mercoledì 11 gennaio 2012

Un po’ di serietà!

Robert Baird – Categorie per la storia delle religioni
Lo studioso è alla ricerca di una definizione per il termine “religione”.
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Lo animano due motivi.
1. I suoi insigni colleghi ignorano volentieri i problemi definitori inclini come sono ad assumere, più o meno consapevolmente, che il termine si spieghi da sé. In un certo senso è come se protendessero il dito dicendo: “per religione intendo quello”. George Foot Moore, Mircea Eliade, K.L. Bellon, Rudolf Otto, A.E. Haydon, W.C. Smith… tutti su quella linea. Ma Baird non ci sta.
2. Respinge anche l’ affidamento all’ etimo e il rinvio che ne fa, tra gli altri, C.J. Bleeker, studioso per cui la religione è sempre stata ed è tutt’ ora il modo in cui l’ uomo organizza la sua relazione con il trascendente.
Interessanti i motivi della presa di posizione di cui al punto 2: una definizione del genere eliminerebbe dal campo religioso non solo la tradizione Pali come pure il Confucianesimo, ma anche il Comunismo, il Nazionalismo e il Laicismo…
Avete capito bene: comunismo, nazionalismo, laicismo eccetera devono rientrare a pieno titolo tra le religioni e, quindi, occorre una definizione che le inglobi.
La soluzione migliore è rinvenuta nel lavoro del teologo Paul Tillich il quale propone di interpretare la religione come “ultimate concern”.
Religione è tutto cio’ che costituisce “preoccupazione ultima”.
Dicendo “ultima” si evita di introdurre elementi metafisici. “Ultimo” è cio’ che esiste di più importante al mondo per la persona o per il gruppo di persone in questione.
Corollario: solo il nichilista puo’ dirsi ateo. Per lui non esiste niente che possa considerarsi “ultimo”, una cosa vale l’ altra.
Ma direi di più, nell’ apologetica di Tillich la religione non puo’ essere rifiutata con “serietà ultima” perché la “serietà” è già di per sé una forma di religione.
Con una definizione siffatta lo storico delle religioni è finalmente legittimato a occuparsi anche di fenomeni quali il comunismo, il laicismo, o il terrorismo; non solo, anche il fanatismo che circonda i cantanti pop, tanto per dire, rientra nelle sue competenze! L’ intuizione è felice poiché gli strumenti a disposizione sembrano idonei a gettare luce anche su quei fenomeni!
Il passaggio dalla capanna dello sciamano alla cameretta della groupie appare, in effetti, compiersi senza traumi di sorta.

martedì 10 gennaio 2012

Piacevoli scompensi

Billy Wilder – L’ appartamento

C’ è chi pensa che la musica perfetta sia quella “con tutte le note al posto giusto”.

Ma se le note avessero un loro “posto assegnato”, le musiche sarebbero alquanto prevedibili.

Senonché, il compositore di vaglia, nell’ assemblare il capolavoro, anticipa e ritarda ad arte le “soluzioni naturali” in modo da creare piacevoli e arguti spiazzamenti che si affretta a “compensare”, piccole e continue sorprese all’ interno di una struttura consolidata che lusinga e rassicura l’ ascoltatore.

Non so se questa visione tenga, di sicuro non sembra del tutto estranea quando il focus è sull’ arte di genere: il genere impone dei vincoli e l’ artista è chiamato quindi ad aggirare in qualche modo la pedanteria del prevedibile.

Per operare in corpore vili passiamo dalla musica al cinema prendendo a prestito una scena da “L’ appartamento”, film che mi è capitato di vedere nel corso delle vacanze.

Siamo al cospetto di una potente macchina hollywoodiana nel “ramo” commedie brillanti, un ingranaggio lubrificatissimo e inesorabile.

La storia segue un canovaccio scontato e il finale è intuibile già dopo un quarto d’ ora di visione. Non sono esattamente le premesse al “capolavoro”, eppure…

Chi non conoscesse la trama puo’ farsene un’ idea su Wikipedia:

Il contabile C.C. Baxter, dettoCiccibello, impiegato in una grossa compagnia di assicurazioni americana, riesce ad accattivarsi le simpatie dei dirigenti della sua azienda prestando loro, per scappatelle extraconiugali, il piccolo appartamento ove vive (durante i brevi incontri amorosi dei temporanei "subaffittuari" Baxter va a spasso per la città). Tutto procede felicemente finché Baxter non si innamora di Fran Kubelik, graziosa lift-girl, una delle signorine in uniforme che manovrano i grandi ascensori del palazzo aziendale. Presto però egli scopre che questa è l'amante del capo del personale, Jeff D. Sheldrake,[2], il quale, dietro consiglio di un collega, si rivolge proprio a lui per ottenere anch'egli l'uso dell'appartamento alla bisogna amorosa. La riluttanza di Baxter viene vinta grazie ad una promozione piuttosto cospicua (da anonimo contabile, il cui posto di lavoro è un'altrettanto anonima scrivania fra le tante allineate in più file nel salone dei contabili della società, ad assistente del capo del personale, con un ufficio tutto per lui). Ma qualcosa va storto e durante un incontro fra Jeff e Fran nell'appartamento di Baxter, quest'ultima apprende che l'amante non ha alcuna intenzione di lasciare la famiglia per sposarla, come le aveva promesso. Amareggiata ed umiliata, la povera Fran decide di suicidarsi proprio in quell'appartamento: buon per lei che Baxter giunga in tempo a salvarla.[3] Quando però l'impiegato comunica a Sheldrake l'accaduto, la telefonata viene intercettata da miss Olsen, segretaria ed ex-amante del dirigente, che - per vendetta e gelosia - informa di tutto la moglie di Sheldrake la quale, a sua volta, caccia di casa il marito. L'uomo riprende a questo punto la relazione con Fran e chiede a Baxter la chiave dell'appartamento per trascorrervi la notte del 31 dicembre con la ragazza. Baxter però, presa coscienza… di doversi finalmente comportare da "uomo", rifiuta e si licenzia. Fran apprende la notizia durante la cena di Capodanno e, resasi conto di quel che prova, pianta in asso Sheldrake e - in una memorabile scena nelle vie di New York - raggiunge correndo l'appartamento di Baxter dove i due si dichiarano il loro amore.

