giovedì 3 giugno 2010

"Mettere le mani nelle tasche degli italiani"

L' espressione non è delle più galanti ma non si puo' negare che parlando di Tasse renda una fedele descrizione cronachistica di quanto avviene in scena.

Ci sono delle tasche? Sì. Ci sono delle risorse in esse contenute? Sì. Ci sono delle mani che si allungano e - una brandendo armi da fuoco in modo da vanificare ogni dissenso, l' altra agitando dita spigolatrici - traslano una parte del contenuto? Sì. E allora?

Eppure a qualquno l' espressione dispiace (ancora oggi si è alzato il laio di parecchi morning-free a Prima Pagina): sono i pervertitori del linguaggio, sempre intenti a decostruire i problemi anzichè a risolverli.

In genere - si capisce - sono anche tra coloro che si spartiscono il bottino una volta prelevato (l' elenco dei beneficiari delle munifiche elemosine rilasciate da quelle stesse "mani" è sterminato).

I "pervertitori" non si limitano all' umile difesa di un' operazione del genere, magari cercando di convincerci che in fondo l' elemosina che ricevono, chissà per quali vie, possa essere utile al benessere di tutte le "tasche", costoro vorrebbero invece negare l' evidenza raccontando che un' operazione del genere non esista o che non si svolga come si svolge sotto i nostri occhi (che a questo punto si deve ritenere siano collegati a cervelli difettosi)!

Per (non) fare i conti con l' ineludibile realtà dei fatti, la congrega comicia a fare cio' che sa fare meglio e a cui sempre più spesso affida le sue sorti, ovvero coltivare una chirurgica perversione del linguaggio nella speranza che la bambagia del politicamente corretto plasmi ex nhilo una nuova realtà che abbia il loro consenso. Chi sa fare fa, chi non sa fare "perverte".

E' proprio vero: la disonestà comincia a segnalare la sua presenza maltrattando le parole che usiamo. Difenderle è un' operazione di civiltà.

La politica delle strizzate d' occhio

"Un ambito politico dove la "falsificazione delle preferenze" imperversa è quella relativa alle relazioni tra le razze. La paura di essere bollati come "razzisti" impedisce di affrontare seriamente la questione. Anche tra gli elettori si stenta ad esporre pubblicamente il proprio pensiero, in privato, per esempio, le quote razziali sono malviste mentre in pubblico non si osa dirlo a chiare lettere. Ma il silenzio imposto dai taboo non è salutare, è un silenzio frustrante che si trasforma spesso in risentimento per le razze privilegiate dall' affirmative action; si capisce quindi da dove nascano gli imprenditori politici del risentimento: a costoro basta strizzare l' occhio all' elettore senza fare nulla poi per smantellare l' impalcatura che sorregge l' odiata istituzione, perchè quello puo' essere solo un odio privato. Tra il 1968 e il 1988, l' elettorato americano si è mosso verso "sinistra" su temi quali aborto, diritti degli omosessuali, ambiente... tuttavia il partito democratico, vessillifero di certe posizioni vincenti ha perso 5 delle 6 elezioni presidenziali... i repubblicani, probabilmente, hanno capitalizzato al meglio il risentimento degli americani, incluso quello sulle quote razziali dilaganti...".

Timur Kuran - Public lies, private truths.

Già, ecco un altro frutto perverso delle quote razziali: il risentimento.

Quanto al genere d' imprenditoria politica che fomenta - quello dove le strizzate d' occhio bastano a rimpiazzare l' azione - mi ricorda qualcosa.

Finali contestati

Quanto giova rinvenire un cantuccio dove comprimere, stoccare, mummificare e dimenticarsi il peggio di se stessi!
Un cantuccio dove interrare le più venefiche scorie della nostra radiante personalità.
Come circoleremmo alleggeriti da un simile sgravio.
Se ne accorge persino chi è investito unicamente dall' umile compito di "tirare a campà" limitandosi ad eludere le ordinarie tagliole della vita quotidiana.
Figuriamoci un giovane di belle speranze.
Figuriamoci un giovane di belle speranze in epoca vittoriana.
Fifuriamci un giovane assassino di belle speranze in epoca vittoriana.
Figuriamoci Dorian Gray.
Proprio ieri mi sono tardivamente imbattuto nelle incantevoli capriole di questo spiritualizzatore dei sensi.
E' arcinoto: Dorian aveva trovato come ricettacolo di tutte le proprie nefandezze nientemeno che un oggetto estetico (un quadro. C' è chi si purga nel forum e c' è chi...).
Oscar Wilde, il padre cartaceo di Dorian, come molti scintillanti conversatori, non era un grande scrittore; la sua pagina è troppo ricca, troppo densa, al punto che "respira" affannosamente (mi viene il caso gemello di Chesterton).
Ciò non impedisce ai suoi minuscoli pori di trasudare abbondantemente. In questo caso trasudano morbosità e edonismo anti-puritano. Anche per questo, dagli e ridagli, il deflagrante finale mi è apparso del tutto naturale se non telefonato...
Eppure lo respingo.
Ma possibile che chi è riuscito a piegare l' opera d' arte servendosene ai propri fini personali (Dorian) debba poi precipitare nel baratro con un simile tonfo? Debba meritare come colonna sonora del proprio fallimento il preludio del Tannhauser?
Trovo arbitrario impartire punizioni apocalittiche a chi si macchia di mancanze tali da meritare niente più che un' infamante gattabuia con indultino allegato.
E invece il povero Basil, che si fa soggiogare dall' arte, che si fa rintronare dal capolavoro, che si fa sterilizzare da una contemplazione reiterata, che incappa in un reato di idolatria condannato sdegnosamente sotto tutti i cieli...Il povero Basil viene invece tenuto colpevolmente sullo sfondo.
Liquidato nell' acido come un mafiosetto di mezza tacca.
Senza che possa ascendere nemmeno al ruolo di deuteragonista.
Senza che possa nemmeno cantare una romanza tutta sua.
Senza che possa essere trionfalmente inghiottito da un tenebroso abisso a lui solo riservato.
Eppure è proprio lui ad esperire sul serio l' arte che, come lo stesso Wilde riconosce, paralizza l' agire con la sua "magnifica sterilità".
Non ci sto. La mia esperienza è differente. Trovo tutto ciò diseducativo come minimo.
A proposito - se davvero la morale della parabola fosse difettosa - questo potrebbe consolare il povero Wilde, così abbattuto dal constatare e confessare che il più famoso racconto uscitogli dalla penna, nonostante i suoi sforzi, contenesse pur sempre una morale

