Cosa occorre per una ricerca accurata della
verità?
I due ingredienti
essenziali:
1) informazioni
accurate,
2) onestà
intellettuale.
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Cosa disturba di più l’onestà
intellettuale?
I due candidati più evidenti:
1) l’interesse,
2) l’ideologia.
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Come viene disturbata l’onestà
intellettuale?
Vediamo i meccanismi più
immediati di disturbo:
1) l’interesse raccoglie in modo accurato le
informazioni ma poi decide senza onestà intellettuale,
2) l’ideologia non raccoglie in modo accurato le
informazioni e, inoltre, decide senza onestà intellettuale.
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Conclusione: l’interesse interferisce meno
dell’ideologia nella ricerca della verità poiché, perlomeno, consente la
raccolta accurata delle informazioni.
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Adesso stabilisco un’analogia facile da accettare
poiché la ricerca di una politica sociale adeguata assomiglia
molto alla ricerca della verità.
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In democrazia, chi sceglie le politiche
governative?
I due attori principali:
1) gli elettori,
2) le lobby (o poteri
forti).
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Cosa disturba di più la ricerca di politiche
adeguate?
Le due interferenze più
accreditate:
1) negli elettori l’ideologia,
2) nelle lobby gli interessi.
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Per quanto detto prima la distorsione creata
dall’influenza delle lobby è preferibile a quella creata dal voto popolare.
Perlomeno le prime hanno una conoscenza accurata dei
problemi.
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Adesso, prima di passare alle obiezioni, cerco di
esprimere lo stesso concetto in termini
etici. Anche qui, infatti, è possibile constatare come
l’interesse faccia meno danni che la superstizione.
Nel mondo della filosofia morale esiste il
Male e l’ Ingiustizia.
Il Male procura dolore a tutti. E’, per così dire,
un’ingiustizia verso tutti. L’origine del male è la stupidità:
solo uno stupido puo’ compere azioni che lo danneggiano.
L’ingiustizia intercorre tra due parti: A
beneficia ingiustamente di qualcosa che sottrae a B. L’origine dell’ingiustizia
è la cattiveria: solo una persona cattiva colpisce il prossimo
senza rispettare i precetti.
In questo senso l’ Ingiustizia, pur essendo
condannabile, resta un male depotenziato poiché prevede sia un bene (quello del
ladro) che un male puro (quello del derubato).
Ebbene, l’ideologia distorce le decisioni
rischiando di produrre un Male. L’interesse distorce le decisioni rischiando di
produrre un’ Ingiustizia.
In questo senso, come appena detto, meglio l’
Ingiustizia che il Male. Ma allora meglio l’interesse che l’ideologia. E quindi
meglio le lobby che gli elettori.
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Obiezione 1: nella ricerca della verità,
basta una distorsione per mandare all’aria tutto. In questo
senso elettori e lobby fanno gli stessi danni.
Risposta: non è detto che le distorsioni
minino necessariamente la ricerca della verità.
Esempio: una volta la FIAT
diceva: “quel che è bene per la FIAT è bene per il paese”. Questo non è vero, ma
a volte è vero. Le autostrade italiane sono state costruite “per il bene della
FIAT” ma il Paese ne ha beneficiato, difficile dubitarne.
Altro esempio: molti liberali sono
ideologizzati peggio dei marxisti ma questo non significa che una
politica liberale non sia di beneficio al Paese.
Quanto dico vale sia per la “distorsione
interesse” che per la “distorsione ideologica”, sia chiaro.
Ma se è così, allora meglio avere MENO distorsioni
che PIU’ distorsioni. Meglio le lobby che gli elettori. Almeno le lobby
conoscono i problemi, hanno informazioni accurate. E’ solo una
condizione necessaria per far bene, è vero, ma sempre meglio soddisfarla che
no.
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Obiezione 2: le distorsioni si
riequilibrano. In questo senso il loro numero non
conta.
E’ una pia illusione che le distorsioni si
riequilibrino: di certo la cosa è dubbia per le distorsioni ideologiche poiché
gli errori cognitivi che sfrutta l’ideologia sono perlopiù sistematici
(ovvero si rafforzano, non si riequilibrano).
