L' intuizione morale dell' uomo è immutabile e si regge sempre e comunque su cinque pilastri: solidarietà, reciprocità, rispetto dell' autorità, appartenenza, sacralità. Non uno di più, non uno di meno.
Jonathan Haidt ne è certo.
Possono variare i "pesi" da persona a persona o da popolo a polpolo, ma nessuna delle fondamenta potrà mai latitare. Siamo fatti così! Giocando con i pesi posso poi tracciare, per esempio, le varie ideologie correnti.
La domanda sorge spontanea: ma un ateo-materialista-desinistra, e tra noi ce ne sono parecchi, come puo' coltivare il valore della "santità" e della "sacralità"? Punto di domanda?
A quanto pare esiste pure un puritanesimo materialista!
Infatti, le misurazioni di Haidt si occupano della vicenda e concludono che lo "scristianizzato sinistrorso" tende innanzitutto a sacralizzare il cibo:
... it can be seen in the liberal tendency to moralize food and eating, beyond its nutritive/material aspects...
... e poi l' ambiente...
... it can be seen in the way the left treats environmental issues and the natural world as something sacred, to be cared for above and beyond its consequences for human welfare...
Da non perdere poi la conclusione: "Can anyone understand Avatar who lacks all intuitions of purity/sanctity?". E' chiaro il concetto?
Ne approfitto per segnalare un saggio brillante: "Is Food the New Sex?". Si comparano i sacerdoti del "sesso" con quelli del "cibo".
Nei suoi esperimenti Haidt fa largo uso dei verdoni valutando le risposte delle "cavie" di fronte ad offerte concrete in denaro. Mi sembra un buon metodo per approntare interviste credibili.
Non solo, lui stesso scommette sulle proprie conclusioni: 1000 dollari a chi le confuta seguendo un protocollo sperimentale ben preciso. Mi sembra un buon modo per fare il Professore in modo credibile.
Per chi fosse interessato ad altre scommesse accademiche a lungo termine: qui.
lunedì 15 marzo 2010
venerdì 12 marzo 2010
Volano Pizze
Mi appresto a leggere CARITAS IN VERITATE e voglio fare qualche considerazione preliminare per non presentarmi impreparato all' appuntamento con il testo.
Trovo giusto e doveroso sbilanciarmi e prendere posizione PRIMA della cruciale lettura: se dovrà essere "obbedienza", che non sia quella della pecora.
Il punto sembra essere questo: Etica o Economia?
Detto altrimenti: l' egoismo basta?
Se a questo problema trovate una facile soluzione, probabilmente è perchè non lo avete capito.
Infatti non è solo un problema difficile da risolvere, è soprattutto un problema difficile da capire.
Quel "bastare", per esempio, a cosa si riferisce?
Ipotesi: si riferisce alla costruzione di una comunità agiata e soddisfatta già su questa terra.
Le mie attitudini personali mi fanno propendere per l' Economia. D' istinto dico che l' "egoismo" dovrebbe bastare. Notate le virgolette? Per la mentalità "mediterranea" sono essenziali. Mi spiego meglio, o almeno spero.
Io la vedo così: il Manager si preoccupa di procurare i mezzi, il Santo di spendere. Il Manager agisce egoisticamente, il Santo agisce (anche) in modo altruistico.
Noi siamo per metà Manager e per metà Santi. Lasciamo che la prima metà agisca in autonomia, la seconda avrà più risorse da investire nel "bene".
E' il Manager che arricchisce la società, è dunque l' egoismo che ha questa funzione. Tra Etica ed Economia, prevale quest' ultima, almeno nella fase "produttiva".
Qualcuno potrebbe sobbalzare. Com' è possibile ottenere una felicità generalizzata grazie all' egoismo individuale? Com' è possibile che il vizio privato sfoci nella virtù pubblica?
Ok, anch' io a suo tempo lessi l' aurea favoletta.
Ok, la lezione è vecchia e la conosco bene: "non è certo per la generosità del pizzaiolo che vengo rifornito di ottime pizze a basso prezzo"; ma posso generalizzare questo messaggio?
La mia risposta è "sì". Un timido "sì", intendiamoci, magari pronunciato a fior di labbra e sottovoce, ma pur sempre un "sì".
Qualcuno fa resistenza e pensa soprattutto alle mitiche "Regole". Ma anche per loro in fondo vale quanto detto per il "pizzaiolo": la loro "bontà" non dipende dalla generosità del regolatore, e quindi tale generosità è superflua.
Preoccupa l' "applicazione" delle regole? Ma è solo un servizio per cui continua a valere la "logica del pizzaiolo".
Detto questo, cio' non significa che ogni disguido sia scongiurato: innanzitutto l' egoista puo' sempre sbagliare i propri conti, non siamo infallibili e il mondo è incasinato. Se l' egoista non fosse ragionevole, staremmo freschi. E' la "ragione" la miglior compagna dell' "egoismo": lo cura e lo trasforma in una virtù sociale.
Ma non è finita: molti egoisti potrebbero essere allettati da comportamenti contingenti anti-sociali, non fatico ad accettare questa possibilità, anzi, la constato tutti i giorni.
Niente paura: la gran massa degli egoismi si coalizzerà per prevenire e neutralizzare questo attacco, conviene! E magari, nel bel fervorino che segue, non mancherà un illusorio appello all' "eticità".
Povera Etica, ridotta ad espediente per non "perdere tempo"! A "specchietto per le allodole". Lo ammetto, non è questa una funzione molto nobile. Sono comunque sicuro che il Santo non è orgoglioso e non se la prenderà quando viene a sapere che i suoi sacrifici servono a ben poco quaggiù; del resto, la sua missione è un' altra.
Per quanto mi riguarda, io credo che la "santità" esista, penso dunque che alcuni comportamenti siano "giusti" e non mi chiedo se "serva" considerarli tali, penso solo che le cose stiano così, ed ammetterlo senza tante storie mi evita la fatica intellettuale di elaborare giustificazioni cervellotiche e malferme. Certo, il rasoio di Occam ci chiede di non inventare enti inutili e per qualcuno quelle "giustificazioni" appaiono necessarie, senonchè io non sto inventando nulla!
Concludo con un paradosso che mi riguarda: quando riscontro l' esistenza del "bene" sono invaso da una certezza (vogliamo chiamarla "evidenza"?) ben più salda rispetto a quando speculo sulla scarsa utilità materiale dell' etica. E' proprio in questo secondo caso che la fede prolunga la ragione giocando un ruolo decisivo. E' fede nel fatto che l' Etica raggiungerà il suo apice proprio grazie all' Economia.
P.S. un buon libro dove continuare la riflessione preparatoria è quello in cui si confrontano rispettosamente l' economista Zingales e il gesuita Salvini.
Trovo giusto e doveroso sbilanciarmi e prendere posizione PRIMA della cruciale lettura: se dovrà essere "obbedienza", che non sia quella della pecora.
Il punto sembra essere questo: Etica o Economia?
Detto altrimenti: l' egoismo basta?
Se a questo problema trovate una facile soluzione, probabilmente è perchè non lo avete capito.
Infatti non è solo un problema difficile da risolvere, è soprattutto un problema difficile da capire.
Quel "bastare", per esempio, a cosa si riferisce?
Ipotesi: si riferisce alla costruzione di una comunità agiata e soddisfatta già su questa terra.
Le mie attitudini personali mi fanno propendere per l' Economia. D' istinto dico che l' "egoismo" dovrebbe bastare. Notate le virgolette? Per la mentalità "mediterranea" sono essenziali. Mi spiego meglio, o almeno spero.
Io la vedo così: il Manager si preoccupa di procurare i mezzi, il Santo di spendere. Il Manager agisce egoisticamente, il Santo agisce (anche) in modo altruistico.
Noi siamo per metà Manager e per metà Santi. Lasciamo che la prima metà agisca in autonomia, la seconda avrà più risorse da investire nel "bene".
E' il Manager che arricchisce la società, è dunque l' egoismo che ha questa funzione. Tra Etica ed Economia, prevale quest' ultima, almeno nella fase "produttiva".
Qualcuno potrebbe sobbalzare. Com' è possibile ottenere una felicità generalizzata grazie all' egoismo individuale? Com' è possibile che il vizio privato sfoci nella virtù pubblica?
Ok, anch' io a suo tempo lessi l' aurea favoletta.
Ok, la lezione è vecchia e la conosco bene: "non è certo per la generosità del pizzaiolo che vengo rifornito di ottime pizze a basso prezzo"; ma posso generalizzare questo messaggio?
La mia risposta è "sì". Un timido "sì", intendiamoci, magari pronunciato a fior di labbra e sottovoce, ma pur sempre un "sì".
Qualcuno fa resistenza e pensa soprattutto alle mitiche "Regole". Ma anche per loro in fondo vale quanto detto per il "pizzaiolo": la loro "bontà" non dipende dalla generosità del regolatore, e quindi tale generosità è superflua.
Preoccupa l' "applicazione" delle regole? Ma è solo un servizio per cui continua a valere la "logica del pizzaiolo".
Detto questo, cio' non significa che ogni disguido sia scongiurato: innanzitutto l' egoista puo' sempre sbagliare i propri conti, non siamo infallibili e il mondo è incasinato. Se l' egoista non fosse ragionevole, staremmo freschi. E' la "ragione" la miglior compagna dell' "egoismo": lo cura e lo trasforma in una virtù sociale.
Ma non è finita: molti egoisti potrebbero essere allettati da comportamenti contingenti anti-sociali, non fatico ad accettare questa possibilità, anzi, la constato tutti i giorni.
Niente paura: la gran massa degli egoismi si coalizzerà per prevenire e neutralizzare questo attacco, conviene! E magari, nel bel fervorino che segue, non mancherà un illusorio appello all' "eticità".
Povera Etica, ridotta ad espediente per non "perdere tempo"! A "specchietto per le allodole". Lo ammetto, non è questa una funzione molto nobile. Sono comunque sicuro che il Santo non è orgoglioso e non se la prenderà quando viene a sapere che i suoi sacrifici servono a ben poco quaggiù; del resto, la sua missione è un' altra.
Per quanto mi riguarda, io credo che la "santità" esista, penso dunque che alcuni comportamenti siano "giusti" e non mi chiedo se "serva" considerarli tali, penso solo che le cose stiano così, ed ammetterlo senza tante storie mi evita la fatica intellettuale di elaborare giustificazioni cervellotiche e malferme. Certo, il rasoio di Occam ci chiede di non inventare enti inutili e per qualcuno quelle "giustificazioni" appaiono necessarie, senonchè io non sto inventando nulla!
Concludo con un paradosso che mi riguarda: quando riscontro l' esistenza del "bene" sono invaso da una certezza (vogliamo chiamarla "evidenza"?) ben più salda rispetto a quando speculo sulla scarsa utilità materiale dell' etica. E' proprio in questo secondo caso che la fede prolunga la ragione giocando un ruolo decisivo. E' fede nel fatto che l' Etica raggiungerà il suo apice proprio grazie all' Economia.
P.S. un buon libro dove continuare la riflessione preparatoria è quello in cui si confrontano rispettosamente l' economista Zingales e il gesuita Salvini.
giovedì 11 marzo 2010
Tanti nemici, tanto onore
Intendiamoci: nessun nemico, ancora più onore (forse).
Il fatto è che è meglio diffidare di chi ha un solo nemico, ovvero di colui che tende a concentrare la propria avversione.
Poichè oggi ci s' imbatte continuamente in gente con un solo nemico (di solito è basso, pelato e racconta le barzellette), mi interesserebbe speculare su cosa nasconda questa forma mentis.
Scava, scava non si trovano mostri, piuttosto un briciolo di ansietà. Non possiamo certo definirla "merce rara".
Il fatto è che è meglio diffidare di chi ha un solo nemico, ovvero di colui che tende a concentrare la propria avversione.
Poichè oggi ci s' imbatte continuamente in gente con un solo nemico (di solito è basso, pelato e racconta le barzellette), mi interesserebbe speculare su cosa nasconda questa forma mentis.
Scava, scava non si trovano mostri, piuttosto un briciolo di ansietà. Non possiamo certo definirla "merce rara".
Mal d' Amore Mal Curati
Lo sapevo che sarebbe stato difficile gestire la pratica post-Cvetaeva.
Lo sgancio da una Signorina tanto appassionata è sempre manovra complicatissima.
Me ne stavo lì, convalescente sulla flottante amaca appena smossa dalla tranquilla vibrazione che, a distanza di giorni, ancora promanava il tenero verso sillabato a fior di labbra...
...me ne stavo lì con le spire della maliarda ormai allentate e rassegnate...
...quando mi è venuta la malsana idea di accelerare il decorso del disincanto amoroso prendendo in mano uno dei più sudici cartigli che mai siano stati ospitati nella mia umile dimora. In calce recava la luciferina firma del luciferino Johnatan Swift.
Se solo avessi dato retta alla profetica Censura che con lungimiranza e buon senso lastrica le strade a noi poveri lettori spaesati!
Questa premurosa Madre del Consiglio già dal loro apparire aveva, con pertinenza, stimmatizzato la feccia lutulente di cui sopra con l' infame marchio UP (Unprintable Poems).
Ma io no. Io devo sempre sbatterci le corna di persona, altrimenti non sono contento.
Il Torbido Moralista intonacato comincia da subito a latrarmi nell' orecchio con aria volpina sottraendomi ai balsami incantatori della Russa più innamorata del mondo per poi trascinarmi al cospetto delle sue puteolenti Ninfe Stercorarie.
"La tua bella che non proietta ombra alcuna, sarà pure impegnata a girare l' Europa in puro Spirito nel tentativo di cancellarsi da ogni specchio, ma il pitale lo usa ancora, eccome se lo usa..." e nel pronunciare queste sconcertanti parole ti schiaffa l' oggetto e il rancido contenuto sotto le froge frementi d' indignazione.
E' con agguati di questo tipo che il Pestilenziale Canonico mi ha sfiancato e demoralizzato oltremisura convertendosi da Antidoto a Veleno.
La sua malvagia tempestività mi ha tormentato per giorni. Seguono crudi esempi che non voglio commentare.
Se lei nel languoroso controluce mi saluta sventolando la nivea manina il cui biancore, sempre sul punto di dissolversi, produce un effetto di fantasmagoriche gibigianne dall' arcano morse amoroso...
...allora puoi star certo che lo spregevole Satiro salterà su, bavetta e triplice mento tremante, ad illustrare con dovizia tutto l' inventario di lebbre, scabbie e psoriasi - documentate e reperite di persona negli inesplorati anfratti dell' Amato Corpo.
Dal davanzale appare lei stagliando la fluente e astratta chioma corvina, vero stendardo del sentimento disincarnato...
...e il nocivo Reverendo che non manca un colpo si precipita nell' esporre orgoglioso la nuova refurtiva proveniente direttamente dallo Spogliatoio della Signora: svariati pettini intasati di crassume, ma così aderente da impedire ogni varco.
Lei compare sul filo dell' orizzonte in una leggiadra veste che la rende trasparente fino alla sparizione...
...e lui si affretta presentandosi con l' orribile reperto trafugato chissà dove: una sozza camiciola giallognola, imbrattata da innominabili secrezioni e con le ascelle saldamente incotechite.
Lei porge il padiglione (mirabile conchiglia) al mio verbo innamorato?
E lo smagato pretonzolo mi si para tempestivamente innanzi con la sua orribile collezione di "fiori d' allume" sottovetro, disponibili in tutte le fogge.
Io lo scalcio mandandolo per le terre con tutti i suoi specchietti ingrommati di cerume. Ma la tigna di questo mangiapatate dell' Isola smeraldina è incredibilmente coriacea.
Il Gran Misogeno d' Irlanda stringe l' assedio, lo vedi girare avanti e indietro con la pettegola lente indagatrice, il catalogo del suo contanimato abisso femminile è tanto lungo quanto disgustoso: bacili immondi, bisunte berrette, poltiglia di fazzoletto, stoffe vuncie, corrotti fiati, crassi umori, fetide zaffate, sudori aciduli, rumori sconci, vapori ripugnanti, piaghe purulente...
A questo punto mi decido: addio Marina Cvetaeva, Ninfa ormai scoronata.
Finchè mi starai vicina dovrò giocoforza interpolare la tua compagnia con quella di mostruose Muse Escrementizie.
E allora Addio Marina Cvetaeva, amante precaria, abbandonami con una delle tue memorabili "smemorie".
Non eri tu che nel verso più bello riportavi l' ingiunzione di Euridice affinchè fosse liberata dal molesto Orfeo?
Addio Marina Cvetaeva, saluto te. Con te saluto quella maschera di ferro che fu la morsa del tuo corpo/carcassa e che insieme abbiamo tentato vanamente di allentare.
Spremi la tua calda lacrima mia Didone. Piangi forte come l' ultima delle sartine. Lo scaffale più alto e inaccessibile del tinello marron sarà lo scoglio dove languirai.
Ti seppellisco in cielo. Ti riconsegno alle polveri da cui venisti regalandoti quell' esilio perenne che è tanto consono alla tua natura.
E quale altra sorte pretende chi canta l' amore solo come "arco teso e disagio" oppure "randagia alleanza"?
Lascia in pace una buona volta colui che lo cerca nella forma di "matrimonio, patrimonio, decoro, indirizzo e numero civico...".
Sei donna - sii forte - sopporta!
Sopporta, tu che hai intonato l' immortale "Poema della Fine", gemma abbagliante destinata ad impreziosire ogni abbandono.