A noi qui interessa l’ inevitabile snodo evidenziato in grassetto.

Sappiamo già da tempo che il “genere” richiede a Ciccibello, prima della fine, una levata d’ orgoglio: rialzerà la testa rinunciando ai suoi privilegi pur di non andare troppo oltre sulla via della meschinità, che pure, essendo un “uomo qualunque” (altra richiesta del genere), aveva imboccato e percorso fino a un certo punto con disinvoltura.

Finalmente la scena attesa ha luogo verso la fine della pellicola: di fronte alla richiesta piena di sottointesi da parte del boss Sheldrake, Ciccibello sembra dapprima ribellarsi (ci siamo!) per poi cedere di schianto consegnando le chiavi dell’ appartamento (rinvio). Dopo una flebile resistenza le butta rassegnato sulla scrivania e noi spettatori pensiamo che la riscossa tanto attesa sia rimandata. Poi si reca nel suo ufficio attiguo immergendosi in piccole attività (anticipo) che non riusciamo a decifrare e comunque non calcoliamo come rilevanti: chiude cassetti, libri contabili, apre lo spogliatoio… Sopraggiunge trafelato Sheldrake il quale protesta: quella che ha in mano non è la chiave dell’ appartamento! Ma certo che non lo è, visto che trattasi della chiave bagni-dirigenti (ritardo). Una sostituzione non gratuita poiché in una delle scene precedenti l’ accesso al bagno-dirigenti del ventisettesimo piano veniva descritto come una sorta di status symbol. Col dimesso annuncio della sostituzione allo stupefatto Sheldrake, Ciccibello adempie al suo compito di uomo, tutti noi ci compiacciamo come quando da piccoli, nelle sale del cinema parrocchiale, il cattivo veniva steso da un diretto del buono. Ora, in chiaro ritardo, sappiamo decifrare anche la misteriosa attività di Ciccibello: sta confezionando il tipico scatolone dei licenziati americani visto che conosce a memoria la sorte di chi non si piega a certe regole.

Tutto quel che doveva avvenire avviene. Tutto quel che ci aspettavamo arriva. Solo che arriva un attimo prima o un attimo dopo rispetto a quando era atteso. Il regista ci coccola mantenendo fede ai vincoli del genere ma ci prende anche in giro facendo accadere sotto i nostri occhi cose che noi siamo ancora lì ad aspettare. Uno spiazzamento continuo e non traumatico che trasforma un film da storia scontata a piccolo capolavoro. Sì perché di “soluzioni” del genere devi affastellarne parecchie per trasformare una storia banalotta in una commedia brillante. Talmente brillante da rilucere ancora a mezzo secolo di distanza.

ti amo

Scena finale:

Lui: io l’ amo miss Kubelik

Lei: … tre… quattro… fa' le carte e poi ridimmelo.

lunedì 9 gennaio 2012

Tristeza não tem fim

Inutili guantoni

La mentalità libertaria è mal vista in gran parte degli ambienti cattolici, difficile nasconderselo; sempre più spesso preti e perfino vescovi, a volte addirittura dal pulpito, non esitano a lanciare strali e condanne esplicite. Avranno le loro ragioni, ma certo anche molti falsi miti contribuiscono a intralciare la comprensione reciproca. I più ostinati sono i soliti sei.

Mito 1: i libertari sono libertini.

Il libertario, in quanto tale, è solo scettico verso la tassazione dei "vizi".

Mito 2: i libertari odiano i poveri.

In realtà si prende sul serio il principio per cui “la legge è uguale per tutti”.

Mito 3: i libertari trascurano la solidarietà.

In realtà solo quella fatta con le risorse altrui. Per il resto la generosità è il pilone centrale della società libertaria.

Mito 4: i libertari sostengono la libertà solo perché fa loro comodo.

Le soluzioni libertarie sono entrate nelle accademie da un bel po’ di tempo e sono quindi soggette al vaglio del dibattito scientifico.

Mito 5: i libertari perseguono i cristiani.

Si predica invece una neutralità dei governi, per quanto possibile, rispetto alle religioni, in modo da non falsarne la concorrenza.

Mito 5: i libertari non sono pro-life.

Il dogma centrale dei libertari sancisce l’ inviolabilità della persona: una buona base per la difesa del nascituro.

Tirando le somme, un libertario potrebbe essere anche un libertino, abortista, avaro, opportunista, odiatore di poveri e di cristiani… potrebbe essere anche calvo e con i brufoli, ma sarebbe tutto cio’ indipendentemente dal suo credo ideologico.

Non diamo retta al gatto e alla volpe, trascuriamo il consiglio dei sobillatori e rifiutiamoci di indossare i guantoni.

Guang Yang

p.s. Ryan McMaken approfondisce.

martedì 3 gennaio 2012

Perchè in Italia non si fanno bambini

La risposta più plausibile:

Nelle zone ricche del mondo a legami familiari forti (la sponda Nord del Mediterraneo e l’Asia centrale), la bassa fecondità è anche oggi il grimaldello utilizzato dai genitori per garantire ai figli – o all’unico – figlio – una condizione sociale migliore… In questi paesi non è vero che le coppie non vogliono avere più figli: all’opposto, molte coppie vivono con sofferenza la rinuncia ad avere un figlio in più. Il fatto è che i bambini con più fratelli sono penalizzati dal punto di vista economico, godendo di opportunità assai inferiori rispetto ai figli unici e a chi ha un solo fratello…

Ancora:

contrariamente all'opinione diffusa, la famiglia italiana non si sta sfaldando; gli italiani fanno pochi figli non per basso reddito o carenza di servizi ma perché per i figli «le coppie italiane vogliono il "massimo" e quindi non accettano servizi di basso livello o situazioni abitative inadeguate»… leggi tutto.