 

Ma qui, caro Matteo, oltre alla "morte" del protagonista, c' è la grandezza della cerimonia con tanto di gran cassa e strascicatissima marcia funebre ad accompagnamento delle esequie.
E tanto phatos bisogna meritarselo (anche nell' ottocento)! Per esempio producendo o impersonificando un male in grado di secernere realmente succhi ad alta tossicità.
Chi merita questa pubblica e sfarzosa morte? Chi puo' permettersi di abbinare il proprio trapasso ad una scarica di ceffoni-memento assestata agli imberbi?
Qui, dietro il mascherone delle belle metafore, in ballo ci sono i mille modi aberranti di relazionarsi con l' arte (in questa sede direi con i libri).
E tra queste storture si tratta di eleggere la più contorta. Vasto programma per un semplice decodificatore di righi neri.
Di seguito chiarsco meglio la mia posizione riesumando un post che avevo cassato mettendolo in naftalina.
...........................
Non è poi così facile condividere la propria casa con un altro essere umano.
Dovresti vedere, caro Matteo, quante richieste è pronto ad avanzare costui e quante spossanti discussioni sia necessario intavolare affinchè si indirizzi anche solo una parvenza di risoluzione.
Pure la bestia ti chiede molto, con tutti quei guaiti-miagolii-grufolii che ti spezzano il cuore se non corri ad imolarti.
Quello che veramente non mi aspettavo è la lunga teoria di guai che puo' implicare la convivenza con dei libri. Peggio ancora con il capolavoro.
Dopo aver sposato (letto) un capolavoro è dura scrollarselo di dosso.
Ti occupa e ti possiede con una tigna forsennata. E' come avere una insistente tempesta elettromagnetica nel cervello.
Così ti tocca girare e sbrigare le tue faccende con questo grande handicap che nessuno vede e nessuno ti accredita.
Privato della qualifica di martire, che centuplica le forze, da te ci si attende la piena forma, ogni piccola defaillance diffonde delusione & scandalo, pregiudicando interessi e cointeressenze.
Vorresti sempre appartarti per lasciarti investire dal benefico influsso che le trovate geniali del "capolavoro" ancora emanano a distanza di mesi.

 

Ma le bollette scadono e non tollerano dilazione, devi darti una mossa e liberarti dalle tue ubbie.
La bellezza è dunque un demone seduttivo pronto a ferirti sviando e conducendo alla rovina i tuoi preziosi affari ordinari, inceppando il tuo fluente e concentrato trading on line?
Dal mio ancora fresco contatto con la filosofia esposta ne "Il Ritratto di Dorian Gray" traggo tre possibili turpi modi di relazionarsi con l' arte (con i libri):
1-Basil: l' arte (il libro) è un Cristo che ci chiama chiedendoci di tutto lasciare. Per noi Pescatori di parole stampate comincia un' esperienza estetica ed ascetica totalizzante che implica il nostro ritiro dal mondo.
2-Dorian: l' arte (il libro) è un elmo di ferro in grado di proteggerci dalle bassezze e dalla grettezza della realtà che, così bardati, potremo sorvolare a debita distanza.
3-Harry: l' arte (il libro), con il breve godimento che offre, ci disincanta verso la vita reale mostrandoci il luogo che ci compete, ovvero la poltroncina dello spettatore da cui espettorare i nostri giudizi arguti quanto amarognoli.
L' ultima cristiana osservazione consisterebbe nel ritenere le ragioni di cui sopra esposte secondo la gravità del peccato.
***
Da quanto detto vedi bene come, cedendo a questa ottica, sia Basil a guadagnarsi la fiamma più torrida dell' inferno, come sia lui a meritare il Tannhauser come colonna sonora alla sua caduta.
Per Dorian vedo bene una Bolgia parecchio più tiepida, quando non il Purgatorio.
Ma la novella di Wilde non sembra rispettare questa graduatoria cosicchè mi sono permesso di esprimere lo spiacevole fatto ricusandone il finale.
Sarà che la nostra sensibilità contemporanea ci fa sentire più minaccioso il richiamo del tetro "sottosuolo" rispetto a quello dell' eudemonismo sfrenato...