Sopporta questa bordata di addii e ferite che ti infliggo. Sopporta l' aguzzo quando trafigge la polpa.
Unico diversivo sarà per te la triviale compagnia del Lercio Canonico d' Irlanda. Hai capito bene, ho intenzione di liquidarlo per sempre appostandolo al tuo fianco. Leggetevi e neutralizzatevi.
Tutto purchè i vostri bisturi cessino di straziere le frolle carni di noi lettori. Che io possa arrugginire altrove e in santa pace la vecchia latta del mio cuore.
***
Poi magari, già che ci sono, vado a prendere un The al limone con la vecchia Zia Szymborska e mi faccio consolare un po' da lei che sa sempre cosa dire di tutto...di ruggini, di cuori, di tutto.
***
Per Fiorenza: il libro "usato" di cui parlavo nel primo post, era: "Dopo la Russia", Mondadori. Una raccolta poetica tradotta meravigliosamente dalla solita Serena Vitale (forse, senza saperlo, era proprio lei che volevo omaggiare).
In questo post invece parlo di Johnatan Swift, "Lo Spogliatoio della Signora", Einaudi. Altra raccolta di poesie, ma di tenore ben diverso!
Lo sgancio da una Signorina tanto appassionata è sempre manovra complicatissima.
Me ne stavo lì, convalescente sulla flottante amaca appena smossa dalla tranquilla vibrazione che, a distanza di giorni, ancora promanava il tenero verso sillabato a fior di labbra...
...me ne stavo lì con le spire della maliarda ormai allentate e rassegnate...
...quando mi è venuta la malsana idea di accelerare il decorso del disincanto amoroso prendendo in mano uno dei più sudici cartigli che mai siano stati ospitati nella mia umile dimora. In calce recava la luciferina firma del luciferino Johnatan Swift.
Se solo avessi dato retta alla profetica Censura che con lungimiranza e buon senso lastrica le strade a noi poveri lettori spaesati!
Questa premurosa Madre del Consiglio già dal loro apparire aveva, con pertinenza, stimmatizzato la feccia lutulente di cui sopra con l' infame marchio UP (Unprintable Poems).
Ma io no. Io devo sempre sbatterci le corna di persona, altrimenti non sono contento.
Il Torbido Moralista intonacato comincia da subito a latrarmi nell' orecchio con aria volpina sottraendomi ai balsami incantatori della Russa più innamorata del mondo per poi trascinarmi al cospetto delle sue puteolenti Ninfe Stercorarie.
"La tua bella che non proietta ombra alcuna, sarà pure impegnata a girare l' Europa in puro Spirito nel tentativo di cancellarsi da ogni specchio, ma il pitale lo usa ancora, eccome se lo usa..." e nel pronunciare queste sconcertanti parole ti schiaffa l' oggetto e il rancido contenuto sotto le froge frementi d' indignazione.
E' con agguati di questo tipo che il Pestilenziale Canonico mi ha sfiancato e demoralizzato oltremisura convertendosi da Antidoto a Veleno.
La sua malvagia tempestività mi ha tormentato per giorni. Seguono crudi esempi che non voglio commentare.
Se lei nel languoroso controluce mi saluta sventolando la nivea manina il cui biancore, sempre sul punto di dissolversi, produce un effetto di fantasmagoriche gibigianne dall' arcano morse amoroso...
...allora puoi star certo che lo spregevole Satiro salterà su, bavetta e triplice mento tremante, ad illustrare con dovizia tutto l' inventario di lebbre, scabbie e psoriasi - documentate e reperite di persona negli inesplorati anfratti dell' Amato Corpo.
Dal davanzale appare lei stagliando la fluente e astratta chioma corvina, vero stendardo del sentimento disincarnato...
...e il nocivo Reverendo che non manca un colpo si precipita nell' esporre orgoglioso la nuova refurtiva proveniente direttamente dallo Spogliatoio della Signora: svariati pettini intasati di crassume, ma così aderente da impedire ogni varco.
Lei compare sul filo dell' orizzonte in una leggiadra veste che la rende trasparente fino alla sparizione...
...e lui si affretta presentandosi con l' orribile reperto trafugato chissà dove: una sozza camiciola giallognola, imbrattata da innominabili secrezioni e con le ascelle saldamente incotechite.
Lei porge il padiglione (mirabile conchiglia) al mio verbo innamorato?
E lo smagato pretonzolo mi si para tempestivamente innanzi con la sua orribile collezione di "fiori d' allume" sottovetro, disponibili in tutte le fogge.
Io lo scalcio mandandolo per le terre con tutti i suoi specchietti ingrommati di cerume. Ma la tigna di questo mangiapatate dell' Isola smeraldina è incredibilmente coriacea.
Il Gran Misogeno d' Irlanda stringe l' assedio, lo vedi girare avanti e indietro con la pettegola lente indagatrice, il catalogo del suo contanimato abisso femminile è tanto lungo quanto disgustoso: bacili immondi, bisunte berrette, poltiglia di fazzoletto, stoffe vuncie, corrotti fiati, crassi umori, fetide zaffate, sudori aciduli, rumori sconci, vapori ripugnanti, piaghe purulente...
A questo punto mi decido: addio Marina Cvetaeva, Ninfa ormai scoronata.
Finchè mi starai vicina dovrò giocoforza interpolare la tua compagnia con quella di mostruose Muse Escrementizie.
E allora Addio Marina Cvetaeva, amante precaria, abbandonami con una delle tue memorabili "smemorie".
Non eri tu che nel verso più bello riportavi l' ingiunzione di Euridice affinchè fosse liberata dal molesto Orfeo?
Addio Marina Cvetaeva, saluto te. Con te saluto quella maschera di ferro che fu la morsa del tuo corpo/carcassa e che insieme abbiamo tentato vanamente di allentare.
Spremi la tua calda lacrima mia Didone. Piangi forte come l' ultima delle sartine. Lo scaffale più alto e inaccessibile del tinello marron sarà lo scoglio dove languirai.
Ti seppellisco in cielo. Ti riconsegno alle polveri da cui venisti regalandoti quell' esilio perenne che è tanto consono alla tua natura.
E quale altra sorte pretende chi canta l' amore solo come "arco teso e disagio" oppure "randagia alleanza"?
Lascia in pace una buona volta colui che lo cerca nella forma di "matrimonio, patrimonio, decoro, indirizzo e numero civico...".
Sei donna - sii forte - sopporta!
Sopporta, tu che hai intonato l' immortale "Poema della Fine", gemma abbagliante destinata ad impreziosire ogni abbandono.
Sopporta questa bordata di addii e ferite che ti infliggo. Sopporta l' aguzzo quando trafigge la polpa.
Unico diversivo sarà per te la triviale compagnia del Lercio Canonico d' Irlanda. Hai capito bene, ho intenzione di liquidarlo per sempre appostandolo al tuo fianco. Leggetevi e neutralizzatevi.
Tutto purchè i vostri bisturi cessino di straziere le frolle carni di noi lettori. Che io possa arrugginire altrove e in santa pace la vecchia latta del mio cuore.
***
Poi magari, già che ci sono, vado a prendere un The al limone con la vecchia Zia Szymborska e mi faccio consolare un po' da lei che sa sempre cosa dire di tutto...di ruggini, di cuori, di tutto.
***
Per Fiorenza: il libro "usato" di cui parlavo nel primo post, era: "Dopo la Russia", Mondadori. Una raccolta poetica tradotta meravigliosamente dalla solita Serena Vitale (forse, senza saperlo, era proprio lei che volevo omaggiare).
In questo post invece parlo di Johnatan Swift, "Lo Spogliatoio della Signora", Einaudi. Altra raccolta di poesie, ma di tenore ben diverso!
Early childhood education
Intervista a James Heckman.
Raccomando la sezione Early childhood education.
Riassunto: puntare sui big five nei 0-7 anni.
Traduzione a beneficio del Ministro della Pubblica Istruzione e dell' Università: concentrati sulla sostanza formativa, ovvero sugli asili. Del resto occupati nel tempo libero.
Qualcuno ha un' idea pratica di cosa significhi "puntare sulle abilità non-cognitive"?
Ipotesi: regole, motivazioni, tranquillità, concentrazione, devono essere anteposte alla capacità di risolvere problemi?
Sì, ma in concreto? Andare a letto alle 8,30 senza brontolare è più formativo di passare il terzo livello del giochetto elettronico luminescente o di fare l' ingegnere con il Lego, o di imparare presto a leggere e scrivere? Il bambino disciplinato che non si annoia facilmente (perchè sa motivarsi) ha davvero più speranze del genietto capriccioso?
Sembra incredibile ma la posizione modernista e tremendamente all' avanguardia di chi accetta un IQ rigido e in gran parte genetico, rivaluta poi taluni metodi educativi tradizionali.
Raccomando la sezione Early childhood education.
Riassunto: puntare sui big five nei 0-7 anni.
Traduzione a beneficio del Ministro della Pubblica Istruzione e dell' Università: concentrati sulla sostanza formativa, ovvero sugli asili. Del resto occupati nel tempo libero.
Qualcuno ha un' idea pratica di cosa significhi "puntare sulle abilità non-cognitive"?
Ipotesi: regole, motivazioni, tranquillità, concentrazione, devono essere anteposte alla capacità di risolvere problemi?
Sì, ma in concreto? Andare a letto alle 8,30 senza brontolare è più formativo di passare il terzo livello del giochetto elettronico luminescente o di fare l' ingegnere con il Lego, o di imparare presto a leggere e scrivere? Il bambino disciplinato che non si annoia facilmente (perchè sa motivarsi) ha davvero più speranze del genietto capriccioso?
Sembra incredibile ma la posizione modernista e tremendamente all' avanguardia di chi accetta un IQ rigido e in gran parte genetico, rivaluta poi taluni metodi educativi tradizionali.
Donne e asili
Ah, queste donne italiche che non lavorano e non fanno fligli. Come dare loro una mano? Magari con asili e altri servizi del genere!
Tutti d' accordo?
Macchè!
Basterebbe notare come filiano e lavorano sodo fuori casa donne di paesi dove questi servizi sono praticamente assenti.
Il problema è culturale e riguarda il modo in cui la coppia ripartisce i carichi di lavoro.
"... finché le donne italiane lavoreranno in totale 80 minuti in più degli uomini (sommando il lavoro casalingo a quello retribuito) e soprattutto finché saranno loro ad essere sempre "on duty" per la famiglia anche nei momenti in cui lavorano fuori casa, esse non potranno esprimere nel lavoro retribuito la stess energia e la stessa produttività degli uomini..."
A questo punto gli autori propongono di tassare il reddito degli uomini. Ok, ma c' è ancora qualcosa che non mi quadra.
Qualora si ritenga di aver dimostrato come una certa cosa non viene fatta, non tanto perchè onerosa, ma piuttosto per ragioni "culturali", allora non ha più molto senso impegnarsi affinchè si realizzi. Almeno fino a che siamo disposti ad accettare la spiegazione più semplice, lineare ed empiricamente comprovata: quella basata sulle preferenze.
http://www.pietroichino.it/?p=238
Tutti d' accordo?
Macchè!
Basterebbe notare come filiano e lavorano sodo fuori casa donne di paesi dove questi servizi sono praticamente assenti.
Il problema è culturale e riguarda il modo in cui la coppia ripartisce i carichi di lavoro.
"... finché le donne italiane lavoreranno in totale 80 minuti in più degli uomini (sommando il lavoro casalingo a quello retribuito) e soprattutto finché saranno loro ad essere sempre "on duty" per la famiglia anche nei momenti in cui lavorano fuori casa, esse non potranno esprimere nel lavoro retribuito la stess energia e la stessa produttività degli uomini..."
A questo punto gli autori propongono di tassare il reddito degli uomini. Ok, ma c' è ancora qualcosa che non mi quadra.
Qualora si ritenga di aver dimostrato come una certa cosa non viene fatta, non tanto perchè onerosa, ma piuttosto per ragioni "culturali", allora non ha più molto senso impegnarsi affinchè si realizzi. Almeno fino a che siamo disposti ad accettare la spiegazione più semplice, lineare ed empiricamente comprovata: quella basata sulle preferenze.
http://www.pietroichino.it/?p=238
mercoledì 10 marzo 2010
Due vaccinazioni
Contro l' ateismo e la teologia dilettantesca.
Alister McGrath.
Kenneth Miller.
Francis Collins
Ve lo ricordate il "principio antropico"? Molti lo usano come novella prova cosmologica. La cosa non mi convince del tutto, ma da lì si puo' pur sempre partire.
Se pesco a caso delle carte dal mazzo posso sempre stabilire a posteriori una logica ed illudermi che la cosa sia "sorprendente" e richieda una spiegazione. Ma se pesco 10 carte realizzando una scala reale, allora la sorpresa è reale e una spiegazione s' impone.
Per molti l' universo è una scala reale. Non che ci siano grandi prove.
Certo che l' universo (così come tutti gli universi possibili) sembra rispondere ad un ordine. E' intelleggibile, è catturabile dalla logica e dalla matematica.
Ma mentre esistono mille forme di caos, mentre esiste una logica possibile.
In un certo senso il fatto che siamo di fronte ad una "scala reale" è testimoniato dai sorpendenti poteri della matematica più che dalla vita umana in sè.
Certo dobbiamo porre la Matematica come qualcosa a se stante rispetto alla materia, così come la nostra mente. Ma ci sono ottimi argomenti per farlo!
Non che l' intelligibilità dell' universo sia una realtà stabilita, ma di sicuro è l' atto di fede elementare che intraprendono gli scienziati nel momento in cui chinano la schiena sulla loro scrivania e si spremono le meningi.
Alister McGrath.
Kenneth Miller.
Francis Collins
Ve lo ricordate il "principio antropico"? Molti lo usano come novella prova cosmologica. La cosa non mi convince del tutto, ma da lì si puo' pur sempre partire.
Se pesco a caso delle carte dal mazzo posso sempre stabilire a posteriori una logica ed illudermi che la cosa sia "sorprendente" e richieda una spiegazione. Ma se pesco 10 carte realizzando una scala reale, allora la sorpresa è reale e una spiegazione s' impone.
Per molti l' universo è una scala reale. Non che ci siano grandi prove.
Certo che l' universo (così come tutti gli universi possibili) sembra rispondere ad un ordine. E' intelleggibile, è catturabile dalla logica e dalla matematica.
Ma mentre esistono mille forme di caos, mentre esiste una logica possibile.
In un certo senso il fatto che siamo di fronte ad una "scala reale" è testimoniato dai sorpendenti poteri della matematica più che dalla vita umana in sè.
Certo dobbiamo porre la Matematica come qualcosa a se stante rispetto alla materia, così come la nostra mente. Ma ci sono ottimi argomenti per farlo!
Non che l' intelligibilità dell' universo sia una realtà stabilita, ma di sicuro è l' atto di fede elementare che intraprendono gli scienziati nel momento in cui chinano la schiena sulla loro scrivania e si spremono le meningi.
Da qualche parte c' è sempre un Vasco Rossi
Leggendo le avventure stanziali del Giovane Holden ho notato che costui si esprime in perfetto italiano, perlomeno nella copia del mio libro Einaudi. Trovo la cosa inaudita visto che il caproccioso pupillo è progenie di famiglia americana doc e non si è mai avventurato al di fuori dell' asse Pensylvania-Manhattan. Se comunque devo dire... la cosa non mi disturba.
Leggendo le avventure di Renzo Tramaglino, rilevo il linguaggio insolitamente forbito di questo contadinotto lecchese in procinto di accasarsi. In verità me l' hanno fatto notare altri, poichè la cornice è talmente in armonia con il quadro da passare inosservata.
Il minuscolo protagonista del "Factum est" testoriano ansima, impetra, implora, urla, maledice, benedice, prega, guaisce e spira spappolandosi in modo che molti contestano ideologicamente.
Peccato per loro, si sono persi un pezzettino d' arte vera. Ok, in giro ce n' è tanta e recupereranno presto con il concerto di Vasco Rossi, ma resta pur sempre uno spreco.
Quella minuscola ed espressiva agitazione, nel testo si giustifica così: bisogna scuotere la futura non-madre affinchè resista alla proposta di raschiamento avanzata dal futuro non-padre. Oltretutto, il perfetto non-Padre sta perdendo la pazienza e tra un po' mi sa che mena pure.
Cederà! Cosicchè un cristo in miniatura soffocherà nel suo sangue attaccato alla placenta come l' eretico al palo prima che il fuoco gli arricci la pelle.
Chi mette l' ideologia nell' attico e l' arte in cantina, lo riconosci subito: il patetico monologo dell' inerme Presenza lo ispira al punto che non puo' trattenersi dal declamare su cellule neuronali ancora da farsi ed altre amenità varie. Il sipario deve ancora scendere ma lui ha già intrapreso il suo personale trip bioeticista.
Lo sappiamo che in fondo basta un pianeta spento e minuscolo per oscurare un sole enorme ed infuocato. Allo stesso modo nel cervello di taluni basta l' eco del giornalista lunare Massarenti per eclissare il Poeta solare Testori.
Devo ammettere che l' obiezione del Caulfield italofono ha una pregnanza e una capacità spiazzante più meritevole di approfondimento.
Mai come qui si coglie la distanza tra scienza ed arte, la dimestichezza con l' ipotesi contorta che la prima richiede e la seconda disdegna.