Dunque i nostri nonni (che erano molto più poveri di noi) facevano molti più figli non perché avessero una più spiccata voglia di famiglia ma perché meno interessati al benessere materiale?

Sono autorizzato a parlare di egoismo e avidità crescenti?

Il libro di Della Zuanna è interessante anche quando tratta dei bamboccioni. Come giudicarli?

Come volete, of course, basta che lo facciate sapendo che:

I bamboccioni italiani vivono con i genitori non, come si pensa, per sfuggire alla povertà ma per vivere appieno in condizioni di agiatezza

Cose da non credere.

sabato 31 dicembre 2011

Le meraviglie del neoliberismo

Esce un film su Margaret Thatcher, la più grande statista del dopo guerra (secondo me), protagonista indiscussa della svolta neoliberista (secondo tutti).

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Una rivoluzione talmente contagiosa che parlare di destra e sinistra ormai non ha più molto senso:

…Although the dispute over neoliberalism is often characterized in left/right terms, that characterization is misleading…

L’ unico idealismo che sdegna le utopie:

… Yet, the neoliberal revolution has been widespread and highly successful. And the motives of neoliberal reforms are much purer than one would imagine after reading left-wing criticisms of free-market reforms…

Molti al solo sentire la parola smettono di pensare e esternano il loro astio senza nemmeno avere una definizione di neoliberismo:

… the neolibberal revolution combines the free markets of classical liberalism with the income transfers of modern liberalism…

Altri negano che esista, ma forse non si rendono conto che, sebbene…

… there was no significant reduction in government spending: In most countries, the government's share of GDP has been fairly stable in recent decades…

… non si puo’ negare che un po’ in tutti i paesi…

… Markets in almost every country are much freer than in 1980; the government owns a smaller share of industry; and the top MTRs on personal and corporate income are sharply lower…

I campioni del neoliberismo sono forse i paesi nordici, Danimarca in testa: ferrovie, aereoporti, torri di controllo, autostrade, posta, scuole… il privato è ovunque, anche in settori che gli USA si sognano. Basti un solo termine di paragone: mentre da noi una campagna da terzo modo demonizza le scuole libere, lì si incentivano scuole e ospedali a esplicito fine di lucro!

Ma, contro certi resoconti che disdegnano i fatti, l’ esito positivo delle politiche neoliberiste è palpabile anche in Sudamerica, repubbliche ex sovietiche, per non parlare del continente asiatico: più apertura dei mercati, più ricchezza. Ovunque

Una certa narrazione, poi, descrive il neoliberismo come il far west, una nuova barbarie dove regnano aggressività e sopraffazione: chi ha le unghie più lunghe e taglienti vince:

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… niente di più falso, specie se pensiamo che…

… few years ago, I researched9 the relationship between cultural attitudes and neoliberal reforms among the developed countries. It turns out that, between 1980 and 2005, those countries with more idealistic or civic-minded cultures (as indicated by surveys on attitudes toward the common good and by indices of corruption10) tended to reform their economies much more rapidly than countries with less civic-minded attitudes.11 Interestingly, Denmark has by far the most civic-minded culture in the group of 32 developed countries, and, as noted above, ended up with the least statist economic system in the Heritage's 2008 rankings (excluding the two size-of-government categories). Greece has the least civic-minded attitudes and ended up with the most statist economy in 2008… leggi tutto.

venerdì 30 dicembre 2011

E l’ illuminista si scoprì evangelizzatore

Il lume della ragione, a volte, sembra più una decorazione che uno strumento utile a snidare la verità.

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April Mercier e Daniel Sperber sostengono che la ragione serva a convincere gli altri più che a cercare la verità:

Reasoning is generally seen as a means to improve knowledge and make better decisions. … Our hypothesis is that the function of reasoning is argumentative. It is to devise and evaluate arguments intended to persuade. … A wide range of evidence in the psychology of reasoning and decision making can be reinterpreted and better explained in the light of this hypothesis. …

Several commentators, while agreeing that argumentation may be an important function of reasoning, suggest that it may serve other functions, as well. … Our claim is that argumentation is the main function of reasoning. …

Dessalles and Frankish suggest that argumentation could have evolved as a means to display one’s intellectual skills. Indeed, argumentation can be put to such a use. However, … reasoning is more like a crow’s than a peacock’s tail: It may be a bit drab, but it serves its main function well. Its occasional use, for instance, in academic milieus, to display one’s intellectual skills is unlikely to contribute to fitness to the point of having become a biological function, let alone the main function of reasoning. …

Pietraszewski … draws attention to a … class of cases … [where] who is arguing should be just as important as what they are saying when considering the ‘goodness’ of an argument” … The main relevance of a communicative act may be … in the very fact that it took place at all; it may have to do with … signaling agreement and disagreement. This can be done in particular by using arguments not so much to convince but to polarize. …

Frankish points out that reasoning can be used to strengthen our resolve by buttressing our decisions with supporting arguments… (leggi; versione integrale)

C' è una cosa che non convince: perché le due parti (parlatore/ascoltatore) scelgono come ring (o come punto d' incontro) il terreno della ragione?

giovedì 29 dicembre 2011

Beato chi ha torto (perchè un bel giorno avrà ragione)

Jason Reitman - thank you for smoking

… impalo tua madre e do’ il cadavere in pasto ai cani con la sifilide…

Niente paura, è solo una “battuta aziendale” destinata a suscitare una breve ilarità tra colleghi già impegnati ad escogitarne un’ altra che sia all’ altezza. Nella noiosa vita nelle multinazionali si tira sera anche così.

Cosa vi credete che dicano i chirurghi davanti alla macchinetta del caffé? Ironizzano sulle vostre trippe senza neanche sapere che son vostre.

Il “popolo degli indignati”, quello che non fa mai passare di moda la gogna pubblica, s’ indignerà ancora una volta di fronte all’ ovvio. Devo dire che colpirlo sotto la cintura è sempre un piacere. Siccome questo film lo fa a ripetizione, risulta piacevolissimo.

Nick Naylor è pagato per parlare e si guadagna da vivere rappresentando un’ organizzazione – la Big Tobacco - che uccide 1.200 esseri umani al giorno… praticamente c’ è Attila, Gengis Kan… e poi lui.

