giovedì 20 dicembre 2007

Spiegare l' irrazionalità dell' elettore

Poichè la scelta di recarsi al seggio non puo' certo dirsi razionale, cosa dobbiamo aspettarci dalla preferenza aggregata espressa da individui che optano ugualmente per esercitare questo loro diritto?

Visto che per loro il calcolo non conta molto, probabilmente saremo di fronte a preferenze ideologiche anzichè razionali.

La cosa puo' essere interpretata diversamente.
  1. Gli ottimisti ritengono che l' accantonamento di comportamenti razionali sia cosa buona e giusta in simili circostanze. Mettere da parte la coerenza indica che si fanno largo preferenze pro-social altrimenti compresse e inspiegabili postulando individui egoisti e razionali (vedi Surowiecki Winsdom of the Crowds).
  2. Altri economisti la fanno più semplice. Essendo scarsissimi gli incentivi a votare - e qui appare chiara la differenza con l' aggregatore di mercato - il lavoro, quand' anche si senta l' esigenza di svolgerlo, verrà svolto con leggerezza. Cio' spiega quanto tempo i candidati passano in sala-trucco e come si sloghino le mascelle per ampliare al massimo il loro sorriso da simpaticoni. Da queste premesse è difficile scommettere molto sulla tutela del bene comune.
  3. C' è una possibile soluzione intermedia: lo sforzo pro-social del singolo viene intercettato a livelli differenti rispetto a quello delle votazioni effettive. Per esempio a livello di partito. Il bene comune diventa il bene del partito. In seguito il Partito, avendo gli incentivi opportuni, puo' dedicarsi ad un attività razionale ed egoistica.