfigura per ripresentarsi alla comunità finalmente adulto. Nel nostro caso invece l' esito finale è un bambino in carne ed ossa. Il contrario di un adulto. Per quel che ne so io non esiste un apprendistato per diventare bambini. Non esiste un apprendistato per nascere. *** La meta finale è un "bambino", un' "anima". Ci viene raccontata la conquista dell' anima. Ci viene racontato il sogno/incubo di un embrione. E se in questa vicenda c' è una vera volontà proiettata verso la meta finale è la volontà di Geppetto... Inoltre, nel bel mezzo di tutte queste tempeste uterine, latita la capacità di apprendere. Pinocchio sembra in balia degli elementi, non impara, non progredisce. Ha fallito troppe volte e, oltretutto, sempre nell' affrontare la stessa prova. Non possiamo dire di essere al cospetto di un "discente". Il burattino cade subito alla prima tentazione e non arriva alla scuola. Ma anche se ci fosse arrivato non avrei scommesso una lira su di lui. Mi dispiace ma è così. Quando uno cade una volta, due volte, tre volte nella medesima trappola, allora diremo di lui che è proprio una testa di legno. Zeno Cosini, uomo abbandonato ormai dalla provvidenza, non smetterà mai di fumare, lo capiamo dalla grande arte di Svevo. Pinocchio, burattino scortato dalla provvidenza, non smetterà mai di fare marachelle, lo capiamo dalla grande arte di Collodi. Poi invece smette: è la grandissima arte di Collodi. E' l' arte di chi ha saputo far smettere di fumare Zeno Cosini, di chi ha redento Franti, di chi ha rinsavito Don Chishiotte... Collodi, pessimista disperato e vate dell' assurdo, oltre che dalla propria arte, è aiutato dalla sua originale concezione. Scrive sempre avendo in testa il finale con Pinocchio impiccato. Sono i bambini, portatori di mistero e speranza, che subissano il "Giornale" di lettere ottenendo la Resurrezione. Non si tratta di appendice estranea da sequel, sorprendentemente Collodi riparte rinvigorito nell' ispirazione e convertito nell' ideologia. *** Tutte operazioni già tentate, ma con il trucco: ci si limitava a riabilitare il comportamento consueto del "disperato" cambiando l' ottica di osservazione. Franti veniva giustificato nelle sue marachelle, eravamo noi a convertirci, non lui. La follia di Don Chishotte diventava gioiosa e non meno grave della nostra, anzi, smascherava la nostra. Addirittura veniva ripresentata come una forma di lucidità superiore. Eravamo noi però a dover abbandonare i quieti lidi della grigia normalità con tutti i parametri che la descrivono. Ma con Pinocchio espedienti del genere vengono messi da parte. Pinocchio è la storia di un miracolo a sorpresa: una Testa di Legno promossa nel Paradiso della normalità. *** A fare i bravi s' impara, e alla fine ci si becca anche l' applauso. Ma conquistarsi l' anima è un vero colpo di scena della Grazia. Lo spettatore spiazzato non riesce nemmeno ad applaudire. E in questo silenzio attonito di noi spettatori Pinocchio sguscia fuori dal grembo e corre via a vivere la sua vita di uomo in carne ed ossa fatta di molti errori conditi con qualche sporadico successo. ************************************************** *************************************************** *************************************************** *************************************************** ******************************************* ************************************************ *************************************************** ************************************************** ************************************************************** ***************************************************************** ****************************************************************** **************************************************************** *************************************************************** *************************************************************** *********************************************************** Un Lexotan per Carducci. E' difficile che aprendo a casaccio il mio libro con le Poesie di Carducci si possano schivare le multiformi ire del focoso Aedo. Riottoso e cieco come un ultras, è sempre impegnato a cospargere di sale le proprie ulcere. Ora punge un Avversario, ora satireggia un Irrispettoso, poi schizza la caricatura di un Impertinente, a seguire oltraggia un Vanesio, dopo mette alla berlina un Pedante, o alla gogna un Garrulo. Tutti Signori con nomi e cognomi, mica Allegorie. Per farne fuori più che puo' non si risparmia neanche flirt satanici. Il suo verso afflittivo è un ruggito che lo priva di forze preziose, non si è mai vista una semina di spine tanto infeconda. Il forumista tignoso conosce questo vortice esacerbante e sa di che parlo. Io procedo indefesso nello spoglio, cerco affannosamente i pii bovi, ma mi ritrovo sommerso nella schiuma di artisticissimi 'vaffa. Eppure si vede ad occhio nudo che il Vate avrebbe di meglio da fare. Per esempio, in quel tempo aveva ancora in arretrato un un casino di versi immortali, evidentemente non avanzava mai un minuto per buttarli giù. La sua natura gli imponeva delle priorità: ogni litigio andava meticolosamente portato a termine fino all' umiliazione pubblica della controparte. Ogni screzio letterario andava lavato nel vindice inchiostro. Basta stare un attimo a bearsi in compagnia di queste invettive per capire che l' Avversario, l' Irrispettoso, il Vanesio, il Garrulo, l' Impertinente e anche il Pedante, sono, probabilmente, miti e mediocri personaggi con cui usciresti piacevolmente a cena. Il problema invece è lui, il Vate. Il Vate ha tutta l' aria di contenere nel pancione un vorticoso movimento biliare. Di avere un petto "ove odio e amor mai non s' addorme". Scosso da oscuri tumulti, flagellato dalla memoria dell' offesa ricevuta, spronato da ansie insinuanti, egli si aggira tra i suoi simili alla ricerca di imperfezioni che scatenino le sue furie maremmane. E ne trova a bizzeffe. Questa spola fra rancori e tetraggini consumerebbe anche l' animo più temprato, lo consumerebbe fino all' inedia spirituale. Com' è grama la vita di questi melanconici. Com' è tapina quella di chi vive intorno a loro. Non si puo' tirare avanti così. Urge una cura che raggeli al più presto la tempia tempestosa del pugnace infermo. Come minimo, di fronte a casi similari, ci vorrebbe un bel Dio condiscendente che pianga insieme a noi, che creda alla nostra bua e ci dica premuroso che "poi passa". Ma il nostro campione aveva avuto la bella pensata di buttarlo nel cesso fin da giovane, quel Dio, e di tirare lo sciacquone. Complimenti. E non poteva essere che così vista la giovanile adozione del luterano dispitto verso l' "allegro Papa". Con la sola compagnia del Gesù più duro ed austero della corrucciata Riforma, il morale non conosce grandi impennate. E' cosa nota. *** Però Carducci si salvò. Si salvò con la medicina della "Classicità". Due pasticche al giorno di questa pillola e la frenetica ruminazione del Maestro si bloccò. La Classicità offre mille rimedi al collerico. Innanzitutto la Morte. La Morte ha la tendenza a rendere piuttosto imperturbabili, a raggelare la pupilla, a domare l' abito fiero. In queste condizioni gli sdegni si fanno di molto meno ardenti. E se proprio non vuoi morire subito, puoi sempre temporeggiare facendo una capatina al camposanto. Non sai come è cool una bella promenade fra le lapidi adamantine del Cimitero romito tra le argentate nebbie sfumanti, magari a Bolgheri. E' proprio lì che il Poeta vide la sua Rosebud. Se poi possiedi una certa capacità di "ascolto", puo' darsi che perfino i cipressi attacchino a sussurrare tranquillizzanti mentre ti augurano l' "a presto arrivederci". Anche l' Avello ti strizza l' occhio come un vecchio amico. Questo attrezzo imprescindibile della palestra carducciana ha virtù defatigante, specie per chi conosceva un' unica orazione ("Signor, chiamami a te: stanco son io: pregar non posso senza maledire"). Ogni forma di necrofilia si coniuga a meraviglia con la "Classicità", la quale ha la virtù di riproporcela nella sua variante più fresca ed impassibile, eludendo così il lato stancante della faccenda (che puo' essere lasciato ai Romantici): quello del meditabondo sotto le rovine con il teschio in mano. In secondo luogo la "Classicità" ti consente di frequentare le donne. Da lontano. Devi solo darci dentro con l' epistola. Cantare le seducenti armonie del corpo, i divini accenti del labbro, l' aulentissima cute, e tutto questo senza avere sempre nelle orecchie il trillo citofonico delle note ingiunzioni. Una buona capacità immaginifica basta e avanza. Alla loro persistente recriminazione penseranno i mariti (in genere ex romantici senza talento). La carriera del Poesta Classicista è allietata da diverse gite fuori porta. Tra una georgica e una bucolica si sta sempre immersi nella rilassante countryside. Se il lento giro dell' occhiata bovina si volge a noi, non sentiamo affatto quella frenetica interpellanza che ci collocava subito a debito di una risposta piccata, o di un chiarimento brillante. Possiamo sincronizzarci con il rilassante ritmo della paziente pecora, possiamo concederci un calmo colloquio con la pensosa quercia, possiamo escutere un testimone sempliciotto come l' ignaro asinello. Optare per il Classico consente anche di mettere spesso e volentieri le gambe sotto il tavolo. Buona tavola, ma sopratutto Vino, non devono mai difettare. Quale miglior modo per sperimentare in corpore vivi il pagano oblio? Da ultimo, ampie dosi di "Classicità" ti consentiranno in quattro e quattr' otto di divenire Poeta Nazionale. La cosa ha i suoi vantaggi. Eccellente rifugio per disfarsi di ogni vitalismo e simulare già da ora, in Cerimonie e Occasioni Ufficiali, il cadavere che saremo. Da "Poeta Nazionale" puoi permetterti di abitare solo il pianeta della Retorica (patriottica) e quello della Metrica. Due meravigliosi pianeti senza ossigeno, dov' è bandita ogni forma di vita. Cosa c' è di più salutare per un iracondo naturale? *** C' è chi è spinto verso la Classicità dalla natura dei suoi talenti. C' è chi invece sbarca su quei lidi con le piaghe aperte e con il solo intento di applicarsi l' impacco del fiore di loto che prospera lussureggiante. C' è chi pensa alla Classicità come ad un palcoscenico dove sfilano armonie da ammirare con l' occhio del geometra, e chi la assume invece come camera di decompressione dove regredire ad una sospirata meccanicità catatonica. Carducci, fortunantamente, appartiene alla seconda genia. E' anche per questo motivo che "mi riguarda" e che posso tranquillamente continuare a leggerlo senza rimorsi. Riguarda anche voi? ****************************************** ********************************************* ************************************************* ***************************************************** *************************************************** **************************************************** *************************************************** **************************************************** *************************************************** +++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++****** **************************************** ****************************************** ***************************************** ********************************************** *********************************************** ******************************************* ********************************************* ********************************************** ************************************************** ************************************************** *************************************************** ******************************************** ************************************************** ************************************************** ************************************************ ************************************************* **************************************************** ******************************************* *************************************************** ************************* ************************************* ********************************************** **************************************** Problemi giù in Archivio. Parini-Manzoni-Porta-Gadda-Chiara-Testori-Brera-Vitali + il "Perdonato dalle Lucertole"...di ciascuno di questi qualcosa ho letto. Ora, essendo questi scrittori "lombardi", mi chiedevo se offrissero un motivo specifico, al di là di quello anagrafico, per chiamarli così. Innanzitutto vanno eliminati quei lombardo che hanno la pretesa di narrare storie manierate costruite con personaggi "universali" e intercampiabili. Mi limito ai veraci, a coloro che hanno piantato qui, in terra lombarda, il loro semino. Che l' hanno coltivato amorevolmente negli anni e che ci regalano la loro opera come se fosse il frutto maturo di quell' albero. In secondo luogo mi limito agli scrittori che ho letto io e per i libri che ho letto io. Pochini direi. *** L' unica cosa che ha prodotto il mio sforzo è un caso di serendipità: pensando (invano) ad un possibile elemento che fosse in grado di unificare questi autori me ne è venuto in mente uno in grado di discriminarli tra loro secondo due categorie possibili: i "Pagani" e i "Cristiani". *** Difficilmente il personaggio dell' autore lombardo è un ateo pacificato. Un personaggio del genere offre pochi spunti. A questo punto, nei casi di "senza Dio" meglio ripiegare sulla variante del "pagano". Il "pagano" è un fauno talmente fiducioso dei suoi sensi da seguirli ovunque. A queste seduzioni della natura il pagano oppone resistenze ridicole, di pura facciata. Basta che la sua pelle sia sfiorata per farlo "entrare" in vibrazione. Il vero pagano è solo colui che vibra in perfetta armonia con il creato. O almeno lo crede. Il pagano è appagato nella sua immanenza. E perchè mai dovrebbe temere la morte? Non c' è esperienza più eccitante che farsi concime. Tutto bene quindi. Senonchè, di punto in bianco, inspiegata, fa capolino una punta di disperazione che richiede di essere affogata nel chiasso. Parini-Porta-Chiara-Brera-Vitali+ il "Perdonato...", mi sa che sono autori tutto sommato pagani. Forse, se Brera avesse scritto ancora un libro di narrativa, avrebbe varcato la soglia. Già dava segnali nell' Arcimatto più "estremo". Manzoni, Gadda e Testori (ci metto pure il vicentino d' importazione Fogazzaro) tengono alto il vessillo del "cristiano". Il "cristiano" aumenta la sua circospezione nei momenti di massima gioia e successo personale. Sa che "la roda la gira" e non si rassegna. Ossessionato da tutte le forme di contropartita- la sua visione è "retributiva" - coltiva un sentimento tragico che è anche un sentimento realistico. Si distende e gode solo quando riesce ad accettare la realtà del dramma e a vedere sempre più chiara la luce dello "sbocco". Di solito, purtroppo, questa accettazione richiede una tempra da Santo. *** Me ne andavo a spasso tutto felice con le mie categorie in saccoccia, quando ho preso dentro qualcosa e mi sono ritrovato in terra a misurare la strada. La pietra d' inciampo ha un nome e un cognome. Trattasi di quel maledetto vogherese, sì quello là, l' Arbasino Alberto. E dove lo caccio adesso quello lì? Ho appena letto "La Bella di Lodi", lombardissimo racconto, e non riesco a trovare una casella per lui nel mio schemino. Qualcuno puo' darmi una mano? *** E pensare che eravamo partiti così bene. Già dal primo capitolo il gioco delle ascndenze sembrava chiuso senza residui: trattasi di gaddian/proustiano. Il tipo eroico impegnato a riprodurre un virtusismo parolaio, faticoso e strabordante, pur di acchiappare la Realtà per la coda. Una realtà tutta coda e che non finisce mai. Uno di quei frustrati che si accorge a sue spese di come l' infinito kantoriano delle parole sia di grado inferiore rispetto all' infinito dei fenomeni naturali. E questo, anche solo limitandosi ai fenomeni di superfice come fa il vogherese (lui ama ed è sedotto dagli smalti sberlucicanti). Eppure non si arrende, eppure ci prova lo stesso. E lo fa con una foga ipertrofica, tentacolare, spettacolare, entropica. Rotte, confuse, incasinate, urlate più che dette, di parole certo ne vengono fuori tante, fin troppe. Uno, insomma, che ci racconta bene il dramma che fronteggia lo scrivano fedele. Il dramma della prolissità, destinato a travasarsi presto dalla penna ai personaggi. Quindi un barocco, quindi un controriformista, quindi un "cristiano", facile. *** Calma e gesso però. Svoltate poche pagine la musica cambia e il Nostro comincia a sorpresa il tradimento sistematico dei Padri. Resosi conto di questo sforzo inane il vogherese... rinuncia!? Incredibile la faccia tosta di questo qua, anzichè imolarsi...fa marcia indietro. Desiste dall' eroica impresa di inseguire e irretire i fenomeni. Che forme assume questa rinuncia? Facile, la prosa comincia a farsi frammentaria. La fiumana gaddian/proustiana si trasforma in scroscio intermittente. Il biancore degli spazi si diffonde, il corpo inchiostrato cede ad una immacolata desertificazione. La Realtà irrompe solo nella modalità sminuzzata del flash. La cronaca, prima impetuosa, ora ci viene rinviata scritta sui coriandoli. L' immenso spazio vuoto dove i coriandoli fluttuano, quello te lo devi riempire tu caro lettore (che invece volevi startene comodo in poltrona). L' avanguardia ha colpito ancora. Il frammento gaddiano si realizza per la resa di uno scrittore esausto, quello arbasiniano è un cristallo tagliente dalle geometrie scientemente calibrate. Non c' è mica bisogno di mettere tanti punti per sminuzzare la narrazione. Basta anche solo cambiare voce ex abrupto. Cambiare stile. Così, senza pravviso nè ragione. Si strania tutto con una folla di interferenze (TV, film, canzonette, opera, jingle...). Si rinnega Proust per guardare Joyce? Mai capitato ad un Lombardo, detto papale papale! Illustrando poi meticolosamente le quinte di ogni scena, Arbasino trasferisce a Teatro la sua storia. E il Teatro, si sa, rende tutto imbalsamato. Per di più è un Teatro che degrada prima nel tableau vivant, poi precipita addirittura nella brutta diapositiva. Sia per il "pagano" che per il "cristiano" non c' è nulla di nocivo quanto la narrazione per diapositive. Senza "continuità" tutto si fissa artificiosamente raggelandosi. Persino la Roberta e il Franco, i protagonisti di un amour fou (figuriamoci), si presentano alla fine come due merluzzi della Findus. Ma con questo gelo non si va lontano. Sopratutto non sei più nè pagano, nè cristiano. Le mie gabbie scattano a vuoto, l' uccellino fugge via. Non sarebbe poi un grave danno se la storia di Arbasino non fosse maledettamente lombarda. Era proprio l' uccellino che cercavo ed è scappato. *** Poi, in uno slancio pianificatorio sovrumano degno della mia natura di Archivista, lo ficco tra i "pagani" e non se ne parli più... ...non fosse che per tutti quei p.....i sull' Autostrada del Sole nuova di zecca. Contento io, contenti tutti. ********************************************** ********************************************** *********************************************** ************************************************ ************************************************* *********************************************** Libri che leggono altri Libri Ci sono alcuni libri che, per me, hanno un doppio valore. Primo, perchè mi piacciono e godo nel leggerli. Secondo, perchè mi hanno fatto riscoprire altri loro "fratellini" che dapprima mi avevano deluso. ** Quello che a molti capita con i Promessi Sposi a me capitò con Mobydick. Ripensando a quell' avventura direi che il "senso del dovere" è una qualità preziosa per il cittadino. Ma non per il lettore. E' il "senso del dovere", prima ancora della scuola in sè, a rovinarci molte esperienze di lettura. Per un malinteso senso del dovere, diversi anni fa, presi in mano Mobidick. Ma di mano mi scappò, tant' è che cadde in terra. Lo raccolsi ma cadde di nuovo. Il Capolavoro non si lasciava impugnare. Come mai? Sarà perchè quando i capolavori sono tali all' inizio della lettura anzichè alla fine, non si riescono mai a stanare e restano celati dietro spesse cortine. A nulla valgono torrenziali prefazioni, scrupolose note a piè di pagina, efficaci sintesi, originali percorsi critici. Sempre sfuggenti restano. Si direbbe persino che chi ci incoraggia verso di loro tema in segreto che anche noi si possa partecipare al godimento della bellezza. Quasi che la bellezza del capolavoro sia una torta data da dividere tra tutti. Per ciascuno che si aggiunge al tavolo la fetta si assottiglia. Nel frattempo Achab correva dietro la balena cumulando frustrazioni e io correvo dietro ad Achab ancora più deluso. In quelle condizioni cosa potevo fare? Mi dibattevo goffamente...impigliato nelle gomeme, ancorato dalle ancore, arpionato come un San Sebastiano, bloccato sulle sartie preda delle vertigini. Reso così il contesto, si puo' ben capire perchè arrivai in fondo alla mia impresa "doverosa" con spirito loffio e felicemente dimentico di tutte le pagine che mi lasciavo alle spalle. Ascoltavo distratto le urla di Achab in attesa della mia liberazione e la mia liberazione arrivò con l' ultimo rigo dell' ultimo capitolo. *** Quindici anni dopo, aggirandomi per librerie ormai lettore anarcoide privo di ogni "senso del dovere" e governato solo da istinti e curiosità transuenti, feci il mio incontro con la corrente pulsante del fantasmagorico "battezzatore" caraibico Derek Walcott. E' stata questa specie di "Oh Capitano, mio Capitano" che mi ha istruito su come cavalcare la salsa onda oceanica. Che mi ha insegnato a domarne la veemenza e a gridare con la giusta impostazione di voce: "all' abbordaggio!!" L' incessante filo di febbre che gli accende la pupilla, il suo verso informe, opulento e dilagante, mi ha convertito definitivamente alle sproporzioni della Parola Epica. Una parola gremita di ambizioni e che deve uscire sbrodolante dalla conchiglia delle labbra...ormai quella lezione mi si è fissata in testa con la solidità di una paranoia. Non pensavo che alla mia età potesse nascermi dentro questo ulteriore piccolo "io", un fratellino. Non te l' aspetti davvero di germogliare ancora in tempo di morte. Grazie a lui ho toccato con mano la dismisura di una lingua inventata apposta per nominare esseri che oltrepassano le nostre facoltà. ...Le Balene Bianche, tanto per dirne una. Tutto cio' ha avuto parecchie conseguenze. Per esempio: con uno spintone selvaggio sono stato ributtato a bordo del Pequod. Si (ri)salpa e si guadagna all' istante il mare aperto. Ma questa volta sento l' odore pungente di ogni alga nel cervello. La mia astenia di fronte alle pagine di Mobydick è un ricordo del passato. Sotto la paterna scorta dell' Omero negroide che mi siede accanto, trovo il coraggio per riprendere in mano il Grande Classico. E il Grande Classico si ridesta dal torpore prendendomi saldamente tra le sue bibliche mani. I libri di Walcott, tutti insieme, fanno ressa intorno spiegandomi per filo e per segno ogni paragrafo del Mobydick. L' egida della sua vasta mano negra si posa sul mio capino e io mi sento onniscente: capisco tutto. Lo capisco subito. Ormai mi hanno talmente "introdotto" che Achab è per me come un Fratello della Costa con cui spartire il bottino; la portentosa schiena del Capodoglio, invece, mi è talmente familiare che l' accarezzo con lo sguardo come fosse il mio pesce rosso vinto al luna park... Missione compiuta quindi: il Mobydick è letto con gusto, assimilato, metabolizzato e apprezzato. Quindici anni e anch' io ho stanato l' abissale e maligna bellezza di questo grande libro/balena. Valeva proprio la pena di aspettare per poter fare il viaggio più avventuroso con un compagno come il mitico Derek. **************************************** ******************************************** ********************************************* Le "buone intenzioni. Bubbone Romantico.
