Perché l’uomo è più violento della donna?
Quando pensiamo alla violenza pensiamo a due che si provocano, poi si insultano e infine vengono alle mani. Sbagliato.
Non è così che funziona, se la violenza avesse davvero questa genesi allora le donne sarebbero violente quanto gli uomini: l’aggressività personale non è inferiore nelle donne, anzi. Eppure a uccidere, in qualsiasi società, è quasi sempre l’uomo. Come mai?
Perché la nostra natura considera tabù la violenza: tra l’insulto e l’attacco fisico c’è uno iato difficile da superare, la spirale di violenza non transita dalle parole ai fatti senza soluzione di continuità, il nostro cervello si rifiuta di emettere l’ordine di colpire, anche quando trasmette a ripetizione l’ordine di offendere e insultare. Puo’ esserci una spirale degli insulti e una spirale della violenza, ma si tratta di fenomeni separati tra loro.
Eppure la violenza – pur così ostacolata dalla nostra natura – ci ha fatto prosperare: i più forti sono sopravvissuti a spese dei più deboli. Ma come è stato possibile superare il tabù in modo da cogliere i vantaggi dell’azione violenta? Attraverso pratiche sofisticate come il rito.
L’uomo violento deve pensare a lungo prima di agire in modo violento, deve elaborare una concezione, deve creare astrazioni, deve coltivare un progetto, deve ritualizzare, deve in qualche modo prendere le distanze dalla sua vittima, deve idealizzarla in modo da trasformarla nel Male. Queste operazioni sono una specialità dell’uomo più che della donna, difficile che quest’ultima abbia voglia di colpire un’ astrazione; di fronte ad un’idealizzazione, anzi, la sua rabbia si dilegua.
Qualcosa del genere lo abbiamo visto succedere nel tifo calcistico degli ultras – paradigma della violenza fisica – in cui la logica del fight club domina e governa quello che i profani pensano invece come violenza bruta.
Ma pensiamo anche agli assassini che irrompono nelle scuole compiendo le terribili stragi che la cronaca ci riporta. Ebbene, osservandoli più da vicino scopriamo che hanno elaborato il loro piano per anni, che la concezione di quei piano è stata una componente importante della loro intera vita, che li ha assorbiti quasi completamente. Il momento dell’azione è sovrastato e anestetizzato da anni di astrazioni che li ha proiettati in una vita parallela.