Ascoltare un clarinetto ramingo per un' ora e cinquanta minuti senza annoiarsi.
A me è successo ieri al Chiostro di Voltorre. Ma si trattava di Gabriele Mirabassi, il migliore sotto il cielo italico - probabilmente. Accompagnava (accompagnava!?) Gianmaria Testa.
Eravamo in cento, giovani, forti e tanto desiderosi di bisbigliare e tossicchiare.
Ma abbiamo dovuto e voluto ammutolirci perchè i gruppi più fantasiosi venivano soffiati nell' ebano in "pianissimo"; le parole più scelte, mormorate a fior di labbra.
Ho sempre sognato un concerto pop (pop!?) con quelle dinamiche che fanno superare alla musica il primo test fondamentale: essere inascoltabile in auto.
1) Il tuo amore, amor, è una castagna
2) che brucia sulle labbra
3) e sulle mani,
4) e riscalda una domenica...
5) e ti...
6) ...
7) ... . . . n) S-F-A-M-A
1) Ma cosa dice? Vuol fare l' originale e stona... però, viene in mente la moglie/capra di Saba. Qui c' è sotto qualcosa, m' incuriosisce. Ascoltiamo ancora...
2) immagine un po' forzata, però le labbra ci stanno sempre bene in una canzone d' amore... è giusto che la facciano da protagoniste...
3) Le mani? le mani, è vero, quelle dannate caldarroste odiano le mani: attaccano sempre le nostre povere mani che non imparano mai ed ogni inverno si fanno sorprendere...
4) Ma è ovvio, la domenica! Succede sempre alla domenica sera, quando si entra laddove il freddo e veramente freddo: la festa è finità, si preannuncia una settimana dura e la nostra solitudine ci tenta verso la rinuncia. Il calore che ho perduto tento di rimpiazzarlo con una castagna presa all' angolo. La compro sempre là, dove i prezzi si arrampicano ogni anno senza sconfiggere mai la mia voglia di sopravvivere...
6) E ti?
7) E ti cosa?
8) E ti cosa, e mi cosa?... e dai, dillo... . . . . . n) S-F-A-M-A...!?
Sì, sì, sfama, hai detto bene, hai scelto bene la tua parola mio caro menestrello, l' hai isolata magnificamente, hai scolpito come un artista quel sasso informe che ho nel petto. Forse l' abbiamo detta assieme, nessuno mi ha sentito ma io l' ho sussurrata con la testa perchè riuscirei a stonare solo muovendo le labbra, e questa è una parola che non va deturpata. Mi avevi quasi abbandonato, caro cantautore, mi avevi lasciato solo con un clarinetto che piagnucolava glissando la sua nota tenue mantenuta da 30 secondi, ma io ti aspettavo, quello stesso clarinetto mi aveva promesso che saresti tornato, che il verso non era concluso, sapevo che dovevi dirmi una parola segreta con voce ancora più tenue e increspata da piccoli catarri incurabili; dilla ancora quella parola, dilla pure abbassandoti fino al sussurro, te lo costruiamo noi 100 il silenzio adatto per dirla e farla ascoltare a tutti, tanto i pipistrelli di Gavirate volano senza frullio e la loro membrana sfreccia muta contro l' aria claustrale. Sfama, sfama, hai ragione, il pane dei poveri e tutto il resto. S-f-a-m-a è la forma giusta da dare al fonema cruciale, te lo dice un affamato: sfama, sfama; sfama e disseta, te lo dice un assetato. Una castagna non si nega, l' acqua non si nega, neanche ad un bandito di Orgosolo in fuga la si potrebbe negare, il calore di una caldarrosta non si nega, neanche a chi dopo la messa non ascoltata è sballottato per la città dalla tramontata.
E così ieri sera ci siamo sfamati in cento con quella castagna.
Intanto, sopra di noi, tra le volte del chiostro, un' alluvione di pipistrelli si sfamava grazie ad un' alluvione di moscerini; che bella vita quella degli aerei mammiferi, a loro bastava volare forte sparando ultrasuoni di tanto in tanto e mantenere le mascelline dischiuse verso l' abbondanza; a noi, per prendere contezza della loro felice sorte, bastava guardare il triangolino giallo del riflettore sui riccioli che il Gianmaria sconvolge ogni volta che arranca dietro ad un pezzo troppo tecnico scritto dall' amico. Oppure ci bastava infilare gli occhi nel flash quando fissa il viso paonazzo del Mira che adesso ci sta dando proprio dentro e soffia a guancia rotonda.
versione-studio... vuoi mettere la versione-claustrale danzata dai pipistrelli
E' sorprendente come alcuni libri le cui tesi sono state chiaramente smentite dalla storia e dai fatti, continuino ad avere un grande successo in libreria.
