martedì 7 settembre 2010

About Elly

Ieri sera abbiamo visto il film iraniano, ne valeva la pena.

Si veleggia tra Rossellini, Rohmer e Phanai... dici poco.

Difficile parlarne a chi è all' oscuro del plot.

Una comitiva di giovani famiglie della classe media di Theran passa un week end al mare, tra loro c' è Elly, è in rotta con Alì e si combina per farle conoscere Amad. Lei non avrebbe voluto venire, ripensa ad Alì e lo dice, ma Sakinè ha insistito tanto, Amad è davvero una persona speciale e presto ripartirà per la Germania.

La vita della comitiva scorre frizzantina e spensierata, potresti essere tra giovani coppie di Berlino o di San Francisco. Se non fosse per il velo non li distingueresti proprio, ma chissà, forse presto li distinguerai.

Sara dapprima nota la sproporzione tra i drammi che marchiano le due parti del film: la morte di Elly agita i cuori quanto la tragedia sentimentale di Alì.

Gestire la seconda sembra impegnare le stesse energie che richiede la gestione della prima.

In realtà, anche quella del fidanzato geloso è una morte, una morte interiore.

Eppure mi tocca dar ragione a Sara per un semplice fatto: la morte di Elly per gran parte del film è solo presunta quindi non puo' essere accantonata con un "la vita continua". Il suo fantasma aleggia eppure ci si occupa d' altro.

Ecco tutto quel che sappiamo della tragedia:



Harsh verrà salvato dall' annegamento ma Elly semplicemente scompare dalla pellicola, di lei non sapremo più niente per gran parte del film. E' proprio un tipo strano e una sua fuga disperata sotto il peso della terribile responsabilità non puo' essere esclusa.

Non possiamo dire se Elly sia morta o meno eppure, di fronte a questa tensione da thriller, vedere i protagonisti dimentichi di appurare quanto successo e tutti intenti a gestire le beghe sentimentali della presunta morta con Alì produce un certo squilibrio.

Provo a fare delle ipotesi conciliatorie: nella cultura arcaica un sospetto tradimento non è poi cosa da passarci sopra come da noi, forse puo' essere equiparato ad una morte: onore e morte vanno a braccetto.

Arcaismo e modernità si combattono poi nella figura di Sakinè, alla fine, dopo una dolorosa battaglia, prevale la seconda e la bugia che pronuncia scagiona la bella compagnia consegnando alla sofferenza il fidanzato di Elly.

Ecco la terribile e stupenda bugia:



Un film così, a raccontarlo fa venir voglia di condannare: condanna per chi ha mentito traslando le sue responsabilità (ma che colpa ne hai in fondo... racconta come sono andate le cose... cosa ti costa?...); condanna per chi complica la vita altrui con sentimenti arcaici e fuori luogo (... tanta morbosità non prelude a niente di buonio...).

Ecco, questo se il film lo racconti.

Ma se lo vedi - e qui sta la sua grandezza - condanne del genere si sciolgono come neve al sole: chi ha mentito lo ha fatto straziato da un conflitto interiore nobile e mai risolto, esattamente come chi prova certi sentimenti con un' intensità fuori moda che ripugnerebbero e alzerebbero l' indignazione del lettore medio di Vanity Fair.

lunedì 6 settembre 2010

Il paradosso dell' ambiente

Da un lato l' ambiente si deteriora mettendo a rischio la nostra qualità della vita.

Dall' altro la nostra qualità della vita non è mai stata così alta.

Come spiegarlo?

Forse con il pragmatismo: l' uomo affronta un problema alla volta, specie se alcuni problemi non toccheranno mai gli interessati.

La scrivania di Hawking

Entro nel mio ufficio e noto la presenza di una scrivania.

C' è da sempre ma oggi ho deciso di chiedermi da dove arriva, come mai è lì.

Dopo le prime indagini non ne vengo a capo e decido che la cosa migliore è pensare che Dio sia la causa di questa misteriosa presenza.

