martedì 19 febbraio 2008

Il dilemma etico dell' aborto affrontato e risolto

Salve amici, la schematica soluzione che offrirò al dilemma etico posto dalle pratiche abortive riceve un certo fascino dalla sua natura perentoria. Vi ricordo cio' che già sapete, ovvero che esiste anche un fascino malizioso.

Naturalmente il carattere inappellabile della trattazione vale solo per chi aderisce alle premesse che via via seminerò lungo la strada. Non penso che siano molte, non penso nemmeno che siano particolarmente forti. Di bello c' è che uno puo' sempre dire: "io mi fermo QUI, da QUI non sono più disposto a seguirti, è QUI che i nostri sentieri si biforcano". In poche parole, sapremo perchè non siamo d' accordo, avremo presto servita una latitudine ed una longitudine del nostro "QUI". Il passo successivo sarà di concentrarci nello scioglimento di quel nodo. Bene, iniziamo con il primo passo.

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Se c' è qualcosa che mette in crisi chi coltiva quelli che all' apparenza sono i valori più solidi della nostra civiltà è proprio il dilemma etico dell' aborto.

Chi dubiterebbe che l' uomo moderno debba poter godere della più ampia libertà possibile nel regolare gli affari che lo riguardano? Unico limite sensato: la libertà altrui.

Gagliarda è la bandiera che porta questa iscrizione? Un motto tanto bello, tanto onesto, tanto salubre, tanto inattaccabile. Tanto impegnativo per le sue drammatiche conseguenze. Che figo poter morire in battaglia sotto quello stendardo anzichè dietro i soliti paraventi dell' ospedale convenzionato.

Ma chi parte lancia in resta con queste affermazioni di principio presto si scontra con i fatti. I fatti lo fissano assumendo le sembianze di una sfinge che interroga l' idealista con quattro enigmi canonici:
  • Sono io un Uomo?
  • Sto esercitando una libera scelta?
  • Con questo esercizio ho arrecato danno al mio prossimo?
  • Come quantificare quel danno per poterlo risarcire?

Il crocevia delle questioni abortive è particolarmente congestionato da questo genere di interrogativi. Due sono particolarmente martellanti: il primo e il quarto.

I protagonisti di questa storia sono la Mamma (M) e il Feto (F).

Il primo enigma riguarda lo status di F. E' un Bambino(B)? Parliamoci chiaro, nessuno direbbe che F si identifica in tutto e per tutto con B. Eppure semplificare ponendo F=B nel nostro caso non presenta inconvenienti. Questo perchè in seguito limiteremo il discorso ad un solo ipotetico diritto di F. Un diritto fondamentale che, se affermato, condividerebbe senz' altro con B, anche qualora fosse l' unica cosa a legarli: il diritto a non essere ucciso.

La storiella è pressapoco la seguente: F invade M che intende difendersi. E' un' invasione oggettiva, in altri termini: un' invasione di cui F non è in alcun modo responsabile. Eppure questo non fa cessare il diritto di M a difendersi.

M ha il diritto di difendere il suo corpo dall' invasione di F poichè 1) vanta un diritto naturale sul suo corpo 2) non ha mai assunto alcuna obbligazione verso F.

Il quarto enigma riguarda le modalità lecite attraverso cui M puo' difendersi.

Adesso itroduciamo altri due personaggi: X, un signore distinto dell' idea che M possa difendersi ma senza sopprimere la vita di F. Evidentemente considera F imparentato con B, e la difesa tramite aborto sproporzionata all' invasione subita ad opera di un soggetto che non ha nessuna colpa nel merito.

Y invece è un civilissimo signore orientato sull' idea che M possa abortire lecitamente. Evidentemente considera che tra F e B vi sia una differenza qualitativa, oppure non considera l' aborto un rimedio sproporzionato ai danni che M riceve nel suo corpo.

Mi chiedo quale debba essere l' agire etico di X qualora coltivi i valori di cui parlavo nel paragrafo iniziale di questa sezione e illustravo brevemente nel successivo.

