di sbagliare un calcio di rigore
non è mica da questi particolari
che si giudica un giocatore
un giocatore lo vedi dal coraggio,
dall' altruismo e dalla fantasia..."
Lo "stupido" ci irrita, il "pedante" ci annoia, il "cattivo" ci deprime, il "calcolatore" ci inaridisce, l' "arrogante" ci indigna...
Non è una gran bella compagnia in effetti, ma diventano subito dei simpaticoni se paragonati al peggio.
E il peggio è colui che "sputa nel piatto in cui mangia".
Mi chiedo perchè, nel mondo di carta della letteratura, quest' ultimo comportamento tanto riprovevole sia così poco rimproverato, se non quando si presenta in maniera sfacciata.
Attribuisco la diffusione del malvezzo ad una degenerazione tipica del periodo romantico: il culto delle intenzioni.
Secondo una certa teoria mai teorizzata, avere "buone intenzioni" giustificherebbe qualsiasi condotta.
Le intenzioni maturano nella nostra interiorità. E, per i romantici, l' interiorità del soggetto è tremendamente importante. Anzi, è tutto.
Se siamo puri là dentro, allora la nostra natura è sana, il nostro legno non è poi così storto, il tabernacolo che preserva le nostre essenze resta inviolato.
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Ma essere "ben intenzionati" non basta. Bisogna anche saper "sputare lontano". Spiego subito il nesso tra le due attitudini avvalendomi di una fresca e formativa lettura.
Affiancato dal podcast, recentemente ho preso in mano Stendhal, e mi sia consentito di considerarlo, almeno nel mondo parallelo dei romanzi, uno degli autori che più ha contribuito a diffondere il bubbone di questa peste. La peste delle "buone intenzioni".
Prendiamo l' eroe del libro che ho letto ("Il Rosso e il Nero"). Si chiama Jules, è palesemente oppresso da mille frustrazioni ma è anche infervorato da alti sentimenti che traspaiono con regolare intermittenza.
Quando un "alto sentimento" si presenta lo riconosci subito. Non serve certo analizzarne il contenuto per identificarlo come tale.
Se l' intenzione è nobile non manca mai di segnalare chiaramente la sua presenza, non importa di quanto sia confusa. L' oggetto di una simile intenzione passa immediatamente in secondo piano. Resta l' empito appassionato.
Poichè Jules non è un tipo che si limiti a sognare tenendo sulle gambe il libro con le mirabolanti imprese napoleoniche, puoi star certo che passerà presto all' azione. E allora allaciatevi le cinture!
Per "innalzarsi", si sa, ci vogliono i mezzi. E per procurarseli ci voglioni i "mezzucci".
Pur di farsi largo, il nostro non si asterrà dall' utilizzare traffici su cui ogni rigoroso moralista è in dovere di opinare.
Intenerisce persino vederlo sgomitare mentre costruisce la sua carriera, mentre sale la piramide sociale, mentre traffica una promozione, mentre si arruffiana chi di dovere, mentre fa le scarpe a questo&quello, mentre si dedica anima e corpo al miglioramento delle proprie condizioni materiali, mentre vendica rabbiosamente le sue umili origini, mentre...
Sulla sequela di ambigue vicissitudini che lo investono presto cala discreto ma esplicito il giudizio dell' autore.
Trattandosi di un Grande Autore, sono formulazione che nessun rigo è in grado di accogliere, eppure le leggi ovunque a chiare lettere.
Non sono nemmeno parole da sillabare, si tratta piuttosto di una certa gradazione luminosa che investe ogni pagina.
L' esito si preannunciava e ne abbiamo conferma, il rampantismo di Jules è perdonato. Ne ha combinate di tutti i colori ma è perdonato.
Il perchè è chiaro: non ha mai mancato di odiare scrupolosamente le bassezze di cui ogni volta si serviva.
E tutto cio' mentre nel fondo del suo cuoricino custodiva inalterata la nobile e sognante ambizione di un esito finale che avrebbe di gran lunga riscattato le dubbie pratiche poste in essere.
Non conta granchè che questa catarsi finale non si sia realizzata e non avrebbe mai potuto realizzarsi.
E poi, diciamolo francamente, soggiogati dal magnetico influsso di Stendhal, ci interessa proprio sapere che l' esito negativo dell' intrapresa sarebbe stato facilmente prevedibile affidandosi ad un semplice "calcolo delle conseguenze"?
Ma cos' è mai la capacità di "calcolare le conseguenze" di fronte all' inestimabile tesoro delle "buone (pure) intenzioni"?!
Non che Jules eviti il "calcolo". Solo che, disprezzandolo, non lo conduce fino in fondo.
Odia la triste realtà che il calcolo gli preannuncia. Preferisce abbandonarlo sprezzante quando cessa di recare gradite ambasciate.
I gemelli di Jules fanno pressapoco tutto quello che fa Jules, hanno la sua stessa determinazione nell' affrontare con il coltello tra i denti quella lotta darwiniana che non è poi di molto cambiata nemmeno ai giorni nostri.
Purtroppo capita loro ogni tanto, e la cosa è decisamente incresciosa, di perdere tempo in un rigoroso "calcolo delle conseguenze". Avete capito bene, sono dei miserabili "calcolatori integrali".
Ma c' è qualcosa che è ancora peggio: non odiano i loro "calcoli". Non sputano sui mezzi che utilizzano.
Nessuno scriverà mai un romanzo sui gemellini di Jules.
Anche se il loro codice genetico è per il 99.9% simile a quello di Jules non potranno mai considerarsi "anime appassionate" o "anime sognanti". A loro manca "lo sputo" mondatore.
Senza "sputo" saranno sempre dei borghesucci, dei "salvadanai viventi", buoni giusto per fare da sbiadita tapezzeria alle storie incentrate sui grandi "sospiratori" a cui è toccato in sorte di precipitare in questa valle di lacrime.
I "gemellini" hanno la grave colpa di aver "calcolato". E "calcolare" senza schifarsi di cio' che si sta facendo è un nuovo peccato da aggiungere al decalogo.
Dal maestoso Sinai della modernità discendono le nuove Tavole rivedute ed aggiornate. Stendhal è un Mosè che si incarica di recapitarcele nella loro forma più cristallina.
Se solo i fallimenti di Jules lo avessero reso grottesco ed indifendibile avrei simpatizzato con lui e mi sarei associato al suo perdono.
Se solo Jules fosse stato un' anima candida sprovvista di ogni strumento e intenta a perseguire con pura spntaneità delle pure intenzioni, forse mi sarei associato in una richiesta di perdono.
Ma Jules è il peggio che il Romanticismo abbia prodotto: nobili intenzioni, dotazione intellettuale sopra la media e disprezzo per tutto cio' che ottiene ("mangia") non riuscendo a rinunciarvi. Disprezzo sempre ben in vista. Disprezzo con sputo incorporato e sempre pronto a scattare.
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In un recente "Damasco", Jaqueline Risset - un' ottima guida nell' intricato mondo della letteratura francese, purchè la si segua al contrario - ha rivelato, raggiante di ammirazione, il padre nobile di tutte le "anima appassionata" (o "anime espettoranti").
Si tratterebbe niente po' po' di meno che del filosofo tedesco Nietzsche. E chi era mai il suo "Superuomo" se non un animo elevato dalla purissima intenzione scevra da ogni calcolo meschino?
Se proprio i "Romantici" non possono essere considerati gli unici untori della peste di cui sopra, aggiungiamoci come sovrappiù la cultura del protestantesimo.
Ma lì è già un' altra storia, e Stendhal non ha più niente da dirmi.