"...Nino non aver paura di sbagliare un calcio di rigore non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore un giocatore lo vedi dal coraggio, dall' altruismo e dalla fantasia..." Lo "stupido" ci irrita, il "pedante" ci annoia, il "cattivo" ci deprime, il "calcolatore" ci inaridisce, l' "arrogante" ci indigna... Non è una gran bella compagnia in effetti, ma diventano subito dei simpaticoni se paragonati al peggio. E il peggio è colui che "sputa nel piatto in cui mangia". Mi chiedo perchè, nel mondo di carta della letteratura, quest' ultimo comportamento tanto riprovevole sia così poco rimproverato, se non quando si presenta in maniera sfacciata. Attribuisco la diffusione del malvezzo ad una degenerazione tipica del periodo romantico: il culto delle intenzioni. Secondo una certa teoria mai teorizzata, avere "buone intenzioni" giustificherebbe qualsiasi condotta. Le intenzioni maturano nella nostra interiorità. E, per i romantici, l' interiorità del soggetto è tremendamente importante. Anzi, è tutto. Se siamo puri là dentro, allora la nostra natura è sana, il nostro legno non è poi così storto, il tabernacolo che preserva le nostre essenze resta inviolato. *** Ma essere "ben intenzionati" non basta. Bisogna anche saper "sputare lontano". Spiego subito il nesso tra le due attitudini avvalendomi di una fresca e formativa lettura. Affiancato dal podcast, recentemente ho preso in mano Stendhal, e mi sia consentito di considerarlo, almeno nel mondo parallelo dei romanzi, uno degli autori che più ha contribuito a diffondere il bubbone di questa peste. La peste delle "buone intenzioni". Prendiamo l' eroe del libro che ho letto ("Il Rosso e il Nero"). Si chiama Jules, è palesemente oppresso da mille frustrazioni ma è anche infervorato da alti sentimenti che traspaiono con regolare intermittenza. Quando un "alto sentimento" si presenta lo riconosci subito. Non serve certo analizzarne il contenuto per identificarlo come tale. Se l' intenzione è nobile non manca mai di segnalare chiaramente la sua presenza, non importa di quanto sia confusa. L' oggetto di una simile intenzione passa immediatamente in secondo piano. Resta l' empito appassionato. Poichè Jules non è un tipo che si limiti a sognare tenendo sulle gambe il libro con le mirabolanti imprese napoleoniche, puoi star certo che passerà presto all' azione. E allora allaciatevi le cinture! Per "innalzarsi", si sa, ci vogliono i mezzi. E per procurarseli ci voglioni i "mezzucci". Pur di farsi largo, il nostro non si asterrà dall' utilizzare traffici su cui ogni rigoroso moralista è in dovere di opinare. Intenerisce persino vederlo sgomitare mentre costruisce la sua carriera, mentre sale la piramide sociale, mentre traffica una promozione, mentre si arruffiana chi di dovere, mentre fa le scarpe a questo&quello, mentre si dedica anima e corpo al miglioramento delle proprie condizioni materiali, mentre vendica rabbiosamente le sue umili origini, mentre... Sulla sequela di ambigue vicissitudini che lo investono presto cala discreto ma esplicito il giudizio dell' autore. Trattandosi di un Grande Autore, sono formulazione che nessun rigo è in grado di accogliere, eppure le leggi ovunque a chiare lettere. Non sono nemmeno parole da sillabare, si tratta piuttosto di una certa gradazione luminosa che investe ogni pagina. L' esito si preannunciava e ne abbiamo conferma, il rampantismo di Jules è perdonato. Ne ha combinate di tutti i colori ma è perdonato. Il perchè è chiaro: non ha mai mancato di odiare scrupolosamente le bassezze di cui ogni volta si serviva. E tutto cio' mentre nel fondo del suo cuoricino custodiva inalterata la nobile e sognante ambizione di un esito finale che avrebbe di gran lunga riscattato le dubbie pratiche poste in essere. Non conta granchè che questa catarsi finale non si sia realizzata e non avrebbe mai potuto realizzarsi. E poi, diciamolo francamente, soggiogati dal magnetico influsso di Stendhal, ci interessa proprio sapere che l' esito negativo dell' intrapresa sarebbe stato facilmente prevedibile affidandosi ad un semplice "calcolo delle conseguenze"? Ma cos' è mai la capacità di "calcolare le conseguenze" di fronte all' inestimabile tesoro delle "buone (pure) intenzioni"?! Non che Jules eviti il "calcolo". Solo che, disprezzandolo, non lo conduce fino in fondo. Odia la triste realtà che il calcolo gli preannuncia. Preferisce abbandonarlo sprezzante quando cessa di recare gradite ambasciate. I gemelli di Jules fanno pressapoco tutto quello che fa Jules, hanno la sua stessa determinazione nell' affrontare con il coltello tra i denti quella lotta darwiniana che non è poi di molto cambiata nemmeno ai giorni nostri. Purtroppo capita loro ogni tanto, e la cosa è decisamente incresciosa, di perdere tempo in un rigoroso "calcolo delle conseguenze". Avete capito bene, sono dei miserabili "calcolatori integrali". Ma c' è qualcosa che è ancora peggio: non odiano i loro "calcoli". Non sputano sui mezzi che utilizzano. Nessuno scriverà mai un romanzo sui gemellini di Jules. Anche se il loro codice genetico è per il 99.9% simile a quello di Jules non potranno mai considerarsi "anime appassionate" o "anime sognanti". A loro manca "lo sputo" mondatore. Senza "sputo" saranno sempre dei borghesucci, dei "salvadanai viventi", buoni giusto per fare da sbiadita tapezzeria alle storie incentrate sui grandi "sospiratori" a cui è toccato in sorte di precipitare in questa valle di lacrime. I "gemellini" hanno la grave colpa di aver "calcolato". E "calcolare" senza schifarsi di cio' che si sta facendo è un nuovo peccato da aggiungere al decalogo. Dal maestoso Sinai della modernità discendono le nuove Tavole rivedute ed aggiornate. Stendhal è un Mosè che si incarica di recapitarcele nella loro forma più cristallina. Se solo i fallimenti di Jules lo avessero reso grottesco ed indifendibile avrei simpatizzato con lui e mi sarei associato al suo perdono. Se solo Jules fosse stato un' anima candida sprovvista di ogni strumento e intenta a perseguire con pura spntaneità delle pure intenzioni, forse mi sarei associato in una richiesta di perdono. Ma Jules è il peggio che il Romanticismo abbia prodotto: nobili intenzioni, dotazione intellettuale sopra la media e disprezzo per tutto cio' che ottiene ("mangia") non riuscendo a rinunciarvi. Disprezzo sempre ben in vista. Disprezzo con sputo incorporato e sempre pronto a scattare. *** In un recente "Damasco", Jaqueline Risset - un' ottima guida nell' intricato mondo della letteratura francese, purchè la si segua al contrario - ha rivelato, raggiante di ammirazione, il padre nobile di tutte le "anima appassionata" (o "anime espettoranti"). Si tratterebbe niente po' po' di meno che del filosofo tedesco Nietzsche. E chi era mai il suo "Superuomo" se non un animo elevato dalla purissima intenzione scevra da ogni calcolo meschino? Se proprio i "Romantici" non possono essere considerati gli unici untori della peste di cui sopra, aggiungiamoci come sovrappiù la cultura del protestantesimo. Ma lì è già un' altra storia, e Stendhal non ha più niente da dirmi. ********************************************* ********************************************* Alberto, se ti è capitata la malasorte di imbatterti nel cotè più astruso del Nabokov narratore, allora, per spurgarti, ti consiglio il Nabokov critico letterario. Questo qui è di una semplicità disarmante. Butta qua e là alcune osservazioni stilistiche che, a te lettore, germogliano dentro. poi ti ritornano su come un pollo fritto, anche dopo anni. Per il resto si limita a riassumerti la storia narrata. Umile, vero? Credimi, non è cosa da poco poter disporre di un navigator efficientissimo che ti consenta di muoverti nell' "Ulisse" o nella "Recherche" o in "Guerra e Pace"! Averlo condensato in una decina di pagine, poi, è come avere un tesoro. Tutte le sue "Lezioni di Letteratura" sono pubblicate da Garzanti. *** Caio, non ho mai sfogliato il libro che stai leggendo e quindi non posso esserti di aiuto. In generale non amo molto questo autore, anche se ne riconosco la genialità. Nel leggerlo in altre opere non posso dire di aver mai incontrato le difficoltà che ti hanno "scottato". Certo, il suo è quasi sempre un mondo mentale, costruito sfruttando tutti gli inganni e le trappole dell' astrazione. Richiede anche una certa curiosità intellettuale vista la mole di stimoli che mette in campo. Solo chi è ancorato ad un realismo pedissequo puo' sentirsi in forte disagio. Non posso escludere che pigiando sull' acceleratore in quella direzione si finisca per fare esperienze estreme attraversando paesaggi sconcertanti e incomprensibili. Magari è il caso del tuo libro. Di sicuro è il mio caso quando ho preso in mano il Venerato Maestro di Borges. Ben più radicale dell' allievo, non si sa nemmeno bene se esista o di quante persone si componga. Sembra non sia mai uscito di casa. Parlo di Macedonio Fernandez. Dopo appena tre pagine del suo unico libro tradotto, vagavo stordito nella sala degli specchi senza nessuna speranza di imbucare un varco. In fondo il Borges che ho preferito è quello depotenziato, ma anche più commestibile, che ci racconta i suoi colleghi in libri come le "Inquisizioni" e le "Altre Inquisizioni". ************* ***************************************** ********************************************** ********************************************** *********************************************** ************************************************ Proust col trucco. Premessa: la "Recherche" è un capolavoro, e se non ti piace la colpa è tua. Quindi vedi di darti da fare. *** Leggo Proust (Il Tempo Ritrovato), sono a pagina centoventitre. E mi annoio. Mi manca la "chiave", l' ho perduta, non l' ho mai avuta. Tra poco girerò pagina, un presentimento mi dice che continuerò ad annoiarmi. Ho cambiato quattro posizioni, ho anche tenuto le gambe alzate per favorire la circolazione. Ma il sollievo è solo momentaneo. Ho provato ad intrattenermi contando le righe dei periodi per stabilre quello più lungo. Ti giuro che per un po' è stato bello, poi è subentrata la noia. Ho tentato di "correggere" Proust con la matita rossa e quella blu, dicendo "io avrei scritto così e così anzichè cosà..." - un' idea di Lucentini. Per un po' è stato bello, ma poi è calato il tedio. Forse potrei usarlo come punteruolo per introdurmi nei misteri della psicanalisi. Ma come! gli psicanalisti tentano di rivitalizzare il cadavere della loro disciplina volgendosi alla letteratura e io dovrei fare l' "originale" compiendo il tragitto opposto? Mi sono interessato alla sua biografia. Non è quasi mai uscito di casa. Se non per sfoggiare i suoi baffetti da sparviero in qualche salotto mondano, o in gran tour per fare un' abbuffata nelle quadrerie italiane. Non posso dire di aver palpitato nell' apprendere queste notizie. Mi metto di buzzo buono e comincio a leggerlo come fosse un febbricitante mistico dedito all' estasi estetica. Ma poi mi ricordo che la letteratura mistica, letta senza la giusta vibrazione spirituale già in corpo, è una delle più noiose che esistano. Siccome sono una capa tosta, tengo il punto, non mi arrendo e non mi risparmio. Serbo alcune strategie che non esito a giudicare azzardate pur di riesumare e rivitalizzare questa salma gelata. *** Provo adesso ad immaginarmelo come Filosofo anzichè come Scrittore. Subito il Nostro cessa di essere un raffinato indagatore di sfumature psicologiche per trasformarsi in un implacabile descrittore delle più occulte micro-fenomenologie. Ma anche così non funziona. E perchè mai il Filosofo dovrebbe essere meno noioso dello Scrittore? Semmai lo è di più, visto che alla ridondanza impressionistica assommerebbe la pedanteria dei protocolli. *** Ora provo a farne un autore di "fantascienza". Le sue storie sarebbero ambientate in un "Mondo senza Lavoro", quello che sognano e prefigurano molti sociologi italiani. Questa immaginazione fallisce perchè, in fondo, già molti altri autori si sono ipelagati nel milieu di un' aristocrazia sfaccendata. E' vero che questi continuavano ad assegnare un ruolo di primo piano alla "cura della rendita", o alla salvaguardia dell' eredità. E' pure vero che desiderio impellente dei grandi non-lavoratori della Letteratura è quello di lavorare, e quindi sempre di lavoro o di progetti di lavoro si parla (con la Roba che incombe, sul proscenio o dietro le quinte non fa molta differenza). E' ancora vero che mai nessuno è riuscito a creare quel vuoto complesso ma privo di economie materiali che solo Proust evoca con successo. Fa niente. La sensazione di dejavu che rende tutto più stantio resta, e manda a remengo anche questo sforzo. L' unica conseguenza interessante di questa ipotesi è quella di sortire l' effetto contrario. Anzichè proiettare le storie del dandy alla distanza siderale di galassie fuori mano, me le avvicina finchè me le ritrovo sotto casa. leggi il seguito per capire se racconto balle. Sarà l' alea, sarà il molto tempo libero di cui oggi disponiamo, ma molte delle discussioni proustiane, all' apparenza ridicole e senza oggetto, assomigliano parecchio a quelle che hanno impegnato gli svaccati giovanotti della mia generazione post-moderna. Chi puo' intrattenersi per pagine e pagine a disquisire sulle varie posture assunte a letto nella fase pre-sonno? chi puo' catalogarle esaustivamente abbinando a ciascuna di esse significati personali e sorprendenti rimembranze fatte uscire dal cupo cilindro dell' es? chi puo' mai redigere con competenza di prim' ordine questo kamasutra con Morfeo? Facile, Proust. E adesso, chi puo' discutere su questo stesso sterile soggetto per ore ed ore, tenendo sempre vivo il discorso quasi avesse importanza capitale per il resto della vita (o anche solo del week-end)? Risposta: io e qualche altro scansafatiche di mia conoscenza mentre il Sabato battiamo l' ottava "vasca" pre-aperitivo. La parentela è stabilita. Ma a nulla vale visto che la noia continua. *** In questo momento sto provando a buttarla sullo stile. Mi dico "sei di fronte ad un testo unico, nessuno ha mai scritto in questo modo, nessuno ha mai concepito una simile nebulosa verbale che tutto accoglie e tutto fonde. Disgraziato che sei, ammira il vaporoso sensismo e il trionfo olistico della visione tattile, stupisci di fronte ad una simile rarefazione dei punti, e incantati subito al cospetto dei proliferanti punto e virgola...". Ma lo stile da solo puo' mai bastare? Non è questo forse solo il servile strumento per spingere con forza la realtà da inoculare nella cervice del lettore? Che me ne faccio di una simile catapulta se mi manca il Bocione con cui caricarla? Sinceramente non so se c' è bisogno di rispondere alle domande di cui sopra. Non lo so perchè, sia che si risponda sì, sia che si risponda no, io continuo ad annoiarmi. E allora, a che vale? *** Ora mi viene un' idea. Chi più dei personaggi proustiani potrebbero togliermi dalle canne? Non è forse il suo Narratore un artista in erba che ragiona sull' etichetta da osservare di fronte all' "opera" quando intratteniamo relazione con essa? Saprà pure spiegarmi come si fronteggia un libro, come lo si rispetta, come lo si doma, come lo si mette a frutto, insomma, come lo si legge; saprà pure spiegarmi come tutte queste belle cose si possono e si debbono fare con il Suo di Libro. Senza contare che questa lezioncina sarebbe corroborata da una miriade di esempi pertinenti tratti dalla sua genuina esperienza personale. Ne uscirei arrichito, si scatenerebbero in me esigenze impellenti, numerose domande si assembrerebbero al mio labbro, sarei circondato da dubbi amletici che, nel tentativo di chiarire, mi costringerebbero a leggere con passione e zelo crescente la parte restante del Libro che ora pende inerte dalle mie mani. Sì, ma... Ma queste divertenti e fresche lezioncine, ora che ci penso, me le ha già impartite alla grande il tedesco Mann. Come tratteggia lui il dilettante appassionato alle prese con l' arte, non ha eguali. E' lui ad eternare per sempre la Corrida di Corrado, ad averci raccontato in modo definitivo il Natale, la Passione ed il Crepuscolo dell' inclinazione artistica. Che aborti divertenti e istruttivi sa narrare questo teutone! Kroger e Castorp hanno parlato ed hanno detto tutto sul tema. Per di più le sue lezioni si sono presentate da sè, in modo evidente e ineludibile. Non c' è mica stato bisogno di inventarsi strani forcipi per estrarle dal corpo dell' Autore. E siccome Proust non puo' essere secondo a nessuno - questo è poco ma sicuro, lo si vede, lo si sa, lo dicono tutti e una ragione ci sarà - non puo' nemmeno essere secondo a Mann. Quindi, anche questo è un vicolo cieco e, nell' essere senziente, impone una retromarcia rassegnata. Abbandono tutto e resto con la mia noia. *** Idea! Potrei prendere in carico le onuste pagine del capolavoro come fossero un raffinato repertorio di oggettistica vintage. Non ci si occupa forse di quel Tempo Ambiguo che è passato ma non passa? Parlo di quel Tempo su cui molta polvere si è già depostata ma che ancora non è assurto a dignità di Storia. Una versione nobile delle elencazioni necrofile di Arbasino-Nove-Fazio-Chiambretti. Sì ma, finchè si parla di...Jo Condor, Cicci Bum, Superchicken, Sbirulino, Oddo a Domenica Sprint, cera gray (eh-eh-eh), Cedrata Tassoni, Signor Bonaventura, freccie/corsari/pulcini neri (..."è un' ingiustiziaaa..."), Capitan Arlock, Capitan America, Capitan Miki, Gianconiglio, Si-Re-Si-Re-Si-Mi-Si-Mi, Monkeys, Supergulp, Gli Incontentabili, Disco Bambina-ba, Felicità-tà-tà, Zum Zum Zum, La leopardata Peroni, l' uomo in ammollo, "...Troi-Deux-Un...fiiii...", Babaluba, Bidibodibu, Oliver Onions a bordo della Dune Buggy, bassotti poliziotti, Zighi zaghi, carne Montana (è fresca è sana), "...se la tua squadra ha vinto...se la tua squadra ha perso...", El Dindondero, Ambrosoli, Giorgio Bubba, Orzò-orzò-orzoro, Papalla, le marimbe di Bernacca, le marimbe di Magilla, Temistocle, Billy il bugiardo, "...e la pancia non c' è più...", "e tittinduntratto il coro", Hanna&Barbera (altro che Disney!), "...ma quanto è forte Tarzàn...", Autotopo & Motogatto... - finchè si parla di tutto questo e similaria, io c' arrivo e ti strizzo pure l' occhio complice. Ma me lo vuoi dire cosa c' entro io con le porcellane Mei arabescate, il coturno di Talma, le otto varietà di gelsomino della Piccardia, l' abito a botticella, i cofanetti di sandalo normanno, i sugheri impregnati, le malvarose, cachemire/raso/mussola, le altee, gli alabastri cinesi con in rilievo il volo delle gru, la disposizione ottimale dei peri nel giardino all' inglese, i velluti criptomeria, le rose color zolfo...? Cosa c' entro io? Io non colgo. Non distinguo nemmeno la fettuccina sky finta pelle dalla scaglia Dior di coccodrillo marino! Cosa vuoi che colga? E quando non colgo...mi annoio. *** Altro tentativo, potrei provare, mentre scrivo, a rubacchiare qualche trucco stilistico dal grande Maestro. Almeno mi sarà stato utile a qualcosa. Per esempio, ruberei volentieri l' uso massiccio dei "presenti contemporanei". D' altronde lui l' ha rubacchiato a Flaubert, potrò pure permettermi... E sai che soddisfazione! L' ho usato fino ad adesso il trucchetto dei "presenti contemporanei"...e non posso certo dire di essere attraversato dai brividi dell' ispirazione selvaggia. *** Proverò a sfondare valorizzando l' aspetto più torbido delle vicende narrate. Per esempio, ma cos' è tutto 'sto via vai di omossessuali? Si parte dalle certezze, Charlus e Robert - con la pedofilia che fa l' occhiolino - e si arriva alle insinuanti ipotesi, Gilbert e Albertine. Mmmmm. Sarò condotto nel misterioso mondo della preferenza sessuale da una guida d' eccezione in grado di farmi intercettare il riverbero più delicato dell' emotività, quello che al fatidico crocicchio della scelta ti manda su una sponda (la wilde side) anzichè sull' altra. E sai che roba! Basta che accendi sulla Bignardi e nove su dieci sta intervistando un frocio, o ridacchia con ospiti che discettano amabilmente di inaudite perversioni. I "normali" sono vergognosissime mosche bianche impegnate a congegnare qualche falso outing che possa ancora destare interesse. No, la morbosità proustiana ha perduto ogni turgore e non ha più nessuna resa. Il mercato la respinge, roba da minorenni indietro con lo sviluppo. E allora la noia vince, occorre un diversivo. Fate presto! *** Devo ammettere che leggere Proust, NONOSTANTE TUTTO, è abbastanza noioso. Ma pensare a Proust è stato divertente. Scrivere pensando a Proust è stato ancora più divertente. Adesso sono troppo stanco per stabilire se le ultime tre righe che ho concepito siano in qualche modo significative. C' è una sorta di sovrasaturazione nelle cose su cui si è riflettuto troppo. Forse P. "deve" essere noioso. Forse fa parte della sua missione. Il suo azzardo nel mettere in fila il tempo senza imporre solide gerarchie agli istanti, l' utopia di chiuderlo nel libro conservando la sua compatta continuità, non puo' che generare noia... ...nell' attesa che si venga colti dal crampo dell' estasi, magari grazie ad una fortuita associazione che poteva annidarsi ovunque. Ma per stanarla bisogna passare in rassegna l' "ovunque", e sai che palle. E' quell' "ovunque" che impedisce di ordinare il mondo. Ti rendi conto? potrei essere vicinissimo alla soluzione senza saperlo!! Proprio ora che mi mancano le forze. Sarebbe terribile. Vago stremato con il mio testimone in mano in trepidante attesa di cederlo a qualche staffettista che completi l' ultimo tratto. ************************************************ *********************************************** ******************************************** **************************************************** **************************************************** ************************************************* ***************************************************************************** ********************************** ********************************************************************************************************************************************************************************** ******************************************************************** *************************************************** ************************************** ***************************************** **************************************** ******************************************* *********************************************** +++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++ +++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++ ++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++ +++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++ ************************ *************************** ******************************************** Dalla nostra inviata preferita Dalle frequenze di Radio Tre l' agenzia Austen, bruciando sul tempo l' agenzia Corona, ci ha puntigliosamente messo a parte degli affari privatissimi della Signorina Emma Woodhouse. E' una fortuna poter contare su una simile inviata nel fascinoso pianeta degli affari altrui! Non so come valuterà la torbida vicenda quel marpione del garante-Privacy. Spero solo che l' eccitazione inconcludente tipica di ogni politico che si ritrova per un secondo al centro della scena globale, non sfoci nella schizoide legiferazione ad-minchiam così caratteristica di chi non sa che pesci pigliare. L' unico bell' effetto sarebbe quello di non arricchire nessuno impoverendo noi "origlianti" orbandoci dell' ultima consolazione. So di gente che in pubblico inarca il sopraciglio puritano e si vanta di schifare certe porcherie intimistiche, gente che con iattanza sbandiera di non essersi mai chinata verso un innocente spioncino. Ma si tratta solo di sepolcri imbiancati, ve lo dico io. Perchè poi, nel chiuso delle quattro mura, la vedi che prosciuga i succhi rilasciati dalla signorina Austen sorbendoli con un istinto famelico che in vita loro avevano riservato al solo latte materno. E' gente che dietro la patina dell' altero disinteresse tiene