sabato 1 ottobre 2011

Un venditore onesto

William Lane Craig – On guard

Lo so, un cristiano con la spada sguainata e sempre in posizione di “guardia” non fa una bella impressione dalle nostre parti. Un evangelico tutto sillogismi, Bibbia e amido, non è certo fatto per accattivarsi le scettiche platee accademiche. Quando, invitato controvoglia, mette piede negli atenei europei, il suo sorriso smagliante da venditore d’ auto usate, non attira certo l’ approvazione dei grandi miopi nostrani.

Alla fin fine però bisogna ammetterlo, pochi filosofi combattono con il coltello tra i denti come William Lane Craig.

Povero cristo, gira le Università di mezzo mondo per difendere con verve nientemeno che la “causa di Dio”.

Sono dibattiti impegnativi quelli che vertono su fede e ragione, soprattutto perché non ho in mente uno spazio pieno di tonache come il Cortile dei Gentili del rassicurante ravasi, ho in mente Università secolarizzate con il ddt (praticamente il tempio del Demonio).

Soprattutto in questi tempi di new-atheism irridente, ci vuole un bel coraggio per non tirarsi indietro. Ma con il cow-boy William Lane Craig questo rischio non si corre: quando fiuta la presenza dell’ ateo-razionalista si illumina e comincia a zompettare tutto intorno come un’ unità cinofila in cerca del manicotto.

Si corre piuttosto il rischio contrario, ovvero che lo “smart” di turno declini e non si presenti.

Forte di un’ esperienza decennale, Craig, nella sua vecchiaia di quarantenne, ha ora scritto un’ apologetica per parare i colpi dell’ infedele. Ma perché farlo? perché impegnarsi così a fondo in una difesa razionale di Dio?

Innanzitutto, parole sue, è un impegno che rafforza la fede; poi, contribuisce a creare un ambiente culturale in cui il cristiano possa sentirsi a suo agio. Oggi i cristiani si aggirano per le università con la circospezione di chi ha appena strozzato il proprio gatto, e non hanno certo bisogno che il gallo canti per rinnegare solennemente la loro appartenenza; di sicuro è così in Europa, e nelle università è ancora più vero.

Da ultimo serve come opera di conversione. D’ istinto si dubita sul potere della ragione nelle scelte di fede, ma basta guardare alla storia per capire che la cosa puo’ succedere. C. S. Lewis era un ateo e si è convertito al cristianesimo “ragionando” su Dio. Considerata la potenza dei servigi successivamente resi alla causa, basterebbe anche solo quell’ unico caso. Basterebbe per beatificare chi ha “ragionato” nei modi opportuni con lui di Dio.

Insomma… dal cervello, grandi ali…

thom_puckey_02

Dopo i concisi preliminari, Craig attacca la solfa chiedendosi se un mondo senza Dio sarebbe differente.

Certo che lo sarebbe, si risponde. Sarebbe un mondo assurdo. Un mondo in cui siamo autorizzati a ogni misfatto.

Il matematico russo Andrei Grib disse che la passione religiosa post-muro dei suoi connazionali era dovuta al fatto che avevano vissuto sulla loro pelle una “dimostrazione per assurdo” dell’ esistenza di Dio.

Cerchiamo di non equivocare, nessuno vuole dire che l’ ateo sia un delinquente che vive “al di là del bene e del male”, si vuole solo dire che quando non lo fa è incoerente.

Molti, poi, non si sentono minimamente toccati da un simile rilievo, ma un ateo sedicente razionalista potrebbe anche esserlo.

Sartre e Camus erano dei buoni atei, infatti credevano che “vivere” fosse assurdo. Per loro il “suicidio” era la questione centrale della filosofia.

Anche Nietzsche, togliendo ogni valenza ai comandi morali, si dimostrò un fulgido esempio per l’ aspirante ateo.

Oggi molti atei ci appaiono come noiosi moralisti, l’ immoralità ostentata, a quanto pare, non giova alla causa, meglio allora sacrificarla sull’ altare della coerenza.

Meglio per il “mondo”, ma peggio per il loro pensiero (e per i dibattiti che dovranno affrontare con il dott. Craig che li aspetta al varco).

Fin qui solo preamboli, nei capitoli successivi si passa al piatto forte. Il dott. Craig, infatti, ha un debole per la prova cosmologica dell’ esistenza di Dio, specie nella versione Leibniziana. Ricordate? L’ esistenza di ogni cosa o è necessaria o si spiega con una causa; poiché l’ esistenza dell’ universo non è necessaria dobbiamo spiegarla con una causa necessaria (che ovviamente chiamiamo Dio).

Ottimo, senonché dopo qualche secolo qualcuno ha obiettato a sorpresa che l’ esistenza dell’ universo potesse essere necessaria. “Necessaria”, che linguaggio “antico” e incomprensibile. Per capirci meglio potremmo dire che l’ universo è lì da sempre, non ha una “causa”, non è mai stato creato.

Sono appena stato al bar e posso dire che proprio oggi esce il libro di Roger Penrose in cui l’ insigne matematico sostiene una teoria ciclica dell’ universo. Trattasi di teorie eterodosse, ma è solo un caso tra i tanti di universo pensato come “eterno”.

