giovedì 22 settembre 2016

2. Le scelte difficili - Status quo: Perché in Italia è così difficile cambiare le cose (e come cominciare a farlo) di Roberto Perotti

Status quo: Perché in Italia è così difficile cambiare le cose (e come cominciare a farlo) (Italian Edition) by Roberto Perotti
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2. Le scelte difficiliRead more at location 69
Note: 2@@@@@@@@@@@@@@ Edit
2.1 Debito pubblico e disavanzo di bilancioRead more at location 70
Note: T Edit
Variazione del debito pubblico = spesa pubblica esclusi interessi sul debito + interessi sul debito − tasseRead more at location 72
Note: VINCOLO DI BILANCIO Edit
Il debito pubblico è attualmente di oltre 2200 miliardi di euro, il 133 per cento del Pil; il disavanzo è di circa 40 miliardi, il 2,3 per cento del Pil.Read more at location 79
Note: ENTITÀ Edit
2.2 Perché il debito pubblico italiano dovrebbe preoccupareRead more at location 90
Note: AMOTIVI DI PREOCCUPAZIONE Edit
1) Ce lo impone l’Europa.Read more at location 94
Note: PRIMO Edit
Tali regole dovrebbero essere l’ultima delle preoccupazioni: nessun paese le rispetta e, a parte qualche richiamo, non c’è praticamente niente di sostanziale che l’Europa possa farci se non le rispettiamo.Read more at location 96
Note: MOTIVO POCO VALIDO Edit
2) Stiamo ipotecando il futuro dei nostri figli.Read more at location 98
Note: SECONDO Edit
Si dice spesso che, quando lo stato si indebita eccessivamente, stiamo facendo pagare alle generazioni future un tenore di vita che non possiamo permetterci. Questo sarebbe corretto se lo stato prendesse a prestito dall’estero.Read more at location 98
Note: VERO IN PARTE Edit
Supponiamo che l’Italia abbia due abitanti, Carlo e Paolo; anche la Germania ne ha due, Karl e Paul. Carlo produce due mele, Paolo nessuna perché non lavora: il Pil italiano è dunque di due mele. Lo stato italiano vuole dare una pensione di una mela a Paolo. Può prendere a prestito una mela da Karl, e girarla a Paolo come pensione. In questo caso l’Italia nel suo complesso consuma tre mele (due Carlo e una Paolo), quindi vive al di sopra delle proprie possibilità, nel senso che consuma una mela in più di quante ne produce; per questo si è indebitata per una mela con Paul. Se lo stato italiano promette di restituire la mela a Paul (assumendo un tasso di interesse pari a zero per semplicità) fra cinquant’anni, quando sia Carlo sia Paolo saranno morti, sta effettivamente ipotecando il futuro dei figli di Carlo e Paolo, perché saranno loro che dovranno rinunciare a una mela per restituirla a Paul o ai suoi eredi. Ma se lo stato non prende a prestito la mela da Karl o Paul, cosa può fare per dare una pensione di una mela a Paolo? Può prenderla solo da Carlo. Può farlo tassando Carlo di una mela; oppure prendendo a prestito una mela da Carlo, cioè emettendo debito pubblico che Carlo acquista pagando con una mela. In entrambi i casi, Carlo oggi consuma una mela invece di due; Paolo una mela invece di zero. L’Italia nel suo complesso continua a consumare due mele, esattamente quante ne produce: la generazione di Carlo e Paolo nel suo complesso non sta vivendo al di sopra delle proprie possibilità. C’è sempre il debito pubblico emesso dallo stato, del valore di una mela, acquistato da Carlo. Prima o poi lo stato dovrà restituirlo. Supponiamo che la scadenza sia tra tantissimi anni, quando sia Carlo sia Paolo saranno morti. Adesso ci sono i figli, Carletto e Paolino, che producono ciascuno tre mele (il progresso tecnico…). Carlo ha lasciato in eredità il titolo di debito pubblico a Carletto; alla scadenza del titolo, lo stato deve procurarsi una mela per rimborsare Carletto. Lo può fare tassando Carletto stesso di una mela, o Paolino di una mela, o entrambi di mezza mela. In tutti questi casi, quante mele consumeranno complessivamente Paolino e Carletto? Sei, esattamente quante ne producono: non stanno vivendo al di sotto delle proprie possibilità. Dunque, se non diventa debito verso l’estero, il debito pubblico non è un prestito dalle generazioni future a quelle attuali.Read more at location 102
