Volete sposarvi? Non scegliete a caso dove abitare.
Per ogni esigenza consultate la cartina prima di scegliere la vostra città.
sabato 5 aprile 2008
L' Università come agenzia matrimoniale
Ricevere un' istruzione prestigiosa sembra essenziale per godere in futuro di alti redditi. Basta osservare: ad alti redditi si abbina di frequente un' eccellente curriculum di scuole esclusive.
Andando poi a vedere, non sembra affatto che le competenze apprese nelle Università più ricercate siano strettamente connesse con le abilità sfoggiate sul lavoro e da cui si traggono le notevoli rendite. Basta constatare il metodo più frequente per selezionare i lavoratori: in genere il curriculum scolastoco ha poco peso, si preferisce di gran lunga vederlo all' opera.
quanto alle rendite di cui sopra, sono tanto notevoli da aver ampliato e non di poco le diseguaglianze tra lavoratori.
Teorie possibili: il college insegna poco ma insegna ad imparare, il college funziona come agenzia matrimoniale.
Andando poi a vedere, non sembra affatto che le competenze apprese nelle Università più ricercate siano strettamente connesse con le abilità sfoggiate sul lavoro e da cui si traggono le notevoli rendite. Basta constatare il metodo più frequente per selezionare i lavoratori: in genere il curriculum scolastoco ha poco peso, si preferisce di gran lunga vederlo all' opera.
quanto alle rendite di cui sopra, sono tanto notevoli da aver ampliato e non di poco le diseguaglianze tra lavoratori.
Teorie possibili: il college insegna poco ma insegna ad imparare, il college funziona come agenzia matrimoniale.
Scegliete voi.
Ah, non aprite ancora i links e riflettete. Il fatto anche solo di ipotizzare che l' istruzione non possa servire a granchè (sul lavoro), vi fa pensare plausibile che a parlare siano professori italiani?
Protezione civile?
A volte meglio Wal-Mrt.
Free-Market Environmentalism Reading List
Global warming? Un' occasione per speculare sulle tragedie, direbbe la Kline.
venerdì 4 aprile 2008
Nothing works/Nothing works well/Something works
La storia che valuta il successo dei programmi riabilitativi in favore dei carcerati è particolarmente severa.
Martinson è stato il primo sostenitore della tesi "nothing works". Conclude così passando in rassegna 231 studi dal 45 al 68.
Una tesi successivamente confermata anche da Lipton/Martinson/Wilks.
Conclusioni similari vengono dal Panel on Research on Rehabilitative. In particolare Sechrest/White/Brown.
Non mancano studi che sottolineeano la scarsa qualità dei programmi analizzati. per esempio Gendreu/Ross.
Ma anche Hallek/Wittte.
Aggiungo anche Mair.
Il Panel, stimolato, insiste tentando di comprendere ulteriore materiale. Eppure le conclusioni non cambiano. Vedi in proposito Martin/Sechrest/Rdner.
Lattimore/Witte, successivamente, sono i più sistematici nel concentrarsi sull' importanza della qualità.
Sforzo doppiato da Lattomore/Witte/Baker.
Infine, un po' a sorpresa, uno dei coautori (Witte) ritratta gran parte delle precedenti conclusioni nel capitolo da lui curato in questo libro.
Leggermente diverso è il discorso sui programmi per i rilasciati e i detenuti in libertà vigilata.
Nel suo lavoro seminale Cook osserva come i prograami svolti in carcere abbiano scarsa influenza sulla recidività nonostante che le abilità risultino effettivamente aumentate. Cook suggerisce di privilegiare la ricerca del lavoro e il training on job.
Marks e Vining supportano Cook.
Mallar e Thornton documentano i risultati scadenti del programma LIFE.
Couch fa altrettanto per quanto riguarda il National Supported Work Program.