Non è un lavoro facile…

… richiede una moralità flessibile che manca alla maggior parte di persone…

Non solo, è un lavoro talmente assorbente da lasciare a malapena il tempo per dormire (giusto qualche volta la domenica notte).

Però ti consente di passare buona parte della giornata nel lusso: per esempio andando a cena in ristoranti che servono solo cibo bianco.

Oppure viaggiando su ascensori ultimo modello:

Peter (orgoglioso): cosa senti?

Nick: niente.

Peter (entusiasta): esatto!

Poi c’ è la TV, tanta TV e l’ odio palpabile di milioni di persone:

D’ altronde il motto del lobbista perfetto è sempre stato:

… se vuoi un lavoro facile, vai nella Croce Rossa…

Nick rimpiange i tempi del cinema d’ antan, quallo in cui fumavano tutti: James Stewart, Paul Newman… Bette Davis poi… una ciminiera. Vorrebbe rinverdirli progettando film ambientati nel 3012 con “scopata cosmica” tra Bradd Pitt e Catherina Zeta Jones e pippatona finale guarnita da saturnini anelli di fumo (“ma Brad li saprà fare?”).

Fortunatamente per Nick la vita non è poi così sacra come qualcuno dice, e il comitato MDM (mercanti di morte) lo sa bene. Il “comitato MdM” è un po’ quel che è la macchinetta del caffè per i chirurghi, solo che qui siamo nel “ramo” alcool-armi-fumo.

Poi c’ è Joey, il figlio di Nick. Lui ammira suo padre, sebbene sappia bene che quando apre bocca rischia ogni volta di rovinargli l’ infanzia.

Ma alla fin fine anche Joey concorda, tanto è vero che ripete ispirato:

… puoi chamarlo capitalismo… libero mercato… ma anche… amore…

Ora però la mamma di Joey sta con Brad, il quale è molto preoccupato del fumo passivo che Joey subisce durante i week end che trascorre col padre, ma anche in questo caso Nick ha la risposta da dare alle angosce dell’ irreprensibile patrigno:

… non preoccuparti Brad, ci penso io, in fondo il papà sono io… tu sei solo quello che si scopa la mamma…

La domanda cruciale del film sembra proprio essere questa: perché i “cattivi” ci sembrano più simpatici e più credibili dei buoni?

Congettura: i cattivi sono più consapevoli, nel tentativo di imbellettare il loro lato debole dimostrano di conoscerlo a menadito. I buoni sono vittime delle loro “troppe ragioni”, cio’ li rende ottusi, col paraocchi tipico dei crociati. Sembrano persino ridicoli, hanno nomi ridicoli come Ortolan e abiti ridicoli: incrociandoli viene voglia di prenderli in giro spaventandoli con un grido a squarciagola: “voglio quel fermacravatta!”

E, come se non bastasse, anche loro, se messi alle strette, non difettano certo di cinismo:

… queste cazzo di no profit… quando cerchi un ragazzo col cancro da mandare in TV… deve essere un caso disperato… deve stare su una sedia a rotelle… deve girare col suo pesciolino nella vaschetta…

Qualcuno di questi tristi e pericolosi individui termina la sua carriera infilando mutandoni al Giudizio Universale di Michelangelo, forse a Ortolan va ancora peggio: avvalendosi delle nuove tecnologie digitali “restaura con gusto” gloriose vecchie pellicole sostituendo le sigarette in mano ai divi con dei lecca lecca (“loro sarebbero stati d’ accordo!”).

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La difesa dell’ indifendibile approntata da Nick ha varie sfumature. Spesso attinge dal materiale dell’ Academy of Tobacco Studies, il centro studi delle multinazionali del fumo, un posto diretto da uno scienziato pazzo (naturalmente tedesco) che negherebbe anche la forza di gravità. Il posto ideale per i boss delle “associate” in cerca di scampo dalle mogli.

Ma è di fronte al malato di cancro che siede di fronte a te nel talk show che si deve dare il meglio:

… la morte ci toglie clienti, per questo la combattiamo con tutte le nostre forze…

In altri casi bastano i classici e sempre persuasivi:

… ma chi l’ ha detto?…

O, in alternativa:

… il problema è al vaglio degli scienziati… al momento non sono emerse chiare prove del legame…

In casi estremi c’ è sempre il decoroso:

… nessuna legge lo proibisce!… non ancora!…

Per Nick l’ America è proprio un paese fantastico, soprattutto…

… per il suo sistema di appelli infiniti…

Ci sono poi “difese” particolari. Per esempio quella fatta in privato e rivolta alla ragazza “con le tette spaziali” da portare a letto. Nell’ intento di stimolare l’ onnipresente istinto da crocerossina si puo’ ricorrere alla “Norimberga degli yuppies”: tutti hanno un mutuo da pagare.

Corollario:

… il 99% delle azioni umane si fanno per pagare un mutuo, forse il mondo sarebbe migliore se tutti vivessero in affitto…

A volte sembra che Nick si “converta”, ma non al “bene”, bensì al “male”.

Ovverossia: sembra quasi tirar fuori dal cilindro difese autentiche. A furia di parlare si ferma e si accorge di essersi convinto senza volerlo, ha detto proprio la cosa giusta!

Come quando parla al figlio faccia a faccia:

Oppure nell’ arringa svolta in Parlamento, quando ormai è un uomo solo e licenziato:

Una gran lingua, non c’ è che dire. Ma, inattesi, qua e là, anche un gran cervello e un gran cuore. Evidentemente Nick si sente chiamare da un destino a lui superiore verso una missione ben precisa: difendere i più indifesi (ovvero le multinazionali). Lo farà fino in fondo e, licenziato dai codardi “tabaccai” che imboccano la strada del patteggiamento, si dedicherà anima e corpo… all’ elettrosmog.

mercoledì 28 dicembre 2011

La madre di tutte le virtù

Ermanno Olmi:

… c’ eravamo illusi di essere ricchi e non c’ eravamo accorti che la povertà è la madre di tutte le virtù… reimpariamo a essere giusti e a liberarci del superfluo… leggi tutto.