Note: ESEMPIO Edit
Quest’ultimo ragionamento suggerisce un motivo più sottile per cui il debito pubblico oggi potrebbe essere un peso sul tenore di vita delle generazioni future. Sapendo che uno o entrambi dovranno essere tassati per ripagare il debito pubblico, Paolino e Carletto potrebbero pensare: “Chi me lo fa fare di lavorare così tanto, per poi dover dare gran parte delle mele che produco allo stato?”;Read more at location 121
Note: MOTIVO PIÙ SOTTILE Edit
3) Preoccupa i mercati.Read more at location 127
Note: TERZO Edit
Si potrebbe rispondere: se i mercati sono così sciocchi da pensare che l’Italia non sia in grado di restituire il debito o pagare gli interessi, affari loro. Non proprio. Una crisi del debito si riflette sulle banche, sulle imprese e sulle famiglie stesse. Le banche italiane sono piene di titoli del debito pubblico italiano: se questi ultimi perdono di valore, le banche vedono il loro capitale assottigliarsi, fanno meno prestiti, le imprese producono e assumono di meno, e le famiglie stesse, anch’esse detentrici di titoli del debito pubblico, consumano di meno.Read more at location 131
Note: BANCHE PRESTITI ... Edit
4) Bisogna tenersi un cuscinetto per i tempi di vacche magre.Read more at location 135
Note: 4 MOTIVO Edit
Questa è l’argomentazione più fondata. Si fa notare spesso che durante la crisi finanziaria il rapporto debito pubblico/Pil italiano è aumentato molto meno di quello di tanti altri paesi, come Regno Unito, Irlanda, Usa, che l’hanno usato prevalentemente per finanziare il salvataggio delle banche.Read more at location 136
Note: ALTRI PAESI DURANTE LA CRISI Edit
Che cosa è successo? Questi paesi partivano da un debito pubblico molto basso, e hanno potuto permettersi di aumentare il disavanzo di bilancio (in Irlanda è arrivato a toccare il 35 per cento!) per combattere la recessione più grave del dopoguerra.Read more at location 141
Note: c Edit
2.3 Perché il debito pubblico italiano non deve preoccupareRead more at location 149
Note: T MOTIVI DI SOLLIEVO Edit
1) L’Italia ha l’avanzo primario di bilancio più alto del mondo.Read more at location 151
Note: 1 AVANZO PRIMARIO Edit
Un avanzo primario positivo è dunque una condizione necessaria per ridurre il debito. Ma non è una condizione sufficiente: perché il debito si riduca, l’avanzo primario deve poter pagare tutti gli interessi,Read more at location 157
Note: COND NECESSARIA Edit
Sul sito del ministero dell’Economia si può trovare la seguente affermazione, nel contesto di un’analisi della politica di bilancio italiana: “Per apprezzare appieno lo sforzo prodotto dal paese bisognerebbe guardare al saldo primario. […] Ebbene l’Italia risulta il paese che ha mantenuto l’avanzo primario in media più elevato (1,1 per cento), tra i pochi ad aver prodotto un saldo positivo”.5 Questa affermazione è un po’ birichina.Read more at location 167
Note: AFFERMAZIONI BIRICHINE Edit
Nel 1996 Giovanni ha comprato una casa che costa il triplo di quella che ha comprato John, e ha fatto un mutuo triplo. Negli anni successivi Giovanni è quindi costretto a risparmiare molto più di John, per ripagare il mutuo; infatti, Giovanni risparmia il doppio di John. Una persona che li abbia conosciuti nel 2015 e che non abbia visitato le loro case osserverebbe che Giovanni è molto più virtuoso di John. Ma le loro banche non hanno la stessa percezione: Giovanni ha scialacquato all’inizio per una casa stravagante, il fatto che risparmi il doppio di John non fa nessuna impressione sulle banche; anzi, dovrebbe risparmiare più del triplo di John per ripagare il mutuo nello stesso arco di tempo. Nonostante risparmi molto di più, per le banche Giovanni è quindi ancora molto più rischioso di John.Read more at location 176
Note: ANALOGIA Edit
2) In Italia la ricchezza privata è molto più alta che negli altri paesi.Read more at location 182
