giovedì 7 agosto 2008

La battaglia sulla beneficenza

La Sinistra puo' vantare una solida tradizione di pensiero contro le pratiche caritative.

... una società giusta è una società che non ha bisogno di carità...
Ralph Nader

... la virtù più sopravvalutata è quella esercitata dal donatore. Il "dare" rinforza il nostro ego e il nostro senso di superiorità... quasi sempre "dare" è un piacere egoistico... guardate la nostra società, a dare con apparente magnanimità sono proprio coloro che hanno dimostrato maggiore grettezza...
John Steinbeck


... la retorica della generosità è sempre convissuta con quella della repressione... non è che la filantropia e l' invito a prendersi cura dell' altro siano insufficienti a governare il problema sociale, è che sono funzionali alla sottomissione dei più deboli..."
David Wagner

... sollecitare lo sforzo volontario e la donazione è funzionale alla distruzione dei "diritti"...
Janet Poppendieck

I legami con la tradizione marxista sono evidenti.

Ma anche la destra ha visto di cattivo occhio la carità.

Basti pensare ai darwinisti sociali che si rifanno a Herbert Spencer: una diffusa beneficenza impedirebbe alla selezione naturale di svolgere a dovere il suo compito.

Ricordo anche un bel libro di Sergio Ricossa: Contro la Beneficenza.

Sempre a destra, c'è chi, pur assumendo l' aiuto ai bisognosi, vorrebbe assegnarlo ad organizzazioni profit anzichè alla carica dei volontari. Parlo di Brian Miklethwait (Against Charity). Il motivo naturalmente sarebbe quello dell' efficienza.

Arthur Brooks fa giustizia di queste posizioni: prosperità e generosità vanno a braccetto, l' una rinforza l' altra.



Teorie che spieghino questo legame sono già bell' e pronte.

Robert Putnam ci parla del capitale sociale, una ricchezza che il dono contribuisce a costruire.

George Gilder constata come il capitalismo si fondi sulla fiducia, una qualità decisiva anche per l' atto caritatevole. La comune fondazione lega le due pratiche.

Thorstein Veblen nota come la carità sia raccomandata da un ethos che predica anche l' industriosità.

Victor Frankl vede nell' atto di generosità un atto significativo. Chi lo compie ritrova un senso e un' energia che si riflette anche nei suoi affari personali.

Insomma, capitalismo e generosità si fondano e producono fiducia. Avendo in comune questa risorsa non possono che farsi reciproca e proficua compagnia.

Certo, l' elemosina puo' danneggiare il ricevente se ripetuta ed acritica. Ma è sul donatore che dobbiamo concentrarci per isolare la carica positiva e arricchente di queste pratiche. Perchè si manifestino appieno l' atto della donazione deve essere volontario.

Arthur Brooks si occupa degli "hard data" (capitolo 7) e conferma le ipotesi pro-charity.

mercoledì 6 agosto 2008

Vite parallele e benedizioni verticali

Mentre in galleria sculetta la Gagarella...



... in Corso Sempione, appena dopo l' Arena, hanno finalmente fatto fuori quella "bestiassa" del Nin Barbisa



Qualcosa, qualcosa di "piscinino e sberlucicante", benedice tutti da dietro una coltre di guglie e polveri sottili.

Un uomo generoso

John esce da Messa come tutte le Domeniche, non ne perde una ormai da anni. Esce da lì con tutta la sua famiglia. Ha cinque figli e oggi, come d' abitudine, anche i due sposati raggiungono il padre e la madre per pranzare con le loro consorti tutti insieme nel giorno della festa. Si fanno quattro chiacchere sul sagrato, sempre le stesse. Nel mirino ci sta stanno, come al solito, il governo e i politici, la lamentela sulle tasse è un "must".
***
Ecco in queste poche righe il ritrattino sociologico di un uomo generoso. Di un uomo propenso a donare tempo e denaro agli altri.

Sono le conclusioni a cui giunge Arthur Brooks, forse lo studioso che più sa trattare i numeri relativi al volontariato, alla filantropia e alle donazioni private.

Sto leggendo il suo libro, vedi sul "comodino" del blog. Certo, lui si occupa degli USA. Ma consideriamo che gli USA sono il paese di gran lunga più generoso dell' Occidente, e faccio tutte le proporzioni del caso.

Secondo la sua indagine, tre sono i fattori che meglio predicono la generosità di una persona:

- lo spirito religioso;

- la vocazione famigliare;

- l' atteggiamento scettico verso ogni redistribuzione governativa.

martedì 5 agosto 2008

Perchè i managers non si uccidono tra loro?

Interessante domanda posta da Robin Hanson.

Un killer costa poco (intorno ai 7.000 dollari) e i guadagni possono essere immensi.

Tra i leader politici e i capi della criminalità organizzata la pratica dell' omicidio è molto più diffusa.

Possibili risposte:

Diversamente che in politica non esistono moventi ideologici. Il movente ideologico è il più adatto ad istillare odio. Inoltre è molto più semplice da celare.

I managers non sono criminali abituali, non sanno muoversi a loro agio in quell' ambito. Inoltre hanno molto da perdere rispetto ad un boss della mafia che è già implicato in azioni penali.

Anche il politico puo' avere relazioni nei servizi segreti. Tutte entrature che rendono per lui il crimine meno costoso.

L' attitudine allo scambio puo' rendere più appetibili delle vie alternative all' omicidio.