Il grande Gatsby


Il grande Gatsby l' ho letto senza pentirmene. Fitzgerald sa rendere bene alcune atmosfere. Nessuno racconta una festa come la raccontare lui. E' un vero professionista del "party", quelli dove scorrono un mucchio di parole che potevano non essere dette, quelli dove ci si guarda senza mai vedersi veramente, dove si ride molto per combattere il silenzio, nemico di ogni divertimento, dove si aggira trafelata in cerca di fortuna anche Holly Golightly (vero Miriam?). Questa sensibilità al vacuo ha calamitato su di lui l' attenzione di chi veniva da un altro pianeta (vero s68?). Poi, se devo essere sincero fino in fondo, la storia comincia a snodarsi più nitidamente accompagnata dal mio interesse calante.

Il volo di un ammasso di carne sanguinolenta

In questo film all' inizio tutto sembra chiaro: da un lato c' è l' artificio dei lustrini e delle luci della ribalta, dall' altro la vita con le sue ruvidezze insopprimibili; la prima è una droga irresistibile, la seconda è inaccessibile senza il buon viatico di un' amara medicina che disintossichi a dovere.

I confini tra i due regni sono netti e riproposti più volte con virtuosismo, come quando Randy arriva con il suo Van strapieno di energetiche schitarrate anni '80; gira la chiavetta per il parcheggio: sale subito il silenzio squallido dei campeggi d' inverno (è costretto a vivere lì questo mitico wrestler fuori stagione); rigira la chiavetta per la marcia indietro correttiva: riparte la giostra del rock estrogenato; ririgira per lo spegnimento definitivo: fine del sogno, c' è l' affitto da pagare.

Magari fosse così semplice l' etichetta da apporre. Questo è un gran bel film e le soluzioni portatili non funzionano.

Innanzitutto scopriamo che il "fallito" è un uomo coscienzioso, scrupoloso, conscio della propria situazione, professionista onesto, dai sentimenti veraci, benvoluto e persino ammirato dai colleghi che lo aiutano e si fanno aiutare da lui: il wrestling in fondo è un vero lavoro e lui lo fa al meglio, anche quando il suo meglio è ormai di infimo livello.

Ma è un lavoro maledetto, come quello del boia, della prostituta e del soldato; e lui è ormai un "reduce" dentro una ballata di Tom Waits. E' commovente assistere ad una prestazione mediocre sapendo che è realizzata "al meglio". E' la commozione che vi assale quando un bambino vi regala il suo scarabocchio. Tra l' impotenza dei bambini e quella dei vecchi c' è del resto un legame sotterraneo.

C' è una passione che ci arricchisce e ci ispira, grazie ad essa diventiamo amorevolmente meticolosi e diamo tutto quello che abbiamo dentro; c' è poi una passione selvaggia che ci fa sperperare il meglio di noi stessi. Nel film compare solo la prima ma si capisce che in passato ha soffiato il turbine della seconda scompigliando le anime più fragili, quelle che non sanno fare i conti con il tempo.



Questo cuore e questa passione costruttiva si infiltrano tra i lustrini inquinando i due piani che credevamo nitidamente separati. Il regno delle tenebre contiene qualcosa di inaspettato e noi dobbiamo sospendere la nostra maledizione. Non sappiamo più bene se qui il wrestling sia la droga o la medicina.

D' altronde ho avuto la sensazione che la regia simpatizzi con Randy, con la sua scelta, con il suo volo finale.

Mickey Rourke giganteggia con la sua faccia da preservativo usato trovato in una pozzanghera in una notte di pioggia. A proposito, a chi non bastasse la folla di suggestioni già presenti ce n' è una in più: il film doppia la vita del suo protagonista, anche lui ha conosciuto i bei giorni nei profondi '80. Il doppiaggio è penoso ma ce ne vuole per rovinare un film così.

P.S. in realtà il film mostra una caduta di Randy: il mancato appuntamento con la figlia. Ma è una piccola scena, marginale. Mi sarebbe piaciuto che non ci fosse stata.

P.S. C' è poi la rubrica "diatribe con la Sara": ma alla fine Lui vede che Lei non è tra il pubblico? Come valuta la cosa e perchè?

P.S. Desperado: lasciati amare prima che sia troppo tardi.

martedì 1 giugno 2010

Programmino

Allora siamo d' accordo, si fa tappa sul solito cornicione del belvedere e poi tutti al Central park a mangiare vermetti!

... dopo, a mezzanotte, vi porto ad assaggiare la carne in quel posto dove si perdono tutti i bambini...

Scegliamoci il Patrono!

Approfitto del travaglio di un berlusconiano.

Pera si sfoga:

"... eravamo garantisti e ora siamo un po' perdonisti, un po' forcaioli. Eravamo laici, ora siamo clericali. Eravamo per la riforma della Magistratura e non l' abbiamo neppure tentata. Volevamo modificare la Costituzione... e ora siamo ancora a zero. Da ultimo, eravamo per il liberalismoe ora siamo tornati al lapirismo, la celebre dottrina sociale che prende il nome da quel Santo fiorentino che dava ai lavoratori prendendo dalle casse dello Stato, anche se le loro fabbriche erano fallite (spesso a causa dei loro sindacati che ne avevano assunti troppi...). Tanto poi lui si confessava... Quando le cose vanno bene il Lapirismo alza l' unsegna dell' "uguaglianza": tutti, meritevoli o incapaci; laboriosi o sfaticati, devono star bene allo stesso modo. Quando le cose vanno male, il Lapirismo sventola la bandiera della "SOLIDARIETA'": tutti hanno diritto ad essere aiutati a spese della comunità poichè tutti sono figli di Dio. Il vero vessillo del Lapirismo è lo Stato Etico: voi cittadini non siete nessuno non avete diritto ad una vostra autonomia, non dovete prendere nessuna iniziativa, nello Stato ci sarà chi vi rappresenta e decide per voi. Sembra una filosofia perversa e naturalmente lo è. Ma piace. Piace al popolo perchè gli consente di invocare e biasimare lo Stato anzichè se stesso. Piace a Sinistra perchè è l' ultima eredità di Marx. Piace alla Destra perchè gli ricorda l' ultimo Mussolini... piace ai Sindacati perchè rispecchia la loro ragion d' essere... piace a tanta Chiesa Cattolica perchè (Dio la perdoni!) ci vede riflessa la giustizia senza rendersi conto che più "giustizia sociale" si diffonde più il cittadino si consegna anima e corpo ad uno Stato che fa diventare irrilevante la Chiesa stessa...".