Basta così, concluderei con le parole dell' economista Kenneth Avio (Economics of Prison):
"...the evidence can be summarized as "nothing works well". Certainly the evidence suggests that a magic one-size-fits-all rehabilitation bullet does not exist. These programs tend to be "successful" only when evaluated on the basis of limited outcome mesaures and even then, the magnitude involved are typically small. Finally, it bear noting that even if "something works" in the limited sense of achieving e beneficiasl measured outcome, it may still be the case that such programs are too expensive to be worthwhile or that the resulting added incentives for individuals to enter the criminal market make the program indesiderable on net...".
Martinson è stato il primo sostenitore della tesi "nothing works". Conclude così passando in rassegna 231 studi dal 45 al 68.
Una tesi successivamente confermata anche da Lipton/Martinson/Wilks.
Conclusioni similari vengono dal Panel on Research on Rehabilitative. In particolare Sechrest/White/Brown.
Non mancano studi che sottolineeano la scarsa qualità dei programmi analizzati. per esempio Gendreu/Ross.
Ma anche Hallek/Wittte.
Aggiungo anche Mair.
Il Panel, stimolato, insiste tentando di comprendere ulteriore materiale. Eppure le conclusioni non cambiano. Vedi in proposito Martin/Sechrest/Rdner.
Lattimore/Witte, successivamente, sono i più sistematici nel concentrarsi sull' importanza della qualità.
Sforzo doppiato da Lattomore/Witte/Baker.
Infine, un po' a sorpresa, uno dei coautori (Witte) ritratta gran parte delle precedenti conclusioni nel capitolo da lui curato in questo libro.
Leggermente diverso è il discorso sui programmi per i rilasciati e i detenuti in libertà vigilata.
Nel suo lavoro seminale Cook osserva come i prograami svolti in carcere abbiano scarsa influenza sulla recidività nonostante che le abilità risultino effettivamente aumentate. Cook suggerisce di privilegiare la ricerca del lavoro e il training on job.
Marks e Vining supportano Cook.
Mallar e Thornton documentano i risultati scadenti del programma LIFE.
Couch fa altrettanto per quanto riguarda il National Supported Work Program.
Basta così, concluderei con le parole dell' economista Kenneth Avio (Economics of Prison):
"...the evidence can be summarized as "nothing works well". Certainly the evidence suggests that a magic one-size-fits-all rehabilitation bullet does not exist. These programs tend to be "successful" only when evaluated on the basis of limited outcome mesaures and even then, the magnitude involved are typically small. Finally, it bear noting that even if "something works" in the limited sense of achieving e beneficiasl measured outcome, it may still be the case that such programs are too expensive to be worthwhile or that the resulting added incentives for individuals to enter the criminal market make the program indesiderable on net...".
giovedì 3 aprile 2008
"Targeting" contro "Bisogni Indotti". Il venitore accerchiato.
A più riprese Fahre si è prestata a denunciare i pericoli della pubblicità e dei bisogni indotti. L' avido venditore presenta un prodotto al quale il consumatore non pensava minimamente ma a cui, una volta conosciutane l' esistenza, non puo' rinunciare. Il pubblicitario vellica i punti deboli della sua controparte indirizzandone i comportamenti. Eccoci allora tutti vittime di un controllo sociale esterno. E' naturale che sia così, conosciamo bene il peso della scuola di Francoforte nell' impostazione fahrenettiana.
Dal punto di vista psicologico l' ideologia dei "bisogni indotti" ha senz' altro dei fondamenti, Cionondimeno possiamo benissimo evitare di farne il fulcro dell' agire sociale. Ci sono diverse argomentazioni in grado di contrapporsi. Alcune di queste le ho già esposte in precedenza (per es. qui - qui - qui - qui e soprattutto qui).
Nella puntata di oggi viene presentata invece l' ideologia del "tageting". Il "venditore" non cessa di costituire il pericolo principale che dobbiamo fronteggiare, solo che, a sorpresa, l' accusa che gli viene rivolta è esattamente quella opposta. Costui studierebbe scientificamente le voglie e i desideri del consumatore al fine di soddisfarlo senza tentare minimamente di agire per mutarle o per guidarlo su percorsi prestabiliti. Sarà il venditore a farsi tappetino. Ma anche questa passività del venditore, inutile dire, sarà causa di molti danni e di un degrado sociale crescente.
