domenica 3 ottobre 2010

Il “Che” colpito e affondato

Figo questo libro: Alvaro Vargas Llosa, The Che Guevara Mith and The Future of Liberty.
Per carità, solo 9 dollari, niente di impegnativo.
Ma è scritto con la verve tipica del vispissimo primogenito di Mario.
Uno che lubrifica meravigliosamente il discorso soggiogandoci a quella che altrimenti sarebbe solo una pallosa trasmissione di notizie documentate.
Forse qualcuno se lo ricorda alle prese con altri 4 baldi intellettuali nello scoppiettante volumetto "Manuale del Perfetto Idiota Latino Americano".
[incredibilmente tradotto anche in italiano da Bietti, forse perchè siamo un paese pieno di idioti Italo/Latino Americani].
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Il "Che" è stato un vero mito, lo sappiamo.
Alvaro si stupiva solo di come in molti lo coltivassero anche dopo la fase pre-adolescenziale.
Ammirazione che ha fatto del combattente "contro il capitalismo" una lucrosa "brand" del capitalismo.
La figura del Comandante viene tenuta d' occhio da quattro postazioni.
La prima inquadra la sua crudeltà (spesso inutile).
A quanto pare il Che in battaglia era una spietata "macchina di morte".
Tutti i momenti i suoi poveri e affaticati companeros erano impegnati in esecuzioni sommarie ordinate dal Capo.
Ma nelle boscaglie le cose si dissimulano e la realtà trasfigura nella leggenda.
Molto meglio osservare le attitudini naturali del Nostro quando assunse la direzione della prigione La Cabana (da allora nota come El Inferno).
La seconda prospettiva ci mostra lo "stalinista puritano" e le sue manie da stalinista puritano.
Proibito il gioco, il sesso, l' alcol...proibito tutto. Tranne la colletivizzazione compulsiva di ogni risorsa.
In altre parole veniamo a conoscenza di quanto il Che fosse vicino ai nemici che combatteva.
La sicumera ottusa con cui enunciava le sue utopie oggi fa correre un brivido a chi la ricorda.
Nessun dubbio nella sua mente circa l' esigenza di creare uno stato totalitario ed oppressivo. E' la Revolucion, baby (gli accenti metteteli voi).
Il legame con l' URSS fu voluto fortemente da lui.
Almeno finchè non si rivolse alla Cina apparendogli l' URSS un paese in cui andavano diffondendosi pericolose pratiche capitaliste

 

Fortunatamente a Cuba i ruoli di maggiore responsabilità furono assunti da Castro (un uomo essenzialmente opportunista, diversamente dal Che).
La Terza prospettiva ce lo fa vedere come cattivo capo in tempo di pace.
Sovrintendente a tutti i collassi cubani, ministro di tutte le carestie, la sua ignoranza nelle materie economiche è oggi diventata un proverbio (vivacemente alimentato tra frizzi e lazzi dai suoi autorevoli ex sottoposto).
La quarta prospettiva mi fa cadere braccia e calze. Anche il genio militare del Che viene questionato.
Mazzette per entrare a Santa Clara e solo fallimenti altrove (Nicaragua, Haiti, Panama, Bolivia, Congo...).
Laddove intervenne ricevette scarso aiuto dalle masse contadine disorientate e consentì, come era facile prevedere, alle dittature militari di rinsaldarsi e diventare più spietate abbandonando i barlumi di riforma intrapresi.
Scarsa consolazione, al Che viene riconosciuto un "coraggio disorganizzato", una passione semidilettantesca (il suo scritto "Guerilla Warfare" non è certo libro di testo nelle Accademie Militari) appena sufficiente a sfangarla contro l' esercito corrotto e demotivato di Batista.
Un pamphlet distruttivo che lascia solo cenere?
No, la chiusa è un commovente omaggio a Juan Bautista Alberdi, rivoluzionario vincente che non uccise mai una mosca e contribuì a fare dell' Argentina di fine 800 un paese che stracciò tutti i record.
Alvaro si mostra preoccupato per il suo amato continente Sudamenricano. Come è importante la giusta "mentalità" per uscire dalle ambasce nelle quali ora si trova!
Il messaggio è questo: finchè l' icona del Che campeggerà ed Alberdi sarà poco più che uno sconosciuto potremo aspettarci solo il populismo dei Chavez e dei Morales accompagnati nelle loro gesta dal trombone ammaccato suonato dai Galleano/Minà