In coda arriva una provvidenziale tirata d' orecchie ai cattolici. Io, perlomeno, la condivido.

Molti Cattolici cincischiano approfittando di una Dottrina Sociale della Chiesa che sembra fatta apposta per nascondersi tra le nebbie.

Si tratta spesso di vaghezze anche giustificate, la Chiesa non entra nel merito di parecchie questioni mancando delle competenze adeguate.

Disturba però quell' ambiguità così sfruttata da molti, specie quando prende a pretesto la condanna dell' ideologia per condannare chiunque abbia qualche idea che si opponga al comodo pseudo-pragmatismo dilatorio fatto su misura per non dire niente prima ed imbastire predicozzi interminabili ed incomprensibili dopo.

E allora che i cattolici si scelgano il patrono alla svelta: Sturzo o La Pira? Tutti e due non possono stare sulla stessa torre, mi sembra evidente.

E magari, per ponderare meglio la loro scelta, ne approfittino per leggere quest' aureo libretto dove la rovente polemica tra i due giganti è ben rassunta.

Tutti più ricchi, e di molto.

Una difesa convincente del neo-liberismo.

Un' altra.

Abusi della ragione

Ho sinceramente goduto dell' ultimo articolo di Israel sui "feliciometri".

Anche per me taluni tentativi di "misurazione della felicità" segnalano un "abuso della ragione".

Purchè non si tralasci mai di segnalare che anche la sentenza a priori sull' inadeguatezza di tali misurazioni ci fa ricadere nel medesimo "abuso". E Israel spesso "tralascia".

Una volta messi da parte gli "abusi della ragione", una volta messa al centro la nostra ignoranza, non resta che il Metodo della libertà.

Parole molestate

Il Presidente Obama vorrebbe ridefinire la povertà:

"una persona è povera nel momento in cui si trova ad una certa distanza dal vertice della "piramide", e questo indipendentemente dalla sua ricchezza".

Strano che la povertà di qualcuno sia "indipendente dalla sua richezza". Ma poi per il concetto espresso nel virgolettato esiste già una parola: diseguaglianza. Capisco poi che aiutare gli invidiosi non garantisce gli onori che spettano a chi aiuta i poveri.

E' proprio vero: la disonestà comincia a segnalare la sua presenza maltrattando il linguaggio.

C' è poi chi non si limita a segnalare le perversioni linguistiche ma, e ne vale sempre la pena, spinge nel merito la sua critica: link

lunedì 31 maggio 2010

Il sorriso del centenario

Con studiata perizia Parise lascia che le sue "sillabe" sgocciolino sulla pagina, dietro la scabra semplicità delle vicende narrate si sente l' alacre lavorio di una lima che non cessa un attimo di rifinire il cristallo.

Sono storie sospese nel vuoto, alla Sara non sono piaciute molto: troppo vuoto e poca storia. Si rasenta l' astrazione.



Le storie raccontate come fossero fotografie sono sempre piene di buchi, e se uno ci sa fare in quei buchi il lettore atterra e ridecolla sentendo le farfalle nello stomaco.



Raccontini di un paio di pagine l' uno.

Spesso più che finiti sembrano abortiti, non consentono ulteriori sviluppi e il loro pregio maggiore si risolve nell' accordarci il privilegio di una presa diretta sulla scrittura, quasi lo scrittore ci consentisse di accompagnarlo nel corso della creazione: una volta va bene, una volta va male.

Il "c' era una volta" dell' attacco si contamina subito con lo sguardo tattile che cala sui particolari realistici dell' ambiente. Bell' effetto e grande letteratura, non c' è che dire.

E' l' Italia post-bellica, l' italiano odora del fieno delle campagne, chiamato a parlare ha la bocca impastata. L' errore fatale: scambiare la timidezza per supponenza.

Ma puo' un' esistenza racchiudersi in un banale gesto? Puo' il "poco" simboleggiare adeguatamente il "tutto"? Si tratta di poesia falsificante o di espressione dell' autentico? In queste minuscole biografie l' insignificanza dei particolari è talmente messa al centro che si propaga presto a tutto fino a minacciare l' esistenza stessa di noi lettori: se tutto s' incardina sulla contingenza come sembra, se anche la nostra vita potrà domani essere raccontata in quel modo, allora anche i tesori più preziosi che ci sembra ora di custodire saranno minati da quell' insignificanza di fondo.

INNAMORAMENTO: "... l' uomo che guardava dal tavolo vicino sentì aumentare comicamente le pulsazioni...".

SENSO DI COLPA:"... si sentì investire da una vampata ammaccata da un dolore imprevedibile e ingiusto che non capiva...".

UN RACCONTO NELL' INCIPIT: "... Un giorno un uomo ricco che conosceva la vita anche grazie alle cose futili entrò nella sua immensa casa nell' improbabile tentativo di far capire alla moglie che non l' amava più pur amandola moltissimo...".