tutti i radar ben azionati. E' gente di cui ogni giorno riceviamo notizia dall' Onda Verde: sono quei tali che intasano il traffico nella corsia opposta all' incidente. Oppure si tratta semplicemente di gente sfortunata che non si è mai imbattuta nell' irresistibile profilo sinuoso del buco della serratura così come lo intaglia la signorina Austen. Eh sì! I suoi buchi della serratura sembra che ballino la danza del ventre. Ah signorina Austen, lo so bene che avevi già spifferato tutto mettendolo nero su bianco secoli fa. Sono io che arrivo in ritardo, ostacolato dall' orgoglio viriloide che ruggisce e digrigna ogni volta che la disubbidiente manina non risponde più ai comandi e afferra un profumatissimo libro "da donna". Mamma mia la Austen, che occhiuto e orecchiuto paparazzo, sempre nel vivo della conversazione, sempre a tempo nella sincopata danza borghese, sempre sulla notizia. Vive accosta alla bella cerchia della countryside albionica e da questa posizione di favore ci scandisce l' immarcescibile rito della mondanità di laggiù. Io che sono un sempliciotto, spinto dalla mia fondamentale vocazione all' indifferenza e a lasciar correre, non ci arriverei mai ad isolare il principio attivo di quelle alchimie matrimoniali che la Signorina Austen invece ci serve così ben illuminate dai fari del suo set fotografico. Con quel periodare leggiadro e ben tornito, la nostra inviata speciale, riesce a non impaludarsi nelle metafisiche proustiane vincendo anche la concorrenza di questo aspirante monopolista delle intimità più recondite. Lo sparviero è un osso durissimo per chiunque si avventuri nell' impresa di esaurire il dicibile. E così, dopo l' agenzia Corona, anche la snobbissima agenzia Proust è sbaragliata e deve cedere il passo. Se mai dal parrucchiere avete sfogliato il rotocalco proustiano, vi sarete accorti che là dentro l' aria sembra ipercalorica, cosicchè pare si possa vivere solo di quella azzannandola di tanto in tanto. Se invece hai la mala sorte di nascere donna in un libro della signorina Austen, attenta a te. Devi subito abbandonare ogni ispirata contemplazione per alzarti le maniche. Ti tocca trottare bella mia, levarti la paglia, appassionarti di corsa al gioco combinatorio degli incontri mondani finchè non ti cattura la malia della pantofola, accasarti finchè hai qualcosa da mettere in vetrina, ricercare la sicurezza di una vita tranquilla finchè hai benzina con cui spingere in avanti la tua carcassa, inquadrarti nell' ambiente e renderti sempre presentabile finchè sei presentabile in potenza. La scrematura è severa e in poche sopravvivono: quelle in cui la passione regge la coda alla virtù, quelle in cui ogni slancio è illuminato dal buon senso e dall' immanente ironia, quelle in cui i modi pronti e decisi, privi d' artificio, vanno a braccetto con i complimenti studiati, quelle che sanno parlare senza aprire bocca. Quelle che sanno lubrificare scovando dove si annida la ruggine. Quelle come la signorina Emma. *** Adesso la protagonista del jet set deve fare qualcosa di decisivo (forse ha dimenticato il sugo sul fuoco) e corre via più veloce del vento e della Vento, i segugi "minori" sgommano reattivi mettendosi sulle sue piste, ma presto sbandano perdendo ogni traccia. Puoi sentire da lontano il loro confuso abbaio ormai rotto e immotivato. Nel momento in cui i teleobbiettivi di Corona vagolano sbalestrati, ecco scattare le molle della signorina Austen che scende in campo risoluta: le sue competenti ricerche nasali inquadrano la vittima nel mirino, poi si butta per le fratte finchè, con un a-fondo magistrale, abborda l' eroina costringendola a rilasciare subito dettagliatissima intervista. Ma che sia dettagliatissima, che si vada a fondo, che si affronti e dipani ogni cavillo, vogliamo l' encefalogramma, vogliamo un po' di pornografia (dello Spirito). E che sia pronta in coincidenza con il nostro prossimo appuntamento dal parrucchiere. Puritani, Censori, Garanti, Metafisici, Maschioni viriloidi, Proustiani, Paparazzi coronati! Non rompete gli zebedei e lasciateci leggere in santa pace. ********************************************** ********************************************** Sergentemagiù Rigoni. Questi scrittori di guerra li riconosci subito, hanno tutti un rigo dal cominciamento che attacca d' impeto, come se la storia gli bruciasse tra le dita. Poi si acquietano, ne hanno passate tante e ora ce le raccontano ritmati dalla lenta gravità delle loro stanchezze, svuotati da tutto per potersi svuotare da ogni rancore e da ogni rivalsa, neanche poi così contenti come si aspettavano di essere "tornati a baita". Il cervello di quelli venuti giù dalla Russia poi, mentre raccontano, è ancora intontito dal crocchio della neve sotto lo scarpone, è ancora trapassato dal quadrante di Cassiopea fissato per ore durante le marce notturne. Nella steppa hanno combattuto una guerra dura contro altri uomini, e una seconda ancora più dura contro i topi slavi che cercavano di condividere le loro coperte. Poche soddisfazioni, pochissime. Giusto a Natale due fette di polenta e gatto, ma polenta dura eh? (alla bergamasca). Però due fette grandi come mattoni, Il tutto innaffiato con ottima acqua di neve, e per codina un caffè pestato nell' elmetto. Che era Natale lo si capiva subito dal modo di bestemmiare. Uno smadonnamento fiorito, soave e disteso, non come quel rosario sparato senza neanche prendere fiato che partiva quando ti impigliavi nei gabbioni di filo spinato, e ci finiva dentro la naja, la fidanzata, la posta, gli imboscati, i russi, mussolini, e altri personaggi inventati sul momento. Il tutto da godere ticketless. Anche quella guerra era più che altro un sovrapporsi di interminabili e snervanti momenti di pace. Una pace satura di attività che non erano il massimo per lo sviluppo di un solido capitale umano. Potevi dedicarti all' ascolto degli starnuti del nemico, a vedere diventar bianchi e poi scoppiare i pidocchi buttati sulla piastra, allo staccio della farina, alla fumatina di una Milit, a cambiar trincea saltellando nella neve come un capretto a primavera, a pensare parole nuove da scrivere alla ragazza (parole nuove = parole diverse da baci, bene, amore, ritornerò), a fumarti la posta ricevuta, a giocarti a carte i soldi della deca, a evitare i conducenti che odoravano di mulo e che si grattavano la scabbia. Poi finalmente, attesissima, liberatoria, arriva la guerra (detta anche la sagra). Con il miagolio nell' aria delle pallottole che passano di sopra. Oggi pomeriggio ne muore solo uno che non conoscevi neanche tanto bene, Cade e la neve gli entra nella bocca, fai le tue cose e quando lo riguardi il sangue gli esce sempre più piano. Ma smette subito anche questo pezzo di guerra che non voleva consumarsi, smette sussultando come smette la risata di un ubriaco, con qualche fucilata raminga che si attarda senza credere più in se stessa. La fucilata ingiustificabile di uno che è invasato dalla rabbia degli stanchi, degli stanchi di guerra e di vita. Quando vedi il comandante più tignoso e incapace con la gamba in cancrena ti viene da dire che era un buon diavolo anche lui. E pure questo sentimento ti sale spinto dalla spossatezza, è una misericordia regalata dalla stanchezza. Era un tenente giovane e impazzito, la truppa aveva imparato l' arte di non obbedirgli assecondandolo. Il capitano era il primo ad inorgoglirsi per questa abilità sopraffina e provvidenziale che deve essere il bagaglio primario di ogni buon soldato. Intanto - mentre passando vedi ancora alcuni alpini placidamente addormentati che muoiono immobili incassati come stravecchi piccioni dalla massa dimezzata definitivamente ai margini dello stormo - il Don è un Lete che spinge alcuni fortunati ormai indifferenti fuori dalla "sacca". ****************************************** ******************************************* *************************************** ************************************ ****** ************************************************** ************************************************** ************************************************ ************************************************ ************************************************** *************************************** ******************************************* ***************************************** Oooooooommmmmmmmm - ooooooooommmmmmmmm - oooooooommmmmmmmmm Oh...finalmente qualcosa di indistinto, ************** */********************* ********************** *************************************** ************************************************** *********************************************** ************************************************ ************************************** *********************************************************************** ********************************************* ********************************************** ******************************************** ************************************************ ************************************************* ************************************************** ********************************************** **************************************** ******************************************* ************************************************ ************************************************** *********************************** ******************************************** ********************************************** ********************************************** ************************************************* ************************************************** ************************************************* *************************************************** ***************************************************** ************************************************ ***************************************** ************************************************************** **************************************************** ****************************************************************** ****************************************************************** *************************************************** ************* ************************************* ******************************************** *********************************************** x, va bene, si è capito abbastanza bene, forse è inutile che tu insista: hai delle idee diverse dalle mie. Solo che non sai difenderle. Sono semplici idee isolate che ti vagano in testa seguendo orbite misteriose, non conclusioni. Non sai spiegare il motivo per cui le si debba prendere in qualche considerazione. O meglio, lo sai spiegare solo a chi già le condivide. Hai preso dei libri con cui fin dall' inizio sentivi affinità e hai pensato che il mondo finisse lì. Quei libri sostanziavano le loro tesi con rassicuranti dimostrazioni complicatissime che non puoi riprodurre qui sul forum e nemmeno lo sapresti fare. Ma guarda che non fa niente. Per sostenere quelle idee c' è bisogno anche di te, cosa ti credi, di gente pratica come te. Per esempio, potresti andare in piazza come uomo/snadwitch e gridarle più forte che puoi. *********************************************** L' Europa dorme e molti anche qui nel forum sono impegnati a cantare a squarciagola la Ninna Nanna. Ascoltiamo loro visto che l' Idomeneo di Mozart non è possibile ascoltarlo. Sembra che i Mussulmani riescano sempre più ad imporre anche qui le regole censorie che vigono nei loro paesi. Oggi sono il 5-10% della popolazione. E quando questi nostri amici saranno al 20%-30%, come peserà questa cultura che tanto a lungo ha vietato la rafigurazione di esseri viventi e che ha sempre tenuto in sospetto la stampa? Lo scrittore Sebastian Vila Rodriguez individua provocatoriamente un punto di svolta culturale nella tragedia tutta europea di Auschwitz: l' Europa perde 6 milioni di ebrei, il popolo più incredibilmente creativo in circolazione (0.02 della popolazione, 20% di Nobel) per sostituirli nel corso della fine secolo con i 20 milioni di mussulmani, popolazione spesso violenta fanatica ed ingrata. ********************** ********************** ***************** I poveri pagano meno e i ricchi pagano di più. Bello dirlo. Quando una tassa viene istituita chi sarà poi a pagarla? Non bisogna confondere chi porta i soldi all' esattore con chi sopporta effettivamente il costo di quella tassa. Il ricco viene tassato e aumenta i prezzi per recuperare almeno in parte l' uscita che ha avuto. Il povero subisce questo rincaro. Ecco un caso in cui la "tassa sui ricchi" viene pagata, in buona parte, dai poveri! Altro esempio: viene aumentata la tassa sui profitti societari e la Dell apre uno stabilimento a Montpellier anzichè in Piemonte. A pagare sono anche e sopratutto i disoccupati piemontesi (presumibilmente poveri). Ecco un altro caso in cui i poveri pagano una tassa destinata ai profitti societari. Troppe tasse, niente panfilo. Il mozzo (che con il suo misero stipendio manteneva anche la nonna vecchia e malandata) si ritrova per strada dando il suo contributo nel pagare la tassa sugli yacht. Si potrebbe continuare all' infinito. Anche con esempi di segno opposto, ovvero di come i ricchi godano delle minori tasse imposte ai "poveri". L' "economia fiscale" è una delle più complesse che esistano. Il meccanismo del trasferimento d' imposta impedisce di vedere chiaramente su chi gravi effettivamente una tassa. Mi scuserete quindi se mi viene un po' da sorridere quando in questi giorni si sente dire "i ricchi pagheranno più tasse" oppure "diminuite le tasse ai poveri". Visto il tema di qusto thread aggiungo, avvalendomi di un esempio, un' ulteriore difesa dell' evasore. Grazie all' evasione di una tassa è possibile praticare prezzi bassi a tutto vantaggio degli eventuali acquirenti poveri che ne traranno vantaggio. E magari ne subiranno un danno i ricchi concorrenti dell' evasore. L' evasore come Robin Hood: toglie ai ricchi per dare ai poveri (trattenendo per sè una % infinitamente inferiore rispetto a quella delle burocrazie welfaristiche). ********************************************** ********************************************* ********************************************** ******************************************* ********************************************** ********************************************** Durante una gita telematica mi sono imbattuto in questo antico manoscritto che qui deposito in favore di chi ancora si senta risparmiato dal qualunquismo imperante.
Come smontare il mito dell' evasore/ladro. Leggendo il forum ogni tanto capita di imbattersi in chi sostiene che l' evasore sia un ladro. A prima vista questa affermazione fa sobbalzare. Eppure è sostenuta da molti, sebbene non sia quasi mai spiegata. Devo subito aggiungere che le intelligenze migliori del forum non sembrano cadere nel trappolone. In fondo la confusione mentale su questo punto è più che giustificata: siamo stati tutti educati e circondati da strutture che campano grazie alle tasse ed hanno un interesse diretto a dare per scontato e a propalare il giudizio di cui sopra. Esempio: quando Padoa Schioppa dice che l' evasore è un ladro bisognerebbe intendere: "chi non paga il mio stipendio è un ladro". C' è puzza di conflitto d' interesse. La sentite anche voi? Ma forse molti non danno peso ai conflitti di interesse. Tento di sostituire alle "schioppettate" della politica accecata dagli interessi di parte, un ragionamento rigoroso e neutrale con premesse facilmente accettabili da tutti. La strada da percorrere per dimostrare l' infondatezza del giudizio di cui sopra è piuttosto facile e breve. Basta fare 10 passi.
1 passo Innanzitutto l' evasore non puo' essere equiparato allo statale fannullone: il secondo non rispetta un contratto, il primo non intende stipularlo. La seconda opzione è legittima, la prima no. Lo capiscono tutti (tranne Sinibaldi).
2 passo L' evasore difende la sua proprietà da un attacco fondato sulla violenza fisica. E' forse questo il comportamento tipico del ladro? Ovviamente no (assomiglia di più al comportamento di chi si difende da un ladro). Anche qui non dovrebbero esserci obiezioni.
3 passo Qualcuno sostiene che l' evasore sia uno "scroccone" poichè usa, per esempio, una scuola (o una strada) che non contribuisce a finanziare con le tasse. Ci sono almeno due motivazioni oggettive per cui anche questa affermazione è infondata. Prima di tutto ricordo che lo scroccone è colui che sfrutta opportunisticamente qualcosa che appartiene a qualcun altro. Ma la "strada pubblica" non appartiene a nessuno! Per capirlo bisogna fare una premessa. Cos' è una strada pubblica? E' una strada la cui costruzione è finanziata dalle tasse. Ora, che le tasse siano un' estorsione è abbastanza evidente e pacificamente ammesso. Basta pensare di cosa stiamo parlando: un tale si presenta armato da Tizio proponendogli il cosiddetto "contratto di Corleone" (o patto fiscale). Il "contratto di Corleone" ha questa struttura: se Tizio ci sta, bene; se non ci sta, viene dato corso alle minacce e alle violenze del caso finchè tizio cede e, quello che si presentava fittiziamente come un contratto, si trasforma in cio' che è in realtà: una pura e semplice coercizione. Chiamiamo pure "ladro" l' estorsore (anche se tecnicamente non sono la stessa cosa: in genere l' estorsione viene ritenuta un aggravante del furto) e chiediamoci quanto segue. Se il ladro successivamente acquista qualcosa scambiandola con la sua refurtiva diventa forse un legittimo proprietario di cio' che ha acquistato? No, ovvio. Una conseguenza è la seguente: sottrarre ad un ladro la refurtiva o cio' che ha acquistato con la sua refurtiva non è mai un furto (es. il sequestro dei beni ad un mafioso acclarato è forse un furto?). Anche questo lo capisce chiunque. E anche in questo caso giungiamo alla conclusione di prima: l' evasore non è mai un ladro. La cosa è tecnicamente impossibile.
4 passo Qualcuno ha obiettato che i beni "consumati" dall' evasore siano sottratti al patrimonio destinato a risarcire coloro che hanno subito l' estorsione fiscale. L' argomento avrebbe una qualche plausibilità, ma solo nel caso in cui una simile procedura di risarcimento fosse avviata. La prima risposta quindi è semplice: una simile procedura non è mai cominciata, non è alle viste e, direi di più, è impossibile. E' un po' come per il fallimento. Le azioni revocatorie sono legittime solo all' interno della procedura fallimentare. Nell' impossibilità di risarcire, la refurtiva viene considerata "bene di nessuno", un po' come l' oggetto smarrito di cui sia impossibile ritrovare il proprietario. Di conseguenza, il problema non si pone. Una seconda risposta (a questo punto pleonastica)verrà esplicitata indirettamente ai punti 6 e 7. Vedremo come uno dei massimi danneggiati da risarcire potrebbe essere proprio l' evasore.
5 passo Non prendo nemmeno in considerazione chi sostiene che noi siamo legati da un accordo che si sostanzia nella Costituzione. Certo, se fosse davvero così le cose cambierebbero. Ma questo accordo non esiste nella realtà. Tutti lo vedono, anche coloro che lo rivendicano (infatti, quando parlano con rigore, devono dire "facciamo finta che tutti gli italiani abbiano stipulato..." [contrattualismo]). Mi sembra che si possa procedere oltre e non perdere tempo.
6 passo Veniamo ora a qualcosa di un pochino più sofisticato (lasciamo le scuole elementari ed entriamo in prima media). Teniamo a mente l' accusa che l' ingenuo rivolge all' evasore che utilizza una strada pubblica: "scroccone"! In questi casi bisogna osservare come all' evasore venga "imposto" un determinato servizio attraverso la privazione delle alternative. E' il fenomeno che gli economisti chiamano "spiazzamento". Es. la scuola pubblica "spiazza" le private, come dicono gli studiosi. Se non ci fosse il pubblico ci sarebbe il privato. Ma siccome c' è la concorrenza sleale del pubblico, il privato sparisce limitandosi a tappare i buchi del colabrodo. Se non ci fosse la strada pubblica ci sarebbe quella privata. Ma questa strada, in presenza di quella pubblica, non c' è perchè ha subito uno "spiazzamento" di natura violenta da parte di un operatore (stato) che, avvalendosi dello strumento estorsivo (tasse+regole) fa concorrenza sleale (ovvero violenta). L' evasore prende quel che c' è, visto che le alternative che gli spetterebbero hanno subito un' aggressione violenta e non possono venire alla luce. Direi che la definizione di scroccone è ben diversa.
7 passo Non è finita qui. Consideriamo un danno ulteriore che potrebbe subire l' evasore. Se l' evasore fosse stato (controfattuale) il padrone delle strade "spiazzate", oltre al danno subirebbe una beffa. In un mondo non-violento sarebbe probabilmente stato miliardario, ma cio' gli viene impedito con un aggressione. Dopo tutte queste tegole che gli sono piovute in testa suona ancora più grottesco definirlo uno "scroccone".
8 passo Il bello è che la direzione dello "spiazzamento" non è prevedibile! Magari le risorse sequestrate per la costruzione della strada sarebbero state spese per vedere all' opera la band dove suona Matteo. Il miliardario sarebbe stato Matteo. Oltre a sottrargli manu militari i suoi miliardi e la sua fama, con che coraggio lo accuserei di circolare a scrocco sulla strada che ho costruito a sue spese?
9 passo Facciamo un esempio ancora più semplice. Matteo se ne sta nel suo salottino a vedere la TV. Un tale fa irruzione e con la pistola costringe il nostro bel mantovano ad uscire di casa e a montare su una barca. Una volta in mezzo al Mincio Matteo prende a lamentarsi. Quello gli fa: "se non ti sta bene puoi sempre tuffarti e tornartene a casa". Matteo, che non sa nuotare, pretende di essere ricondotto a riva con la barca. Quello lo accontenta non senza brontolare e accusandolo animosamente di "scroccare" un passaggio a ufo. Vista la situazione l' accusa suona decisamente assurda! Il buon Matteo voleva semplicemente un' altra cosa (starsene a vedere la TV), lui gli ha imposto con la forza la sua volontà e poi, per il solo fatto che Matteo sfrutta la barca con cui è stato sequestrato, si prende dello scroccone!? Eppure questa accusa assurda assomiglia molto a quella che molti fanno all' evasore!
10 passo Ciascuno consideri il caso tipico della Mafia classicamente intesa. Se l' evasore è un ladro allora lo è anche chi si sottrae al pizzo. Ricordo sommessamente che i servizi di protezione offerti della mafia sono brutali ma efficientissimi (nemmeno paragonabili a quelli statali). Se uno scippatore disturba la sera un quartiere "protetto", te lo ritrovi appeso al lampione la mattina dopo. Ma chi evade il pizzo in un quartiere "protetto" è uno scroccone? No di certo. Eppure a questa conclusione un po' comica giunge chi si intestardisce ad equiparare l' evasore al ladro.
1 precisazione Attenzione, con ciò non ho dimostrato che l' evasore NON sia uno scroccone. Ho dimostrato che non si può dimostrare che lo sia. In altre parole, ho dimostrato che il giudizio: "l' evasore è uno scroccone" è infondato. Potrei anche pescare a caso nell' elenco del telefono e dire che Tizio è un ladro. Certo, posso dirlo, puo' darsi anche che abbia ragione. Ma non posso dimostrarlo. Anche nel caso di Matteo, Mr.X potrebbe asserire che Matteo, in realtà, voleva proprio farsi un giro in barca. Io non sono in grado di dimostrare il contrario. Posso solo dire che quanto Mr. X afferma non è dimostrabile visto che Matteo non hai mai espresso quella volontà.
1 soluzione Fortunatamente il problema degli scrocconi puo' essere risolto in modo brillante. In questi casi come questo, infatti, esiste la "soluzione perfetta". Per essere sicuri che non esistano scrocconi basta evitare di imporre alcunchè a chicchessia.
1 corollario Con premesse logiche accettabili da tutti ho cercato di dimostratre che "evadere" non sia di per sè una defezione etica. Cio' non toglie che la via dell' evasione sia la più conveniente nella lotta contro le tasse. Anzi, personalmente penso proprio che sia un vicolo cieco, ma questo è un altro discorso.
