Il pavone maschio sgrana la fantasmagorica ruota e la pavoncella resa cieca cade sopraffatta ai su suoi piedi alle sue zampette. E’ fatta! la famiglia si eterna, e per molti tutto finisce qui.
Chiedete a un etologo, vi spiegherà come i rituali della seduzione siano centrali nel mondo animale: niente seduzione, niente riproduzione; niente riproduzione… insomma, non c’ è bisogno di essere Richard Dawkins per capire che in questo caso le cose non si mettono bene per i “geni egoisti” coinvolti.
Anche l’ uomo ha i suoi rituali e comprenderli serve a capire molte cose… per esempio… la genesi del consumismo capitalista.
Molti non sembrano bisognosi di capire alcunché a riguardo, sanno già tutto in merito e ripetono un po’ a pappagallo la lezione di Francoforte: le multinazionali inducono bisogni artificiosi che poi soddisfano. Loro si arricchiscono e noi ci impoveriamo, questo perché ci costringono a comportarci contro le nostre autentiche intenzioni. Da questa ipnosi nascono i due gemellini diabolici: capitalismo & consumismo.
Io mi domando e dico: avete davvero intenzione di comprare una narrazione tanto piena di buchi?
Non sentite che scorre male? Che qualcosa fa diga?
Il buon senso innanzitutto, che non sembra rassegnarsi: certo, esistono dei condizionamenti, ma non mi sembra di vivere tra gli zombi!
Non si capisce poi dove corra la linea che separa ipnotizzati e illuminati. Alcuni, non si sa bene perché, sono immersi nella “falsa coscienza”, altri no. Ma oltre alla discrezionalità nel porla c’ è anche il potente conflitto d’ interesse di chi la pone! Tutto diventa presto così viscido e poco affidabile.
Manca poi nella ricostruzione la parte biologica, quella più gradita dai duri e puri: come si spiega in termini evolutivi una dinamica del genere? Le personalità più fascinose appartengono spesso al partito anti-sistema, una considerazione che è pietra d’ inciampo, anzi, macigno.
Se questi primi tre motivi già vi bastano per buttare tutto a mare, vi propongo una storia alternativa. Comincio con una distinzione semplice semplice: c’ era una volta l’ era della sussistenza, poi è arrivata l’ era dell’ abbondanza, la nostra.
Nell’ era della sussistenza si “seduceva”… sussistendo: so procurarmi le risorse, magari mi approprio anche delle tue, così crepi e mi riproduco con successo. Mors tua viata mea.
Nell’ era dell’ abbondanza le cose vanno un po’ diversamente: con il “miracolo laico” dello scambio e la speculazione abbiamo imparato a non sopprimere il “perdente”, anzi, c’ inchiniamo deferenti alle sue “incazzature piazzaiole”. Nel piagnisteo generalizzato della società contemporanea si fa un tale baccano che sembra esistano solo “perdenti & sfruttati”, gli altri si nascondono vergognosi. Dove si è spostata allora la lotta decisiva?
Prima di rispondere si noti che, certo, nella corsa all’ accaparramento delle risorse qualcuno ha la meglio, ma, biologicamente parlando, che ruolo gioca un conto corrente a nove zeri? E’ come una ruota di pavone ripiegata, corposa ma occulta, occorre sgranarla. Per esibire il nostro status non possiamo girare con l’ estratto titoli tatuato sul corpo facendoci belli.
Ecco allora il nuovo terreno dove condurre la battaglia delle ruote: il consumo.
Consumare equivale a sgranare la ruota. Il consumo è un’ esibizione di forza e arguzia con la quale mandiamo in circolo feromoni. Il consumo segnala il nostro status attirando come mosche rispetto e partner.
E qui si scopre che le ruote del consumista sono molto particolari, a volte un bouquet di scelte “originali” ha più successo di consumi costosi ma pacchiani. L’ originalità e la sapienza nello scegliere possono compensare di gran lunga le disponibilità iniziali. Le strategie di consumo soccorrono chi è soccombuto nella fase produttiva.
Il capitalismo consumista è alla sua radice una competizione tra consumatori, i quali riconducono alla sfera consumistica lo scontro millenario per la seduzione e la riproduzione. Le grandi compagnie sono delle comprimarie, giocano il ruolo di solerti cavalier serventi che elaborano e forniscono sempre nuove armi ai contendenti.
Vi è piaciuta la storiella? Forse non fa strike ma abbatte molti più birilli della sua concorrente.
Una teoria del genere ha il pregio innanzitutto di essere in linea con la nostra biologia [… corollario: essendoci di mezzo la biologia, inutile perder tempo in crociate anti-consumistiche…].
Spiega anche il perché dietro ogni battaglia anti-consumistica covi una battaglia anti-capitalistica. Finché c’ è abbondanza, ovvero capitalismo, ci sarà consumismo.
E’ anche coerente anche con il fatto che molta merce ha un valore intrinseco irrisorio rispetto al valore di mercato. Non c’ è da scandalizzarsi: la merce, prima ancora che uno strumento, è un contrassegno, e quindi va valutata anche questa funzione.
E’ poi coerente con il linguaggio pubblicitario, che sempre più tenta di far entrare l’ acquirente in un “club” piuttosto che limitarsi a vendere il prodotto.
Purtroppo non è molto coerente con il concetto di “conformismo”.
Ma questo, lungi dall’ essere un inconveniente, è piuttosto la parte più interessante della faccenda.
“Conformismo” e “consumismo” non sono poi così amici come si vorrebbe, fateci caso.
La parolina magica di ogni buon marketing è “autenticità”, un concetto che non ha certo la faccia del conformista!
Lo pseudo stregone del consumismo non ama il conformista, puzza di “stagnazione”, alla lunga la sua presenza è sabbia negli ingranaggi della macchina; ben altra prospettiva offrono i “ribelli”, loro sì che sono limoni carichi da spremere e vanno quindi tenuti cari; una volta torchiata la spremuta del ribelle addomesticato e rimasti con le bucce in mano, si spera ardentemente che nasca al più presto il successivo e lo si idealizza sempre più aggressivo e provocatorio, ce lo si augura che gridi la sua rabbia “contro il sistema” in modo stentoreo. Senza gente del genere la macchina, la moda e i “trends” grippano e s’ ingolfano nella triste parabola discendente del conformismo a oltranza.
Mi vengono in mente molti esempi in ambito musicale, ma penso sia inutile perdere tempo, se non lo vedete anche voi abitiamo pianeti diversi e non mi resta che rinviarvi alle ultime cose scritte su Jobs e sulle sue stilose creazioni..
Non si vuole solo dire che con la contro-cultura si son sempre fatti dei gran soldi, questo doveva essere già chiaro da principio, si vuole dire di più: e cioè che le contro-culture sono il vero motore del consumismo capitalista perché con le loro proposte originali mettono a disposizione un arsenale (di idee e di gusti) grazie al quale i consumatori di domani, affiancati al meglio da una servile e non disinteressata industria, combatteranno nell’ era dell’ abbondanza una battaglia che più naturale non si puo’, una battaglia antica quanto il mondo e che per il secolarizzato uomo moderno è l’ unico fine che possiede questo universo senza scopo.
Fine.
Bene, se vi è piaciuto e la cosa vi convince (ma anche se non vi convince) potete continuare a farvi raccontare questa storia da: Joseph Heath e Andrew Potter (sinceri democratici). Ma potete esercitarvi anche con alcuni link:
Audio of a presentation given by Potter and Heath