La fede in Dio non è altro che fede nell' esistenza di una "verità" e, indirettamente, nell' esistenza di un "significato".
Ma è davvero tanto preziosa la "verità"? E il significato? Cosa ce ne dovremmo fare del "significato"? Ci interessa veramente?
Probabilmente al relativista interessa poco, così come si sente autorizzato a disinteressarsi dei "significati", lo capisco. Ma chi coltiva anche solo una morale oggettiva, non è autorizzato a seguirlo oltre su quella via.
E' difficile interessarsi a qualcosa prima ancora di capire bene cosa sia, eppure non è molto che abbiamo le idee un po' più chiare in merito. Il logico polacco Alfred Tarski ci ha offerto probabilmente la penetrazione più incisiva di un concetto centrale come quello di "verità".
I suoi teoremi ci descrivono la verità come un affare informe, come qualcosa di indefinibile all' interno del linguaggio che intenderebbe esprimerla. Ma tutto cambia se si trascende il "linguaggio-oggetto" per passare ad un "meta-linguaggio".
Con le sue trovate Tarski, da un lato blandisce il buon vecchio Wittgenstein poichè conferma come fosse assurdo per un linguaggio esprimersi sulla propria forma logica, dall' altro lo smentisce caregoricamente perlomeno quando l' austriaco invocava il silenzio: infatti si scopre che, quanto non puo' essere detto in una linguaggio non ci zittisce per nulla, basta adottarne un altro e il gioco è fatto.
In fondo, la vera innovazione introdotta da Tarski nella logica furono le virgolette: "la neve è bianca" è vero perchè la neve è bianca. Punto e basta. Anche i discorsi architettonicamente più involuti poggiano su piloni del genere.
Evidentemente, da qualche parte si annida una particolare (e provvidenziale) proprietà che trasferisce la verità del linguaggio senza virgolette al metalinguaggio tra virgolette. Ma l' esistenza di qualcosa del genere puo' essere dimostrata o dobbiamo rinunciarci?
Penso proprio che la risposta sia affermativa.
Essendo una proprietà positiva, almeno per la compagnia che indicavo più sopra, puo' essere dimostrata l' esistenza di almeno un ente che la annovera tra le sue proprietà peculiari: Dio (l' ente perfetto che detiene tutte le proprietà positive e solo quelle).
L' esistenza di Dio ci rassicura sull' esistenza della proprietà che trasmette la verità dai linguaggi ai metalinguaggi. Possiamo costruire delle Tavole della verità in grado di attribuire i significati. Il significato dei concetti che utilizziamo, quindi, è garantito al di là del loro senso. La cosa c' interessa? Forse a molti basta il senso, ma io di un senso senza significato non saprei che farmene.
Ma è davvero tanto preziosa la "verità"? E il significato? Cosa ce ne dovremmo fare del "significato"? Ci interessa veramente?
Probabilmente al relativista interessa poco, così come si sente autorizzato a disinteressarsi dei "significati", lo capisco. Ma chi coltiva anche solo una morale oggettiva, non è autorizzato a seguirlo oltre su quella via.
E' difficile interessarsi a qualcosa prima ancora di capire bene cosa sia, eppure non è molto che abbiamo le idee un po' più chiare in merito. Il logico polacco Alfred Tarski ci ha offerto probabilmente la penetrazione più incisiva di un concetto centrale come quello di "verità".
I suoi teoremi ci descrivono la verità come un affare informe, come qualcosa di indefinibile all' interno del linguaggio che intenderebbe esprimerla. Ma tutto cambia se si trascende il "linguaggio-oggetto" per passare ad un "meta-linguaggio".
Con le sue trovate Tarski, da un lato blandisce il buon vecchio Wittgenstein poichè conferma come fosse assurdo per un linguaggio esprimersi sulla propria forma logica, dall' altro lo smentisce caregoricamente perlomeno quando l' austriaco invocava il silenzio: infatti si scopre che, quanto non puo' essere detto in una linguaggio non ci zittisce per nulla, basta adottarne un altro e il gioco è fatto.
In fondo, la vera innovazione introdotta da Tarski nella logica furono le virgolette: "la neve è bianca" è vero perchè la neve è bianca. Punto e basta. Anche i discorsi architettonicamente più involuti poggiano su piloni del genere.
Evidentemente, da qualche parte si annida una particolare (e provvidenziale) proprietà che trasferisce la verità del linguaggio senza virgolette al metalinguaggio tra virgolette. Ma l' esistenza di qualcosa del genere puo' essere dimostrata o dobbiamo rinunciarci?
Penso proprio che la risposta sia affermativa.
Essendo una proprietà positiva, almeno per la compagnia che indicavo più sopra, puo' essere dimostrata l' esistenza di almeno un ente che la annovera tra le sue proprietà peculiari: Dio (l' ente perfetto che detiene tutte le proprietà positive e solo quelle).
L' esistenza di Dio ci rassicura sull' esistenza della proprietà che trasmette la verità dai linguaggi ai metalinguaggi. Possiamo costruire delle Tavole della verità in grado di attribuire i significati. Il significato dei concetti che utilizziamo, quindi, è garantito al di là del loro senso. La cosa c' interessa? Forse a molti basta il senso, ma io di un senso senza significato non saprei che farmene.