Ricchi e poveri hanno sistemi di valori molto differenti.
Il povero rispetta l'autorità, il genitore, le gerarchie, le convenzioni sociali. Ha un forte senso dell'onore e della vergogna. Coltiva il valore del lavoro duro, dell' industriosità, della frugalità, del risparmio, del denaro. Investe molto sulla famiglia, sul clan, sulle relazioni personali ravvicinate. È religioso, moralista, ha un forte senso del bene e del male, del merito e della giustizia: in questo senso predilige il rigore all’indulgenza.
Il ricco è individualista, cosmopolita, egalitarista, tollerante, indulgente, modaiolo, ateo, disinteressato, amante delle discussioni, della partecipazione politica e dell'intrattenimento. Esalta l'autonomia dell’individuo, la libera scelta, la creatività e la curiosità.
In che rapporto stanno questi valori con la ricchezza?
Ipotesi: i primi servono a costruirla i secondi a godersela. Guai se si invertissero: il gap tra ricchi e poveri andrebbe fuori controllo.
In questa luce acquisisce un senso compiuto la strana espressione evangelica per cui: "gli ultimi saranno i primi". Non risuona ora molto più chiara?
Anche le sconcertanti parole di Papa Francesco - "fate dei poveri i vostri maestri" - verrebbero ricondotte alla ragione.
Tre letture per saperne di più sui valori dei ricchi e quelli dei poveri.
1) Gert Hofstede e Michael Minkov: “Cultures and Organizations: Software of the Mind”.
2) Yuriy Gorodnichenko and Gerard Roland: “Which Dimensions of Culture Matter for Long-Run Growth?”.
3) Michael Minkov: “Cross-Cultural Analysis: The Science and Art of Comparing the World’s Modern Societies and Their Cultures”.