epilogo Che l' evasore non fosse un ladro, in fondo, lo sapevamo tutti e questa passeggiata di 10 passi era abbastanza prevedibile. In alternativa ci sono altre passeggiate interessanti. per esempio quella che ci spiega se "il pagatore di tasse" sia un "connivente". Ne propongo un' altra più avventurosa. Anch' essa si compone di 10 passi. Questa volta però il panorama è mozzafiato. Sarà possibile vedere (non dimostrare) l' evasore come un "pubblico eroe". Alla prossima. ************************************************ ************************************************* *** ********************************************** ************************************************** ************************************************* ********************************************** ********************************************** ******************************************** ************************************************************************************************************** ***************************************************************************************************************************** ********************* ******************************************************************************************* Dopo qualche mese sono venuto a conoscenza di una buona risposta al quesito originario di questo thread. Devo molto a Bertrand de Jouvenel (Sorbona, Oxford, Cambridge, Yale, Chicago, Berkeley) e al suo libro "Il Potere. Storia della sua crescita." (Sugarco). Lui la risposta l' aveva già formulata negli anni 70 dopo una lunga maturazione partita dalla guerra che lo segnò molto. Per Potere intende quella forza coercitiva in grado di ottenere la sottomissione (schiavitù) del prossimo anche solo con la minaccia. BdJ nota e descrive come nel corso della storia il Potere sia sempre più cresciuto. Le guerre dell' ultimo secolo hanno mobilitato e richiesto l' obbedienza di una moltitudine impensabile solo qualche secolo prima. Però c' è un' altro insegnamento che viene dalla storia: per trarre i migliori frutti da una persona sottomessa, specie sul lungo periodo, è necessario che venga "trattato bene", è necessario concedere a costui dei privilegi. Il Potere ha imparato e impara sempre più questa lezione. La risultante di queste due forze si riassume in una formula storicistica di questo tipo: nella storia la condizione di schiavutù è andata estendendosi, così come sempre più estesa è stata la consapevolezza di quanto convenga rispettare lo schiavo assicurandogli un trattamento sempre migliore. Certo le concessioni che fa il Potere riservandosi il diritto di revocarle quando desidera (cosiddetta libertà repubblicana) sono certamente un bene prezioso, ma sono ancora libertà? Una volta la libertà era un "fatto", aveva natura aristocratica, era il dominio che il Potere non era ancora riuscito ad invadere. Oggi le barriere sono travolte, il Sovrano straborda e la libertà ha assunto una dimensione artificiale: è cio' che il Potere onnipresente ci concede graziosamente dall' alto finchè non ci ripensa. ************** Amare la povertà puo' essere cosa degna. Anche se ho delle riserve. Ma quando questo sentimento si presenta scortato da quello dell' invidia, allora cominciano i guai. E qui, sotto gli slogan datati, trapela molta invidia verso il ricco. Secondo me si tratta solo di muffi socialismi (l' incartapecorito Manifesto potrebbe accoglierli) che sconfitti dalla storia tentano altri travestimenti pur provare ancora una volta l' ebbrezza di stare "dalla parte del torto". Con cio' non voglio certo dire che non rappresentino una minaccia e vadano tenuti sotto controllo con qualche sculaccione all' occorrenza. ******************************************** *********************************************** *************************************************** ******************************************* ***************************** ************************************* ***************************************** ***************************************** ******************************************* ***************************************** *************************************** In una Scuola che dovrebbe coltivare lo spirito critico, che è innanzitutto spirito critico nei confronti della legge, piomba come un macigno L' ORA DELLA LEGALITA'. Neanche nell' irregimentata Francia napoleonica o nella militarizzata Prussia Bismarkiana avrebbero potuto inventarsi qualcosa del genere. Il prossimo passo probabilmente sarà una bella raccolta di firme tra il corpo docente, simile a quelle di triste memoria, tanto per meglio identificare i dissidenti. Certo che se indottrini per bene la capoccina di chi è ancora acerbo puoi limitare i tuoi sforzi per convincerla quando sarà più matura. La logica del Potere non cambia nei secoli. Mi sembra proprio la via peggiore per dar fastidio alle mafie, visto che il pretesto sembra quello. Anzi, questi campioni riescono persino nell' ardua impresa di rendercele più simpatiche. ********************************************* ********************************************* *************************************** ***************************************** ********************************** ******************************************** ***************************************** Capitalismo e Lobby Ascoltando quanto si dice nel forum c' è sempre qualcuno che postula un nesso tra l' ideologia capitalistica e il fenomeno delle Lobby. Una cosa del genere si puo' fare solo ignorando la nozione di CAPITALISMO. In una società capitalistica lo Stato è privo di gran parte dei poteri che oggi noi siamo abituati ad attribuirgli. L' azione dei "privati" è preponderante in tutti settori. Lo Stato si limita a vegliare sull' osservanza delle poche regole che reggono la società capitalistica. Dovrà trattarsi unicamente di regole tese a tutelare proprietà privata e libero contratto. Uno Stato così congeniato non è in grado di "elargire favori" per il semplice fatto che non ne ha i poteri. Ma le Lobby, per definizione, sono proprio organizzazioni costituite per richiedere favori allo Stato. Cosa mai potranno chiedere ad uno Stato intrappolato da una Costituzione Capitalista? *** Esempio 1: la "Lobby dell' Auto" chiede una legge sulla rottamazione. Ma uno Stato capitalistico non potrà mai elargirla visto che cio' significherebbe dare a qualcuno (contributi) prendendo necessariamente a qualcun altro (extratasse). Il che è contrario al principio della proprietà privata e quindi ad una Costituzione Capitalista. Esempio 2: la "Lobby sindacale" chiede una legge che imponga le ferie pagate. Ma uno stato capitalistico non potrà mai elargirla visto che cio' violerebbe la libertà di contrattazione. Uno dei caposaldi della Costituzione Capitalista. Come è facile vedere uno Stato Capitalista è destinato a frustrare qualsiasi Lobby. La conseguenza logica è che, chi abbia come priorità la guerra alle Lobbies, debba spingere verso uno Stato Capitalista. *** Il ragionamento è piuttosto semplice. Ma perchè allora si producono così facilmente gli svarioni da cui siamo partiti? Alcuni motivi ci sono e provo a spiegarne uno. Chi difende i principi della società Capitalista? Risposta corretta: chi professa l' ideologia capitalista e fa militanza in questo senso. Eppure questa risposta spesso viene mancata. In molti, con un istinto inconsulto, pensano che a difendere il Capitalismo siano i Capitalisti. E perchè mai? Costoro, poi, osservano che i "capitalisti" hanno anch' essi la tendenza a organizzare potenti lobbies e concludono abbinando Capitalismo e Lobby. Ma questa conclusione è fallace poichè discende da una premessa stravagante. *** Dirò di più: non solo è logicamente errato pensare che i capitalisti potenti professino per definizione l' ideologia capitalista, spesso esistono buone ragioni perchè sia vero il contrario. Una società Capitalista è dinamica, contano molto i talenti, lo sforzo prodotto e la fortuna. Insomma, è la società del rischio e quindi anche la società dove è più facile perdere i propri capitali. Ma grossi capitali puo' perderli solo chi li ha. Il capitalista è il detentore di una grossa fortuna. Il suo massimo desiderio è che il mondo si blocchi per sempre così com' è ora, che non accada più niente e lui possa godersi la sua fortuna senza che sia messa ulteriormente repentaglio. Come si vede il mondo ideale del capitalista affermato non è certo un mondo capitalistico. In quest' ultimo la roulette continua a girare, l' aggiornamento delle conoscenze deve essere costante e lo sforzo prodotto sempre intenso. Potremmo metterla così: il mondo capitatalistico fa emergere il capitalista che, una volta al vertice, ha tutta la sua CONVENIENZA a rinnegare gran parte di quei principi. Ecco allora che il capitalista si rivolge allo Stato affinchè fermi in qualche modo il rischioso, vorticoso ed impegnativo "gioco del capitalismo". Chiederà cioè dei favori, magari facendoli passare per una pulsione filantropica. Per farlo lavorerà sodo affinchè lo Stato dismetta la sua Costituzione Capitalista e diventi uno Stato con poteri più estesi, vale a dire uno stato in grado di concedere quei favori che lui ora ingiunge. **************************************** **************************************** **************************** *********************** ************************************************* ************************************************** Cosa cerca di inquadrare la categoria dell' anti-americanismo? Non certo l' attitudine a criticare le politiche americane. Esercizio in sè senz' altro legittimo ma che deve considerarsi solo un effetto del sentimento anti americano, e non certo una sua esclusiva specifica. L' antiamericanismo è una critica sistematica alla mentalità tradizionale americana e ai suoi valori e quindi anche ai comportamenti di questo popolo. Da notare che la "mentalità" americana a ben poco a che spartire con la mentalità "imperialista". Gli USA erano una colonia, nascono per liberarsi dalle maglie di un impero, hanno combattuto una guerra di Secessione, hanno regalato alla filosofia politica il più rigoroso e sistematico pensiero isolazionista in tema di politica estera. Tutto questo ha delle conseguenze sul comune sentire. Cio' non toglie che, nel corso della loro storia, abbiano realizzato anche politiche "imperialiste". Ma questo è da imputare sopratutto al dislivello di forze in campo che conduce inevitabilmente a quel genere di tentazioni. E' dovuto al fatto di aver dovuto combattere una guerra fredda nucleare, in cui chi spara per primo vince e dove contano moltissimo le "aree di influenza". E' dovuto al fatto di dover combattere una guerra asimmetrica, in cui il nemico deve essere scovato prima ancora che affrontato. Le politiche "imperialiste", che non sono certo mancate, sono sempre state vissute come strategie politiche e non come un istinto naturale di conquista. Quando poi penso che questa accusa viene perlopiù dall' Europa, verrebbe da esclamare "da che pulpito"! No, l' avversione antiamericana non coincide con il ripudio delle politiche "imperialiste", per il semplice fatto che il sentimento dell' America profonda non possiede i connotati del sentimento imperialista. *** A mio parere l' antiamericanismo non è altro che una variante di cio' che in Europa conosciamo molto bene, purtroppo. Non è altro che l' ennesima reincarnazione sotto mentite spoglie dell' "odio contro il borghese". Questo odio si è presentato in veste di acuta passione nel XIX secolo (dal "parvenu" di Balzac, al "povero diavolo" di Stendhal, fino al "filisteo" di Marx) e in forma di ideologia nel XX (Comunismo, Fascismo, Nazismo). Sia la destra reazionaria che la sinistra socialista hanno fatto ampio uso di questo capro espiatorio per giustificare tutte le disgrazie del mondo. Il "borghese" (oggi forse diremmo "la multinazionale"), incarna il capitalismo e l' individualismo foriero di diseguaglianze, di consumismo, di invidia e disgregazione sociale e di tutto cio' che odiano di più destra, sinistra e certo cattolicesimo pauperista e sentimentalista. Odiato a destra perchè causa prima della distruzione del solido ancien regime e delle aristocrazie tradizionali. Odiato a sinistra perchè portatore di diseguaglianze profonde. Il danaro che maneggia il "Borghese" attira contro di lui i pregiudizi degli aristocratici, la gelosia dei poveri e il disprezzo degli intellettuali frustrati. Questi ultimi lo accusano di aver cavalcato le rivoluzioni per istituire un "mercato" e non certo una "cittadinanza". Sono convincenti le analisi storiche che equibarano, nell' Europa del secolo scorso, la figura del "Borghese" a quella dell' "Ebreo". Entrambi, affrancati dal denaro, metterebbero a repentaglio l' unità del clan. Il "Borghese" vive poi in antitesi con l' artista. E' meschino, brutto, laido, laborioso, modesto, anti-estetico, volgare...E' esecrato dall' artista rivoluzionario (Stendhal, Heine...) ma anche da quello conservatore (Flaubert, Holderlin...). I guai maturano quando è lui che comincia ad odiare se stesso. Spesso è infelice e si dedica a studiare sterilmente la propria infelicità. Non di rado finisce per offrire lo spettacolo sconsolante e ridicolo di chi sputa nel piatto in cui mangia. Una volta raggiunta questa drammatica autocoscienza, è inevitabile che si indebolisca parecchio anche la sua proverbiale spinta sociale propulsiva. Per paura di tanto odio, nella storia post rivoluzionaria, ha spesso cercato rifugio presso Protettori/Sfruttatori poco raccomandabili. Quasi sempre queste alleanze si sono rivelate nefaste. *** Ebbene, come dicono gli storici, l' America è un grande paese che non ha avuto una "classe borghese", bensì un "popolo borghese".
Un Paese, cioè, dove non c' è socialismo. Per questo motivo non ha sviluppato la psicologia di cui parlavo sopra che rimane prevalentemente tipica dell' Europa continentale. *** Anche se il "borghese" è definito dall' economico, possiede in realtà valori universali: innanzitutto l' individualismo. La mia idea è che possa definirsi "antiamericano" solo chi avversa nel profondo questo valore. *********************************************** ********************************************** I programmi sono validi o non sono validi? Ma è davvero rilevante? Se mi obbligano a fare qualcosa contro la mia volontà, mi rassegno un po' brontolando. Ma è quando mi costringono a fare qualcosa che avrei fatto ugualmente che mi incazzo davvero! ************************************************* ************************************************* Liberalizzare significa deregolamentare. Deregolamentare significa desindacalizzare. Ogni vera liberalizzazione colpisce un sindacato. La deregulation di Reagan ha colpito duro a catena tutti i sindacati, a partire da quello dei controllori di volo. La deregulation della Thatcher stese il sindacato dei minatori e, con effetto domino, molti altri. *** Si colpisce il "sindacato" dei benzinai quando si consente anche agli ipermercati di vendere la benzina. Si colpisce il "sindacato" delle banche quando si richiedono meno vincoli per la costituzione di una banca. Si colpisce il "sindacato" dei lavoratori dipendenti quando si liberalizza il licenziamento. Una liberalizzazione è tanto più efficace quanto più è potente e conta il sindacato colpito. "Colpire il sindacato" non è certo un atto violento. Significa solo equipararlo ad una libera associazione qualsiasi togliendo ad esso ogni privilegio. Mi sembra che da noi in Europa la strada sia ancora molto lunga e, probabilmente, non verrà mai percorsa per intero. Questo anche perchè molti sindacati godono niente meno che di una tutela costituzionale. ****************************************** ****************************** Tiè tiè tiè - cicca cicca - chi lo dice sa di esserlo - non mi hai fatto noente faccia di serpente - non mi hai fatto male faccia di maiale - specchio riflesso - chi lo dice è cento volte più di me - tanto poi glielo dico a mio papà e te vedi che fine che fai...grassone cicciobombo - ciapa su e porta a caa - pippirimerlo - ***************************** ******************************** ******************************************************************** ********************************************** *************************************** ********************************************* Lasciatemela risentire ancora la tenera eco. E' dolce ogni sera anticipare il sonno con una rilettura di questo paragrafetto recuperato come una pepita nello sterco dei vaffanculo forumistici. Lo recito ad alta voce per sgravarla come si deve da tutta la melmosa corporeità che contiene. E' un' orazione che vale la corona del rosario. Sei unica cara, resta con noi stasera, non andartene. Lasciati infilzare sul dorso dall' innocente spillone che ti fisserà nella bacheca custodendoti al riparo nei secoli. Adesso, che cali il silenzio e ognuno rilegga per conto suo. Chi vuole puo' anche dondolare la capoccia per darsi il ritmo ieratico. E' sempre bello sentire la nostra musichetta favorita, però questa volta vorrei cambiare solfa perchè, cari animali del forum, ho una bellissima novità da comunicarvi. Ascoltate un po' la telefonata che ho ricevuto giusto stanotte: "Amici, la vostra partecipazione al "Ma sentitela!" è stata commovente. Ho trovato che la cosa non poteva finire nel nulla, doveva essere valorizzata in qualche modo. E' con immenso piacere quindi che vi annuncio cosa bolle in pentola. Probabilmente sarà possibile mettere insieme un opuscolo o qualcosa del genere che raccolga tutti i testi migliori, la pubblicazione così assiemata uscirebbe con il titolo di, neanche a dirlo, "Ma sentitela!" nella gran parte delle edicole italiane in allegato alla rivista "Animali Rispettati" (Edizioni Panda). Un bel colpo nevvero? E allora alè, dateci dentro, voglio nuovi e creativi contributi, voglio che altri animali partecipino al "Ma sentitela!", vi prego, so che potete farlo: costringetemi all' imbarazzo della scelta". ibis. Ascoltarla mi manda nei matti. Giù al juke box del bar è la più gettonata. Ma va forte anche l' altro rintronato, come si chiama...quel Bobby. Minchia, quello va fortissimo, è un numero ogni volta che apre bocca... Ancora oggi mi sento mancare se ci penso, l' abbiamo scampata bella, vi rendete conto di cosa avremmo perso, del deprivamenteo di risate che ci sarebbe toccato. Fiuu se ci penso. Nasceva anche solo un anno dopo e sarebbe stato un aborto terapeutico. E adesso, prima del prossimo intervento, a voi il siparietto dei bolliti. Ocellotto. Ma sentitela di bel nuovo! Sembra una macchinetta in cui l' imprinting di qualche sciatto slogan regola gli ingranaggi e dirige le molle. Convinzioni del genere, senza ossigeno, senza spiragli, maturano sempre e solo in un cerebro conservato nel più dovizioso ermetismo che solo i laboratori più crudeli possono garantire. Che questo accada oggi in una landa un tempo civile, va denunciato ad alta voce. Dobbiamo denunciarlo tutti in coro, è un dovere sociale! Dobbiamo dirlo subito ad alta voce: il nostro proclama si farà monumento, anzi, si farà Castello, un Castello dai larghi bastioni. E fa niente se il Castello avrà ai suoi piedi un fossato dall' acqua inacidita con le deiezioni delle pantegane forumistiche dalla rogna più spessa. Pernice. Sentitela ancora una volta e poi ditemi se una così la Wanna Marchi non se la sarebbe scorticata con quattro telefonatine, pelle viva compresa. Amica mia dal candore stile Ace, quando alla tua porta busseranno gli uomini mandati per un controllo Enel, non tentare di pensare, non mettere in moto una batteria scarica e già smaltita da secoli in qualche discarica abusiva, non cercare un motorino d' avviamento che non è mai esistito visto che non ti sei mai avviata. Invece spingi, spingi, spingi veloce la tua carrozzella arrugginita verso il Beghelli e pigia, pigia, pigia più forte che puoi. Tordo. Ma sentitela!! Ma questo è l' alef di tutto il forum. Spegnete i computer, piallate i server rai, resettate le memorie, azzerate le RAM e le ROM. Non ci serve più niente di niente, sparite dal mio orizzonte. Lasciatemi sola con il mio testo sacro. Abbiamo qui l' alef che tutto contiene, che tutto riproduce, un alef morfologicamente proporzionatissimo. Tutti i caciaroni dibattiti forumistici si agitano e si aesauriscono pacificandosi là dentro. Migliaia e migliaia di ingombranti ore del palisesto radiofonico sono agevolmente compattate nell' aurea formula. Perchè disperdere la nostra attenzione sugli altri fenomeni naturali?. Là dentro ci stiamo tutti, ma proprio tutti, non manca nessuno. Intendo nessuno di coloro che viaggiano spediti verso l' inferno ostentando il loro ebete sorriso. Liocorno. I massimi teologi in convegno a Salamanca sembra abbiano decretato le caratteristiche dell' Anticristo che verrà: la sua personalità sarà stantia, bolsa, radicata in convinzioni da quattro soldi, a buon mercato, buttate lì e tenute su con lo sputo, pensate una volta nella vita per sistemare la faccenda una volta per tutte. L' anticristo ci tenterà con la sua superficialità svalutata, con la sua moneta falsa, ci pagherà con la moneta che accettano solo i pigri, ci parlerà con la voce sgraziata con cui si possono solo ripetere le parole dei pigri, ci ingabbierà nel torpore del suo convenzionalismo d' accatto. Insomma, vade retro riri! Locusta. Sì, io l' ho sentita ancora una volta. In effetti all' inizio uno si chiede se sferrare l' ennesima randellata, se sporcare gli attrezzi con del materiale umano, che poi bisogna star lì anche a pulire tutto sprecando un mucchio di tempo. E non sto qui a racontarti i rimorsi di coscienza. Forse è per questo che il nostro burattinaio ci invita costantemente a risentire e rileggere. Sì perchè, una volta riletto e riascoltato, non hai più nessun dubbio. Sei certo di trovarti di fronte a qualcosa di talmente sbiadito, talmente scialbo, talmente ignaro che non puo' che essere anche insensibile a tutto. E allora non hai più scuse, ti convinci e cumuli anche tu il tuo fendente. Ippocampo. Prima soffrivo di rigidezze, ma ora mi è passato. Ascoltarti mi rilassa, mi fa bene, più bene delle fave di fuca. La tue sono fanfaluche leggiadre, sembri una comparsa dapontina, mi pari uscita tutta saltellante da un "così fan tutte" (sottotitolo: "e quindi che colpa ne ho io"). Canti la tua aria senza tante arie: ci ci ci...ri ri ri. Questa nuvola di frivolezze scipite ha una sua musicalità, un suo ritmo, un suo swing non c' è che dire, mi fa battere lo zoccoletto, è un' ottusità molleggiata. E così mi chiedo e chiedo a te che sei l' esperta, quando ti butterò in discarica, dovrò riciciclarti con i materiali gommosi o con la semplice fuffa? Fauno Ma sentitela come freme d' inquietudine la capretta appena non percepisce più il calore dell' armento. Vieni, vieni capretta, vieni accosta alla foresta nera, fai ascoltare ancora il tuo belato sconnesso e perduto. E' una musica a cui ogni Satiro si bea, e con ragione. Sei sola con il tuo candore ora, e da sola, orbata della lusinga dei belati di massa, non sai che fartene di quel peso ridicolo. Sei sola di fronte al lupo armata solo del tuo stupido candore. Ti si legge negli occhi che lo daresti via per un fiorino. Sei solo una cieca canna sballottata da intemperie a te incomprensibili; consolati: ho un posto per te, mi serve un tono stridulo da aggiungere al mio flauto di Pan. ***************************************** ************************************************* Un Bargnìf è per sempre Il grande scrittore sopporta bene che il suo libro possa venir letto anche "contro" di lui. Quelle congetture audaci, che applicate all' opera del Mediocre si risolverebbero in un affronto provocatorio, intraprese sulla pagina del Grande possono invece trasformarsi in avventurose esplorazione di territori vergini che ci fanno toccare con mano un mondo inesauribile e complesso. E se proprio non ci credi...adesso te lo dimostro. *** Mi sono appena imbattuto nel pennello di un grande ritrattista come Fogazzaro, tra i Grandi del nostro Ottocento il più pronto a dissociarsi e a litigare con i suoi Personaggi. Ho appena riletto un capolavoro (PMA), e si dà il caso che sia stato proprio lui a scriverlo. Aaah, la setola che arma il suo strumento è tra le più carezzevoli ed espressive. Guardacaso le sfumature che ancora una volta mi hanno sedotto sono quelle utilizzate per dipingere un' imperturbabile Sciurissima: Madama la Marchesa. Secondo le intenzioni primigenie del Vicentino doveva trattasi di un rudere umano incartapecorito, che lui avrebbe voluto confinare fuori dal tempo relegandola nel suo muffo Piccolo Mondo Antico, un posto in culo ai marcescenti meandri lacustri dell' alta Lombardia. Operazione fallita. *** Che palle invece quando si passa a quel pistola del Franco Maironi, nipote stupidamente eccitato da uno sciagurato pensiero patriottico! ...Con tutta la sfilza dei suoi trasporti pueril-senili, gli occhi spalancati ma assenti, le rabbie vuote e chiassose, l' idealismo fuori tempo massimo e la follia ideologica. "...Non voglio sentire queste cose in casa mia! Non siamo mica in Piemonte qui.". Avremmo voluto diglielo noi al pistola, e invece ci ha tempestivamente preceduti la solerte Marchesa. Avreste dovuto vederla, ha pronunciato con la compassatezza del ventriloquo queste parole che infatti le sono uscite, già belle e cesellate, da "dentro il suo naso". *** E che gioia poi farsi aria sventolando le pagine illeggibili (quindi saltabili a piè pari) dedicate alla Luisa, la regina delle sciacquette nonchè, purtroppo, la favorita dell' Autore. ...Con tutto il suo terremoto di energie mal indirizzate, le verità inutili sempre nella testa (quando va bene), o più spesso in bocca (quando va male). Aggiungici pure i drammi posticci che attira su di sè come magneti, e hai fatto il pieno. E se le vuoi dare il colpo di grazia non dimenticarti di tutta quella religiosità che si affretta a mummificare vergognosa dentro il cuoricino. La liofilizzazione di questo nobile sentimento, con la letargia spirituale che porta con sè, è una funesta tromba che annuncia la malapianta Protestante. I due insopportabili quaquaraqua allungano la broda della pagina con le loro iniziative inconsulte continuamente punteggiate dalle vuote corse su e giù tra Castello ed Albogasio. La piagnucolosa e persistente aratura di questi famosi sentieri è quanto di più stucchevole ci faccia trangugiare il romanzo. Viene buono ricordarla giusto per mettere a punto la gita fuori porta sui "luoghi fogazzariani"... [...occhio che per quelle strade dove "non si gira neanche un mulo" se incontri il torpedone Porlezza-Lugano ti prendi il torcicollo sparandoti 2 km di marcia indietro, oppure chiudi gli occhi sull' abisso e ti affidi alle schivate dei virtuosi autisti della tratta...]