Note: T RICCHEZZA Edit
Dal punto di vista degli investitori, ciò che importa è la capacità di ripagare il debito, quindi il gettito fiscale totale. In questo senso, l’Italia non è messa particolarmente bene, per tre ragioni: ha una pressione fiscale già elevatissima, quindi non ulteriormente aumentabile; ha una grossa componente di economia sommersa, che, per definizione, non può contribuire al gettito fiscale; è notoriamente incapace di tassare la ricchezza. In molti altri paesi le tasse sulla ricchezza, principalmente sulla casa, sono una fonte importante di introiti, soprattutto per le amministrazioni locali; in Italia, sappiamo bene che la tassa sulla casa è la più impopolare. Se un paese ha una ricchezza privata elevata, ma non la può tassare, dal punto di vista della capacità di ripagare il debito pubblico questa diventa irrilevante.Read more at location 194
Note: CIÒ CHE CONTA Edit
Per lo più questo argomento si basa sulla maggiore propensione delle famiglie italiane a possedere case: in Italia il tasso di proprietà delle abitazioni è del 77 per cento, contro il 45 per cento in Germania. Ma a chi appartengono le case se non alle famiglie? Per esempio, a società di assicurazioni e immobiliari, che sono a loro volta possedute da famiglie. Quindi anche in Germania tutte le case sono, in ultima analisi, possedute da famiglie.Read more at location 202
Note: CASE ITALIA GERMANIA Edit
Non è assolutamente chiaro perché questa ricchezza totale dovrebbe essere più alta in Italia. Anche se è molto difficile misurarla, ci si può fare un’idea guardando a quanto hanno investito (nel senso della contabilità nazionale, cioè produzione di nuovi beni capitali) in passato l’Italia e altri paesi europei: la ricchezza totale di oggi, infatti, non è altro che la ricchezza totale di ieri più la somma degli investimenti intercorsi nel frattempo (meno il deprezzamento del capitale). Nel periodo 1991-2015, il tasso di investimento (cioè, il rapporto tra investimenti e Pil) italiano è stato del 20 per cento, il più basso tra i maggiori paesi dell’Eurozona, che in media ha investito il 22 per cento del Pil ogni anno. È difficile immaginare che, nonostante un tasso di investimento così basso, l’Italia abbia la ricchezza più alta di tutti.Read more at location 208
Note: MISURAZIONE DIFFICILE Edit
2.4 Una scoperta epocale: gli italiani non amano le tasseRead more at location 218
Note: T. TASSE Edit
“La polemica antitasse è irresponsabile. […] Le tasse sono una cosa bellissima.” Tommaso Padoa-Schioppa, ministro dell’Economia dell’ultimo governo Prodi, non c’è più e non può difendersi, e questa sua famosa frase dell’ottobre 2007 è estrapolata da un contesto più articolato e meno odioso.6 Ma resta il fatto che è difficile immaginare una frase più insensibile e altezzosamente distaccata dalla realtà di decine di milioni di italiani.Read more at location 219
Note: PADOA Edit
L’occupazione principale dei ministri dell’Economia era estendere una detrazione dello 0,01 per cento alle persone nate nella seconda metà di giugno degli anni bisestili residenti in comuni il cui nome iniziava con la “f” o la “m”, compensarla con un aumento dell’Iva dello 0,02 per cento sulle macchine fotografiche di un certo peso e di un certo colore, e inventarsi qualche motivo per cui una tale manovra avrebbe dovuto stimolare l’economia.Read more at location 224
Note: MINISTRO PRE B. Edit
Poi venne Berlusconi, che per primo pose la questione, allora apparentemente rivoluzionaria, della riduzione delle tasse, e mostrò ai guru allibiti che si possono addirittura guadagnare voti con questa bandiera. Nella realtà combinò poco, perché si affidò soprattutto ad annunci a effetto e si scontrò con la dura realtà dei mercati nella tempesta perfetta del 2011.Read more at location 227
Note: B Edit
