MEDITAZIONE SULL'EUCARESTIA
Credere o no nel miracolo della transustanziazione, ovvero nel mutarsi di una sostanza in un'altra?
Propendo per il no.
La sostanza di una cosa è, per semplificare, l'identità di quella cosa. Per esempio, la mia sostanza è la mia identità. In genere penso a me come ad uno spirito e ad un corpo particolare. La scienza, si noti, non ha nulla da dire in merito poiché non si occupa dello spirito, ma nemmeno puo' isolare "pezzi" di materia. L'unica cosa che isola sono gli atomi, tutto il resto è semplicemente "materia". Chi crede nell'identità personale, e penso che tutti ci credano, ha fiducia in un sapere che va oltre quello scientifico.
Io ho una mia identità. Gesù ha una sua identità. Il pane dell'altare ha una sua identità. L'eucarestia è il miracolo tale per cui la sostanza del pane presente qui ed ora si muta nella sostanza del Cristo.
Ho due problemi con questo avvenimento. Primo, la mia sostanza (e quindi anche quella di Gesù) ricomprende il mio corpo? Non ne vedo la necessità, quindi meglio semplificare con un no. Secondo, il pane ha una sua sostanza? Non ne vedo la necessità, quindi meglio semplificare considerando esauriente il resoconto della scienza, almeno sulle "cose" prive di intelligenza (coscienza, spirito, anima...).
Con il pane privo di sostanza e la sostanza del Cristo priva di un aspetto materiale, la transustanziazione perde di senso. Come potremmo trasformare la solennità dell'Eucarestia in assenza di transustanziazione? Potremmo dire che nell'Eucarestia Dio si fa presente. Ma Dio è sempre presente. Anche se preghi in casa tua Dio è presente e ti ascolta. E allora, cosa resta? Proposta: un momento privilegiato in cui la voce del fedele, unendosi a quella della Chiesa, si fa più alta e più vicina alle orecchie di Dio. Naturalmente, un cattolico tradizionale obbietterebbe che non occorre "alzare la voce" quando si parla con Dio. Ma questo invaliderebbe la preghiera petitoria, che invece ha senso per un cattolico libertario: Dio ci ha donato una libertà talmente radicale che siamo in grado di sorprenderlo, per esempio, mostrando l'entità della nostra gioia e del nostro dolore. Ecco, l'Eucarestia è un momento privilegiato in cui, oltre ad adorare il Mistero divino, disveliamo il nostro mistero alla divinità.
OBIEZIONE: Potrei accettare il dogma su base immanentista, ovvero allentando il mio dualismo sostanziale di partenza: lo spirito, per l'immanentista, richiede un corpo "particolare" a ui ancorarsi, almeno nella fase di emersione, di solito il cervello con la sua particolare configurazione atomica. E' una concessione abbastanza facile da fare poiché, dopotutto, praticamente tutti le "intelligenze" che incontriamo assumono questa modalità. Ecco, attraverso un miracolo, la configurazione atomica del pane fa emergere lo spirito di Cristo rendendolo presente così come lo era quando si incarnò sulla terra. In maniera provocatoria direi che il pane fa, per un istante, le funzioni che il laico attribuisce al cervello. Si tratta di un miracolo particolarmente miracoloso ma, tutto sommato, immaginabile e quindi oggetto di fede. Dovrei pensarci ma non escludo di tornare a credere alla presenza reale.
PANE E VINO
Per noi cattolici, durante la Messa, il pane e il vino si trasformano nel corpo e nel sangue di Cristo. Si chiama transustanziazione. E' un miracolo. Il problema nel rendere conto di questo processo allo scettico non sta nel dover affrontare il tema dell'esistenza di Dio, e nemmeno nel dover difendere l'esistenza dei miracoli. Ci sono intere biblioteche con autori di prim'ordine disposti a venirci in soccorso. Il problema sta piuttosto quando si deve affrontare il tema dell'esistenza del pane e del vino.
La filosofia che dava "sostanza" al pane e al vino era quella aristotelica, oggi piuttosto fuori moda. Il meccanicismo l'ha rimpiazzata, a quanto pare fa molto bene alla scienza. Tuttavia, purtroppo, sotto questo nuovo paradigma la transustanziazione soffre: il pane e il vino, infatti, non esisterebbero in senso stretto, esiste solo, per esempio, una configurazione di atomi che noi convenzionalmente, tanto per capirci, chiamiamo "pane e vino". Ma se la sostanza appartiene solo agli atomi, e Cristo muta la sua, l'unica che puo' acquisire è proprio quella degli atomi, che però, oltre a costituire il pane e il vino, costituiscono l'intero universo. Tutto finirebbe in un orribile quanto amorfo panteismo molto lontano dalla mentalità cattolica. No, qui per salvare la baracca bisogna recuperare in qualche modo Aristotele.
Fortunatamente, non è poi così difficile. Si puo' partire osservando due cose:
1) per TUTTI il pane e il vino esistono,
2) l'esistenza del pane e del vino è compatibile con l'esistenza degli atomi.
Quando una verità convenzionale calza a pennello la cosa migliore è considerarla una verità punto e basta. Perché mai ripiegare sulla convenzione? Se il giallo è giallo e appare giallo a tutti, meglio dire che il giallo esiste, non che è una convenzione con cui indichiamo certe frequenze d'onda. L'esistenza del pane e del vino è senso comune, cio' significa che l'onere della prova ricade sulle spalle di chi nega questa evidenza universale. Il negatore, però, non potendo dimostrare un bel nulla ritiene comunque di trovarsi in una posizione di vantaggio appellandosi al rasoio di Occam: postulare la realtà del pane e del vino non è necessario, quindi meglio non farlo, il discorso si semplifica, c'è un parametro in meno nel modello. A questo punto, a noi che ci inchiniamo quando il Sacerdote solleva l'Ostia, non resta che attaccare Occam, e il modo migliore per farlo è sostenere che cio' che conta è la PROBABILITA', non la SEMPLICITA'. A volte le due cose vanno insieme, nessuno lo nega: se sul luogo del delitto trovo l'avido erede della vittima con la pistola fumante in mano, posso ipotizzare che sia lui l'assassino, oppure che sia arrivato or ora ed abbia raccolto l'arma del delitto mettendo in fuga il reale assassino, ovvero l'altro erede da sempre generoso e devoto alla vittima. La prima ipotesi è più probabile perché più semplice, ovvio. Ma non sempre è così! Ci sono molte semplificazioni assurde che nessuno sostiene: pensare che i pianeti siano in realtà dei gatti è più semplice ma è anche assurdo, quindi improbabile. Pensare che i miei pensieri o la mia mente non esistano semplificherebbe le cose (e in effetti c'è qualcuno che lo pensa!), ma poiché è evidente il contrario, meglio privilegiare la probabilità piuttosto che la semplicità. Il meccanicista, alla fine della fiera, si ritrova su posizioni nominaliste, si tratta di una posizione scomoda di cui possiamo approfittare. Il nominalismo, d'altra parte, è l'omaggio che il vizio rende alla virtù, lo dico perché il nominalista non puo' far a meno di parlare come se una cosa esistesse affermando poi che non esiste ma senza riuscire a dire perché, se non facendo l'inconsistente elogio della "semplicità". Alla fine il nominalista - che spesso nutre una vera e propria venerazione per la scienza - rinuncia alla cosa che dovrebbe essergli più cara: l'evidenza. Ecco, per recuperarla non possiamo che consigliare un recupero di Aristotele, ma senza esagerare.