Flock of Dodos è un film che investiga la differenza tra persone religiose e persone di scienza.
Si concentra sulla psicologia e lo fa calandosi in una realtà storica ben definita, quella relativa al dibattito che c' è stato negli USA tra sostenitori dell' ID ed evoluzionisti.
Quel che ne esce è abbastanza sorprendente, sembra proprio che i supperter dell ID siano dotati di un maggior spirito dialogante mentre gli evoluzionisti coinvolti nella vicenda sembrano più inclini a tagliar corto ostentando disprezzo e intolleranza.
Il Dodo è un uccello nativo delle isole Mauritius, la sua inettitudine al volo lo condannò all' estinzione allorchè gli europei sbarcarono sull' isola.
Randy Olson, biologo e autore del film, pensa che la scienza abbia dei nemici interni e che i suoi rappresentanti dovrebbero imparare a relazionarsi in modo meno rozzo e più rispettoso all' esterno, pena l' estinzione.
Al termine della proiezione in prima visione alla Cornell University, seduta in sala c' era anche Elaine Howard Ecklund, allora era una studentessa. Quando il film terminò, si accesero le luci e cominciò il dibattito; la Ecklund fu così testimone di eventi che segnarono poi il suo futuro accademico.
Il dibattito, infatti, confermò rinforzandole le tesi del film. Un laboratorio sperimentale non poteva dare esiti tanto inequivocabili. Un manipolo di scienziati vocianti tenevano banco coprendo tutte le altre voci incitandosi vicendevolmente al grido "stupid fundamentalist!".
Fu quel giorno che la Ecklund cominciò a concepire il suo libro, "Science vs. Religion", un libro che oggi viene considerato il testo più approfondito in materia.
In quella sala la studiosa ebbe la netta sensazione che una minoranza chiassosa monopolizzasse gli altoparlanti a disposizione per comunicare al Mondo "cio' che pensa la scienza" in materia di religione. Ma la rappresentanza, intuiva la Ecklund, era probabilmente distorta.
La "survey" documentata nel libro che impegnò negli anni successivi la Ecklund presso gli scienziati delle top University americane è la più esaustiva a disposizione, ci fornisce molte notizie sui pensieri e sulla vita spirituale di questa élite. In più la Ecklund vive per giorni a stretto contatto con alcune figure tipiche (l' ateo, l' agnostico, il credente; Arik, Evelyn, Margaret) per cercare di carpire la loro realtà interiore: la "religione" è una materia complessa che non si esaurisce con interviste "normalizzate" a fini statistici.
Non c' è dubbio che tra i top-scientist i religiosi in senso tradizionale siano meno rappresentati rispetto a quanto lo siano nella popolazione. Tra atei e agnostici si supera di gran lunga la metà del campione, nella popolazione americana non si arriva al 10%; eppure il rapporto rivela delle sorprese.
La Ecklund scopre una nuova figura, quella dell' "imprenditore spirituale". Molti scienziati si definiscono persone "spirituali". Ma a sorprendere è che il 22% di essi si definisce anche "ateo"; e il 27% degli "spirituali" si definisce anche "agnostico"!
Se alla quasi metà di "scienziati religiosi" aggiungiamo gli "scienziati spirituali", arriviamo ad una quota ragguardevole (70%) di scienziati in grado di capire e rispettare la religione. Aggiungiamo poi che una buona fetta dei rimanenti hanno maturato la loro ostilità con la religione a causa di "cattive esperienze pregresse" che nulla hanno a che fare con la loro attuale occupazione.
Dopo quattro anni di ricerca, almeno una cosa appare chiara alla Ecklund: tutto quel che sappiamo della vita religiosa e spirituale dei top scientist americani è falso o come minimo distorto. L' incompatibilità insormontabile tra scienza e fede è una caricatura da smontare al più presto, così come è una caricatura quella dello "scienziato" incline per formazione mentale alla tolleranza.
Un messaggio importante, direi, un messaggio che consiglia di stipulare una nuova allenza tra chi vuole discutere nel rispetto reciproco il rapporto che esiste tra scienza-fede cercando di togliere l' altoparlante dalle mani di un manipolo di scienziati arroganti e vociferanti. Un' alleanza possibile, visto che il "materiale umano" per realizzarla abbonda.