Un curricum del genere lo puo' vantare il best seller di Paul Ehrlich: The Population Bomb.
Come le madri si affezionano ai figli più attardati, così anche gli studiosi tralasciano quasi sempre le loro migliori intuizioni per dedicarsi anima e corpo a quelle idee che rischiano di rovinalre loro la reputazione.
Oggi Ehrlich torna alla ribalta con un nuovo libro. A prima vista sembrava aver imparato la lezione spostando il tiro e puntando sui canonici pericoli ambientali, ma poi quando meno te lo aspetti, nel momento delle ricette, manco fosse un Sartori qualunque, ecco la sua priorità: contro il degrado ambientale, fate meno figli.
Gli risponde Edward Glaeser (qui in due righe, altrove con parecchi libri):
"... it is true, as they point out, that there are environmental costs of having more people — all of us use natural resources and energy and bear some responsibility for greenhouse gas emissions. But there are also benefits, especially to the people being born. Each new person has a brain that might come up with new technologies that could reduce humanity's environmental impact. As an urban economist, my life's research has focused on the many ways in which we are all enriched by the people around us. Are there many parents who think that the world would have been better off if they had decided to have one less child?
The Ehrlichs are right that we face real environmental threats, but there are better and worse ways of facing those threats. Today, we need sophisticated policies that weigh costs and benefits, not more warnings..."
Glaeser chiude osservando icasticamente quale sia il maggior successo delle campagne che vedono impegnato l' ambientalismo internazionale: averci fatto capire che l' ambiente è troppo importante per essere lasciato agli ambientalisti.
Quando sul giornale appare la notizia di una nuova conquista della neurobiologia, tra i libertari c' è sempre qualcuno che trema.
I motivi sono almeno due.
Innanzittutto, qualcuno pensa, man mano che il cervello viene scannerizzato, si finisce per ridurre l' uomo ad un robot programmabile/prevedibile ed evapora un concetto prezioso come quello di libertà.
Calma, rispondo. Il concetto di libertà ha natura filosofica, non scientifica. I suoi destini si giocano nell' agone delle credenze filosofiche ed etiche. Mi sembra di averlo già detto, per esempio qua. Bisogna aver cara la libertà e contemporaneamente avere la scienza come religione, per farsi venire i sudori freddi.
Oltretutto, anche in un' ottica meramente utilitaria, non è detto che alla pratica dei cervelli scannerizzati seguano dei limiti alle libertà, semmai il contrario (ne parlavo qua e qua).
Ma poi c' è un secondo timore: i modelli liberisti neo-classici si fondano sull' ipotesi dell' uomo razionale, la scannerizzazione revoca continuamente in dubbio questo assunto.
Anche qui soccorrono alcune rassicurazioni in fondo già fatte: il mercato induce un doppio beneficio. Per sfruttare il primo occorrono individui razionali. Ma il secondo funziona al meglio proprio quando la ragione canonica latita.
Finalmente esce un libro che difende il libero scambio con gli argomenti delle neuroscienze, l' ha scritto Michael Shermer, trattasi di The mind of the market.
In Italia, per molti, il mercato è sinonimo di avidità, ma Shermer dimostra come il libero scambio, attraverso meccanismi darwiniani, abbia plasmato la neurobiologia della cooperazione, della fiducia interindividuale, della capacità di non tradire anche quando conviene (tipico dell'uomo razionale), eccetera.
Il processo è abbastanza semplice, facciamo l' esempio della fiducia. La fiducia è un bene di grande valore, sui grandi numeri esisteranno alcune comunità che la sviluppano a livello neuronale tra i membri che le compongono. Queste comunità si arricchiranno molto di più rispetto alle comunità diffidenti. In un mondo aperto saranno anche quelle più potenti ed "adatte" ad esercitare un predominio di natura evolutiva. In altri termini, il mercato favorisce un contagio benefico tra civiltà. Naturalmente sto parlando di una "fiducia" matura, di quelle che non porgono tre volte la guancia.