Se nessuno avesse tentato di mutare i gusti e le idee altrui, se nessuno avesse mai usato pressioni per convincere il prossimo probabilmente saremmo ancora fermi ai miti della caverna platonica.
Un esempio in particolare sconcerta intervistato e intervistatore: se lo studio di targeting rivela una diffusa simpatia per la pena di morte, probabilmente ci si sentirà autorizzati ad appoggiarla come proposta politica (non è che stanno scoprendo ora la democrazia con tutti i suoi pericoli?). Peggio, se uno studio capta diffuse simpatie neo naziste...
Davvero inquietante. Fanno benone i RELATIVISTI di Fahre ad agitarsi.
Dal punto di vista psicologico l' ideologia dei "bisogni indotti" ha senz' altro dei fondamenti, Cionondimeno possiamo benissimo evitare di farne il fulcro dell' agire sociale. Ci sono diverse argomentazioni in grado di contrapporsi. Alcune di queste le ho già esposte in precedenza (per es. qui - qui - qui - qui e soprattutto qui).
Nella puntata di oggi viene presentata invece l' ideologia del "tageting". Il "venditore" non cessa di costituire il pericolo principale che dobbiamo fronteggiare, solo che, a sorpresa, l' accusa che gli viene rivolta è esattamente quella opposta. Costui studierebbe scientificamente le voglie e i desideri del consumatore al fine di soddisfarlo senza tentare minimamente di agire per mutarle o per guidarlo su percorsi prestabiliti. Sarà il venditore a farsi tappetino. Ma anche questa passività del venditore, inutile dire, sarà causa di molti danni e di un degrado sociale crescente.
Se nessuno avesse tentato di mutare i gusti e le idee altrui, se nessuno avesse mai usato pressioni per convincere il prossimo probabilmente saremmo ancora fermi ai miti della caverna platonica.
Un esempio in particolare sconcerta intervistato e intervistatore: se lo studio di targeting rivela una diffusa simpatia per la pena di morte, probabilmente ci si sentirà autorizzati ad appoggiarla come proposta politica (non è che stanno scoprendo ora la democrazia con tutti i suoi pericoli?). Peggio, se uno studio capta diffuse simpatie neo naziste...
Davvero inquietante. Fanno benone i RELATIVISTI di Fahre ad agitarsi.
mercoledì 2 aprile 2008
Le prostituzioni dell' empatia
Un buon incentivo materiale ci rende più empatici, più disposti a mettere da parte il nostro egocentrismo. Qualche esperimento.
Sindromi olimpioniche
Perchè vinvere la medaglia di bronzo ci rende più felici che vincere la medaglia d' argento.
Testimonianze autorevoli
"...il denaro è l' origine di tutti i mali. E' come se Mammona incarnasse nel mondo il principe del male. Odio il denaro dal profondo del cuore...Essere liberali è come dire: credo nel denaro...essere socialisti è come dire: credo nel lavoro..."
Joseph Goebbels
Preso da qui.
De-donmilanesizzare la scuola. Riforme
Lettera ad un politico. Una ventina di spintarelle nella direzione giusta. Ormai, in questo settore, fa paura parlare di riforme**.
- Buoni per facilitare la scelta della scuola. Ma seri, in modo da avvicinare il costo medio di un alunno nella scuola statale di oggi (3/4.000 euro). In alternativa molto subordinata la piena detraibilità dalle imposte.
- Esami solo in entrata.
- Un minimo di libertà didattica. E diamo un po' di libero sfogo a questi pedagoghi. Il direttore ha pur sempre la facoltà di cacciare i più invasivi.
- Aumentare gli esami con commissari esterni.
- Congegnare esami bipartiti: una parte centralizzabile, una parte caratteristica dell' istituto.
