domenica 31 ottobre 2010

Eppure

Eppure...

Ho letto "Resurrezione" di Lev Tolstoj, racconta di come sia dura la vita consumata in un carcere siberiano dove i prigionieri sono sottoposti a trattamenti disumani.

Ma, magari, di scandagliare la vita carceraria vi interessa poco, magari i trattamenti disumani vi turbano e vorreste tanto starne alla larga per godere al meglio il tepore di salottini accoglienti in cui parlare del più e del meno, magari le "vite consumate" non sono esattamente la vostra passione numero uno. Anche se è così, questo libro fa per voi, visto che "fa per tutti".

Tolstoj è stato "il più grande" proprio perchè, con lui, questo genere di paralogismi funziona a meraviglia.

Lui potrebbe parlar di tutto, potrebbe scrivere anche di cose irrilevanti anzi, irritanti, eppure continuerebbe a scrivere "il libro che fa per voi". "Per voi", bè, adesso non esageriamo. "Per me" sì però, di sicuro.

Prendiamo le sue proverbiali tensioni morali, ebbene, sono trapuntate da inesausti e continui guizzi di umorismo legati alle micro-tragedie della vita quotidiana.

Quando le prime stufano, e a me stufano quasi subito, arrivano immantinente i secondi, manco fossero il settimo cavalleggeri, manco il lettore fosse tutto cablato con sensori neuronali che rivelano solleciti i cali di attenzione.

Quando i secondi stuccano, sopraggiunge con tempismo l' agile ponzosità delle prime.

Se questa alternanza desse solo l' aria di ripetersi, il Maestro s' inventa dal nulla un terzo ingrediente facendo subito diventare oro qualsiasi cosa tocchi il suo pennino.

Per carità, lungi da me negare che alcuni inconvenienti arrivino a turbare un simile panorama idilliaco, per esempio: ad ogni finale ottocentesco si addice il crescendo, per ottenerlo è d' uopo non rompere il climax: ecco che allora anche i sapienti equilibri del Maestro devono cedere alle esigenze del Canone.

Fa niente, Tolstoj è talmente ricco che si puo' rimanere appagati da un suo libro anche espungendo un finale crucialissimo che sarebbe il punto di forza per chiunque altro.

E ve lo giura chi si giudica soddisfatto avendo letto il suo libro sulle carceri zariste eliminando la parte ambientata nelle carceri zariste, oltre che tutte le pagine in cui si parla di carceri zariste!

Per questo che è lui il più grande. Nel suo secolo, con Flaubert, è il più grande.

Non c' è nulla di lui che condivido, il suo disgusto per la modernità e i suoi infantili pacifismi renderebbero insopportabile qualsiasi adulto che osasse professarli con la sua iattanza.

Eppure...

Il Vangelo russificato come esce dalla sua rielaborazione contorta, avvelenato e indigesto come viene servito in cucine che sfornano a tutto spiano solo cibi sciapi, mi appare ampiamente travisato.

Eppure...

Le sue indignazioni, i suoi disgusti, le sue vergogne annoiano presto e si rivelano solo come il tipico furore conformista del sedicente "puro" ferito a morte dalla realtà, di chi si vede vittima in croce e non riesce a tirare avanti se non pensandosi in quel modo.

Eppure...

La passione per la filosofia ammorba non poche pagine della sua opera, piegandola spesso al didascalico resoconto di tiritere mediocri e di idee impiegatizie tipiche del pensatore di risulta.

Eppure...

La totalizzante interiorità indicata ripetutamente come unico valore ha la presa di certa reclame raffazzonata quando è in heavy rotation da sei mesi su tutte le più scalcagnate TV private.

Eppure...

La letteratura che veicola conoscenze e disvela realtà all' intelletto? Ma stando ai messaggi espliciti recapitati dal patriarca mi sento profondamente offeso pur nella mia medietà e nella mia intelligenza qualunque.

Eppure...

Eppure, se penso al suo rigo carnoso da cui cola muco, saliva e sangue; se penso al suo modo di far sorridere gli occhi di una comparsa, detrito che la Storia subito abbandonerà sull' argine; se penso alle sue ingiurie, di una ricercatezza addirittura strana; se penso ai suoi silenzi popolari, sempre decorati con colpi di tosse, soffiate di naso, pianti di moccioso; se penso alla gogna in cui incastra il suo nemico ideologico, illustrandone le tare che sono poi le naturali storture del Legno Umano cantate con voce stentorea; se penso a tutto questo, allora mi riconcilio in tempo reale e alzo convinto il mio peana di lettore convertito.

***

N.B. post incompiuto (ndr)

sabato 30 ottobre 2010

Meditazione sul Vangelo del 30-10-2010

Lettura del Vangelo secondo Matteo 22, 1-14

In quel tempo. Il Signore Gesù riprese a parlare loro con parabole e disse: «Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: “Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali. Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”. Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».

Il Vangelo ci parla di una "selezione".

Fin qui tutto bene, la cosa non ci scompone: l' uomo moderno vive in una società selettiva, la meritocrazia è al centro o dovrebbe essere al centro tutto, cio' è conforme alla nostra sensibilità.

Nel Vangelo dice qualcosa in più: il meriti si realizza accettando un invito. L' accoglienza passiva è sufficiente. Sarà un "let it be" a salvarci.

Per non opporsi al corso naturale delle cose occorre possedere la nozione di "naturale"; l' uomo moderno rischia di perdere una simile nozione, l' uomo moderno crede al caso e rischia una perdita della dimensione del "senso", dello "scopo". "Senso" e "scopo" sono termini senza i quali il "naturale" è impensabile.

Se con un martello pianto un chiodo, lo uso in modo "naturale"; se invece ci mangio la pastasciutta lo uso contronatura. Il perchè è presto detto: il martello è costruito allo scopo di piantare i chiodi, il suo senso è quello.

Molti uomini del nostro tempo non pensano che le cose abbiano un senso, non pensano che abbianom uno scopo, e quindi non sanno dare un significato alla parola "naturale", non sanno cosa sia un "diritto naturale". La parola "naturale" li mette a disagio.

E' una fortuna che il libertario, accanto al cattolico, sia fra i pochi ad avere ben chiara questa nozione essenziale.

P.S. Nella sua predica Don Cesare ha puntato l' attenzione sul commensale punito per non aver indossato l' Abito Nuziale. La punizione si giustifica per aver violato una regola rituale. Solo l' ingenuo pensa che una preoccupazione del genere rifletta un arcaismo, in realtà la nostra ragione la giustifica eccome. Gli autori moderni che più si sono spesi su questo punto sono i Nobel Thomas Schelling (teoria dei giochi) e August Fredrick von Hayek (ordine economico catallattico).

Appassionate resistenze

Un ricordo della prima guerra civile italiana.

venerdì 29 ottobre 2010

Soldi alla scuola? No, solo agli studenti

"Smettiamo di finanziare gli atenei perché possano 'comperare' i professori e finanziamo invece gli studenti, a condizione che si impegnino, affinché possano comperare dagli atenei servizi formativi "

http://www.swas.polito.it/services/Rassegna_Stampa/dett.asp?id=4028-130400535

Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior...





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giovedì 28 ottobre 2010

Prima e dopo il Futuro

Il pragmatico affronta i problemi uno alla volta, così facendo gli capita spesso di aggravare i problemi che dovrà affrontare l' indomani.

Tuttavia il metodo pragmatico non puo' dirsi stupido: esiste pur sempre un futuro talmente lontano da invocare il disinteresse della persona ragionevole.

Senonchè, una volta fatte fuori le persone ragionevoli, questo futuro diviene terra di conquista per tutti gli altri, e i profeti ci dan dentro.

Vi dice niente la parolina "sostenibilità"? E' la più usurata dai profeti (di sventura) dell' ecologismo fanfarone.

Il profeta della "sostenibilità" è un disco rotto che nessuno riesce a spegnere, ripete ossessivamente che noi uomini del pianteta terra consumiamo troppe risorse e le risorse non sono infinite. Cosa avrebbe fatto, per esempio, l' uomo della pietra se fossero finite le pietre? Beh, a lui è andata bene, ma a noi? Occorre una "decrescita".

Si puo' cicalare all' infinito sul tema, lanciare allarmi e preconizzare catastrofi. Ma la persona con sale in zucca sa bene di dover osservare sul punto un silenzio annoiato.

Figuriamoci, i profeti della "sostenibilità" vorrebbero tassare chi consuma le risorse della Terra sottraendole alle generazioni future. Il discorso fa il suo effetto se pronunciato in una scenografia pertinente, nonndimeno resta un discorso assurdo: sarebbe come dire che dobbiamo arginare la produzione di musica (magari tassando fortemente i compositori) per fare in modo che anche le generazioni future possano essere "originali" in questo settore.

C' è poi un futuro che è dietro l' angolo e che sembra interessare meno i futurologi presbiti di cui ho appena parlato, un futuro in cui è difficile cullarsi comodamente nella propria ideologia, un futuro che non consente quel cicaleccio dionisiaco che tanto ci fa fremere, un futuro che non è razionale affrontare irrazionalmente.

Eppure sembra altrettanto catastrofico, ma trattandosi di catastrofi serie, non ha molte bocche disposte a parlarne e nemmeno molte orecchie disposte ad ascoltare: in questo caso lo sconcerto e la preoccupazione non sarebbero una "posa".

E' un futuro che interessa solo i lungimiranti.

Faccio un solo esempio prendendo a prestito le parole di Dario Di Vico:

"Ci sono alcune verità che tra gli addetti ai lavori hanno ampia circolazione e costituiscono addirittura la base di discussioni e contraddittori nei convegni o nelle tavole rotonde. Quelle stesse verità alcune volte si ha paura o pudore di farle uscire dal perimetro delle élite,e raccontarle al grande pubblico. In qualche caso chi fa questa scelta agisce in perfetta buona fede, «per non creare allarmismo sociale» si giustifica... Così facendo però la politica finisce per imitare il comportamento degli struzzi e viene meno ai suoi compiti. E allora proviamo a dirla una di queste verità: stiamo creando intere legioni di (futuri) pensionati poveri..."

... continua.

La sveglia al collo

Tagli, tagli, tagli, tagli, tagli.

Tremonti taglia e "qualcuno" stupisce e brontola.

Ma dov' è vissuto questo "qualcuno" fino ad oggi?

Ogni tre per due chi attraversa la città incoccia in cortei di studentelli sciammannati che si battono contro i "tagli" alla scuola. La TV trabocca di prefiche che si stracciano le vesti per i "tagli" alla sanità. Al telegiornale o a prima pagina non manca mai un "ricercatore barbone" moribondo che allunga il palmo della mano per pietire l' ultima elemosina: è uno spettacolo straziante che fa impennare l' audience più di Sarah.

A proposito della gabanelli, visto che ne abbiamo appena parlato, anche lei non manca di inzuppare il pane in questo latte caldo e rassicurante: Tremonti è photoshoppato pallido e con chiazze di sangue, in stile Edward Mani di Forbice.

La pratica del taglio - altrimenti nota agli amanti dell' understatement come "macelleria sociale" - ha sempre solleticato i più bassi istinti e quindi nella società dello spettacolo ruba l' "occhio di bue" anche alla cronaca nera che più nera non si puo'.

