sabato 21 maggio 2011

I bambini fanno bene al mondo?

I “simoniani” (da Julian Simon) rispondono di sì: più bambini, più cervelli, più idee, più ricchezza.

I “malthusiani” (dal reverendo Thomas Robert Malthus) rispondono di no: più bambini, più bocche, più povertà.

Non siamo mai stati in tanti come oggi, al mondo. E non siamo mai stati tanto bene, dal punto di vista materiale. Ma stiamo bene perché siamo tanti o siamo in tanti perché stiamo così bene?

Da natalista “simoniano” mi illudo di avere in tasca l’ arma segreta: i cervelli producono beni (le idee) che si diffondono, le bocche consumano beni (cibo) solo per saziare il pancino a cui sono collegate.

A questo punto direi che il problema è empirico: metto a disposizione un link con i link del caso.

Di sicuro, affinché l’ arma segreta “simoniana” esploda giova un ambiente adatto.

Se riusciamo a toglierli quella noia di fondo (ma che ci faccio qui?)…

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… forse domani avremo da lui splendide sinfonie godibili da miliardi di persone aggratis. O magari ci stiamo bruciando un calciatore con i fiocchi.

L’ ambiente è decisivo: scelta e passione contano. Cerchiamo di appassionarlo accostandolo alla musica in modo creativo e fruttuoso:

 

Sempre limitandomi al discorso materiale, non mi sento di biasimare la Cina per la sua politica di denatalità: faceva nascere i bambini in un ambiente sterile come la società comunista. Pochi cervelli e molte bocche: la direzione dell’ intervento è obbligatoria.

Se l’ ambiente conta, il nostro non è poi così malvagio. Da qui il mio ottimismo.

Contro il Reverendo, penso che i bambini – mediamente - abbiano da dare di più di quel che ci prendono, mi sento quindi di benedire ogni nascita anche dal punto di vista materiale.

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C’ è poi il problema filosofico, lo cito perché parlandone ci imbattiamo nel metodo abituale impiegato per mettere in crisi l’ utilitarista.

Fu Derek Parfit, infatti, ad ideare la cosiddetta proposizione ripugnante”. Suona all’ incirca così: per ogni popolazione di uomini felici né esiste sempre una molto più estesa che l’ utilitarsta è chiamato a preferire alla prima, anche se i membri di quest’ ultima campano per misericordia.

Il numero è tutto, per l’ utilitarista. Questo è il suo inconveniente.

“Sono gli addendi che fanno la somma”, direbbe Totò.

“Il problema di chi giustifica la shoa è che i nazisti non erano abbastanza numerosi”, direbbe Robin Hanson.

L’ utilitarismo conduce dunque a soluzioni “ripugnanti”, abbandoniamolo!

***

Chiudo con un’ osservazione diffusa: sembra che nei paesi ricchi la natalità si abbassi.

E’ senz’ altro vero, ma nei paesi “ricchissimi” si alza. Anche qui bisognerebbe sostituire a “ricco” l’ espressione “ricco e stagnante”.

Detto un po’ meglio:

 Già i primi segnali della "lowest low fertility", ha spiegato recentemente Francesco Billari dell`Università Bocconi di Milano, hanno mostrato come non fossero le società leader nel progresso socioeconomico a raggiungere i livelli di natalità piubassi, come avremmo potuto pensare applicando meccanicamente la relazione «maggiore sviluppo uguale minor numero dei figli». Oggi sappiamo piuttosto che «la relazione sviluppo-natalità s`inverte a un livello elevato di sviluppo: quando le società sono molto avanzate, un maggiore sviluppo economico si accompagna a un numero di figli più elevato». Si faranno insomma sempre meno figli nelle società sviluppate e sempre più figli nelle società molto avanzate

E’ la stagnazione più che la ricchezza ad inibire la procreazione.

I ricchi diventano paurosi e i paurosi costruiscono mille pastoie all’ intraprendenza e al rischio.

E qui torniamo all’ inizio: il “natalista” è in posizione di forza finché si batte anche per avere società innovative e dinamiche (magari un po’ spericolate).

Ovvero, società libere.