- Valutare le scuole (valutazione diretta, profitto matricole - anche i licei hanno il test... ). In GB apri la pagina internet e trovi le scuole ordinate per merito da istituti indipendenti. Non dico di arrivare a quel punto ma... Istituti di valutazione già ci sono. Per esempio il codice IRIS di Giuseppe Lo Nostro dell' università di Genova. Anche l' INVALSI dovrebbe essere reso operativo in modo serio. Il politecnico di milano pubblica il politest top school. In Trentino esiste un comitato ufficiale per la valutazione scolastica. Il modello è la Finlandia, si vuole stimolare una gara al miglioramento tenndo presente i punti di partenza. L' Eurydice parla chiaro: l' Italia è l' unico paese dove le scuole scampano a qualsiasi valutazione. In Svezia, Rep.Ceca, portogallo e Islanda la pagella è pubblica. In Norvegia e Finlandia è di competenza delle autorità locali. Nel Regno Unito spetta ad un ente privato indipendente.
- Attenzione alla qualità e alla quantità dei test.
- Valutare la scuola sui miglioramenti tarando il contesto e la curva di progressione naturale;
- Attenuare il valore giuridico del titolo.
- Bilanciare i due modelli classici di scuola. Dal merito oggettivo (modello continentale: scuola servizio pubblico con obiettivi e programmi prefissati che tutti devono raggiungere pena bocciatura) al merito adattivo (varietà dell' offerta e programmi personalizzabili modello nord europeo). Vaciago, sole 26/3/08 p.4 (nota che il secondo modello puo' essere temperato dalla pedagogia di cui sopra mentre il primo dall' autonomia).
- Una certa autonomia delle assunzioni.
- Una certa autonomia dei programma.
- Finanziamento correlato alle performances e alla capacità attrattiva (con misurazione delle iscrizioni fuori distretto).
- Prevedere la possibilità di appaltare interi istituti a staff privati (charter).
- Allentare l' obbligatorietà offrendo alternative.
- Possibilità di istituire esami di ammissione anche nelle scuole pubbliche (con gli evidenti limiti legati all' obbligatorietà).
- Possibilità di stabilire rette anche per gli istituti pubblici.
- Fissazione di un tiket scolastico flessibile.
- Possibilità di contrattualizzare gli studenti fissando percentuali sugli stipendi futuri.
- Dilatare il periodo di studi con la possibilità di sovrapporlo a quello lavorativo.
- Incentivare anche materialmente il profitto degli studenti (vedi qui Mele e Lacetera sugli incentivi monetari, vedi anche altrove nel blog).
- Possibilità di Home Schooling.
- Possibilità di Charter school (scuole fondate in piena autonomia dai genitori con finanziamenti e valutazione pubblica).
- Possibilità per la scuola di stipulare autonomamente contratti con imprese ed altri soggetti.
- Eliminare ogni discriminazione di trattamento tra profit e non profit.
- Reintrodurre il voto in condotta. Per alcuni la scuola è praticamente solo disciplina.
- Budget dei voti (Landsburg p.156).
- Alzare le tasse nell' università (Perotti): 1) cessa il Robin Hood alla rovescia 2) maggior controllo dell' utenza che se ne va portandosi via i danè 3) più risorse.
- Alzare le tariffe d' iscrizione alla scuola per chi puo' permetterselo: maggior controllo sociale.
- Centralizzare la correzione degli esami (vedi andrea ichino 24 ore 23.7.2008 p.1). Non aver paura dei test a risposta multipla (qualche argomento dall' ETS)).
- Ed Glaeser: migliori insegnanti, ovvero: 1) stipendi più alti 2) misurazione prestazioni 3) selezione ai presidi.
- ...
Un blog per chi ha sete
Tutto dedicato all' acqua.
Soluzioni coasiane per la produzione e somministrazione di un bene essenziale.
Soluzioni coasiane per la produzione e somministrazione di un bene essenziale.
Problemi con il dibattito elettorale? Una ricettina storico-economica per cavarsi d' impaccio
Sole 2.4.2008. Alesina compendia in quattro righe la storia economica dell' italia post-bellica. Ah, come mi quadra. Ottima micro lettura per chi continua a parlare di "declino".