Altre noiose informazioni giacciono invece piuttosto trascurate nell' ombra delle redazioni. Annoiano, poverine, la loro sorte è quella.

Chi brontola non realizza per esempio che nel tempo che ho impiegato per scrivere il primo rigo di questo post (cinque parole, cinque secondi) il debito dell' Italia è cresciuto, nonostante i tagli, di quasi 14.000 euro.

Cresciuto! Non tagliato.

Ok? Ci siamo? Se lo sono messo in testa gli sciammannati? E le prefiche? E i ricercatori barboni moribondi? E adesso i loro conti quadrano ancora tutti come prima? Riescono ancora a reperire il dinamismo necessario per alimentare la loro battaglia di giustizia-libertà-verità-eccetera-eccetera?

Pensa forse il nostro "brontolone" che questo dato sia triviale?

Pensa forse questo signor "qualcuno" che sia petulante chi fa notare come il nostro debito cresca di 164.112 euro al minuto?

Non trova che sia un dato di cultura sapere che ogni italiano (neonati e ultracentenri compresi) ha sul groppone una quota di debito pubblico di oltre 30.000 euro per il solo fatto di esistere?

Beh, questo signor "qualcuno" - brontolone ignorante quando va bene, chiagnefottista quando va male -sarebbe meglio che affiancasse all' orologio del tinello che segna le ore una bella sveglia da mettersi al collo, quella che segna la crescita del debito della nazione minuto per minuto. Finalmente l' aggeggio è disponibile!

martedì 26 ottobre 2010

La beffa del Nobel

Che beffa!

Molti, tra cui l' Accademia svedese che cura l' assegnazione del Nobel per l' economia, sono tentati dall' interpretare il premio a Diamond come un premio dato per aver segnalato un' imperfezione del mercato che puo' giustificare un intervento statale. Ovverosia: più stato.

In realtà, l' Italia - come del resto tutta l' Europa - è talmente "indietro" nel collocamento delle risorse, che da noi le considerazioni di Diamond sono un invito a ridurre la presenza statale sul mercato del lavoro. Ovverosia: meno Stato.

Insomma, si auspicava un premio ad "internet" (la proposta era della rivista Wire) ed è arrivato un premio alle famigerate "agenzie interinali"

Immaginiamo un parcheggio di supermercato a più piani, con entrata da nord e uscita da sud. Supponiamo inizialmente che tutti i posti siano occupati. Poi dieci macchine lasciano il parcheggio uscendo da nord, mentre al tempo stesso dieci nuove macchine entrano da sud. Nel parcheggio ci saranno dieci posti liberi, e dieci macchine che cercano un posto ma ci mettono un po’ a trovarlo. L’idea di base delle teorie di Diamond, Mortensen e Pissarides è che la carenza e l’imperfezione delle informazioni nel mercato del lavoro (sui lavoratori disponibili e sui posti vacanti) faccia sì che in ogni istante possano coesistere, appunto, disoccupati e posti vacanti, come in un parcheggio in cui vi sono macchine che girano in cerca di posti vuoti.
E’ quindi possibile una situazione di equilibrio stabile con disoccupazione detta frizionale, perchè dipende dalle “frizioni” che impediscono un matching perfetto e immediato tra domanda e offerta. Secondo la teoria economica classica, invece, la disoccupazione non può permanere in equilibrio, perchè, se i salari sono flessibili, scendono fino a che le imprese sono disposte ad assumere tutti i disoccupati - così come, la sera, al mercato della frutta, i venditori abbassano i prezzi per vendere tutta la frutta che altrimenti verrebbe buttata via. Nella teoria di DMP la disoccupazione può rimanere in equilibrio anche con salari e prezzi flessibili.
La teoria di DMP ha implicazioni di policy immediate, che hanno contribuito alla sua fortuna: qualsiasi istituzione o intervento di politica economica che faciliti l’incontro tra chi cerca e chi offre posti vacanti riduce la disoccupazione di equilibrio. In Italia, negli ultimi quindici anni, sono stati adottate numerose misure di questo tipo: ad esempio l’abolizione del sistema del collocamento basato sulla chiamata numerica, l’introduzione del lavoro interinale, l’abolizione del monopolio statale del collocamento, a favore di centri per l’ impiego capaci di dare a tutti i lavoratori informazioni sui posti diponibili in tutto il Paese.


http://www.pietroichino.it/?p=10639

From all the children in the world

Il Jazz è una musica che offre un piano inclinato al pensiero favorendo una sorta di "regressione". I coinvolti in vicende jazzistiche finiscono di frequente per ordire un oscuro panegirico del "buon selvaggio".

Quando l' "innamorato del jazz" pensa al "buon selvaggio" pensa alla scimmia (Conte - esperto sia di innamorati che di Jazz - nelle sue canzoni porge sempre un omaggio all' uomo-scimmia).

L' altarnativa alla "Scimmia" è l' "Africano"; l' alternativa all' Africano è il "Bambino".

Molto spesso chi pensa e suona Jazz si pensa come Africano, poi come bambino, poi, in un crescendo di regressioni, come Scimmia.

Questa improntitudine fa vittime. Me ne viene in mente una a titolo esemplificativo. Quando Anthony Braxton - sassofonista più nero della pece ma anche scacchista e matematico - volle smarcarsi architettando un suono "neuronale", mal gliene incolse. Dicevano che... mancava di swing.

Una pervasiva antropologia tribalistica percorre come un brivido tutta la musica di Claudio Cojaniz e della sua NION (not in our name) Orchestra, basterebbe il manifesto contenuto nelle note di copertina a denunciarla:

"... il mondo è una grande clinica psichiatrica... sono stati immiseriti i nostri sogni (quelli del '68) a materia di spettacolo e siamo instupiditi dal controllo ideologico dei vari mass media e dal sistema bancario... potenti strategie persuasive hanno annichilito il nostro slancio più vitale ed autentico... dobbiamo immaginare un nuovo anti-fascismo artistico, con uno slancio che favorisca azioni anti-depressive: basta con la camomilla!... ci vuole una bevanda ad alta gradazione alcolica..."

Da sempre frequento persone che prendono un po' troppo sul serio questo genere di discorsi, ne ho visti parecchi spingersi fino al punto di credere sul serio a quel che dicevano, ne ho visto altri incontrare per strada le proprie metafore; la sensazione che ne riporti è spiazzante, gli ascolti, gli dài ragione annuendo mentre si sfogano... ma...

Ma fa niente, se è il prezzo per avvicinarsi ad una musica meritoria è questo, lo pago e ci lascio pure la mancia.



Claudio Cojaniz & NION Orchestra - Howl (African market) - Caligola

lunedì 25 ottobre 2010

Leghismo in salsa rosa

Il Grande Fratello prog-femminista è ancora al lavoro per manipolare la società manco fosse creta nelle sue mani.

Non rilascia ipnotiche malie linguistiche dai televisori, quelle semmai le denuncia con la complicità di esperti. Esperti in pagliuzze ma profani in fatto di travi.

Lui usa direttamente le armi da fuoco (tanto basta la minaccia), si fa prima ed è più comodo.

E poi, quando manipoli i corpi, nessuno potrà mai accusarti di manipolare le menti, che è la vera accusa infamante del nostro tempo.

Veniamo al dunque.

L' indignazione non è un sentimento che si addice ai liberali, in più i liberali sono quattro sparuti gatti. Maglio allora, sull' affair congedo parentale, l' asciutto resoconto di De Nicola. Lo sguardo, come al solito, è quello più semplice, quello che non riesce davvero a ravvisare indumenti sul corpaccione dell' orrido imperatore. Uno stralcio.

"... ancor'oggi, pur imperando un grande relativismo etico, non si rinuncia all'ingegneria sociale per indirizzare gli individui verso ciò che la cultura dominante considera virtuoso (anzi, politicamente corretto, la "virtù" è un valore anacronistico). Un esempio? La bizzarra proposta sull'obbligo di congedo paternale retribuito di due settimane approvata dal parlamento europeo e di cui si auspica l'adozione anche in Italia. Secondo il testo passato a Strasburgo, i padri non potrebbero per nessun motivo "cedere" le ferie alla madre e, alla nascita del bebè, dovrebbero starsene lontani dal lavoro (per ora la polizia non sorveglierà che i maschi stiano effettivamente a casa e non al bar).


Il primo impatto dell'innovazione sarà di aumentare i costi per le imprese e le casse dello stato senza alcun vantaggio né all'occupazione femminile (che, contrariamente alle leggende, in Italia sta inesorabilmente aumentando in proporzione a quella maschile) né al benessere complessivo. L'aspetto più irritante di questa nuova avanzata del progresso consiste comunque nella pretesa di non considerare le persone come individui responsabili delle proprie scelte e in grado di fare evolvere la società, ma come incapaci cui degli illuminati indichino cosa fare per raggiungere il Bene.


Un conto è infatti togliere barriere giuridiche e sociali a che ognuno possa scegliere liberamente (ad esempio, concedendo un quoziente di mesi di congedo per i genitori che tra loro sceglieranno come dividersi), un altro illudersi che le due settimane di ferie cambieranno le abitudini (negative e reazionarie!) del bracciante calabro o della casalinga di Voghera. Naturalmente in altri paesi la rivoluzione al femminile è avvenuta senza misure del genere (basti pensare agli Usa).

È la stessa logica alla base delle "quote rosa", ormai di prossima introduzione nei cda e collegi sindacali delle società quotate. Il merito, il talento, le preferenze (e anche il diritto a sbagliare da parte degli azionisti) sono variabili da eliminare, in attesa di introdurre quote per extracomunitari, minoranze etniche (con esatta differenziazione tra neri, asiatici e indios), gay, lesbiche, transessuali, obesi, brutti, cattolici, altri cristiani, musulmani, ebrei, buddisti, appartenenti a diversi partiti politici (ah no, quella c'è già, si chiama lottizzazione) e, ovviamente, padani. Quelli leghisti, però, piacciono meno ai progressisti, cui interessa far le stesse discriminazioni purché politicamente corrette. Auguri."

Il Sole 24 Ore

Il metodo-lega fa proseliti; ma per lo meno i leghisti sono brutti, cattivi e (quindi) simpatici. Questi scherani intellettualoidi del mostro, invece, beccati con la smoking gun ancora in mano, passano subito al contrattacco infarcendoti un insopportabile predicozzo in cui il greve bigottismo si alterna con l' occhio di vacca.

N.B. in un precedente articolo De Nicola, il più idoneo, aveva spiegato ai bambini (ma sopratutto alle bambine) cosa sono le quote rosa. Sveglia bambine, non sceglietevi un magnaccia del genere! Con tanti bei ragazzi, non spostatevi con lo Stato.

Materialismo medico

William James calls that error "medical materialism". This "too simple-minded system … finishes up Saint Paul by calling his vision on the road to Damascus a discharging lesion of the occipital cortex, he being an epileptic. It snuffs out Saint Teresa as an hysteric." Paul may well have had an epileptic episode. But that's only to say that there is a biological component to all human experience. "Scientific theories are organically conditioned just as much as religious emotions are; and if we only knew the facts intimately enough, we should doubtless see "the liver" determining the dicta of the sturdy atheist as decisively as it does those of the Methodist under conviction anxious about his soul."

http://www.guardian.co.uk/commentisfree/belief/2010/oct/25/william-james-religious-experiences

La Reginetta dei puntini di sospensione

Ostellino sulla Gabanelli.