Sarà per questo che l' artista è chiamato a depositare il suo particolare occhio cieco/vggente sulla superficie del Reale, sarà perchè si sente chiamato all' ubbidienza verso il santo comandamento della Poetica aristotelica: "molto meglio inscenare un impossibile verosimile che un possibile inverosimile"
Leggendo le avventure di Renzo Tramaglino, rilevo il linguaggio insolitamente forbito di questo contadinotto lecchese in procinto di accasarsi. In verità me l' hanno fatto notare altri, poichè la cornice è talmente in armonia con il quadro da passare inosservata.
Il minuscolo protagonista del "Factum est" testoriano ansima, impetra, implora, urla, maledice, benedice, prega, guaisce e spira spappolandosi in modo che molti contestano ideologicamente.
Peccato per loro, si sono persi un pezzettino d' arte vera. Ok, in giro ce n' è tanta e recupereranno presto con il concerto di Vasco Rossi, ma resta pur sempre uno spreco.
Quella minuscola ed espressiva agitazione, nel testo si giustifica così: bisogna scuotere la futura non-madre affinchè resista alla proposta di raschiamento avanzata dal futuro non-padre. Oltretutto, il perfetto non-Padre sta perdendo la pazienza e tra un po' mi sa che mena pure.
Cederà! Cosicchè un cristo in miniatura soffocherà nel suo sangue attaccato alla placenta come l' eretico al palo prima che il fuoco gli arricci la pelle.
Chi mette l' ideologia nell' attico e l' arte in cantina, lo riconosci subito: il patetico monologo dell' inerme Presenza lo ispira al punto che non puo' trattenersi dal declamare su cellule neuronali ancora da farsi ed altre amenità varie. Il sipario deve ancora scendere ma lui ha già intrapreso il suo personale trip bioeticista.
Lo sappiamo che in fondo basta un pianeta spento e minuscolo per oscurare un sole enorme ed infuocato. Allo stesso modo nel cervello di taluni basta l' eco del giornalista lunare Massarenti per eclissare il Poeta solare Testori.
Devo ammettere che l' obiezione del Caulfield italofono ha una pregnanza e una capacità spiazzante più meritevole di approfondimento.
Mai come qui si coglie la distanza tra scienza ed arte, la dimestichezza con l' ipotesi contorta che la prima richiede e la seconda disdegna.
Sarà per questo che l' artista è chiamato a depositare il suo particolare occhio cieco/vggente sulla superficie del Reale, sarà perchè si sente chiamato all' ubbidienza verso il santo comandamento della Poetica aristotelica: "molto meglio inscenare un impossibile verosimile che un possibile inverosimile"
martedì 9 marzo 2010
Ridatemi le mie vacanze!
E' un' ingiustizia! Rivoglio le vacanze che mi spettano. Rivoglio i miei 15 giorni in Grecia a 500 euro.
La Grecia è un paese fallito, dovrebbe uscire dall' euro, svalutare drammaticamente la sua moneta e, dietro qualche centinaio di euro, consentirmi una lunga e beata vacanza su una delle tante perle del mediterraneo che annovera.
Non nego che qualcuno pagherebbe il fio.
I greci, per esempio. Le loro vacanze le vedo male, d' altronde i loro governi spendaccioni se li sono eletti, quindi...
Anche chi ha prestato ai greci, trema. Pazienza, faranno meglio i loro conti la prossima volta.
Suvvia, non facciamola troppo lunga, fallire non è una tragedia.
Ricapitoliamo, visto come sono andate le cose un elementare principio di giustizia mi consentirebbe di passare all' incasso.
Invece no, mi tocca sì passare alla cassa ma per pagare poichè sembra ci si orienti verso una soluzione differente: salvataggio a spese del contribuente europeo.
Ah... le tortuose vie della solidarietà. E ci credo poi che il liberal è più "intelligente": la soluzione più semplice e lineare non gli va mai bene! Occorre un bel capoccione per uscire dai labirinti dove puntualmente va a ficcarsi.
Solidarietà? Qualche politico ci crede, qualcun altro è stato perfettamente partorito dall' evoluzione per vendere quel genere di merce, e l' ultimo, più consapevole e rispettabile, fiuta l' affare e il monumento.
Chi non capisce la logica che ci sta sotto, non capisce l' 1+1 della politica: in caso di fallimento il pagatore è consapevole (e recalcitra... e non ti vota più), in caso di "salvataggio" il pagatore è un allocco con nella testa tanti bias.
Non ci credete?
Come no? Ma pensate davvero che i defraudati della meritata vacanza a prezzi stracciati organizzino vociferanti cortei? Ma quella vacanza è solo una mera possibilità che ancora non si è concretizzata e non si concretizzerà mai, un puro spettro che i nostri bias ci impediscono di vedere chiaramente. Se la possibilità di un corteo vi sembra assurda, meditatene i motivi e vi sarete risposti da soli. Avrete anche capito perchè al politico conviene sempre il sabotaggio strisciante del mercato.
Ma anche chi conosce come si fanno le sommatorie politiche di cui sopra, dati gli sviluppi, sarà in altre faccende affaccendato: sarà d' uopo infatti consigliare al Ministro Tremonti di rilassarsi e lasciar ammonticchiare un bel deficit, in caso di difficoltà basterà un fischio al neonato Fondo Monetario Europeo. Così, se i greci ci hanno fregato, noi fregheremo i tedeschi quanto prima. Tiè!
E poi, quando tutto salterà in aria, considerando che il "sabotaggio" è stato solo "strisciante" anzichè sotto l' occhio vigile dell' allocco, c' è sempre l' arma di riserva: grideremo in coro contro le ingiustizie del mercato selvaggio! Scommettete che l' allocco griderà più forte di tutti?
La Grecia è un paese fallito, dovrebbe uscire dall' euro, svalutare drammaticamente la sua moneta e, dietro qualche centinaio di euro, consentirmi una lunga e beata vacanza su una delle tante perle del mediterraneo che annovera.
Non nego che qualcuno pagherebbe il fio.
I greci, per esempio. Le loro vacanze le vedo male, d' altronde i loro governi spendaccioni se li sono eletti, quindi...
Anche chi ha prestato ai greci, trema. Pazienza, faranno meglio i loro conti la prossima volta.
Suvvia, non facciamola troppo lunga, fallire non è una tragedia.
Ricapitoliamo, visto come sono andate le cose un elementare principio di giustizia mi consentirebbe di passare all' incasso.
Invece no, mi tocca sì passare alla cassa ma per pagare poichè sembra ci si orienti verso una soluzione differente: salvataggio a spese del contribuente europeo.
Ah... le tortuose vie della solidarietà. E ci credo poi che il liberal è più "intelligente": la soluzione più semplice e lineare non gli va mai bene! Occorre un bel capoccione per uscire dai labirinti dove puntualmente va a ficcarsi.
Solidarietà? Qualche politico ci crede, qualcun altro è stato perfettamente partorito dall' evoluzione per vendere quel genere di merce, e l' ultimo, più consapevole e rispettabile, fiuta l' affare e il monumento.
Chi non capisce la logica che ci sta sotto, non capisce l' 1+1 della politica: in caso di fallimento il pagatore è consapevole (e recalcitra... e non ti vota più), in caso di "salvataggio" il pagatore è un allocco con nella testa tanti bias.
Non ci credete?
Come no? Ma pensate davvero che i defraudati della meritata vacanza a prezzi stracciati organizzino vociferanti cortei? Ma quella vacanza è solo una mera possibilità che ancora non si è concretizzata e non si concretizzerà mai, un puro spettro che i nostri bias ci impediscono di vedere chiaramente. Se la possibilità di un corteo vi sembra assurda, meditatene i motivi e vi sarete risposti da soli. Avrete anche capito perchè al politico conviene sempre il sabotaggio strisciante del mercato.
Ma anche chi conosce come si fanno le sommatorie politiche di cui sopra, dati gli sviluppi, sarà in altre faccende affaccendato: sarà d' uopo infatti consigliare al Ministro Tremonti di rilassarsi e lasciar ammonticchiare un bel deficit, in caso di difficoltà basterà un fischio al neonato Fondo Monetario Europeo. Così, se i greci ci hanno fregato, noi fregheremo i tedeschi quanto prima. Tiè!
E poi, quando tutto salterà in aria, considerando che il "sabotaggio" è stato solo "strisciante" anzichè sotto l' occhio vigile dell' allocco, c' è sempre l' arma di riserva: grideremo in coro contro le ingiustizie del mercato selvaggio! Scommettete che l' allocco griderà più forte di tutti?
lunedì 8 marzo 2010
L' ha detto la scienza
Nell' anno del Signore 2010 non c' è chi rinuncerebbe ad un avallo tanto impressionante.
A qualsiasi conclusione si giunga, si lascia ad intendere che... "l' ha detto la scienza", che la Scienza conferma. Quindi...
Invece, il più delle volte... "l' ha detto una semplice statistica".
Si accende una lampadina e subito crediamo di essere al cospetto del mitico Lume. Poi ci accorgiamo che quella lampadina ha sotto delle svelte gambine con cui se la svigna altrove. E noi ci ritroviamo al buio.
Delusione? Non poi così tanta visto che non è così immediato percepire la differenza tra Scienza e Statistica, ovvero, non si coglie che la prima pur essendo "fatta" da statistiche non puo' essere ridotta ad una statistica isolata.
Vlad: "... la teoria del Kanazawa dice che gli atei e progressisti sono più intelligenti degli altri..."
Una teoria? Una teoria scientifica? No, è solo una conclusione statistica, una semplice descrizione del reale.
"Descrivere" il reale è più semplice che "teoriazzare" sul reale, ma la conclusione di una descrizione non è una conclusione scientifica: affinchè si abbia scienza la teoria è essenziale.
Altrimenti anche la parodia di Diana e della banda-spaghetti diventerebbe seria: la pirateria e il cambiamento climatico sono fenomeni correlati! A dirlo è la Scienza!
In realtà trattasi solo di "descrizioni del reale", non di conclusioni scientifiche.
Per capirci meglio, facciamo il caso di tre "descrizioni statistiche" della realtà che ricaviamo dopo test somministrati in modo accurato ma con una loro intrinseca affidabilità limitata:
1. gli atei sono più intelligenti (affidabilità 90%);
2. pirateria e cambiamento climatico sono collegati (affidabilità 60%);
3. io ho l' AIDS (affidabilità 99%).
Anche se i test che ho usato sono accuratissimi dal punto di vista scientifico e conosco in modo scientifico il loro grado di affidabilità, la conclusione che segue non puo' ancora dirsi scientifica. Manca la teoria! Manca il modello!
Prendiamo il caso 3 tanto per capirci meglio.
Il test a cui mi sono sottoposto e che registra la mia malattia ha un' affidabilità del 99%. Inserisco questo dato in una "vera teoria scientifica", una teoria che contempla, tra le altre, anche questa ipotesi: l' 1% della popolazione è affetta dall' AIDS.
Di colpo mi accorgo che la probabilità che io abbia l' AIDS è "solo" del 9%! Questa sì è una conclusione scientifica, magari sballata (se la teoria è sballata) ma perlomeno frutto di una teoria.
Notata la leggera differenza tra 9% e 99%? Ebbene, è la differenza che rischia di sfuggire a chi confonde una "conclusione statistica" con una "conclusione scientifica".
Non scambiamo dunque la descrizione statistica (99% di affidabilità dell' affermazione "io ho l' AIDS") con la teoria sceintifica (9% di affidabilità dell' affermazione "io ho l' AIDS").
Entrambe le conclusioni sono corrette ma vanno valutate per quello che sono: una descrive cio' che osservo, l' altra teorizza complessivamente sulla realtà. Entrambe sono rilevanti e interagiscono tra loro restando pur sempre concetti ben differenziati. In altri termini, una teoria scientifica puo' subire importanti revisioni dopo alcuni rilievi statistici ma cio' non significa che la singola statistica si trasformi in "scienza".
Inutile aggiungere che se l' affermazione pastafariana ("pirateria ed effetto serra sono collegati") venisse inserita in una teoria scientifica minimamente credibile, la sua affidabilità collasserebbe praticamente a zero.
Nei modelli economici si postula l' agente razionale, eppure la psicologia sperimentale ci dice ogni giorno quanti e quali bias affliggano il povero decisore. Ma quando questi "difetti" statisticamente tanto appariscenti vengono inseriti nel modello diventano immediatamente trascurabili.
Una probabilità ci informa veramente quando viene fatta reagire con le altre e questo puo' realizzarsi solo se abbiamo una "teoria". In altri termini: quando si ha a che fare con l' incertezza solo l' impostazione bayesiana puo' dirsi razionale e quindi scientifica.
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causa e statistica
A qualsiasi conclusione si giunga, si lascia ad intendere che... "l' ha detto la scienza", che la Scienza conferma. Quindi...
Invece, il più delle volte... "l' ha detto una semplice statistica".
Si accende una lampadina e subito crediamo di essere al cospetto del mitico Lume. Poi ci accorgiamo che quella lampadina ha sotto delle svelte gambine con cui se la svigna altrove. E noi ci ritroviamo al buio.
Delusione? Non poi così tanta visto che non è così immediato percepire la differenza tra Scienza e Statistica, ovvero, non si coglie che la prima pur essendo "fatta" da statistiche non puo' essere ridotta ad una statistica isolata.
Vlad: "... la teoria del Kanazawa dice che gli atei e progressisti sono più intelligenti degli altri..."
Una teoria? Una teoria scientifica? No, è solo una conclusione statistica, una semplice descrizione del reale.
"Descrivere" il reale è più semplice che "teoriazzare" sul reale, ma la conclusione di una descrizione non è una conclusione scientifica: affinchè si abbia scienza la teoria è essenziale.
Altrimenti anche la parodia di Diana e della banda-spaghetti diventerebbe seria: la pirateria e il cambiamento climatico sono fenomeni correlati! A dirlo è la Scienza!
In realtà trattasi solo di "descrizioni del reale", non di conclusioni scientifiche.
Per capirci meglio, facciamo il caso di tre "descrizioni statistiche" della realtà che ricaviamo dopo test somministrati in modo accurato ma con una loro intrinseca affidabilità limitata:
1. gli atei sono più intelligenti (affidabilità 90%);
2. pirateria e cambiamento climatico sono collegati (affidabilità 60%);
3. io ho l' AIDS (affidabilità 99%).
Anche se i test che ho usato sono accuratissimi dal punto di vista scientifico e conosco in modo scientifico il loro grado di affidabilità, la conclusione che segue non puo' ancora dirsi scientifica. Manca la teoria! Manca il modello!
Prendiamo il caso 3 tanto per capirci meglio.
Il test a cui mi sono sottoposto e che registra la mia malattia ha un' affidabilità del 99%. Inserisco questo dato in una "vera teoria scientifica", una teoria che contempla, tra le altre, anche questa ipotesi: l' 1% della popolazione è affetta dall' AIDS.
Di colpo mi accorgo che la probabilità che io abbia l' AIDS è "solo" del 9%! Questa sì è una conclusione scientifica, magari sballata (se la teoria è sballata) ma perlomeno frutto di una teoria.
Notata la leggera differenza tra 9% e 99%? Ebbene, è la differenza che rischia di sfuggire a chi confonde una "conclusione statistica" con una "conclusione scientifica".
Non scambiamo dunque la descrizione statistica (99% di affidabilità dell' affermazione "io ho l' AIDS") con la teoria sceintifica (9% di affidabilità dell' affermazione "io ho l' AIDS").
Entrambe le conclusioni sono corrette ma vanno valutate per quello che sono: una descrive cio' che osservo, l' altra teorizza complessivamente sulla realtà. Entrambe sono rilevanti e interagiscono tra loro restando pur sempre concetti ben differenziati. In altri termini, una teoria scientifica puo' subire importanti revisioni dopo alcuni rilievi statistici ma cio' non significa che la singola statistica si trasformi in "scienza".
Inutile aggiungere che se l' affermazione pastafariana ("pirateria ed effetto serra sono collegati") venisse inserita in una teoria scientifica minimamente credibile, la sua affidabilità collasserebbe praticamente a zero.
Nei modelli economici si postula l' agente razionale, eppure la psicologia sperimentale ci dice ogni giorno quanti e quali bias affliggano il povero decisore. Ma quando questi "difetti" statisticamente tanto appariscenti vengono inseriti nel modello diventano immediatamente trascurabili.
Una probabilità ci informa veramente quando viene fatta reagire con le altre e questo puo' realizzarsi solo se abbiamo una "teoria". In altri termini: quando si ha a che fare con l' incertezza solo l' impostazione bayesiana puo' dirsi razionale e quindi scientifica.
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causa e statistica
Con nemici così!
Vi ricordate il prof. Cipolla e le sue leggi sulla stupidità umana?
Stupido è colui che con la sua dabbenaggine riesce, diversamente dal bandito comune e dal masochista, a danneggiare tutti gli attori in gioco. Non è un' impresa così facile, eppure molti "geni" ci riescono.
Per chi è allergico alla teoria parolaia, urge un trasparente caso pratico in grado d' illuminare.
A caccia del "coglione" per antonomasia, mi sono rivolto d' istinto alla conaca politica che offre un vasto assortimento, ma mai caso fu tanto preclaro quanto quello dell' esimio fu-ministro Padoa-Schioppa quando ebbe a dire: "... le tasse sono bellissime..."
Da allora per la banda-Berlusconi non fu più necessario abbassare le tasse al fine di vincere le elezioni; bastò far capire che per loro "le tasse fanno schifo" badando bene a non muovere un dito. Incamerare il voto fu un gioco da ragazzi, poichè per l' elettore medio fu quasi impossibile a quel punto indirizzarlo altrove.