La risposta ideologicamente più intrigante potrebbe essere un altra: la lunga esposizione al mercato, attraverso vie che adesso non interessa indagare, rinforza il nostro senso etico. Cio' spiegherebbe perchè i managers, tra i personaggi di potere, sembrano i più pacifici.

Negli USA calano le diseguaglianze...

... in termini di felicità. Ancora Justin Wolfers. Ma quando scrive il libro definitivo sul tema?

Una musica che respira

1500. E' nato un bambino, scende su di lui uno spirito guerriero ansioso di pace. Ecco che respira, respira proprio come un imperatore. Il fiato di Carlo V comincia a mischiarsi con l' aria dell' Europa.

Ed ecco la musica che respirava con lui.



1558. Abdicando per la seconda volta un vecchio muore circondato dai suoi gemiti e abbandonato da forze indomabili solo qualche anno prima. Fortuna desperata: nasci, pati, mori.

Ed ecco la musica che custodisce il debole fiato con cui nel giorno fissato risponderà al suo Giudice.



Grazie Miri per quelle dritte sull' Alia Vox

lunedì 4 agosto 2008

Qualcosa brulica

L' introversione dei due chittarristi è ulteriormente accentuata da una produzione algida e distante.

Peccato, si tratta di due teste sempre ispirate, pronte ad aprire la pancia dello strumento per farci guardare dentro.

Ma tutta questa nebbia finisce per depotenziare il loro talento vivido.

Il colpevole: Fredi Bosshard. Fa di tutto per imbalsamare il vitale colloquio improvvisato dal tedesco con lo svizzero. Per fortuna la missione che si è dato è impossibile, l' ascolto resta formativo.

Di ritorno dal Giappone (e si sente), Hans e Waadi fecero tappa a Zurigo lasciando come ricordino alcune piccole invenzioni subito catturate da un Ferdi sempre bene appostato.



Ecco il maestro Peter Callesen. La precarietà dei suoi ritagli sta bene anche qui.

Di fronte alla realtà intollerabile del caso

Quando le teorie della conoscenza attribuiscono al caso un ruolo rilevante, suscitano reazioni disparate che ora vorrei considerare.

Faccio qualche esempio.

La teoria quantistica sembra rassicurare Davide poichè l' indeterminazione che la caratterizza conferma i limiti alla conoscenza umana e cio' è coerente con alcuni postulati della Religione.

D' altro canto Einstein disse che "Dio non gioca a dadi". Evidentemente vedeva il caso come un disturbo, un elemento di disordine incompatibile con le armonie celesti.

C' è poi la teoria evoluzionista. Molti la sfoderano come uno spadone contro ogni pensiero della divinità: se il caso è tanto importante si perde di vista quella mano divina che guiderebbe gli eventi asservendoli ad un progetto.

Ma per altri il caso è solo il nome di Dio quando viaggia in incognito.

Potrei andare avanti ma non mi interessa granchè schierarmi su questi fronti. Ognuno di essi ha valide argomentazioni per sostenere le sue tesi.

Ci sono però questioni in cui scandagliare le reazioni alla presenza del caso diventa altamente istruttivo. Porto le irritanti tesi di TBC come esempio.

TBC è un libro a cui si è reagito in modo percussivo e spesso isterico. Sulle sabbie mobili dell' isteria non si possono fondare saldi edifici, anche per questo di quelle critiche non è rimasto molto.

Ma ora non è questo che ci interessa, vediamo piuttosto i motivi della reazione inconsulta.

La tesi ridotta all' osso di TBC è la seguente: l' IQ influenza in modo pesante il destino di una persona nella società libera. In più l' IQ delle persone varia anche di molto ed è difficilmente malleabile.

Il caso, attraverso la lotteria di quel particolare talento che è l' intelligenza, diverrebbe centrale frustrando l' opera dei "manipolatori sociali", ovvero di coloro che concepiscono la società come un artefatto da costruire nei minimi particolari.

Un intellettuale come Murray para bene il colpo con considerazioni di questo tipo: cio' che conta per una persona non è la sua intelligenza quanto il fatto di essere indispensabile e unica per qualcuno. In una società libera ciascuno troverà il suo posto.

Un ragionamento del genere implica una buona dose di "accettazione". Non tutti hanno il temperamento idoneo all' accoglienza del reale. Aver assimilato un concetto (religioso) come quello di Provvidenza potrebbe aiutare.

Ma la stessa consolazione non è certo disponibile per l' intellettuale "architetto" che mette sempre al centro l' elemento manipolabile dalle policy. Il suo scatto isterico è garantito: non accetta più nemmeno il concetto di Natura, figuriamoci quello di Provvidenza.

sabato 2 agosto 2008

Da Sant' Arcangelo a Gerusalemme

Tutti noi riconosciamo vere le forsennate profezie del Bardo William Blake.

Siamo tenuti a farlo a causa del dominio esercitato su di noi dal visionario grido che le trasporta ovunque da secoli.

Una sera estiva di ventisei anni fa si liberarono dal mutismo apparente della pagina che le ospitava.

Ad urlarle in Piazza a Sant' Arcangelo fu l' appassionato quanto temerario strumento di Mike Westbrook.

Neanche allora nessuno osò obbiettare al delirio.

Ce lo impedì il cuore in gola... molto meglio accettare le ali che nel frattempo ci spuntarono e volare con quelle verso le Porte di Gerusalemme...