"...l' italiano si era abituato al boom degli anni 50 e 60, un boom prolungato artificiosamente dall' indebitamento e dall' inflazione degli anni 70, 80 e parte dei 90; sciagurate politiche pensionistiche e assistenzialismo al Sud, nonchè politiche distorsive sul mercato del lavoro hanno contribuito a creare un senso di eccessiva sicurezza basato su castelli fiscali di carta. Da qualche anno [grazie ai vincoli monetari e fiscali assunti in sede europea] i nodi sono venuti al pettine. Ed ecco il declino economico [che da sempre cova ma solo oggi è visibile]..."
Direi che manca solo una mazzatina al centro-sinistra degli anni 60, ovvero a quella forza politica che semino' leggi (pensioni, lavoro...) che più tardi contribuirono al dissesto.
Tutto bello e fila bene. ma forse facciamo i conti senza l' oste: avevamo in casa il Partito Comunista più forte d' Europa, e per le strade il terrorismo rosso aleggiava quando non imperversava.
Con un bubbone del genere Andreotti ha gioco facile nel dirci: voi, con tutta la vostra spocchia, non avreste potuto far di meglio.
Ma veniamo alle ricette. Per alzare i redditi il Prof. illumina alcune vie e io ci aggiungo del mio.
"...l' italiano si era abituato al boom degli anni 50 e 60, un boom prolungato artificiosamente dall' indebitamento e dall' inflazione degli anni 70, 80 e parte dei 90; sciagurate politiche pensionistiche e assistenzialismo al Sud, nonchè politiche distorsive sul mercato del lavoro hanno contribuito a creare un senso di eccessiva sicurezza basato su castelli fiscali di carta. Da qualche anno [grazie ai vincoli monetari e fiscali assunti in sede europea] i nodi sono venuti al pettine. Ed ecco il declino economico [che da sempre cova ma solo oggi è visibile]..."
Direi che manca solo una mazzatina al centro-sinistra degli anni 60, ovvero a quella forza politica che semino' leggi (pensioni, lavoro...) che più tardi contribuirono al dissesto.
Tutto bello e fila bene. ma forse facciamo i conti senza l' oste: avevamo in casa il Partito Comunista più forte d' Europa, e per le strade il terrorismo rosso aleggiava quando non imperversava.
Con un bubbone del genere Andreotti ha gioco facile nel dirci: voi, con tutta la vostra spocchia, non avreste potuto far di meglio.
Ma veniamo alle ricette. Per alzare i redditi il Prof. illumina alcune vie e io ci aggiungo del mio.
- Alzare la produttività: lavoriamo troppo poco e troppo in pochi, aliquote differenziate per le donne (ndr molto meglio differenziare i contributi, vedi punto sotto), altri incentivi ad entrare nel mondo del lavoro.
- Abbassare le tasse: finanziare la misura alzando l' età pensionabile e agendo sul pubblico impiego (pre pensionamenti, mobilità...).
- Alzare i salari puntando sull' innovazione incentivata dalla concorrenza.
- Alzare i salari contenendo l' inflazione mediante deregolamentazioni (es. grande distribuzione).
- Alzare i salari colpendo la classe dei privilegiati mediante abolizione della contrattazione collettiva e introduzione di un contratto unico.
- Add1: vendere i gioielli di famiglia e fare cassa con quelli.
- Abbassare gli oneri contributivi e dirottare la differenza su altri pilastri previdenziali.
- Liberalizzazione delle utilities.
I profughi palestinesi
Questione cruciale nella diatriba Israele/Palestina. Meglio buttar giù una decina di punti da tenere a mente.
- La pololazione rurale palestinese era povera e analfabeta, non più proprietaria delle terre e con una tendenza naturale a migrare. Migrava o in città o in altri stati arabi.
- l' Yishuv, già al tempo di Peel, non aveva escluso l' opzione "trasferimento obbligatorio" in accordo con le altre nazioni arabe. I dirigenti israeliani vedevano bene territori liberati dalla presenza araba (documentabile).
- Con Israele sulla difensiva (dic.47 mar.48) le classi superiori dei palestinesi fuggirono stabilendosi confortevolmente altrove in attesa della conclusione delle ostilità.