Il provvedimento non si rendeva più necessario e ad andarci di mezzo fu l' intero paese: Padoa Schioppa risultò essere non un Tafazzi qualsiasi ma una vera calamità per tutti. Non nego che lui alzò il martello avendo di mira solo i propri "coglioni" - pratica comune a sinistra -, sta di fatto che con la sua uscita sconsiderata pestò bruscamente sui "coglioni" dell' intera nazione assecondando la nozione cipollesca di "stupidità umana".
L' aneddotto mi serviva in realtà per strizzare al massimo la mia analisi degli ultimi 10 anni di politica italiana.
E' con felice stupore che, scrutando dall' altra parte della barricata, ritrovo molto di cio' che pensavo in una magistrale lettera aperta a Bersani inviata dal Prof. Bisin:
... qual è la vostra analisi degli ultimi 15 anni di politica in Italia? Io non l'ho sentita, o quantomeno non ho sentito nulla di coerente. Mi permetto di suggerirle io un'analisi, chiedendole di smentirla, di argomentare che ho torto. L'analisi è molto semplice, persino (volutamente) semplicistica: il centro sinistra in Italia ha sviluppato la reputazione di essere il partito delle tasse (la reputazione è peraltro ben riposta). La destra, di conseguenza, riesce ad ottenere il voto di coloro che pagano troppe tasse e di coloro che non le pagano per niente (cioé di tutti i cittadini per cui le tasse hanno un posto rilevante tra le motivazioni di voto), senza fare assolutamente nulla, semplicemente dichiarando che faranno di tutto per abbassarle. Lei dirà che voi le tasse le volete solo far pagare agli evasori. E lo dirà con quel tono poco originale, un po' triste addirittura, che aveva usato da Mentana. Come se fosse ovvio. E lo è ovvio, se non fosse che se gli evasori pagassero le tasse, e quelli che le pagano adesso continuassero a pagarle, il paese sarebbe enormemente più asfissiato di quanto già non sia. Le parlo anche da economista, mi permetta...
Vale davvero la pena di leggerla tutta.
Stupido è colui che con la sua dabbenaggine riesce, diversamente dal bandito comune e dal masochista, a danneggiare tutti gli attori in gioco. Non è un' impresa così facile, eppure molti "geni" ci riescono.
Per chi è allergico alla teoria parolaia, urge un trasparente caso pratico in grado d' illuminare.
A caccia del "coglione" per antonomasia, mi sono rivolto d' istinto alla conaca politica che offre un vasto assortimento, ma mai caso fu tanto preclaro quanto quello dell' esimio fu-ministro Padoa-Schioppa quando ebbe a dire: "... le tasse sono bellissime..."
Da allora per la banda-Berlusconi non fu più necessario abbassare le tasse al fine di vincere le elezioni; bastò far capire che per loro "le tasse fanno schifo" badando bene a non muovere un dito. Incamerare il voto fu un gioco da ragazzi, poichè per l' elettore medio fu quasi impossibile a quel punto indirizzarlo altrove.
Il provvedimento non si rendeva più necessario e ad andarci di mezzo fu l' intero paese: Padoa Schioppa risultò essere non un Tafazzi qualsiasi ma una vera calamità per tutti. Non nego che lui alzò il martello avendo di mira solo i propri "coglioni" - pratica comune a sinistra -, sta di fatto che con la sua uscita sconsiderata pestò bruscamente sui "coglioni" dell' intera nazione assecondando la nozione cipollesca di "stupidità umana".
L' aneddotto mi serviva in realtà per strizzare al massimo la mia analisi degli ultimi 10 anni di politica italiana.
E' con felice stupore che, scrutando dall' altra parte della barricata, ritrovo molto di cio' che pensavo in una magistrale lettera aperta a Bersani inviata dal Prof. Bisin:
... qual è la vostra analisi degli ultimi 15 anni di politica in Italia? Io non l'ho sentita, o quantomeno non ho sentito nulla di coerente. Mi permetto di suggerirle io un'analisi, chiedendole di smentirla, di argomentare che ho torto. L'analisi è molto semplice, persino (volutamente) semplicistica: il centro sinistra in Italia ha sviluppato la reputazione di essere il partito delle tasse (la reputazione è peraltro ben riposta). La destra, di conseguenza, riesce ad ottenere il voto di coloro che pagano troppe tasse e di coloro che non le pagano per niente (cioé di tutti i cittadini per cui le tasse hanno un posto rilevante tra le motivazioni di voto), senza fare assolutamente nulla, semplicemente dichiarando che faranno di tutto per abbassarle. Lei dirà che voi le tasse le volete solo far pagare agli evasori. E lo dirà con quel tono poco originale, un po' triste addirittura, che aveva usato da Mentana. Come se fosse ovvio. E lo è ovvio, se non fosse che se gli evasori pagassero le tasse, e quelli che le pagano adesso continuassero a pagarle, il paese sarebbe enormemente più asfissiato di quanto già non sia. Le parlo anche da economista, mi permetta...
Vale davvero la pena di leggerla tutta.
venerdì 5 marzo 2010
La vita è bella!
La vita è dura... ma vale la pena viverla.
Anche solo la gioventù (il periodo più terribile), vale sempre la pena di essere vissuto. La gioia di certe guance arrossate vale l' angoscia della precarietà sentimentale.
C' è solo una coppia di persone che non sottoscriverebbe: l' incoerente e chi sta approntando il proprio suicidio.
Se è così allora ogni vita, per quanto travagliata, apporta un saldo positivo di felicità.
Ne tengano conto gli economisti del benessere, per aumentare la felicità su questa terra possiamo incrementare la felicità delle vite esistenti oppure - in alternativa - incrementare il numero delle vite esistenti.
La cosa sconcertante è che la seconda via è molto più semplice da perseguire della prima!
Eppure per molti è una via logica ma "ripugnante".
Per altri ancora è avventato applicare le logiche utilitaristiche alla società umana: si applichino piuttosto agli animali, in modo da nobilitare la loro condizione e avvicinarla alla nostra.
Ma così facendo le conseguenze sconcertanti anzichè lasciarci raddoppiano: qual è infatti il primo motivo per cui la popolazione di vacche è tanto numerosa in rapporto a molte altre specie animali?
Indovina un po'... ma è ovvio, sono tante perchè l' uomo è carnivoro. E' la domanda di carne che spinge il numero, e il numero, secondo la logica di cui sopra, incrementa la felicità complessiva delle vacche.
E' sensato parlare di "felicità" quando l' oggetto di discussione sono... le "vacche"? Boh, di sicuro lo è di più per un animalista, quanto dico è dunque rivolto a lui in prima istanza.
Ma torniamo a noi e al nostro sconcerto: quanti più macellai, tanta più felicità per i macellati. Il vegetariano si trasforma nel nemico giurato della felicità bovina e la sua difesa etica si presenta ora molto problematica.
N.B. per togliersi dall' impiccio, il problema filosofico da risolvere non è semplicissimo e una mano è sempre benvenuta.
Anche solo la gioventù (il periodo più terribile), vale sempre la pena di essere vissuto. La gioia di certe guance arrossate vale l' angoscia della precarietà sentimentale.
C' è solo una coppia di persone che non sottoscriverebbe: l' incoerente e chi sta approntando il proprio suicidio.
Se è così allora ogni vita, per quanto travagliata, apporta un saldo positivo di felicità.
Ne tengano conto gli economisti del benessere, per aumentare la felicità su questa terra possiamo incrementare la felicità delle vite esistenti oppure - in alternativa - incrementare il numero delle vite esistenti.
La cosa sconcertante è che la seconda via è molto più semplice da perseguire della prima!
Eppure per molti è una via logica ma "ripugnante".
Per altri ancora è avventato applicare le logiche utilitaristiche alla società umana: si applichino piuttosto agli animali, in modo da nobilitare la loro condizione e avvicinarla alla nostra.
Ma così facendo le conseguenze sconcertanti anzichè lasciarci raddoppiano: qual è infatti il primo motivo per cui la popolazione di vacche è tanto numerosa in rapporto a molte altre specie animali?
Indovina un po'... ma è ovvio, sono tante perchè l' uomo è carnivoro. E' la domanda di carne che spinge il numero, e il numero, secondo la logica di cui sopra, incrementa la felicità complessiva delle vacche.
E' sensato parlare di "felicità" quando l' oggetto di discussione sono... le "vacche"? Boh, di sicuro lo è di più per un animalista, quanto dico è dunque rivolto a lui in prima istanza.
Ma torniamo a noi e al nostro sconcerto: quanti più macellai, tanta più felicità per i macellati. Il vegetariano si trasforma nel nemico giurato della felicità bovina e la sua difesa etica si presenta ora molto problematica.
N.B. per togliersi dall' impiccio, il problema filosofico da risolvere non è semplicissimo e una mano è sempre benvenuta.
giovedì 4 marzo 2010
Al di là di ogni ragionevole Ragione
All'art. 533 codice penale: «se l'imputato risulta colpevole del reato contestatogli, il giudice pronuncia sentenza di condanna auando la colpevolezza è provata al di là di ogni ragionevole dubbio. Con la sentenza il giudice applica la pena e le eventuali misure di sicurezza»
Non così per la giustizia civile, qui per la condanna basta la "preponderante evidenza": non è, dunque, necessario raggiungere la certezza "oltre ogni ragionevole dubbio", ma è sufficiente affidarsi alla regola "più probabile che non" (insomma più del 50%).
Motivi di scetticismo verso il principio garantista sono già emersi, ora vorrei solo segnalare la sua incoerenza.
Immaginiamo una società in cui la Giustizia sia retta, tra gli altri, anche da questi tre principi.
Principio prudenziale: per il quale si accoglie il dettato del nostro art. 533 codice penale.
Principio proporzionale: la pena è proporzionale all' offesa (esempio, l' assassinio è punito con la morte).
Principio libertario: le violazioni procedurali, diversamente da quelle sostanziali, sono punite in via amministrativa (multa, ammenda...).
Non mi sembrano ipotesi particolarmente forti. Adesso faccio un caso concreto e mostro come un sistema del genere sia insostenibile.
1. Giovanni ha assistito ad una scena terribile: la sua figlioletta stuprata e uccisa da Giulio. Tra i due non è mai corso buon sangue.
2. Ora Giulio è sotto processo e Giovanni testimonia contro di lui.
3. Nel processo vengono presentate una serie di prove a carico e a discarico dell' imputato.
4. Il giudice assolve Giulio applicando il primo principio: non è possibile provare la sua colpevolezza al di là di ogni ragionevole dubbio, per quanto l' evidenza a suo carico sia "preponderante".
5. Alla lettura della sentenza Giovanni si alza, estrae una pistola e stende Giulio.
6. Giovanni viene prontamente bloccato e consegnato alla Giustizia. Anzi, si consegna lui stesso considerato che basterà pagare una multa per tornare a casina.
Eh sì, non vedo alternative, infatti...
... 1) se Giulio non è un assassino, allora lo è Giovanni e... altro che multa; 2) se invece Giulio è un efferato assassino di minorenni, allora Giovanni - pur violando le procedure - nella sostanza si è limitato a fare giustizia e non puo' essere considerato a sua volta un assassino.
Chi giudica Giovanni, vincolato dalla sentenza emessa nel processo a Giulio, dovrà necessariamente scagionarlo limitandosi, al limite, ad infliggere un' ammenda.
Da notare che neanche se giudicassimo Giovanni adottando il criterio della "preponderante evidenza" potremmo mai condannarlo per assassinio, per quanto abbia ucciso un innocente!
Questa conclusione è decisamente insoddisfacente ma segue dall' applicazione dei tre principi cardine.
A quale principio rinunciare per ricondurre tutto al buon senso? Per un libertario la scelta è obbligata, rinuncerà al primo, quello che più rompe le balle, cosicchè il principio anti-garantista della "preponderante evidenza" troverà applicazione universale in un sistema coerente di regole.
link
N.B. ai sensibili faccio notare che l' ipotesi specifica della "pena di morte" non è un fattore necessario per costruire il paradosso. Se l' ho inserita nella storiella è solo per renderla più vivida.
Non così per la giustizia civile, qui per la condanna basta la "preponderante evidenza": non è, dunque, necessario raggiungere la certezza "oltre ogni ragionevole dubbio", ma è sufficiente affidarsi alla regola "più probabile che non" (insomma più del 50%).
Motivi di scetticismo verso il principio garantista sono già emersi, ora vorrei solo segnalare la sua incoerenza.
Immaginiamo una società in cui la Giustizia sia retta, tra gli altri, anche da questi tre principi.
Principio prudenziale: per il quale si accoglie il dettato del nostro art. 533 codice penale.
Principio proporzionale: la pena è proporzionale all' offesa (esempio, l' assassinio è punito con la morte).
Principio libertario: le violazioni procedurali, diversamente da quelle sostanziali, sono punite in via amministrativa (multa, ammenda...).
Non mi sembrano ipotesi particolarmente forti. Adesso faccio un caso concreto e mostro come un sistema del genere sia insostenibile.
1. Giovanni ha assistito ad una scena terribile: la sua figlioletta stuprata e uccisa da Giulio. Tra i due non è mai corso buon sangue.
2. Ora Giulio è sotto processo e Giovanni testimonia contro di lui.
3. Nel processo vengono presentate una serie di prove a carico e a discarico dell' imputato.
4. Il giudice assolve Giulio applicando il primo principio: non è possibile provare la sua colpevolezza al di là di ogni ragionevole dubbio, per quanto l' evidenza a suo carico sia "preponderante".
5. Alla lettura della sentenza Giovanni si alza, estrae una pistola e stende Giulio.
6. Giovanni viene prontamente bloccato e consegnato alla Giustizia. Anzi, si consegna lui stesso considerato che basterà pagare una multa per tornare a casina.
Eh sì, non vedo alternative, infatti...
... 1) se Giulio non è un assassino, allora lo è Giovanni e... altro che multa; 2) se invece Giulio è un efferato assassino di minorenni, allora Giovanni - pur violando le procedure - nella sostanza si è limitato a fare giustizia e non puo' essere considerato a sua volta un assassino.
Chi giudica Giovanni, vincolato dalla sentenza emessa nel processo a Giulio, dovrà necessariamente scagionarlo limitandosi, al limite, ad infliggere un' ammenda.
Da notare che neanche se giudicassimo Giovanni adottando il criterio della "preponderante evidenza" potremmo mai condannarlo per assassinio, per quanto abbia ucciso un innocente!
Questa conclusione è decisamente insoddisfacente ma segue dall' applicazione dei tre principi cardine.
A quale principio rinunciare per ricondurre tutto al buon senso? Per un libertario la scelta è obbligata, rinuncerà al primo, quello che più rompe le balle, cosicchè il principio anti-garantista della "preponderante evidenza" troverà applicazione universale in un sistema coerente di regole.
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N.B. ai sensibili faccio notare che l' ipotesi specifica della "pena di morte" non è un fattore necessario per costruire il paradosso. Se l' ho inserita nella storiella è solo per renderla più vivida.
Gli incontentabili
"... le musiche atonali e seriali sono ulteriori segnali della divisione del lavoro produttivo presente in tutte le società avanzate. Il mondo è divenuto così ricco e differenziato che alcuni compositori creano della musica che piaccia solo a persone con un senso molto particolare e raffinato. Un gruppo talmente sparuto ed elitario che prima non poteva essere "radunato" e soddisfatto senza costi iperbolici. Questo è il modo migliore di pensare a molte forme artistiche che magari detestate..."
Tyler Cowen
Tyler Cowen
martedì 2 marzo 2010
La strana coppia: il Pigro e il Ciarlatano
Sapevamo già che la schiatta degli intellettuali pencola vistosamente a "sinistra". Eccezion fatta per gli economisti.
[...Forse lo studio dell' economia è raccomandabile per avere cura e proteggere i valori della destra conservatrice e libertaria...].
In realtà per spiegare quanto sopra le teorie fioccano, non ci sono problemi.
Ma ora c' è di più.
A quanto pare i progressisti sono più intelligenti. Così come lo sono gli atei.
Dimenticavo, anche la fedeltà del marito è correttamente predetta dal suo QI.
A dirlo è Satoshi Kanazawa. Un' autorità nel campo. Con garanzie del genere a Maria Laura Rodotà sembra di sognare e corre a riprendere tutto sul Corriere.
Spiegazioni in merito?
Boh, forse la Tradizione è un ombrello sotto il quale credono di trovar protezione i meno dotati.
Direi comunque di non scervellarsi troppo poichè ci sarebbe una spiegazione ancora più semplice: gli studi "dell' Autorità" sono semplicemente inaffidabili.
Poichè la liquidazione è fatta, calcolatrice alla mano, da "compagni di cordata" empatici con l' "Autorità", vale proprio la pena di prenderla sul serio.
E dire che qualcuno se la prende quando s' imbatte in idee "corredate" da numeri! Vedo in questo atteggiamento la difesa preventiva del pigro.
Magari tutti i ciarlatani ricorressero a questo espediente! Con un po' di pazienza sarebbe facile smontare per benino le loro avventate conclusioni.
Forse questo genere di "ciarlatani" confida nel pigro, cerca di avvalersi della sua presenza per costruire un connubio parassitario.
Nel pigro abbonda l' insulto ma scarseggia l' impazienza. Il pigro corre a suonare la campana dell' allarme ma la sua è una campana fessa, fatta di risentimento e rancore. E' chiaro chi esce vincente dal confronto.