Teorie vere se pensate, false se pronunciate

Ci sono profezie che si auto-avverano, ma ci sono anche teorie che si auto-confutano.

Capita nelle scienze umane.

Ricordo che qualche tempo fa, per divulgare in maniera un po' cervellotica il concetto di indeterminazione dei corpi nell' ambito delle teorie della fisica, veniva usata una singolare formula retorica, si ipotizzava che il comportamento dei corpuscoli mutasse quando osservato.

Qualcosa del genere accade, ma questa volta in modo letterale, a molte leggi che governano le scienze umane. A neutralizzarle non è tanto l' osservazione quanto la divulgazione.

Taleb dà un' illustrazione semplificata ma vivida di queste anomalie: se sul mercato azionario si nota una regolarità per cui il prezzo delle azioni sale il Lunedi, nel momento stesso in cui la legge viene derivata, cessa anche di esistere poichè gli operatori razionali cominceranno a comprare il Venerdì.

L' economista Robert Lucas ha ricevuto il suo Nobel per aver espresso in modo rigoroso questo concetto: le persone ragionevoli si adattano alle "leggi" individuate dalla statistica contribuendo così a confutarle. Naturalmente questo non vale per tutte le "causalità statistiche", alcune trovano un loro saldo equilibrio anche dopo l' adattamento nei comportamenti. Ad altre invece dobbiamo rinunciare e lasciare che indaghino le varie "teorie dei giochi".

Vogliamo chiamare tutto cio' "critica di Lucas" e aggiungerla agli allarmi che ci devono suonare in testa non appena leggiamo una regressione?

venerdì 1 agosto 2008

Cos' è la burocrazia?

Io l' ho imparato qui...



... mia mamma qui...

L' IQ conta?

Ho voluto dare un' occhiata ravvicinata al libro The Bell Curve.

L' ho fatto anche perchè notavo come le opinioni più significative sulla realtà sociologica americana, venivano introdotte in reazione alle tesi di quello scritto. E questo ancora oggi, a quindici e rotti anni di distanza.

Volete un esempio? Ecco David Brooks che sul NYT dell' altro giorno presenta due recenti lavori accademici che scattano, secondo lui, la foto più nitida della realtà americana contemporanea. Conclude indicando in Obama l' uomo giusto per tenerne conto. Ebbene, entrambi gli studi presentano se stessi come una contromossa da leggersi nell' orizzonte tratteggiato da TBC.

L' Introduzione di TBC è meramente descrittiva, presenta il dibattito intorno al concetto di "intelligenza" così come si è svolto nell' agone delle scienze psicologiche. Dichiara senza infingimenti di assumere le posizioni "mainstream" trascurando quelle radicali. Quindi: esiste una sola intelligenza (abilità logica e linguistica) misurabile in modo significativo dall' IQ e, in buona parte, ereditabile.

Cio' non toglie che il valore di una persona dipenda anche da altro; i "talenti" sono molteplici, sebbene ci sia qualcosa di specifico che possiamo chiamare "abilità cognitiva".

Non si entra nel merito del dibattito, ci si limita a descriverlo. Agli autori interessa altro, interessa dimostrare quanto la distribuzione dell' IQ nella popolazione incida sull' evoluzione sociologica delle società di mercato. Loro ritengono che incida parecchio, una nuova "elite cognitiva" si sta isolando.

L' IQ conta a scuola. Il sistema universitario americano è cambiato nel corso del secolo, ora premia in modo crescente la fascia di studenti con IQ elevati. Basta vedere chi fa il suo ingresso nelle Università. Prima la provenienza famigliare era decisiva, così come lo erano le condizioni socio-economiche di partenza.

L' IQ conta sul lavoro. Volendo indovinare il lavoro di Pincopalla, meglio informarsi sul suo IQ da ragazzo che sul numero di anni trascorsi tra i banchi.

L' IQ conta sul mercato. L' intelligenza è strettamente legata alla produttività, anche dopo anni di lavoro la conclusione resta valida. L' IQ predice l' efficienza del lavoratore in modo più accurato di quanto non faccia un colloquio di lavoro. E' molto costoso il provvedimento con cui la Suprema Corte ne ha impedito l' utilizzo.

IQ ed educazione. Studiare un anno in più non incide molto sulle sorti di un basso-IQ, il suo destino nella società mercatista, come direbbe Tremonti, sembra segnato. L' ironia è che parificando le condizioni ambientali, si esaltano ulteriormente le differenze genetiche.

IQ e isolamento. I più intelligenti tendono a sposarsi tra loro. Avendo redditi elevati possono permettersi anche un isolamento fisico.

IQ e povertà. Se nasci in una famiglia povera (ultimo ventile), rischi di restare povero, rischi 8 volte di più rispetto a chi nasce nei ventili superiori. Ma se il tuo IQ è nell' ultimo ventile, il rischio sale al 15%. Anche qui "IQ is the best predictor".

IQ e abbandoni scolastici. Le condizioni socio-economiche incidono sugli abbandoni scolastici ma, in modo significativo, solo se l' IQ dell' interessato è basso.

IQ e disoccupazione. Legame stretto. Anche i lazzaroni non sono quasi mai intelligentoni.

IQ e famiglia. La famiglia tradizionale tiene bene, ma solo tra i più "smart". Costoro tendono a prediligere il matrimonio e il loro tasso di divorzi è ben sotto la media, specie se comparati con i low-IQ. Anche la presenza di prole illegittima è strettamente correlata con le abilità cognitive.