Davide qui sembra interessato all' argomento e chiede esempi storici di dinamiche similari. In questo libro ne trova parecchi.
Ma la filosofia di Shermer, presa in blocco, appare a dir poco incapace di indicare una plausibile stella polare. Sembra anzi destinata ad avvinghiarsi su se stessa. L' autore infatti è maestro quando ci spiega che i comportamenti razionali non sono tutto e che l' adozione e il contagio di principi etici puo' essere decisivo per lo sviluppo e l' arricchimento di una nazione. Peccato che con la sua scelta "riduzionista" e scientista azzeri poi il valore dell' etica, ovvero del bene più prezioso sulla base del suo stesso ragionamento. Tylor Cowen sul WP sembra cogliere la contorsione.
Dopo la guerra nessuno ha investito nella "Cultura" quanto la Sinistra.
Impedita ad entrare nella stanza dei bottoni - almeno da noi in Italia - e memore del messaggio gramsciano, ha puntato tutto sull' occupazione massiccia degli spazi culturali creando una vorace classe di pensatori compulsivi che prendevano le misure a tutto.
Forse che una certa arroganza residua debba annoverarsi tra i danni collaterali di quel dominio illusorio?
Ironia della sorte, dopo mezzo secolo, il fallimento della Sinistra è soprattutto di ordine culturale.
O almeno, questo è il mio pensiero sulla parabola del movimento progressista e mi fa piacere che una ricostruzione similare venga tratteggiata da Arnold Kling riferendosi ai "liberal" americani. Una compagnia rassicurante.
Kling, con lo schematismo pragmatico d' oltreoceano, elenca alcune proposizione che rivelano al meglio una irreparabile perdita di credibilità ottenuta sul campo:
Anti-Communism was a greater menace than Communism.
The planet could not possibly support the population increases that would take place by the end of the twentieth century.
Conservatives stood in the way of progress for minorities.
Government programs were the best way to lift people out of poverty.
What underdeveloped countries needed were large capital investments, financed by foreign aid from the rich countries.
Inflation was a cost-push phenomenon, requiring government intervention in wage and price setting
Anche le esaltazioni sessantottine, dopo mezzo secolo, appaiono di natura più marziana che avanguardista. Kling sfoggia l' esempio patetico di Chomsky (oggi redivivo). Ricordate cosa andava di moda? Le ciancie della "meglio gioventù", più che da una risata, sono state ricoperte da fatti ineludibili, per esempio questi:
a mass exodus from Communist Vietnam (the boat people)
a large exodus from Cuba (the Mariel boat lift)
the collapse of Soviet Communism, revealing that the system did much broader and deeper damage than most people realized
an unmistakably large gap between North Korea and South Korea in terms of material well-being and personal freedom
Di quel grande progetto culturale e della sua fantica elaborazione non resta granchè. Tutti ne riconoscono implicitamente la pochezza e in molti sono ancora oggi impegnati a prendendone le distanze. Dismettere invece la spocchia del monopolio intellettuale è compito assai più difficile, lì non ci sono fatti che tengano.
tempo fa mi hai detto di non essere timida e inviare nuovi post. Lo faccio ancora, utilizzando impropriamente il tuo blog come mio archivio di Preferiti e approfittando della tua assenza, immagino che tu e miriam sarete partiti per il weekend.
Mi sono persa a leggere il blog di Friedman, economista libertario interessato ai problemi legati all'infanzia e all'educazione. C'è un sacco di materiale sulle scuole, sull'educazione (nel senso di istruzione), su homeschooling, eccetera. Essendo un padre entusiasta, ci sono anche molti racconti della sua vita familiare e di come ha tirato su i figli.
La più grande ha iniziato la sua carriera scolastica in una scuola Montessori, poi a 5 anni ha preferito (lo ha scelto lei, dopo che i genitori l'avevano portata a visitare altri istituti) di passare a una scuola sul modello Sudbury (Individual freedom, freedom of choice and learning through experience), che, con il fratello più piccolo di qualche anno, ha frequentato con soddisfazione fino circa ai 10 anni. Dopodiché, tutti e due i bambini, con i genitori, hanno optato per l'homeschooling.