Si tratta però di una vittoria di Pirro se nei paraggi, lo speriamo vivamente, c' è invece un sereno "smontatore" che si è sottratto alle infuocate prediche del Pigro.
I veri ciarlatani purtroppo sanno bene che la via maestra è un' altra ed è lastricata di "paroloni", "vaghezza" e tanta "Storia".
Chi ha scelto la via dei numeri tace ora in silenzio (ha trovato un calcolatore paziente), ma chi ha scelto la via corretta dei "paroloni" puo' invece strombazzare impunito vita natural durante.
[...Forse lo studio dell' economia è raccomandabile per avere cura e proteggere i valori della destra conservatrice e libertaria...].
In realtà per spiegare quanto sopra le teorie fioccano, non ci sono problemi.
Ma ora c' è di più.
A quanto pare i progressisti sono più intelligenti. Così come lo sono gli atei.
Dimenticavo, anche la fedeltà del marito è correttamente predetta dal suo QI.
A dirlo è Satoshi Kanazawa. Un' autorità nel campo. Con garanzie del genere a Maria Laura Rodotà sembra di sognare e corre a riprendere tutto sul Corriere.
Spiegazioni in merito?
Boh, forse la Tradizione è un ombrello sotto il quale credono di trovar protezione i meno dotati.
Direi comunque di non scervellarsi troppo poichè ci sarebbe una spiegazione ancora più semplice: gli studi "dell' Autorità" sono semplicemente inaffidabili.
Poichè la liquidazione è fatta, calcolatrice alla mano, da "compagni di cordata" empatici con l' "Autorità", vale proprio la pena di prenderla sul serio.
E dire che qualcuno se la prende quando s' imbatte in idee "corredate" da numeri! Vedo in questo atteggiamento la difesa preventiva del pigro.
Magari tutti i ciarlatani ricorressero a questo espediente! Con un po' di pazienza sarebbe facile smontare per benino le loro avventate conclusioni.
Forse questo genere di "ciarlatani" confida nel pigro, cerca di avvalersi della sua presenza per costruire un connubio parassitario.
Nel pigro abbonda l' insulto ma scarseggia l' impazienza. Il pigro corre a suonare la campana dell' allarme ma la sua è una campana fessa, fatta di risentimento e rancore. E' chiaro chi esce vincente dal confronto.
Si tratta però di una vittoria di Pirro se nei paraggi, lo speriamo vivamente, c' è invece un sereno "smontatore" che si è sottratto alle infuocate prediche del Pigro.
I veri ciarlatani purtroppo sanno bene che la via maestra è un' altra ed è lastricata di "paroloni", "vaghezza" e tanta "Storia".
Chi ha scelto la via dei numeri tace ora in silenzio (ha trovato un calcolatore paziente), ma chi ha scelto la via corretta dei "paroloni" puo' invece strombazzare impunito vita natural durante.
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lunedì 1 marzo 2010
Checklist (reprise)
Le considerazioni sulla checklist hanno dato vita ad una ridda di puntualizzazioni. Non c' è accordo su cosa sia una verità relativa e secondo Davide la checklist non serve a nulla poichè sulle "verità assolute" non si discute e non si pensa.
Mi dissocio con veemenza da una simile visione che confonde il non-relativismo con l' infallibilismo. Cerco di facilitare la comprensione di cio' che intendo attraverso una storiella da sgranarsi in 10 punti:
1."X" e "Y" sono due verità, la prima di carattere assoluto, la seconda relativo.
2.Giovanni e Giacomo credono che sia X che Y siano verità assolute.
3.Giorgio la pensa come Giovanni e Giacomo. Diversamente da loro, però, si crede infallibile.
4.Giulio, un relativista, crede che entrambe le verità siano relative.
5.Un bel giorno diventa chiaro a tutti (il "come" è irrilevante) che "Y" ha una natura relativa.
6.Giovanni prende atto del suo errore: ora crede che Y sia una verità relativa e X una verità assoluta.
7.Giacomo prende atto del suo errore ed entra in crisi. Sfiduciato decide di diventare un relativista. Ora per lui tutte le verità sono relative, anche "X".
8. Giorgio, pur di non mettere in discussione la propria infallibilità, è costretto a vivere negando cio' che è evidente a tutti, e in fondo anche a lui.
9.Giulio si compiace di sé e spera che presto tutte le verità mostrino di essere relative.
10.Conclusione: ora solo Giovanni è nel giusto.
Se leggendo a mente sgombra la favoletta vi sembrerà semplice e comprensibile, allora probabilmente c' intenderemo. Se capite quanto è successo, ci sono le premesse per capirci anche tra noi. Se invece non capite un' acca, se vi apparirà come un ginepraio zeppo di sofismi, allora c' è qualcosa che non va e che dobbiamo chiarire.
Mi dissocio con veemenza da una simile visione che confonde il non-relativismo con l' infallibilismo. Cerco di facilitare la comprensione di cio' che intendo attraverso una storiella da sgranarsi in 10 punti:
1."X" e "Y" sono due verità, la prima di carattere assoluto, la seconda relativo.
2.Giovanni e Giacomo credono che sia X che Y siano verità assolute.
3.Giorgio la pensa come Giovanni e Giacomo. Diversamente da loro, però, si crede infallibile.
4.Giulio, un relativista, crede che entrambe le verità siano relative.
5.Un bel giorno diventa chiaro a tutti (il "come" è irrilevante) che "Y" ha una natura relativa.
6.Giovanni prende atto del suo errore: ora crede che Y sia una verità relativa e X una verità assoluta.
7.Giacomo prende atto del suo errore ed entra in crisi. Sfiduciato decide di diventare un relativista. Ora per lui tutte le verità sono relative, anche "X".
8. Giorgio, pur di non mettere in discussione la propria infallibilità, è costretto a vivere negando cio' che è evidente a tutti, e in fondo anche a lui.
9.Giulio si compiace di sé e spera che presto tutte le verità mostrino di essere relative.
10.Conclusione: ora solo Giovanni è nel giusto.
Se leggendo a mente sgombra la favoletta vi sembrerà semplice e comprensibile, allora probabilmente c' intenderemo. Se capite quanto è successo, ci sono le premesse per capirci anche tra noi. Se invece non capite un' acca, se vi apparirà come un ginepraio zeppo di sofismi, allora c' è qualcosa che non va e che dobbiamo chiarire.
sabato 27 febbraio 2010
Onitsuka Tiger e guance di riserva
Ogni volta che rivede Kill Bill la Sara va in visibilio, nei suo occhi compare la stessa spirale che si crea nell' occhio del leprotto anabagliato. Risuonano invano i richiami alla realtà (tipo il fischio della pentola a pressione).
Spenta la TV, come i bambini, corre ad indossare le amate Onitsuka Tiger gialle. Poi scalcia in tutte le direzioni senza costrutto emettendo strani gemiti. Io fungo da riluttante "sacco".
Sull' altro angolo del divano intanto la Cristina fa smorfie perplesse: il film non le piace. Esalta la vendetta e lei è per il perdono.
Anche Sara è, in teoria, per il perdono.
E pure io simpatizzo per il perdono per quanto, senza gli eccessi di cui sopra, gradisca il film.
In qualcuno di noi tre c' è qualcosa che non va.
Possiamo apprezzare un' opera d' arte che veicola valori in cui non crediamo e che, anzi, crediamo nocivi?
Sara: Sììììì!!!.
Cristina: No
Riccardo: No
Giù il cappello alla Cristina, ma che fortuna per la Sara: potrà godersi Madame Bovary, capolavoro di certo interdetto a Cristina.
E io? Come concilio il mio "godimento" con il "no"? Boh, forse Kill Bill non veicola affatto il valore della vendetta.
Sospendo la storiella su Kill Bill per una digressione più generale.
Capita tutti i giorni d' interpretare un' opera in modo difforme dall' autore. Veri capolavori sembrano uscire da menti che reputo perverse quando si cimentano nella decodificazione del reale quotidiano.
Spiegazione?
Forse il talento artistico è la capacità di traslare il reale in un' altra dimensione facendo appello ad un miracoloso principio di conservazione. Qualcosa di essenziale si mantiene.
Cio' spiegherebbe strani fenomeni: quanto più la traslazione è riuscita, tanto più il giudizio artistico è positivo senza riserve; tanto più la traslazione è riuscita, quanto più l' interpretazione dell' opera è divergente. Esattamente perchè lo era già quella primigenia avente per oggetto la realtà.
Ora concludo su Kill Bill.
Quando da piccolo giocavo a soldatini m' inventavo mille avventure e le simulavo con i miei eroini di plastica petroleosa.
Da grande non gioco più con i soldatini ma la passione si conserva sotto mentite spoglie. Si è solo trasformata assumendo le sembianze del collezionismo: cerco il pezzo pregiato, con l' anatomia curata, dipinto a mano, raro, costoso. Per quanto questa passione sia piuttosto necrofila, non dubito che siano in molti a capirmi.
Mi sa tanto che Tarantino gira i suoi film con la mentalità del collezionista: vuole prolungare con modalità "adulte" la piacevole compagnia di manufatti che tanto lo sedussero da spettatore imberbe (film di Kung-fu, poliziotteschi italiani...).
A Sara, molto più semplicemente, piace ancora "giocare" a soldatini, è immune dalla necrofilia collezionistica, a lei piace proprio identificarsi con dei pezzettini di plastica. Cio' fa sì che senta l' esigenza di giustificarsi avanzando quel suo scandaloso "sì".
Io posso permettermi un "no" visto che non sto affatto giocando a soldatini, che non sto affatto scegliendomi un eroe, procedura che ormai mi annoia profondamente. Sto solo apprezzando dei bei colori, delle belle musiche che esplodono al punto giustio... e l' igegnosità inattesa della mossa letale con cui Uma conficcherà il chiodo nel cranio del cattivone. Ingegnosità apprezzabile a prescindere dal possessore del cranio offeso.
Spenta la TV, come i bambini, corre ad indossare le amate Onitsuka Tiger gialle. Poi scalcia in tutte le direzioni senza costrutto emettendo strani gemiti. Io fungo da riluttante "sacco".
Sull' altro angolo del divano intanto la Cristina fa smorfie perplesse: il film non le piace. Esalta la vendetta e lei è per il perdono.
Anche Sara è, in teoria, per il perdono.
E pure io simpatizzo per il perdono per quanto, senza gli eccessi di cui sopra, gradisca il film.
In qualcuno di noi tre c' è qualcosa che non va.
Possiamo apprezzare un' opera d' arte che veicola valori in cui non crediamo e che, anzi, crediamo nocivi?
Sara: Sììììì!!!.
Cristina: No
Riccardo: No
Giù il cappello alla Cristina, ma che fortuna per la Sara: potrà godersi Madame Bovary, capolavoro di certo interdetto a Cristina.
E io? Come concilio il mio "godimento" con il "no"? Boh, forse Kill Bill non veicola affatto il valore della vendetta.
Sospendo la storiella su Kill Bill per una digressione più generale.
Capita tutti i giorni d' interpretare un' opera in modo difforme dall' autore. Veri capolavori sembrano uscire da menti che reputo perverse quando si cimentano nella decodificazione del reale quotidiano.
Spiegazione?
Forse il talento artistico è la capacità di traslare il reale in un' altra dimensione facendo appello ad un miracoloso principio di conservazione. Qualcosa di essenziale si mantiene.
Cio' spiegherebbe strani fenomeni: quanto più la traslazione è riuscita, tanto più il giudizio artistico è positivo senza riserve; tanto più la traslazione è riuscita, quanto più l' interpretazione dell' opera è divergente. Esattamente perchè lo era già quella primigenia avente per oggetto la realtà.
Ora concludo su Kill Bill.
Quando da piccolo giocavo a soldatini m' inventavo mille avventure e le simulavo con i miei eroini di plastica petroleosa.
Da grande non gioco più con i soldatini ma la passione si conserva sotto mentite spoglie. Si è solo trasformata assumendo le sembianze del collezionismo: cerco il pezzo pregiato, con l' anatomia curata, dipinto a mano, raro, costoso. Per quanto questa passione sia piuttosto necrofila, non dubito che siano in molti a capirmi.
Mi sa tanto che Tarantino gira i suoi film con la mentalità del collezionista: vuole prolungare con modalità "adulte" la piacevole compagnia di manufatti che tanto lo sedussero da spettatore imberbe (film di Kung-fu, poliziotteschi italiani...).
A Sara, molto più semplicemente, piace ancora "giocare" a soldatini, è immune dalla necrofilia collezionistica, a lei piace proprio identificarsi con dei pezzettini di plastica. Cio' fa sì che senta l' esigenza di giustificarsi avanzando quel suo scandaloso "sì".
Io posso permettermi un "no" visto che non sto affatto giocando a soldatini, che non sto affatto scegliendomi un eroe, procedura che ormai mi annoia profondamente. Sto solo apprezzando dei bei colori, delle belle musiche che esplodono al punto giustio... e l' igegnosità inattesa della mossa letale con cui Uma conficcherà il chiodo nel cranio del cattivone. Ingegnosità apprezzabile a prescindere dal possessore del cranio offeso.
venerdì 26 febbraio 2010
Dopo il "se", il "come"
Dovrebbe funzionare così:
Punto primo: decido in coscienza di agire e procedo.
Punto secondo: il mio cervello si appronta quindi per dare istruzioni alla "periferia".
Punto terzo: la periferia del mio corpo riceve l' odine e si mette in moto.
Punto quarto: l' azione è compiuta, l' ho voluta io e ne sono responsabile.
Poichè sono libero, le cose dovrebbero andare all' incirca come le ho descritte.
Purtroppo però le cose non stanno così.
Per averne contezza basta procurarsi un registratore con il microscopio, ascoltare e guardare. Ci si accorgerà che nei fatti il secondo punto precede il primo.
Io decido dunque quando il mio cervello è già in azione da mo' (ben 200 millesimi di secondo, un' eternità).
L' inconveniente non rimette in discussione il "se" sono libero, ma il "come" lo sono.
Sul "se" ognuno resta della sua idea. Ma sul "come" ora ne so di più.
So che la mia libertà opera in forma di veto. So che non dà inizio ad un' azione, si limita ad autorizzarla o ad inibirla.
Conseguenze per l' etica: è più appropriato che il comando etico si esprima nella forma del "non fare" piuttosto che nella forma del "fare". I divieti sono più consoni degli obblighi.
Pensiamoci due volte prima di stigmatizzare l' inazione. Pensiamoci tre volte prima di stigmatizzare l' omissione. Forse cio' non siamo responsabili di cio' che non abbiamo fatto.
E se non intervengo per salvare chi muore? Lasciate che trascuri questa domanda fastidiosa.
"Non rubare", "non uccidere"... sono i miei comandamenti preferiti. E adesso capisco meglio anche il perchè.
"Non fare agli altri cio' che non vuoi venga fatto a te stesso" mi è sempre suonato meglio rispetto al "fai agli altri cio' che vuoi...". E adesso capisco il perchè.
Qualcuno ci vede persino una giustificazione fisiologica del peccato originale.
La tentazione è propria di tutti, è propria anche del Santo. Ma molti rinvengono qualcosa di "peccaminoso" nell' indugiare sull' immaginazione tentatrice, eppure, per quanto detto, non possiamo definire tutto cio' "peccato". Definiamolo allora "peccato originale", un peccato che appartiene a tutti ma da cui siamo stati mondati.
Speculare sulle conseguenze etiche potrebbe apparire spericolato. Basterebbero quelle civili: tutto cio' che non è vietato è consentito. Un inizio promettente per la scarsa ambizione dei libertari.
Punto primo: decido in coscienza di agire e procedo.
Punto secondo: il mio cervello si appronta quindi per dare istruzioni alla "periferia".
Punto terzo: la periferia del mio corpo riceve l' odine e si mette in moto.
Punto quarto: l' azione è compiuta, l' ho voluta io e ne sono responsabile.
Poichè sono libero, le cose dovrebbero andare all' incirca come le ho descritte.
Purtroppo però le cose non stanno così.
Per averne contezza basta procurarsi un registratore con il microscopio, ascoltare e guardare. Ci si accorgerà che nei fatti il secondo punto precede il primo.
Io decido dunque quando il mio cervello è già in azione da mo' (ben 200 millesimi di secondo, un' eternità).
L' inconveniente non rimette in discussione il "se" sono libero, ma il "come" lo sono.
Sul "se" ognuno resta della sua idea. Ma sul "come" ora ne so di più.
So che la mia libertà opera in forma di veto. So che non dà inizio ad un' azione, si limita ad autorizzarla o ad inibirla.
Conseguenze per l' etica: è più appropriato che il comando etico si esprima nella forma del "non fare" piuttosto che nella forma del "fare". I divieti sono più consoni degli obblighi.
Pensiamoci due volte prima di stigmatizzare l' inazione. Pensiamoci tre volte prima di stigmatizzare l' omissione. Forse cio' non siamo responsabili di cio' che non abbiamo fatto.
E se non intervengo per salvare chi muore? Lasciate che trascuri questa domanda fastidiosa.
"Non rubare", "non uccidere"... sono i miei comandamenti preferiti. E adesso capisco meglio anche il perchè.
"Non fare agli altri cio' che non vuoi venga fatto a te stesso" mi è sempre suonato meglio rispetto al "fai agli altri cio' che vuoi...". E adesso capisco il perchè.
Qualcuno ci vede persino una giustificazione fisiologica del peccato originale.