IQ e welfare. Se ricorri all' assistenza pubblica (ragazze madri, sanità...) probabilmente il tuo IQ è sotto la media. Ci puoi scommettere razionalmente una buona cifra.

IQ e genitorialità. Una buona madre probabilmente ha un buon IQ.

IQ e crimine. L' intelligenza media dei criminali è ben al di sotto di quella comune.

IQ e civismo. C' è un solido legame tra partecipazione politica e livello d' istruzione. Ma poi, se vai a grattare, a parità d' istruzione quello che fa la differenza è l' IQ.

IQ ed etnie. Ci sono chiare differenze, inutile girarci intorno. Gli asiatici sopravanzano i bianchi che sopravanzano i neri. In più, facendo la tara con l' IQ, molte diseguagliaze sociali si attenuano.

IQ e demografia. Purtroppo le dinamiche demografiche stanno abbassando l' IQ medio della popolazione. Le donne con istruzione più alta hanno un tasso di natalità basso. La natura dell' immigrazione completa il quadretto.

IQ e problemi sociali. Praticamente tutti i problemi che affliggono le società moderne vedono implicati soggetti a basso IQ.

Politiche: alzare l' IQ. Molto è stato provato: nutrizione, scuola, prescuola, ambiente familiare. Insistere è un dovere, per ora i risultati sono scarsini.

Politiche: pari opportunità nell' educazione. Si sono riprodotti i ghetti anche a scuola e nei college. Inoltre, lo svantaggiato nero finisce per fare concorrenza allo svantaggiato bianco. Meglio aiutare gli svantaggiati che puntare tutto sulle etnie.

Politiche: pari opportunità sul lavoro. Hanno funzionato? Boh, certo che la società le paga care.

Politiche: scuola. La scuola americana ha subito un involuzione. A pagare sono stati soprattutto i "gifted".

Politiche auspicate. Anche se siamo differenti, in una società libera ciascuno trova il suo posto. Aiuto integrativo: semplificare le regole, redistribuire la ricchezza in modo efficiente, selezionare l' immigrazione, incentivare la maternità delle donne istruite, non premiare la maternità delle underclass...

Tutto qui. Le contestazioni sono state assordanti e quasi sempre di scarso momento.

Tra una contestazione e l' altra, la lezione sembra essere stata appresa anche a sinistra: forse una politica delle pari-opportunità non consiste nell' ennesimo corso formativo per il trentenne perennemente disoccupato. Bisogna agire prima, molto prima.

giovedì 31 luglio 2008

Dandy nell' alto dei cieli

E' davvero un bell' uomo il Gesù di Messiaen. Quasi un dandy.

Ha classe, soffre senza scomporsi, risorge con nonchalance e "ascende" al cielo agile come un leopardo che ascende sull' acacia. Il suo misticismo non è prolisso, odia apparire patetico.

Nella persona è curato ed elegante.

Capiamo ancora più a fondo la catechesi del mitico Cardinal Biffi, quando, dopo aver inferito dalle scritture come Gesù amasse le feste e la compagnia di persone altolocate, ci invitava a notare che la tunica del Figlio di Dio (e del piccolo imprenditore Giuseppe) veniva giocata ai dadi dai suoi carnefici in quanto priva di cuciture e non divisibile: caratteristica tipica dei capi di fattura superiore destinati all' elite.

Uno smacco per gli Dei cafoni di quel "trombone" pagano di Wagner.

Diventare ricchi in modo sc-sc-sc-sciiientifico!

Meglio diventare ricchi, e non pensarci più. Meglio diventare ricchi al più presto, per poi pensare ad altro.

Dopo qualche post piuttosto astratto, mi sembrava proprio il caso di affrontare l' argomento, tanto più che posso saccheggiare la saggezza del libanese Nassim Taleb.

Fortuna che Taleb non strilla in copertina il messaggio cruciale del suo libro (come diventare ricchi), altrimenti non l' avrei comprato. Si sarebbe mimetizzato nel nugolo dei mediocri concorrenti che, come mosconi, roteano sulla medesima zuccherosa caramella.

Fortuna che nulla trapela nemmeno dall' indice - Taleb, diversamente da me, odia i libri ricostruiti nel sommario - altrimenti avrei snobbato molta roba interessante che lui appronta come contorno.

Fortuna che Taleb ammanta il suo messaggio con mille riferimenti all' epistemologia, alla filosofia, all' economia e alla statistica; altrimenti non mi avrebbe mica sedotto tanto facilmente, non sono un materialista io.

Un' istruzione del genere è roba seria, merita di essere riportata almeno in due post, il primo lo dedico quindi a qualche concisa precisazione, di quelle che non si possono omettere pena l' oscurità.

Innanzitutto nulla dirò su come diventare "ricchissimi". Molto semplicemente, non lo so. Quelli sono casi dove la Fortuna conta troppo, scordatevi le "metodologie".

Vi arricchirò in modo "decente", diciamo che la gente a Park Avenue vi guarderà con un po' di puzza sotto il naso, magari nemmeno tutti vi saluteranno. Ma intanto abiterete proprio lì.

Per dedicarsi all' accumulo vi chiedo un paio di ore lavorative al giorno per alcuni anni. Vi secca?