AMORE NELL' ODIO: "... una volta provò perino un tuffo al cuore quando lei inciampò e stava per cadere come una bambina miope...".

LUSSO AL DANIELI: "... sia il Maitre che i camerieri sapevano benissimo che non c' era bisogno di alcun cenno ma i cenni si facevano lo stesso...".

ESTRANEITA': "... e lei tentò di accarezzarlo con la fredda estremità di un lunghissimo arto...".

LEZIONI DI VITA: "... perchè le cose felici non si ripetono (e invece si ripetono e non si ripetono, non c' è una regola)...".

ANIMA: "... una domenica di giugno un cane di nome Bobi che aveva e non aveva un padrone cominciò una corsa errabonda ma piena di pause per le strade di una città italiana...".

IL PADRONE DI BOBI: "... gli aveva fatto un casotto con le scatole della pasta Barilla senza compromettersi più di tanto con lui... Bobi aveva aspettato fino a quell' ora nel suo casotto colui che credeva fosse il suo padrone ma questi, che non veniva quasi mai, non arrivò neanche quel giorno cosicchè Bobi si sentì libero a malincuore...".

BOBI: "... camminava su zampe corte ma con la testa alta... solo di rado galoppava come se temesse le infinite conseguenze di una nascita incerta... non era snob come i cani di razza ma nemmeno rabbioso o ansiosamente felice come i bastardi... era un indipendente... devio' a destra del camion-rimorchio barcollando e in quel momento fu investito da una motocicletta che frenò, sbandò e riprese la corsa. Il colpo gli fece molto male ma arrivò piano piano fino al casotto e lì, senza più aspettare il padrone che non arrivava mai, morì...".

IMBARAZZO PER UNA SCENATA LEGITTIMA DI CHI NON HA DIRITTO DI PAROLA: "... il parroco la guardò esprimendo approvazione ma anche disapprovazione...".

ANTIPATIA: "... un giorno un uomo che non si era mai interessato di politica sentì il proprio telefono squillare in un modo che gli parve antipatico... chi chiamava non si stancava di aspettare mostrando una sorda tenacia... finalmente rispose e nel discorso che ne seguì venne usata l' espressione "piattaforma di lotta" che gli risultò odiosa, quasi che fosse stata preannunciata da quel genere di squilli...".

A QUATTR' OCCHI: "... ti fissava distogliendo nervosamente lo sguardo, in lui non c' era l' inquietudine umana e conoscitiva bensì l' ansia animalesca delle scimmiette..."

SPECULAZIONI POLITOLOGICHE: "... ci fu una pausa durante la quale l' uomo indovinò esattamente l' obiezione dell' altro che infatti arrivò pochi secondi dopo ed era la seguente: guarda, pensaci perchè il tuo è un tipico lapsus, significa che sei un qualunquista per non dire fascista..."

ANTIPATIA REDENTA: "... girò gli occhi furbi e voraci qua e là, bevve una sorsata di Brunello come fosse un vino qualsiasi... nello stesso tempo si ficco in bocca con la forchetta una pomme soufflee e con le dita un pezzo di pane (due cose che non vanno d' accordo) in un certo modo curvo tra l' umile e l' ingordo, di un' umiltà e di un' ingordigia così antiche, irredimibili e lontane da ogni speranza futura, al punto che ogni antipatia verso di lui dovette cessare in quel momento...".

MORTE: "... quell' inverno il bambino sembrava destinato a morire. Invece non morì, si trattava solo di un comico verme...".

PRIMA VOLTA: "... accadde in un pomeriggio pieno di cicale nei granai... qualcosa con molta lotta, sudore e graffi... lei da quel giorno diventò triste e diversa...".

QUELL' ARROGANZA CHE ERA TIMIDEZZA: "... l' alterità si trasformarono in un comico pianto che sorprese molti... si aciugò gli occhi e quando il fazzoletto s' inzuppò, usò le nocche delle dita di persona vecchia..."

CASA: "... dal buco della serratura entrava il freddo delle cose ignote...".

DIFETTI BELLISSIMI: "... cercò di spalancare i suoi occhi a mandorla... quello sinistro si fece un poco strabico... pochissimo...".

SOLO COME UN CANE: "... dopo le gite a cavallo con la famiglia dei vicini l' uomo si sentiva sempre stanco nel modo giusto: le cosce e le braccia stanche e il cuore stanco perchè era stato in compagnia. Dormiva fino all' alba e il cuore ritornato solo durante la notte gli diceva: "resterai per conto tuo come un cane fino alla fine", e si girava dall' altra parte con il muso... lui se ne rimaneva lì con tutta la sua intelligenza intatta ad ascoltare nell' immensa casa il silenzio dei parquets (i parquets non sono fatti per essere silenziosi)...".

COMPAGNIE STIMOLANTI: "... poi ce n' era un altro nato con sei dita in un piede ma non aveva altro d' interessante...".

FINALE CON MACACO: "... "guarda, le oche selvatiche... ma non hai portato la carabina, macaco!". E a quella parola, "macaco", cominciò a nevicare.".

AFRICA: "... tra un temporale e l' altro correvano intorno negri vestiti con pezzi di nylon...".

WEEK END IN LIGURIA: "... la stanzetta della pensione conteneva tutto l' odore grigio, chiuso e ostico della Liguria che gli era completamente estraneo e lo spingeva fuori per l' inospitalità...".