È stato un enorme merito di Renzi avere fatto piazza pulita di un atteggiamento perverso della sinistra e centro-sinistra italiani (almeno la maggioranza di essi, perché molti continuano a nutrirsi della vecchia retorica e dei vecchi slogan), e aver riconosciuto apertamente che in Italia le tasse sono troppo alte, la gente le detesta, e qualcosa va fatto.Read more at location 231
Note: RENZI Edit
2.5 Keynesiani, sudamericani e lafferianiRead more at location 234
Note: T Edit
Molti di coloro che non vogliono o non sanno tagliare la spesa pubblica sostengono invece che ridurre la spesa non è desiderabile, e nemmeno necessario per diminuire le tasse. Addirittura, per alcuni il metodo migliore per ridurre le tasse è aumentare la spesa pubblica.Read more at location 241
Note: SPESISTI Edit
Le diverse versioni si differenziano nel modo di attuare una politica di bilancio espansiva: per alcune aumentando la spesa pubblica, per altre riducendo le tasse. Ma per tutte, ridurre la spesa non è nell’agenda.Read more at location 249
Note: ESPANSIVA Edit
Supponiamo inizialmente che il moltiplicatore della spesa pubblica sia positivo e pari a 1, ciò significa che, se aumento la spesa pubblica di 10 euro, il Pil aumenta di 10 euro. Con un’aliquota media del 50 per cento, le entrate dello stato aumentano di 5 euro, meno della spesa. Il disavanzo e il debito pubblico quindi aumentano. L’aumento della spesa pubblica porta dunque a un aumento del Pil, al prezzo di un lieve deterioramento dei rapporti disavanzo/Pil e debito/Pil. Questa è la posizione che possiamo chiamare “keynesiana della spesa”. Supponiamo ora che il moltiplicatore della spesa sia molto più alto, pari a 3. Il Pil aumenta quindi di 30 euro, e le entrate dello stato di 15 euro, più della spesa; il disavanzo dunque scende. L’aumento della spesa pubblica porta quindi a un aumento del Pil, ma anche a una riduzione dei rapporti disavanzo/Pil e debito/Pil, e persino a una riduzione del disavanzo in termini assoluti. Questa è la posizione che possiamo chiamare “sudamericana”, perché alla base, fra gli altri, degli esperimenti populisti degli anni ottanta e novanta in Sud America.Read more at location 255
Note: KEYNS Edit
Note: E SUDAMERICANI Edit
Non è sorprendente che questo argomento sia stato utilizzato centinaia di volte negli anni settanta e ottanta per far passare aumenti di spesa in Parlamento. Quando si voleva costruire un’autostrada inutile che finiva nella città di origine di qualche politico al governo, il Parlamento fingeva di credere che le coperture sarebbero venute dalle maggiori entrate generate dal maggiore reddito creato dall’autostrada in questione.8 Sappiamo tutti cosa è successo al disavanzo e al debito pubblico in quegli anni.Read more at location 265
Note: AUTOSTRADE. VINCOLO DI BILANCIO IN COSTITUZIONE Edit
Graziano Delrio, una persona sensata ed equilibrata, nel discutere un piano di investimenti pubblici di 20 miliardi dichiarava nell’estate del 2015: “Far ripartire i cantieri significa proprio aumentare il gettito fiscale, dare nuove risorse per consentire l’abbassamento delle tasse. Fare manutenzione del territorio, far ripartire grandi e piccole opere consente quindi di diminuire le tasse”.9 Se fosse veramente così, perché limitarsi a 20 miliardi?Read more at location 270
Note: DELRIO Edit
2.6 Il vincolo di bilancio non può essere aggiratoRead more at location 290
Note: T Edit
La maggior parte dei politici, degli economisti e dei commentatori probabilmente non sottoscriverebbe le posizioni estreme, “sudamericana” o “lafferiana”. Moltissimi però sostengono una posizione “keynesiana della spesa” o “keynesiana delle tasse”. L’idea è di dare “una scossa” all’economia attraverso una manovra di bilancio espansiva: accettare un lieve aumento dei rapporti debito/Pil e disavanzo/Pil in cambio di un miglioramento della crescita, e poi eventualmente ridurre il disavanzo e il debito tra qualche anno mediante tagli di spesa, quando la ripresa si sarà consolidata.Read more at location 291
Note: ORTODOSSIA Edit
Inevitabilmente, quando si parla di ridurre la spesa tra qualche anno, si tende a essere vaghi.Read more at location 307