Sarebbe auspicabile provare un certo interesse per l' attività. Cio' significa che nell' ampio tempo libero, la meditazione speculativa intorno alla portata filosofica di quello che state facendo, occupi in modo piacevole e arricchente, uno spazio importante nella vostra spaziosa mente. Spero che la vostra mente esista e giri a dovere, perchè i pensieri con cui giocare, quelli ci sono di sicuro.

Agiremo sui mercati finanziari, occorre quindi qualche pre-requisito materiale: un computer, un collegamento internet, un capitale iniziale di 100-200 mila euro, una sospensiva dal vostro vecchio lavoro, l' accesso al trading on line (oggi molte banche ve lo offrono a costo zero), una conoscenza minima (ma proprio minima) dei mercati e l' abbonamento ad un settimanale (non quotidiano!) finanziario - si consiglia l' Economist.

Sento già balbettare: ma il piano è sc-sc-sc-scientifico? Direi di sì.

O perlomeno, per crederci bisogna sapere cosa sia la scienza.

Se la scienza è per voi come per Popper quella disciplina che formula teorie rigorose e ripetutamente verificate che quasi tutti credono vere ma che poi, alla lunga, si rivelano sbagliate, allora il metodo è scientifico.

Oltre a sapere cosa sia la scienza, bisogna anche sapere che per arricchirsi sui mercati finanziari l' economia non serve a niente, conta solo la psicologia.

Fortunantamente molte leggi psicologiche sono ferree. Soprattutto quando trattano le distorsioni dai comportamenti razionali. Maneggiando il rischio facciamo molti errori che non si auto-correggono neanche con le martellate. Nessuno è indenne da questa maledizione che sembra risalire alla cacciata dall' eden.

Ricapitoliamo: occorre sapere cosa sia la scienza ed avere alcune nozioni di psicologia. Non per niente i numi tutelari di Taleb sono Popper e Kahnamen. Il primo è una celebrità, per il secondo dare un occhiata al comodino.

Secondo Taleb la scienza individua delle regolarità continuamente confermate e che tutti, per motivi psicologici, tendono a considerare come verità.

Poi, capita un evento raro che le smentisce. E' questa la regolarità più impressionante che ci garantisce di avere a che fare con pratiche scientifiche.
Popper docet.

Anche i mercati finanziari funzionano così. Le teorie "scientifiche" sono destinate a cadere (ce lo dice l' epistemologia popperiana), quindi, per arricchirsi, basta scommetterci contro.

Ma le teorie ben fondate cadono raramente, quindi, "il cacciatore di crisi" è destinato a perdere di frequente piccole somme. Ma quando vince, vince parecchio. Ve la sentite di perdere frequentemente? Ci vuole una tempra d' acciaio, parola di Kahnamen: perdere una somma è molto più doloroso di quanto sia gioioso vincere quella stessa somma.

Qualcuno obbietta: "se K. ha ragione preferisco vincere poco e di frequente che non vincere molto e di rado"

Ma non c' è simmetria!! E' proprio K. che ce lo garantisce. Ecco il messaggio centrale di Taleb: non c' è simmetria poichè, a causa del bias cognitivo, noi scambiamo la legge "scientifica" per una legge vera, per una legge causale. Questo eccesso di fiducia è irrazionale e quando si cade, si cade rovinosamente. Chi scommette con metodo contro la scelta probabilisticamente più "ragionevole" si arricchisce sistematicamente, proprio perchè la gente riconosce quella scelta come la migliore ma sbaglia nel pesarla per eccesso di fiducia.

Sui mercati non ci sono vere leggi scientifiche ma, nel tempo, si sviluppano regolarità statistiche che assomigliano molto alle prime e producono i medesimi illusionismi.

Taleb sconcertava i suoi colleghi: per la settimana entrante predisponeva il suo portafoglio come chi attendesse un "orso". Richiesto di un parere razionale però pronosticava "toro". La spiegazione è molto semplice e comprensibile per chi combina epistemologia e psicologia: organizzava il suo portafoglio in cerca degli "eventi rari", dei "cigni neri", al fine di sfruttare le asimmetrie che ho descritto.

Taleb, durante la sua carriera di trader, ha avuto buone idee ma la migliore è stata quella di tradirle sistematicamente prendendo esempio dall' evoluzione delle discipline scientifiche. Cio' lo ha reso passabilmente ricco. Un ricco circondato dai cadaveri di trader una volta "ricchissimi" che però hanno avuto l' esiziale difetto di non tradire le intuizioni a cui tanto dovevano.

Taleb non rinnega che i mercati possano avere delle "tendenze" pronosticabili dagli economisti. Ma un trader non è un investitore, non è interessato alle tendenze di lungo periodo, bensì al "rumore", ovvero alla casualità di breve periodo.

Qualche dritta pratica. Il "metodo Taleb" si esercita sul mercato delle opzioni. Se un titolo oggi vale 30 e tra una settimana tutte le previsioni razionali lo pronosticano a 40, comprate l' opzione che vi consentirà di venderlo tra una settimana a 38.5. Tra una settimana, con tutta probabilità, il titolo quoterà 40 e a quel prezzo dovrete comprarlo per rivenderlo a 38.5. Perderete, ma è normale.

Perderete a lungo proprio perchè le previsioni razionali sono razionali, proprio perchè la scienza è scienza.

ma prima o poi arriverà il Cigno Nero, grazie alle asimmetrie vi rifarete con gli interessi alle spese di chi ha scambiato la scienza per la Bocca della Verità.

mercoledì 30 luglio 2008

Voci da rieducare (1)

Viaggetto tra i succhi gastrici di Phil Minton.



