mercoledì 26 maggio 2010

Intercettateci tutti!

E' il grido di battaglia con cui negli ultimi giorni ci si butta a difendere il diritto alla libera circolazione delle notizie.

"Intercettateci tutti... non abbiamo nulla da nascondere".

Personalmente ci sono cose che non direi neanche al mio amico immaginario (che è un coniglio gigante), ma forse non ho la schiena abbastanza dritta e mi manca il coraggio delle mie opinioni.

Ci sono anche cose che non direi mai se solo mi guardassi dritto negli occhi, ma forse sono solo un timidone che balbetta quando è interpellato senza filtri.

Possibile però che nella sensibilità generale il diritto alla privacy sia caduto così in basso? Ma cosa tutela in fondo questo diritto? Solo il pudore dei timidoni e la vigliaccheria degli asserviti? Nulla di più? I contenuti sfuggono a molti e urge tornare al prezioso insegnamento di Timur Kuran:

"... siete alla festa data dal vostro capo, proprio quello che a breve dovrà prendere decisioni molto importanti per la vostra carriera lavorativa. Vi accoglie mostrandovi la sua casa, è particolarmente orgoglioso del soggiorno recentemente imbiancato ricorrendo ai pallidi colori naturali, tesse le lodi di se stesso per la perspicacia di una similescelta. Voi annuite, vi mostrate piacevolmente sorpreso da una simile soluzione, in realtà gli smorti colori naturali non vi fanno una grande impressione, c' è qualcosa che non vi appaga, spengono l' ambiente. Ma su questa "strana" impressione non parlereste neanche sotto tortura. A tavola si discute animatamente della recente crisi finanziaria, per il boss la speculazione internazionale è il motore immobile di tutto ed andrebbe colpita senza aspettare; concedete molti argomenti tenendo a freno le numerose riserve a cui pensate. E' mezzanotte ma non osate sloggiare per primi dalla festa, dopo che i più temerari se la sono svignata vi accostate al vostro ospite accampando impegni aurorali per l' indomani senza mai smettere di complimentarvi per la riuscita della serata. Uscite a marcia indietro dalla porta d' ingresso sempre con un nuovo ossequio in bocca. Chiudete la porta, chiudete gli occhi, sbuffate e andate verso casa tentando di scongelare il sorriso che avete tenuto per tutta la serata e che ancora stenta a disarticolarsi...".

A cosa siete ricorsi? Alla menzogna? All' ipocrisia? All' autocensura? All' eufemismo? All' insincerità?

Nel suo libro più famoso (che ho appena finito di leggere) Kuran preferisce usare per l' occasione un' espressione ad hoc: falsificazione delle preferenze personali.

Chi sa cosa sia la falsificazione delle preferenze personali sa che l' Opinione Pubblica non coincide con quel che pensa la società.

Chi sa cosa sia la falsificazione delle preferenze sa che se protratta a lungo in via esclusiva si trasforma in una falsificazione della conoscenza fino a coincidere con quel che pensa veramente la società.

Ecco a cosa serve la privacy: a fare in modo che chi falsifica le proprie preferenze continui a coltivare quelle occulte in privato e al di fuori da ogni pressione sociale in modo da conservarle e rispolverarle al momento opprtuno quando il clima sociale glielo consentirà.

Ancora Kuran:

"... dovrebbe destare meraviglia il crollo a domino dei regimi comunisti, dovrebbe stupire che gli Stati Uniti nel giro di un secolo siano passati dal tabù sulla schiavitù a quello sull' affirmative action... eppure chi conosce e studia il fenomeno della "falisificazione delle preferenze" non si stupisce affatto, sa bene che l' Opinione Pubblica viaggia su montagne russe impervie... chi assiste agli sconquassi provocati dai mutamenti sociali repentini pensa di cavarsela a buon mercato invocando il "gradualismo", peccato che questa medicina sia spesso indisponibile per vie delle Montagne Russe di cui si è appena detto..."

Bene, la privacy garantisce che le preferenze continuino a vivere dietro la maschera dissimulatoria, e, così facendo, contribuisce all' esistenza delle Montagne Russe di cui sopra. E' un contributo trascurabile?

Non penso che la nostra privacy sia così in pericolo, però smettiamola di cantare uno slogan perverso come quello del titolo, dimostra solo ignoranza e disprezzo per la dimensione privata della persona.