Un' inchiesta giornalistica sulla villa all' estero di un uomo politico, che appuri, e lo dica, che l' ha comprata attraverso una legale società off shore, ma esportando illegalmente valuta, è un servizio all' opinione pubblica, che è giusto sappia di che pasta sono fatti i suoi rappresentanti. Guardare nelle tasche dei potenti, e denunciarne le eventuali illegalità, fa bene alla democrazia. Un' inchiesta giornalistica sulla villa all' estero di un uomo politico - che dica il falso, sostenendo che l' ha comprata esportando illegalmente valuta, per comprometterlo agli occhi dell' opinione pubblica - risponde all' interessato, se questi fa querela, davanti a un tribunale. Non è giornalismo, bensì propaganda politica, della quale il giornalista risponderà ai suoi lettori o telespettatori, che, da quel momento, saranno legittimati a non comprare più il giornale o non guardare la trasmissione televisiva sui quali è comparsa. Un' inchiesta giornalistica sulla villa di un uomo politico, che ne parli (solo) come oggetto in sé di pettegolezzo - allo scopo di suscitare nell' opinione pubblica «invidia sociale» e indurla alla riprovazione per l' esibizione di ricchezza - è un espediente demagogico per prendersela con i ricchi. Se l' inchiesta trascura, lasciandolo nel vago, come l' uomo politico l' ha comprata - inducendo l' opinione pubblica contraria a farne, senza prove, motivo di delegittimazione dell' uomo politico - è una mezza inchiesta. Siamo nel cattivo giornalismo, che la trascuratezza sia voluta o casuale.

Anche ad un osservatore distratto come me non sfugge la partigianeria della giornalista Gabanelli.

Fin qui nulla di male, gli imparziali sono di solito scipiti, i faziosi hanno una bella scorta di sale e spesso ne fanno un uso sapiente.

Oltretutto per lei lasciavo volentieri aperta una possibilità di salvezza, ovvero: c' è chi conduce in modo fazioso l' inchiesta che decide di condurre, c' è chi si limita a scegliere faziosamente l' inchiesta da condurre e c' è poi chi conduce le proprie inchieste fziose senza pretendere che siano le vittime a stipendiarlo.

Con beneficio d' inventario, e vista la superficialità delle mie visioni, lasciavo la Gabanelli nella seconda categoria, quella che racchiude i "faziosi" per tenerli al riparo dal contagio dei "faziosi impuniti", la prima categoria. Quanto alla terza, i faziosi a cui levare il cappello, non era purtroppo alla sua portata.

[... già, seconda categoria... per quanto, specie nel "caso Antigua", notassi l' uso ossessivo dei... puntini di sospensione. Non saprei come chiamarli: nell' horror ci sono inconfondibili musichette che adombrano un crimine terribile, nell' inchiesta giornalistica italiota ci sono... i puntini di sospensione (li ha inventati Lucarelli). Solo che nell' horror prima o poi la musica collassa e noi saltiamo sulla sedia, mentre l' inchiesta italiota punta tutto e solo sul presentimento dell' informato... uno stress nervoso privo di catarsi]

Ora pare proprio che Ostellino ci inviti a prendere in considerazione lo spostamento della Gabanelli nella prima categoria, la più infamante.

domenica 24 ottobre 2010

Meditazione sul Vangelo del 24.10.2010

Vangelo secondo Matteo 28, 16-20

"In quel tempo. Gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che il Signore Gesù aveva loro indicato. Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo".

Il Vangelo di oggi ci chiama a convertire i popoli della Terra. Dobbiamo correre e rispondere con entusiasmo all' appello.

Ma cos' è una conversione? Tutti sanno come finisce, ma pochi sanno l' essenziale: come comincia.

Comincia con un cambio di paradigma culturale: la Conversione è nient' altro che l' esito felice di una colonizzazione culturale. I nostri missionari più consapevoli, secondo me quelli del PIME, lo sanno bene e il loro lavoro in Africa è finalizzato in primo luogo ad un rinnovamento delle stantie mentalità che imbrigliano le energie di quel continente.

Come procedere? Comincerei con l' annunciare al pagano del XXI secolo la Libertà e la Salvezza dell' Uomo.

I due concetti si condensano bene in un concetto centrale "individualismo".

Rodney Stark ci ricorda che la cristianità per prima ha introdotto la nozione di "individuo" attraverso quella di "libero arbitrio" e quella di "salvezza personale". Mai prima nella storia l' individuo e i suoi diritti erano stati pensati con tanta forza. Un' esclusiva che ci deve rendere orgogliosi e su cui dobbiamo fare leva.

C' è ancora tanta diffidenza verso l' individuo, sia nei laicisti che nei popoli lontani, penso alla promettente Asia, alla disperante Africa e alla deludente America Latina. Persino nei cattolici riscontro questa diffidenza.

Con un sospiro di sollievo dobbiamo constatere di vivere oggi tempi fausti, tempi in cui segnali di un nuovo "inizio" si moltiplicano, soprattutto in Asia.

Per dirla con Deidre McCloskey: "... cosa credete che verrà ricordato dei nostri anni, la crisi finanziaria del 2008 oppure il fatto che la Cina nel 1978 e l' India nel 1991 abbiano adottato, almeno in economia, le idee occidentali?"

E' qui che comincia la conversione, non ci resta che pregare e lavorare mantenendo la barra a dritta: una volta che il mondo avrà riconosciuto nell' individuo singolo il Figlio, presto riconoscerà anche il Padre.

sabato 23 ottobre 2010

Un Lexotan per Carducci

E' difficile che aprendo a casaccio il mio libro con le Poesie di Carducci si possano schivare le multiformi ire del focoso Aedo.

Riottoso e cieco come un ultras, è sempre impegnato a cospargere di sale le proprie ulcere.

Ora punge un Avversario, ora satireggia un Irrispettoso, poi schizza la caricatura di un Impertinente, a seguire oltraggia un Vanesio, dopo mette alla berlina un Pedante, o alla gogna un Garrulo.

Tutti Signori con nomi e cognomi, mica Allegorie.

Per farne fuori più che puo' non si risparmia neanche flirt satanici.

Il suo verso afflittivo è un ruggito che lo priva di forze preziose, non si è mai vista una semina di spine tanto infeconda. Il forumista tignoso conosce questo vortice esacerbante e sa di che parlo.

Io procedo indefesso nello spoglio, cerco affannosamente i pii bovi, ma mi ritrovo sommerso nella schiuma di artisticissimi 'vaffa.

Eppure si vede ad occhio nudo che il Vate avrebbe di meglio da fare.

Per esempio, in quel tempo aveva ancora in arretrato un un casino di versi immortali, evidentemente non avanzava mai un minuto per buttarli giù.

La sua natura gli imponeva delle priorità: ogni litigio andava meticolosamente portato a termine fino all' umiliazione pubblica della controparte.

Ogni screzio letterario andava lavato nel vindice inchiostro.

Basta stare un attimo a bearsi in compagnia di queste invettive per capire che l' Avversario, l' Irrispettoso, il Vanesio, il Garrulo, l' Impertinente e anche il Pedante, sono, probabilmente, miti e mediocri personaggi con cui usciresti piacevolmente a cena.

Il problema invece è lui, il Vate.

Il Vate ha tutta l' aria di contenere nel pancione un vorticoso movimento biliare. Di avere un petto "ove odio e amor mai non s' addorme".

Scosso da oscuri tumulti, flagellato dalla memoria dell' offesa ricevuta, spronato da ansie insinuanti, egli si aggira tra i suoi simili alla ricerca di imperfezioni che scatenino le sue furie maremmane. E ne trova a bizzeffe.

Questa spola fra rancori e tetraggini consumerebbe anche l' animo più temprato, lo consumerebbe fino all' inedia spirituale.

Com' è grama la vita di questi melanconici.

Com' è tapina quella di chi vive intorno a loro.

Non si puo' tirare avanti così. Urge una cura che raggeli al più presto la tempia tempestosa del pugnace infermo.

Come minimo, di fronte a casi similari, ci vorrebbe un bel Dio condiscendente che pianga insieme a noi, che creda alla nostra bua e ci dica premuroso che "poi passa".

Ma il nostro campione aveva avuto la bella pensata di buttarlo nel cesso fin da giovane, quel Dio, e di tirare lo sciacquone. Complimenti.

E non poteva essere che così vista la giovanile adozione del luterano dispitto verso l' "allegro Papa".

Con la sola compagnia del Gesù più duro ed austero della corrucciata Riforma, il morale non conosce grandi impennate. E' cosa nota.

***

Però Carducci si salvò. Si salvò con la medicina della "Classicità".

Due pasticche al giorno di questa pillola e la frenetica ruminazione del Maestro si bloccò.

La Classicità offre mille rimedi al collerico.

Innanzitutto la Morte.

La Morte ha la tendenza a rendere piuttosto imperturbabili, a raggelare la pupilla, a domare l' abito fiero.

In queste condizioni gli sdegni si fanno di molto meno ardenti.

E se proprio non vuoi morire subito, puoi sempre temporeggiare facendo una capatina al camposanto.

Non sai come è cool una bella promenade fra le lapidi adamantine del Cimitero romito tra le argentate nebbie sfumanti, magari a Bolgheri. E' proprio lì che il Poeta vide la sua Rosebud.

Se poi possiedi una certa capacità di "ascolto", puo' darsi che perfino i cipressi attacchino a sussurrare tranquillizzanti mentre ti augurano l' "a presto arrivederci".

Anche l' Avello ti strizza l' occhio come un vecchio amico.

Questo attrezzo imprescindibile della palestra carducciana ha virtù defatigante, specie per chi conosceva un' unica orazione ("Signor, chiamami a te: stanco son io: pregar non posso senza maledire").

Ogni forma di necrofilia si coniuga a meraviglia con la "Classicità", la quale ha la virtù di riproporcela nella sua variante più fresca ed impassibile, eludendo così il lato stancante della faccenda (che puo' essere lasciato ai Romantici): quello del meditabondo sotto le rovine con il teschio in mano.

In secondo luogo la "Classicità" ti consente di frequentare le donne. Da lontano.

Devi solo darci dentro con l' epistola.

Cantare le seducenti armonie del corpo, i divini accenti del labbro, l' aulentissima cute, e tutto questo senza avere sempre nelle orecchie il trillo citofonico delle note ingiunzioni. Una buona capacità immaginifica basta e avanza.

Alla loro persistente recriminazione penseranno i mariti (in genere ex romantici senza talento).

La carriera del Poesta Classicista è allietata da diverse gite fuori porta. Tra una georgica e una bucolica si sta sempre immersi nella rilassante countryside.

Se il lento giro dell' occhiata bovina si volge a noi, non sentiamo affatto quella frenetica interpellanza che ci collocava subito a debito di una risposta piccata, o di un chiarimento brillante.

Possiamo sincronizzarci con il rilassante ritmo della paziente pecora, possiamo concederci un calmo colloquio con la pensosa quercia, possiamo escutere un testimone sempliciotto come l' ignaro asinello.

Optare per il Classico consente anche di mettere spesso e volentieri le gambe sotto il tavolo. Buona tavola, ma sopratutto Vino, non devono mai difettare.