Ingoiato tutto? Bravi, vi siete meritati un sorbetto.

Allarmi riformulati

Allarmi!

STATEMENT 1 The United States has lower life expectancy and higher infant mortality than Canada, which has national health insurance.

STATEMENT 2 Some 47 million Americans do not have health insurance.

STATEMENT 3 Health costs are eating up an ever increasing share of American incomes.

La riformulazione di Mankiw.

... appuntino annotato tanto per non far cadere nel vuoto uno scambio con la maliarda...

martedì 29 luglio 2008

Nevrile creatura

La musica francese la riconosci dal nasino all' insù.

Se di buon umore spande frivolezze crudeli, è un suo diritto naturale. Pure adombrata e scontrosa si fa perdonare per il ciprigno delizioso.

Mantiene i suoi vezzi anche quando è scritta in campo di concentramento.

Ecco la nevrile creatura portata a spasso da uno dei cavalieri che più le sanno tenere testa, Olivier Messiaen.

Il capitalismo del "Buon Samaritano"

Con Enron falliva il capitalismo cattivo, quello avido. E a molti è piaciuto emettere in modo stentoreo una denuncia di cui sento ancora l' eco.

Come mai la stessa lamentazione non è seguita alle crisi di Fannie Mae e Freddie MacFanny?

Forse perchè con quelle banche a fallire era il capitalismo "buono".

Sul baratro si sono trovate quelle banche "con un cuore" per cui non ha senso "prestare i soldi a chi già ce li ha", quegli istituti per cui "è giusto dare un' opportunità anche a chi non puo' offrire garanzie".

Il capitalismo buono quindi, sempre attento alla sua missione sociale. Non solo, la sua missione era anche osservata con benevolenza e sostenuta dalla politica che concedeva prestiti agevolati ai buoni samaritani; che dimostrava in mille modi come, in caso di bisogno, sarebbe intervenuta prontamente.

Ma è ancora mercato questo? Non lo è nemmeno secondo Lawrence Summers, il quale parla di "fallimento sociale" piuttosto che di "fallimento di mercato":

"... how about chartering private companies as government sponsored enterprises with the mission of promoting home ownership affordability? Give them boards with some private representatives and some public representatives. Make clear that government stands behind their capital market innovations so they can borrow more cheaply and pass the savings on. Exempt them from the state local taxes that others pay. Give them specific objectives on affordability that they must meet. Rely on a special government regulator to assure that they balance their social responsibility with their drive to profit. Harness the profit motive to meet a social objective... But market discipline was nearly nonexistent given the general perception -- now validated -- that their debt was government backed. Little wonder with gains privatized and losses socialized that the enterprises have gambled their way into financial catastrophe..."

lunedì 28 luglio 2008

Riforma sanitario/probabilistica

Poverini i numeri delle statistiche, non è colpa loro. E' il nostro cervello che non sembra molto adatto a manovrarli.

In questo post elencavo alcune radici sollevate dove si inciampa più frequentemente cadendo a pelle d' orso.

Opera ben più sistematica è quella di Deborah Bennett che nel suo Randomness elenca 40 casi di problemi stocastici, anche semplici, affrontando i quali il nostro cervello, forse per motivi legati all' evoluzione, va in panne. E non si parla del cervello della nonnina ma di quello di fior di laureati, magari proprio nelle materie in oggetto.

Ecco un caso molto verosimile sottoposto a folle di medici:

Ipotizziamo che il test diagnostico della malattia X dia un 5% di "falsi positivi";

ipotizziamo ancora che nella popolazione una persona su mille soffra di quella malattia;

ora, dopo aver preso un individuo a caso, lo sottoponiamo al test e scopriamo che risulta positivo. Quante probabilità ci sono che sia effettivamente malato?

La grandissima parte dei medici ha risposto con sicumera: 95%. Invece la risposta corretta è 2%.

E' una distorsione colossale (95 contro 2) e continuamente confermata nei test. Folla dopo folla.

Vi imbottiranno di medicinali (con tutto il corredo di effetti collaterali) quando, nonstante il test, esisterà una percentuale piccolissima che voi siate malati.

Bias di questo genere giustificano persino una riforma sanitaria. Ed infatti Robin Hanson imposta la sua puntando tutto sulla gratuità delle diagnosi e l' onerosità delle cure. Lui, oltre alle distorsioni cognitive di cui sopra, ci mette pure la distorsione da "effetto placebo", il che non guasta.

sabato 26 luglio 2008

Beati i rincoglioniti

Caro Marineo, il tuo libro è talmente esaustivo da ridurmi al silenzio, una condizione per me scomoda ma anche un omaggio dovuto.

Ti ringrazio quindi quando, inquadrando la Marge di Fargo, sei riuscito a ridonarmi la parola.

Come potevo tacere? Con Fargo ti chiedo la perfezione, è forse il miglior film che abbia visto nell' ultimo quarto di secolo. Mi sarei inquietato senza nulla su cui dissentire.

... e quindi per te Marge, caro Marineo, la goffa e gravida detective che risolve il caso, è un personaggio lacunoso che sbroglia la matassa senza coglierne il senso? Un animo irrigidito in una freddezza innata incapace di recare qualsiasi affetto? Il malaugurato strumento con cui tutto puo' essere ricondotto a quello che poi è il bersagio mirato da tutti: la sedativa "everyday-life" del Minnesota? Secondo te è solo questo?