Note: VAGHI Edit
indicazioni generiche, quali “si razionalizzerà la spesa per acquisti di beni e servizi”.Read more at location 309
Ogni anno, alla fine di maggio, si compie uno dei riti più inutili e pomposi della vita istituzionale italiana: le Considerazioni finali del governatore della Banca d’Italia. Via Nazionale si riempie delle auto blu di industriali, banchieri, politici, economisti, venuti da ogni parte del paese ad ascoltare una serie di banalità sull’economia italiana che potrebbero benissimo leggere in quindici minuti sul sito web della Banca d’Italia: ma essere lì quel giorno è uno status symbol irrinunciabile per chi vuole contare. Nell’ultima edizione di questo rito, il 31 maggio 2016, il governatore Ignazio Visco ha invocato per l’ennesima volta una riduzione del cuneo fiscale (cioè di tasse e contributi sul lavoro) e un aumento degli investimenti pubblici, il tutto ovviamente senza far salire il debito pubblico. Su come ottenere questo ambizioso risultato, però, anche in questo caso nessun suggerimento concreto.Read more at location 319
Note: VISCO Edit
Un programma ancora più ambizioso propone il mio amico e collega Francesco Giavazzi: in più, rispetto a Morando, ci sono la riduzione dell’Irpef e l’eliminazione definitiva dell’Irap.14 Per rassicurare i mercati, Giavazzi suggerisce di ridurre la spesa pubblica in futuro, e avanza due proposte concrete: l’attuazione di un piano di diminuzione del numero delle partecipate pubbliche, e un aumento delle rette universitarie per gli studenti benestanti. Ma anche qui bisogna fare i conti con i numeri. Come vedremo, la riforma delle partecipate, per quanto anch’essa molto auspicabile, può portare al più risparmi minimi, di poche centinaia di milioni, e probabilmente neanche quelli. Far pagare una parte del costo dell’università alle famiglie che possono permetterselo, per finanziare borse di studio o prestiti d’onore per gli studenti meno abbienti, è un’ottima idea, che avanzai anch’io nel mio libro L’università truccata. Ma bisogna essere realisti: non succederà. In Italia, come in tutti gli altri paesi, le famiglie, gli studenti (anche quelli meno abbienti, che avrebbero tutto da guadagnare da questa proposta), i media si sono fatti abbindolare dalla retorica del “diritto allo studio”.Read more at location 338
Note: GIAVAZZI Edit
Dunque non ci sono alternative: per ridurre le tasse bisogna ridurre anche la spesa, ora. Non necessariamente nella stessa misura delle tasse: anzi, se l’economia è in recessione, aumentare il disavanzo è accettabile. Ma è importante dare il segnale che si hanno intenzioni serie, e soprattutto la capacità di tagliare la spesa.Read more at location 353
Note: SEGNALE Edit
2.7 Il dibattito sull’austerità: tante incertezze, e due erroriRead more at location 369
Note: T AUSTERITÀ Edit
Ma cosa succede se il moltiplicatore della spesa è negativo? In questo caso, per aumentare il Pil bisogna ridurre la spesa pubblica. Questo è esattamente ciò che sostiene la teoria dell’“austerità espansiva”.Read more at location 372
Note: AUSTERRITÀ ESPANSIVA Edit
A molti questa teoria appare controintuitiva. Dopotutto, la spesa pubblica è una componente del Pil, come è possibile che, riducendola, quest’ultimo aumenti?Read more at location 373
Note: DUBBIO Edit
Primo, non tutta la spesa pubblica fa parte del Pil, ma solo la componente “consumi e investimenti pubblici”.16 Questa componente vale 330 miliardi, il 40 per cento della spesa pubblica totale. Il resto sono pensioni, sussidi alle imprese, assegni di disoccupazione, interessi sul debito ecc., tutti trasferimenti (intermediati dallo stato) da certi cittadini ad altri. Come tali, non fanno parte del Pil. Il secondo errore è che anche ridurre consumi e investimenti pubblici non riduce necessariamente il Pil. È vero che se lo stato riduce la spesa per auto della polizia di un milione, la componente consumi pubblici del Pil scende di un milione, ma in conseguenza di questa decisione si crea lo spazio per ridurre anche le tasse di un milione senza aumentare disavanzo e debito; la riduzione delle tasse, a sua volta, stimola i consumi o gli investimenti privati. È questo il nocciolo della teoria dell’“austerità espansiva”.Read more at location 377