Quale miglior modo per sperimentare in corpore vivi il pagano oblio?

Da ultimo, ampie dosi di "Classicità" ti consentiranno in quattro e quattr' otto di divenire Poeta Nazionale.

La cosa ha i suoi vantaggi.

Eccellente rifugio per disfarsi di ogni vitalismo e simulare già da ora, in Cerimonie e Occasioni Ufficiali, il cadavere che saremo.

Da "Poeta Nazionale" puoi permetterti di abitare solo il pianeta della Retorica (patriottica) e quello della Metrica. Due meravigliosi pianeti senza ossigeno, dov' è bandita ogni forma di vita.

Cosa c' è di più salutare per un iracondo naturale?

***

C' è chi è spinto verso la Classicità dalla natura dei suoi talenti. C' è chi invece sbarca su quei lidi con le piaghe aperte e con il solo intento di applicarsi l' impacco del fiore di loto che prospera lussureggiante.

C' è chi pensa alla Classicità come ad un palcoscenico dove sfilano armonie da ammirare con l' occhio del geometra, e chi la assume invece come camera di decompressione dove regredire ad una sospirata meccanicità catatonica.

Carducci, fortunantamente, appartiene alla seconda genia.

E' anche per questo motivo che "mi riguarda" e che posso tranquillamente continuare a leggerlo senza rimorsi. Riguarda anche voi?

Accordarsi nel disaccordo

La gente ama discutere ma quasi sempre non va d' accordo, magari persino su questioni dove pensa siano implicate delle verità oggettive.

Non solo, capita spesso che più discuta più profondi divengano i disaccordi.

Sono infiniti gli argomenti problematici: Dio, la morale, il calcio, l' influenza dei media sul voto alle elezioni, la meccanica quantistica, l' altezza dell' uomo che è appena passato, la bellezza di Isabelle Huppert...

La gente non va d' accordo, e magari, dopo aver constatato il disaccordo, non è nemmeno imbarazzata; stranamente non stupisce. Si è abituata ad avere opinioni divergenti.

E' del parere che il disaccordo sia un esito del tutto naturale, anche tra "specialisti". La gente trova un suo "equilibrio" nel disaccodo; in altre parole: concorda nel fatto di non concordare.

Ci si stringe cavallerescamente la mano nel rispetto reciproco: si concorda nel disaccordo e si vive appagati.

Eppure, chi ha approfondito la questione trova stravagante che una discussione possa concludersi così.

Di più, la teoria ci dice chiaramente che un equilibrio del genere è impossibile (Teorema dell' impossibilità di Aumann).

Si puo' solo essere d' accordo di essere d' accordo, ma non si puo' essere d' accordo di non essere d' accordo.

[.. Inutile riprendere la teoria ufficiale (avevo già dedicato un post al tema), per capire in modo intuitivo come procede basti considerare come in una comunità di persone ragionevoli lo sport delle scommesse fatichi a prendere piede: se c' è qualcuno che accetta la scommessa che propongo, allora c' è qualcosa che non va nelle credenze che stanno alla base della mia proposta...]

Per capire poi dove risieda la fonte dei disaccordi, basta verificare l' ipotesi violata tra quelle che Aumann pone a base del suo teorema.

Due persone, Giovanni e Giuseppe, disputano su un argomento. Se:

H1. G&G sono bayesiani... se:

H2. G&G sono honest-truth-seeking... se:

H3. G&G hanno "conoscenza comune" (sanno esattamente cosa pensa l' altro)... se:

H4. G&G hanno "principi comuni" (credono la stessa cosa se informati nello stesso modo)...

... allora G&G devono per forza di cose giungere nel merito ad un accordo su tutta la linea. E lo stesso quando passano alla questione successiva. E via così all' infinito, finchè non saranno d' accordo su tutto.

Perchè allora nel mondo reale, nonstante la logica, la gente non concorda e sembra pacificata nel rispettivo dissentire? Evidentemente qualche ipotesi non tiene.

H1 stabilisce semplicemente che i due disputanti siano ragionevoli. Se Giuseppe ammettesse di non esserlo, saremmo a cavallo, la spiegazione è bell' e pronta. Ma penso che tra i contendenti, pochi siano disposti a tanto.

Di H2 avevo già accennato dicendo che puo' avere un peso. Ma, in genere, chi non è un "honest-truth-seeking" finisce in qualche modo per ammetterlo, anzi, per rivendicarlo, e le cose si chiariscono. Certo, magari si evita la definizione di "disonesto" per ripiegare verso una terminologia più edulcorata.

Ad ogni modo H2 puo' essere sempre una pista da battere per trovare l' accordo pieno: nella discussione che precedeva Davide ha detto di essere ben felice di fare da custode al "tabù" dello schiavismo (ha ragione è una funzione sociale preziosissima), e questo è stato estremamente illuminante.

Neanche H3 presenta grandi problemi: due honest-truth-seeking, nel corso della discussione, arriveranno presto a condividere la propria conoscenza. A meno che qualcuno sia reticente, se non bugiardo. Ma se G&G sono honest-truth-seeking, difficilmente saranno reticenti.

Inoltre, due honest-truth-seeking, se discutono intimamente, realizzeranno prima o poi quella che i logici chiamano "conoscenza profonda": io so cio' che tu sai che io so che tu sai che io so... Una conoscenza essenziale per il teorema.

H4 sembra davvero essere l' ipotesi cruciale. Ma decifrare H4 è meno semplice di quanto si pensi.

G&G possono avere "principi diversi" ed essere entrambi ragionevoli?

Ponete il caso di due giudici che con le stesse identiche informazioni a disposizione sono chiamati a giudicare lo stesso caso. Ammettiamo poi che le loro sentenze finali divergano in modo antitetico.

Se rispondiamo di "sì" alla domanda appena posta dobbiamo anche tollerare il fatto che entrambe le sentenze possano essere sia conclusive che perfettamente valide.

Una concessione che turberebbe chiunque.

Eppurre per molti - chiamiamoli "discrezionalisti" - avere punti di partenza differenti è lecito, in sè non viola alcuna norma razionale.

In un certo senso la posizione dei "discrezionalisti" ci sembra di comprenderla: chi parte da premesse differenti giungerà a conclusioni differenti. Attenzione però a non lasciarsi sedurre da una simile cosiderazione, significherebbe travisare H4, ovvero non aver compreso cosa intendiamo per "principio".

Ogni "principio" responsabile del dissidio tra Giovanni e Giuseppe puo' essere a sua volta messo in discussione e cessare così di essere un "principio" che differenzia le posizioni dei due.

Dopo la discussione, infatti, per effetto ancora una volta del teorema di Aumann, non esisterà più un disaccordo sulla validità di quello che prima Giovanni e Giuseppe consideravano un "principio" divisorio.

Per questo dicevo che l' interpretazione di H4 (comunemente nota come CPA = common priors assumption) non è immediata.

Alla fine della fiera c' è solo un principio che mette tutti "d' accordo sul disaccordo" esistente, ed è il principio: "Io sono infallibile".

Da notare che da un principio del genere si puo' coerentemente costruire un florilegio di verità del tipo: "Io sono infallibile e io dico X".

Se Giovanni sostine il principio per cui "Giovanni è infallibile" e Giuseppe sostiene il principio per cui "Giuseppe è infallibile", i due probabilmente non andranno d' accordo su una certa questione ma potranno stringersi la mano perchè sono d' accordo sulla fonte del proprio disaccordo.

[E' lo stesso motivo per cui se Giovanni si sente infallibile troverà il modo di scommettere con il Giuseppe che si sente infallibile, anche se entrambi sono e si riconoscono individui razionali]

In effetti se Giovanni e Giuseppe si ritengono infallibili, eludono il teorema di Aumann e si presentano al pubblico come due persone perfettamente razionali che hanno concluso una discussione mantenendo il proprio disaccordo.

Possiamo considerare due persone del genere piuttosto "presuntuose"? Beh, direi di sì.

Mi sembra di poter chiudere affermando che la maggior parte dei disaccordi deriva da insincerità e da presunzione.

Sai che scoperta.

E la cura?

L' introspezione è l' unica che mi viene in mente.

POSTILLA

La Chiesa Cattolica nel postulare l' infallibilità papale è presuntuosa?

Sembrerebbe proprio di sì.

Ma faccio notare solo un elemento a discarico: il teorema di Aumann è eluso da chi postula la propria infallibilità ma non per questo disdegna l' infallibilità in quanto tale.

Anzi, il terema di Auman ci dice che una volta concluse le discussioni avremo a disposizione una verità determinata in modo infallibile.

O meglio, ci si è avvicinati alla verità il più possibile, il che lo possiamo questa volta affermare in modo infallibile e concordemente. Non è certo presuntuoso usare qui quell' aggettivo!

Certo, occorre avere un briciolo di fede nel fatto che la ragione umana, se correttamente esercitata, possa avvicinarsi alla verità.

Certo, bisogna che si chiuda la "Discussione Universale" e che convergano, come necessariamente devono convergere, tutte le opinioni degli uomini ragionevoli.

Ma il Papa non è a capo del "cattolicesimo"? Ma "Cattolico" non significa proprio "universale"?

Bene, spero che questi siano indizi che ci consentano di elaborare un' interpretazione feconda del termine "infallibile", sarebbe un' interpretazione facilmente comprensibile alla ragione ma soprattutto alternativa ad un' interpretazione ben più problematica.

Un link con link interessanti: http://www.overcomingbias.com/2006/12/agreeing_to_agr.html

venerdì 22 ottobre 2010

Libri da indossare





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Le "buone intenzioni" come bubbone romantico.

"...Nino non aver paura

di sbagliare un calcio di rigore

non è mica da questi particolari

che si giudica un giocatore

un giocatore lo vedi dal coraggio,

dall' altruismo e dalla fantasia..."


Lo "stupido" ci irrita, il "pedante" ci annoia, il "cattivo" ci deprime, il "calcolatore" ci inaridisce, l' "arrogante" ci indigna...

Non è una gran bella compagnia in effetti, ma diventano subito dei simpaticoni se paragonati al peggio.

E il peggio è colui che "sputa nel piatto in cui mangia".

Mi chiedo perchè, nel mondo di carta della letteratura, quest' ultimo comportamento tanto riprovevole sia così poco rimproverato, se non quando si presenta in maniera sfacciata.

Attribuisco la diffusione del malvezzo ad una degenerazione tipica del periodo romantico: il culto delle intenzioni.

Secondo una certa teoria mai teorizzata, avere "buone intenzioni" giustificherebbe qualsiasi condotta.

Le intenzioni maturano nella nostra interiorità. E, per i romantici, l' interiorità del soggetto è tremendamente importante. Anzi, è tutto.

Se siamo puri là dentro, allora la nostra natura è sana, il nostro legno non è poi così storto, il tabernacolo che preserva le nostre essenze resta inviolato.

***

Ma essere "ben intenzionati" non basta. Bisogna anche saper "sputare lontano". Spiego subito il nesso tra le due attitudini avvalendomi di una fresca e formativa lettura.

Affiancato dal podcast, recentemente ho preso in mano Stendhal, e mi sia consentito di considerarlo, almeno nel mondo parallelo dei romanzi, uno degli autori che più ha contribuito a diffondere il bubbone di questa peste. La peste delle "buone intenzioni".