. Vuoi mettere la stura di asfissianti melensaggini che esce dal vacuo e scontato agitarsi di giovanotti nati-vecchi, a fronte della regale mutria di Madama, con tutto il labirintico intrico di ragnatele che la decora. La rugosa geografia che porta stampata sul volto ne fa un' eletta da sua Signoria il Tempo, e contro questa elezione s' infrangono impotenti le antipatie e le allusive condanne dell' Autore. Quanto più si mostra ingrugnata e quaresimale, tanto più rinfranca e distende lo spirito di chi la tocca. Lei appare...e subito spira la Breva a dissolvere le confuse uggie. Adagio il mio sguardo su quelle righe ed ecco che la giornata del Lettore prende senso di colpo. La sua vasta anima comanda i mondi su cui vuole regnare. La sua nobile figura è scolpita nel porfido delle montagne che sormontano il Ceresio. Osservandola intimiditi e da lontano la identifichiamo subito come Ricettacolo di Autorevolezze, concentrato di Responsabilità, Pietra Angolare dell' edificio familiare, Crogiolo di Probo Ordine Tradizionale (wow), Braciere di Fede ardente nella Provvidenza (aiutata...molto aiutata). Vera Reggitrice della Casa, in ogni rigo a lei dedicato ci istruisce sull' Arte del Comando. Il centro della sua concentrazione ieratica è al centro del suo sofà che è al centro di un Grande Mondo Futuro. Altro che Piccolo Mondo Antico, caro Fogazzaro. Con la sola marmorea fermezza della postura ci comunica e ci offre la bella necessità del saldo Fondamento Familiare, l' ineludibile bisogno del Baricentro Comunitario. Oriente per tutte le bussole, tara per tutte le pesate, diapason per tutte le orchestre. Vero "fastidio" provvidenziale che nessuna facile felicità regala al capriccioso. Il reticolo di storie non potrebbe esistere senza i suoi imperiosi "no che costringono a crescere". Persino quel pistola del nipote ribelle, che dovrebbe essere già cresciuto da tempo, finirà per trarne un qualche giovamento. Sua longa manus è il Pasotti, altra memorabile figurina da custodire gelosamente in un file protetto da dieci password. Nelle pagine più consumate (da me), il nostro Satrapo preferito ordina alla moglie storna con gesti convulsi. Nelle pagine più lise (da me), l' austriacante nasa prgmaticamente il popolino rigirandolo come un guanto con studiate domande in cerca di preziose dritte da servire poi sul vassoio alla Reggitrice. Due veri Bargnìf all' opera. La loro agnizione ha richiesto un secolo e mezzo, ma il Tempo, scorrendo, li esalta sempre più. Proprio mentre sbiadisce tutto il resto. Da quanto detto finora mi si perdonerà una piccola reticenza. Riferendomi al Fogazzaro, sostenevo più su di aver "...appena riletto il suo capolavoro...". In realtà, ormai si sarà capito, ho riletto i soliti 4 memorabili capitoli, gli unici che continuano a durare e dureranno per sempre. Per sempre. Il perchè ho cercato di spiegarlo fin dal titolo. *** P.S. Bargnìf: forma dialettale insubrica con cui si designa il Demonio nell' atto di tramare. ************************************************************** **************************************************** ****************************************************************** ****************************************************************** *************************************************** ************* **************************************************** **************************************************** ************************************************* ******************************************************************** "Lo strano Caso del Dott. Jekyll e di Mr. Hyde" Poichè è mia intenzione avere tutte le carte in regola per rientrare tra i "lettori moderni", alcune linee guida le debbo pur seguire. Per esempio, quella di riempirmi di bolle in presenza di una Allegoria. Oggi posso dire di essere in vista dell' obiettivo. Non appena nel testo mi capita di subodorare la presenza di una Allegoria comincio a soffiare come un mantice, a sudare come un culturista, a sentire una pervasiva spossatezza, ad afflosciarmi sulla pagina. Segue perdita di colpi & sensi. Alcuni sintomi sono allarmanti: le "orecchie" s' infittiscono, anzichè pensare al felpato assassino che sopraggiunge mi chiedo se ho spento il gas, il lembo di polvere sul libro s' ispessisce fino a pareggiare quello del comodino... Dopo una settimanella vissuta in queste ambasce procedo mestamente all' archiviazione. Sono un vero "lettore moderno", io. E' inutile, l' allegoria ormai non la reggo proprio, ne sento tutta l' artificiosità e l' inadeguatezza. Sono proprio un "lettore moderno" io. Da buon "lettore moderno", anelo al contatto incandescente. Il che puo' avvenire solo con la Realtà o con il Sogno. Non so che farmene di una alientante guaina protettiva sempre sospettabile di pedanteria didascalica. Noi "lettori moderni" non ne possiamo proprio più. Detto questo adesso pongo una domanda: e secondo voi, per ragioni del genere, dovrei privarmi del piacere che puo' dare una parabola come "Lo strano Caso del Dott. Jekyll e di Mr. Hyde"? Perchè lì dentro di puzze allegoriche ce ne sono parecchie. Urge rimedio. Un modo elegante per eludere l' ostacolo consistebbe nel fingere di appassionarsi alle diatribe ermeneutiche all' ultimo sangue che introduce puntualmente la presenza di uno sfuggente codice Allegorico. Insomma, recuperare la passione gettandosi nella mischia per fare cio' che in fondo piace a noi faziosi: schierarsi (schierarsi partecipando è molto moderno, quindi pretendo che sia consentito anche al "lettore moderno"). Segue esempio. ** Nella rutilante girandola in cui le nostre personalità si intersecano inseguendosi senza posa, sono isolabili curiose e sintomatiche asimmetrie. Facci caso. E' sempre il nostro lato benigno a prendersi cura di quello maligno, mai viceversa. I due elementi evitano di guardarsi frontalmente, è il primo che si protende alla conversione del secondo. Quest' ultimo invece si dà alla fuga criminale aprendo il fuoco su tutto quanto gli capiti a tiro. Per Chercheston la novella ha la finalità anti-manichea di illustrare questa regolarità persistente. Una vera legge di natura agostiniana. Altri, come Oreste del Buono, contestualizzano storicamente le vicende narrate sottolineando come questa missione del bene non sia altro che una ansiogena, subdola, interessata e maniacale difesa della Reputazione formale. Il Male non va combattuto e vinto ma solo occultato alla vista altrui, magari spingendolo sotto il tappeto. Nello "Strano Caso..." la frusta di questa ossessione puritana sollecita e giustifica ogni azione ed ogni sgomento dei protagonisti. Ora l' aut-aut è nitido. A questo punto, Signori, bisogna prendere partito e imboccare una delle due vie. Purtroppo (per fortuna!!) per scegliere oculatamente occorre anatomizzare in modo certosino ogni singolo rigo del testo in questione. Che vogliamo fare? Vogliamo fare di Stevenson un ritardatario moralista secentesco. Oppure vogliamo farne un profetico precursore di paranoie kafkiane? *** Detto sottovoce non m' interessa granchè il responso, ma accolgo con sollievo l' esistenza di un dilemma tanto profondo e insolubile (e "moderno"). Finalmente un delizioso pretesto per rileggersi avidamente tutto da cima a fondo senza sensi di colpa. *************************************************** +++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++****** **************************************** ****************************************** ***************************************** Uno che durò poco-- C' è da divertirsi a seguire i dribling, le finte e gli slalom che deve inscenare a Milano chi non ha voglia di lavorare. Specialmente se il lavativo è un soggetto talentuoso, se i potenziali incarichi fioccano molesti e la domanda di suoi servigi preme come una cappa asfissiante. Luciano Bianciadi era certamente persona corredata da un ingegno non comune. Era un maremmano emigrato sotto la Madonnina, durante il boom, nel vertice più palpitante del triangolo industiale. Ma sopratutto, per la gioia di noi lettori, aveva pochissima voglia di lavorare (e molta di destabilizzare). Una pigrizia incistata sottopelle. Bisogna spiegare meglio: aveva la fissa del lavoro inutile, lo fuggiva. Purtroppo, nei suoi momenti più ispirati, arrivava a teorizzare che quasi tutto il lavoro fosse inutile. Poi, per non costringersi ad una noiosa opera di scrematura, finì per trovare razionale fuggire qualsiasi lavoro. Poichè con queste premesse gli rimaneva parecchio tempo libero, penso bene di impiegarlo facendo daltare in aria la Montecatini. Questa esplosione, più che a un delirio ideologico, assomiglia ad una visione felliniana. La trincea ideale per combattere questa "Resistenza unilaterle a guerra finita" fu felicemente individuato nell' accrocchio di Bar e Osterie della Brera ambrosiana (esci dal Duomo, prendi a destra, poi sempre dritto, quando incontri le false zingare che leggono la mano sui tavolinetti, ci sei). Il suo libro della vita me lo sono letto questa estate sull' asciugamano, e ancora oggi lo devo sbattere per liberarlo dai granelli più raffinati dell' Adriatico. Poichè gli ingredienti ci son tutti, non c' è da meravigliarsi se seguire la narrazione della sua Vita Agra sia stato uno spasso. Però c'è un "però". Lo spasso ha raggiunto il suo picco scorrendo la "Nota Biografica Redazionale" che immediatamente succede alla Prefazione. Un po' precoce come acme. Attaccando invece il testo vero e proprio, dopo i primi capitoli, l' umore entusiastico si smorza leggermente fino a toccare, a volte, depressioni imbarazzanti in cui si procede col remo nella bonaccia. Come l' anonimo Redattore possa superare il blasonato Autore è mistero che merita indagare. Sono partito da una flebile traccia che mi aveva insospettito fin da subito: le modalità dela difesa preventiva e reiterata che il prefatore Carlo Bo faceva del suo pupillo. Parlandone Bo aveva una fissa che dalla smisurata pedana della sua Cattedra ci teneva a ripetere: un pericolo doveva allertarci su tutti gli altri, quello di scambiare l' agro toscano per un guitto satirico sempre pronto a metterla in burletta. Mai e poi mai prenderlo per uno che cerchi di fare del colore con effetti caricaturali. Questo qui era invece uno che dietro la cortina grottesca alza il suo urlo stridulo facendo vibrare una corda autenticamente esistenziale e gettando luce su un' intera epoca italica. La foga con cui Bo spingeva avanti questa recriminazione per pagine e pagine mi aveva impensierito non poco. Gli allarmi erano fondati. Procedendo nella lettura riscontravo come il libro perdesse sempre più quota allorchè l' Autore emergeva come un satirico sempre pronto a metterla in burletta, oppure come qualcuno che cerca di fare del colore con effetti caricaturali. Le urla esistenziali, nel frattempo, si erano rarefatte fino a sparire. L' Italia degli anni 60 giaceva avvolta in un cono d' ombra. Cio' non toglie, si badi bene, che quel toscanaccio anarcoide, sbarcato da queste parti a pascolare pigramente negli uffici delle case editrici, non sia riuscito a consegnarci un paio di acquarelli d' alta scuola nei quali illustra, una volta per tutte, il lato oscuro di noi ossobuchivori che pascoliamo indaffaratissimi negli uffici delle multinazionali. Basterebbe il profilo dei "Fannulloni Frenetici" a convalidare questa tesi: "...gente che non combina una madonna dalla mattina alla sera, e riesce non so come, a dare l' impressione, fallace, di stare lavorando. Si prendono persino l' esaurimento nervoso...". Purtroppo o per fortuna Bianciardi è un battutista fulminante. Cio' si accompagna puntualmente con una sorta di "fiato corto". In più, come tutti i pigri, guarda in tralice la lunga e faticosa distanza del romanzo. Dà il meglio di sè quando puo' inserirsi un po' parassitariamente facendo il controcanto responsoriale al discorso altrui. Da geniale clandestino s' imbarca nell' analisi di terzi per farsi trasportare, magari sabotandola lungo il tragitto. Le sue interpolazioni amarognole si abbinano meravigliosamente al tono ufficiale del dirimpettaio; è invece farraginoso se deve affabulare con un monologo che lo costringe a coprire ampi spazi. Cio' non è compatibile con la respirazione dei suoi piccolissimi polmoni. Il Redattore della "Breve Biografia" ha avuto l' intuizione di offrirsi come sparring partner, proprio cio' che cerca, rigenera e ispira uno scrittore del genere. La necessità di una Spalla veniva soddisfatta. Ogni intervallo della biografia ufficiale è costellato da felici battutine del nostro che sintetizzano eloquentemente il sentimento con cui sono stati vissuti gli anni di cui si parla. Esempio supremo il periodo di decadimento alcolista chiusosi con la morte. Veniamo informati che agli amici diceva: "...Sopportatemi. Duro ancora poco...". C' è un epitaffio migliore? P.S. devo precisare che ho svolto le mie considerazioni di lettore avendo sottomano l' edizione Bompiani della Vita Agra. ********************************************** *********************************************** Genealogie libresche Alcuni fenomeni incongrui opprimono con il loro mistero la mia vita parallela di lettore. Un certo istinto edipico informa certi miei comportamenti inconsulti. Non riesco sinceramente a spiegarmeli pur non rinnegandoli. Con calma cerco di fare mente locale. I libri stanno di fronte a me tutti allineati e parificati sullo scaffale. Ma quando poi ci guardiamo in faccia, sappiamo benissimo, sia io che loro, che non è certo una relazione egalitaria a collegarli/ci. Intricate parentele finiscono per disegnare un imponente albero genealogico tra le cui fronde è bello giocare e perdersi. Alcuni libri sono ricavati dalla costola di un parente ben identificato, altri fuoriescono dal combinato disposto di una pluralità ristretta, altri ancora hanno progenitori vaghi che comunque potrebbero essere vagamente indicati. Poi ci sono quelli usciti dal nulla che sono riusciti a crearsi una ristretta ma solida discendenza. Poi ci sono quelli che dal nulla sono usciti e nel nulla sono sterilmente rientrati. Non dimentichiamoci degli orfanelli. Potrei andare avanti. Alcuni Patriarchi sono stati particolarmente prolifici creando delle vere e proprie colonie che s' impolverano al loro fianco ben allineate sulle lunghe mensole dell' Ikea. Veramente adorabili questi nipotini. Quindi, si direbbe, venerabile il capostipite? Calma. Per essere più esplicito faccio un caso che deve intendersi come uno tra i tanti. ** Devo ammetterlo, oggi non posso più rinunciare ad espormi regolarmente alla sfiammata sulfurea di Antonin Artaud, come potrei esimermi dall' auscultare il suo formidabile rantolo gutturale? Chi puo' sottrarmi al raccoglimento indotto dalla sua farneticante profezia? Che gioia soccombere ad un simile plagio. Che spasso vederlo sfidare i dieci Comandamenti tutti in una volta! Che emozione seguirlo mentre si aggira come un animale ferito al ventre e ascoltarlo mentre spiega quanto brucia! Questa felice dipendenza mi è stata regalata a monte dalla lettura di un classico di Jacques Derrida: "La Scrittura e la Differenza", Einaudi editore. E' lì che scoprii Artaud. Devo ammetterlo, oggi non posso più rinunciare a perdermi con regolarità nel labirinto interrogante di Edmond Jabès. Non riesco a trattenermi, ogni tot. devo raccogliere i miei quattro stracci e farmi nomade con lui. E' un imperativo ineludibile: devo unirmi a lui nel suo sforzo continuo di spostare il confine, di svellere il cippo. Ammetto con ritrosia che anche questa felice dipendenza mi è stata regalato in principio dalla lettura di un classico di Jacques Derrida: "La Scrittura e la Differenza", Einaudi editore. Se poi la buttiamo in filosofia devo rivelare la fascinazione che ho sempre subito per lo specchio abissale degli sguardi reciproci così come lo descrive un "filosofo poetante" come Levinas. La sua tesa e convincente narrazione del volto altrui mi torna in mente come chiave di volta ancora oggi nelle situazioni più disparate. Ammetto a denti stretti che anche questa persona valorosa mi sia stata presentata da Jacques Derrida per tramite di un suo classico: "La Scrittura e la Differenza", Einaudi editore. Finisco anche se non è finita. Molti amori letterari sinceri e duraturi gli ho ereditati dalla provvidenziale giovanile lettura di un classico di Jacques Derrida. Il titolo è noto, trattasi de "La Scrittura e la Differenza", Einaudi editore. Oggi, gran parte del mio tempo, quando sono impegnato a scambiare idee sui libri letti, lo passo ad esaltare la potenza di fuoco di Antonin Artaud, lodo lo sbrego del suo artiglio, incito l' interlocutore a farsene uncinare le carni. A seguire non manco mai di portare alle stelle la Metafisica itinerante di Edmond Jabes, raccomando a chiunque di confrontarsi con l' irrequita insaziabilità di questo ispirato questionatore. Chiudo sempre con l' elevazione di un peana per Levinas, disvelatore sommo della nostra condizione terrena che si specchia al meglio solo nell' occhio animato del prossimo. Se poi avanza tempo non ho dubbi su come impiegarlo. Già mi vedo concitato e convinto redigere l' Indice dei libri dannosi che inquinano, intossicano e sviano un sano approccio alla lettura. E' con gioia che estirpo e scaravento nella polvere calpestandola freneticamente una simile gramigna. La graduatoria di questi testi corruttori delle tenere intelligenze è inaugurata da una iattura senza pari. Non so nemmeno se vale la pena dirlo a questo punto. Ma che lo dico a fà? Ovviamente trattasi di un classico di Jacques Derrida: "La Scrittura e la Differenza", Einaudi editore. ************************************************** ************************************************** ************************************************ ************************************************* **************************************************** ******************************************* *************************************************** ************************* ************************************* ********************************************** **************************************** Problemi giù in Archivio. Parini-Manzoni-Porta-Gadda-Chiara-Testori-Brera-Vitali+il "Perdonato dalle Lucertole"...di ciascuno di questi qualcosa ho letto. Ora, essendo questi scrittori "lombardi", mi chiedevo se avesse senso chiamarli "lombardi". Innanzitutto voglio precisare che non prendo in considerazione quei "lombardi" che hanno la pretesa di narrare storie manierate costruite con personaggi "universali" e intercampiabili. Mi limito a coloro che hanno piantato qui, in terra lombarda, il loro semino. Che l' hanno coltivato amorevolmente negli anni e che ci regalano la loro opera come se fosse il frutto maturo di quell' albero. In secondo luogo mi limito agli scrittori che ho letto io e per i libri che ho letto io. Pochini direi. *** L' unica cosa che ha prodotto il mio sforzo è un caso di serendipità: pensando (invano) ad un possibile elemento che fosse in grado di unificare questi autori me ne è venuto in mente uno in grado di discriminarli tra loro. Due categorie possibili: i "Pagani" e i "Cristiani". *** Difficilmente il personaggio dell' autore lombardo è un ateo pacificato. Un personaggio del genere offre pochi spunti. A questo punto,nei casi di "senza Dio" meglio ripiegare sulla variante del "pagano". Il "pagano" è un fauno talmente fiducioso dei suoi sensi da seguirli ovunque. A queste seduzioni della natura il pagano oppone resistenze ridicole, di pura facciata. Basta che la sua pelle sia sfiorata per farlo "entrare" in vibrazione. Il vero pagano è solo colui che vibra in perfetta armonia con il creato. O almeno lo crede. Il pagano è appagato nella sua immanenza. E perchè mai dovrebbe temere la morte? Non c' è esperienza più eccitante che farsi concime. Tutto bene quindi. Senonchè, di punto in bianco, inspiegata, fa capolino una punta di disperazione che richiede di essere affogata nel chiasso. Parini-Porta-Chiara-Brera-Vitali+ il "Perdonato..." mi sa che sono autori tutto sommato pagani. Forse, se Brera avesse scritto ancora un libro di narrativa, avrebbe varcato la soglia. Già dava segnali nell' Arcimatto più "estremo". Manzoni, Gadda e Testori (ci metto pure il vicentino d' importazione Fogazzaro) tengono alto il vessillo del "cristiano". Il "cristiano" aumenta la sua circospezione nei momenti di massima gioia e successo personale. Sa che "la roda la gira" e non si rassegna. Ossessionato da tutte le forme di contropartita- la sua visione è "retributiva" - coltiva un sentimento tragico che è anche un sentimento realistico. Si distende e gode solo quando riesce ad accettare la realtà del dramma e a vedere sempre più chiara la luce dello "sbocco". Di solito, purtroppo, questa accettazione richiede una tempra da Santo. *** Me ne andavo a spasso tutto felice con le mie categorie in saccoccia, quando ho preso dentro qualcosa e mi sono ritrovato a terra lungo e tirato. La pietra d' inciampo ha un nome e un cognome. Trattasi di quel maledetto vogherese, sì quello là, l' Arbasino Alberto. E dove lo caccio adesso quello lì? Ho appena letto "La Bella di Lodi", lombardissimo racconto, e non riesco a trovare una casella per lui nel mio schemino. Qualcuno puo' darmi una mano? *** E pensare che eravamo partiti così bene. Già dal primo capitolo il gioco delle ascndenze sembrava chiuso senza residui: trattasi di gaddian/proustiano. Il tipo eroico impegnato a riprodurre un virtusismo parolaio, faticoso e strabordante, pur di acchiappare la Realtà per la coda. Una realtà senza coda che non finisce mai. Uno di quei frustrati che si accorge a sue spese di come l' infinito kantoriano delle parole sia di grado inferiore rispetto all' infinito dei fenomeni naturali. E questo anche solo limitandosi ai fenomeni di supervice (lui ama ed è sedotto dagli smalti sberlucicanti). Eppure non si arrende, eppure ci prova lo stesso. E lo fa con una foga ipertrofica, tentacolare, spettacolare, entropica. Rotte, confuse, incasinate, urlate più che dette, di parole certo ne vengono fuori tante, fin troppe. Uno, insomma, che ci racconta bene il dramma che fronteggia lo scrivano fedele. Il dramma della prolissità, destinato a travasarsi presto dalla penna ai personaggi. Quindi un barocco, quindi un controriformista, quindi un "cristiano", facile. *** Calma e gesso però. Svoltate poche pagine la musica cambia e il Nostro comincia a sorpresa il tradimento sistematico dei Padri. Resosi conto di questo sforzo inane il vogherese... rinuncia!? Incredibile la faccia