Dopo ulteriori indagini però riesco a ricostruire la vicenda: la scrivania è stata costruita da un falegname che l' ha venduta al negoziante dal quale la comprò mio padre che poi la mise dove si trova ora.

Dopo questa sensazionale scoperto decido di diventare ateo.

Che storia buffa!

Sì, ma sai dirmi cosa c' è in fondo che non va in questa storia?

Bè, in effetti... il mio ateismo sarebbe giustificato solo se "tutto" si esaurisse nella mia "scrivania". Una premessa alquanto bizzarra.

Ebbene, quando uno scienziato viene a raccontarci che i suoi telescopi non hanno avvistato alcun Dio, a me, è inevitabile, viene sempre in mente la "scrivania".

Oggi è la volta di Hawking: Dio non esiste, non è necessario.

Ovviamente i filosofi, che non disdegnano la possibilità di apparire sui giornali, si sono affrettati a mettere in evidenza l' incoerenza delle speculazioni dello scienziato.

Ma perchè affrettarsi? In fondo vale quanto affermato dal collega di Hawking, l' astrofisico italiano Tommaso Maccacaro: "... mi sembrano affermazioni talmente irrazionali da far sì che qualsiasi teologo principiante ne possa fare un solo boccone».

Teologo principiante? Io direi "principiante" e basta: basta infatti pensare alla storia della "scrivania".

In fondo noi tutti sperimentiamo il fatto che il mondo non si esaurisce nell' insieme delle cose "avvistabili dai telescopi".

C' è molto altro, chi puo' negarlo?: la mente, l' intenzione, la coscienza, la causa, la verità, la responsabilità, il bene, il male... sono tutte cose della cui esistenza pochi dubitano. Eppure sono "avvistabili" solo dal senso comune, mica dai micro-telescopi.

L' argomento è semplice perchè 1) il problema è semplice e 2) il credente spesso non è un intellettuale.

L' ateo moderato potrebbe comunque sostenere che perlomeno la conoscenza scientifica puo' fare a meno di Dio, se poi c' è dell'' altro si vedrà.

Ma neanche questo convince la persona con istruzione sotto la media.

La conoscenza scientifica puo' fare a meno dell' uomo? E' pur sempre la mente umana a "conoscere", in fondo.

Ebbene, se l' uomo è importante per avere "conoscenza scientifica", allora chi scaccia Dio dalla porta se lo rivede entrare dalla finestra.

Ma l' ateo, specie se di mestiere fa lo scienziato, è molto intelligente (ha un' istruzione sopra la media!), veità semplici non bastano ad inchiodarlo, è in grado di replicare con arguzia costruendo concetti molto articolati.

In effetti, di fronte alle repliche dell' ateo, io (credente) sono imbarazzato. Ma non tanto perchè mi vedo con le spalle al muro, non tanto perchè vedo confutate in modo ineludibile le mie convinzioni, quanto perchè proprio non capisco mai bene cosa voglia dirmi!

Sarà che frequento ambiti con istruzione media deprimente.

Certo, sento che vuole far passare i concetti di cui sopra (causa, verità, intenzione, pensiero, bene, male, numero...) come mere illusioni che un bel giorno verranno smascherate.

Da subito ho la sensazione che il suo discorso sia a dir poco stravagante (la mia mente un' illusione?). Certi suoi concetti non riesco a pensarli con chiarezza talmente sono sfuggenti e difficili.

Se poi a questo aggiungo che, finita la discussione sull' ateismo, lui stesso comincia a pontificare in termini di "causa", "mente", "giusto" e "sbagliato", allora mi convinco definitivamente che non mi ha convinto.

Per noi superficiali

Schermo intero e cuffia, mi raccomando...



la lista.

ht: Giavasan

domenica 5 settembre 2010

Mea culpa

Per parole, opere ed omissioni...

purchè non si getti tutto nel medesimo calderone.