Ecco servito che crede che il pauperismo sia morto e sepolto. In realtà non c’ è niente di più à la page.

Una sola precisazione su cosa differenzia il Cattolico pauperista dal Cattolico libertario?

Il primo dà valore alla povertà, il secondo anche alla scelta: la povertà non è stimabile in sé, lo diventa se accompagnata da una scelta consapevole.

Siccome solo il ricco puo’ scegliere di diventare povero, il problema principale consiste nell’ arricchirsi: da ricchi potremo sia scegliere la povertà che alleviare quella altrui.

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venerdì 23 dicembre 2011

La fabbrica delle coscienze

Giuseppe Dossetti – Amore di Dio, coscienza della storia.

Si usa dire che la Costituzione italiana fosse il felice frutto dell’ incontro tra la cultura comunista e quella cattolica: in genere conosciamo bene la prima, molto meno la seconda. Almeno quella di cui si parla in riferimento alla Costituzione, visto che, a quanto pare, non ne esiste una sola.

Frequentare Giuseppe Dossetti aiuta senz’ altro a colmare la lacuna. Non solo partecipò ai lavori della Costituente, ma la sua opera fu particolarmente seminale, specie nella Democrazia Cristiana dei decenni a venire.

Non stiamo dunque cercando di resuscitare un polveroso ingegno politico del passato, bensì un’ intelligenza con influssi riconosciuti sull’ oggi, se è vero come è vero che discepoli entusiasti come Leopoldo Elia, Beniamino Andreatta e Romano Prodi hanno un peso anche sulla storia recente.

Il Cattolico adulto guarda a lui come a un capo stipite e alla sua (sofferta) riflessione come a un punto di riferimento.

… dobbiamo ora porci l’ obiettivo di formare le coscienze dei cristiani per edificare in loro l’ uomo interiore compiuto anche quanto all’ etica pubblica…

In questo messaggio c’ è già molto. C’ è per esempio l’ idea (sofferta) che il cristiano sia tale benché privo di coscienza e di etica pubblica. Ma c’ è soprattutto l’ idea (sofferta) di un’ avanguardia educatrice (noi, ovvero i “Cattolici adulti”).

La fiducia (sofferta) di poter formare e vigilare sulle coscienze altrui derivava al politico/monaco dalla ferma (ma sofferta) convinzione che:

… le conseguenze degli atti umani, in primo luogo quelli politici, non sono incalcolabili bensì perfettamente calcolabili…

Niente complessità o “battito d’ ali di farfalla” nella (sofferta) visione dossettiana: la realtà, e la realtà sociale in primis, è qualcosa di “pianificabile” attraverso le (sofferte) direttive emanate da un retto pensiero.

La sua voce (sofferta) si fece sentire anche negli anni novanta combattendo la “cultura dell’ uninominale” che pretende di sostituire la centralità comunitaria (ovvero del partito) con quella della persona. Ma soprattutto la “cultura della scelta”, e qui il bersaglio grosso fu l’ ideologo della Lega Gianfranco Miglio.

Per il pragmatismo di Miglio gli ordinamenti federali sono realtà dove centro e periferia trattano e negoziano senza sosta. La cosa suonava intollerabile: se le cose stessero così cosa differenzierebbe la politica dall’ economia? Cosa differenzierebbe il patto dalla sovranità?

Per Dossetti l’ enfasi sulla libera scelta (anche in politica) è un frutto avvelenato della decadenza occidentale.

L’ uomo nasce per aderire al bene non per scegliere tra bene e male, c’ è un elemento che va inculcato e che precede necessariamente la scelta volontaria e la libera conoscenza. Ci sono dunque doveri che s’ impongono prima ancora di decidere i comportamenti personali. La presenza di doveri che s’ impongono a priori (sottomissione delle periferie al centro, dei pianeti al sole) legittima la presenza di una classe adulta che provveda a imporli.

In Dossetti, sulla scorta del citatissimo Lévinas, la fede è innanzitutto morale, la ricerca di verità resta sullo sfondo.

Non solo, la fede rettamente intesa deve informare tutte le attività umane a cominciare da quella politica. Ma poiché la politica incide sulle vite altrui, se la morale è chiamata a questo compito, allora diventa necessariamente moralismo.

E così fu.

Persino una volta ritiratosi a vita monacale Dossetti si riteneva ancora “in campo”. A sentir lui mai come allora continuava a far politica:

1. Ostentando la sua castità intendeva combattere la polis moderna infettata dai divorzi, dal libero amore e da mille multiformi infecondità.

2. Uniformandosi a forme di povertà spartane intendeva ergersi a nemico della società opulenta consegnatasi alle cose materiali.

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3. L’ amore e la sottomissione al fratello erano invece il modo migliore per lanciare la crociata contro tutte le guerre.

Personalmente è proprio dalla frequentazione di Giuseppe Dossetti che ho imparato a diffidare di certe pretesche austerità dall’ aria sofferente, scorgendo dietro di esse le forme dell’ autoritarismo moralistico più insidioso.