Ovviamente con due genitori laureati e di quel tipo, gli è andata decisamente bene. La grande si è fatta i test di ammissione a college prestigiosi senza nessun problema (tranne qualuno nelle materie scientifiche tipo fisica o chimica - nonostante DF sia laureato in fisica, segno che non ha imposto in alcun modo le sue competenze). Il piccolo lavora per riuscire a sviluppare un nuovo gioco da tavolo (e venderlo a una azienda) prima del 16mo compleanno.
La cosa bella è che i Friedman hanno 'indirizzato' l'istruzione dei figli seguendo le loro inclinazioni e soprattutto i giochi e le cose che li appassionavano:
Our son likes Dungeons&Dragons and other games with dice rolling, so was interested in learning how to figure out the probability of getting various results. It turned out that the same author and illustrator had produced a book on simple probability theory—How to Take a Chance—so we got it and he read it multiple times. The result was a ten year old who could calculate the probability of rolling 6 or under with three six-sided dice.
(...) But the largest part of their education, after reading, is probably conversation. We talk at meals. We talk when putting one or the other of them to bed. My daughter and I go for long walks at night and spend them discussing the novel I'm writing or the characters she roleplays on World of Warcraft (videogioco fatasy).
Insomma, allora esistono libertari che non pensano come Sowell che i bambini siano barbari da civilizzare e non invocano la direct instruction. Bene, perché mi sembrava un'incoerenza. E perché su questa base potrei anche decidere di convertirmi all'anarco-capitalismo dei Friedman.
Intendo chiedere a Friedman che ne pensa della questione oggetto/soggetto, e che ne pensa della Direct Instruction. Prima però leggerò ancora quello che scrive. Magari già ne parla nel blog.
ciao e buon fine settimana (letteralmente 'fine', ormai) a entrambi! d
facendo ricerche su un certo David Friedman, per via di un documentario che ho appena visto ("Capturing the Friedmans"), ho trovato il blog di quest'altro David Friedman, figlio di Milton ed economista anche lui. Mi sono messa a leggere e ho scoperto che in molti suoi post affronta quei problemi cui tempo fa alludevi, circa la difficoltà del libertario quando si trova a dover dire la sua sui bambini.
Così ho pensato di linkarlo qui, nel caso che il blog possa interessarti più in generale.
Seguo ogni tanto i vostri scambi (ciao, davide) - accidenti che capacità di concentrazione e approfondimento che avete. Davide poi, è un mistero dove trovi tutte quelle energie, magari alla fine di una giornata di lavoro, dopo un'ora di macchina e l'impegno della famiglia. (Ora non so quale interruttore tu prema, Davide, ma la causa dell'energia che si sprigiona è certamente metafisica.)
Pensando alla fertilità nei vari Paesi, ovvero al numero medio dei figli per ciascuna famiglia, avevo già notato come parecchi studiosi mettessero in luce la forte rilevanza di un "fattore culturale".
Ora Sacerdote et al. tornano sul tema con un' analisi comparata di Francia, USA, Italia, Svezia, Giappone, Spagna. Secondo questo studio il fattore più strettamente connesso al numero di figli avuti è la disponibilità dell' uomo ad aiutare nelle faccende domestiche. Ancora un fattore culturale, quindi.
"... using ISSP and World Values Survey data we show that countries in which men perform relatively more of the childcare and household production... have the highest fertility within the rich country sample. Fertility and women's labor force participation have become positively correlated across high income countries..."
Naturalmente non risulta che la divisione perentoria dei ruoli in famiglia induca di per sè alla sterilità della coppia, anzi, in passato questa impostazione ha favorito famiglie con proli sterminate. Evidentemente a produrre sterilità è stato il suo incontro/scontro con certi influssi del pensiero femminista.
Ma attenzione, postulando carichi di lavoro casalingo squilibrati, gli autori imboccano una scorciatoia che li porta subito alla conclusione che devono spiegare.
Per loro, molto semplicemente, le donne preferirebbero meno figli rispetto agli uomini ponendosi, con queste preferenze, all' origine della scarsa fertilità in paesi come l' Italia. Mi sa che il percorso da compiere per spiegare i pochi figli sia più tortuoso.
Sarà perchè gli autori rinunciano a dimostrare questo passaggio, sarà perchè secondo me ci sono dati che dimostrano il contrario sul numero ideale di figli per uomini e donne, sarà per questo ed altro ma secondo me Sacerdote la fa troppo facile.