Prendiamo l' eroe del libro che ho letto ("Il Rosso e il Nero"). Si chiama Jules, è palesemente oppresso da mille frustrazioni ma è anche infervorato da alti sentimenti che traspaiono con regolare intermittenza.

Quando un "alto sentimento" si presenta lo riconosci subito. Non serve certo analizzarne il contenuto per identificarlo come tale.

Se l' intenzione è nobile non manca mai di segnalare chiaramente la sua presenza, non importa di quanto sia confusa. L' oggetto di una simile intenzione passa immediatamente in secondo piano. Resta l' empito appassionato.

Poichè Jules non è un tipo che si limiti a sognare tenendo sulle gambe il libro con le mirabolanti imprese napoleoniche, puoi star certo che passerà presto all' azione. E allora allaciatevi le cinture!

Per "innalzarsi", si sa, ci vogliono i mezzi. E per procurarseli ci voglioni i "mezzucci".

Pur di farsi largo, il nostro non si asterrà dall' utilizzare traffici su cui ogni rigoroso moralista è in dovere di opinare.

Intenerisce persino vederlo sgomitare mentre costruisce la sua carriera, mentre sale la piramide sociale, mentre traffica una promozione, mentre si arruffiana chi di dovere, mentre fa le scarpe a questo&quello, mentre si dedica anima e corpo al miglioramento delle proprie condizioni materiali, mentre vendica rabbiosamente le sue umili origini, mentre...

Sulla sequela di ambigue vicissitudini che lo investono presto cala discreto ma esplicito il giudizio dell' autore.

Trattandosi di un Grande Autore, sono formulazione che nessun rigo è in grado di accogliere, eppure le leggi ovunque a chiare lettere.

Non sono nemmeno parole da sillabare, si tratta piuttosto di una certa gradazione luminosa che investe ogni pagina.

L' esito si preannunciava e ne abbiamo conferma, il rampantismo di Jules è perdonato. Ne ha combinate di tutti i colori ma è perdonato.

Il perchè è chiaro: non ha mai mancato di odiare scrupolosamente le bassezze di cui ogni volta si serviva.

E tutto cio' mentre nel fondo del suo cuoricino custodiva inalterata la nobile e sognante ambizione di un esito finale che avrebbe di gran lunga riscattato le dubbie pratiche poste in essere.

Non conta granchè che questa catarsi finale non si sia realizzata e non avrebbe mai potuto realizzarsi.

E poi, diciamolo francamente, soggiogati dal magnetico influsso di Stendhal, ci interessa proprio sapere che l' esito negativo dell' intrapresa sarebbe stato facilmente prevedibile affidandosi ad un semplice "calcolo delle conseguenze"?

Ma cos' è mai la capacità di "calcolare le conseguenze" di fronte all' inestimabile tesoro delle "buone (pure) intenzioni"?!

Non che Jules eviti il "calcolo". Solo che, disprezzandolo, non lo conduce fino in fondo.

Odia la triste realtà che il calcolo gli preannuncia. Preferisce abbandonarlo sprezzante quando cessa di recare gradite ambasciate.

I gemelli di Jules fanno pressapoco tutto quello che fa Jules, hanno la sua stessa determinazione nell' affrontare con il coltello tra i denti quella lotta darwiniana che non è poi di molto cambiata nemmeno ai giorni nostri.

Purtroppo capita loro ogni tanto, e la cosa è decisamente incresciosa, di perdere tempo in un rigoroso "calcolo delle conseguenze". Avete capito bene, sono dei miserabili "calcolatori integrali".

Ma c' è qualcosa che è ancora peggio: non odiano i loro "calcoli". Non sputano sui mezzi che utilizzano.

Nessuno scriverà mai un romanzo sui gemellini di Jules.

Anche se il loro codice genetico è per il 99.9% simile a quello di Jules non potranno mai considerarsi "anime appassionate" o "anime sognanti". A loro manca "lo sputo" mondatore.

Senza "sputo" saranno sempre dei borghesucci, dei "salvadanai viventi", buoni giusto per fare da sbiadita tapezzeria alle storie incentrate sui grandi "sospiratori" a cui è toccato in sorte di precipitare in questa valle di lacrime.

I "gemellini" hanno la grave colpa di aver "calcolato". E "calcolare" senza schifarsi di cio' che si sta facendo è un nuovo peccato da aggiungere al decalogo.

Dal maestoso Sinai della modernità discendono le nuove Tavole rivedute ed aggiornate. Stendhal è un Mosè che si incarica di recapitarcele nella loro forma più cristallina.

Se solo i fallimenti di Jules lo avessero reso grottesco ed indifendibile avrei simpatizzato con lui e mi sarei associato al suo perdono.

Se solo Jules fosse stato un' anima candida sprovvista di ogni strumento e intenta a perseguire con pura spntaneità delle pure intenzioni, forse mi sarei associato in una richiesta di perdono.

Ma Jules è il peggio che il Romanticismo abbia prodotto: nobili intenzioni, dotazione intellettuale sopra la media e disprezzo per tutto cio' che ottiene ("mangia") non riuscendo a rinunciarvi. Disprezzo sempre ben in vista. Disprezzo con sputo incorporato e sempre pronto a scattare.

***

In un recente "Damasco", Jaqueline Risset - un' ottima guida nell' intricato mondo della letteratura francese, purchè la si segua al contrario - ha rivelato, raggiante di ammirazione, il padre nobile di tutte le "anima appassionata" (o "anime espettoranti").

Si tratterebbe niente po' po' di meno che del filosofo tedesco Nietzsche. E chi era mai il suo "Superuomo" se non un animo elevato dalla purissima intenzione scevra da ogni calcolo meschino?

Se proprio i "Romantici" non possono essere considerati gli unici untori della peste di cui sopra, aggiungiamoci come sovrappiù la cultura del protestantesimo.

Ma lì è già un' altra storia, e Stendhal non ha più niente da dirmi.

L' invenzione del progresso

La teologia razionale sta al cuore della teologia cristiana, cio' ha comportato un' idea veramente rivoluzionaria, quella secondo cui dall' applicazione della ragione alle Sacre Scritture sarebbe derivato un progresso teologico... Un assioma fondamentale della teologia cristiana afferma che col tempo si puo' ottenere una maggior comprensione di Dio e che persino dottrine ben radicate possono subire profonde revisioni. Interpretazioni si sono spesso evolute in modo ampio e marcato. Per esempio, nella Bibbia non è presente un' esplicita condanna dell' astrologia, anzi la storia dei Magi che seguono la stella sembra suggerire la sua validità. Eppure nel V secolo Agostino dedusse che l' astrologia fosse falsa perchè... contraria al libero arbitrio... Allo stesso modo molti dei primi cristiani, compreso l' apostolo Paolo, accettavano il fatto che Gesù avesse fratelli... prestare soldi ad interesse era dapprima una pratica che molti cristiani bollavano come immorale... menti eccelse potevano, e spesso fecero, alterare di molto o persino capovolgere la dottrina della Chiesa, solamente sulla base di ragionamenti convincenti... I teologi scolastici nutrivano molta più fiducia nella ragione che i filosofi contemporanei... anche se non mancò chi accordasse più fiducia al misticismo e all' esperienza spirituale... ironicamente chi sostenne questa posizione in modo più ispirato [Bernardo di Chiaravalle] espresse le sue opinioni attraverso un discorso ragionato con chiarezza cristallina... il fatto stesso che possediamo la nozione di Progresso dimostra in quale misura siamo influenzati dal cristianesimo... una prerogativa che risuona nelle parole di Gille de Tournai: "mai troveremo la verità se ci accontentiamo di cio' che è già stato trovato... coloro che scrissero prima di noi non erano padroni infallibili, ma guide... la verità è offerta a tutti... essa non è mai stata interamente posseduta"... Il cristiano immagina Dio come un essere razionale che crede nel progresso umano e che rivela se stesso più a fondo quando gli uomini acquistano la capacità di comprendere meglio... inoltre, dal momento che Dio è un essere reazionale e che l' universo è una sua personale creazione, esso possiede necessariamente una struttura razionale, legittima e stabile che attende sempre migliore comprensione umana... questa fu la chiave di molte imprese intellettuali tra cui la nascita della scienza..."
Rodney Stark - La vittoria della ragione -

giovedì 21 ottobre 2010

Perdere gli occhi e recuperarli

oops from Chris Beckman on Vimeo.

Santa "Maria", patrona di tutte le bambine

Forse che le donne hanno sul lavoro rendimenti inferiori perchè scarsamente idenee a misurarsi in un clima competitivo?

Qualcuno dice di sì.

Ma ora, almeno nel mondo degli studenti, possiamo integrare quanto sappiamo con ulteriori suggerimenti...

"... If we tell the students that the competition is “not a race,” or if we use language arts questions instead of math questions, then we find no evidence of a male advantage in any round of competition... This suggests that the existence of the male advantage depends crucially on the framing of the competition as a race, and only exists for certain tasks..."

http://www.voxeu.org/index.php?q=node/5697

Resta da capire come dissociare credibilmente la "competition" dalla "race" affinchè le disposizioni femminili non siano da ostacolo alla resa finale. Non sempre è possibile.

Faccio quattro osservazioni osservazioni in merito:

1. nell' assumere personale una politica efficiente tiene conto del gap per favorire la donna qualora sia poi chiamata a lavorare in assenza di pressioni competitive oppure qualora tali pressioni possano essere mascherate da frame opportuni.

2. laddove non esistono frame di sorta a copertura delle pressioni compoetitivi, una politica efficiente vedrà prevalere l' uomo. Purtroppo questi casi riguardano per lo più posizioni di vertice e di dirigenza.

3. se questo gap è solo culturale e quindi colmabile, allora evviva Maria De Filippi che con i suoi programmi diffonde una cultura della competizione anche presso le ragazzine.

4. come spiegare il comportamento di chi da un lato non crede in un gap profondo e dall' altro invoca una limitazione delle situazioni competitive?

Perchè l' uomo è un essere speciale

Chimps and some other species have also demonstrated "theory of mind," which allows them to understand the thoughts or motivations of another creature. But they fall short of humans when considering secondary theory of mind – understanding what another person thinks of a third party... Empathy is also not unknown among chimp troops, as evidenced when members of a troop groom an "innocent bystander" that was pummeled by an aggressive alpha chimp. Yet humans can commonly extend empathy over time and space, even experiencing feeling on behalf of other species. People can understand the terror in the eyes of a horse in Picasso's Guernica painting, or even feel sympathy for the fictional blue-skinned Na'vi aliens of the 3D film "Avatar."...
Even rarer neurobiological problems exist... Certainly no chimp or baboon ever suffered from so-called Jerusalem syndrome. The bizarre instances of temporary insanity almost exclusively afflict devout Christians on pilgrimage to Jerusalem who tend to be traveling alone, jetlagged and experiencing disappointment with a modern Jerusalem that does not resemble their dreamy vision of the Holy Land. These individuals typically end up wrapping a white sheet around their naked bodies like a toga and preaching on street corners in the belief that they are the messiah or an apostle...