Ecco una discussione dove si comincia a fare i primi "distinguo".

sabato 4 settembre 2010

Il giorno in cui diventai ateo

Chissà mai che in futuro non scriva un post con questo titolo.

Sì perchè potrei anche diventare ateo... se solo succedessero un paio di cosette.

Purtroppo non si puo' evitarlo, quando la religiosità si fonda in larga parte sulla ragione, è sempre sotto minaccia.

Parlando schiettamente, ritengo in qualche modo che la mia fede sia falsificabile. L' espressione è impropria ma rende l' idea.

Ma veniamo al dunque con esempi concreti.

E allora, se solo smettessi di credere nell' esistenza della "coscienza" umana (ma anche solo della "mente" umana) nel giro di pochi giorni mi convertirei all' ateismo.

E le neuroscienze, manco a farlo apposta, per molti (non per tutti), stanno denunciando proprio l' illusorietà di concetti quali quello di "mente" o di "coscienza".

Tutta roba che, secondo parecchi neuroscienziati, puo' essere "ridotta" al cervello e alla sua evoluzione senza inconvenienti.

Ma quando quest' opera di demolizione potrà dirsi realizzata? Quando potrò finalmente convertirmi? Qual è il segnale che attendo per fare il salto della quaglia?

Qualcuno potrebbe pensare alla realizzazione dell' "uomo artificiale", ma non se basterebbe (... o forse basta meno).

Certo, bisogna capire cosa s' intende per "uomo artificiale", in fondo le mamme hanno sempre fabbricato uomini con la pancia, se qualche scienziato lo fabbricherà in laboratorio con le mani la cosa non mi smuove granchè, quel giorno, leggendo il giornale, nonostante i titoloni, continuerò a dare la precedenza alla pagina del calcio.

Forse c' è qualcosa di ben più decisivo che potrebbero combinare i nostri prodi scienziati.

Finchè scendono in affari, tutto bene, tutto normale, approvo fin da subito.

Ma domani potrebbero "scendere in politica" e magari io mi troverei nelle condizioni di dover giudicare sensata questa risoluzione.

Ebbene, qualora le neuroscienze "scendessero in politica", ovvero informassero talune politiche condivisibili, allora ecco, quello sarebbe un buon segnale per la mia conversione.

Ma non è tanto facile che la cosa succeda.

Ammettiamo che la neuroscienza produca un "vaccino della felicità" che se iniettato attivi quelle aree della corteccia che segnalano uno stato del benessere.

Ebbene, non ha senso che la politica si occupi di somministrazione del vaccino: chi lo vuole DECIDE LIBERAMENTE di comprarselo.

Di conseguenza, almeno in questo caso, non ha senso che le neuroscienze "scendano in politica".

Quel "DECIDE LIBERAMENTE" fa sì che noi possiamo, anzi dobbiamo, ancora riconoscere l' esistenza di una coscienza.

C' è poi la questione del FELICIOMETRO.

Se il neuroscienziato riuscisse a costruirlo, magari grazie all' rfm, una redistribuzione delle ricchezze potrebbe apparire sensata, e quelle sono "politiche" a tutti gli effetti.

Ma restano pur sempre problemi insormontabili, come quello dell' abisso pascaliano, una roba che impedisce alla politica di brandire i feliciometri, anche i più aggiornati.

E poi una cosa del genere, oltre a sabotare la mia religiosità, minerebbe la fede nell' efficienza del mercato. Ma il mercato è davvero inefficiente?

Che strano, fede in Dio e fede nel mercato vanno di pari passo? Bè, forse non è poi così strano.

Accantonate queste ipotsi, forse qualcuno riesce a formularne altre. Per favore, fatemele sapere.

Al momento mi sembra molto più ragionevole tenersi il proprio Dio.

La presenza di convincenti politiche informate alle neuroscienze è decisiva per la mia conversione, perchè mai, infatti, dovrei votarmi ad una filosofia zeppa di contraddizioni come quella materialista se il mondo non ricevesse nemmeno alcun vantaggio concreto?