Se la scarsa fertilità risiede davvero nella guerra tra i sessi e nei mariti poco collaborativi, la scintilla che scatena questa querra sta altrove, non nelle preferenze circa il numero dei figli ma nelle preferenze, per esempio, concernenti la pulizia della casa. Ripeto, è un esempio!
Nonostante le culture siano cambiate, non lo sono forse abbastanza. La donna, per quanto ormai impugni con decisione il suo diritto a ricevere un aiuto nelle faccende, ancora si sente la responsabile finale per le condizioni in cui si presenta a terzi il luogo dove vive la famiglia. L' uomo, pur prestando la sua opera è meno interessato al "risultato finale" da sottoporre al giudizio di amici e parenti.
In fondo, per qualcuno, la vera uguaglianza si realizzerà non quando l' uomo sentirà certi doveri ma quando non li sentirà più la donna. Ovvero, non quando le "specializzazioni" famigliari sfumeranno, ma quando saranno ulteriormente sfruttate:
"... my dad used to change the oil in our family cars. I certainly don't. I suffer exactly zero shame from the fact that I don't even know how. There are specialists who do this sort of thing. Real women's liberation and gender equality will come when social expectations shift enough to allow families to guiltlessly take full advantage of the returns to specialisation..."
Nell' ultimo suo disco Giovanni Sollima sembra, almeno in parte, impegnato a scrollarsi di dosso le ipnosi "glassiane".
Un po' meno di pulizia "ambient" a tutto favore di energie più inquinanti ma anche più produttive.
Gilbert Diop Abdourhamane gli dà una mano a produrre un po' di ruggine. In un pezzo c' è persino Patti Smith, figuriamoci.
Il Sollima "pulito" non lo avrei mai regalato alla miri, tanto per dire. Gli sarebbe piaciuto troppo e avrebbero finito per escludermi viste le mie perplessità. Su questa versione più sporca e abrasiva, invece, ci punterei. Saremmo proprio un terzetto affiatato.
I libertari lodano il libero mercato attribuendogli un doppio merito.
Se i comportamenti sono indotti dagli Incentivi e dalla Cultura, questa istituzione è in grado di agire in modo virtuoso su entrambe le variabili.
Anzi, il discrimine più eloquente per individuare le due principali scuole liberiste consiste proprio nel ricondurle al fulcro che eleggono come decisivo.
Il "viennese" (sponda hayekiana) punta sulla cultura, il "chicagoano" sugli incentivi.
I due approcci naturalmente sono interconnessi: la costante presenza di un incentivo, alla lunga, produce "cultura". Un modo credibile per strutturare gli incentivi non puo' prescindere dalla "cultura" già presente. Lo si vede bene nell' economia dello sviluppo.
Chicago ci avverte della presenza di soluzioni ottimali, restano pur sempre un obiettivo. Vienna ci avvisa che non tutto puo' essere progettato: esiste una cultura che reagisce alle istituzioni, il gradualismo si rende necessario.
Vienna ci garantisce la sopravvivenza delle società di mercato, Chicago garantisce i modi per costruirla al meglio.
L' avvento dei mega-computer e la disponibilità crescente dei dati, sta lentamente spingendo un cambiamento nella nozione di"scienza".
Qualcuno ritiene che sia già giunto il momento di cambiare paradigma.
Il momento delle verifiche finisce per precedere quello delle formulazioni. Nemmeno è più necessario teorizzare nei modi tradizionali. Che senso ha scommettere sul futuro se l' impianto statistico di fondo è affidabile?
Perchè perdere tempo con i modelli quando la nuova parola d' ordine potrebbe essere: "correlation is enough".
Sarebbe un bel colpo che i simoniani porterebbero ai popperiani. Un' altra umiliazione che il sofware infligge al genio. Se non fosse che il software è meglio sia sempre scritto da un genio.
Gianfranco Contini diceva di Giacomo Debenedetti che fu il solo ad aver piegato il linguaggio di un vero scrittore al servizio del genere critico.
In effetti, lo si apprezza subito, GD sapeva cercare e trovare le parole di circostanza.
E che parole usò per definire lo "specifico" della letteratura novecentesca?, in particolare della letteratura romanzesca?