PRIMA USCITA INSIEME: "... "Hai freddo?" chiese l' uomo alla donna sperando che dicesse di no, non avrebbe saputo cosa fare...".

AL GRAND HOTEL: "... al Grand Hotel non sapeva dove infilare la borsa, nulla le sembrava abbastanza educato... la mise sul tavolo, sulla sedia... e poi in terra... il suo gesto non era timido, nè vergognoso o imbarazzato ma furtivo, furbo, sembrava l' avesse appena fatta ai nullafacenti camerieri che la fissavano...".

MOSTRO: "... aveva qualcosa d' impercettibilmente deforme, un po' donna un po' nano, ma non si vedeva se non osservando attentamente in seguito ad un' impressione di disagio... ma la gente ha fretta... nessuno vedeva, eppure lui sospettava che tutti vedessero...".

FUCILAZIONE: "... lo portarono contro il muro della chiesa già rovente, le lucertole vaganti dileguarono...".

DOMANDE IMBARAZZANTI: "... "E' straniero?" l' uomo ebbe un momento, pochi secondi, di pausa durante i quali il suo sorriso sparì e subito ricomparve come capita con certe piccole nubi sulla luna... "Sono baltico"...".

WORKING POOR: "... le sue necessità erano molte perchè nonostante il lavoro era povera...".

TIMIDEZZA: "... chiese la lista nel modo seccato e selvatico che hanno i timidi di chiedere...".

Non si creda che il fuggevole impressionismo di questa penna sia sinonimo di vanità. Sentire come viene reso il battito sordo del martello della FAME africana, non lascia dubbi in merito.

sabato 29 maggio 2010

Juno, ovvero il soccorso della Parola

Per confrontarli, abbiamo visto in sequenza due film sull' aborto: Juno e 4 mesi 3 settimane e 1 giorno.

Formalmente sono molto differenti, Juno è una scorrevole (e piacevole) fiaba americana piena di uccellini e canozonette deliziose, l' altro è girato nel solito stile realista che i Maestri Italiani hanno insegnato al mondo, l' unica colonna sonora sono quindi i motorini taroccati che passano fastidiosi in lontananza sulla camionabile.

Juno padroneggia da maestra il proprio discorso, con l' ironia e l' eresia eccentrica domina l' interlocutore mettendolo quasi in soggezione, trova anche parecchie controparti solidali, il mondo che la circonda in fondo è il piccolo acquario dove un vispo pesciolino come lei ha sempre nuotato. Tutto è un' immensa zona pedonale costruita per il tempo libero dei sedicenni.

Otilia - vittima di malintesi, reticenze, insicurezze - non riesce nemmeno a prenotare una camera d' albergo per telefono, soffre molto perchè, come si sa, metà del dolore se ne andrebbe "dicendolo" ad orecchie attente, ma le uniche orecchie attente sono quelle di noi spettatori e lei non puo' sognarsi che esistono. E l' "acquario" di Otilia?Anche lei avrà un suo acquario! No, Otilia è una studentessa "fuori sede", completamente "fuori sede". Da vera "fuori sede" continua a sbagliar strada quando con l' asciugamano nella borsetta scorazza sugli asfalti privi di marciapiede tra i latrati dei randagi rumeni alla ricerca di un cassonetto.

la voce di Juno è ferma ed ironica, spesso chiosa sarcastica le sue disavventure alleggerendole. La voce di Otilia è schermata al modo dei servi, una voce che parla solo per chiedere e tremare nell' attesa che l' ingiunzione venga accolta, in ogni conflitto le tocca impugnare il coltello dalla parte della lama cosicchè gli altri si divertono a taglizzarla prima di trafiggerla, sono gli sfizi meschini che dà un Piccolo Potere.

Juno arriva puntuale e precisa ai suoi drammi, Otilia è sempre in affanno, non è mai al suo posto, non è mai dove dovrebbe essere, nemmeno nella sceneggiatura del film è dove dovrebbe essere: pensate che non le tocca nemmeno la parte della ragazza incinta in procinto di abortire; già, quest' ultima è troppo terrorizzata per farne il vero personaggio tragico del racconto, e così Christian Mongiu ha deciso saggiamente di caricare proprio su Otilia - l' "amica" - le croci più pesanti.

venerdì 28 maggio 2010

Senza nessun senso della misura

Dicono che l' ebreo medio abbia un orientamento "liberal". Si organizzano anche simposi sul tema: "Why Are Jews Liberals?"

Sta di fatto che la sproporzione più vistosa di presenza ebraica sta invece tra i libertari.

Mi limito a quelli che comunemente vengono considerati i più insigni sostenitori dell' ideologia liberale nel XX secolo: Ludwig Von Mises, Fredrick Von Hayek, Any Rand, Milton Friedman, Murray Rothbard, Robert Nozick.

Unico gentile della compagnia: Hayek.

giovedì 27 maggio 2010

A cosa mi serve l' economia?

Poichè qualsiasi persona di buon senso è disposta a deviare dai suoi dogmi ideologici qualora gli si presentino le classiche "buone ragioni" per farlo, l' economia serve a dimostrare che le "buone ragioni" comunemente avanzate per deviare dai principi libertari sono quasi sempre poco più che pretestuose.

Esperimenti mentali

Il miglior modo per confutare la teoria etica dell' utilitarismo consiste nel presentare casi concreti che ne denuncino l' assurdità: esempio, se un riccone è particolarmente avido la teoria prevede che il poco posseduto dal povero spensierato venga trasferito nelle sue disponibilità.