La tentazione è propria di tutti, è propria anche del Santo. Ma molti rinvengono qualcosa di "peccaminoso" nell' indugiare sull' immaginazione tentatrice, eppure, per quanto detto, non possiamo definire tutto cio' "peccato". Definiamolo allora "peccato originale", un peccato che appartiene a tutti ma da cui siamo stati mondati.
Speculare sulle conseguenze etiche potrebbe apparire spericolato. Basterebbero quelle civili: tutto cio' che non è vietato è consentito. Un inizio promettente per la scarsa ambizione dei libertari.
In lode del microsuffragio
Sei un politico corrotto più volte pescato con le mani nella marmellata?
Rilassati, se ti sottoponi a libere elezioni hai buone possibilità di rinnovare le tue imprese.
Sei un politico onesto ed incapace? Rilassati due volte: la democrazia è il tuo paradiso e la rielezione quasi certa.
Se in giro per il mondo c' è una politica idiota (esempio: blocco totale della circolazione per combattere l' inquinamento) quasi certamente è adottata da un governo democraticamente eletto. Puoi giurarci.
D' altronde lo sappiamo tutti, la democrazia è qualcosa di pessimo, ma non troviamo niente di meglio.
Però ci sono due però: 1) ormai sappiamo a memoria perchè la democrazia è un sistema "pessimo" 2) ci sono un miliardo di varianti democratiche.
PUNTO UNO (diagnosi). Le democrazie non funzionano perchè gli elettori sono dei "pessimi" soggetti: quando non sono del tutto disinteressati, sono ignoranti; quando non sono del tutto ignoranti, sono ideologizzati.
Perlomeno non sono stupidi, poichè hanno un valido motivo per essere come sono: il voto di ogni singolo elettore vale meno di zero.
Ma perchè votano, allora? O per inerzia o perchè piace loro. Professare un' ideologia è piacevole oltrechè rassicurante. E il voto, essendo una scelta irresponsabile, è il momento ideale per la professione ideologica.
PUNTO DUE (terapia). Fare in modo che il voto conti. Per esempio facendo votare lo 0.001% della popolazione.
Restringete a piacimento fino ad ottenere il suffragio desiderato.
Diciamo che in Lombardia voterebbero 100 persone. Va bene?
Sarebbero scelte una settimana prima dello scrutinio in modo che su di loro sia impossibile esercitare pressioni serie.
Sarebbero scelte in modo casuale. Regola semplice, brogli ridotti. Il baro è sempre in cerca di regole, senza regole dietro cui nascondersi dispera.
Sarebbero scelte rispettando pochi vincoli di rappresentanza del corpo elettorale (sesso, età e...).
Sarebbero segregati in compagnia di esperti e candidati in una casa di vetro dando vita ad un Grande Fratello a reti unificate. E lì... incontri, dibattiti, conferenze a go go. Dopodichè, il voto.
Fine del discorso. Manca solo la domanda clou.
Perchè non si cambia se praticamente tutti gli esperti concordano nel ritenere che un sistema simile produrrebbe esiti migliori?
Boh, probabilmente, come per molte idiozie, bisognerebbe tirare fuori la questione dei "simboli". Proprio come per il "blocco totale del traffico".
link
Rilassati, se ti sottoponi a libere elezioni hai buone possibilità di rinnovare le tue imprese.
Sei un politico onesto ed incapace? Rilassati due volte: la democrazia è il tuo paradiso e la rielezione quasi certa.
Se in giro per il mondo c' è una politica idiota (esempio: blocco totale della circolazione per combattere l' inquinamento) quasi certamente è adottata da un governo democraticamente eletto. Puoi giurarci.
D' altronde lo sappiamo tutti, la democrazia è qualcosa di pessimo, ma non troviamo niente di meglio.
Però ci sono due però: 1) ormai sappiamo a memoria perchè la democrazia è un sistema "pessimo" 2) ci sono un miliardo di varianti democratiche.
PUNTO UNO (diagnosi). Le democrazie non funzionano perchè gli elettori sono dei "pessimi" soggetti: quando non sono del tutto disinteressati, sono ignoranti; quando non sono del tutto ignoranti, sono ideologizzati.
Perlomeno non sono stupidi, poichè hanno un valido motivo per essere come sono: il voto di ogni singolo elettore vale meno di zero.
Ma perchè votano, allora? O per inerzia o perchè piace loro. Professare un' ideologia è piacevole oltrechè rassicurante. E il voto, essendo una scelta irresponsabile, è il momento ideale per la professione ideologica.
PUNTO DUE (terapia). Fare in modo che il voto conti. Per esempio facendo votare lo 0.001% della popolazione.
Restringete a piacimento fino ad ottenere il suffragio desiderato.
Diciamo che in Lombardia voterebbero 100 persone. Va bene?
Sarebbero scelte una settimana prima dello scrutinio in modo che su di loro sia impossibile esercitare pressioni serie.
Sarebbero scelte in modo casuale. Regola semplice, brogli ridotti. Il baro è sempre in cerca di regole, senza regole dietro cui nascondersi dispera.
Sarebbero scelte rispettando pochi vincoli di rappresentanza del corpo elettorale (sesso, età e...).
Sarebbero segregati in compagnia di esperti e candidati in una casa di vetro dando vita ad un Grande Fratello a reti unificate. E lì... incontri, dibattiti, conferenze a go go. Dopodichè, il voto.
Fine del discorso. Manca solo la domanda clou.
Perchè non si cambia se praticamente tutti gli esperti concordano nel ritenere che un sistema simile produrrebbe esiti migliori?
Boh, probabilmente, come per molte idiozie, bisognerebbe tirare fuori la questione dei "simboli". Proprio come per il "blocco totale del traffico".
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giovedì 25 febbraio 2010
Principio di conservazione
Ogni volta che rivede Kill Bill la Sara va in visibilio, nei suo occhi compare la stessa spirale che si crea nell' occhio del leprotto anabagliato. Risuonano invano i richiami alla realtà (tipo il fischio della pentola a pressione).
Spenta la TV, come i bambini, corre ad indossare le amate Onitsuka Tiger gialle. Poi scalcia in tutte le direzioni senza costrutto emettendo strani gemiti. Io fungo da riluttante "sacco".
Sull' altro angolo del divano intanto la Cristina fa smorfie perplesse: il film non le piace. Esalta la vendetta e lei è per il perdono.
Anche Sara è, in teoria, per il perdono.
E pure io simpatizzo per il perdono per quanto, senza gli eccessi di cui sopra, gradisca il film.
In qualcuno di noi tre c' è qualcosa che non va.
Possiamo apprezzare un' opera d' arte che che veicola valori in cui non crediamo e che, anzi, crediamo nocivi?
Sara: Sììììì!!!.
Cristina: No
Riccardo: No
Giù il cappello alla Cristina, ma che fortuna per la Sara: potrà godersi Madame Bovary, capolavoro di certo interdetto a Cristina.
E io? Come concilio il mio "godimento" con il "no"? Boh, forse Kill Bill non veicola affatto il valore della vendetta.
Sospendo la storiella su Kill Bill per una digressione più generale.
Capita tutti i giorni d' interpretare un' opera in modo difforme dall' autore. Veri capolavori sembrano uscire da menti che reputo perverse quando si cimentano nella decodificazione del reale quotidiano.
Spiegazione?
Forse il talento artistico è la capacità di traslare il reale in un' altra dimensione facendo appello ad un miracoloso principio di conservazione. Qualcosa di essenziale si mantiene.
Cio' spiegherebbe strani fenomeni: quanto più la traslazione è riuscita, tanto più il giudizio artistico è positivo senza riserve; tanto più la traslazione è riuscita, quanto più l' interpretazione è divergente. Esattamente perchè lo era già quella primigenia avente per oggetto la realtà.
Ora concludo su Kill Bill.
Quando da piccolo giocavo a soldatini m' inventavo mille avventure e le simulavo con i miei eroini di plastica petroleosa.
Da grande non gioco più con i soldatini ma la passione è rimasta sotto mentite spoglie. Si è solo trasformata assumendo le sembianze del collezionismo: cerco il pezzo pregiato, con l' anatomia curata, dipinto a mano, raro, costoso. Per quanto questa passione sia piuttosto necrofila, non dubito che siano in molti a capirmi.
Mi sa tanto che Tarantino gira i suoi film con la mentalità del collezionista: vuole prolungare con modalità "adulte" la piacevole compagnia di manufatti che tanto lo sedussero da spettatore imberbe (film di Kung-fu, poliziotteschi italiani...).
A Sara, molto più semplicemente, piace ancora giocare a soldatini, piace identificarsi con dei pezzettini di plastica. Cio' fa sì che senta l' esigenza di giustificarsi avanzando quel suo scandaloso "sì".
Io posso permettermi un "no" visto che non sto affatto giocando a soldatini, che non sto affatto scegliendomi un eroe, procedura che ormai mi annoia profondamente. Sto solo apprezzando dei bei colori, delle belle musiche che esplodono al punto giustio... e l' igegnosità inattesa della mossa letale con cui Uma conficcherà il chiodo nel cranio del cattivone. Ingegnosità apprezzabile a prescindere dal possessore del cranio offeso.
Spenta la TV, come i bambini, corre ad indossare le amate Onitsuka Tiger gialle. Poi scalcia in tutte le direzioni senza costrutto emettendo strani gemiti. Io fungo da riluttante "sacco".
Sull' altro angolo del divano intanto la Cristina fa smorfie perplesse: il film non le piace. Esalta la vendetta e lei è per il perdono.
Anche Sara è, in teoria, per il perdono.
E pure io simpatizzo per il perdono per quanto, senza gli eccessi di cui sopra, gradisca il film.
In qualcuno di noi tre c' è qualcosa che non va.
Possiamo apprezzare un' opera d' arte che che veicola valori in cui non crediamo e che, anzi, crediamo nocivi?
Sara: Sììììì!!!.
Cristina: No
Riccardo: No
Giù il cappello alla Cristina, ma che fortuna per la Sara: potrà godersi Madame Bovary, capolavoro di certo interdetto a Cristina.
E io? Come concilio il mio "godimento" con il "no"? Boh, forse Kill Bill non veicola affatto il valore della vendetta.
Sospendo la storiella su Kill Bill per una digressione più generale.
Capita tutti i giorni d' interpretare un' opera in modo difforme dall' autore. Veri capolavori sembrano uscire da menti che reputo perverse quando si cimentano nella decodificazione del reale quotidiano.
Spiegazione?
Forse il talento artistico è la capacità di traslare il reale in un' altra dimensione facendo appello ad un miracoloso principio di conservazione. Qualcosa di essenziale si mantiene.
Cio' spiegherebbe strani fenomeni: quanto più la traslazione è riuscita, tanto più il giudizio artistico è positivo senza riserve; tanto più la traslazione è riuscita, quanto più l' interpretazione è divergente. Esattamente perchè lo era già quella primigenia avente per oggetto la realtà.
Ora concludo su Kill Bill.
Quando da piccolo giocavo a soldatini m' inventavo mille avventure e le simulavo con i miei eroini di plastica petroleosa.
Da grande non gioco più con i soldatini ma la passione è rimasta sotto mentite spoglie. Si è solo trasformata assumendo le sembianze del collezionismo: cerco il pezzo pregiato, con l' anatomia curata, dipinto a mano, raro, costoso. Per quanto questa passione sia piuttosto necrofila, non dubito che siano in molti a capirmi.
Mi sa tanto che Tarantino gira i suoi film con la mentalità del collezionista: vuole prolungare con modalità "adulte" la piacevole compagnia di manufatti che tanto lo sedussero da spettatore imberbe (film di Kung-fu, poliziotteschi italiani...).
A Sara, molto più semplicemente, piace ancora giocare a soldatini, piace identificarsi con dei pezzettini di plastica. Cio' fa sì che senta l' esigenza di giustificarsi avanzando quel suo scandaloso "sì".
Io posso permettermi un "no" visto che non sto affatto giocando a soldatini, che non sto affatto scegliendomi un eroe, procedura che ormai mi annoia profondamente. Sto solo apprezzando dei bei colori, delle belle musiche che esplodono al punto giustio... e l' igegnosità inattesa della mossa letale con cui Uma conficcherà il chiodo nel cranio del cattivone. Ingegnosità apprezzabile a prescindere dal possessore del cranio offeso.
mercoledì 24 febbraio 2010
CATTEDRALE DI PAROLE
*** Dirigere la vita dei potenti logora. Il dovere di "dettar legge ai re" è uno dei fardelli più gravosi. Anche le tempre più tenaci l' hanno fuggito. I contenuti di questi decreti divini sono abbastanza noti e non fanno problema. Il guaio è che poi bisogna saperli pronunciare e ci vuole qualcuno con spina dorsale rettilinea, facondia ipertrofica e voce sufficientemente stentorea. Ma chi puo' collocarsi nella giusta prospettiva per intonare ordini a queste svettanti aristocrazie, a questi animi più nobili del loro sangue, a questi spiriti magnanimi per cui è perduto tutto ciò che non donano? Sto parlando di Re luminosi come il Sole, si sarà capito. Non di detronizzati qualunque. Chi possiede un organo dalle canne abbastanza poderose per intimidire simili fierezze e ricondurle nell' alveo della Virtù non appena la tentazione inocula il suo lurido bacillo? E dopo questo cappello palloso è venuta l' ora di ammettere che uno ci fu. Si chiamava Jacques-Bénigne Bossuet. Ho festeggiato la settimana immergendomi nella pagina lussureggiante delle sue Orazioni Funebri. Questo novello Geremia dimostra fin da subito di avere il lamento adeguato all' alta calamità. Felici destinatarie le anime appena esalate di due Regine degne figlie di San Luigi. Sotto questo target non si scende. Il petulante ronzio della lugubre mosca atea è ghiacciato all' istante da un candido e purificante inverno che l' Abate fa scendere improvviso come una Pentecoste ammaestrandolo con il tuono del suo verbo insieme didattico, manierato e potente. Questo esperto stregone orchestra la stereofonica pagina accerchiando il lettore (allora l' astante) ed esponendolo a varie sonorità: dall' ottavino al basso tuba nulla manca; non pago lo lambisce con le stoffe più pregiate: dai velluti alle sete niente verrà dimenticato; poi si insinua con inebrienti essenze: erbacei, fruttati, legnosi ed altri ancora sempre più stordenti; infine si pavesa a festa con luci caleidoscopiche: sia il profano fuoco d' artificio che la pia vetrata della Pieve sono dominati con scioltezza. Meraviglia che tanta sensualità possa essere dispiegata perchè risuoni ancor più alta ed impellente l' intimazione ad abbandonare ogni concupiscenza terrena. Stupisce i più smaliziati che tanta anomala e debordante creatività sia incaricata di soffocare sul nascere ogni eresia che i tetri abissi indirizzino verso il sole con l' intento di oscurarlo... - [...ebbene sì, in quel tempo controriformista vigeva il privilegio di poter ancora essere considerati eretici...] - Ma si capisce subito che rilevando queste colossali antitesi entriamo diritti nel cuore palpitante dell' Abate. Tanto per dirne un' altra. Passò la vita ad ammonire il prossimo contro i vizi della vana pompa per meglio spingerlo ad aprire bocca solo con l' asciutto proposito di convertire. Convertire - convertire - convertire - ... E tutto cio' lo fece erigendo la più pleonastica e slanciata cattedrale di parole che mai abbia trovato ricetto sulla piattissima pagina.
Un posticino per il diavoletto
Se dico di sentirmi "libero" come una libellula c' è sempre qualcuno che s' inalbera.
Non ci credo! Ci credo io e cio' è sufficiente.
Ma la cosa non quadra dal punto di vista logico! Dici?
Come concili le tue libertà con le eventuali leggi deterministiche della fisica? Non sono mica un materialista.
Come concili la tua libertà con un mondo fisico a causalità chiusa? Calma, ascolta questa storiella e vedrai come fiorisce un bel bouquet di "io" tutti soli soletti e con tanto di libertà allegata.
Nessuna anomalia sperimentale!
Difficile pensare ad un' evoluzione scientifica nel campo della meccanica quantistica, molto più probabile un' evoluzione concettuale. L' ermeneutica sì che è una pentola che non smette mai di borbottare.
Se il mainstream è "Copenaghen" poi, poveri noi.
"Copenaghen" più che un' interpretazione è una rinuncia ad interpretare; più che un tentativo, una resa. Eddai, chi non vede l' ora di "mollare" Bhor e compagni per qualcosa di meglio?
Perchè allora non vedere la teoria come determinata: per desumere lo stato del mondo basta l' equazione di Schrödinger, ovvero una formula perfettamente determinata in assenza del "postulato osservativo".
DOMANDA: ma l' equazione di Schrödinger assume talvolta valori differenti e simultanei; eppure io non vedo certo davanti a me mondi differenti e simultanei!
RISPOSTA: perchè "io" ho una sola mente, gli altri mondi sono percepiti da altre menti che non sono più mie.
DOMANDA: Ma perchè "io" viaggio seguendo proprio quella traettoria di stati mentali e non un' altra tra le molte possibili?
RISPOSTA: E che ne so. Mistero.
Vogliamo mettercela qui la libertà? Vogliamo infilarlo qui un demonietto? Vogliamo usarlo per tappare questo gap?
Controintuitivo? Il mondo vi scappa via dalla testa? E cosa c' è più di intuitivo nella meccanica quantistica?
CHE BELLO: tutto è maledettamente coerente!
[... non viquadra qualcosa sul piano della fisica? Citofonare Hugh Everett...
non vi quadra qualcosa dal punto di vista filosofico? Citofonare David Chalmers...]
