domenica 23 dicembre 2007

Sentieri selvaggi. L' arte dell' uscire di scena.

Con occhi dilatati e fissi osservo il controluce che lo suggella: ride away (dominante), ride away (tonica). E' finito il più grande western di sempre.

Lo dico pacatamente, ricordandomi i rischi della pressione alta.


Come per ogni finale che annoda le budella pur orbato di apoteosi, è bello far seguire dibattito. Purchè solo interiore.


Brancolo, non so come farmi funzionare la testa. Senza reperirle, cerco con fatica complessa le parole adatte per giuticare il razzismo di Ethan. La sua malvagità è talmente priva di calcolo che ho una voglia matta di assolverlo accogliendolo nella comunità con una stretta di mano. Eppure dovrei fare tutto questo mantenendo le labbra serrate nella pressione del disgusto.


Fortunantamente un giudice, lo stesso che calibra i profili del canyon, ha già sentenziato. Lui non si è lasciato inebriare dai profumi caramellosi che rilascia tanta merda.


Il corpaccione del film si agita scoordinato (ma perchè tanto impegno nel disperato Ethan?). Non importa, ci importa qualcosa se i dettami della fasulla accademia siano stati violati? ci importa qualcosa se i pellerossi non risolvono gli inseguimenti sparando ai cavalli della diligenza?


Non siamo interessati alle proporzioni anatomiche del corpo filmico. Basta che quella carcassa contenga e preservi il suo cuore di tenebra. Qui c' è e pulsa con forza. E' tutto.


Il libertario ingenuo, smanioso di passare in rassegna il suo repertorio da sapientone, sempre in cerca di un foro per la sua pedanteria, ha spesso stretto ferre alleanze con il genere western.


Si sa...l' individualismo, la legge di natura...Ma per non ulcerare l' idillio è necessario che guardi questi film con un occhio solo, perchè qui le cartacee armonie a buon mercato, gli sbrodolosi amor di patata sono banditi. Sono invece deninciate le raccapriccianti ingordige e spesso la bontà si contorce sotto tacchi appuntiti ed eleganti.


Ma sopratutto tramonta il mito dell' individuo completo e buono per tutte le stagioni. L' organizzazione razionale di questa natura prevede un cambio della guardia. Il razzista è servito per dissodare la frontiere. L' eroe di ieri non ha nemmeno il tempo di civettare con lo spettatore vantando le sue gesta che già deve lasciare il proscenio consegnando il testimone allo staffettista successivo. Subito si dà alla fuga. Una fuga romantica, in controluce ma pur sempre una ritirata.


Ci lascia alle nostre democrazie. Completa la sua opera con il tempismo dell' uscita di scena. Sapremo noi completare il nostro convivio rendendo omaggio alla sporcizia da cui è originata la sicurezza che ci protegge?