- Gli arabi più ricchi chiusero tutte le loro attività diffondendo disoccupazione, povertà e demoralizzazione verso la restante popolazione araba che in gran parte finì per seguire il loro esempio.
- Paura, intimidazione e vere espulsioni. Ci sono casi documentabili
- La politica delle rappresaglie nella prima fase degli scontri incide sulle decisioni. Episodi come Deir Yassin innescano la "psicosi della fuga".
- In molte aree fu ordinata l' evacuazione dai comandanti arabi al fine di predisporre al meglio l' invasione. Una campagna di preparazione psicologica è documentabile sin dal 1947.
- Alcuni generali israeliani come Allon, forti dei poteri di guerra, li usarono anche per assottigliare la minoranza araba del futuro stato di Isrele.
- Il governo isreliano non prese nessuna iniziativa per frenare l' esodo. Per contro l' Alto comitato arabo la sollecitava.
- L' invasione araba accrebbe le ostilita e Israele, per evidenti ragioni militari, si oppose al ritorno dei profughi.
- Durante l' ultima parte della guerra, gli arabi mostrarono volontà di restare (conobbero le misere condizioni dei profughi) e le fughe furono solo l' esito di maltrattamenti ed espulsioni.
- Non ci fu mai e non fu mai discussa una politica sistematica di espulsioni. Il mercante di Haifa partiva quando una certa soglia critica della sicurezza e del benessere veniva superata dall' effetto cumulativo dei disagi.
- 2 offerte per il ritorno : 1) accoglimento di 100.000 profughi (65.000 più i già ritornati e quelli in cammino) 2) incorporamento della striscia di Gaza con i suoi 60.000 abitanti + accoglimento di 200.000 profughi. Proposte respinte con indignazione. N.B. israele parla di un totale di 520.000 profughi, i paesi arabi arrivano a 900.000/1.000.000.
- I Paesi Arabi fecero poco per assorbire i profughi. consideravano la loro presenza un' arma preziosa contro Israele.
martedì 1 aprile 2008
Il dilemma degli obblighi matrimoniali e degli investimenti mancati
E adesso un po' di esercizio. Smontiamo un problemino come questo:
"...In many Western countries divorce laws have requirements that force the party with the greater income to continue in paid work and pay alimony to allow the other party to maintain the style of living to which they "have become accustomed during the marriage," or with similar wording. However, I am having a hard time reconciling this with some of the replies to question, which referred to the obligation to have sex during marriage. Most people would certainly agree that one is not obliged to have sex with a partner, or an ex-partner after a relationship has broken up. The arguments there focused on people having an "inalienable right to one's body", but surely this same argument could be used against forcing people to do work they don't want to do? More specifically, how is forcing person A to work against their will to provide financial support for person B *ethically different* from obliging person A to have sex against their will to provide sexual satisfaction for person B?..."
L' unica risposta che vedo è la seguente: per garantirsi le rendite monetarie del matrimonio, il coniuge debole avrebbe dovuto realizzare per tempo investimenti a cui ha rinunciato. D' altra parte, le rendite sessuali garantite dal matrimonio, non richiedono investimenti nel tempo e non vengono pregiudicate dal divorzio.
Ma non è poi così vero. Anche la rendita sessuale richiede investimenti fatti per tempo. Un matrimonio sbagliato (per colpa del partner) ci danneggia eccome dal punto di vista della rendita sessuale. ormai vecchi e brutti, chi ci guarda più? Il tempo perso non torna.
Altra risposta: la rendita sessuale puo' essere incorporata in quella monetaria. Il partner che ammette le proprie colpe ed è condannato a obblighi monetari è anche il partner più ricco. Questa ricchezza si puo' commutare in una rendita sessuale. Non puo' dunque dimostrare un pregiudizio sui suoi investimenti in questo settore. Lo stesso dicasi per la ricchezza trasferita, puo' commutarsi in rendita sessuale.
La stessa cosa non potrebbe dirsi per la rendita affettiva. Quindi il giochino funziona finchè il matrimonio civile non impone obblighi affettivi indipendenti da obblighi matrimoniali.
