UNA DIFESA DELLA TEODICEA
Ogni volta che approfondiamo una questione, restiamo sconcertati da ciò che vi scopriamo. La scienza è lo strumento che scava più a fondo e, di conseguenza, quello che ci dischiude le verità più sorprendenti. Se studi la fisica, scopri che esistono gli spettri e che si può viaggiare indietro nel tempo; se studi la biologia, apprendi che non siamo altro che "robottoni" telecomandati dai geni; se studi l'economia, constati che l'egoismo individuale fa prosperare le comunità; Se approfondisci le neuroscienze vieni a sapere che la cosienza arriva per ultimo quando si tratta di scegliere, e così via. Si tratta di una regolarità tale da indurmi ad azzardare la seguente congettura: più una tesi è controintuitiva, più ha probabilità di essere vera.
Consideriamo le tesi religiose: Dio creatore dell’universo. Un’idea fin troppo intuitiva: l’universo è così ordinato (possiamo addirittura comprenderlo!) che dev’esserci necessariamente un progettista. Poi: Inferno e Paradiso. Anche qui, troppo intuitivo: Dio è giusto, dunque premia i buoni con il Paradiso e punisce i cattivi con l’Inferno. Dio è onnipotente, onnisciente, onnipresente. Intuitivo anch’esso: per compiere le meraviglie che gli attribuiamo, deve per forza essere onnipotente e onnipresente. Eccetera. Ma allora la teologia è da guardare con sospetto? Non tutta: la teologia del male sembra possedere tratti controintuitivi — dal male scaturisce il bene, e dal bene il male. Si presenta - a prescindere dal merito - con la struttura e il rigore di molte scienze, e questo è promettente. In breve, la teodicea, da tallone d’Achille della teologia, potrebbe rivelarsi il suo ferro di lancia.
Pensiero ispirato alla lezione di Eric Schwitzgebel