La fede e tutto il resto...

Interessante!

I non credenti hanno un' istruzione media superiore ai credenti.

Tra i credenti, però, chi ha un' istruzione superiore ha anche una fede più robusta.

I credenti hanno anche un numero maggiore di bambini; ma coloro che hanno più bambini hanno anche una fede più debole.

Sembra quindi che il numero dei bambini sia incoraggiato, prima ancora che dallo zelo religioso, dal fatto che l' ambito religioso offra un' accogliente struttura sociale.

Il familismo amorale

Perchè spiega ben poco il nostro meridione (come qualsiasi altra società).

Quali tasse tagliare

Qualsiasi taglio delle tasse è il benvenuto e crea benefici.

Ma se uno ha come obiettivo l' efficienza economica, alcuni tagli sono più auspicabili di altri.

1. Tagli permanenti: creano meno incertezza ed evitano risparmio improduttivo per pagare poi le maggiori tasse future.

2. Tagli ai più ricchi: abbiamo bisogno di incentivi all' arricchimento.

3. Tagli delle tasse sul capitale: il capitale risponde più prontamente del lavoro ai tagli.

Il precariato? Un problema marginale.

... almeno per Papa Ratz.

"... Io so, ricordando la mia giovinezza, che stabilità e sicurezza non sono le questioni che occupano di più la mente dei giovani. Sì, la domanda del posto di lavoro e con ciò quella di avere un terreno sicuro sotto i piedi è un problema grande e pressante. Ma allo stesso tempo la gioventù rimane comunque l’età in cui si è alla ricerca della vita più grande..."

Meno fede, più paura. Logico

E' anche così che siamo precipitati nella Società dei Terrorizzati Piagnucolosi (e non esito a mettermi nella schiera).

venerdì 3 settembre 2010

Matematiche carine

Se la matematica si presenta in forma di rospo...

... niente paura... basta un bacetto e si trasforma in qualcosa di più carino:





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Musiche distrutte dal dolore

Come si ascolta la musica?

Meglio "pensare l' ascolto" o "sentire l' ascolto"?

Cos' è la musica: una sequenza ordinata di suoni? Una descrizione delle emozioni dell' artista? Una fonte di emozioni per l' ascoltatore?

No, nulla di tutto questo.

Scrive Tovey commentando Beethoven e Brahms:

«Il primo episodio [del secondo movimento dell’Eroica] è un normale trio in tonalità maggiore, che inizia in un’atmosfera di consolazione e per due volte esplode nel trionfo. Dopo, la luce si spegne e il tema lugubre fa ritorno … Successivamente fa il suo ingresso, finalmente, l’inizio di un nuovo messaggio di consolazione, ma esso svanisce e il movimento si conclude con un’ultima enunciazione del tema principale, i cui ritmi e i cui accenti sono completamente distrutto dall’angoscia. Qui segue [nel primo movimento della Prima Sinfonia di Brahms] un bellissimo passaggio preparatorio al secondo soggetto; un commovente diminuendo, che inizia rabbiosamente … e si ammorbidisce (nel mentre passa rapidamente attraverso delle tonalità molto distanti) verso toni di profonda tenerezza e pietà ….»

Tovey, Essays in Musical Analysis: Volume I, Symphonies, Oxford University Press

Scrive Kivy commentando Tovey:

"... quella di Tovey è una descrizione dove le qualità emotive vengono ascritte alla musica stessa, poiché la musica ha un proprio sentimento, che non è né quello del compositore, né quello dell’esecutore, né tantomeno quello dell’ascoltatore. Tovey, è chiaro, sa bene quale sia l’oggetto di cui egli presumibilmente sta parlando: non Beethoven, non Brahms, e nemmeno Tovey, ma la musica. Non è né Beethoven né Tovey ad essere consolato, trionfante, lugubre, completamente distrutto dall’angoscia. Solo la musica lo è. Non è né Brahms né Tovey ad essere commovente, arrabbiato, tenero, caritatevole. Solo la musica lo è. Ma una musica essere "distrutta dal dolore"? "Distrutto" è un aggettivo che può evocare molto bene sia il singhiozzo di un sentimento tormentato, sia la discontinuità, frammentazione della sintassi musicale. Vale a dire: ascoltiamo un brano musicale e lo descriviamo come "spezzato dal dolore", perché la sua struttura ci suggerisce una sintesi percettiva che trova in quella particolare declinazione emotiva la sua identità..."

Peter Kivy - Filosofia della musica. Un'introduzione. - Einaudi.

Direi che sia i freddi "formalisti" che i caldi "emozionalisti" sono sistemati.

D' altro canto sia la "struttura" che l' "emozione" mantengono un ruolo centrale, purchè si parli della prima in termini della seconda.

E la competenza dell' ascoltatore? Dove deve orientarsi?

Sulla struttura profonda delle emozioni, ovvero su cio' che le emozioni possono condividere con l' evento musicale.

Il lettore

L' immagine del "lettore di libri" che mi viene in testa istintivamente, non collima molto con quella di Ferguson.
La mia impressione è che purtroppo i libri si coniughino male con la vita reale, e chi si dona anima e corpo ai primi perde gran parte del controllo sui gangli nevralgici della seconda.
Quando lascio una lettura particolarmente intensa mi sento sempre un po' spaesato, mi sento vittima di una qualche menomazione.
Le strade della vita reale sono finalmente mie. Eppure mi accorgo che sto zoppicando, e la colpa, ahimè, è proprio di quelle letture troppo coinvolgenti.
Questa diffidenza non migliora se guardo ai "forti lettori" che nel loro mondo hanno una fama consolidata.
Capita che costoro abbandonino il loro cantuccio claustrofobico per regalarsi un periodo di estroversione sul mondo comune. Magari in politica, o come commentatori giornalistici, oppure...
Eccoli allora sbandare paurosamente. I loro esiti sono piuttosto sconsolanti. La loro "zoppia" è macroscopica e decisamente imbarazzante.
Anche quando si indirizzano nella direzione che ritengo corretta, anche quando sostengono cio' che auspicherei anch' io, sento che il loro contributo contorto fa solo "male alla causa".
D' altronde è cio' di cui parlavo (con nomi e cognomi e date) più sotto, nell' "Apologia della Torre d' Avorio".
***
Per produrre una lettura intensa si richiede un certa capacità di distacco.
Non è un caso che nel "vero lettore" si sia evoluto un organo particolare. E' questo un organo in grado di secernere una singolare sostanza dalle proprietà isolanti.
Come una crisalide, il "vero lettore" si avvolge e si separa da tutto grazie a questo potentissimo anestetico.
Ma l' organo di cui parlo cade facilmente vittima dell' usura e ben presto si guasta sviluppando una sorta di incontinenza. A quel punto gli inconvenienti si moltiplicano.
Non sempre infatti lo si puo' tenere sotto controllo, capita che continui a lavorare indefesso anche dopo che gli si è comandato lo "stop" di rito. Che continui a lavorare anche quando sei in compagnia di altri.
Tu dici "stop", "stop!", "stooop!!", ma lui niente. E allora sono guai.
***
In conclusione: per leggere bisogna rinunciare a molto. E il molto a cui si rinuncia è in gran parte costituito dalla strumentazione (lucidità, tempismo, istinto, empatia, carisma, ricchezza...) idonea ad esercitare un certo ascendente sul prossimo.

Soggettivo e Oggettivo: non fratelli ma padre e figlio

Un via fruttuosa per riconciliare soggettività ed oggettività la offre il reverendo Bayes.

Il suo teorema sta su un rigo e in fondo per molti ( i cosiddetti bayesiani) racchiude tutto cio' che possiamo salvare dell' epistemologia novecentesca.