Eccolo impegnato su Svevo, un autore che sembra esistere per essere capito da lui:
"... un modo di raccontare che rifuggiva, per pigrizia o incapacità, dall' alacre condensazione dei fatti... e che la sostituiva invece con un indugiato, tortuoso vagabondaggio nei labirinti indimostrabili dell' individuo... che si avviluppano come serpi e che si mordono la coda negli intervalli tra l' uno e l' altro fatto. I quali fatti appaiono saltuari, radi, sbiaditi, destituiti d' interesse, in una specia di disintegrazione o meglio frustrazione della vicenda..."
"... la narrazione moderna è, in poche parole, quella che lascia stagnare i fatti e si sottrae un po' vilmente allo sforzo di imprimere alle vicende e al loro intrecciarsi una propulsione dinamica. In queste soste incessanti lascia dilagare una pigra, lutulenta descrittiva degli stati d' animo, dei più capillari, informi, vischiosi moti psicologici. Indulge cioè a viziose dilettazioni consumate dall' autore in sparuta solitudine..."
E' possibile tradurre questi concetti e riferirli alla musica? In fondo penso di sì. E quando GD parla di "vicenda", di "condensazione dei fatti", io, nel mio isomorfismo, penso all' ordinata sequenza tonale degli accordi che si susseguono all' interno di una forma standard, diciamo la forma sonata. O qualcosa del genere.
Quando la forza bruta conta, l' arte di persuadere il prossimo con sottili ragionamenti non è certo coltivata. Non ce n' è motivo, basta la minaccia.
Ma in democrazia l' arte di convincere diventa importante. Il voto dell' esperto conta quanto quello dell' insipiente. Il voto dell' interessato eguaglia quello del distratto.
Probabilmente è per questo che la democrazia, nella sua illustre figliolanza, annovera anche un brutto anatroccolo: la propaganda ideologica.
Non fatemi identificare l' ideologia con il demonio, le cose non stanno così. Anche e soprattutto attraverso l' ideologia, un uomo costruisce la propria identità. Cosa spinge tante persone a perdere il proprio tempo per telefonare ad una trasmissione radiofonica ed esporre, in 15 secondi, un' opinione politica che si perderà presto nel nulla insieme alle altre? Spesso l' ideologia e la costruzione dell' identità.
Quando l' interesse viene depotenziato, quasi sempre cede il posto all' ideologia e non certo all' imparzialità. E' un fenomeno già incontrato considerando il funzionamento di un forum libero. Ovvero un luogo dove non ci sono interessi in ballo e le identità sono labili. Un posto dove c' è poco o nulla da perdere e si è nelle condizioni migliori per dire la propria liberandosi dai pregiudizi. Ma è proprio questa mancanza di interessi e la necessità di costruire la propria identità a stimolare e dare centralità ad un pensiero ideologico.
L' ideologia/pregiudizio è trainante persino in epoche come la nostra dove sembra sopita. Forse ora lo è ancora di più poichè in forme striscianti agisce insinuandosi senza tanto chiasso piazzaiolo.
Sulle questioni decisive sembra avere sempre l' ultima parola. Noi invece ci aspettiamo che dietro le quinte manovrino Grandi Fratelli a protezione dei loro interessi privati. Riteniamo che siano loro i principali ostacoli verso il progresso comune. Ingenui! Siamo in democrazia e quasi tutto viene controllato dall' ideologia.
Landier/Thesmar/Thoenig/ (Investigating capitalism aversion) trovano che, nei vari Paesi da loro studiati, le riforme decisive sono quasi sempre impedite da motivazioni ideologiche. Convinzioni gridate con orgoglio ai quattro venti, convinzioni per le quali ci battiamo con valore inscenando quelle "lotte" che ci realizzano e ci divertono più di qualsiasi scampagnata fuori porta.
Altro che manovre dietro le quinte ordite dagli Interessi Forti. L' accusa contro gli Interessi Forti spesso debbono essere re-indirizzate contro le Passioni Civili.
Quando l' ideologia non si manifesta in un pensiero strutturato (male) e manifestato con iattanza, assume le forme della diffidenza conservativa: il nuovo è sempre incerto e malefico. Non si sa perchè ma è così. Per "ideologia".
Landier et al. fanno dell' Italia addirittura un caso di scuola.
Come uscirne? Come fare in modo che l' ideologia ceda almeno un po' all' interesse e alle soluzioni pragmatiche?