5 minuti

Il ritorno della vongola

Benedetto Croce Luigi Einaudi: Liberalismo e liberismo
Di cosa parliamo quando parliamo di liberismo?
PREMESSA: cominciamo subito col dire che la parola è intraducibile, non esiste nemmeno in altre lingue, è una nostra prerogativa e risale alla diatriba documentata in questo libro.
Ma non utilizzerei nemmeno il termine di diatriba visto l’ atteggiamento deferente di Einaudi, sempre chino nell’ atto di baciar l’ anello a don Benedetto. Il quale gli porge incurante la mano protendendo il mignolo dall’ unghia lunghissima e senza mai interrompere il dotto excursus storico che lo rapisce.
CROCE: il concetto di libertà appartiene alla sfera morale dell’ essere, qualcosa che non tollera la contaminazione con le specificazioni (liberiste). La libertà è in fondo un’ inclinazione dello Spirito (una Religione) che si attua nella storia in una sequela di forme sempre cangianti, è da frigidi fermarla in una definizione.
Detto questo il filosofo tornò più volte scocciato sull’ argomento al fine, disse, di ripulire dal gergo filosofico e ribadire le argomentazioni per renderle accessibili a chiunque. Un simile rovello fa sospettare che il Maestro intuisse da solo la presenza di sabbia negli ingranaggi della macchina che andava costruendo.
EINAUDI: come puo’ esistere la libertà senza il liberismo? Come puo’ esistere la libertà d’ espressione se mi è impedito possedere un locale nel quale invitare un pubblico a cui rivolgermi? La libertà senza liberismo è una libertà senza volto.
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Il concetto di Einaudi è una variazione sullo spartito di Hayek: chi possiede tutti i mezzi stabilisce tutti i fini, se i miei fini sono stabiliti da altri (Stato) posso davvero dirmi libero?
Responsabilità e Merito, poi, sono i fili che allacciano Utile (liberismo) e Morale (libertà).
Croce, per contro, si appella alla coscienza morale: mi pongo ogni giorno davanti alla realtà (sociale) e sgombro da pregiudizi giudico se è confacente all’ uomo libero. Tutto lo Spirito dell’ umanità si raduna in me giudice, e il verdetto ha qualcosa di unanime, di indipendente dalla mia persona.
Un criterio sublime, ma poco pratico. Soprattutto poco disposto a tener conto di sensibilità diverse che lo farebbero saltare in aria.
Oggi la via più modesta intrapresa dall’ economista piemontese è accettata dalla generalità degli studiosi, la Storia ha favorito l’ intelligibilità rispetto alle vette della coscienza tanto care allo Storico dell’ Europa.
Ricordo che da Croce venne anche la famosa sentenza per cui “la scienza non pensa”, essa ci elargisce solo pseudo-concetti, cosicché molti fanno risalire la scarsa cultura scientifica degli italiani all’ influenza nefasta quanto ipertrofica che ebbe l’ idealismo del filosofo napoletano.
Se ricordo che i migliori scienziati italiani sono usciti dalla scuola gentilian-crociana, mi viene da pensare che i nemici della scienza siano ben altri.
Meno azzardato far risalire a lui la genealogia del “liberale alle vongole” a cui pensava Longanesi, ovvero il “liberale” che ha talmente in disprezzo la pratica da opporsi di fatto a tutte le politiche liberali.

giovedì 22 dicembre 2011

Fortunelli e paraplegici

I filosofi antichi hanno ancora molto da insegnarci in tema di felicità, le parole del Buddah ci parlano ancora:

… il saggio non desidera nulla e non parla a vuoto… qualsiasi cosa gli capiti, nella disgrazia e nella fortuna, va per la sua strada senza attaccarsi a nulla…

Ma soprattutto risuonano quelle di Epitteto:

… tu non dei cercare che le cose procedano a tuo modo… ma volere che siano così come stanno… e bene starà…

Sembrano dirci che aspirare ai beni esteriori equivale a rincorrere il vento. La felicità si trova dentro di noi, nell’ accettazione di quel che siamo.

E la scienza conferma.

Lanciarci in progetti ambiziosi spesso non conviene: siamo pessimi nelle nostre previsioni affettive. Un caso macroscopico: pensiamo, per esempio, che tra il vincere alla lotteria un milione di euro e rompersi l’ osso del collo restando paralizzati esista un abisso in termini di felicità, ma non è così.

Certo, tra diventare miliardari e restare su una sedia a rotelle corre una certa differenza ma nel giro di un anno fortunelli e paraplegici saranno pressoché tornati ai loro livelli standard: la mente umana è sensibile ai cambiamenti ma non ai livelli. Conta più il viaggio della destinazione, più i progressi inattesi che il conseguimento della meta.

La salute, l’ età, la ricchezza, la bellezza… tutte cose che pesano molto meno di quanto si creda. Senza contare che gran parte del nostro sforzo è messo in campo per impressionare gli altri.

Se a cio’ aggiungiamo che il livello medio di felicità è ereditario arriviamo alla sconcertante conclusione per cui a lungo termine non importa poi molto quel che ci succede. Questa futilità degli sforzi riscontrata nella psicologia sperimentale è più che mai in linea con l’ insegnamento degli antichi maestri.

Eppure un filosofo come Robert Solomon ritiene che la filosofia del distacco sia un affronto alla natura umana.

In effetti anche questo è vero. Possiamo concludere – contro Buddah – che forse ad alcune cose vale la pena di aspirare, e la felicità viene anche da fuori se si sa dove cercarla.

Il trucco sta nell’ accettare le infelicità a cui ci si adatta per ottenere in cambio felicità durevoli. Alcuni consigli:

1. Rumore. Il rumore peggiora la nostra vita, ad esso non ci si abitua, così come a tutti i fattori che non possiamo controllare. Se esistesse un bottone per far cessare i rumori saremmo più felici a prescindere dall’ uso. Per questo che ci piace “partecipare” (voto, interventi, opinione…) anche se il nostro contributo al cambiamento delle cose è pari a zero: otteniamo l’ illusione del controllo.

2. Pendolarismo. Volete spostarvi in periferia e avere una casa più grande? Non fatelo!: alla casa grande ci si abitua, al pendolarismo no.

3. Vergogna. Un intervento mirato di chirurgia estetica puo’ migliorare sensibilmente e durevolmente la vita di una persona.

4. Relazioni. Non ci si adatta mai al conflitto interpersonale. Solide relazioni con il prossimo sono l’ ingrediente base in ogni ricetta per la felicità.

5. Flusso. Una persona è felice quando si immerge totalmente in un compito difficile che mette in gioco le loro capacità. Sciare, cantare, guidare velocemente su una strada tortuosa… nel flusso c’ è una sfida che cattura l’ attenzione: ci sono problemi e risposte immediate che sappiamo fornire. La cosa ci gratifica.

6. Sensi. Un buon pasto, una buona musica ci allietano la giornata se si sa mantenere il controllo.

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7. Senso. Dare un senso a cio’ che si fa conta. Accompagnare l’ azione con un ideale è buona cosa.