tosta di questo qua, anzichè imolarsi fa marcia indietro. Desiste dall' eroica impresa di inseguire e irretire i fenomeni. Che forme assume questa rinuncia? Facile, la prosa comincia a farsi frammentaria. La fiumana gaddian/proustiana si trasforma in scroscio intermittente. Il biancore degli spazi si diffonde, il corpo inchiostrato cede ad una immacolata desertificazione. La Realtà irrompe solo nella modalità sminuzzata del flash. La cronaca, prima impetuosa, ora ci viene rinviata scritta sui coriandoli. L' immenso spazio vuoto dove i coriandoli fluttuano, quello te lo devi riempire tu caro lettore (che invece volevi startene comodo in poltrona). L' avanguardia ha colpito ancora. Il frammento gaddiano si realizza per la resa di uno scrittore esausto, quello arbasiniano è un cristallo tagliente dalle geometrie scientemente calibrate. Non c' è mica bisogno di mettere tanti punti per triturare la narrazione. Basta anche solo cambiare voce ex abrupto. Cambiare stile. Così, senza pravviso nè ragione. Si strania tutto con una folla di interferenze (TV, film, canzonette, opera, jingle...). Si rinnega Proust per guardare Joyce? Mai capitato ad un Lombardo, detto papale papale! Illustrando poi meticolosamente le quinte di ogni scena Arbasino trasferisce a Teatro la sua storia. E il Teatro, si sa, rende tutto imbalsamato. Per di più è un Teatro che degrada prima nel tableau vivant, poi precipita addirittura nella bruta diapositiva. Sia per il "pagano" che per il "cristiano" non c' è nulla di nocivo quanto la narrazione per diapositive. Senza "continuità" tutto si fissa artificiosamente raggelandosi. Persino la Roberta e il Franco, i protagonisti di un amour fou (figuriamoci), si presentano alla fine come due merluzzi della Findus. Ma con questo gelo non si va lontano. Sopratutto non sei più nè pagano, nè cristiano. Le mie gabbie scattano a vuoto, l' uccellino fugge via. Non sarebbe poi un grave danno se la storia di Arbasino non fosse maledettamente lombarda. Era proprio l' uccellino che cercavo ed è scappato. *** Poi, in uno slancio pianificatorio sovrumano degno della mia natura di Archivista, lo ficco tra i "pagani" e non se ne parli più... ...non fosse che per tutti quei p.....i sull' Autostrada del Sole nuova di zecca. Contento io, contenti tutti. ********************************************** ********************************************** *********************************************** ************************************************ ************************************************* *********************************************** Libri che leggono altri Libri Ci sono alcuni libri che, per me, hanno un doppio valore. Primo, perchè mi piacciono e godo nel leggerli. Secondo, perchè mi hanno fatto riscoprire altri loro "fratellini" che dapprima mi avevano deluso. ** Quello che a molti capita con i Promessi Sposi a me capitò con Mobydick. Ripensando a quell' avventura direi che il "senso del dovere" è una qualità preziosa per il cittadino. Ma non per il lettore. E' il "senso del dovere", prima ancora della scuola in sè, a rovinarci molte esperienze di lettura. Per un malinteso senso del dovere, diversi anni fa, presi in mano Mobidick. Ma di mano mi scappò, tant' è che cadde in terra. Lo raccolsi ma cadde di nuovo. Il Capolavoro non si lasciava impugnare. Come mai? Sarà perchè quando i capolavori sono tali all' inizio della lettura anzichè alla fine, non si riescono mai a stanare e restano celati dietro spesse cortine. A nulla valgono torrenziali prefazioni, scrupolose note a piè di pagina, efficaci sintesi, originali percorsi critici. Sempre sfuggenti restano. Si direbbe persino che chi ci incoraggia verso di loro tema in segreto che anche noi si possa partecipare al godimento della bellezza. Quasi che la bellezza del capolavoro sia una torta data da dividere tra tutti. Per ciascuno che si aggiunge al tavolo la fetta si assottiglia. Nel frattempo Achab correva dietro la balena cumulando frustrazioni e io correvo dietro ad Achab ancora più deluso. In quelle condizioni cosa potevo fare? Mi dibattevo goffamente...impigliato nelle gomeme, ancorato dalle ancore, arpionato come un San Sebastiano, bloccato sulle sartie preda delle vertigini. Reso così il contesto, si puo' ben capire perchè arrivai in fondo alla mia impresa "doverosa" con spirito loffio e felicemente dimentico di tutte le pagine che mi lasciavo alle spalle. Ascoltavo distratto le urla di Achab in attesa della mia liberazione e la mia liberazione arrivò con l' ultimo rigo dell' ultimo capitolo. *** Quindici anni dopo, aggirandomi per librerie ormai lettore anarcoide privo di ogni "senso del dovere" e governato solo da istinti e curiosità transuenti, feci il mio incontro con la corrente pulsante del fantasmagorico "battezzatore" caraibico Derek Walcott. E' stata questa specie di "Oh Capitano, mio Capitano" che mi ha istruito su come cavalcare la salsa onda oceanica. Che mi ha insegnato a domarne la veemenza e a gridare con la giusta impostazione di voce: "all' abbordaggio!!" L' incessante filo di febbre che gli accende la pupilla, il suo verso informe, opulento e dilagante, mi ha convertito definitivamente alle sproporzioni della Parola Epica. Una parola gremita di ambizioni e che deve uscire sbrodolante dalla conchiglia delle labbra...ormai quella lezione mi si è fissata in testa con la solidità di una paranoia. Non pensavo che alla mia età potesse nascermi dentro questo ulteriore piccolo "io", un fratellino. Non te l' aspetti davvero di germogliare ancora in tempo di morte. Grazie a lui ho toccato con mano la dismisura di una lingua inventata apposta per nominare esseri che oltrepassano le nostre facoltà. ...Le Balene Bianche, tanto per dirne una. Tutto cio' ha avuto parecchie conseguenze. Per esempio: con uno spintone selvaggio sono stato ributtato a bordo del Pequod. Si (ri)salpa e si guadagna all' istante il mare aperto. Ma questa volta sento l' odore pungente di ogni alga nel cervello. La mia astenia di fronte alle pagine di Mobydick è un ricordo del passato. Sotto la paterna scorta dell' Omero negroide che mi siede accanto, trovo il coraggio per riprendere in mano il Grande Classico. E il Grande Classico si ridesta dal torpore prendendomi saldamente tra le sue bibliche mani. I libri di Walcott, tutti insieme, fanno ressa intorno spiegandomi per filo e per segno ogni paragrafo del Mobydick. L' egida della sua vasta mano negra si posa sul mio capino e io mi sento onniscente: capisco tutto. Lo capisco subito. Ormai mi hanno talmente "introdotto" che Achab è per me come un Fratello della Costa con cui spartire il bottino; la portentosa schiena del Capodoglio, invece, mi è talmente familiare che l' accarezzo con lo sguardo come fosse il mio pesce rosso vinto al luna park... Missione compiuta quindi: il Mobydick è letto con gusto, assimilato, metabolizzato e apprezzato. Quindici anni e anch' io ho stanato l' abissale e maligna bellezza di questo grande libro/balena. Valeva proprio la pena di aspettare per poter fare il viaggio più avventuroso con un compagno come il mitico Derek. **************************************** ******************************************** ********************************************* Intenzioni&Risultati. Un Bubbone Romantico-
"...Nino non aver paura di sbagliare un calcio di rigore non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore un giocatore lo vedi dal coraggio, dall' altruismo e dalla fantasia..." Lo "stupido" ci irrita, il "pedante" ci annoia, il "cattivo" ci deprime, il "calcolatore" ci inaridisce, l' "arrogante" ci indigna... Non è una gran bella compagnia in effetti, ma diventano subito dei simpaticoni se paragonati al peggio. E il peggio è colui che "sputa nel piatto in cui mangia". Mi chiedo perchè, nel mondo di carta della letteratura, quest' ultimo comportamento tanto riprovevole sia così poco rimproverato, se non quando si presenta in maniera sfacciata. Attribuisco la diffusione del malvezzo ad una degenerazione tipica del periodo romantico: il culto delle intenzioni. Secondo una certa teoria mai teorizzata, avere "buone intenzioni" giustificherebbe qualsiasi condotta. Le intenzioni maturano nella nostra interiorità. E, per i romantici, l' interiorità del soggetto è tremendamente importante. Anzi, è tutto. Se siamo puri là dentro, allora la nostra natura è sana, il nostro legno non è poi così storto, il tabernacolo che preserva le nostre essenze resta inviolato. *** Ma essere "ben intenzionati" non basta. Bisogna anche saper "sputare lontano". Spiego subito il nesso tra le due attitudini avvalendomi di una fresca e formativa lettura. Affiancato dal podcast, recentemente ho preso in mano Stendhal, e mi sia consentito di considerarlo, almeno nel mondo parallelo dei romanzi, uno degli autori che più ha contribuito a diffondere il bubbone di questa peste. La peste delle "buone intenzioni". Prendiamo l' eroe del libro che ho letto, ovvero: "Il Rosso e il Nero". Si chiama Jules, è palesemente oppresso da mille frustrazioni ma è anche infervorato da alti sentimenti che traspaiono con regolare intermittenza. Quando un "alto sentimento" si presenta lo riconosci subito. Non serve certo analizzarne il contenuto per identificarlo come tale. Se l' intenzione è nobile non manca mai di segnalare chiaramente la sua presenza, non importa di quanto sia confusa. L' oggetto di una simile intenzione passa immediatamente in secondo piano. Resta l' empito appassionato. Poichè Jules non è un tipo che si limiti a sognare tenendo sulle gambe il libro con le mirabolanti imprese napoleoniche, puoi star certo che passerà presto all' azione. E allora allaciatevi le cinture! Per "innalzarsi", si sa, ci vogliono i mezzi. E per procurarseli ci voglioni i "mezzucci". Pur di farsi largo il nostro non si asterrà dall' utilizzare traffici su cui ogni rigoroso moralista è in dovere di opinare. Intenerisce persino vederlo sgomitare mentre costruisce la sua carriera, mentre sale la piramide sociale, mentre traffica una promozione, mentre si arruffiana chi di dovere, mentre fa le scarpe a questo&quello, mentre si dedica anima e corpo al miglioramento delle proprie condizioni materiali, mentre vendica rabbiosamente le sue umili origini, mentre... Sulla sequela di ambigue vicissitudini che lo investono presto cala discreto ma esplicito il giudizio dell' autore. Trattandosi di un Grande Autore, sono formulazione che nessun rigo è in grado di accogliere, eppure le leggi ovunque a chiare lettere. Non sono nemmeno parole da sillabare, si tratta piuttosto di una certa gradazione luminosa che investe ogni pagina. L' esito si preannunciava e ne abbiamo conferma, il rampantismo di Jules è perdonato. Ne ha combinate di tutti i colori ma è perdonato. Il perchè è chiaro: non ha mai mancato di odiare scrupolosamente le bassezze di cui ogni volta si serviva. E tutto cio' mentre nel fondo del suo cuoricino custodiva inalterata la nobile e sognante ambizione di un esito finale che avrebbe di gran lunga riscattato le dubbie pratiche poste in essere. Non conta granchè che questa catarsi finale non si sia realizzata e non avrebbe mai potuto realizzarsi. E poi, diciamolo francamente, soggiogati dal magnetico influsso di Stendhal, ci interessa proprio sapere che l' esito negativo dell' intrapresa sarebbe stato facilmente prevedibile affidandosi ad un semplice "calcolo delle conseguenze"? Ma cos' è mai la capacità di "calcolare le conseguenze" di fronte all' inestimabile tesoro delle "buone (pure) intenzioni"?! Non che Jules eviti il "calcolo". Solo che, disprezzandolo, non lo conduce fino in fondo. Odia la triste realtà che il calcolo gli preannuncia. Preferisce abbandonarlo sprezzante quando cessa di recare gradite ambasciate. I gemelli di Jules fanno pressapoco tutto quello che fa Jules, hanno la sua stessa determinazione nell' affrontare con il coltello tra i denti quella lotta darwiniana che non è poi di molto cambiata nemmeno ai giorni nostri. Purtroppo capita loro ogni tanto, e la cosa è decisamente incresciosa, di perdere tempo in un rigoroso "calcolo delle conseguenze". Avete capito bene, sono dei miserabili "calcolatori integrali". Ma c' è qualcosa che è ancora peggio: non odiano i loro "calcoli". Non sputano sui mezzi che utilizzano. Nessuno scriverà mai un romanzo sui gemellini di Jules. Anche se il loro codice genetico è per il 99.9% simile a quello di Jules non potranno mai considerarsi "anime appassionate" o "anime sognanti". A loro manca "lo sputo" mondatore. Senza "sputo" saranno sempre dei borghesucci, dei "salvadanai viventi", buoni giusto per fare da sbiadita tapezzeria alle storie incentrate sui grandi "sospiratori" a cui è toccato in sorte di precipitare in questa valle di lacrime. I "gemellini" hanno la grave colpa di aver "calcolato". E "calcolare" senza schifarsi di cio' che si sta facendo è un nuovo peccato da aggiungere al decalogo. Dal maestoso Sinai della modernità discendono le nuove Tavole rivedute ed aggiornate. Stendhal è un Mosè che si incarica di recapitarcele nella loro forma più cristallina. Se solo i fallimenti di Jules lo avessero reso grottesco ed indifendibile avrei simpatizzato con lui e mi sarei associato al suo perdono. Se solo Jules fosse stato un' anima candida sprovvista di ogni strumento e intenta a perseguire con pura spntaneità delle pure intenzioni, forse mi sarei associato in una richiesta di perdono. Ma Jules è il peggio che il Romanticismo abbia prodotto: nobili intenzioni, dotazione intellettuale sopra la media e disprezzo per tutto cio' che ottiene ("mangia") non riuscendo a rinunciarvi. Disprezzo sempre ben in vista. Disprezzo con sputo incorporato e sempre pronto a scattare. *** In un recente "Damasco", Jaqueline Risset - un' ottima guida nell' intricato mondo della letteratura francese, purchè la si segua al contrario - ha rivelato, raggiante di ammirazione, il padre nobile di tutte le "anima appassionata" (o "anime espettoranti"). Si tratterebbe niente po' po' di meno che del filosofo tedesco Nietzsche. E chi era mai il suo "Superuomo" se non un animo elevato dalla purissima intenzione scevra da ogni calcolo meschino? Se proprio i "Romantici" non possono essere considerati gli unici untori della peste di cui sopra, aggiungiamoci come sovrappiù la cultura del protestantesimo. Ma lì è già un' altra storia, e Stendhal non ha più niente da dirmi. ********************************************* ********************************************* Alberto, se ti è capitata la malasorte di imbatterti nel cotè più astruso del Nabokov narratore, allora, per spurgarti, ti consiglio il Nabokov critico letterario. Questo qui è di una semplicità disarmante. Butta qua e là alcune osservazioni stilistiche che, a te lettore, germogliano dentro. Ti ritornano su come un pollo fritto, anche dopo anni. Per il resto si limita a riassumerti la storia narrata. Umile, vero? Credimi, non è cosa da poco poter disporre di un navigator efficientissimo che ti consente di muoverti nell' "Ulisse" o nella "Recherche" o in "Guerra e Pace"! Averlo condensato in una decina di pagine, poi, è come avere un tesoro. Tutte le sue "Lezioni di Letteratura" sono pubblicate da Garzanti. *** Caio, non ho mai sfogliato il libro che stai leggendo e quindi non posso esserti di aiuto. In generale non amo molto questo autore, anche se ne riconosco la genialità. Nel leggerlo in altre opere non posso dire di aver mai incontrato le difficoltà che ti hanno "scottato". Certo, il suo spesso è un mondo mentale, costruito sfruttando tutti gli inganni e le trappole dell' astrazione. Richiede anche una certa curiosità intellettuale vista la mole di stimoli che mette in campo. Solo chi è ancorato ad un realismo pedissequo puo' sentirsi in forte disagio. Non posso escludere che pigiando sull' acceleratore in quella direzione si finisca per fare esperienze estreme attraversando paesaggi sconcertanti e incomprensibili. Magari è il caso del tuo libro. Di sicuro è il mio caso quando ho preso in mano il Venerato Maestro di Borges. Ben più radicale dell' allievo, non si sa nemmeno bene se esista o di quante persone si componga. Sembra non sia mai uscito di casa. Parlo di Macedonio Fernandez. Dopo appena tre pagine del suo unico libro tradotto, vagavo stordito nella sala degli specchi senza nessuna speranza di trovare un varco. In fondo il Borges che ho preferito è quello depotenziato, ma anche più commestibile, che ci racconta i suoi colleghi in libri come le "Inquisizioni" e le "Altre Inquisizioni". ************* ***************************************** ********************************************** ********************************************** *********************************************** ************************************************ Proust col trucco. Premessa: la "Recherche" è un capolavoro, e se non ti piace la colpa è tua. Quindi vedi di darti da fare. *** Leggo Proust (Il Tempo Ritrovato), sono a pagina centoventitre. E mi annoio. Mi manca la "chiave", l' ho perduta, non l' ho mai avuta. Tra poco girerò pagina, un presentimento mi dice che continuerò ad annoiarmi. Ho cambiato quattro posizioni, ho anche tenuto le gambe alzate per favorire la circolazione. Ma il sollievo è solo momentaneo. Ho provato ad intrattenermi contando le righe dei periodi per stabilre quello più lungo. Ti giuro che per un po' è stato bello, poi è subentrata la noia. Ho tentato di "correggere" Proust con la matita rossa e quella blu, dicendo "io avrei scritto così e così anzichè cosà..." - un' idea di Lucentini. Per un po' è stato bello, ma poi è calato il tedio. Forse potrei usarlo come punteruolo per introdurmi nei misteri della psicanalisi. Ma come! gli psicanalisti tentano di rivitalizzare il loro cadavere volgendosi alla letteratura e io dovrei fare l' "originale" compiendo il tragitto opposto? Mi sono interessato alla sua biografia. Non è quasi mai uscito di casa. Se non per sfoggiare i suoi baffetti da sparviero in qualche salotto mondano, o in gran tour per fare un' abbuffata di quadri italiani. Non posso dire di aver palpitato nell' apprendere queste notizie. Mi metto di buzzo buono e comincio a leggerlo come fosse un febbricitante mistico dedito all' estasi estetica. Ma poi mi ricordo che la letteratura mistica, letta senza la giusta vibrazione spirituale già in corpo, è una delle più noiose che esistano. Siccome sono una capa tosta, tengo il punto, non mi arrendo e non mi risparmio. Serbo alcune strategie che non esito a giudicare azzardate pur di riesumare e rivitalizzare questa salma gelata. *** Provo adesso ad immaginarmelo come Filosofo anzichè come Scrittore. Subito il Nostro cessa di essere un raffinato indagatore di sfumature psicologiche per trasformarsi in un implacabile descrittore delle più occulte micro-fenomenologie. Ma anche così non funziona. E perchè mai il Filosofo dovrebbe essere meno noioso dello Scrittore? Semmai lo è di più, visto che alla ridondanza impressionistica assommerebbe la pedanteria dei protocolli. *** Ora provo a farne un autore di "fantascienza". Le sue storie sarebbero ambientate nel "Mondo senza Lavoro", quello che sognano e prefigurano molti sociologi italiani. Questa immaginazione fallisce perchè, in fondo, già molti altri autori si sono ipelagati nel milieu di un' aristocrazia sfaccendata. E' vero che questi continuavano ad assegnare un ruolo di primo piano alla "cura della rendita", o alla salvaguardia dell' eredità. E' vero che desiderio impellente dei grandi non-lavoratori della Letteratura è quello di lavorare, e quindi sempre di lavoro o di progetti di lavoro si parla (con la Roba che incombe, sul proscenio o dietro le quinte non fa molta differenza). E' vero che mai nessuno è riuscito a creare quel vuoto complesso ma privo di economie materiali che solo Proust evoca con successo. Fa niente. La sensazione di dejavu che rende tutto più stantio resta, e manda a remengo anche questo sforzo. L' unica conseguenza interessante di questa ipotesi è quella di sortire l' effetto contrario. Anzichè proiettare le storie del dandy alla distanza siderale di galassie fuori mano, me le avvicina finchè me le ritrovo sotto casa. Ascolta se non è vero. Sarà l' alea, sarà il molto tempo libero di cui oggi disponiamo, ma molte delle discussioni proustiane, all' apparenza ridicole e senza oggetto, assomigliano parecchio a quelle che hanno impegnato gli svaccati giovanotti della mia generazione post-moderna. Chi puo' intrattenersi per pagine e pagine a disquisire sulle varie posture assunte a letto nella fase pre-sonno? chi puo' catalogarle esaustivamente abbinando a ciascuna di esse significati personali e sorprendenti rimembranze fatte uscire dal cupo cilindro dell' es? chi puo' mai redigere con competenza di prim' ordine questo kamasutra con Morfeo? Facile, Proust. E adesso, chi puo' discutere su questo stesso sterile soggetto per ore ed ore, tenendo sempre vivo il discorso quasi avesse importanza capitale per il resto della vita (o anche solo del week-end)? Io e qualche altro scansafatiche di mia conoscenza mentre il Sabato battiamo l' ottava "vasca" pre-aperitivo. La parentela è stabilita. Ma a nulla vale visto che la noia continua. *** In questo momento sto provando a buttarla sullo stile. Mi dico "sei di fronte ad un testo unico, nessuno ha mai scritto in questo modo, nessuno ha mai concepito una simile nebulosa verbale che tutto accoglie e tutto fonde. Disgraziato che sei, ammira il vaporoso sensismo e il trionfo olistico della visione tattile, stupisci di fronte ad una simile rarefazione dei punti, e incantati subito al cospetto dei proliferanti punto e virgola...". Ma lo stile da solo puo' mai bastare? Non è forse solo il servile strumento per spingere con forza la realtà da inoculare nella cervice del lettore? Che me ne faccio di una simile catapulta se mi manca il Bocione con cui caricarla? Sinceramente non so se c' è bisogno di rispondere alle domande di cui sopra. Non lo so perchè, sia che si risponda sì, sia che si risponda no, io continuo ad annoiarmi. E allora, a che vale? *** Ora mi viene un' idea. Chi più dei personaggi proustiani potrebbe togliermi dalle canne? Non è forse il suo Narratore un artista in erba che ragiona sull' etichetta da osservare di fronte all' "opera" quando intratteniamo relazioni con essa? Saprà pure spiegarmi come si fronteggia un libro, come lo si rispetta, come lo si doma, come lo si mette a frutto, insomma, come lo si legge; saprà pure spiegarmi come tutte queste belle cose si possono e si debbono fare con il Suo di Libro. Senza contare che questa lezioncina sarebbe corroborata da una miriade di esempi pertinenti tratti dalla sua genuina esperienza personale. Ne uscirei arrichito, si scatenerebbero in me esigenze impellenti, numerose di domande si assembrerebbero alla bocca, sarei circondato da dubbi amletici che, nel tentativo di chiarire, mi costringerebbero a leggere con passione e zelo crescente la parte restante del Libro che ora pende inerte dalle mie mani. Sì, ma... Ma queste divertenti e fresche lezioncine, ora che ci penso, me le ha già impartite alla grande il tedesco Mann. Come tratteggia lui il dilettante appassionato alle prese con l' arte, non ha eguali. E' lui ad eternare per sempre la Corrida di Corrado, ad averci raccontato in modo definitivo il Natale, la Passione ed il Crepuscolo dell' inclinazione artistica. Che aborti divertenti e istruttivi sa narrare questo teutone! Kroger e Castorp hanno parlato ed hanno detto tutto sul tema. Per di più le sue lezioni si sono presentate da sè, in modo evidente e ineludibile. Non c' è mica stato bisogno di inventarsi strani forcipi per estrarle dal corpo dell' Autore. E siccome Proust non puo' essere secondo a nessuno - questo è poco ma sicuro, lo si vede, lo si sa, lo dicono tutti e una ragione ci sarà - non puo' nemmeno essere secondo a Mann. Quindi, anche questo è un vicolo cieco e, nell' essere senziente, impone una retromarcia rassegnata. Abbandono tutto e resto con la mia noia. *** Idea! Potrei prendere in carico le onuste pagine del capolavoro come fossero un raffinato repertorio di oggettistica vintage. Non ci si occupa forse di quel Tempo Ambiguo che è passato ma non passa? Parlo di quel Tempo su cui molta polvere si è già depostata ma che ancora non è assurto a dignità di Storia. Una versione nobile delle elencazioni necrofile di Arbasino-Nove-Fazio-Chiambretti. Sì ma, finchè si parla di...Jo Condor, Cicci Bum, Superchicken, Sbirulino, Oddo a Domenica Sprint, cera gray (eh-eh-eh), Cedrata Tassoni, Signor Bonaventura, freccie/corsari/pulcini neri (..."