"...In many Western countries divorce laws have requirements that force the party with the greater income to continue in paid work and pay alimony to allow the other party to maintain the style of living to which they "have become accustomed during the marriage," or with similar wording. However, I am having a hard time reconciling this with some of the replies to question, which referred to the obligation to have sex during marriage. Most people would certainly agree that one is not obliged to have sex with a partner, or an ex-partner after a relationship has broken up. The arguments there focused on people having an "inalienable right to one's body", but surely this same argument could be used against forcing people to do work they don't want to do? More specifically, how is forcing person A to work against their will to provide financial support for person B *ethically different* from obliging person A to have sex against their will to provide sexual satisfaction for person B?..."
L' unica risposta che vedo è la seguente: per garantirsi le rendite monetarie del matrimonio, il coniuge debole avrebbe dovuto realizzare per tempo investimenti a cui ha rinunciato. D' altra parte, le rendite sessuali garantite dal matrimonio, non richiedono investimenti nel tempo e non vengono pregiudicate dal divorzio.
Ma non è poi così vero. Anche la rendita sessuale richiede investimenti fatti per tempo. Un matrimonio sbagliato (per colpa del partner) ci danneggia eccome dal punto di vista della rendita sessuale. ormai vecchi e brutti, chi ci guarda più? Il tempo perso non torna.
Altra risposta: la rendita sessuale puo' essere incorporata in quella monetaria. Il partner che ammette le proprie colpe ed è condannato a obblighi monetari è anche il partner più ricco. Questa ricchezza si puo' commutare in una rendita sessuale. Non puo' dunque dimostrare un pregiudizio sui suoi investimenti in questo settore. Lo stesso dicasi per la ricchezza trasferita, puo' commutarsi in rendita sessuale.
La stessa cosa non potrebbe dirsi per la rendita affettiva. Quindi il giochino funziona finchè il matrimonio civile non impone obblighi affettivi indipendenti da obblighi matrimoniali.
C' è poi la soluzione che taglia la testa al toro: la vita sessuale non ha mai un valore sostanziale.
Qualcuno potrebbe dire che costrizioni in campo sessuale hanno ben altro impatto psicologico su chi le subisce rispetto a costrizioni fisiche in altri ambiti. Questo è vero, eppure risolverla così, dicendo che la sessualità è qualcosa di "particolare" che segue delle sue regole, non è mai soddisfacente.
Nella rete di Janet
Dal nugolo dei pizzichi, dall' intrico delle corde, ecco che spunta anche il ringhio di un dobro.
In esclusiva internettiana ascoltati un pezzo dall' ultimo cd di Janet Feder.
In esclusiva internettiana ascoltati un pezzo dall' ultimo cd di Janet Feder.
Quando l' identità conta - riflessioni sul teppismo da forum
Nel forum che frequento, spesso si è discusso dei temi legati all' identità e al relativismo.
Personalmente ho sempre ascoltato con scetticismo chi inneggiava al primato del dialogo e della relazione. Mi chiedevo: "ma come è possibile che la relazione preceda la persona?", ero infatti dell' idea che una relazione fosse costituita dalle persone. Mi chiedevo anche: "ma come è possibile che il dialogo anticipi l' identità?". Trovo molto più lineare pensare aldialogo come a qualcosa a cui danno vita dei dialoganti. So che è un po' fuori moda, però, se devo abbandonarmi alle mie idee, questa dimensione tradizionale resta per me la più congeniale. Sapere chi si è e cosa si vuole è un prerequisito per arricchiere lo scambio. Se vado al mercato senza niente, cosa mai potrò donare? Ma se vado al mercato con un "me stesso", ecco che potrò fare dei buoni affari.
Poi è successo un fatto che considero un punto segnato dalla fazione per la quale propendo.
Siccome il forum ha barriere difensive molto deboli, è rimasto vittima di una squadretta di teppisti telematici che, clonando i nick, falsificando i nomi, minando le identità, ha fatto irruzione vanificando ogni scambio e sabotando ogni tentativo di relazionarsi.