Note: DUE ERRORI Edit
se qualcuno pensa di poter risolvere il dibattito guardando ai dati, è meglio si ricreda subito: come quasi sempre accade in economia, gli stessi dati possono essere interpretati in maniera opposta.Read more at location 387
Note: DATI Edit
2.8 Revisione della spesa e austerità non sono sinonimiRead more at location 389
Note: T Edit
è fondamentale comprendere che “revisione della spesa” e “austerità di bilancio” non sono necessariamente sinonimi: si può fare la prima senza imporre la seconda. Come? Basta ridurre le tasse più di quanto si riduca la spesa: il disavanzo di bilancio aumenta, e la politica di bilancio è espansiva.Read more at location 390
Note: SINONIMIA ERRATA Edit
Ecco cinque motivi per cui la revisione della spesa è importante: 1) È condizione necessaria per smantellare il sottobosco in cui si nutre la commistione tra politica ed economia che ammorba e soffoca la nostra società. Le partecipazioni statali e locali, le posizioni dirigenziali inutili o iperpagate, i sussidi alle imprese, una larga parte dei fondi europei sono per lo più inutili e alimentano appetiti, scambi di favori, affarismi, e pura e semplice corruzione. 2) Molti programmi di spesa sono lievitati in modo casuale, disordinato, per accrescimento legislativo progressivo, senza una ratio, senza un approccio organico. Ci sono, per esempio, tantissimi programmi per gli indigenti che si sovrappongono e non riescono a raggiungere le persone veramente bisognose, mentre spesso vengono erogati a famiglie che non ne hanno necessità. 3) Avrebbe un alto valore simbolico. I compensi scandalosi di politici, ex politici e alcuni dirigenti pubblici, per quanto nel loro complesso non enormi da un punto di vista macroeconomico (ma neanche piccoli, come vedremo), generano cinismo, distacco e risentimento tra i cittadini. 4) Anche se non si vuole applicare una politica di rigore adesso, è importante segnalare ai mercati, agli altri paesi e ai cittadini che il processo è partito. Altrimenti, siamo alle solite: “Ora non è il momento, lo faremo tra due anni”. Ma tra due anni saremo di nuovo allo stesso punto. 5) Infine, bisogna creare spazio per ridurre le tasse il più possibile, ora.Read more at location 396
Note: 5 MOTIVI Edit
2.9 La revisione della spesa che non c’è stataRead more at location 408
Note: T Edit
“Abbiamo fatto 25 miliardi di tagli,” dichiarava il presidente del Consiglio Matteo Renzi nel febbraio 2016Read more at location 410
Note: GOV Edit
Pier Carlo Padoan: “La spesa pubblica è stata tagliata di 25 miliardi, abbiamo tagliato molto, tanto che è difficile andare oltre”Read more at location 412
apprendiamo che venticinque miliardi è la riduzione di spesa lorda per il 2016, cioè il totale dei capitoli di spesa che sono diminuiti. Ma ovviamente ciò che permette di creare spazio per tagli di tasse è la riduzione della spesa netta, non di quella lorda. Dalla riga 3, il totale dei capitoli di spesa che sono aumentati è di 20 miliardi. Il netto è appunto 4,5 miliardi. Se faccio una dieta in cui abolisco i dolci ma in compenso mangio solo hamburger e patatine, il mio peso aumenterà, anche se posso sempre vantarmi con gli amici di seguire una dieta ferrea senza dolci.Read more at location 433
Note: SPESA LORDA Edit
Note: ANALOGIA Edit
Inoltre, i risparmi di spesa, sia lordi sia netti, sono sovrastimati, perché ben 5 miliardi sono dovuti a minori trasferimenti dallo stato agli enti locali (regioni, province, comuni). Non c’è alcuna garanzia che questo si traduca in tagli di spesa effettivi: sappiamo già che in alcuni casi sono aumentate le addizionali Irpef comunali e regionali;Read more at location 437
Note: TRASFERIMENTI Edit