CHE STRANO: un posticino per la libertà ce lo trovo giusto se sono disposto ad interpretare come "determinata" la legge fisica "indeterminata" per eccellenza.
Non ci credo! Ci credo io e cio' è sufficiente.
Ma la cosa non quadra dal punto di vista logico! Dici?
Come concili le tue libertà con le eventuali leggi deterministiche della fisica? Non sono mica un materialista.
Come concili la tua libertà con un mondo fisico a causalità chiusa? Calma, ascolta questa storiella e vedrai come fiorisce un bel bouquet di "io" tutti soli soletti e con tanto di libertà allegata.
Nessuna anomalia sperimentale!
Difficile pensare ad un' evoluzione scientifica nel campo della meccanica quantistica, molto più probabile un' evoluzione concettuale. L' ermeneutica sì che è una pentola che non smette mai di borbottare.
Se il mainstream è "Copenaghen" poi, poveri noi.
"Copenaghen" più che un' interpretazione è una rinuncia ad interpretare; più che un tentativo, una resa. Eddai, chi non vede l' ora di "mollare" Bhor e compagni per qualcosa di meglio?
Perchè allora non vedere la teoria come determinata: per desumere lo stato del mondo basta l' equazione di Schrödinger, ovvero una formula perfettamente determinata in assenza del "postulato osservativo".
DOMANDA: ma l' equazione di Schrödinger assume talvolta valori differenti e simultanei; eppure io non vedo certo davanti a me mondi differenti e simultanei!
RISPOSTA: perchè "io" ho una sola mente, gli altri mondi sono percepiti da altre menti che non sono più mie.
DOMANDA: Ma perchè "io" viaggio seguendo proprio quella traettoria di stati mentali e non un' altra tra le molte possibili?
RISPOSTA: E che ne so. Mistero.
Vogliamo mettercela qui la libertà? Vogliamo infilarlo qui un demonietto? Vogliamo usarlo per tappare questo gap?
Controintuitivo? Il mondo vi scappa via dalla testa? E cosa c' è più di intuitivo nella meccanica quantistica?
... altre panchine controintuitive...
CHE BELLO: tutto è maledettamente coerente!
[... non viquadra qualcosa sul piano della fisica? Citofonare Hugh Everett...
non vi quadra qualcosa dal punto di vista filosofico? Citofonare David Chalmers...]
CHE STRANO: un posticino per la libertà ce lo trovo giusto se sono disposto ad interpretare come "determinata" la legge fisica "indeterminata" per eccellenza.
venerdì 19 febbraio 2010
Zefiro torna
Odore di primavera, odore di fisco. Zefiro torna, e così pure la stagione delle dichiarazioni. L' inesorabile ragnessa ricomincia a tessere la sua tela...
... E noi ci rimettiamo alla ricerca del Santo Graal. Ovvero dell' imposta equa. Ma puo' mai esistere?
Per qualcuno - tipo io - non esiste: poichè implica attività estorsiva, nessuna imposta potrà mai essere qualificata come "equa".
Ma anche lasciando perdere queste posizioni originali non pensiate che le cose filino liscie. Al confronto la ricerca del Santo Graal è una passeggiata de salute.
Tanto per capirsi:
IMPOSTA PATRIMONIALE: ti sembra giusto accanirsi con chi ha speso i propri soldi comprandosi la casa anzichè la barca?
IMPOSTA DI SUCCESSIONE: ti sembra giusto infierire su chi lascia qualcosa ai figli anzichè scialacquare?
IMPOSTA SUI CONSUMI: sarebbe come sparare sulla croce rossa visto che i poveri (percentualmente) consumano più dei ricchi.
IMPOSTA SUL REDDITO: colpisce i frutti del risparmio (interessi) e non quelli del consumo (godimento). Sono così antipatici i risparmiatori?
IMPOSTA SULLA STATURA:... e Berlusconi?
L' arguto lettore ha già capito tutto: laddove l' imposta non sia palesemente iniqua, finisce per colpire senza giustificazione una scelta risparmiando quella complementare.
Ma non basta: l' imposta che colpisce un "comportamento" è anche inefficiente poichè, oltre a distorcere la geografia delle scelte, disincentiva proprio quel comportamento.
Prima di gettare la spugna guardiamo all' imposta sulla statura: 1) non colpisce le scelte 2) non è palesempente iniqua.
1) è chiaro ma 2)? Semplice, la statura del contribuente è strettamente correlata al reddito. Magari la nostra società avvantaggia le persone alte.
Abbiamo forse intuito il solco nel quale muoversi, e proprio in quel solco imposto il mio 1-2 da KO:
1. tassare l' IQ del contribuente;
2. costruire un ambiente che premi le persone con IQ elevati.
Il punto due è auspicabile da tutti poichè parliamo di una società affluente, innovativa e meritocratica. In teoria è anche facile da realizzare: basta esaltare ovunque i meccanismi di mercato e la competizione.
Il punto uno, se non è il Santo Graal, è perlomeno l' Uovo di Colombo: una tassa giusta che non tange le scelte dei contribuenti.
... E noi ci rimettiamo alla ricerca del Santo Graal. Ovvero dell' imposta equa. Ma puo' mai esistere?
Per qualcuno - tipo io - non esiste: poichè implica attività estorsiva, nessuna imposta potrà mai essere qualificata come "equa".
Ma anche lasciando perdere queste posizioni originali non pensiate che le cose filino liscie. Al confronto la ricerca del Santo Graal è una passeggiata de salute.
Tanto per capirsi:
IMPOSTA PATRIMONIALE: ti sembra giusto accanirsi con chi ha speso i propri soldi comprandosi la casa anzichè la barca?
IMPOSTA DI SUCCESSIONE: ti sembra giusto infierire su chi lascia qualcosa ai figli anzichè scialacquare?
IMPOSTA SUI CONSUMI: sarebbe come sparare sulla croce rossa visto che i poveri (percentualmente) consumano più dei ricchi.
IMPOSTA SUL REDDITO: colpisce i frutti del risparmio (interessi) e non quelli del consumo (godimento). Sono così antipatici i risparmiatori?
IMPOSTA SULLA STATURA:... e Berlusconi?
L' arguto lettore ha già capito tutto: laddove l' imposta non sia palesemente iniqua, finisce per colpire senza giustificazione una scelta risparmiando quella complementare.
Ma non basta: l' imposta che colpisce un "comportamento" è anche inefficiente poichè, oltre a distorcere la geografia delle scelte, disincentiva proprio quel comportamento.
Prima di gettare la spugna guardiamo all' imposta sulla statura: 1) non colpisce le scelte 2) non è palesempente iniqua.
1) è chiaro ma 2)? Semplice, la statura del contribuente è strettamente correlata al reddito. Magari la nostra società avvantaggia le persone alte.
Abbiamo forse intuito il solco nel quale muoversi, e proprio in quel solco imposto il mio 1-2 da KO:
1. tassare l' IQ del contribuente;
2. costruire un ambiente che premi le persone con IQ elevati.
Il punto due è auspicabile da tutti poichè parliamo di una società affluente, innovativa e meritocratica. In teoria è anche facile da realizzare: basta esaltare ovunque i meccanismi di mercato e la competizione.
Il punto uno, se non è il Santo Graal, è perlomeno l' Uovo di Colombo: una tassa giusta che non tange le scelte dei contribuenti.
mercoledì 17 febbraio 2010
La domanda di Nozick
A volte si identifica la Schiavitù con un certo genere di indigenza non meglio precisato.
Ovvero: quel "genere di indigenza" non costituirebbe un effetto probabile dell' essere schiavi, bensì la natura stessa di quella condizione.
Se fosse così per essere schiavi basterebbe essere affetti da quel particolare tipo di miseria materiale. Forse non necessiterebbe neanche più che esista un "padrone".
Peccato che percorrendo quella via s' incorra in continui paradossi che rendono la condizione di "schiavo" appetibile rispetto, per esempio, a quella di chi versa in condizioni ancora peggiori.
Per metterci una pezza potremmo dire che la miseria dello schiavo non ha eguali. Che è il più basso tra i gironi infernali. Ma ecco che subito nuovi inconvenienti ci incalzano.
Se fosse così infatti, parlando degli Stati Uniti pre guerra di secessione, dovremmo considerare schiavi parecchi bianchi "liberi" del nord e considerare uomini liberi parecchi neri "schiavi" del sud. Sappiamo bene infatti come il tenore di vita di questi ultimi fosse più alto.
A questo punto che fare? Così non si puo' andare avanti.
Probabilmente il difetto sta nel manico, il fioccare dei paradossi indica solo l' inadeguatezza della definizione implicitamente adottata.
Ma perchè nonostante i continui "segnali" molti insistono nel percorrere quello che sembra essere decisamente un vicolo cieco? Perchè non si rassegnano al semplice fatto che la schiavitù, per sua natura, non puo' emergere da un accordo?
Probabilmente perchè cambiare significa fare i conti con cio' che è noto come la "domanda di Nozick".
Ecco la storiella da cui origina la domanda, la divido in nove punti.
(1) C’è uno schiavo, completamente alla mercé dei voleri del suo padrone. Viene spesso maltrattato, fatto lavorare agli orari più improbabile, malnutrito.
(2) Il padrone diventa un po’ più gentile e picchia lo schiavo soltanto quando non rispetta ripetutamente le sue istruzioni. Comincia a concedergli un po’ di tempo libero.
(3) Il padrone comincia ad avere non uno ma un gruppo di schiavi, e comincia a dividere un minimo di cose fra di loro, tenendo conto dei loro bisogni e prendendo atto dei loro meriti e della loro fatica.
(4) Il padrone consente ai suoi schiavi di lavorare quattro giorni per sé, e chiede loro di faticare sui suoi possedimenti solo per tre giorni a settimana. Il resto del tempo è tutto loro.
(5) Il padrone concede ai suoi schiavi di lasciare la sua casa e di andare a lavorare dove desiderino, per ottenere un salario. Chiede loro soltanto che gli rendano 3/7 dei loro guadagni. Mantiene inoltre il potere di richiamarli alla piantagione per delle emergenze, di proibire loro attività che possano mettere in pericolo il suo ritorno finanziario sul capitale investito (non possono fare fumare, consumare droghe, bere stando alla guida, andare in moto senza casco), e di aumentare o diminuire la quota di reddito che gli preleva.
(6) Il padrone consente a 10.000 suoi schiavi, cioè tutti eccetto te, di votare, e loro possono decidere assieme qual è la porzione di reddito (loro e tuo) alla quale rinunciare, e che uso ne viene fatto.
(7) Nonostante tu non abbia ancora il diritto di voto, hai il diritto di discutere con gli altri 10.000, per persuaderli circa l’uso migliore che sia possibile fare delle risorse "comuni".
(8) Avendo apprezzato il tuo utile contributo, i 10.000 ti consentono di votare quando vi sia un pareggio nelle votazione.
(9) I 10.000 accettano che tu voti con loro. Quando vi sarà una situazione di parità fra gli altri votanti, il tuo voto sarà decisivo. Altrimenti, no.
Ed ecco la domanda: quando nelle nove scene, questa ha smesso di essere la storia di uno schiavo?
Forse mai, forse è solo una storia di "padroni benevoli", forse è una parafrasi dello Zio Tom... ma solo chi è disposto a pensarlo è sulla buona strada per aggirare le incongruenze che ci incagliavano in partenza. Gli altri, coloro che non "osano" pensare ad una simile risposta, ci restano invischiati senza speranza.
Ovvero: quel "genere di indigenza" non costituirebbe un effetto probabile dell' essere schiavi, bensì la natura stessa di quella condizione.
Se fosse così per essere schiavi basterebbe essere affetti da quel particolare tipo di miseria materiale. Forse non necessiterebbe neanche più che esista un "padrone".
Peccato che percorrendo quella via s' incorra in continui paradossi che rendono la condizione di "schiavo" appetibile rispetto, per esempio, a quella di chi versa in condizioni ancora peggiori.
Per metterci una pezza potremmo dire che la miseria dello schiavo non ha eguali. Che è il più basso tra i gironi infernali. Ma ecco che subito nuovi inconvenienti ci incalzano.
Se fosse così infatti, parlando degli Stati Uniti pre guerra di secessione, dovremmo considerare schiavi parecchi bianchi "liberi" del nord e considerare uomini liberi parecchi neri "schiavi" del sud. Sappiamo bene infatti come il tenore di vita di questi ultimi fosse più alto.
A questo punto che fare? Così non si puo' andare avanti.
Probabilmente il difetto sta nel manico, il fioccare dei paradossi indica solo l' inadeguatezza della definizione implicitamente adottata.
Ma perchè nonostante i continui "segnali" molti insistono nel percorrere quello che sembra essere decisamente un vicolo cieco? Perchè non si rassegnano al semplice fatto che la schiavitù, per sua natura, non puo' emergere da un accordo?
Probabilmente perchè cambiare significa fare i conti con cio' che è noto come la "domanda di Nozick".
Ecco la storiella da cui origina la domanda, la divido in nove punti.
(1) C’è uno schiavo, completamente alla mercé dei voleri del suo padrone. Viene spesso maltrattato, fatto lavorare agli orari più improbabile, malnutrito.
(2) Il padrone diventa un po’ più gentile e picchia lo schiavo soltanto quando non rispetta ripetutamente le sue istruzioni. Comincia a concedergli un po’ di tempo libero.
(3) Il padrone comincia ad avere non uno ma un gruppo di schiavi, e comincia a dividere un minimo di cose fra di loro, tenendo conto dei loro bisogni e prendendo atto dei loro meriti e della loro fatica.
(4) Il padrone consente ai suoi schiavi di lavorare quattro giorni per sé, e chiede loro di faticare sui suoi possedimenti solo per tre giorni a settimana. Il resto del tempo è tutto loro.
(5) Il padrone concede ai suoi schiavi di lasciare la sua casa e di andare a lavorare dove desiderino, per ottenere un salario. Chiede loro soltanto che gli rendano 3/7 dei loro guadagni. Mantiene inoltre il potere di richiamarli alla piantagione per delle emergenze, di proibire loro attività che possano mettere in pericolo il suo ritorno finanziario sul capitale investito (non possono fare fumare, consumare droghe, bere stando alla guida, andare in moto senza casco), e di aumentare o diminuire la quota di reddito che gli preleva.
(6) Il padrone consente a 10.000 suoi schiavi, cioè tutti eccetto te, di votare, e loro possono decidere assieme qual è la porzione di reddito (loro e tuo) alla quale rinunciare, e che uso ne viene fatto.
(7) Nonostante tu non abbia ancora il diritto di voto, hai il diritto di discutere con gli altri 10.000, per persuaderli circa l’uso migliore che sia possibile fare delle risorse "comuni".
(8) Avendo apprezzato il tuo utile contributo, i 10.000 ti consentono di votare quando vi sia un pareggio nelle votazione.
(9) I 10.000 accettano che tu voti con loro. Quando vi sarà una situazione di parità fra gli altri votanti, il tuo voto sarà decisivo. Altrimenti, no.
Ed ecco la domanda: quando nelle nove scene, questa ha smesso di essere la storia di uno schiavo?
Forse mai, forse è solo una storia di "padroni benevoli", forse è una parafrasi dello Zio Tom... ma solo chi è disposto a pensarlo è sulla buona strada per aggirare le incongruenze che ci incagliavano in partenza. Gli altri, coloro che non "osano" pensare ad una simile risposta, ci restano invischiati senza speranza.
Una possibilità per l' altruismo
ULISSE. Sappiamo come andarono le cose: Ulisse desiderava tornare in Patria ma si sentiva minacciato dalle Sirene, sapeva che il loro canto lo avrebbe soggiogato. Decise quindi di legarsi all' albero maestro e disse ai suoi compagni di cessare ogni ubbedienza.
GIOVANNI. Prorpio la sera prima di un esame decisivo danno una festa che Giovanni desidera non perdere. Sa anche però che rimpiangerà questo lusso che intende concedersi. Decide quindi di stare a casa a studiare.
Ulisse e Giovanni tengono un comportamento opposto: il primo decide in conformità al suo desiderio presente, il secondo decide in base al suo desiderio futuro.
Cio' dimostrerebbe che non è solo il desiderio a motivarci.
E' importante?
Sì, poichè viene revocata una tesi di Hume il quale, da buon scettico, ci voleva tutti egoisti. Secondo lui anche chi si sacrificava per gli altri in realtà si limitava a coltivare i propri interessi: solo il desiderio motiva.
Corollario: si puo' predicare bene e razzolare male nella massima sincerità e trasparenza.
GIOVANNI. Prorpio la sera prima di un esame decisivo danno una festa che Giovanni desidera non perdere. Sa anche però che rimpiangerà questo lusso che intende concedersi. Decide quindi di stare a casa a studiare.
Ulisse e Giovanni tengono un comportamento opposto: il primo decide in conformità al suo desiderio presente, il secondo decide in base al suo desiderio futuro.
Cio' dimostrerebbe che non è solo il desiderio a motivarci.
E' importante?
Sì, poichè viene revocata una tesi di Hume il quale, da buon scettico, ci voleva tutti egoisti. Secondo lui anche chi si sacrificava per gli altri in realtà si limitava a coltivare i propri interessi: solo il desiderio motiva.
Corollario: si puo' predicare bene e razzolare male nella massima sincerità e trasparenza.