Potrebbe essere tentato da alcune soluzioni superficiali: poichè la libera scelta è il cardine di tutto il sistema, bisognerebbe lasciare a chi è coinvolto la possibilità di decidere. Ma anche F è "coinvolto".

E poi, se davvero fosse così, bisognerebbe che Y lasci anche ad X la possibilità di agire come se si trovasse di fronte ad un omicidio per eccesso di difesa. Una simile libertà riconosciuta potrebbe comportare un intervento violento volto ad impedire il misfatto. Una violenza che per X avrebbe una liberatoria etica.

X cerca di approfondire per giungere ad un' alternativa, gli sembra di intravvederla: rispettiamo cio' su cui c' è un accordo tra me e Y, e rimettiamo alla libera scelta solo cio' su cui c' è un dissenso. Che l' intervento di M su F sia una violenza illecita non è pacifico. Mentre sul fatto che l' intervento si X su M per scongiurare l' aborto sia in sè una violenza nessuno lo mette in dubbio. L' unica obiezione di X è che trattasi di violenza eticamente giustificabile.

Per quanto attraente questa soluzione non regge a lungo, almeno per chi crede nell' esistenza di alcune realtà oggettive: se X ritiene di stare di fronte ad un omicidio oggettivo, come potrebbe essere immorale per lui intervenire al fine di impedirlo? Se un comportamente è eticamente inappuntabile non ne trasformeremo mai la sua natura attraverso un accordo.

Nel frattempo, senza dirlo, ho introdotto una premessa non da poco: l' etica ha un fondamento oggettivo. Respingendo la prospettiva relativista perderemo a questa svolta la compagnia di molti amici.

A questo punto X si rende conto di essersi impantanato in un conflitto etico insanabile contro Y e M. La sua etica è stata compromessa, non gli resta che affrontare il problema per altra via.

Adesso facciamo un' ipotesi piuttosto fortina: poniamo che X creda che i suoi principi etici abbiano una buona "resa". Detto in altri termini, chi li adotta ha più probabilità di essere felice rispetto a chi li snobba. Tutti noi sappiamo che per premiare l' efficienza non c' è niente di meglio che la concorrenza. Chiunque lo capirebbe: gli "infelici", esposti allo spettacolo dei "felici", tenderanno ad assumere il sistema (anche etico) di questi ultimi. Ma tradotto la concorrenza tra chi deve essere?

Occhio alla trappola. Se il pluralismo si realizzasse mettendo a confronto le diverse "vite" delle tante M che hanno fatto scelte diverse, allora basterebbe promuovere il diritto di M a decidere la sorte di F: tante M, tanti tribunali, tanti verdetti differenti tra loro, tante vite che si possono confrontare. Nella storia le M impareranno la via per la felicità e, per convergenza, quella dell' etica corretta.

Ma c' è qualcosa che non torna, M non è l' unica protagonista della vicenda. M non è l' unica corda che si intreccia in questo nodo. La felicità di M non è l' unica da prendere in considerazione.

La concorrenza deve realizzarsi invece tra i Tribunali chiamati a giudicare tutte le condotte che ciascun personaggio puo' assumere in questa vicenda. Il pluralismo invocato deve avere natura politica. Come giudicare la condotta di M verso F, ovvero l' azione abortiva? Come giudicare l' intervento di X contro M, ovvero l' azione per impedire il presunto misfatto? Come giudicare l' intervento di Y contro X, ovvero l' azione per impedire che M sia disturbata nella sua scelta? In breve: la concorrenza è politica, non di coscienza. La concorrenza è tra legislatori.

Ci sono mille modi per realizzare la competizione istituzionale. Per esempio, alcune forme di Stato federale ad ampia autonomia legislativa. Tanti sistemi affiancati potranno vedere in casa l' uno dell' altro. La felicità è contagiosa, X che crede nei benefici della scelta etica puo' stare tranquillo, prima o poi la Storia gli renderà giustizia.