E cosa c' è di più oggettivo della conoscenza scientifica?

Senonchè la concezione probabilistica bayesiana è di carattere soggettivo (con la probabilità non si indica una frequenza ma il coefficiente di una scommessa). De Finetti ha insistito in modo eloquente su questo punto.

Una conoscenza oggettiva fiorisce così dalla conoscenza soggettiva.

Non solo, aggiungendo qualche ipotesi si puo' dimostrare che... "due persone che discutono giungeranno necessariamente ad un accordo completo su tutte le questioni"!? (qui la nota - un po' incasinata - che valse il Nobel al prof. Auman).

Sono proprio felice che uno dei più grandi "bayesiani" sia stato il Cardinale Newman, neo beatificato da Benedetto XVI nel corso della sua visita inglese.

giovedì 2 settembre 2010

Due "no"

Nel post precedente la discussione con Diana ci ha spinto su territori interessanti.

Si sentiva chiaramente la pressione di due domande:

1) Si possono modificare in modo determinante le preferenze delle persone?

2) Ci sono casi in cui ad un governo conviene farlo?

Una bella coppia di "no" è la mia risposta.

Ma è una risposta soddisfacente? Tenterò di mostrare come sia la risposta ottima da dare.

In genere la psicologia evolutiva tende a considerare la "preferenza" come un portato genetico e ambientale.

Se accettiamo questa visione le "preferenze", almeno in via teorica, sarebbero dunque determinabili anche dall' esterno: basta intervenire sulla genetica e sull' ambiente.

Poichè le preferenze di un soggetto riguardano la sua natura profonda, accettare questa visione implica la necessità di abbracciare una visione materialistica dell' uomo.

Ma una simile filosofia è carica di contraddizioni e inevitabilmente produce contraddizioni a go go.

A parità di tutto il resto il buon senso fa preferire una filosofia alternativa, una filosofia coerente: per esempio quella che postula le preferenze come "date", come il frutto cioè dell' interiorità umana.

Ma "tutto il resto" è davvero immutato? Oppure l' approccio empirista mi garantisce soluzioni alternative e più "convenienti" a taluni problemi?

E' proprio di questo che si occupa la seconda domanda, una domanda che sta a cuore all' economista.

Si potrebbe infatti pensare che la manipolazione delle preferenze potrebbe convenire e richiedere un intervento governativo, in quel caso sarebbe stupido negare di poterla realizzare.

Per comprendere questa possibilità basterebbe un esperimento mentale.

Ammettiamo che con una vaccinazione noi ci garantiamo una prole "più felice".

Al fine di garantire una società futura più felice il governo potrebbe imporre questa vaccinazione.

Un governo prudente potrebbe consentire l' astensione dalla vaccinazione dietro compilazione di un modulo.

Certo, "compilare un modulo" non è un costo eccessivo, ma proprio dicendo questo di cosa ci accorgiamo?

Ci accorgiamo che non esistono incentivi distorti che impediscano alla gente di vaccinarsi senza alcun intervento governativo, ciascuno di noi probabilmente desidera figli felici.

Poichè l' economista che è in noi ci garantisce che l' interento governativo è insensato, possiamo permetterci il lusso di conservare il postulato delle preferenze "date", ovvero il postulato classico per cui la soluzione del libero mercato è in genere la più efficiente.

Il postulato delle preferenze "date" ci consente a sua volta di rispondere "no" alla prima domanda.

Ottimo! In questo modo possiamo far nostra una filosofia coerente allontanando le tentazioni di una filosofia altamente contraddittoria e ripugnante al buon senso come quella empirista.

Ma il postulato delle "preferenze date" ci impone poi di rispondere "no" anche alla seconda domanda.

Fortunatamente, come abbiamo visto, una simile risposta non presenta inconvenienti di sorta: l' efficienza è ugualmente garantita.