A questo punto all' utilitarista non resta che mettere in sospetto la validità dello strumento che avete usato: l' esperimento mentale.

Ma: "... weird hypotheticals are philosophers' equivalent of controlled experiments. When a scientist wants to test a physical theory, he sets up weird laboratory conditions that make it easy to find an exception to the theory. Similarly, when a philosopher wants to test a moral theory, he sets up weird examples that make it easy to find an exception to the theory..."

Il resto continua pure a leggerlo qua.

Altruismo reciproco

Giovanni ha problemi di salute ed ora è in fin di vita ma in suo soccorso giunge inaspettato Giacomo che donando il proprio rene restituisce il moribondo ai suoi cari in perfetta forma.

Qualche tempo più tardi è Giacomo ad essere nelle peste: la sua azienda fa acqua da tutte le parti e ormai non resta che il fallimento. Ma ecco che interviene Giovanni, ci mette il contante di tasca propria e raddrizza la situazione.

Due splendidi episodi che si raccontano con le lacrime agli occhi, non è vero? Noi tutti vorremmo un mondo così.

Eppure Randy Cohen (detto l' Eticista) sente puzza di bruciato, prima di impartire la sua benedizione intende accertare che tra il primo episodio e il secondo non vi sia collegamento, altrimenti saremmo di fronte ad uno... SCAMBIO.

A quanto pare lo SCAMBIO è proprio qualcosa di terribile, riesce a trasformare due eventi di per sè positivi in due sciagure da maledire.

Forse a guastare tutto è il fatto che uno scambio si realizza con motivazioni egoistiche.

Se fosse solo questo accolgo il "rimedio semantico" proposto da Greg Mankiw: nel caso dello scambio anzichè parlare di "egoismo" potremmo parlare di "altruismo reciproco".

Il buon Greg Mankiw non è certo una grande esperto di etica e sul punto cede la palla all' "Eticista", una cosa però è in grado di dirla: la posizione di Randy sarà forse corretta, di certo ci regala un mondo con più morti e più fallimenti.

mercoledì 26 maggio 2010

Alla ricerca del diritto naturale

Nelle sue recenti uscite Rand Paul, astro nascente della politica americana, ha messo in discussione il venerato Civil Rights Act, baluardo contro la segregazione razziale: si è permesso di definirlo come un provvedimento illiberale.



Difficile dargli del tutto torto, quale liberale non sentirebbe un certo disagio nel leggerlo? Ma non mi interessa tanto entrare nel merito, ricordo solo i 3 punti che definiscono la posizione libertaria ortodossa sull' argomento.

1. La discriminazione del governo dovrebbe essere illegale.

2. La discriminazione dei privati dovrebbe essere legale.

3. La discriminazione dei privati è immorale.

Una posizione del genere si ripete purtroppo in molte materie e crea un dilemma: qualora si assista ad una violazione di legge da parte di un privato, è nostro dovere intervenire e denunciare? Costui ha violato contemporaneamente una legge ingiusta e un comandamento giusto.

In fondo penso di no, e non mi appello all' etica, ma ai diritti del fuori-legge.

Antigone trasgredisce il diritto in nome dell' etica, ma non è l' unica forma di trasgressione giustificabile come in fondo pensa chi ritiene che fuori dalla politica esista solo la morale. Forse esiste anche un diritto pre-politico, un diritto... naturale e il caso di cui sopra in fondo lo dimostra.

C' è una soluzione teorica alternativa: tutto è etica. Ma la soluzione pratica del dilemma non cambia.

Intercettateci tutti!

E' il grido di battaglia con cui negli ultimi giorni ci si butta a difendere il diritto alla libera circolazione delle notizie.

"Intercettateci tutti... non abbiamo nulla da nascondere".

Personalmente ci sono cose che non direi neanche al mio amico immaginario (che è un coniglio gigante), ma forse non ho la schiena abbastanza dritta e mi manca il coraggio delle mie opinioni.

Ci sono anche cose che non direi mai se solo mi guardassi dritto negli occhi, ma forse sono solo un timidone che balbetta quando è interpellato senza filtri.

Possibile però che nella sensibilità generale il diritto alla privacy sia caduto così in basso? Ma cosa tutela in fondo questo diritto? Solo il pudore dei timidoni e la vigliaccheria degli asserviti? Nulla di più? I contenuti sfuggono a molti e urge tornare al prezioso insegnamento di Timur Kuran:

"... siete alla festa data dal vostro capo, proprio quello che a breve dovrà prendere decisioni molto importanti per la vostra carriera lavorativa. Vi accoglie mostrandovi la sua casa, è particolarmente orgoglioso del soggiorno recentemente imbiancato ricorrendo ai pallidi colori naturali, tesse le lodi di se stesso per la perspicacia di una similescelta. Voi annuite, vi mostrate piacevolmente sorpreso da una simile soluzione, in realtà gli smorti colori naturali non vi fanno una grande impressione, c' è qualcosa che non vi appaga, spengono l' ambiente. Ma su questa "strana" impressione non parlereste neanche sotto tortura. A tavola si discute animatamente della recente crisi finanziaria, per il boss la speculazione internazionale è il motore immobile di tutto ed andrebbe colpita senza aspettare; concedete molti argomenti tenendo a freno le numerose riserve a cui pensate. E' mezzanotte ma non osate sloggiare per primi dalla festa, dopo che i più temerari se la sono svignata vi accostate al vostro ospite accampando impegni aurorali per l' indomani senza mai smettere di complimentarvi per la riuscita della serata. Uscite a marcia indietro dalla porta d' ingresso sempre con un nuovo ossequio in bocca. Chiudete la porta, chiudete gli occhi, sbuffate e andate verso casa tentando di scongelare il sorriso che avete tenuto per tutta la serata e che ancora stenta a disarticolarsi...".