... Some people may still worry about neuroscientists slowly stripping away the uniqueness of humans and reducing human motivations and behaviors to equations or chemical formulas... Two reasons not to worry... First, explaining everything in purely mechanistic terms would not diminish our appreciation of classical music composed by Johann Sebastian Bach or the sight of a leaping gazelle, Sapolsky said. But he added that the second and more crucial reason to have no fear is that researchers will never somehow figure out an answer for everything... Every time neuroscience comes up with an answer, it's attached to 10 new questions, and nine of them are better than the original... that idea of science being meant to encourage a sense of mystery rather than cure seemed to infect the audience of scientists and laypeoplewhen it came time for questions.

L' idea per cui la scienza incoraggerebbe il senso del mistero (e quindi la sensibilità religiosa) mi piace e l' avevo già incontratta nelle parole del matematico Ambrosetti.

Il Cattolico Borghese

"L' idea che il buon funzionamento di un' economia di mercato e di uno stato di diritto si regge anche su precisi presupposti morali è parte integrante di un' antica tradizione del pensiero liberale. Il rispetto per i diritti di proprietà, il mantenimento della parola data e degli impegni presi devono discendere dai valori della persona prima ancora che dagli incentivi a cui è sottoposta. Senza questo presupposto, difficilmente un sistema di libero scambio potrebbe funzionare..."

Guido Tabellini - prefazione a "Il buono dell' economia"

Sincerità e Proprietà sono l' architrave dell' etica borghese.

Ed ecco allora profilarsi la miglior definizione di laicità che un cattolico dovrebbe avere a cuore e sponsorizzare con passione: tutelare attraverso la legge i valori che il cattolico spartisce con il borghese lasciando che tutto il resto della sua morale sia mantenuto a debita distanza dalla politica.

mercoledì 20 ottobre 2010

La rabbia degli insicuri

L' unorale improvvisazione dei SOL 6 si sviluppa a volte come una discussione da forum virtuale.

I musicisti sono come animali territoriali che il bracconiere stana e chiude poi tutti insieme nello stesso buco; dapprima questa claustrofobica cattività spinge solo a scavare solchi: all' inizio di tutto c' è sempre un confine; poi si passa ad un pavoneggiamento condito d' indifferenza: all' inizio di tutto c' è sempre una presunzione creativa.

Il violoncello s' interessa in modo morboso alla nota che è riuscito a secernere, il piano sembra auto-ipnotizzarsi con il suo trillo, il basso elettrco si bea al cullante tremolar d' interiora che gli procura il registro grave.

Fingendo disinteresse reciproco ci si scruta avidamente con la coda dell' occhio.

Finchè, è inevitabile, si finisce per interferire... ci si tocca dentro in modo dilettantesco, con fare abrasivo, ci si urta rudemente, ogni strumento butta in faccia agli altri parole che ha costruito in privato nella propria officina, vuol dar a vedere che ne sa parecchie.

Ognuno è geloso dei suoi significati e non li molla, recalcitra se chiamato a stipular convenzioni, approfondisce in modo iracondo un argomento ben sapendo che la trivella del genere è resa improduttiva dalla mancata condivisione dei fondamentali.

Ci si siede davanti al leggio badando bene di stare uno accanto all' altro anzichè uno di fronte all' altro...

... Eppure, eppure, a volte, là, nell' etere, uno strano miracolo si produce, uno strano ponte riesce a star sospeso senza appoggi, uno strano barone si solleva tirandosi i capelli, una strana scimmia resta sull' albero dopo aver segato il ramo su cui posava, una strana musica consonante vibra convertendo per un attimo tutte le orecchie.

Ma gli attimi hanno la cattiva abitudine di passare, scatta subito il segnale del "libera tutti", è un fuggi fuggi generalizzato, ci si avventa in tutte le direzioni, come fanno le lucertole che guadagnano il proprio buco all' irrompere del bimbo in cortile.

C' è solo un comando estetico per i SOL 6: il disco deve finire non appena i musicisti cominciano a "sonare". I micrsolchi devono esaurirsi, il laser deve impattare con il bordo. Solo all' osceno dovranno applicarsi le nostre orecchie. Speriamo, ora che ci si è sgranchiti, nel prossimo disco... speriamo nella prossima discussione.

***

Di seguito, il cadavere di alcune canzoni (Satie, Bacharach, Ives), ascoltate chissà quando e dove, riaffiora nel ricordo sforzato di una mente costellata da lacune che farebbero la gioia di Oliver Sacks. Si chiude poi inscenando una rabbia tra le più schiumanti: quella degli insicuri.

Martino bacchetta Rossi su Posner

Gli sconfitti nella guerra delle idee tentano di rialzare la testa ma il tacco di Martino è implacabile.

Il destino di Richard Posner è veramente cinico e baro. Per avere sostenuto in un’intervista che i mercati finanziari non avevano funzionato e che erano, almeno in parte, responsabili della crisi del 2007, è diventato l’idolo della sinistra colta orfana di Marx, Keynes e le adorate giustificazioni per una sempre maggiore invadenza dello Stato nella società.

Conosco Posner e conservo religiosamente "Economic Analysis of Law", il suo manuale che ha contribuito a diffondere l’analisi economica del diritto, nata in quella Chicago Law School che, oltre a Posner, ha annoverato la presenza di giganti del calibro di Ronald Coase premio Nobel per le scienze economiche. Appare in questi giorni l’edizione italiana del suo ultimo libro "La crisi della democrazia capitalistica" (Università Bocconi editore), impreziosito da una prefazione del mai abbastanza lodato supergiurista Guido Rossi. Quest’ultimo, nel presentare il libro, sostiene che:

E’ merito di Posner l’aver smontato l’imbroglio ideologico, intricato nelle ragnatele dei fideistici principi del libero mercato, tessuti sulle dottrine monetarie e sulle politiche fiscali delle privatizzazioni e dell’anarchia degli strumenti finanziari e del sistema bancario, causa delle bolle immobiliari che hanno travolto una fragile impalcatura.

Una frase questa che impressiona non solo per l’ampio spettro di dottrine in essa comprese e subito liquidate, ma anche e soprattutto per la sua forbita eleganza. Un siciliano come me di fronte a tanta superiore e colta raffinatezza non può evitare di essere assalito da un irresistibile impulso di lasciarsi andare a espressione arabo-sicula con la quale si manifesta stupore: minchia!

In realtà, se cerchiamo il grano delle cose sotto la paglia delle parole, ci rendiamo facilmente conto che il grande Rossi sarà un eccelso giurista ma è digiuno di economia. La critica di Posner era sì rivolta alla teoria del mercato efficiente sostenuta da molti e importanti esponenti della Chicago Business School, ma non alla libertà del mercato. Se Rossi conoscesse la teoria dei mercati efficienti saprebbe che l’importanza del libero mercato non nulla a che fare con essa.

Quanto ai fideistici (sic) principi del libero mercato, chiunque è consapevole che tutte le alternative sono state tentate e ovunque hanno dato risultati catastrofici. Non c’è, per quanto ne sappia, nessuno che creda ancora alla pianificazione, al controllo di prezzi e salari, alle nazionalizzazioni. Al protezionismo, al controllo dei movimenti di capitale, alle restrizioni valutarie e alle altre innumerevoli sciocchezze del sinistrume non solo italico.

Quanto all’anarchia dei mercati finanziari e bancari, un profondo conoscitore del settore come Rossi sa benissimo che non è l’assenza di regole che li caratterizza. Sono, invece, molto numerose; se Rossi crede che non abbiano funzionato, perché se la prende con i mercati e non con chi quelle regole ha fatto? E, se ha individuato il motivo per cui non hanno funzionato, perché ce ne tiene all’oscuro?

Non solo Rossi ma moltissimi esponenti della sinistra migliore, sono convinti che la crisi del 2007 li abbia vendicati per quanto hanno dovuto patire nell’ultimo trentennio, il più prospero e dinamico dell’intera storia umana. La libertà di movimento dei capitali ha costretto i governi di tutto il mondo a tenere comportamenti più rispettosi delle libertà individuali: l’inflazione è diminuita ovunque, sono quasi scomparse le dittature, i disavanzi sono calati e ovunque si discute (anche se ci si guarda bene dal farlo) su possibili riduzioni delle tasse. Molti paesi hanno adottato, con eccellenti risultati, l’aliquota unica. La globalizzazione, che Rossi, citando Dahrendorf, accusa di essere incompatibile con la democrazia, è un fattore di grande sviluppo, specie per i paesi poveri.Il fatto che queste politiche di segno opposto a quello auspicato dalle sinistre abbiano funzionato, se ha fatto piacere a noi monetaristi, liberisti e reazionari, ha anche arrecato indicibile sconforto a quanti non la pensano come noi, costringendoli a sperare in una crisi, magari non profonda quanto quella “fine del capitalismo” auspicata da Marx e dai suoi seguaci innumerevoli volte negli ultimi 150 anni, ma almeno sufficiente a rendere giustizia alla bontà delle loro ideologie.

Quello che il Nostro sostiene è che la crisi del 2007 è stata determinata dai mercati per assenza di regole e altre forme d’intervento pubblico. In realtà, la crisi è dovuta alla politica che ha impedito ai mercati di funzionare. La bolla immobiliare è nata nel 1999, quando Clinton esentò gli incrementi dei valori immobiliari fino a 500.000 dollari ed è stata resa più acuta dalle politiche adottate da Fannie Mae e Freddie Mac, ispirate dalle decisioni della maggioranza democratica in Congresso, di concedere mutui immobiliari anche a chi non offriva le necessaria garanzie (subprime). Quanto alla bolla azionaria è stata semplicemente il risultato dell’insensata politica della Fed che, per tenere il tasso d’interesse all’uno per cento, ha condotto ad una rapida espansione monetaria.

Conosco, anche se solo superficialmente, Guido Rossi e lo stimo molto. Mi spiace non trovarmi d’accordo con lui e, se ho espresso questo mio disaccordo in modo brutale, me ne scuso, ma la tradizione di Chicago è questa: brutali nel dibattito sulle idee, civili nei rapporti umani.


da Il Foglio

Il progressista che guarda all' indietro

In genere si pensa che i Conservatori si rifacciano ai valori della tradizione mentre i progressisti guardino in avanti desiderosi di innovare.

Il solito Robin Hanson con argomenti creativi scompagina le carte in tavola: i progressisti in realtà sarebbero impegnati in modo più o meno cosciente a recuperare una tradizione più antica mentre i conservatori supporterebbero una tradizione in erba (meno di 10.000 anni), quella dell' Uomo Agricolo.

La Tradizione con la "T" maiuscola, quella vera, quella più antica, sarebbe quella dell' Uomo Raccoglitore.

Ecco una descrizione del progressista/raccoglitore:

"... these folks eat a healthier more varied diet, and get better exercise. They more love nature, travel, and exploration, and they move more often to new communities. They work fewer hours, and have more complex mentally-challenging jobs. They talk more openly about sex, are more sexually promiscuous, and more accepting of divorce, abortion, homosexuality, and pre-marital and extra-marital sex. They have fewer kids, who they are more reluctant to discipline or constrain. They more emphasize their love for kids, and teach kids to more value generosity, trust, and honesty. These folks care less for land or material posessions, relative to people. They spend more time on leisure, music, dance, story-telling and the arts. They are less comfortable with war, domination, bragging, or money and material inequalities, and they push more for sharing and redistribution. They more want lots of discussion of group decisions, with everyone having an equal voice and free to speak their mind. They deal with conflicts more personally and informally, and more prefer unhappy folk to be free to leave. Their leaders lead more by consensus..."