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A questo punto c' è sempre quello che salta su con un' obiezione ricorrente. Secondo lui ci siamo complicati la vita per niente. E perchè mai dovremmo assegnare a F lo status di B oppure considerarlo un semplice grumo di cellule? Potremmo assegnarli uno Status S da codificare ad hoc a seconda delle nostre esigenze. Ah sì? Ma le nostre esigenze quali sono? Ognuno ha le sue. La "proliferazione" degli status, soluzione pragmatista per eccellenza, va rigettata per i rischi di arbitrio che comporta. Spesso poi pone come valore supremo la consensualità, cio' contrasta con una delle mie premesse. La consensualità, poichè non puo' essere mai raccolta, verrà sostituita con delle proxy di comodo, avrà dunque le vesti di una forzatura con il sovrappiù dell' ipocrisia.

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A questo punto siamo alla fine e sarebbe meglio sintetizzare premesse e conclusione.

PREMESSA1: i nostri valori mettono in cima la libertà dell' uomo.

PREMESSA2: il mondo è reale e ha un qualche contenuto oggettivo, indipendentemente dalle nostre specifiche conoscenze.

PREMESSA3: una comunità improntata ai corretti principi etici si muove verso la felicità.

CONCLUSIONE: laddove esistano conflitti etici insanabili la lotta contro l' aborto andrebbe condotta parallelamente alla richiesta di maggiore concorrenza istituzionale.

PRINCIPIO PRECAUZIONE E ALTRI CEDIMENTI ALLA "SCELTA"

Alcuni anti abortisti sollecitano la controparte a scegliere applicando il Principio di Precauzione (PP).

Il PP ci dice: "scegli l' opzione che minimizza i rischi". E' un principio che soffre però di un grave difetto: non è generalizzabile. Nelle nostre scelte di tutti i giorni lo evitiamo accuratamente.

Qualcuno insiste tentando di limitare l' area di competenza del PP: va applicato tenendo conto che la "vita umana materiale" ha un valore incommensurabile.

Quest' ultima osservazione da luogo a due rilievi: 1) anche l' ipotesi dell' incommensurabilità è anomala: non l' applichiamo mai nelle scelte comuni, perchè dovremmo applicarla ora?; 2) l' abortista potrebbe mettere sull' altro piatto della bilancia altre "vite probabili": quella della madre depressa, quella dello stesso figlio non voluto.

Non penso che gli anti abortisti abbiano qualche chance una volta che cedono alla libera scelta pur connotandola con dei criteri.

La Classica Scelta Razionale (CSR) è "generalizzabile", in questo senso non presenta gli inconvenienti del PP.

Eppure non fa fare un passo avanti visto che l' attribuzione delle probabilità è soggettiva. Se poi introduce l' ipotesi dell' incommensurabilità perde anche il suo carattere generale senza fare un passo avanti (vedi punto 2 del precedente paragrafo).

ALLA SCIENZA I PROBLEMI ALLA FILOSOFIA LE SOLUZIONI

Nel caso dell' aborto la scienza fornisce i dati del problema, la filosofia fornisce la soluzione. Per la scienza l' embrione non ha nessun diritto visto che la scienza non sa cosa sia un "diritto". In fondo il modo più corretto di formulare il problema dell' aborto è quello teologico: quando l' anima viene inoculata nel corpo?

Veronesi, faccio un esempio, ritiene che l' Uomo sia caratterizzato dal Pensiero (concetto immateriale) e interroga la scienza per stabilire quando inizia un certo comportamento della materia che a lui viene naturale associare con il concetto di "pensiero".

Vediamo una via filosofica alternativa a quella di Veronesi. L' Uomo "inizia" quando inizia a sussistere una sua proprietà. Il corpo è la prima proprietà dell' uomo. L' Uomo (soggetto di diritti) inizia a sussistere quando inizia a sussistere il suo corpo. Interrogo la scienza su questo punto e una risposta ragionevole potrebbe individuare questo momento nella fecondazione e nelle cellule che ne derivano.