Ricicloni
I Durutti Column riciclano Marvin Gaye per la loro musica
Sayakaganz ricicla tutto per le sue sculture
Sayakaganz ricicla tutto per le sue sculture
martedì 16 febbraio 2010
Checklist
Per cambiare idea bisogna riconoscere i propri errori. Per riconoscere i propri errori bisogna sapere quali potrebbero essere. Per sapere quali potrebbero essere è sempre utile avere sottomano una lista. Eccone allora una:
1. Bias. Discutendo dell' esistenza di Dio ti accorgi che molti "desiderano" giungere ad una conclusione positiva (altri negativa). Quando nel ricercare la verità sei animato da desideri che non siano la ricerca della verità è molto facile incorrere nel bias emotivo.
2. Miscalculation. Se nella divisione sbaglio il riporto, potrò anche essere intelligente, potrò anche essere razionale... e tuttavia ho commesso un errore.
3. Confusion. Considero gran parte dei miei valori morali come relativi. Basta questo semplice fatto perchè qualcuno mi consideri un "relativista". Ma cio' deriva solo dalla confusione che si fa con il concetto di "relativismo etico".
4. Misunderstanding. C' è chi vede nell' esistenza in natura di fenomeni caotici uno spiraglio per il libero arbitrio. Ma cio' deriva da un' incomprensione del concetto di Caos (e spesso anche del concetto di libero arbitrio).
5. Oversight. Quando mi chiedono se due oggetti possono occupare lo stesso spazio rispondo di "no". Poi mi fanno notare che il mio corpo e la mia mano occupano lo stesso spazio. Ah, la fretta.
6. Selective attention. Molti giudicano in base alla propria esperienza, è naturale che incorrano spesso in errori.
7. Incomplete information. Ci si schiera contro il porto d' armi. Ma si conoscono gli effetti della detenzione di armi? Ci si schiera contro la pena di morte? Ma si conoscono gli effetti dell' abolizione? Vai a vedere e la risposta è quasi sempre un bel "no".
8. Unarticolated assumption. Un classico discutendo dell' aborto: mentre A discute del peccato, B discute del reato. Possono andare avanti per ore senza chiarire l' assunto. Poi si chiarisce, poi l' equivoco torna.
9. Stubborness. Come è difficile fare marcia indietro. Ma non vale solo per il singolo. A volte una credenza viene trascurata per il semplice fatto di essere antiquata.
10. Fallacies. Sofismi.
11. Forgetfulness. Mario e Maria si amano e vogliono amarsi completamente. Sono però fratello e sorella e, sapendo dei rischi genetici, decidono di vivere il loro amore senza procreare. La condanna etica dell' incesto è comunque immediata. Ci hanno tolto di mezzo l' argomento genetico ma noi insistiamo nella condanna quand' anche brancoliamo nel buio circa le motivazioni. Forse ce le siamo dimenticate.
12. Intrinsec difficulty. Perchè se l' Inghilterra produce un vino di qualità superiore e di costo inferiore a quello che produce il Portogallo, è razionale invece che lo importi proprio dal Portogallo? Alcune soluzioni non sono immediate e si puo' inciampare.
13. Inarticulate evidence. Se dicono che il mio parroco è un pedofilo non ci credo, lo conosco da una vita. Non so dire perchè ma non ci credo.
14. Mental defect. Ci sono anche i ritardi mentali. Uno schizo-paranoico puo' ragionare anche bene in diversi ambiti ma molto spesso è difficile venire a capo di qualcosa con lui.
La capacità di correggersi è una grande dote ma c' è chi trova umiliante fare marcia indietro dopo aver dato il grande annuncio. Una volta suonata la tromba ci si attacca con le unghie a quella melodia fino a farne un feticcio. Sia chiaro, non intendo tirarmi fuori dalla cerchia. Giova allora avere una check list da spuntare prima.
La check list viene buona spesso e alla fine quasi tutti i disaccordi possono essere "ridotti". Volete un esempio imediato?
Ricordo che nel forum di Fahrenheit si è fatto un gran parlare delle verità "non negoziabili". Molti ritenevano inaccettabile la presenza di concetti del genere ma io penso che ci fosse un equivoco di fondo (errore 3).
La verità "non negoziabile" è una verità che non necessita di tanti ragionamenti per essere affermata. Ma non è certo una verità sulla quale non si possa ragionare.
Ci posso ragionare eccome: posso per esempio verificare se nell' asserirla io sia scevro dagli errori di cui sopra.
Una volta scoperto il mio errore sono in tutto e per tutto autorizzato ad abbandonare anche quella che avevo chiamato una verità "non negiziabile" (o verità assoluta).
1. Bias. Discutendo dell' esistenza di Dio ti accorgi che molti "desiderano" giungere ad una conclusione positiva (altri negativa). Quando nel ricercare la verità sei animato da desideri che non siano la ricerca della verità è molto facile incorrere nel bias emotivo.
2. Miscalculation. Se nella divisione sbaglio il riporto, potrò anche essere intelligente, potrò anche essere razionale... e tuttavia ho commesso un errore.
3. Confusion. Considero gran parte dei miei valori morali come relativi. Basta questo semplice fatto perchè qualcuno mi consideri un "relativista". Ma cio' deriva solo dalla confusione che si fa con il concetto di "relativismo etico".
4. Misunderstanding. C' è chi vede nell' esistenza in natura di fenomeni caotici uno spiraglio per il libero arbitrio. Ma cio' deriva da un' incomprensione del concetto di Caos (e spesso anche del concetto di libero arbitrio).
5. Oversight. Quando mi chiedono se due oggetti possono occupare lo stesso spazio rispondo di "no". Poi mi fanno notare che il mio corpo e la mia mano occupano lo stesso spazio. Ah, la fretta.
6. Selective attention. Molti giudicano in base alla propria esperienza, è naturale che incorrano spesso in errori.
7. Incomplete information. Ci si schiera contro il porto d' armi. Ma si conoscono gli effetti della detenzione di armi? Ci si schiera contro la pena di morte? Ma si conoscono gli effetti dell' abolizione? Vai a vedere e la risposta è quasi sempre un bel "no".
8. Unarticolated assumption. Un classico discutendo dell' aborto: mentre A discute del peccato, B discute del reato. Possono andare avanti per ore senza chiarire l' assunto. Poi si chiarisce, poi l' equivoco torna.
9. Stubborness. Come è difficile fare marcia indietro. Ma non vale solo per il singolo. A volte una credenza viene trascurata per il semplice fatto di essere antiquata.
10. Fallacies. Sofismi.
11. Forgetfulness. Mario e Maria si amano e vogliono amarsi completamente. Sono però fratello e sorella e, sapendo dei rischi genetici, decidono di vivere il loro amore senza procreare. La condanna etica dell' incesto è comunque immediata. Ci hanno tolto di mezzo l' argomento genetico ma noi insistiamo nella condanna quand' anche brancoliamo nel buio circa le motivazioni. Forse ce le siamo dimenticate.
12. Intrinsec difficulty. Perchè se l' Inghilterra produce un vino di qualità superiore e di costo inferiore a quello che produce il Portogallo, è razionale invece che lo importi proprio dal Portogallo? Alcune soluzioni non sono immediate e si puo' inciampare.
13. Inarticulate evidence. Se dicono che il mio parroco è un pedofilo non ci credo, lo conosco da una vita. Non so dire perchè ma non ci credo.
14. Mental defect. Ci sono anche i ritardi mentali. Uno schizo-paranoico puo' ragionare anche bene in diversi ambiti ma molto spesso è difficile venire a capo di qualcosa con lui.
La capacità di correggersi è una grande dote ma c' è chi trova umiliante fare marcia indietro dopo aver dato il grande annuncio. Una volta suonata la tromba ci si attacca con le unghie a quella melodia fino a farne un feticcio. Sia chiaro, non intendo tirarmi fuori dalla cerchia. Giova allora avere una check list da spuntare prima.
La check list viene buona spesso e alla fine quasi tutti i disaccordi possono essere "ridotti". Volete un esempio imediato?
Ricordo che nel forum di Fahrenheit si è fatto un gran parlare delle verità "non negoziabili". Molti ritenevano inaccettabile la presenza di concetti del genere ma io penso che ci fosse un equivoco di fondo (errore 3).
La verità "non negoziabile" è una verità che non necessita di tanti ragionamenti per essere affermata. Ma non è certo una verità sulla quale non si possa ragionare.
Ci posso ragionare eccome: posso per esempio verificare se nell' asserirla io sia scevro dagli errori di cui sopra.
Una volta scoperto il mio errore sono in tutto e per tutto autorizzato ad abbandonare anche quella che avevo chiamato una verità "non negiziabile" (o verità assoluta).
lunedì 15 febbraio 2010
Il buio nella mente
Mi hanno sempre fatto paura i film dove il protagonista rivela una doppia personalità.
Nei film del maestro tutto cio' è presente al massimo grado.
La cosa stupefacente è che noi assistiamo alla terribile metamorfosi. Dura all' incirca l' intero film.
La cosa destabilizzante è che tutto resta incredibilmente realistico e credibile.
Quasi come se Rossellini narrasse una novella di Stevenson.
Bello il personaggio di Sophie. Bella quella vita fotografata nel momento decisivo su un crinale: così vicina al paradiso, così prossima all' inferno. Come al solito nei film del Maestro il soffio arriva dalla direzione sbagliata.
Nei film del maestro tutto cio' è presente al massimo grado.
La cosa stupefacente è che noi assistiamo alla terribile metamorfosi. Dura all' incirca l' intero film.
La cosa destabilizzante è che tutto resta incredibilmente realistico e credibile.
Quasi come se Rossellini narrasse una novella di Stevenson.
Bello il personaggio di Sophie. Bella quella vita fotografata nel momento decisivo su un crinale: così vicina al paradiso, così prossima all' inferno. Come al solito nei film del Maestro il soffio arriva dalla direzione sbagliata.
Pirandello a Hollywood
Il secondo Batman di Tim Burton non è piaciuto per niente a Sara. Il Cattivo del film era troppo cattivo.
Quello che a lei è dispiaciuto coincide con quello che a me ha interessato: Tim Burton costruisce una cornice di "genere" per poi piazzare continue stoccate che la trascendono.
Finchè il Pinguino resta "disgustoso" noi lo accettiamo divertendoci poichè resta pu sempre all' interno della sua cornice, è solo una curiosità dello zoo. Quando invece si trasforma in un essere disgustoso (senza virgolette), cessiamo di accettarlo. E' come se le gabbie dello zoo si fossero dissolte e noi ci sentiamo in pericolo.
Per abbattere le gabbie dello zoo, Burton mette in bocca ai suoi "cattivi" battute con disturbanti riferimenti sessuali.
Quello che a lei è dispiaciuto coincide con quello che a me ha interessato: Tim Burton costruisce una cornice di "genere" per poi piazzare continue stoccate che la trascendono.
Finchè il Pinguino resta "disgustoso" noi lo accettiamo divertendoci poichè resta pu sempre all' interno della sua cornice, è solo una curiosità dello zoo. Quando invece si trasforma in un essere disgustoso (senza virgolette), cessiamo di accettarlo. E' come se le gabbie dello zoo si fossero dissolte e noi ci sentiamo in pericolo.
Per abbattere le gabbie dello zoo, Burton mette in bocca ai suoi "cattivi" battute con disturbanti riferimenti sessuali.
Contagio
Giovanni medita di tradire la moglie Carolina e si confida con Roberto.
GIOVANNI: Allora che ne pensi, secondo te una scappatella ci sta?
ROBERTO: Carolina sarebbe distrutta al solo pensiero che stai considerando una cosa del genere.
GIOVANNI: Non preoccuparti, ti assicuro che non lo saprà mai.
ROBERTO: Ok, ti credo. Ma al di là di tutto, non pensi che sia sbagliato farlo?
GIOVANNI: Molti lo pensano, ma perchè mai dovrei preoccuparmene? In fondo sono solo convenzioni sociali.
ROBERTO: Ma non ti senti un po' colpevole nel tradire la fiducia di Carolina?
GIOVANNI: A volte sì. Ma poi realizzo quanto sia stupido nutrire simili preoccupazioni. In fondo perchè mai dovrei essere fedele? Si tratta solo di regole arbitrarie che qualcuno ha messo lì per indirizzarci verso una vita felice. Se io sento che la mia felicità è altrove, perchè mai dovrei omologarmi? Oltrechè stupido sarebbe addirittura immorale frenarmi. Ammetto che a volte mi coglie un irrazionale senso di colpevolezza, ma se questo è il prezzo per spassarsela lo pago volentieri.
ROBERTO: Uh!
Chi tra Roberto e Giovanni ha studiato Filosofia?
Se parliamo degli ultimi 70 anni, non c' è dubbio: Giovanni. E' lui il frutto dell' insegnamento standard.
Attenzione però, non si puo' escludere che Roberto si sia iscritto recentissimamente alla Facoltà.
E' difficile trovare in giro persone che dicano "pane al pane, vino al vino" con la schiettezza di un Giovanni, eppure molti cripto-Giovanni si aggirano tra noi. Spesso anch' io mi unisco alla congrega.
Persino laddove dovrebbero essere banditi, i "Giovanni" pullulano. Parlo dell' ambiente Cattolico. Faccio un esempio per essere più chiaro.
Parlando di educazione dei bambini recentemente mi è capitato di sostenere che l' influsso dei genitori sulla realizzazione futura dei propri figli è minimo.
Ho subito repliche piccate, ma non tanto in punta di fatto. Sembrava invece che avessi intaccato un prezioso principio morale.
Evidentemente qualcuno interpretava le mie parole come un invito indiretto rivolto ai genitori per il disimpegno. O meglio, come un argomento che rende ragionevole un calo dell' impegno.
Il loro ragionamento era pressapoco questo: la realizzazione dei nostri bambini come persone equivale alla loro felicità futura e questa felicità è qualcosa che anch' io, genitore, desisdero ardentemente poichè li amo. Se adesso mi vieni a dire che nulla o poco di quel che faccio mi avvicinerà a quell' obiettivo, che senso ha allora il mio impegno? Lo dirotto piuttosto altrove.
Già, che senso ha se non serve a (quasi) niente? [... e infatti molti concludono che ha poco senso...]
Una domanda inquietante, non c' è dubbio. Inquietante per molti ma sulla quale il Cattolico, quando è tale, è chiamato a sorvolare!
Se l' esperienza mi ha dimostrato che le cose non stanno così è solo per un motivo: la "mentalità di Giovanni" è contagiosa e attecchisce anche dove non dovrebbe.
GIOVANNI: Allora che ne pensi, secondo te una scappatella ci sta?
ROBERTO: Carolina sarebbe distrutta al solo pensiero che stai considerando una cosa del genere.
GIOVANNI: Non preoccuparti, ti assicuro che non lo saprà mai.
ROBERTO: Ok, ti credo. Ma al di là di tutto, non pensi che sia sbagliato farlo?
GIOVANNI: Molti lo pensano, ma perchè mai dovrei preoccuparmene? In fondo sono solo convenzioni sociali.
ROBERTO: Ma non ti senti un po' colpevole nel tradire la fiducia di Carolina?
GIOVANNI: A volte sì. Ma poi realizzo quanto sia stupido nutrire simili preoccupazioni. In fondo perchè mai dovrei essere fedele? Si tratta solo di regole arbitrarie che qualcuno ha messo lì per indirizzarci verso una vita felice. Se io sento che la mia felicità è altrove, perchè mai dovrei omologarmi? Oltrechè stupido sarebbe addirittura immorale frenarmi. Ammetto che a volte mi coglie un irrazionale senso di colpevolezza, ma se questo è il prezzo per spassarsela lo pago volentieri.
ROBERTO: Uh!
Chi tra Roberto e Giovanni ha studiato Filosofia?
Se parliamo degli ultimi 70 anni, non c' è dubbio: Giovanni. E' lui il frutto dell' insegnamento standard.
Attenzione però, non si puo' escludere che Roberto si sia iscritto recentissimamente alla Facoltà.
E' difficile trovare in giro persone che dicano "pane al pane, vino al vino" con la schiettezza di un Giovanni, eppure molti cripto-Giovanni si aggirano tra noi. Spesso anch' io mi unisco alla congrega.
Persino laddove dovrebbero essere banditi, i "Giovanni" pullulano. Parlo dell' ambiente Cattolico. Faccio un esempio per essere più chiaro.
Parlando di educazione dei bambini recentemente mi è capitato di sostenere che l' influsso dei genitori sulla realizzazione futura dei propri figli è minimo.
Ho subito repliche piccate, ma non tanto in punta di fatto. Sembrava invece che avessi intaccato un prezioso principio morale.
Evidentemente qualcuno interpretava le mie parole come un invito indiretto rivolto ai genitori per il disimpegno. O meglio, come un argomento che rende ragionevole un calo dell' impegno.
Il loro ragionamento era pressapoco questo: la realizzazione dei nostri bambini come persone equivale alla loro felicità futura e questa felicità è qualcosa che anch' io, genitore, desisdero ardentemente poichè li amo. Se adesso mi vieni a dire che nulla o poco di quel che faccio mi avvicinerà a quell' obiettivo, che senso ha allora il mio impegno? Lo dirotto piuttosto altrove.
Già, che senso ha se non serve a (quasi) niente? [... e infatti molti concludono che ha poco senso...]
Una domanda inquietante, non c' è dubbio. Inquietante per molti ma sulla quale il Cattolico, quando è tale, è chiamato a sorvolare!
Se l' esperienza mi ha dimostrato che le cose non stanno così è solo per un motivo: la "mentalità di Giovanni" è contagiosa e attecchisce anche dove non dovrebbe.
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