A cosa siete ricorsi? Alla menzogna? All' ipocrisia? All' autocensura? All' eufemismo? All' insincerità?

Nel suo libro più famoso (che ho appena finito di leggere) Kuran preferisce usare per l' occasione un' espressione ad hoc: falsificazione delle preferenze personali.

Chi sa cosa sia la falsificazione delle preferenze personali sa che l' Opinione Pubblica non coincide con quel che pensa la società.

Chi sa cosa sia la falsificazione delle preferenze sa che se protratta a lungo in via esclusiva si trasforma in una falsificazione della conoscenza fino a coincidere con quel che pensa veramente la società.

Ecco a cosa serve la privacy: a fare in modo che chi falsifica le proprie preferenze continui a coltivare quelle occulte in privato e al di fuori da ogni pressione sociale in modo da conservarle e rispolverarle al momento opprtuno quando il clima sociale glielo consentirà.

Ancora Kuran:

"... dovrebbe destare meraviglia il crollo a domino dei regimi comunisti, dovrebbe stupire che gli Stati Uniti nel giro di un secolo siano passati dal tabù sulla schiavitù a quello sull' affirmative action... eppure chi conosce e studia il fenomeno della "falisificazione delle preferenze" non si stupisce affatto, sa bene che l' Opinione Pubblica viaggia su montagne russe impervie... chi assiste agli sconquassi provocati dai mutamenti sociali repentini pensa di cavarsela a buon mercato invocando il "gradualismo", peccato che questa medicina sia spesso indisponibile per vie delle Montagne Russe di cui si è appena detto..."

Bene, la privacy garantisce che le preferenze continuino a vivere dietro la maschera dissimulatoria, e, così facendo, contribuisce all' esistenza delle Montagne Russe di cui sopra. E' un contributo trascurabile?

Non penso che la nostra privacy sia così in pericolo, però smettiamola di cantare uno slogan perverso come quello del titolo, dimostra solo ignoranza e disprezzo per la dimensione privata della persona.

venerdì 21 maggio 2010

Il feticismo del potere

WOODY ALLEN: "... sarebbe bello se Obama potesse essere il nostro dittatore per alcuni anni... potrebbe fare velocemente molte cose buone...".

MILTON FRIEDMAN: "... se fossi un dittatore non avrei nessuna cosa buona da imporre agli altri... poichè non conosco cose buone che restano tali se imposte con la forza...".

Spero che adesso sia più chiara la differenza tra LIBERAL e LIBERALE.

Invisibili cerotti

GAETANO SALVEMINI: "... dalla concorrenza delle scuole private, le scuole statali hanno tutto da guadagnare e nulla da perdere...".

ANTONIO ROSMINI: "... le famiglie hanno dalla natura prima ancora che dalla legge il diritto di scegliere per maestri ed educatori della loro prole quelle persone nelle quali ripongono maggiore confidenza..."

DON LUIGI STURZO: "... finchè in Italia la scuola non sarà libera, nemmeno gl' italiani saranno liberi...".

ANTONIO GRAMSCI: "... noi socialisti dobbiamo essere propugnatori di una scuola libera... di una scuola lasciata all' iniziativa dei privati e dei Comuni...".

DON LORENZO MILANI: "... la scuola di Barbiana ha 20 allievi, nessuno figlio di papà, è dei preti, non ha dallo Stato nessuna sovvenzione ma anzi aperta opposizione ed è senza dubbio l' unica scuola funzionante nel territorio della Repubblica...".

CAMILLO RUINI: "... la questione della scuola libera non è solo una rivendicazione dei cattolici ma una questione più generale che riguarda le libertà civili...".

GIOVANNI PAOLO II: "... i pubblici poteri devono preoccuparsi che le sovvenzioni pubbliche siano erogate in maniera che i genitori possano scegliere le scuole per i propri figli in piena libertà...".

LUIGI EINAUDI: "... Trial and error, ecco il metodo dei reginmi liberi. Così per la scuola, essa è libera e feconda finchè qualcuno abbia diritto di dire: io conosco programmi e metodi migliori e apro una mia scuola in cui proclamo, diffondo e insegno la mia verità.

DARIO ANTISERI: "... la libertà di scelta educativa delle famiglie (buono) non ha come unico contraltare il monopolio statalista... deve guardarsi anche dall' insidioso metodo delle convenzioni, vero cappio che trasforma il libero educatore in un postulante ai piedi del potere politico...".

SALVATORE VALITUTTI: "... l' espressione "Religione di Stato" ci fa inorridire mentre l' espressione "Scuola di Stato" ci appare naturale. Eppure sono equivalenti, che cos' è la "Scuola di Statto" se non una "Religione di Stato"?

... e via cantando.

In fondo è per questo che trovo stucchevoli le battaglie di Israel contro i "pedagoghi" e i "metodologisti". Forse è perchè nel mio intimo so che la scuola migliorerà lentamente non certo grazie ad una fantomatica riforma che tarda più di Godot, ma piuttosto grazie al semplice riconoscimento di alcuni diritti elementari della famiglia.

Dentro il buono scuola e fuori il valore legale dei ogni titolo di studio. Ecco come si comincia a levare qualche cerotto da bocche che forse hanno qualcosa da dirci.