Secondo me è qualcosa di più: è uno scacco dichiarato allo... Allo spettatore onnisciente e al suo portavoce. A noi, caro Franco Marineo. A quello strano tipo che spazientisce gli addetti del multisala perchè, ancora dopo la fine dei chilometrici titoli di coda, non sgombera e staziona tra cartacce e residui di pop corn smangiucchiato alla ricerca di un bandolo da dare alla matassa, forse crede di trovarlo scoprendo i nomi degli "addetti ai cavi".

Ed ora, alcune note di colore.
***
In attesa di Godot, Vladimiro ed Estragone straparlano.

Noi, in platea, soppesiamo le ripercussioni esistenziali di quell' inane vaniloquio. Noi -"spettatori onnoscienti"- valutiamo le mille sfaccettatura con cui Beckett ha cesellato il suo mondo intorpidito e le sue agonie disertate ormai anche dai dolori.

Persino lo strazio se n' è andato altrove, dove ancora si puo' piangere; oppure si è trasfigurato rendendosi irriconoscibile, e ora si muove in incognito da qualche parte sulla scena...

Poi, all' improvviso, ecco che si presenta in scena Godot, rassicura i suoi compagni con baci e abbracci cordiali profondendosi in scuse per il ritardo; dopo qualche parola di circostanza, tutti se ne dipartono fiduciosi per realizzare con lui i progetti in cantiere che, formulati un attimo prima, avevano liberato il nostro sentimento patetico.

Rimaniamo noi, ragionevoli analisti da platea. Scopriamo con lentezza che ad essere inane era la nostra speculazione sul "negativo" beckettiano.


Il destino è pieno di "onde anomale". Bess è un adorabile suonata, basterebbero due scene per capirlo.

Il suo esperto fidanzato addirittura si diverte preoccupato, è sorpreso nel vedere con quanto minaccioso zelo venga amato.

Lei si dibatte tra i suoi due amori e quando non è al servizio incondizionato del fidanzato, si reca dall' altro, in Chiesa. Lì discute e litiga con quel Dio barbuto e bellissimo: a lui chiede prove più dure, invasa da serotonina e altri ormoni esplosivi, sente che in campo amoroso puo' donare con ben maggiore generosità.

Il film di Von Triers è già a 3/4 del suo svolgimento. Noi - spettatori onniscienti - abbiamo già afferrato l' andazzo. Nel "dibattito a seguire" si distuterà con fervore del potere alienante delle religioni, di come il pregiudizio e il dogma possano minare dall' interno il reticolo delle società ordinate. Di come possano corrodere un cervello indifeso e dallo sviluppo bloccato. Non c' è neanche bisogno di prepararsi, la frase giusta verrà fuori spontaneamente al momento giusto.

Ora il film raggiunge il culmine della denuncia: Bessie è pronta per il suo sacrificio più grande: il fidanzato, vittima di un incidente, è in coma e lei, per "salvarlo", si imolerà prostituendosi ripetutamente fino a farsi violentare e morire. I nessi occulti agli onniscienti della platea sembrani invece lampanti all' innamorata di tutto.

Bessie si concede agli stupratori che ne fanno scempio, entra in un gioioso coma... e, proprio in quell' istante, ne esce il fidanzato... in poche ore è già in piedi e sta benone. Il sangue di Bessie, attraverso vie arcane, l' ha salvato, dal cielo parte uno scampanio miracoloso emesso da campane altrettanto misteriose la cui presenza era stata profetizzata dalla martire.

In sala c' è delusione, i cervelli "corrosi" e "bloccati" erano quelli di noi analisti tutti presi a condannare senza appello il "dogma" e il "pregiudizio", ma nessuno vuole ammetterlo. Eppure i "fatti", i "fatti artistici" hanno dato ragione a quell' Idiota di Bessie.


Johannes è lo scemo di famiglia. Lo è diventato poco a poco, prima non era così. Un tempo studiava teologia e prometteva, ma poi sono cominciate le fissazioni e le turbe mistiche, naturalmente si crede il Messia. Vaga per i campi ma anzichè zappare recita la Bibbia con occhio vitreo. Noi, dalla poltroncina, lo seguiamo godendoci le carrellate e il gioco del vento sul grano danese.

Ormai non è più buono a nulla, puo' tenere giusto compagnia ai nipotini perchè li diverte con le sue storie sconclusionate e reca qualche ora di sollievo alla cognata Ingrid, angelo del focolare, che invece li accudisce tutto il giorno e interviene quando subentrano i problemi sono seri, i problemi per cui Johannes ha perso ogni idoneità.

Noi "spettatori onniscienti" siamo deliziati dal quadretto con cui Dreyer tratteggia la vita di queste famiglie allargate. Tensioni, liti, riappacificazioni, scontri di personalità, la crisi religiosa del pastore Mort, il patriarca e, sempre sullo sfondo, il chiasso ottuso dei bimbi. Ci diffondiamo mentalmente sull' ambiguo ruolo sociale delle religioni, sulla forza che occorre per coltivare ancora oggi una religiosità all' apparenza continuamente smentita dalle vicenda mondana.

Ogni famiglia ha un suo epicentro. In qusto caso il coagulo è la premurosa serenità di Ingrid, moglie del freatello di Johannes: ha una parola per tutti, un gesto efficace e carezzevole per tutti e, cavoli, quanto produce: prole, mestieri, opere, affetto...