E' molto difficile, perchè se parliamo di interessi pubblici, per poterli trasformare in privati, occorre spingere le cose giungendo al limite di un baratro, fino a che il "mal comune" cessi di essere un "mezzo gaudio" per il singolo. A quel punto anche nel "singolo" prevarrà l' interesse personale e la voglia di "risolvere i problemi".
E in fondo è proprio questa l' unica via che vedono gli autori per favorire riforme pro-mercato: le disfunzioni, a poco a poco, toglieranno risorse a tutti impoverendo sempre più la società. E, la storia insegna, la povertà è il medico più efficace contro le ideologie anti-mercato. Specie se il nostro vicino se la spassa. Ma le teste sono incredibilmente "de coccio".
In merito puo' essere utile l' articolo di Giorgio Barba Nervetti sul 24 ore di domenica 13.7.2008.
Nelle discussioni della scorsa settimana ci si chiedeva se il "bello" potesse entrare anche nelle produzioni popolari.
A mio avviso sì, ci sono canzoni molto poetiche per esempio.
Anche il parere di Tom Shone sembra essere positivo. Lui si concentra sui film. Parlando del film "Lo Squalo" ha parole illuminanti:
"... quello che ancora oggi ci resta dentro del film non sono tanto i momenti d' azione, quanto le gag perfette, leggere come l' aria, con cui Spielberg impreziosisce la trama: Dreyfuss che schiaccia il suo bicchierino di polistirolo in reazione a Quint che ha schiacciato la sua lattina di birra, o il figlio di Brody che a cena copia il tic di Brodi di accostare le punta delle dita...
Per trovare simili meraviglie di solito si deve guardare roba molto più noiosa - per esempio qualche scena da camera di John Cassavetes sul disfacimento coniugale - ed invece, eccole qui spuntare in un film che ha per protagonista uno squalo di gomma. E' un' autentica rivoluzione trovare polpastrelli accostati e squali di gomma nello stesso film. A noi è sembrata una notizia importante. Perchè non ce l' aveva detto nessuno prima?..."
Nick Hornby abraccia con fervore l' estetica estrapolata da Shone e si propone, d' ora innanzi, di scrivere solo libri in cui copaiano sia "polpastrelli accostati", che "squali di gomma". Ritiene che gli uni senza gli altri siano, oggi, piuttosto privi di senso. In effetti, ancora più inquinante della gomma sarebbe un mondo dove compaiono solo "polpastrelli accostati".
Forse il Carlo Maria Maggi chiosato da Dante Isella, rende con buona approssimazione lo spirito della Grande Madre Lombarda, la sua natura bonacciona e pragmatica.
Rende lo spirito di questa Donna che si porta sempre dietro una religiosità pedestre con l' antidoto di qualche diffidenza celata in un riserbo che non accusa.
Una vicinanza alla Chiesa che ha poco o nulla da spartire con la fede dei Santi o con il phatos dei Mistici; molto invece con il sentimento popolare di una vita ordinata, con il senso morale di una tradizione "della nostra gente". Un sentimento vivo e riconoscibile anche laddove subisce la deturpazione della miseria e dell' ignoranza. Un sentimento che non è mai folklore ma vero bastone del pellegrino che attraversa la nottata.
E' il sentimento delle "genti mecaniche" di Manzoni, che cuociono a fuoco lento le astrazioni del filosofo finchè non sciolgono le loro grasse oscurità per riconciliarne la polpa con l' etica comune del buon senso.
Forse solo un dialetto che non si stima puo' esprimere i valori di questo mondo "medio", anzi "mediocre", con le sue virtù moderate e l' empito sopito al punto giusto: non la felicità ma il gniffin come unico bottino. Il "gniffin", ovvero i piccoli sorrisi di stupore con i quali possiamo disseminre il nostro passaggio.
Un istinto alla prudenza allergico alla riottosità dei fieri, un pensiero che spira dalle stalle delle cascine ma tende poi ad intrecciarsi con lo spirito delle sfere più elevate, entrando in intima alleanza con quello dei Sciuri che, se stanno lì nei loro salotti, un motivo ci sarà. Un' anti-ribellismo sempre a mezza via tra il calcolo, la convenienza e lo scetticismo istintivo dei vessati.
Guarda bene il mondo e non vi troverai motivi d' esaltazione. Guardalo ancora meglio e non vi troverai nemmeno di che deprimerti. E allora su...
Proprio l' altra mattina...