è un' ingiustiziaaa..."), Capitan Arlock, Capitan America, Capitan Miki, Gianconiglio, Si-Re-Si-Re-Si-Mi-Si-Mi, Monkeys, Supergulp, Gli Incontentabili, Disco Bambina-ba, Felicità-tà-tà, Zum Zum Zum, La leopardata Peroni, "...Troi-Deux-Un...fiiii...", Babaluba, Bidibodibu, Oliver Onions in Dune Buggy, bassotti poliziotti, Zighi zaghi, carne Montana (è fresca è sana), "...se la tua squadra ha vinto...se la tua squadra ha perso...", El Dindondero, Ambrosoli, Giorgio Bubba, Orzò-orzò-orzoro, Papalla, le marimbe di Bernacca, le marimbe di Magilla, Temistocle, Billy il bugiardo, "...e la pancia non c' è più...", "e tittinduntratto il coro", Hanna&Barbera (altro che Disney!), "...ma quanto è forte Tarzàn...", Autotopo & Motogatto... - finchè si parla di tutto questo e similaria, io c' arrivo e ti strizzo pure l' occhio complice. Ma me lo vuoi dire cosa c' entro io con le porcellane Mei arabescate, il coturno di Talma, le otto varietà di gelsomino della Piccardia, l' abito a botticella, i cofanetti di sandalo normanno, i sugheri impregnati, le malvarose, cachemire/raso/mussola, le altee, gli alabastri cinesi con in rilievo il volo delle gru, la disposizione ottimale dei peri nel giardino all' inglese, i velluti criptomeria, le rose color zolfo...? Cosa c' entro io? Io non colgo. Non distinguo nemmeno la fettuccina sky finta pelle dalla scaglia Dior di coccodrillo marino! Cosa vuoi che colga? E quando non colgo...mi annoio. *** Altro tentativo, potrei provare, mentre scrivo, a rubacchiare qualche trucco stilistico dal grande Maestro. Almeno mi sarà stato utile a qualcosa. Per esempio, ruberei volentieri l' uso massiccio dei "presenti contemporanei". D' altronde lui l' ha rubacchiato a Flaubert, potrò pure permettermi... E sai che soddisfazione! L' ho usato fino ad adesso il trucchetto dei "presenti contemporanei"...e non posso certo dire di essere attraversato dai brividi dell' ispirazione selvaggia. *** proverò a sfondare valorizzando l' aspetto più torbido delle vicende narrate. Per esempio, ma cos' è tutto 'sto via vai di omossessuali? Si parte dalle certezze, Charlus e Robert - con la pedofilia che fa l' occhiolino, e si arriva alle insinuanti ipotesi, Gilbert e Albertine. Mmmmm. Sarò condotto nel misterioso mondo della preferenza sessuale da una guida d' eccezione in grado di farmi intercettare il riverbero più delicato dell' emotività, quello che al fatidico crocicchio della scelta ti manda su una sponda (la wilde side) anzichè sull' altra. E sai che roba! Basta che accendi sulla Bignardi e nove su dieci sta intervistando un frocio, o ridacchia con ospiti che discettano amabilmente di inaudite perversioni. I "normali" sono vergognosissime mosche bianche impegnate a congegnare qualche falso outing che possa ancora destare interesse. No, la morbosità proustiana ha perduto ogni turgore e non ha più nessuna resa. Il mercato la respinge, roba da minorenni indietro con lo sviluppo. E allora la noia vince, occorre un diversivo. Fate presto! *** Devo ammettere che leggere Proust, NONOSTANTE TUTTO, è abbastanza noioso. Ma pensare a Proust è stato divertente. Scrivere pensando a Proust è stato ancora più divertente. Adesso sono troppo stanco per stabilire se le ultime tre righe che ho concepito siano in qualche modo significative. C' è una sorta di sovrasaturazione nelle cose su cui si è riflettuto troppo. Forse P. "deve" essere noioso. Forse fa parte della sua missione. Il suo azzardo nel mettere in fila il tempo senza imporre solide gerarchie agli istanti, l' utopia di chiuderlo nel libro conservando la sua compatta continuità, non puo' che generare noia... ...nell' attesa che si venga colti dal crampo dell' estasi, magari grazie ad una fortuita associazione che poteva annidarsi ovunque. E' quell' "ovunque" che impedisce di ordinare il mondo. Ti rendi conto? potrei essere vicinissimo alla soluzione senza saperlo!! Proprio ora che mi mancano le forze. Sarebbe terribile. Vago stremato con il mio testimone in mano in trepidante attesa di cederlo a qualche staffettista che completi l' ultimo tratto. ************************************************ *********************************************** ******************************************** ************************************** L' Immaginifico Fascista. ***intro In tema di libri, l' ultimo stimolante solletico sotto l' ascella non me l' ha elargito Fahre bensì Damasco. In una recente trasmissione lo scrittore D' Alessandro è riuscito nella facile e meritoria impresa di liberare via etere il carisma di Mr. Pound. Le sapide chiose, unite alla lettura ieratica del Canto 45 (o "Canto dell' Usura"), hanno compiuto il mini-miracolo radiofonico. In tutto il Belpaese, e anche nella mia casetta rossa, ha vibrato l' inconfondibile effondendo ovunque il suo classico accento: tonante ed ancestrale. E' la voce del tamburo suonato dalla tribù che ci scotennerà. Niente pastette con quell' Essere che mugghia da una grotta posta al centro della terra. ***volo Con il pullulare di narratori dal rigo sfumato e tremebondo - un rigo serpentello che si aggira circospetto nel bianco deserto della pagina, sempre dedito alle retromarce, sempre pronto ad aprire ovunque un' uscita di sicurezza - è una boccata d' aria fresca vedere all' opera chi quella stessa pagina la schiavizza asservendola all' alto proclama di cui è degno ambasciatore. L' incedere assertivo è un bulldozer che appiattisce le incertezze e schianta le titubanze del cervello moderno. Queste bordate che annichiliscono il perplesso ci arrivano da epoche remote, fuori dalla storia. Una parola ferma, scolpita, deliricizzata. Che è lì da sempre ma che solo ora si opacizza di fronte a noi. La sua solitudine la nobilita, non è appendice di alcun pensiero. Purchè arginata, anche l' incomprensibilità e l' arcano riferimento è funzionale all' effetto complessivo. Ti svuota lo stomaco, come un decollo problematico del Jumbo, come quando manchi un gradino in sogno. ***cronaca Dopo il primo quarto d' ora di trasmissione il drago già emetteva la sua fiamma più iridescente. E' stato allora che sono scattati tutti insieme gli allarmi rai. Il povero D'Alessandro, colto da un eccesso di zelo ha cominciato ad ammonire, ad avvisare, ad intimare, ad avvertire urbi et orbi: andava operata un' immediata, imperativa e radicale scissione tra l' inarrivabile Poeta e il fiero Nazifascista. E non parlo del fascistello che si limitò a firmare qualche circolare di troppo tanto per non mettere a repentaglio lo stipendio del 27. No. Parlo dell' entusiasta, teorizzante e tardivo aderente. Tardivo: quando ormai la maschera del mostro era giù calata da molto e il peggio del peggio era già alla luce. Secondo D' Alessandro la "scissione" è possibile. A dire del conduttore infatti, dimenticarsi completamente della nefanda esistenza di questo orco non avrebbe inificiato in alcun modo la lettura della sua opera. D' altronde il concetto di "Usura" puo' essere ricondotto al concetto più tranquillizzante di "Sfruttamento dell' Uomo sull' Uomo", di dominio dell' economia sulla bellezza. Il contrario dell' "Usura" è quella Libertà creativa attraverso cui ogni spirito umano si compie appieno rompendo le catene del bisogno ed entrando in magica armonia con la natura. Il canto 45, di conseguenza, non è altro che l' espressione vivida di questi concetti fatta in uno stile fino ad allora inaudito. ***paradosso Ma, mi chiedo io - anche prendendo il messaggio poundiano così rielaborato...anzi, ancora di più se lo considero precisato come sopra - esiste forse un contenuto migliore per un Canto Fazzista? No, le due cose si sposano meravigliosamente assistendosi reciprocamente in un Matrimonio da sogno dove tutti vissero felici e contenti. L' occhio sbarrato del Poeta intento a pronunciare parole definitive, la possente scultura del suo pennino, la voce pindarica così versata a dire l' apodittico, la postura marmorea e impettita, me lo fanno collocare - nel mio immaginario - su un balcone di Piazza Venezia che stia almeno dieci piani sopra quello dell' adorato Duce. Dieci piani sopra, ma il condominio è quello. ***esempi Faccio qualche parallelo. Se mai esiste anche l' ispirazione del ricevente, allora confesserò che il memento della fine di Hendrix mi corrobora un casino mentre resto esposto alle sue performance. Il solo di Woodoo Chile mi teletrasporta in un cesso della Centrale dove un eroinomane è in preda ad orribili spasmi testoriani. Ma per dare nitore ad un simile trip, bisogna che Jimi impugni sia la stratocaster che la siringa. E perchè mai dovrei rinunciare a sorreggere la mia ammirazione per Majakovskij rinunciando a pensarlo come un selvaggio comunista in preda a deliri rivoluzionari? Sento che questa rinuncia mi nuocerebbe e mi renderebbe meno ricettivo! Che mi farebbe notare perfino un certo suo semplicismo che fino ad oggi ho volutamente trascurato. Potrei continuare all' infinito, ma se non mi sono spiegato con i pochi ed eterogenei esempi già prodotti non riuscirei mai a farlo. ***cadenza A volte ho l' impressione che Pound si sia dedicato alla meticolosa accumulazione di colpevolezze per far esplodere più fragorosamente il suo meraviglioso petardo. E chi siamo io e D'Alessandro per sabotargli questa sfolgorante ed efficace scenografia? ***************************************** **************************************** *************************************** ******************************************** ********************************************** Non so quanto il mio ritardo sia colpevole, di sicuro è mostruoso. Ad ogni modo provo lo stesso a ricambiare gli auguri, spero non cadano nel vuoto. ********************************************** ************************************************* ************************************************** ************************************************* *************************************************** ***************************************************** L' immagine del "lettore di libri" che mi viene in testa istintivamente, non collima molto con quella di Ferguson. La mia impressione è che purtroppo i libri si coniughino male con la vita reale, e chi si dona anima e corpo ai primi perde gran parte del controllo sui gangli nevralgici della seconda. Quando lascio una lettura particolarmente intensa mi sento sempre un po' spaesato, mi sento vittima di una qualche menomazione. Le strade della vita reale sono finalmente mie. Eppure mi accorgo che sto zoppicando, e la colpa, ahimè, è proprio di quelle letture troppo coinvolgenti. Questa diffidenza non migliora se guardo ai "forti lettori" che nel loro mondo hanno una fama consolidata. Capita che costoro abbandonino il loro cantuccio claustrofobico per regalarsi un periodo di estroversione sul mondo comune. Magari in politica, o come commentatori giornalistici. Eccoli allora sbandare paurosamente. I loro esiti sono piuttosto sconsolanti. La loro "zoppia" è macroscopica. D' altronde è cio' di cui parlavo (con nomi e cognomi) più sotto, nell' "Apologia della Torre d' Avorio". *** Per produrre una lettura intensa si richiede un certa capacità di distacco. Non a caso nel "vero lettore" si è evoluto un organo particolare. E' questo un organo in grado di secernere una singolare sostanza dalle proprietà isolanti. Come una crisalide, il "vero lettore" si avvolge e si separa da tutto grazie a questo potentissimo anestetico. Ma l' organo di cui parlo è vittima dell' usura e ben presto si guasta. A quel punto gli inconvenienti si moltiplicano. Non sempre infatti lo si puo' tenere sotto controllo, capita che continui a lavorare indefesso anche dopo che gli si è comandato lo "stop" di rito. Che continui a lavorare anche quando sei in compagnia di altri. Tu dici "stop", "stop!", "stooop!!", ma lui niente. E allora sono guai. *** In conclusione: per leggere bisogna rinunciare a molto. E il molto a cui si rinuncia è in gran parte costituito dalla strumentazione (lucidità, tempismo, istinto, empatia, carisma, ricchezza...) idonea ad esercitare un certo ascendente sul prossimo. ************************************************ ************************************************** ********************************** ********************************************************************************************************************************************************************************** ******************************************************************** *************************************************** ************************************* ******************************************** *********************************************** L' Europa dorme e molti anche qui nel forum sono impegnati a cantare a squarciagola la Ninna Nanna. Ascoltiamo loro visto che l' Idomeneo di Mozart non è possibile ascoltarlo. Sembra che i Mussulmani riescano sempre più ad imporre anche qui le regole censorie che vigono nei loro paesi. Oggi sono il 5-10% della popolazione. E quando questi nostri amici saranno al 20%-30%, come peserà questa cultura che tanto a lungo ha vietato la rafigurazione di esseri viventi e che ha sempre tenuto in sospetto la stampa? Lo scrittore Sebastian Vila Rodriguez individua provocatoriamente un punto di svolta culturale nella tragedia tutta europea di Auschwitz: l' Europa perde 6 milioni di ebrei, il popolo più incredibilmente creativo in circolazione (0.02 della popolazione, 20% di Nobel) per sostituirli nel corso della fine secolo con i 20 milioni di mussulmani, popolazione spesso violenta fanatica ed ingrata. ********************** I poveri pagano meno e i ricchi pagano di più. Bello dirlo. Quando una tassa viene istituita chi sarà poi a pagarla? Non bisogna confondere chi porta i soldi all' esattore con chi sopporta effettivamente il costo di quella tassa. Il ricco viene tassato e aumenta i prezzi per recuperare almeno in parte l' uscita che ha avuto. Il povero subisce questo rincaro. Ecco un caso in cui la "tassa sui ricchi" viene pagata, in buona parte, dai poveri! Altro esempio: viene aumentata la tassa sui profitti societari e la Dell apre uno stabilimento a Montpellier anzichè in Piemonte. A pagare sono i disoccupati piemontesi (presumibilmente poveri). Ecco un altro caso in cui i poveri pagano una tassa destinata ai profitti societari. Troppe tasse, niente panfilo. Il mozzo (che con il suo misero stipendio manteneva anche la nonna vecchia e malandata) si ritrova per strada dando il suo contributo nel pagare la tassa sugli yacht. Si potrebbe continuare all' infinito. Anche con esempi di segno opposto, ovvero di come i ricchi godano delle minori tasse imposte ai "poveri". L' "economia fiscale" è una delle più complesse che esistano. Il meccanismo del trasferimento d' imposta impedisce di vedere chiaramente su chi gravi effettivamente una tassa. Mi scuserete quindi se mi viene un po' da sorridere quando in questi giorni si sente dire "i ricchi pagheranno più tasse" oppure "diminuite le tasse ai poveri". Visto il tema di qusto thread aggiungo, avvalendomi di un esempio, un' ulteriore difesa dell' evasore. Grazie all' evasione di una tassa è possibile praticare prezzi bassi a tutto vantaggio degli eventuali acquirenti poveri che ne traranno vantaggio. E magari ne subiranno un danno i ricchi concorrenti dell' evasore. L' evasore come Robin Hood: toglie ai ricchi per dare ai poveri (trattenendo per sè una % infinitamente inferiore rispetto a quella delle burocrazie welfaristiche). ********************************************** ********************************************* ********************************************** ******************************************* ********************************************** ********************************************** Come smontare il mito dell' evasore/ladro. Leggendo il forum ogni tanto capita di imbattersi in chi sostiene che l' evasore sia un ladro. A prima vista questa affermazione fa sobbalzare. Eppure è sostenuta da molti, sebbene non sia quasi mai spiegata. Devo subito aggiungere che le intelligenze migliori del forum non sembrano cadere nel trappolone. In fondo la confusione mentale su questo punto è più che giustificata: siamo stati tutti educati e circondati da strutture che campano grazie alle tasse ed hanno un interesse diretto a dare per scontato il giudizio di cui sopra e a propalarlo. Esempio: quando Padoa Schioppa dice che l' evasore è un ladro bisognerebbe intendere: "chi non paga il mio stipendio è un ladro". C' è puzza di conflitto d' interesse. La sentite anche voi? Tento di sostituire alle "schioppettate" della politica accecata dagli interessi di parte, un ragionamento rigoroso e neutrale con premesse facilmente accettabili da tutti. La strada da percorrere per dimostrare l' infondatezza del giudizio di cui sopra è piuttosto facile e breve. Basta fare 10 passi.
1 passo Innanzitutto l' evasore non puo' essere equiparato allo statale fannullone: il secondo non rispetta un contratto, il primo non intende stipularlo. La seconda opzione è legittima, la prima no. Lo capiscono tutti (tranne Sinibaldi).
2 passo L' evasore difende la sua proprietà da un attacco fondato sulla violenza fisica. E' forse questo il comportamento tipico del ladro? Ovviamente no (assomiglia di più al comportamento di chi si difende da un ladro). Anche qui non dovrebbero esserci obiezioni.
3 passo Qualcuno sostiene che l' evasore sia uno "scroccone" poichè usa, per esempio, una scuola (o una strada) che non contribuisce a finanziare con le tasse. Ci sono almeno due motivazioni oggettive per cui anche questa affermazione è infondata. Prima di tutto ricordo che lo scroccone è colui che sfrutta opportunisticamente qualcosa che appartiene a qualcun altro. Ma la "strada pubblica" non appartiene a nessuno! Per capirlo bisogna fare una premessa. Cos' è una strada pubblica? E' una strada la cui costruzione è finanziata dalle tasse. Ora, che le tasse siano un' estorsione è abbastanza evidente e pacificamente ammesso. Basta pensare di cosa stiamo parlando: un tale si presenta armato da Tizio proponendogli il cosiddetto "contratto di Corleone" (o patto fiscale). Il "contratto di Corleone" ha questa struttura: se Tizio ci sta, bene; se non ci sta, viene dato corso alle minacce e alle violenze del caso finchè tizio cede e, quello che si presentava fittiziamente come un contratto, si trasforma in cio' che è in realtà: una pura e semplice coercizione. Chiamiamo pure "ladro" l' estorsore (anche se tecnicamente non sono la stessa cosa: in genere l' estorsione viene ritenuta un aggravante del furto) e chiediamoci quanto segue. Se il ladro successivamente acquista qualcosa scambiandola con la sua refurtiva diventa forse un legittimo proprietario di cio' che ha acquistato? No, ovvio. Una conseguenza è la seguente: sottrarre ad un ladro la refurtiva o cio' che ha acquistato con la sua refurtiva non è mai un furto (es. il sequestro dei beni ad un mafioso acclarato è forse un furto?). Anche questo lo capisce chiunque. E anche in questo caso giungiamo alla conclusione di prima: l' evasore non è mai un ladro. La cosa è tecnicamente impossibile.
4 passo Qualcuno ha obiettato che i beni "consumati" dall' evasore siano sottratti al patrimonio destinato a risarcire coloro che hanno subito l' estorsione fiscale. L' argomento avrebbe una qualche plausibilità, ma solo nel caso in cui una simile procedura di risarcimento fosse avviata. La prima risposta quindi è semplice: una simile procedura non è mai cominciata, non è alle viste e, direi di più, è impossibile. E' un po' come per il fallimento. Le azioni revocatorie sono legittime solo all' interno della procedura fallimentare. Nell' impossibilità di risarcire, la refurtiva viene considerata "bene di nessuno", un po' come l' oggetto smarrito di cui sia impossibile ritrovare il proprietario. Di conseguenza il problema non si pone. Una seconda risposta (a questo punto pleonastica)verrà esplicitata indirettamente ai punti 6 e 7. Vedremo come uno dei massimi danneggiati da risarcire potrebbe essere proprio l' evasore.
5 passo Non prendo nemmeno in considerazione chi sostiene che noi siamo legati da un accordo che si sostanzia nella Costituzione. Certo, se fosse davvero così le cose cambierebbero. Ma questo accordo non esiste nella realtà. Tutti lo vedono, anche coloro che lo rivendicano (infatti, quando parlano con rigore, devono dire "facciamo finta che tutti gli italiani abbiano stipulato..." [contrattualismo]). Mi sembra che si possa procedere oltre e non perdere tempo.
6 passo Veniamo ora a qualcosa di un pochino più sofisticato (lasciamo le scuole elementari ed entriamo in prima media). Teniamo a mente l' accusa che l' ingenuo rivolge all' evasore che utilizza una strada pubblica: "scroccone"! In questi casi bisogna osservare come all' evasore venga "imposto" un determinato servizio attraverso la privazione delle alternative. E' il fenomeno che gli economisti chiamano "spiazzamento". Es. la scuola pubblica "spiazza" le private, come dicono gli studiosi. Se non ci fosse il pubblico ci sarebbe il privato. Ma siccome c' è la concorrenza sleale del pubblico, il privato sparisce limitandosi a tappare i buchi del colabrodo. Se non ci fosse la strada pubblica ci sarebbe quella privata. Ma questa strada, in presenza di quella pubblica, non c' è perchè ha subito uno "spiazzamento" di natura violenta da parte di un operatore (stato) che, avvalendosi dello strumento estorsivo (tasse+regole) fa concorrenza sleale (ovvero violenta). L' evasore prende quel che c' è, visto che le alternative che gli spetterebbero hanno subito un' aggressione violenta e non possono venire alla luce. Direi che la definizione di scroccone è ben diversa.
7 passo Non è finita qui. Consideriamo un danno ulteriore che potrebbe subire l' evasore. Se l' evasore fosse stato (controfattuale) il padrone delle strade "spiazzata", oltre al danno subirebbe una beffa. In un mondo non-violento sarebbe probabilmente stato miliardario, ma cio' gli viene impedito con un aggressione. Dopo tutte queste tegole che gli sono piovute in testa suona ancora più grottesco definirlo uno "scroccone".
8 passo Il bello è che la direzione dello "spiazzamento" non è prevedibile! Magari le risorse sequestrate per la costruzione della strada sarebbero state spese per vedere all' opera la band dove suona Matteo. Il miliardario sarebbe stato Matteo. Oltre a togliergli manu militari i suoi miliardi e la sua fama con che coraggio lo accuserei di circolare sulla strada?
9 passo Facciamo un esempio ancora più semplice. Matteo se ne sta nel suo salottino a vedere la TV. Un tale fa irruzione e con la pistola e costringe il nostro bel mantovano ad uscire di casa e a montare su una barca. Una volta in mezzo al Mincio Matteo prende a lamentarsi. Quello gli fa: "se non ti sta bene puoi sempre tuffarti e tornartene a casa". Matteo, che non sa nuotare, pretende di essere ricondotto a riva con la barca. Quello lo accontenta non senza brontolare e accusandolo animosamente di "scroccare" un passaggio. Vista la situazione l' accusa suona decisamente assurda! Il buon Matteo voleva semplicemente un' altra cosa (starsene a vedere la TV), lui gli ha imposto con la forza la sua volontà e poi, per il solo fatto che Matteo sfrutta la barca con cui è stato sequestrato, si prende dello scroccone!? Eppure questa accusa assurda assomiglia molto a quella che molti fanno all' evasore!
10 passo Ciascuno consideri il caso tipico della Mafia classicamente intesa. Se l' evasore è un ladro allora lo è anche chi si sottrae al pizzo. Ricordo sommessamente che i servizi di protezione offerti della mafia sono efficientissimi (nemmeno paragonabili a quelli statali). Se uno scippatore disturba la sera un quartiere "protetto", te lo ritrovi appeso al lampione la mattina dopo. Ma chi evade il pizzo in un quartiere "protetto" è uno scroccone? No di certo. Eppure a questa conclusione giunge chi si intestardisce ad equiparare l' evasore al ladro.
1 precisazione Attenzione, con ciò non ho dimostrato che l' evasore NON sia uno scroccone. Ho dimostrato che non si può dimostrare che lo sia. In altre parole, ho dimostrato che il giudizio: "l' evasore è uno scroccone" è infondato. Potrei anche pescare a caso nell' elenco del telefono e dire che Tizio è un ladro. Certo, posso dirlo. Ma non posso dimostrarlo. Anche nel caso di Matteo, Mr.X potrebbe asserire che Matteo, in realtà, voleva proprio farsi un giro in barca. Io non sono in grado di dimostrare il contrario. Posso solo dire che quanto Mr. X afferma non è dimostrabile visto che Matteo non hai mai espresso quella volontà.
1 soluzione Fortunatamente il problema degli scrocconi puo' essere risolto in modo brillante. In questi casi, infatti, esiste la "soluzione perfetta". Per essere sicuri che non esistano scrocconi basta evitare di imporre alcunchè a chicchessia.