Ma contro l’ “universo eterno” Craig assesta la sua stoccata, ovvero l’ argomento di Kalam. E’ un prestito richiesto ai mussulmani dell’ antichità (in questo frangente vige una “Santa alleanza” contro l’ infedele).

In effetti “Dio”, come spiegazione, potrebbe essere accantonato e sostituito con una serie di cause che, “regredendo all’ infinito”, rendano eterno l’ universo (ciclico o non ciclico poco importa). Pensare il concetto di “infinito” non crea problemi, cosa c’ è di più semplice? Anche pensare una serie infinita di numeri è facile (ricordo che giocavamo con questi concetti a 10 anni). Invece, pensare una collezione infinita di oggetti materiali è un gran casino. Ma l’ universo infinito ed eterno è proprio quello: una collezione infinita di oggetti materiali.

A prima vista ci si chiede dove siano tutti questi problemi. Eppure ci sono, e possiamo dare loro il nome di paradossi.

Un modo per illustrarli velocemente è quello di pensare all’ Hotel di Hilbert: un Hotel con un numero infinito di camere (correte pure su wikipedia). Ammettiamo che sia “completo” e voi piombate alla reception chiedendo una camera. Vi verrà cortesemente risposto che l’ Hotel è pieno e che quindi verrà subito il ragazzo ad accompagnarvi nella stanza 1, che è libera. Non preoccupatevi, tutto è sotto controllo, nel mondo degli oggetti infiniti funziona così. Per liberare una camera basterà infatti spostare nella 2 l’ ospite della 1 e via così per tutti gli altri ospiti. Facile.

E’ paradossale che ci siano camere libere in un Hotel “completo”, invece ce n’ è a iosa, non solo per voi ma anche per i vostri amici. E non conta se ne avete un’ infinità!

Attenzione, cio’ che è paradossale non è impossibile. Queste storielle non “dimostrano” che immaginare un universo infinito sia impossibile o contraddittorio, dimostrano solo che è problematico poiché i paradossi spuntano da ogni parte: portando all’ attenzione il caso dell’ hotel di Hilbert abbiamo solo iniziato a enumerarli.

Quindi? quindi chiediamoci: a parità di contenuto veritativo, meglio una spiegazione piana (come quella offerta dal concetto di “Dio”) o una spiegazione che genera paradossi a go go (come quella offerta dal concetto di “universo infinito”)?

Craig consiglia caldamente di non fare i cretini e prendere esempio dagli scienziati i quali, in casi analoghi, optano per la soluzione più semplice.

Quel che segue non è farina del sacco/Craig, ma è sempre un buon ripasso.

Si passa infatti alla prova teleologica, il filosofo di riferimento è l’ ateo John Leslie. Come mai esiste questo universo e non un altro? Necessità, coincidenza o disegno?

Pensare di aver vinto la lotteria puo’ essere una spiegazione ma, ammettiamolo, ci lascia decisamente insoddisfatti. La “necessità”, d’ altro canto, richiede di ipotizzare che esistano infiniti i “many worlds”: se i mondi sono infiniti è necessario che esista anche il nostro. Il fatto è che l’ ipotesi “many worlds” puzza terribilmente di ipotesi fatta ad hoc. Non resta che il Disegno.

E’ qui che mette becco Dawkins chiedendo: chi ha disegnato il disegnatore (The God Delusion)?

Craig glielo chiude facendo notare che per individuare la spiegazione migliore non ha senso pretendere la spiegazione della spiegazione, in caso contrario non conosceremo mai niente.

[… se degli archeologi rinvengono dei manufatti ipotizzano una presenza umana piuttosto che una particolare sedimentazione… e questo a prescindere dall’ esistenza o meno di argomenti validi a giustificare quella presenza in quel posto…]

“Dio” oltretutto è un concetto semplice: essendo una mente senza corpo non consiste nemmeno in parti che si articolano tra loro. E quindi è anche una spiegazione semplice. E’ sempre un affare produttivo spiegare qualcosa di complesso con qualcosa di semplice. E pensare che Dawkins ritenva Dio qualcosa di “complicatissimo”. Evidentemente confondeva la mente con i suoi pensieri. In questo genere di considerazioni affidatevi al filosofo oxionense Richard Swinbourne.

Si passa all’ argomento morale: no-dio / no-morale / no-party.

Ma non è detto che i senza dio debbano rinunciare al party, delle alternative ci sono: il relativismo (la morale è una mera convenzione) e il naturalismo (i valori sono plasmati dall’ evoluzione).

Ma ci sono anche le confutazioni, e qui si sguinzagliano due rabbiosi cani da caccia.

Nel 1985 David Stove ha premiato l’ argomento alla base del relativismo come “Worst Argument in the World” (un po’ l’ IG Nobel della filosofia). In quell’ occasione si è esibito in… “satiriche confutazioni” poiché non riteneva molto professionale restare seri.

Della seconda alternativa si occupa invece il meticoloso Alvin Plantinga nel devastante Naturalism defeated. E noi non abbiamo niente da aggiungere.

A questo punto Craig comincia a parlare di Gesù, del perché e del percome sia lui il vero Dio, ma io scendo qui. Penso che la ragione ci ha portato già lontano, meglio non abusarne.