E’ addirittura più facile che si riequilibrino le
distorsioni frutto di interessi. Infatti, spesso, gli interessi sono
contrapposti: Uber contro i tassisti o Google contro i
giornali, o Amazon contro le librerie, o la Borsa contro le Banche, per
esempio.
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Obiezione 3: in realtà anche gli elettori votano
guidati dal portafoglio, ovvero per interesse. Il danno che
producono, in questo senso, non puo’ essere superiore a quello delle
lobby.
Il problema è empirico. Non
sembra affatto che gli elettori seguano i loro interessi quando votano. Ecco
l’economista Bryan Caplan sui poveri che votano per “meno tasse
ai ricchi”, sui giovani che votano per “non toccare le pensioni” e sulle donne
che votano (più degli uomini) per “preservare la vita in grembo del più
debole”…
… Empirically, there is little connection between voting and material interests. Contrary to popular stereotypes of the rich Republican and the poor Democrat, income and party identity are only loosely related. The elderly are if anything slightly less supportive of Social Security and Medicare than the rest of the population. Men are more pro-choice than women…
Ancora su ricchezza e affiliazione
politica…
… Both economists and the public almost automatically accept the view that poor people are liberal Democrats and rich people are conservative Republicans. The data paint a quite different picture. At least in the United States, there is only a flimsy connection between individuals’ incomes and their ideology or party. The sign fits the stereotype: As your income rises, you are more likely to be conservative and Republican. But the effect is small, and shrinks further after controlling for race. A black millionaire is more likely to be a Democrat than a white janitor.25 The Republicans might be the party for the rich, but they are not the party of the rich…
Ancora sul voto di ricchi e
vecchi…
… the rich are not trying to advance upper-class interests, it does not follow that the interests of the poor suffer. Similarly, just because the old vote in greater numbers, it does not follow that the young lose out. For that fear to be justified, the young would have to be less supportive of old-age programs than their seniors. They are not…
E chiudo con una bibliografia
sulla disconnessione tra voto e portafoglio…
… For overviews of the empirical evidence on the self-interested voter hypothesis, see Mansbridge (1990), Sears and Funk (1990), Citrin and Green (1990), and Sears et al. (1980). On income and party identification, see Gelman et al. (2005), Luttbeg and Martinez (1990), and Kamieniecki (1985). On age and policy preferences, see Ponza et al. (1988). On gender and public opinion about abortion, see Shapiro and Mahajan (1986)…
Ultima nota: se l’elettore fosse razionale nemmeno
andrebbe a votare.
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Ma se l’elettore non vota secondo i suoi
interessi, cosa lo guida?
Non resta che l’ideologia. Ideologia
intesa in senso lato: la voglia di dire qualcosa di “bello”,
di “socialmente desiderabile”, oppure anche di trasgressivo (avete tutti torto e
io ho ragione!). Vota per esprimersi.
Ma la molla dell’ “espressività” – come appena
visto – fa più danni della molla dell’interesse.
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Che fare?
Togliere peso all’elettore? Sì, è
l’unica via.
Ma se l’elettore si accorge che la sua espressione
democratica è silenziata potrebbe trovare forme più pericolose
per esprimersi!? Forse la valvola di sfogo della democrazia è necessaria proprio
in quanto tale.
Giusto, allora bisogna togliergli peso di
nascosto, con qualche trucchetto.
Un esempio? La democrazia
rappresentativa è molto meno “democratica” della “democrazia diretta”.
Nella prima l’elettore conta molto meno che nella seconda. Nella prima vota ogni
4 anni su questioni generiche, nella seconda vota ogni settimana su questioni
specifiche. Tuttavia, per questioni che non sto a dire ma che sono facilmente
intuibili, questo raramente viene affermato a chiare lettere. Ecco allora,
l’invenzione della “democrazia rappresentativa” rappresenta una modalità
vincente per togliere peso all’elettore e far contare di più i poteri forti, il
che è un bene per tutto il Paese. Bisogna proseguire su questa strada.