La Pastasciutta

Se ti fai una parstasciutta al ristorante, il ristorante batte lo scontrino, il PIL del paese cresce e al telegiornale dicono quanto l' Italia è ricca.

Se la mamma ti fa la pastasciutta non batte nessuno scontrino, il PIL del paese non cresce e al telegiornale raccontano quanto siamo poveri.

Italia ricca e Italia povera... Minzolini bara... tele Kabul... cadono i governi, succede un quarantotto.

Ma nella realtà non è successo proprio nulla: tu hai mangiato sempre la stessa pastasciutta!

Ecco il maggior difetto del PIL.

Il fatto è che, nello specifico, in Italia si fanno un mucchio di "pastasciutte", talmente tante che il nostro PIL andrebbe aumentato di UNA VOLTA E MEZZA.

Qui in Italia siamo moooolto più ricchi di quel che appare nei confronti internazionali commentati dai TG.

Ma la ricchezza prodotta in famiglia non sembra far notizia.

Forse perchè la famiglia la si vuol rompere per mandare tutti al lavoro, ovvero dove non si muove foglia senza che si batta uno scontrino, così da non sfigurare quando si leggono le statistiche del PIL. Amen.

Di queste cose parla Ichino nella sua conferenza.

Anche lui la famiglia la vorrebbe rompere per mandare le donne al lavoro, ma perlomeno non omette l' essenziale premessa.

link alla conferenza.

Ichino bacchettato.

Perle di Radio Tre: la collana infinita

La demenziale Nadia Urbinati è un profluvio di perle, come contenerla?

La sua presenza a Radio Tre è un divertente monito ai "bitter fruit" delle quote rosa.

Il concitato travaglio del suo cogito sembra promettere teorie risolutive e invece... solo perle (a noi porci).

Meglio che niente.

Purtroppo una buona parte delle cose che dice sono semplici (anzi, contorte) contraddizioni.

Peccato, avrei preferito delle "perle".

Purtroppo un' altra cospicua parte è semplicemente incomprensibile.

Peccato, sono sicuro che se si fosse spiegata ci avrebbe regalato un altro carico di perle rilucenti.

Ad un certo punto della discussione (!?) sui diritti con una velina estiva di Fahre (Loredana Lipperini) affronta l' argomento cardine: I Giovani Padani.

I Giovani Padani sembrano usare reiteratamente l' espressione "Il mio suolo"...

Scandalo!!! (me lo sentivo che nel giro di due secondi e mezzo, dopo aver introdotto l' argomento "Giovani Padani", sarebbe scoppiato uno "scandalo" con tre punti esclamativi.

E perchè?

Perchè "il suolo non è loro"?

Noooooo!!! Molto, molto peggio!

Perchè questi qua parlano "COME SE I DIRITTI FOSSERO DI QUALCUNO".

Già, il capo d' accusa è il seguente: "parlano cme se i diritti fossero di qualcuno"

Non racconto palle:



Morale: o la Urbinati abita nell' iper Uranio insieme a tutti i "diritti-di-nessuno"...

... oppure si rassegni, nonostante le origini italiane ha bisogno del traduttore simultaneo quando viene a sudare nella nostra Radio.

Si puo' insegnare la filosofia ai bambini?

E perchè no?

Ci provano in molti.

Vagliare i vari tentativi è un modo per apprezzare meglio il nostro catechismo.

Lì c' è già tutto e un buon insegnante puo' far davvero faville.

Chiedo: c' è in giro qualcosa di meglio per introdurre un bambino alla filosofia?

Qualcuno dice che l' Inferno è spaventevole. Forse che le fiabe non sono spaventevoli?

Quando poi si tenta di edulcorare, o addirittura di eclissare il Male... lasciamo perdere per favore... allora sì che si racconta una fiaba, e per di più noiosa.

«È così divertente credere in Dio!».

Ravasi su Leonard Cohen.

mercoledì 1 settembre 2010