Ma non si tratta tanto di "lazzaronaggine" visto che la concorrenza al ribasso tra lavoratori c' entra molto molto relativamente.
E, se non si fosse capito, vorrei ribadirlo ancora con qualche dato: negli ultimi trent' anni (1980-2009) "solo" il 30% degli investimenti all' estero ha preso la via dei "paesi in via di sviluppo", il 43% ha preferito investire nei paesi del G8, ovvero con costo del lavoro molto più elevato (fonte). Tanto per dire, il paese che ne ha ricevuti di più, gli USA, in questi trent' anni hanno aumentato gli stipendi del 25% al netto dell' inflazione (fonte).
Tu mi dici che l' operaio non schiavizzato rende di più. Sono d' accordo, ma se lo sappiamo noi grazie ad una mera intuizione vuoi che non lo sappia Marchionne? Il fatto che ci metta i soldi lo garantisce dal sospetto di doppi fini.
Cosa conta, allora? Contano i fattori di competitività, ed è proprio a quelli che accennavo.
Perdo ancora un secondo per menzionare un parametro: la produttività del lavoro. Questo paramentro ha due caratteristiche: 1)è fondamentale 2)in Italia ha un andamento disastroso.
Da cosa dipende la produttività? L' indagine internazionale più approfondita è forse quella di Prescott/Parente che conclude mettendo sul banco degli imputati in primo luogo gli interessi corporativi (sindacato): la loro eccessiva tutela politica crea immobilismo e paralisi nell' innovazione. L' innovazione contrattuale è decisiva e molta retorica sui diritti contribuisce alla stagnazione nelle forme contrattuali. Meno cultura dei diritti e più cultura del contratto, almeno per chi non fa politica ma fa sindacato.
In altre parole: domani le cose cambieranno certamente nel settore dell' auto. Marchionne sta forse investendo in un paese flessibile dove potrà cambiare la sua organizzazione tenendo il passo?
Sento ora che i "sì" hanno vinto di misura e quindi i sindacati più politicizzati continueranno probabilmente a far sentire forte la loro voce. A Marchionne mi sento solo di dire quello che altri hanno detto ai giovani: via da qui.