Le tensioni tra i famigliari si scatenano proprio mentre Ingrid partorisce un bambino morto appena prima che anche lei spiri.

La tragedia e il silenzio piombano su quel focolare. Le ombre espressioniste di Dreyer rendono palpabile quel sentirsi "alla fine della candela".

Poi accade che alla veglia funebre i bimbi conducono nella stanza Johannes invitandolo a rispettare le deliranti promesse che, mentre noi eravamo impegnati a seguire le trame degli adulti, lui, evidentemente, condannato alla scarsa attenzione dovuta ai piccoli, aveva fatto loro.

E allora, il corvino Johannes prende per mano i biondissimi bambini e, prima di essere scacciato, avanza verso il talamo e pronuncia una parola (ordet): Ingrid riapre gli occhi mentre il film li chiude facendo prevalere definitivamente quello splendido nero che per tutto il tempo aveva lottato con uno splendido bianco.

Noi spettatori siamo un po' delusi e scandalizzati per questa vittoria della "religiosità demente", che ci piomba tra capo e collo proprio in un film che ovunque porta i segni della riflessione martoriata e matura.
***
Ecco, caro Marineo, chi sono i fratellini e le sorelline di Marge.

Sono d' accordo con te, il Mondo dei Coen, Fargo, è cattivo e sterile: il suo orizzonte è claustrofobico, tutto, a cominciare dai sentimenti, appare bloccato nel ghiaccio, ogni pensiero è di circostanza: slitta sulla superficie e se ne va senza produrre senso; le parole sono scatole vuote, il virus della convenzione è allo stato di pandemia, anche i cattivi sono stupidi e instabili come in nessun altro film, tutto è colto nella distillata imperfezione di un gesto sempre orfano della riflessione.

Un Paese simile, Fargo, è un paese improduttivo: eppure ha prodotto Marge, il demiurgo, colei che risolve.

Ma Marge non è un miracolo in sè perchè porta tutte le stimmate del suo Paese, basta una scena per capire che viene da lì. E' miracoloso cio' che fa, è miracoloso che un mondo del genere, condanato senza appello dallo spettatore onnisciente all' apocalisse, si salvi con le sue forze, con la forza della sua irritante banalità.

Un tempo il pericolo che ci minacciava era la povertà. Il Salvatore è venuto a dirci "beati i poveri". Oggi, nell' era della ricchezza e del consumismo, siamo insidiati dalla banalità. E' come se un nuovo sconcertante Salvatore venisse a dirci, spiazzando i cogitabondi, "beati i rincoglioniti".

Intando Marge decifra, decifra e, al momento opportuno, spara.

Spara con la perizia del poliziotto che va riluttante al poligono una volta ogni due anni. E se riesce ad ottenere le firme senza andarci, tanto meglio.

Spara colpendo il suo bersaglio: l' ottuso e devastante killer. Quello che aveva fatto fuori l' ostaggio perchè uggiolava imbavagliato proprio mentre la protagonista della sua telenovela preferita stava rivelando di essere incinta ad un fidanzato mascelluto che trasecolava.

Marge lo colpisce quando ormai gli manca da triturare nella macinatrice del legno solo una gamba (con scarpa da tennis). Ma non è la gamba dell' ostaggio, sciocchini. Parlo della gamba del suo complice chiacchierone che aveva esagerato nel rimproverargli certe leggerezze.

Al loffio botto della minuscola pistola di Marge, parte un minuscolo proiettile dalla traettoria molto arcuata che produce una minuscola ferita da cui fuoriesce una minuscola goccia di sangue. Quella goccia cade e si perde su una neve che la macinatrice aveva già arrossato per cento metri con gli schizzi splatter della sua orribile macellazione.

Ma è una micro ferita che, non si sa come, mette fuori combattimente il corpulento demente che adesso piange come il bambino quando si sbuccia il ginocchio. La minuscola (anche da incinta) Marge, non si sa come, lo carica di peso nel posto dei cani sulla sua quattro per quattro e si avvia, nel bianco, alla centrale.

Lui, una vita passata a violentare perchè... perchè non sa fare altro, guarda fisso il vuoto con le palpebre disegnate da Piero della Francesca, guarda esattamente come guarda le telenovela. Probabilmente non ascolta, anche perchè Marge, venendo da Fargo, dirà parole che non chiedono di essere ascoltate.

Partono. Marge scuote la testa, sospira "... peccato, così un bel ragazzo... e così giovane poi...". Ma lo sappiamo, Marge viene da Fargo, e per casi come questi ha a disposizione solo la retorica della ramanzina inferta al ragazzo che ruba una fetta della Apple Pie.

In quel bianco sterminato solo la chitarra slide della colonna sonora, un po' rycooderiana, mostra quella coscienza olistica per cui Marineo prova tanta nostalgia. Ma Marineo, e con lui tutti gli spettatori onniscienti, si deve rassegnare, a far quadrare i conti e a garantire l' evoluzione della specie non è stata la chitarra ma una "fargiana" doc come Marge. Una "fargiana" doc che si dispiace perchè "un ragazzo così giovane..." ha fatto quello che ha fatto, ma in fondo già pregusta la festa del boscaiolo che si terrà nel fine settimana, quella dove anche suo marito esporrà i suoi quadri per la pesca di beneficienza.

PS. ho scritto questo post anche perchè dopo ferragosto, finalmente, uscirà il DVD di Fargo. L' attesa decennale meritava un piccolo brindisi parolaio.