Cos' è l' Uomo? Un Pensatore? Un Proprietario? O cos' altro ancora? Ritengo che la "via" proprietaristica possa essere validamente difesa.

L' ipotsi proprietarista ha un' ulteriore conseguenza: non difendermo più una "vita umana materiale" con tutto il corredo delle ipotesi di incommensurabilità, difenderemo il diritto del proprietario a destinare la sua proprietà un diritto per noi inalienabile.

UOMO/CERVELLO E UOMO/CORPO

I fautori di UC hanno una freccia accuminata al loro arco: il concetto di morte cerebrale è comunemente accettato.

Ma una risposta esiste: con la sua morte (cerebrale) l' uomo cessa di comunicare le sue intenzioni ma non per questo perde i suoi diritti. E a noi interessano quelli. Il suo corpo deve essere destinato secondo quanto da lui previsto. Quel corpo cioè è ancora oggetto di un diritto personale.

L' embrione puo' essere considerato come il corpo di un Uomo incapace di esprimere le sue volontà. Quindi, pur sempre un corpo soggetto a diritti personali.

La situazione puo' essere addirittura ribaltata a favore degli UC. Si è mai visto un corpo che non sia anche proprietà di qualcuno? No, nemmeno il cadavere puo' essere svincolato dalle intenzioni della proprietà d' origine. E allora, mi chiedo, perchè fare un' eccezione per l' embrione? Forse perchè ci fa comodo?

NO CHOICE

I pro choice immaginano due piatti della bilancia e su di essi mettono costi e benefici. Poichè l' esito della pesata è soggettivo è giusto che ciascun soggetto addivenga alle sue conclusioni.

L' insidia della bilancia ha contagiato anche qualche pro life il quale brandisce l' ordigno credendosi al sicuro solo perchè viene scortato da un PP o da un CSR). Ma nel nostro caso non si tratta di "pesare vite"!

Certo, il problema degli embrioni è un problema che riguarda il nostro modo di relazionarci alla vita umana, ma non è quello il suo specifico. Mi spiego meglio.

In molti altri casi mi relazioniono con l' incolumità altrui. Ma in quasi tutti i casi l' esito delle mie scelte e dei rischi che mi prendo è verificabile. Grazie a questo è possibile istituire una RESPONSABILITA'

Diverso è il caso dell' embrione. Mai nessuno verificherà la bontà della nostra scelta! Di conseguenza non si puo' istituire una RESPONSABILITA'.

Senza una responsabilità non ha senso invitare l' altro a fare un calcolo probabilistico e soggettivo. Non ci rimane che assumere una posizione in merito, fare una scelta di campo, difenderla, valorizzarla, testarla nella discussione e comportarci coerentemente con essa. Forse avremo un residuo di dubbio. Ma non ci resta che comportarci COME SE possedessimo una verità oggettiva.



Linko qui una sequela di buoni argomenti in favore della decentralizzazione dell' aborto. Mi fa piacere che venga da sponda libertaria.

Ricapitolando alcune conclusioni:

  • la scelta abortiva, visto che scioglie un conflitto d' interesse tra più individui, resta pur sempre nel dominio della politica;
  • la decentralizzazione (regionalizzazione?) delle pratiche abortive consente di sperimentare soluzioni alternative in una materia estremamente complessa;
  • la scelta di coscienza dei medici e dei paramedici, che è poi una forma di decentralizzazione, dovrebbe essere sempre rispettata;
  • è auspicabile che il diritto gratuito ad abortire entro certi limiti, laddove previsto, non sia mai universale ma garantito come tale solo alle fasce economicamente più bisognose.
  • trovare delle forme per attualizzare la "ruota" medioevale, facilitando le adozioni ecc.
  • un buon sussidio incoraggia la madre a tenere il figlio. Il migior sussidio potrebbe essere a costo zero per lo stato se finanziato con la perdita sulle future prestazione pensionistiche. Per rafforzarlo sarebbe necessario imputare il costo anche a chi compie la scelta abortiva, magari destinando altrove questi fondi che lo stato risparmia;


add1: qualche dato sul fenomeno.