epilogo Che l' evasore non fosse un ladro, in fondo lo sapevamo tutti e questa passeggiata di 10 passi era abbastanza prevedibile. In alternativa ci sono altre passeggiate interessanti. per esempio quella che ci spiega se "il pagatore di tasse" sia un "connivente". Ne propongo un' altra più avventurosa. Anch' essa si compone di 10 passi. Questa volta però il panorama è mozzafiato. Sarà possibile vedere (non dimostrare) l' evasore come un "pubblico eroe". Alla prossima. ************************************************************************************************************** ***************************************************************************************************************************** ********************* ******************************************************************************************* Dopo qualche mese sono venuto a conoscenza di una buona risposta al quesito originario di questo thread. Devo molto a Bertrand de Jouvenel (Sorbona, Oxford, Cambridge, Yale, Chicago, Berkeley) e al suo libro "Il Potere. Storia della sua crescita." (Sugarco). Lui la risposta l' aveva già formulata negli anni 70 dopo una lunga maturazione partita dalla guerra che lo segnò molto. Per Potere intende quella forza coercitiva in grado di ottenere la sottomissione (schiavitù) del prossimo anche solo con la minaccia. BdJ nota e descrive come nel corso della storia il Potere sia sempre più cresciuto. Le guerre dell' ultimo secolo hanno mobilitato e richiesto l' obbedienza di una moltitudine impensabile solo qualche secolo prima. Però c' è un' altro insegnamento che viene dalla storia: per trarre i migliori frutti da una persona sottomessa, specie sul lungo periodo, è necessario che venga "trattato bene", è necessario concedere a costui dei privilegi. Il Potere ha imparato e impara sempre più questa lezione. La risultante di queste due forze si riassume in una formula storicistica di questo tipo: nella storia la condizione di schiavutù è andata estendendosi, così come sempre più estesa è stata la consapevolezza di quanto convenga rispettare lo schiavo assicurandogli un trattamento sempre migliore. Certo le concessioni che fa il Potere riservandosi il diritto di revocarle quando desidera (cosiddetta libertà repubblicana) sono certamente un bene prezioso, ma sono ancora libertà? Una volta la libertà era un "fatto", aveva natura aristocratica, era il dominio che il Potere non era ancora riuscito ad invadere. Oggi le barriere sono travolte, il Sovrano straborda e la libertà ha assunto una dimensione artificiale: è cio' che il Potere onnipresente ci concede graziosamente dall' alto finchè non ci ripensa. ************** Amare la povertà puo' essere cosa degna. Anche se ho delle riserve. Ma quando questo sentimento si presenta scortato da quello dell' invidia, allora cominciano i guai. E qui, sotto gli slogan datati, trapela molta invidia verso il ricco. Secondo me si tratta solo di muffi socialismi (l' incartapecorito Manifesto potrebbe accoglierli) che sconfitti dalla storia tentano altri travestimenti pur provare ancora una volta l' ebbrezza di stare "dalla parte del torto". Con cio' non voglio certo dire che non rappresentino una minaccia e vadano tenuti sotto controllo con qualche sculaccione all' occorrenza. ******************************************** *********************************************** *************************************************** ******************************************* ***************************** ************************************* ***************************************** ***************************************** ******************************************* ***************************************** *************************************** In una Scuola che dovrebbe coltivare lo spirito critico, che è innanzitutto spirito critico nei confronti della legge, piomba come un macigno L' ORA DELLA LEGALITA'. Neanche nell' irregimentata Francia napoleonica o nella militarizzata Prussia Bismarkiana avrebbero potuto inventarsi qualcosa del genere. Il prossimo passo probabilmente sarà una bella raccolta di firme tra il corpo docente, simile a quelle di triste memoria, tanto per meglio identificare i dissidenti. Certo che se indottrini per bene la capoccina di chi è ancora acerbo puoi limitare i tuoi sforzi per convincerla quando sarà più matura. La logica del Potere non cambia nei secoli. Mi sembra proprio la via peggiore per dar fastidio alle mafie, visto che il pretesto sembra quello. Anzi, questi campioni riescono persino nell' ardua impresa di renderle più simpatiche. ********************************************* ********************************************* ************************************************ ************************************************* ************************************************** *********************************************** ********************************* ric, mettiamola pure così: quando parli non sempre ti capisco nè capisco, per parlare terra terra, dove vuoi andare a parare. nè mi interessa capirlo. consideralo pure un mio limite. buon natale Come se non bastasse ci si mettono anche le vacanze a dilatare il ritmo delle mie repliche. Nonostante questo spero che Valeria mi consenta di farle un po' le pulci. Ben inteso, non che io abbia qualche conto da regolare con te. Più semplicemente ti presenti come un buon soggetto per queste pratiche. Innanzitutto ti sento abbastanza distante da me. E la diversità stimola sempre il confronto. Poi mi appari come il prototipo dell' ascoltatrice di Radiotre, in te si cumulano la ricchezza e le lacune tipiche di chi rimane a lungo esposto ad una simile irradiazione. Infine sei sufficientemente "articolata". Altri che possiedono le prime due caratteristiche, nei loro interventi, si limitano ad un battutismo d' occasione (decisamente noioso, direi) oppure restano ancorati ad una reazione istintiva ma informe, travolti come sono da un' attualità giornalistica che li sommerge privandoli di ogni bussola che non sia quella dei pregiudizi ideologici. *** Veniamo al dunque. Dici, rivolgentoti a me: "...quando parli...non capisco dove vuoi andare a parare...". Se ti sei espressa correttamente questo atteggiamento scoprirebbe molto di te. Non saresti interessata a cio' che dico ma, piuttosto, a "dove avrei intenzione di andare a parare". E' l' atteggiamento di chi pensa: "...quanto dici mi appare corretto e non fa una piega, preferisco però astenermi da un giudizio poichè, se tutto cio' dovesse importare conseguenze spiacevoli che adesso non sono in grado di prevedere, un domani mi lascio libera l' opportunità di giudicare errato il tuo ragionamento sin dal principio...". Ma questo modo di pensare è tipico dell' opportunista! 1+1=2. Vero? Calma, vediamo se mi conviene. Oltre alla maschera che copre un certo opportunismo, cade anche la maschera che copre una certa ideologizzazione. Per dimostrarlo dovrei rimandarti all' ultimo paragrafo del mio precedente intervento. Cerco di arrivare a quelle stesse conclusioni per altra via. Dopo una battuta come quella che sto analizzando è inevitabile avere il sospetto che il tuo inconscio ti ispira dentro qualcosa del genere: "...quanto dice (ric) è anche accettabile e non fa una piega, ma per giudicarlo attendo di capire qual è l' ideologia con cui tenterà di accordare tutto cio'. Una volta che avrà detto la parolina (comunismo, nazismo, fascismo, liberalismo, laicismo, cattolicesimo...) tutto mi sarà più chiaro e reagirò di conseguenza...". *** Dici ancora, rivolgendoti a me: "...quando parli non sempre ti capisco...nè mi interessa capirti...". Questa affermazione, anche secondo me, potrebbe essere vera. Non è espressa però in modo molto corretto. Potrebbe essere vera poichè sarebbe coerente con un disagio, che avevo già evidenziato, a relazionarsi con l' "altro", tipico dei forumisti dai cui interventi si puo' desumenre una certa estrazione. Chiamiamola "progressista". Non mi sembra però un' affermazione corretta. La riformulo meglio: "...siccome non mi interessa capirti, non ti capisco...". *** Mi sono permesso di riformulare in questo modo per un semplice motivo. Poichè parlo come se fossi in una quarta elementare è abbastanza impossibile "non capire" punto e basta. Certo, puo' darsi che occorra qualche precisazione. Nessun problema, si chiede e si dà. E' impossibile "non capire" quando si resta su un piano tanto elementare, a meno che non ci sia una causa precisa. Per esempio, uno pensa di capire al volo senza nemmeno essersi riletto la discussione pregressa; per esempio, uno, per mancanza di tempo, non riesce a coordinare interventi che si susseguono a distanza di settimane, eccetera. Nel tuo caso, molto semplicemente, "non capisci" perchè non sei interessata. Lo dici tu stessa. Lo stesso motivo per cui mia nonna non imparerà mai ad usare un computer. Non gli interessa, non è motivata, ha già da pensare alla sua morte incipiente cosa vuoi che gliene freghi dell' alt-control-del. Naturalmente la mancanza di interesse impedisce di rileggere la discussione pregressa, di coordinare gli interventi succedutisi a distanza di settimane, eccetera. *** Gradirei però che tu non giudicassi cio' che "non capisci" e che nemmeno "sei interessata a capire". Sarebbe questo un atteggiamento quantomeno assurdo e infantile. Io, infatti, mi sono permesso di giudicare falsa la tua affermazione originaria: "...non condivido le tue premesse...", ma solo perchè ritenevo di averla capita e mi interessava l' argomento. Inoltre mi sono permesso di giudicare alcuni tuoi interventi forumistici paragonandoli ai miei ed evidenziandone le differenze sintetizzabili ne famoso "...Valeria ha più pretese di ric...". Ma cio' solo perchè ritenevo di averli capiti ed ero interessato a questo confronto. Mi sono permesso di fare delle congetture sulla persona, ma solo perchè le ritenevo fondate su una mia comprensione e mi interessava verificarle. Se uno non capisce e nemmeno è interessato a capire, molto semplicemente, non ci mette becco e trasloca verso dove sono i suoi reali interessi. Di solito i suoi reali interessi si trovano all' interno dell' accogliente e complimentosa "parrocchietta". ************************************** ******************************************** Caro relativo, forse hai assolutamente ragione. Secondo me, però, hai torto marcio, quindi hai ragione solo relativamente. ********************************************* ************************************************* ************************************************** ************************************************** *************************************************** *************************************************** Il tentativo di distinguere a priori un' "etica laica" da un' "etica Cattolica" è destinato a fallire, a meno che non si intraprenda un noioso discorso incentrato sui contenuti specifici. Anche i tentativi teorici fatti qui mi sembrano vacui: "l' etica laica è un' etica senza Dio". Ma che significa? Sembrerebbe la classica affermazione circolare. *** L' etica Cattolica, per cio' che riguarda la convivenza civile, ha la pretesa di essere ragionevole, è indirizzata alla ragione degli uomini tutti. In questo senso è perfettamente "laica" se questo termine ha un senso. La si puo' condividere o no, ma quello che è importante capire è cio' che ci chiede. Ed essa ci chiede di essere giudicata dalla nostra ragione (in piena autonomia). Forse che il Dio Cattolico vuole essere adorato da un' orda di schiavetti? Puo' darsi che questo valga in parte per certi protestanti, ma no di certo per tutti i cristiani. Il comando Cattolico, per cio' che riguarda la convivenza civile, ha la pretesa di essere ragionevole. Ovvero vale ed è giustificabile al di là del "Dio lo vuole". E questo proprio perchè Dio è BUONO e ha voluto farsi intendere da tutti. E' qui che sta la bontà di Dio, molto più che nel porgere l' altra guancia, come invece suggerirebbero i fondamentalisti (=letteralisti) alla Caramore. Per questo che meraviglia la meraviglia con cui si guarda al fenomeno degli "atei devoti". La cosa è del tutto naturale. Costoro accolgono le fondamenta ragionevoli dell' etica Cattolica sulla convivenza civile rimanendo agnostici sulla parte teologica di quel pensiero. Ai precetti ragionevoli che pone l' etica Cattolica viene dato un ulteriore fondamento divino. Ma, per la nostra discussione, questo non muta affatto la sostanza delle cose. Aggiungo che trattasi di un' etica formalizzata da un' istituzione che ha elaborato anche una teologia. Ma neanche questo, ai nostri fini, non muta di un' ette la natura delle cose. *** Se dico che Fassino è più alto di Brunetta nulla mi vieta di proseguire affermando che questa verità mi è stata ispirata, oltre che dalla ragione, da Manitù. E perchè mai dovrei sobbarcarmi l' accusa di fare proselitismo qualora cerchi di ricondurre un Tizio qualsiasi a questa stessa verità? ************ D' altro canto l' etica laica sanziona spesso severamente (e con violenza) la propria trasgressione. Cio' significa che ritiene di avere un saldo fondamento. Anche se questo fondamento non riceve la benedizione dei Vescovi. Si trasforma così in una "religione civile". *** Mentre tra noi a volte ci si accapiglia, tutto cio' è tranquillamente ammesso da fior di "laici", i quali sanno bene che il loro apparato teorico è solo una religione alternativa. In questo senso l' esempio storico della "chiesa" Comunista illumina. Ma cio' non deve suonare a disdoro, vale infatti anche per il molto più dignitoso "apparato kantiano", e per altri ancora. Un' altra Religione e nulla più dunque! Si tratta solo di una Religione priva di Tradizione (millenaria). Ma che significa? Di Religioni me ne posso inventare anche una adesso se voglio! Quante inutili discussioni si potrebbero evitare se questo termine ("religione") non facesse così paura. E anche a Valeria vorrei dire: se ritieni minimamente fondate le tue intime convinzioni, se ritieni di averle maturate in profondità, se desideri che gli altri le prendano sul serio, devi rassegnarti ad essere vista come una suorina. Magari di una religione tutta tua, ma pur sempre una suorina. Niente affato più "laica" di un Cattolico ortodosso. Il mito della "neutralità" laica è solo un ingenuo cedimento alla superbia di chi la professa. *** Il mio consiglio è quello di riservare l' epiteto di "laico" al solo discorso storico e trascurarlo invece quando si parla di idee. Solo farne la storia ha dunque senso, solo l'utilizzo al fine di identificare alcuni gruppi sociali è giustificabile. Provocatoriamente, potrei dire che, dal mio punto di vista fazioso, il "laicismo" nacque all' ombra della ghigliottina ed ebbe la sua massima espressione nel XX secolo essendo la radice delle guerre più bestiali dell' uomo (fredde e calde). In Italia lo avevamo già sperimentato nel secolo precedente grazie alle sue guerre di concquista (per esportare non si sa cosa e che comunque nessuno chiedeva) culminate (com è nel suo stile) con le cannonate su Porta Pia e una serie di espropri selvaggi. Ma questo è un altro discorso che qui è molto meglio lasciar cadere. ********************************************* ************************************************ ************************************************* A proposito del dibattito tra "austriaci" (Shumpeter è un austriaco anomalo) e classici. Per un austriaco sono proprio le rendite del monopolista a finanziare (indirettamente) l' innovazione. Per questo un austriaco non combatte i monopoli naturali ma solo quelli legali. Per questo predica come unica misura antitrust l' abbattimento delle barriere in entrata. Se internet è diffusa, vivace e innovativa lo si deve anche all' insoddisfacente offerta sul mercato dei media. Dire che la "exit" esiste e si chiama internet significa farla piovere dal cielo. Io non penso che l' innovazione (la soluzione di tutti i problemi) sia sempre un dato esogeno. *** In ogni caso la vena polemica del mio intervento precedente era un po' diversa. Non mi piace l' approccio per cui si stabilisce un mondo ideale (risultato finale), dopodichè si giudica se il sistema e gli agenti sono in grado di raggiungerlo. Un soggettivista deve condannare un simile approccio. Poichè le preferenze (forma, intensità) dei soggetti non sono conosciute a priori non ha senso ipotizzare in partenza un mondo ideale. ric *** ********************************************** ************************************************** Piccola Storia Recente del Forum Posso avere empatia per i sentimenti di Albi ma non condivido affatto la sua ricostruzione che invito tutti a rileggere. E anche Valeria a volte prende dei granchi che spianano la strada al teppismo forumistico. Mi spiego meglio. Tanto per cominciare sarebbe vano da parte mia negare che in genere nelle varie discussioni forumistiche si formano due fronti. Diciamo, uno più tradizionalista ed uno più progressista. E' questione sia di idee che di sensibilità. Facciamo dei nomi tanto per capirsi e sempre tenendo presente che si tratta di una considerazione all' ingrosso. Nel primo potrebbero militare: Davide, Sil, Bardamu, Verity, Regina, Herandez, Paolo, Massimo M., Vlad...chiamiamolo schieramento A. Nel secondo vedo invece: Valeria, Matteo, Riccò, Diana, Albatro, Alberto, Francy, Zoll...chiamiamolo schieramento B. Ad un certo punto e successo "qualcosa". Secondo la mia diagnosi la causa del "qualcosa" è stata la chiusura del forum di Prima Pagina. Molta della popolazione abituata ad esprimersi laggiù ha traslocato qui. Non posso esserne sicuro poichè, essendo un po' allergico alla politica, non ho mai sbirciato molto nel forum di Prima Pagina. E' naturale che questa migrazione politicizzasse fortemente anche il forum di Fahre visto che questi nuovi arrivati parlano solo ed esclusivamente di politica spicciola! Ma ci sono almeno altre due cose da rilevare. Primo, la qualità di questi nuovi arrivi (decisamente bassa). Secondo, il fatto che andassero a collocarsi naturalmente nello schieramento B. Ai militanti di B non sembrava vero ricevere tanti rinforzi e hanno ampiamente sorvolato sulla beceraggine dei loro nuovi sodali. In genere facendo suonare il disco rotto: "...e allora sil, e allora Paolo?". Ma vi sembrano veramente la stessa cosa? Il caso di Serpaz è emblematico a questo proposito. Un perturbato spesso in preda a deliri scatologico-sessuali veniva a volte equiparato a Davide, e accolto sempre nel forum con grandi pacche sulle spalle, anche da parte di coloro che avevano dimostrato in passato di essere i rappresentanti più lucidi di B!! Non parliamo poi di Guerrino, quello che "...ti aspetto fuori", era ormai la mascotte dei B e tutti lo circondavano di attenzioni. Visto l' ambiente tanto accogliente altre personalità ambigue sono accedute: gli Enea, Pier, Paul... Il fatto, per loro inimmaginabile come per ogni fanatico, che esistessero vedute diverse e parecchio più argomentate, li ha condotti a scegliere l' unica arma a loro disposizione: lo squallido agguato demenziale, il volgare sabotaggio mascherato, la squallida anarchia più selvaggia. Ma anche una simile arma è spuntata contro un minimo di buona volontà. E l' esempio è Matteo che, nel thread dell' altro forum, dimostra benissimo con chi sta parlando, anche se costui non si firma, anche se il suo pseudonimo è continuamente falsificato. Poi però arriva la Valeriona che se ne esce dicendo "... mi chiedo perchè questi difensori della norma granitica, della legge maiuscola, della tradizione imperitura si esibiscano poi come osceni saltimbanchi...". E qui ti cadono le braccia di fronte all' ennesimo caso in cui una delle "rappresentanti" più lucide dello schieramento B scivola picchiando una culata terrificante. Non riuscendo a riconoscere falsificazioni di nick evidenti a tutti, non fa altro che aprire la strada ed incoraggiare di fatto il teppismo forumistico. ************************************************** Quando poco fa lo speaker del GR3 ha terminato di dare la notizia io ero ormai diventato una statua di sale. Non voglio crederci ancora adesso e cerco conforto qui, nella calda stretta degli amici più cari. Il mio spirito è un mantice che si contrae spasmodico pensando al macabro rinvenimento; chi se lo aspettava proprio là, nel Sancta Sanctorum di Fahrenheit. Che orrore quell' ammasso di carta sbruciacchiata, quell' esalante tanfo d' inchiostro fuso; che pietà quelle cataste di libri ancora intocche ma già pregne di cherosene; e poi tutta la strumentazione di morte ben allineata e pronta all' ennesima combustione: lanciafiamme, zippi, svedesi, cerini sparsi ovunque. E figurati se manca il video su You Tube completo di tutto: S. e C. seminudi con gli occhi spiritati e i lineamenti trasfigurati che si lanciano in una danza selvaggia attorno all' autodafè mentre il fido Broncobilly sfacchina alla cariola. Certo, io stesso non mi ero fatto illusioni e avevo messo in luce (giustificandolo) il pesante orientamento e la parzialità a cui era sottoposta la trasmissione...ricordate ["...Il dibattito inizia! Ma ditemi voi come si puo' intavolare una discussione sulla diffusione delle armi da fuoco senza ospitare la parte pro-gun? Il dibattito prosegue! Stavolta di parla di "pena capitale", non si capisce come si possa farlo in cronica assenza dei favorevoli. Fa niente, si comincia a discettare di "incidenti sul lavoro", ma al tavolo i deregolatori non ci sono (mai). Si prosegue con don Milani, questa volta spicca la latitanza dei detrattori. Si passa a parlare di TV ma chi la considera una "buona maestra" non viene invitato. Si prosegue oltre con il cavallo di battaglia della "precarizzazione" purchè si tenga a debita distanza chi potrebbe tirar fuori quei quattro numeri in grado di sgonfiare le leggende che ispirano tanto i nostri migliori talenti letterari; naturalmente non ci si puo' dimenticare i temi ambientali, ma ci si puo' dimenticare benissimo le funzionali soluzioni privatizzatrici e chi le sostiene. E ora ditemi voi, per esempio, come si puo' dibattere tra laici/cattolici invitando Melloni, dico Melloni, nella parte del cattolico... Se poi accade il miracolo che un "estraneo" venga per puro caso invitato nel ruolo di controparte assediata, allora in un qualsiasi dibattito fra un occidentale bianco e un immigrante di colore; fra un maschio e una femmina; un borghese e un proletario, fra un eterosessuale e un omosessuale, un credente - specialmente se cattolico - e un ateo, oppure fra un cristiano e un musulmano, fra un industrialista e un ecologista, un soldato e un pacifista, un euroscettico e un tifoso del regime di Bruxelles... si può stare certi che il secondo protagonista l' avrà sempre vinta, grazie alle mille trappole disseminate con la complicità di una conduzione di parte, lasciando sempre il primo nella posizione dellì antipatico, dell' anacronistico o addirittura dell'"oppressore"..."] Speriamo ora che perlomeno i diari del factotum Broncobilly recuperati in extremis possano fare chiarezza sul raccapricciante libricidio. Nel frattempo, grazie a questa preziosa testimonianza documentale, possiamo ricomporre con carità le 70 Salme ed esprimere compunti il nostro cordoglio con una picciola orazione in stile Spoon River. Rispondi a questo messaggio Argomento Precedente Argomento Successivo "CATASTA I" Vargas Llosa A.// IL MITO CHE GUEVARA e il futuro della libertà// Lindau 2007***Minà, troppo impegnato a tifare per l' ultimo dittatore populista sudamericano, si distrae un attimo e...ecco che in Italia viene tradotto questo libricino che ritrae con buona verve il beneamato: un amministratore disastroso salvato dalla capacità di distrarre il prossimo grazie al suo spirito guerrafondaio. Un fulgido esempio di ipocrisia del moralismo. Nel forum sui libri avevo intrattenuto una discussione con Valeria al tempo in cui il libro era disponibile solo in lingua originale. Vito Tanzi e Ludger Schuknecht/ LA SPESA PUBBLICA NEL XX SECOLO. // Firenze University Press 2007***Dopo gli anni 50 la parte di ricchezza prodotta dai cittadini ma spesa dai governi è esplosa senza alcun vantaggio per i più bisognosi. E gli sprechi, da cosa dipende la loro entità? Da una variabile su tutte le altre: il volume della spesa complessiva. La legge sembrerebbe ferrea: per sprecare meno, spendere meno. Il modo più sicuro per limitare gli sprechi è il "taglio" della spesa pubblica. Pasolini Zanelli, Alberto//DALLA PARTE DI LEE//Facco 2006. La possibilità di secedere come unico vero "voto" democratico. Apologia di un diritto fondamentale dell' uomo. C.K. Prahalad// SCONFIGGERE LA POVERTA' E FARE PROFITTI//Il Mulino*** Il buon Samarito si salva l' anima ma non scalfisce il mostro della Povertà che ride vedendolo la sua opera inane. In fondo lo sappiamo da sempre: l' unico modo serio per affrontare l' indigenza consiste nel "fare affari" con i poveri. Buon libro per chiunque, dimentico della storia, si attardi ancora a pontificare sulle nuove forme di "schiavismo. Teoria + 12 casi di provvidenziale "sfruttamento". Biffi Giacomo//LE COSE DI LASSU'. Esercizi spirituali con Benedetto XVI//Cantagalli 2007. On air tutti i Mercoledì sera su Radio Maria, le sue catechesi massimaliste sono la crassa e gaudente risposta al buonismo nevrotico di Uomini e Profeti su Radio Tre. Probabilmente le ha ascoltate anche Paparatz che ha subito chiamato lo spassosissimo Cardinalone in Vaticano per ricevere al più presto una lezione da lui. Il motto ci giunge severo dalla Cattedra di S.Petronio: il tortellino mangiato nella prospettiva del Cristo è più gustoso di quello trangugiato con il nulla a fare da tovaglia. Andreé Comte-Sponville//LO SPIRITO DELL'ATEISMO//Ponte alle Grazie 2007***Oltre all' ateismo ottuso degli Odifreddi e degli Onfray, esiste un modo diverso, più profondo, più ragionevole e costruttivo di essere atei. Molto istruttivo il serrato dibattito dell' autore con lo scienziato-matematico-paleontologo Jean Staune sul Figaro. E chi sarebbe mai questo Staune? Forse un Odifreddi transalpino? Tutto il contrario, è il classico scienziato il quale sostiene che gli approdi della scienza moderna (neuroscienze, fisica quantistica...) rinforzano l' "ipotesi di Dio". Ye'or, Bat - EURABIA. //Lindau 2007.*** Come l'Europa è diventata anticristiana, antioccidentale, antiamericana, antisemita. Per chi non si fida è disponibile anche un Sabino Acquaviva nientemeno che su Editori Riuniti 2007 (Decadenza di una Civiltà). Padre Angelo Tosato VANGELO E RICCHEZZA//Rubettino 2007 p.611*** Nuove prospettive esegetiche per conciliare il messaggio delle Scritture con la ricchezza terrena. Il compianto biblista scioglie con eleganza i passi evangelici più problematici. Croce, Frassino e Aglio a volontà sulla Caramore. Rispondi a questo messaggio Argomento Precedente Argomento Successivo "RE: CATASTA II" Ma che fanno quei due cretini...si stanno tatuando...4...5...1. Beati loro che hanno tempo per giocare. Per me solo sudore, fumi e ambiente poco salubre. Se non me lo passano come lavoro usurante faccio un macello. Elena Aga Rossi - Victor Zvlaski.// TOGLIATTI E STALIN// Il Mulino 2007 ***Riedizione arricchita di un classico della storiografia contemporanea in cui si affrontò e si risolse l' ibrido giudizio sulla presunta "doppiezza" del comunismo italiano. Non ci fu nessuna "doppiezza", il PCI era un partito stalinista totalmente allineato ai voleri dell' URSS, il vincolo persistente rimase almeno fino alla Bolognina. Se Hitler e Mussolini a Piazzale Loreto e nel bunker ebbero al fianco le loro amanti, i dinosauri del politburo si dovettero accontentare del pci. Prewo, Wilfried OLTRE LO STATO ASSISTENZIALE Istituto Bruno Leoni 2005***Come passare dalla nursery del welfare state europeo ad una società responsabile. Idee pratiche per una policy di governo. Martin Van Creveld// LE DONNE E LA GUERRA// LEG 2007***Dall' Università di Gerusalemme il massimo esperto al mondo di storia degli eserciti e degli armamenti sostiene come la mancanza di talento specifico impedisca alle donne di fare carriera nelle istituzioni militari. La Eva Cantarella si incazza a vuoto sul Corriere. Probabilmente pensa di annullare la tonnellata di grafici e tabelle che le piovono sulla testa con una parola magica estratta dal cilindro del politicamente corretto, esempio: "maschilista". De Mattei, Roberto//GUERRA SANTA E GUERRA GIUSTA. Islam e Cristianesimo in guerra//Piemme 2007***Per favore, non mischiamo la Jihad con le Crociate. Una buona disanima storica e teorica delle differenze tra la guerra giusta cristiana e quella islamica. Aly Götz//LO STATO SOCIALE DI HITLER//Einaudi 2007***Forse anche nel ricordo delle sue umili origini, una delle ossessioni di Hitler fu quella di fornire "pari opportunità" a tutti i tedeschi (ariani), in modo tale da favorire i più svantaggiati. Il suo welfare fu tra i più perfetti e funzionanti, roba da far impallidire quelli scandinavi di oggi. A renderlo possibile fu una burocrazia efficientissima e criteri meritocratici rigidamente applicati, ma sopratutto un fisco esoso che si abbattè dapprima sui ricchi, per poi concentrarsi ulteriormente sugli ebrei ricchi, e, infine, diventare vero e proprio esproprio a danno di tutti gli ebrei (inviati poi ai forni), nonchè delle popolazioni nemiche. Scruton, Roger//IL MANIFESTO DEI CONSERVATORI//Cortina - 2007***E' necessario conservare. Conservare cio' che l' uomo ha di più prezioso: il suo "senso comune". Leonardo Maugeri//L' ERA DEL PETROLIO// Feltrinelli 2007***Cartelli, sette sorelle, guerre per il petrolio, esaurimento delle risorse; una marea di retorica che necessita di sgonfiamento. Ci pensa Maugeri. Stefano Moroni// La città del liberalismo attivo//Città Studi Edizioni 2007***finalmente un approccio accettabile all' urbanistica dei territori. Per farla finita con la barbarie dei piani regolatori e con il "parchismo" selvaggio e segregazionista in stile WWF. Meotti Giulio//IL PROCESSO ALLA SCIMMIA. La guerra dell'evoluzione//Lindau - 2006***Nel rapporto che lega le teorie evolutive all' educazione pubblica emerge chiaramente quel processo che ci ha fatto passare dall' intolleranza degli uomini di fede ("l' evoluzionismo non si insegna perchè contrario alla mia verità") al dogmatismo laico ("vietato insegnare l' ID nella scuola di tutti in quanto contrario alla mia verità"). ********************************************* ***************************************** ************************************* ********************************************* ********************************************** Chi sul forum ha ascoltato il prossimo con l' intenzione di capirlo, lo ha anche conosciuto. E dunque è al riparo dai rimestatori. Chi sul forum è intervenuto con l' intento di farsi capire, ha consentito che il prossimo di buona volontà lo conoscesse. E quindi è doppiamente al riparo dai rimestatori. ************************************************* ********************************************** ********************************************** ******************************************** *********************************************** ******************************************** ******************************************* ********************************* ******************************************** *************************** **************************************** ******************************************* ************************************************ ****************************************** *********************** ************* ********************************************** ********************************************** ********************************************** ********************************************* ************************************************* *************************************************** *************************************************** ************************************************** ************************************************** ************************************************** ***************************************** ******************************************** ********************************************* ************************************************* ************************************************** ************************************************* *********************************************** ***************************************** ********************************************* *********************************************************************************************************************************** *************************************************************************************************************************************************** -------------------------------------------------------------------------------- *** ********************************************* ***************************************** ************************************* ********************************************* ********************************************** ************************************************* ********************************************** ********************************************** ******************************************** *** ********************************************* ***************************************** ************************************* ********************************************* ********************************************** ************************************************* ********************************************** ********************************************** ******************************************** *******