Questo spiacevole evento ci insegna forse qualcosa: è attraverso l' attacco all' identità che si vanifica il dialogo appagante e proficuo. L' identità elisa fa saltare anche la relazione. Quando l' identità è resa liquida e imprendibile, l' interesse allo scambio dialogico evapora, non sai chi hai di fronte, perdi interesse a saperlo, lo sforzo prodotto per conoscere il proprio prossimo cade regolarmente come un castello di carte, il bluff si annida ovunque, tutto diventa un cicaleccio nichilista, il nulla assume un peso insostenibile e capisci che è meglio cambiare aria. Perlare con un sig. nessuno assomiglia tremendamente al parlare con se stessi.
Non sarà un caso che proprio i sostenitori di una posizione distante da quella che ho descritto più sopra (es. Valeria), siano anche stati coloro che più hanno insistito nel voler dialogare con un fantasma inesistente e polimorfo. Ma questa loro insistenza per me non è stata molto fruttuosa e non ha affatto rinforzato la loro visione, tutto si è ridotto ad un gioco estenuato e infecondo. E non sorprende nemmeno che in questa stagnante palude formalistica, colui che si diverte di più a protrarla, è proprio il teppista/nichilista.
Personalmente ho sempre ascoltato con scetticismo chi inneggiava al primato del dialogo e della relazione. Mi chiedevo: "ma come è possibile che la relazione preceda la persona?", ero infatti dell' idea che una relazione fosse costituita dalle persone. Mi chiedevo anche: "ma come è possibile che il dialogo anticipi l' identità?". Trovo molto più lineare pensare aldialogo come a qualcosa a cui danno vita dei dialoganti. So che è un po' fuori moda, però, se devo abbandonarmi alle mie idee, questa dimensione tradizionale resta per me la più congeniale. Sapere chi si è e cosa si vuole è un prerequisito per arricchiere lo scambio. Se vado al mercato senza niente, cosa mai potrò donare? Ma se vado al mercato con un "me stesso", ecco che potrò fare dei buoni affari.
Poi è successo un fatto che considero un punto segnato dalla fazione per la quale propendo.
Siccome il forum ha barriere difensive molto deboli, è rimasto vittima di una squadretta di teppisti telematici che, clonando i nick, falsificando i nomi, minando le identità, ha fatto irruzione vanificando ogni scambio e sabotando ogni tentativo di relazionarsi.
Questo spiacevole evento ci insegna forse qualcosa: è attraverso l' attacco all' identità che si vanifica il dialogo appagante e proficuo. L' identità elisa fa saltare anche la relazione. Quando l' identità è resa liquida e imprendibile, l' interesse allo scambio dialogico evapora, non sai chi hai di fronte, perdi interesse a saperlo, lo sforzo prodotto per conoscere il proprio prossimo cade regolarmente come un castello di carte, il bluff si annida ovunque, tutto diventa un cicaleccio nichilista, il nulla assume un peso insostenibile e capisci che è meglio cambiare aria. Perlare con un sig. nessuno assomiglia tremendamente al parlare con se stessi.
Non sarà un caso che proprio i sostenitori di una posizione distante da quella che ho descritto più sopra (es. Valeria), siano anche stati coloro che più hanno insistito nel voler dialogare con un fantasma inesistente e polimorfo. Ma questa loro insistenza per me non è stata molto fruttuosa e non ha affatto rinforzato la loro visione, tutto si è ridotto ad un gioco estenuato e infecondo. E non sorprende nemmeno che in questa stagnante palude formalistica, colui che si diverte di più a protrarla, è proprio il teppista/nichilista.
lunedì 31 marzo 2008
Donne meno competitive
A parità di capacità, le donne faticano ad accedere ai ruoli meglio pagati perchè poco propense alla competizione. E la cultura conta parecchio.
Sole 30.3.2008 Francesco Daveri p.39.
Studi: 1, 2.
Sole 30.3.2008 Francesco Daveri p.39.
Studi: 1, 2.
Iscriviti a:
Post (Atom)