8. Armonia. Essere in ufficio la stessa persona che siamo tra le quattro mura di casa, aiuta.

Jonatahn Haidt – Felicità. Un’ ipotesi.

 

Libertarianism A-Z: banca centrale

In via di principio le funzioni stabilizzatrici di contrasto alla deflazione tipiche della Banca Centrale sono assai utili al sistema economico; non solo, si puo’ anche affermare a ragion vedutaa che alcune politiche monetarie siano meglio di altre. Ma c’ è anche da far rilevare che gli USA, fino al 1914, non avevano una Banca centrale, e molti paesi l’ hanno instaurata solo tardi nel corso del XX secolo. Non sembra che la mancanza abbia comportato gravi inconvenienti. Questo perché “stabilizzare” un sistema complesso è impresa ardua e spesso gli inconvenienti sovrastano i benefici. Meglio allora le politiche anti-cicliche del free banking.

mercoledì 21 dicembre 2011

Libertarianism A-Z: aborto

E’ difficile capire quando “comincia un uomo”, quando l’ anima entra in un corpo, diventano rilevanti l’ intuizione personale e le credenze religiose. Tuttavia la biologia ci aiuta a dire che che la fecondazione dell’ ovulo non è certo un momento scelto arbitrariamente, anzi.

C' è anche da dire che spesso la società moderna tollera l’ assassinio: pena di morte, legittima difesa, estrema necessità. Ma l’ assassinio di un innocente è altra cosa.

Tuttavia, anche chi considera l’ aborto un crimine, conviene sul fatto che la repressione sic et simpliciter di un crimine di questa naturaè molto difficile, meglio allora puntare su un' azione razionale di riduzione del danno.

Siamo in cerca di soluzioni e per cercare meglio sarebbe il caso di mettere in concorrenza diversi approcci. Si decentrino allora le decisioni lasciando la materia agli enti locali.

martedì 20 dicembre 2011

Hornology

Lo strumento romantico per eccellenza, fatto apposta per evocare nebbie e lontananze.

Come recuperarlo nell’ epoca meno romantica di sempre, quella in cui si richiedono vicinanze addirittura pornografiche? Quella in cui la contrapposizione frontale a fosforescenze allucinate è la norma.

Vinicius Quesada

Contro tutto e tutti (produzione del suono compresa) si erge solitario lo sforzo dei muscoli labiali di Arkady.

Arkadj Shilkloper – Hornology

p.s. ancora per pochi giorni disponibili su npr le canzoni di Natale di un rilassato John Zorn. Il download è d’ obbligo.

Anna & Marco

U2 

Considerate questa storia: Anna e Marco sono fratello e sorella. Stanno viaggiando insieme in Francia durante le vacanze estive dell’ università. Una notte restano da soli in un capanno vicino alla spiaggia e decidono che sarebbe interessante e divertente provare a fare l’ amore. Quantomeno sarebbe un’ esperienza nuova per ognuno di loro. Giulia prende già la pillola anticoncezionale ma Marco usa il preservativo per ulteriore sicurezza. L’ esperienza appaga entrambi ma decidono di non ripeterla conservando un buon ricordo di quella notte che li fa sentire più uniti e vicini.

Ritenete accettabile che due adulti consenzienti, per combinazione fratello e sorella, facciano l’ amore?

Se siete come la maggior parte delle persone che ha collaborato all’ esperimento risponderete “no”. Ma come giustifichereste questo giudizio? Molti ricorrono all’ argomento per cui il sesso incestuoso conduce a anomalie nella prole. Ma quando faccio osservare che tutte le precauzioni per evitare un simile esito sono state prese nessuno dice: “Oh, bè, allora va bene”. Cominciano a cercare altri argomenti, del tipo: “danneggerà la loro relazione”. Quando rispondo che in questo caso il sesso ha rafforzato la relazione, prendono a grattarsi la testa, alzare il sopracciglio e dire: “lo so che è sbagliato, solo che faccio fatica a spiegare perché”.

Nei miei studi ho rilevato che il giudizio morale è un po’ come il giudizio estetico. Quando guardate un quadro di solito sapete all’ istante se vi piace o no, ma se qualcuno vi chiede di giustificare il giudizio, farfugliate qualcosa senza costrutto. Il neurologo Gazzaniga ha riscontrato che esiste un’ intera regione del nostro cervello deputata a “inventare ragioni” a posteriori.

… quando respingete le argomentazioni di una persona, di solito questa finisce per concordare con voi? Naturalmente no. Per il semplice fatto che la “ragione” che avete confutato non era la causa della sua posizione: era stata inventata a giudizio già preso…

Jonathan Haidt: Felicità. Un’ ipotesi.

Su Anna e Marco direi che se non esistono delle “ragioni” esistono pur sempre delle “tradizioni”.

Uniformarsi a una tradizione senza sapere perché è irrazionale?

Per rispondere bisogna pesare almeno due elementi: 1. non siamo onniscienti e le tradizioni, lungi dall’ essere casuali, sintetizzano la sapienza di molte persone; 2. una tradizione ben consolidata, a prescindere da tutto il resto, ha comunque valore in quanto “punto di riferimento”.

lunedì 19 dicembre 2011

Dire la diceria

Anna Maria Ortese – Il cardillo addolorato

… sprofondiamoci ora in maestosi racconti ingarbugliati e lenti, che sembrano chiedere di essere seguiti con distratta attenzione se non franco disinteresse… lunghe storie a più voci dove le date non coincidono, dove nulla coincide… memorie sempre al limite della chiacchiera… con al fondo una menzogna di base e molte aggiunte dell’ immaginazione popolare a questo nucleo insignificante… sola difesa, a volte, un’ intuizione fulminea che per un attimo tutto ricompone miracolosamente prima di abbandonarci…

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In questa Napoli snervante e imbarocchita tutto è sfarzo e grandezza; ovunque miraggi, imbrogli, febbri e venti lunari. In questa Napoli, crogiolo di capre e coupés, i vicoli si attorcigliano strangolando chi tenta di mapparli razionalmente; le storie - che fioriscono ovunque, persino nel bel mezzo di una frase già opulenta – proliferano fino ad asfissiare chi è poco incline all’ incanto, chi non è protetto da una certa storditaggine dello spirito, nonché chi è animato da malsane voluttà di comprensione.