Innanz al mattutin, l' ora che 'l sogn strensc pù fort e ogni rumò rincress...
... nella casa vicina al convento si sentono rumori strani e poi un gran botto...
... sti Monegh hin dà sù tucc in d' on colp comm i pollè quand ghe va dent la volp... I lader, i ladron...
... il pericolo innesca una serie di scene un po' comiche, con lo zio che salta dal letto sentendo l' allarme "dand in l' orinari con ruina", gente che per difesa "ciappa ona canna de sfà giò i ragner" oppure "on s' ciopp che fu de Medeghin", chi invece ridotto a letto dalla gotta "mett cunt de moeve gnanch on pass, e ga ha minga pagura par poltroneria..."
Il finale di questa baraonda è indicativo e illustra l' istinto sdrammatizzante:
"... sta mattina se troeva che' l fracass e lo stremizij l' è stà de fantasia. Hin inscì i coss de qua sott: Guardei al cair gh' i trovarì nagott"
L' egoismo santo ("... stè ben con quel de sora e fè 'l fatt vost...") è raccomandato. L' "ambizion da creppacoeur" è fuggita:
"... l' è ul sproposet pù gross c' abbia vedù cattà roved e piansg che t' han spongiù..."
i confini dell' ignoranza preservatrice sono presidiati con cura...
... mì me par de stà mei quant manch ne sò e pensi par calmar tucc sti rumor che sora de sti niver gh' è 'l Signor...
I drammi di dimensione universale sono tralasciati quando non irrisi, finchè non toccano i "tuoi buoi", l' obbedienza disciplinata è un caposaldo imprendibile. I guai finanziari...
lassè al sciur, che sti cinc sold hin soeu vù tirez drizz ol solch, no guardè in drè e se vorrì guardà guardè i vost boeu
Pensare in grande non si addice a chi vive nel mondo serendipico:
Ol Togn che i verz heva piantà fava orazion perchè el piovess un bott. Piovett, e ol fen taijà in scambi de seccà cappè del cott; L' uga fioriva, e par i roscià, andand in cavrieu, l' andè in nagott. E Togn guardand ol ciel tornè a pregà par da mò innanz che no 'l ghe dass a trà...
Una vita agra è disidratata? Forse, se non ci fossero i frugoletti. Basterebbe osservare il nonno come gioca con il suo Cecchino perchè l' allerta cessi e si entri nella dimensione del gniffin...
l' ha ppoeu sott, un nasin da sofià via cui basin dù pomme de ganassinin...
Il bambino insegna al nonno l' arte dell' ottenere...
No sgarì nè piansc... si vor la tetta la dumanda in pas al ciamma con creanza... e speccia con pazienza...
Forse questo mondo non ci conquisterà con le sue gioie, eppure il bambino in braccio al nonno ci fa capire come il nostro viaggio quaggiù, se accompagnato con la giusta ingenuità e curiosità (la scoperta di una barba pungente), puo' essere abbellito da mille sorrisetti (gniffin).
Ghe mett el volt appress con la barbascia Cecchin se sent a sponsg e fa gniffin Mì cred c' al rida e tutt col mè Cecchin de Cà, Scoeura e Senat voerì pù strascià
Un gniffin del genere va subito battezzato:
... Ghe dic a volt: Cecchin, al tò Signor che ta fai inscì bell, ghe sarè mai rebell? E Cecchin me respond: Onghin, Ongò. E mi me par ch' el dis: No. Ghe torn a dì: ghe porteret amor? Cugnossaret un dì quant el te ne porta a tì. E Cecchin respond: Ongò, Onghì e mi cred c' al diga: Sì...
Il gniffin come acconto del Paradiso, non è molto. Non è molto solo se lo si vede da lontano. Ma se ci si avvicina si capisce subito come in cambio di un gniffin, scuola, casa, senato, lavoro, possono aspettare dando la precedenza ai beni più preziosi. E allora, ecco finalmente dietro certi fili spinati, il latte purissimo che comincia a scorrere, a fluire sempre più cremoso e nutriente, fino all' alluvione.
Ecco, adesso, in preda alle vostre passioni insopprimibili, correte a iscrivervi a psicologia, sociologia o lettere antiche. Poi, quando avrete problemi alla quarta settimana del mese, non andate in piazza a strillare e a dire che non vi avevo avvisato.