Ed eccone una del conservatore/agricolo:

"... these folks travel less, and move less often from where they grew up. They are more polite and care more for cleanliness and order. They have more self-sacrifice and self-control, which makes them more stressed and suicidal. They work harder and longer at more tedious and less healthy jobs, and are more faithful to their spouses and their communities. They make better warriors, and expect and prepare more for disasters like war, famine, and disease. They have a stronger sense of honor and shame, and enforce more social rules, which let them depend more on folks they know less. When considering rule violators, they look more at specific rules, and less at the entire person and what feels right. Fewer topics are open for discussion or negotiation... these folks believe more in good and evil, and in powerful gods who enforce social norms. They envy less, and better accept human authorities and hierarchy, including hereditary elites at the top , women and kids lower down, and human and animal slaves at the bottom. They identify more with strangers who share their ethnicity or culture, and more fear others. They have more murder and are less bothered by violence in war, and toward foreigners, kids, slaves, and animals. They more think people should learn their place and stay there. Nature’s place is to be ruled and changed by humans..."

Forse che i valori tipici di un' umanità povera, nomade e improduttiva siano destinati a tornare nell' era dell' abbondanza?

L' età cruciale

Siete un governante e dovete investire sulla gioventù del vostro Paese.

Dove mettete i soldi?, nei Licei?, nelle Università?

No, se avete il senso degli affari punterete tutto sugli asili per bambini provenienti da famiglie svantaggiate.

...Nobel Prize winner James Heckman of the University of Chicago and Dimitriy Masterov of the University of Michigan argue that by waiting until kindergarten, we throw money at kids when it's too late. Their evidence urges shifting educational spending to younger children... Recent developments in neuroscience have shown that the early years are vital to cognitive development, which in turn is important to subsequent success and productivity in school, life, and work... while many people advocate spending on these kids for reasons of fairness or justice, Heckman and Masterov make a different case. They're saying this preschool spending is a sound economic investment...

Fonte: http://www.slate.com/id/2166852/

martedì 19 ottobre 2010

Meglio per chi?

The story is told of a Chinese law professor, who was listening to a British lawyer explain that Britons were so enlightened, they believed it was better that ninety-nine guilty men go free than that one innocent man be executed. The Chinese professor thought for a second and asked, "Better for whom?"

http://www.law.ucla.edu/volokh/guilty.htm

Perchè la Tobin-tax non funziona

http://rassegnastampa.mef.gov.it/mefeconomica/View.aspx?ID=2010110917107737-2

lunedì 18 ottobre 2010

Great divide

Lo so, a molti non piace dividere il mondo in due.

Costoro si affrettano a precisare che la regola del "tertium non datur" varrà per la logica ma non vale quando ci muoviamo nella vita reale.

Non penso che una reazione tanto drastica sia anche oculata, discutere in fondo significa anche semplificare.

Sarebbe meglio allora dedicarsi a rintracciare quali siano i "great divide" più fecondi, lo scopo è quello di individuare porte dietro le quali ci siano sempre altre porte attraverso cui proseguire il cammino senza sapere in anticipo dove finiremo.

La proposta di Robin Hanson:

Some classic great divides: tyrants vs. freedom-lovers, rich vs. poor, faithful vs. heathen, urban vs. rural folk, men vs. women, intellectuals vs. ignoramuses, artists vs. undiscerning, greens vs. greedy, civilized vs. uncivilized, east vs. west, farmers vs. herders, hill vs. valley folk, Aristotle vs. Plato followers, jocks vs. nerds, extroverts vs. introverts, neats vs. scruffies, makers vs. takers, communitarians vs. individualists, young vs. old...
Le domande che bisogna porsi davanti ad un "great divide":

1.How is this division a key division, underlying many others?
2.How do people acquire their sides in this conflict?
3.How has this conflict lasted so long, without one side winning?
4.How could one side finally win such an old conflict?
5.Why is one side better than the other in an absolute sense?
6.Why can’t those folks be persuaded that their side is bad?
7.Why can’t peaceful compromise replace conflict?

I Cortili Veneti di Parise

Dopo aver chiuso il libro, chiudo anche gli occhi per vedere meglio quel panorama.
Dalle narici salgono i rustici tanfi dei cortili vicentini appisolati nell' orbace notte fascista.
Non sono poi molto diversi da quelli della corte lombarda.
Odore di pagliericci, di sonni promiscui, di catarri sifonati, e poi anche di fumi con spessi caffelatte da masticare, benzina propulsiva per tutto il rione.
***
Scrivo con ciglio umidiccio dopo aver girato l' ultima pagina de "Il Prete Bello".
Per la verità l' ho girata da almeno due settimane, ma quell' afrore pungente di polente collose lo sento ancora addosso.
E' il sudore della fauna vociferante che brulica tra quei fanghi.
E' un cortile di poveri. Di poveri con dentro il solito cancro alla prostata. Di poveri che fanno il Natale per conto loro.
Anime che di tanto in tanto puntano l' occhio bovino verso il Signor Lettore.
Umiliati dal non avere nella loro stamberga neanche un tinello dove offrire decorosamente il Marsala.
Unico loro passatempo, sfogliare un giornale scialbo e disadorno, spoglio di notizie e con tanti morti. Il vero giornale degli analfabeti.
E quando li pedini scopri subito come la conoscano a menadito l' arte del sopruso, e scopri anche quanto sia connaturato l' istinto del negriero.
Con un po' di vinella del circolino domenicale viene fuori quella malinconica violenza domestica che si consuma dietro le porte che danno sul cortile.
E' fatta di sorde furie gutturali con l' appendice dei musi lunghi da cane bastonato.
***
Il cortile raccontato dai bambini, cuori contenti mentre portano a spasso i pidocchi di casa loro.
"Se fossi il Duce...se fossi il Papa..."
Mentre con un' unghiata si infrangono ancora una volta la crosta dell' ultimo capitombolo.
Pieni di pellagra, ostia, e di parole oscene, ostia, imparate e non capite, per mettere meglio in fuga quel po' di coscienza.
Su questi narratori minorati ogni loro deficit splende come un' aureola. E sono proprio le tare più profonde a deformare in modo visionario il loro racconto.
Intanto muoiono sognando le baluginanti canne rosse della "Legnano", vertigine dell' unico bene nel pozzo dell' indigenza.
Tanto, se poi una gamba resta presa sotto il camion, fa niente. Si chiede meglio l' elemosina.
Quell' elemosina ingiunta con l' ornamento di mille retorici salamelecchi, ma elargita macchinalmente e con grande generosità proprio da chi non ha mai avuto voglia di ascoltare niente.
Prima che pezzi di corpo andassero perduti, quei marmocchi li abbiamo visti per anni aggirarsi in incognito nel cortile come gatti, con la stessa tranquilla e morbida innocenza di movimento.
Se è per questo io li ho visti perfino orinare dalla paura nel corso di avventure stevensoniane.
[...invasi da una rilassata dolcezza simile al dormiveglia che precede un sonno profondo, si lasciano scorrere con piacere il caldo fuori dei calzoni e lungo le gambe...]
Avventure proprio come quelle sentite raccontare dai vecchi dopo cena, tra rutti occultati nei sospiri e sorrisi fissi da salvadanaio.
In un angolo del libro ce n' è persino uno che sogna il bacio del Duce. Potente argano in grado di estrarlo dalla guazza.
***
In quell' habitat l' animale più diffuso è dunque il "toso" zoccolante.
Si presenta in colonie cenciose (naia) dirette all' assalto del Pacco Poveri con i buoni della San Vincenzo. Sa come saltar la fila e lascia ad altri l' occhio da panico di chi resta in fondo.
E' un pesciolino guizzante vestito con la metà del mantello di San Paolo.
E' uno che non si è nemmeno accorto di avere addosso anche la fame dei nonni, la fame spensierata del rachitico inconsapevole, la fame che c' è sempre, anche il giorno della Prima Comunione, anche il giorno della Befana Fascista.
Un "toso" che ha già capito l' andazzo sviluppando un darwiniano istinto della frode. Cattiveria, paura, difesa, lucidità, si alternano a ruota libera dietro le cispe dell' occhio.
Da dentro il suo cencio scruta curioso e senza invidia il coscritto benestante reso ebete dall' educazione spropositata.
***
Ma non c' è solo lui a battere il Cortile.
Il cortile è dominato dalla Vanitas della Feccia che la fa da padrone in ogni microstoria.
Le Zitellone sballottate tra una predica ascoltata pensando ai romanzi e un romanzo d' appendice "fatto passare" sul ballatoio pensando alla predica.
Con questi intrugli è fatale che nell' etere di quei cortili rimbombi senza posa il catto-pettegolezzo.
Un bisbiglio postillato da una quantità di aggiunte non pronunciate ma ugualmente espresse con il sapiente giro dell' occhio, finchè la palpebra non si affloscia tremolante sotto il peso di un peccato che non si vuol dire.
[...il polline del cicaleccio si diffonde con dinamiche non euclidee, terribile, serpentino.
E' una lama invisibile, sottile e affilata, taglia i panni di dosso nel punto in cui questi panni si sostengono, recide il filo di quel bottone segreto e lascia di colpo nudi i peccatori, al ludibrio, con la sola mano in luogo della foglia...]
Uno strano Spirito Santo anatomizzato nel "Prete Bello" come mai su altre carte.
Nasce forse negli atrii delle Chiese, ma spira poi in ben altri sacrari.
Nel Cortile Veneto per esempio, tra porta e porta, soffiato con maestria da Signorine ancora ambiziose in età avanzatissima, addestrate nel trattenere sospetti ed ansie.
Zitelloni trasognati, pavonesse di gran razza.
Conoscono la propria mostruosità di locuste ma non rinunciano a credersi delle "tipe" e a fare la ruota guardando distratte dall' altra parte.
Dopo decenni passati tra sarcasmi viene il loro mopmento. Devono pronunciare la frase della vita e non ci riescono più, il mento trema troppo, i ponti dentari sbatacchiano.
Mentre dalla Pieve tornano tutte insieme al Tugurio, le indifferenti parole cadute dal pulpito ad opera del conteso, dell' aitante e modernissimo Don Gastone, si tramutano lentamente in quel cervello fatto per sopravvivere.
Dapprima divengono sottintesi insinuanti, e poi, una volta arrivate alla meta, sono ormai promesse formali indirizzate in via esclusiva solo a loro.
***
Il cortile visto dall' alto è un formicaio festoso che l' urbanista di oggi ancora studia nel tentativo di riprodurne la vitalità palpitante.
Ma visto da dentro puo' dare anche qualche dispiacere, come sempre lo spettacolo di una vita che palpita per esaurirsi.
Fa niente, a tutto c' è un rimedio manzoniano.
Un bel bicchiere di Vermut preso sulla sedia di vimini collassata... e Sempre sia Lodato.
Per quel che mi riguarda lascio il libro soddisfatto.
Finalmente trovo la mappa puntigliosa di un Utero fecondissimo. E io che credevo di aver esaurito l' argomento con una passeggiata a Malo in compagnia di Meneghello!