Regna un convulso disordine borbonico, complicati e ridicoli fatti tessono una trama stellare. Un intrico di pregiudizi si annoda intorno a eventi volatili appannando i già deboli lumi della ragione.

Il signoraggio sul “mistero non buono de li cunti” si esercita al meglio sapendo reprimere la folla di interrogativi che le incongruenze fanno sorgere, ma anche e soprattutto nel ricordarsi sempre che dietro la burrasca non vi è nulla se non il glu glu di un’ acqua che si perde nel buco nero dello scolo.

Ingegno, eleganza e stile di vita sono branchie imprescindibili per respirare in questo acquario crepato. Il sogno e lo scherzo  si rovesciano di continuo l’ uno nell’ altro, la gaia vita partenopea è concepita come infinito piacere mondano. Nulla si produce, tutto si dona ma non per generosità, bensì al fine di indurre nel beneficiato una miscela di piacere e dispetto. Nulla si dice se non la diceria, ci si insulta con colate laviche d’ improperi che rimpiazzano d’ un botto placidità atarassiche, ci si ammala solo di malattie alla moda. Ammalarsi di languore, per esempio, è cosa molto ambita.

Entrati nel radioso golfo mediterraneo si è invasi dal profumo molle e stordente di una primavera che spinge a bighellonare su una scena di cartapesta in cui tutto è fermo, tutto stagna. Tutto tranne i pensieri nella nostra testa, nessuno di loro sembra disposto a riposarsi. Un qualche Spirito del Male e del Bello ha trasformato i nomi dei protagonisti in soprannomi e l’ esistenza in nulla più che un vezzo retorico:

senza retorica, nulla di serio e di vero puo’ essere detto mancando quel falso che è misura e supporto del vero…

La realtà esiste solo affinché vi si aggiunga qualcosa: un orpello, un fregio, una voluta, uno stucco. Ma la decorazione più gradita resta il pettegolezzo che taglia i panni addosso. Il bordone atroce del pettegolezzo continuo, quello più felice di esagerare in sospetti e giudizi, è sempre scortato da curiosità impietose che sono il propellente per farlo “viaggiare”, e da false indignazioni che gli rendono onore ovunque passi. Ogni evento è lavorato da instancabili lingue. Il contenuto del loro messaggio puo’ variare ma per tonificare curiosità e indignazione nulla di meglio che riferire un mortal dolore per felicità altrui.

… l’ orribile patimento di un cuore per il di più che crede di intravedere in un altro… questo insondabile mistero da cui muove l’ Universo… questo mistero nessuno, solo la religione, chi l’ abbia, puo’ illuminare…

ABBATTUTO IL NIDO

Il fascino strano dell’ autoctono forse sta nel suo essere un grosso e rustico bambino dalle origini losche e servili. E’ persona superficiale e ordinaria; passionale e dispettosa; boriosa e indifferente; feroce e innocente; gelosa e benevola; superba e ignorante (simil capra): lo capisci da come stacca lo sguardo dal bello; per mantenersi intatto abita case prive di libri. Se concepisce un pensiero lo allontana da sé come estraneo alla sua natura; in fondo è affezionato ai suoi dolori, guai a offrirgli un sollievo. Una lieve crudeltà contrassegna ogni suo gesto, quasi sempre spregiudicato e infantile. Non ama e non si ama limitandosi a offrire al prossimo un mutismo esteriore e interiore che confonde e moltiplica le congetture.

Lo straniero non ha figli e ne è contento, giunge da terre ricche, solide, fredde e ragionevoli (Liegi?) è noiosamente riverito da gente che si occupa di lui per alleggerirgli il peso della felicità; viene quaggiù cercando di perdere la memoria e incontrare la bellezza. Quando ci riesce lo capisci a causa dei gridolini ammirati che emette. Trema per l’ assalto di troppe confuse emozioni, dopodiché si ritira febbricitante in camera sua dicendo che “non riceve”. Ad ogni modo è riconoscibile anche per la raffinata prodigalità con il servidorame (che lo giudica bestia dalla generosità contro natura) oltre che per gli occhi azzurri e allucinati e per il fatto di non reagire subito agli annunci terribili. Nell’ ira, infatti, sa che parlerebbe a vanvera non essendo in grado di esteriorizzare il tragico. Dà per scontato che Napoli non sia Europa e non distingue la popolazione autoctona dalla fauna sentendosi in dovere di ammirarla con gli occhi e criticarla con la testa.

 

venerdì 16 dicembre 2011

Elogio della tortura

Non fa poi così male.

Kyle Bean

… altri strumenti di tortura…

Comunque…

Comunque, il rischio di essere stuprati e maltrattati in carcere è tale che sostituire la detenzione con punizioni fisiche, oltre a essere più economico, è molto più umano. 

US folk often express pride that their nation tortures and executes criminals less than other “medieval” nations.  But, honestly, torture and execution look pretty good to me when compared with our actual prisons; I might rather be branded with an iron, or hang in a stockade for a few days, than suffer at large chance of rape.  Branding or stockades seem less cruel than rape in pretty much any book.

Compared to prison, punishments like torture, exile, and execution are not only much cheaper (the US spends $68B/yr on prisons), but they can also be monitored more easily, letting citizens better see just how much punishment is actually being imposed.  And alas, I suspect that is the real problem.  With prison, citizens can more easily pretend that they have the prisons they wished for, rather than the prisons they actually have… leggi tutto.

Radiolina in ostetricia

Ric:

Davide:

Sara:

Marghe:

Da completare avvalendosi 1. di you tube 2. di questo 3. della vostra data di nascita (ht Davide):

Diana:

Vlad:

Giusy:

Chicco:

Dani:

Silvana:

Ludovico:

Diana (bis):