Nuove religioni, nuovi profeti, nuovi peccatori

Viviamo tempi grami, il paradigma religioso è sottoposto a furibondo rinnovamento, nuovi credenti si affollano intorno a noi, conferme viventi della profezia di Chesterton (dove manca la fede abbonda la creduloneria).

E con le nuove religioni, sfilano a capo chino segnati a dito anche i nuovi peccatori.

Dopo il Dio del Deserto, c' è toccata la famigerata Dea-Ragione. Ma se quella rappresentava la padella, la brace ci si para oggi dinnanzi nelle vesti della potente Dea-Salute.

Una lucente lettera scarlatta viene ogni giorno stampigliata sulle carni degli obesi: questi figli del demonio, con la loro sola nefanda presenza bestemmiano e profanano la Dea ai piedi della quale si affollano armati fino ai denti i veri devoti del nostro tempo, quelli dal sentimento più barbaro e refrattario al dubbio. Bisogna punire gli impuri - ovvero aiutarli, che spesso è la stessa cosa. Bisogna "liberarli" facendo conoscere loro la Verità: conoscere per deliberare.

Ma perchè, chiede timidamente il razionalista autistico, non implementiamo piuttosto un vasto programma governativo per la conversione di massa al Dio biblico della Tradizione, visto che ormai è appurata una robusta correlazione tra fede canonica e salute fisica?

Non sia mai! L' ateo, così bright ed energico, non funziona come vittima sacrificale, e poi faremmo rientrare in campo un Dio concorrente, meglio infastidire l' obeso (che è anche statisticamente povero ed esteticamente ributtante; l' estetica e la religione, si sa, si rinforzano a vicenda).

Mille volte meglio... un milione di volte meglio impalare l' obeso: è schifoso e deforme come il naso adunco di una strega reduce dal sabbah.

Vada per lui allora, partiamo pure con la crociata salvifica... anche se gli studi si affastellano dimostrando che le armi predilette da chi partecipa alla progetto di redenzione siano come minimo spuntate. Non è facile rassegnarsi al fatto che Diete & Moto, le strategie previste, funzionino all' incirca quanto l' aglio e il paletto di faggio. Ma questi sono particolari.

Quando una flebile speranza ci dice che con uno sforzo sovrumano potremmo giusto far rientrare nel peso forma chi è in leggero sovrappeso, ecco spuntare il dubbio che "essere in leggero sovrappeso" sia quanto mai salutare.

Se la lotta all' obesità è un mito ricorrente, poco male: ogni religione ha i suoi miti.

Non sarà mai che i panzoni vogliono restare tali e non hanno affatto voglia di essere convertiti, per quanto ne dicano loro stessi. In fondo già Becker e Murphy ci avevano spiegato che le dipendenze (droga, fumo, gioco e altri stravizi) in genere sono scelte perfettamente razionali.

Non sia mai che il peccatore la pensi diversamente da noi, non sia mai che abbia gusti che si discostano dai nostri. Non sia mai, anche perchè l' integralista non riesce a concepire che al mondo esistano "gusti" diversi dai suoi. la cosa lo indigna.

Con incongruenze del genere figuriamoci chi ci va per primo a nozze.

"When an entire society is told that thinner is better and studies everywhere agree diets don't work, it's time to take a look at the assumptions behind the messages..."

Humans clearly attend closely to status, an important part of status is dominance, and a key way we show dominance is to tell others what to do. Whoever gets to tell someone else what to do is dominating, and affirming their own status. But we are also clearly built to not notice most of our status moves, and so we attribute them to other motives... So we tend to think we tell others what to do in order to help them, and not to dominate them. In particular we tend to think we tell fat folks what to do, and control their behavior, because this will help those fat folks... Yet it is completely crazy to imagine that fat folks have not yet heard that fat might be unhealthy or unattractive. Believe me, they’ve heard! If they are choosing to be fat, they are doing so reasonably informed of the consequences. Our constant anti-fat “public health” messages are not at all kind – such messages just serve to put fat folks down, and lift the rest of us up.


Robin Hanson

Paul Campos - The Obesity Myth

p.s. chi vuol saperne qualcosa in più clicchi qui e qui.

La punch line è dedicata ai legislatori così solerti nel tutelare la dieta dei bambini: I know, I know . . . it's for the children! I am very fond of children. But I do not actually think that they are some sort of master race in whose name anything at all can be justified. And if I did, I'd be a lot more worried about, oh, abortion, than McDonalds ads.

Tradotto: che ne dite di non accanirvi sulla forfora quando avete un tumore al cervello da curare?

venerdì 15 ottobre 2010

Recensione al vangelo del 17-10-2010

Vangelo secondo Luca 6, 43-48

"In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai suoi discepoli: «Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo, né vi è d’altronde albero cattivo che produca un frutto buono. Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dagli spini, né si vendemmia uva da un rovo. L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda. / Perché mi invocate: “Signore, Signore!” e non fate quello che dico? Chiunque viene a me e ascolta le mie parole e le mette in pratica, vi mostrerò a chi è simile: è simile a un uomo che, costruendo una casa, ha scavato molto profondo e ha posto le fondamenta sulla roccia. Venuta la piena, il fiume investì quella casa, ma non riuscì a smuoverla perché era costruita bene».

Altre letture.

Si coglie una presa di distanza dal protestantesimo e da una vita spirituale arginata nell' intimità. La fede cattolica deve evidentemente esplodere all' esterno e fruttificare anche nell' agone pubblico.

Ma oggi la fede fruttifica?

Il recente volume di Messrs - Putnam - Campbell - American Grace - ci rassicura sui buoni frutti di una fede salda:

"... religious people make better neighbors by almost every index. They are more generous, with both their time and money; more civically active, in community organizations and political reform; more trusting; more trustworthy; and even measurably happier. The only exception to this list of positive traits: religious people tend to be less tolerant of views that clash with their own. These results hold even when the authors control for such factors as gender, education, income, race, region and age..."


Il cattolico libertario ha poi buon gioco nell' accostare queste conclusioni all' importanza che rivestono per la vita personale il "senso" e la "libera scelta":

"...In the German panel, religious people (predominantly Christians, but including a Muslim minority) give higher priority to altruistic and family goals, and lower priority to success goals than nonbelievers. They also spend more time on volunteer activities. Many previous research reports have commented on the positive cross-sectional association between religious adherence and happiness... Life goals and choices have as much or more impact on life satisfaction than variables routinely described as important in previous research, including extroversion and being married or partnered..."

Sembrerebbe davvero non esserci nulla di meglio che una fede robusta vissuta come libera scelta.

Il mio consiglio: abiurare e riconvertirsi ogni giorno.

Fonte 1: http://online.wsj.com/article/SB10001424052748704696304575538230485331308.html
Fonte 2: http://www.bigquestionsonline.com/blogs/heather-wax/goals-religion-and-personal-choices-can-affect-long-term-happiness

I due popoli della rete: barbari e mafiosetti

Lui dona a Lei un anello di brillanti dal valore considerevole. E' un anello di fidanzamento e vuole andare sul sicuro, presto si sposeranno. Auguri.

In questi casi, tutti converranno, il fatto che si tratti di pietre di valore viene ben prima del giudizio circa la loro "bellezza".

Se per qualsiasi ragione il valore dei brillanti sul mercato collassasse, Lui non avrebbe più motivo per acquistare un anello del genere. Ciascuno lo capisce, perchè ciascuno capisce che con quell' anello si intende "segnalare" un impegno prima ancora che un gusto estetico.

La vita è così, gran parte di cio' che facciamo non lo facciamo perchè intendiamo farlo ma piuttosto perchè vogliamo, facendo quella cosa, "lanciare segnali".

A volte persino chi soffre di mal di mare è disposto a comprarsi uno yacht pur di "segnalare" il proprio status economico.

Spendiamo somme da capogiro in farmaci inutili perchè segnalare la cura che abbiamo per noi stessi e per chi ci sta vicino ci rende più affidabili. Non farlo, per quanto razionale, ci sembrerebbe primitivo.

Bene, con questa breve introduzione spero si sia capito il concetto di "segnale".

Lo stesso fenomeno infatti si riscontra quando discutiamo, tra i dialoganti ci sono almeno due categorie di persone: chi simpatizza con Giovanni e chi con Mauro.

Giovanni
quando apre bocca è per dire qualcosa della cui verità è convinto.

La propensione di Mauro è diversa: le sue affermazioni in genere sono buttate lì per lanciare dei segnali.

Potremmo forse dire che Giovanni è di un candore barbaro mentre Mauro è uno smaliziato mafiosetto interessato al messaggio trasversale.

Giovanni quando parla si appassiona alla verità, Mauro alle conseguenze.

Per Giovanni la cura del linguaggio è un' ossessione, la verità richiede nitore e sottigliaezza, la vaga ambiguità delle sfumature mina la chiarezza.

Per Mauro la cura del linguaggio è secondaria, cio' che conta è l' effetto: usare certe parole piuttosto che altre in fondo è indifferente, anche la precisione nei termini è trascurabile, l' importante è catturare la preda e a volte un po' di confusione puo' far gioco.

Giovanni odia le distorsioni tipiche del politically correct, Mauro vi ricorre di continuo per arginare taluni effetti collaterali che potrebbero risultare offensivi.

Giovanni riceve un linguaggio dalla tradizione e vi si adegua, un linguaggio condiviso è il miglior modo per mettersi in comunicazione con l' Altro.

Mauro invece vede il linguaggio come una gabbia, lo forza da tutti i lati, lo piega a fin di bene, lo perverte per conseguire i suoi obiettivi. Restare concentrati sul proprio obiettivo è fondamentale, l' Altro e la comunicazione vengono rilegati sullo sfondo.

[... quando Alessio Burtone ha saputo che l' infermiera rumena Maricica Hahaianu‎ era deceduta, ha commentato: "sono stato sfortunato". Giovanni si è dichiarato d' accordo con lui, Mauro a momenti gli salta al collo...].

Inutile aggiungere che quando Giovanni e Mauro s' incontrano danno spesso vita ad un dialogo tra sordi, a meno che non si riconoscano ("ah, ma tu sei Giovanni detto il barbaro", "già, e tu sei Mauro il mafiosetto"...).

Nella vita tutti noi riceviamo pressioni e finiamo inevitabilmente per agire come Mauro, a volte non farlo sarebbe a dir poco riprovevole.

Ma la rete ci dà una grande possibilità: recuperare per un attimo il Giovanni che è in noi. In fondo la rete è una realtà virtuale, non viviamo lì la nostra vita e l' esigenza di "segnalare" si affievolisce.

E' un peccato che molti, avendo troppo frequentato il Mauro che è in loro, ormai non se ne sappiano più liberare e neanche quando si tuffano e nuotano nel mare anonimo e virtuale di internet cessano dall' esigenza di "segnalare" a destra e a manca come se fossero nella piazza del loro paesello.

P.S. per appellare i due popoli ho utilizzato due epiteti (barbari & mafiosetti) che, sebbene ne abbia specificato analiticamente il significato, potrebbero apparire offensivi. Ebbene, se è passato il concetto che volevo far passare, si sarà capito che solo da Mauro ci si puo' aspettare il broncio: a lui gli eventuali segnali, per quanto vaghi, interessano più che il senso proprio delle parole. Ma non dovrebbe offendersi visto che io simpatizzo, almeno qui in rete, per Giovanni , ed ambisco parlare come lui.